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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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LIBRO SETTIMO - “NEL LAZIO”<br />

(1-817)<br />

1<br />

Sbarcato nel golfo di Gaeta, Enea perde l’anziana nutrice, in cui onore denomina la località.<br />

Celebrate le esequie ed eretto <strong>il</strong> tumulo funebre, gli Eneadi riprendono la rotta in direzione<br />

del Capo Circeo ma qui <strong>il</strong> dio Nettuno fedele alla promessa fatta a Venere al termine del<br />

Quinto Libro, suscita un forte vento che allontana <strong>il</strong> figlio della Dea dai pericoli in cui<br />

sarebbe incorso se fosse sbarcato, poiché la terra circea era <strong>il</strong> dominio della maga figlia del<br />

Sole che mutava i maschi in animali. Nettuno fece però di più: <strong>il</strong> vento calò esattamente nel<br />

luogo dove <strong>il</strong> Destino voleva che i troiani approdassero definitivamente: al largo della foce<br />

del Tevere, dove, risalito <strong>il</strong> fiume per brevissimo tratto, allestiscono un accampamento<br />

fortificato. A sud del fiume regnava Latino, figlio di Fauno e della ninfa Marica; questi aveva<br />

una figlia, Lavinia, promessa in sposa a Turno re dei Rutuli, tuttavia portenti divini avevano<br />

indicato che quelle nozze non erano benedette dai numi. Consultato l’oracolo di suo padre,<br />

Latino seppe che la figlia doveva andare in sposa ad un eroe straniero. Quando gli Eneadi,<br />

dopo aver compreso da un evento (vaticinato dall’arpia Celeno) che erano giunti nella terra<br />

fatale, presero contatto pacificamente col re Latino nella capitale Laurento, questi fu ben<br />

felice di offrire ad Enea le nozze con Lavinia. I troiani assumono un basso prof<strong>il</strong>o, affermano<br />

di non volere assoggettare alcun popolo ma di voler solo rientrare nelle antiche sedi della loro<br />

stirpe. A sugellare la promessa e in segno di sottomissione, offrono al re latino i simboli del<br />

potere regale di Priamo: lo scettro, la tiara e <strong>il</strong> mantello di porpora. Intanto Giunone non si dà<br />

per vinta e, pur abbandonata da Nettuno, si rivolge ad una delle più tristi divinità infernali,<br />

Aletto, figlia della Notte, invitandola a suscitare odi e discordie là dove prima c’erano pace e<br />

concordia, al fine di gettare di nuovo nel sangue e nei lutti i Troiani. Dapprima Aletto si<br />

insinua nell’animo già predisposto di Amata, moglie di Latino, la quale non venendo<br />

assecondata dal marito nasconde la figlia Lavinia nei boschi e, in preda a frenesia bacchica,<br />

trascina con sé anche tutte le donne latine; in seguito Aletto si reca ad Ardea, capitale del<br />

regno rutulo, e si insinua nell’animo del giovane re Turno, che decide di muovere guerra ai<br />

Troiani. Infine, suscita un incidente, facendo sì che Ascanio uccida un cervo sacro dei Latini:<br />

ne nasce una zuffa con morti e feriti. Giunone, soddisfatta, congeda Aletto dal suo incarico.<br />

Rutuli e Latini, intanto, assediano re Latino nella sua reggia per indurlo a dichiarare<br />

formalmente guerra ai Troiani. <strong>Il</strong> vecchio re, ben conoscendo i destini, nega <strong>il</strong> suo consenso e<br />

si ritira. A scatenare la tempesta ci pensa quindi Giunone in persona, scardinando le porte del<br />

tempio di Giano: è <strong>il</strong> segno che avevano i Latini per dichiarare l’inizio di una guerra. Da tutta<br />

Italia accorrono quindi a battaglia i più valorosi combattenti ausoni per unirsi nella guerra<br />

contro gli stranieri.<br />

2<br />

La cacozelia di questo settimo libro si connota per la cattiva volontà di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> di elaborare<br />

la leggenda della venuta di Enea nel Lazio in maniera coerente e lineare. Basti pensare<br />

all’incredib<strong>il</strong>e contraddizione di attribuire ad Anchise la profezia delle mense mangiate,<br />

mentre in realtà era stata vaticinata da Celeno alle Strofadi (III, 255)! Al contrario, invece,<br />

per far emergere tutta l’artificiosità del mito troiano, <strong>il</strong> poeta mantiene nel corso della<br />

narrazione ben tre f<strong>il</strong>oni mitici: quello magnogreco, quello etrusco e quello romano; i quali si<br />

confondono ma non al punto da impedire che un lettore accorto meditasse sulla discrepanza<br />

dei dati mitici riscontrab<strong>il</strong>i in letteratura. <strong>Il</strong> dato più “allarmante” è che i Troiani non sbarcano<br />

affatto nel territorio della avita Corito né la loro vicenda si sv<strong>il</strong>uppa in quei paraggi. Sarebbe<br />

questa la leggenda etrusca su Enea, compensata dal fatto che Enea si allea con gli Etruschi e<br />

si reca da solo a Corito unicamente per unirsi all’esercito etrusco. Lo sbarco e l’insediamento<br />

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