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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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attraverso quella cornea per cui passano le apparizioni veritiere dei defunti? <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> non lo<br />

spiega né potrebbe: è già fin troppo evidente che facendo uscire Enea da quella direzione si<br />

vuol raccontare che tutta la storia di Enea è una grossa menzogna! R<strong>il</strong>evante è poi la<br />

concezione pagana del post mortem che <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> tratteggia in maniera simbolica ma non per<br />

questo meno <strong>il</strong>luminante per chi ne conosce le valenze.<br />

║arces le rocce. Enea sale sulla sommità del colle di Cuma, dov’era un tempio di Apollo. In<br />

realtà la zona era sede di un più antico luogo di culto tellurico-oracolare, necromantico.<br />

Questo più antico oracolo tellurico, nekyomanteion o ploutonion, era gestito da un collegio<br />

sacedotale, quello dei Cimbarioni, confusi poi con <strong>il</strong> favoloso popolo dei Cimmeri, cosicchè<br />

Nevio e Calpurnio Pisone poterono parlare di una “sib<strong>il</strong>la cimmeria”; a meno che <strong>il</strong> termine<br />

“Cimmeri” non derivi dalla parola osca che designava appunto Cuma (Kyme in greco).<br />

Secondo le convincenti deduzioni di H.W. Parke 203 , invece, l’edificazione dell’oracolo<br />

cumano tradizionale, sib<strong>il</strong>liaco, fu opera del tiranno Aristodemo avvalendosi delle<br />

competenze dei coloni della vicina città di Pozzuoli, che a loro volta si rifacevano alle<br />

tradizioni patrie dell’isola di Samo. Stando ad un importante ritrovamento archeologico, la<br />

sib<strong>il</strong>la profetava in nome di Giunone non di Apollo. 204 ║antrum immane orrib<strong>il</strong>e antro.<br />

<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> associa nello stesso luogo <strong>il</strong> tempio di Apollo e l’antro della sib<strong>il</strong>la. Nella descrizione<br />

virg<strong>il</strong>iana di tutta la vicenda si assommano cacozelicamente non soltanto due tradizioni<br />

oracolari, culto tellurico e culto sib<strong>il</strong>lino, che in realtà furono distinte temporalmente, ma<br />

anche due modi di profetare, per scrittura e per oralità, anch’esse ben distinte in origine.<br />

Anche qui <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> vuole rendere conto della verità. I Romani infatti sin dal tempo di<br />

Tarquinio avevano monopolizzato ad uso politico i vaticini della sib<strong>il</strong>la cimmeria o cumana,<br />

mettendo in secondo piano quelli latini dell’oracolo della Fortuna prenestina. Anche Augusto<br />

ut<strong>il</strong>izzò i carmi sib<strong>il</strong>lini “delle cui indicazioni si servì per organizzare i ludi saeculares del 17<br />

a.C.” 205 . In realtà è documentato da un riferimento letterario che già al tempo dei Greci non<br />

vi era alcun vero oracolo della sib<strong>il</strong>la e che quest’ultimo culto era scomparso, probab<strong>il</strong>mente<br />

a causa dell’occupazione sannita del 420 a.C. Ancora S<strong>il</strong>io Italico (VIII, 531) parla di Cuma<br />

come “quondam fatorum conscia” (“un tempo presaga dei fati”). L’antico oracolo doveva<br />

trovarsi, con ogni verosimiglianza, nell’entroterra, forse nei pressi dell’attuale “solfatara”.<br />

Successivamente però, col tempio apollineo, si deve essere insediato un nuovo oracolo,<br />

poiché nel III sec. d.C., stando ad un accenno di Porfirio (Vita Plotini), Apollo – se non è<br />

retorica - dette un responso al f<strong>il</strong>osofo Amelio che lo interrogava circa i destini ultraterreni<br />

del maestro Plotino║Triviae lucos i boschi sacri di Trivia cioè di Proserpina, la divinità<br />

lunare infera che <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> molto opportunamente ricorda al lettore preesistere ad Apollo║(*)<br />

Daedalus Dedalo La cacozelia virg<strong>il</strong>iana, cioè la scrittura segreta, emerge già dai primi versi<br />

di questo sesto Libro. Viene infatti fatta risalire la fondazione del tempio apollineo ai cretesi<br />

minoici (in realtà greco-micenei, poiché la figura di Dedalo appartiene alla storia micenea di<br />

Creta); l’origine dell’antica madre è dunque ribadita.║(*) in foribus sulle porte [del tempio].<br />

Dedalo istoriò sui battenti dorati <strong>il</strong> più noto mito cretese: l’assassinio di Androgeo figlio di<br />

Minosse ad opera degli Ateniesi e <strong>il</strong> conseguente tributo di giovani al Minotauro, nonché la<br />

nascita di quest’ultimo dall’amore di Pasifae, <strong>il</strong> labirinto, l’impresa di Teseo e la sua fuga col<br />

figlio Icaro. Quest’ultima vicenda però incompiuta, perché per <strong>il</strong> doloroso ricordo Dedalo la<br />

lasciò interminata. Sembra di notare in ciò un curioso parallelismo, tra la fuga di Dedalo da<br />

Creta e quella di Enea dalla stessa isola: entrambi approdano a Cuma. Ci pare in realtà che<br />

<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> ha voluto palesare quello che non poteva dire apertamente e cioè la progressiva<br />

203<br />

H.W. Parke: SIBILLE p.89 ssg. Ecig. Genova 1992<br />

204<br />

cit. supra, p.109<br />

205<br />

P. Poccetti: Scritture e forme oracolari nell’Italia antica. Sta in Aa.Vv.: SIBILLE E LINGUAGGI<br />

ORACOLARI. I.E.P.I, Pisa-Roma 1999.<br />

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