Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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LIBRO SESTO - “DISCESA AGLI INFERI”<br />
(1-901)<br />
1<br />
Attraversato <strong>il</strong> Golfo di Napoli, gli Eneadi sbarcano a Cuma, dove ha sede l’oracolo apollineo<br />
della Sib<strong>il</strong>la, con la cui guida Enea dovrà andare agli Inferi per consultare l’ombra del padre<br />
Anchise circa i futuri destini. Prima però <strong>il</strong> duce troiano si sofferma nell’antro della<br />
profetessa, dove riceve la predizione che riuscirà a sbarcare nel Lazio; dovrà però sostenere<br />
una lunga serie di aspre guerre. Chiesto alla sib<strong>il</strong>la di guidarlo negli Inferi, essa acconsente<br />
ma prima lo incarica di celebrare le esequie del suo scudiero Miseno, ucciso da Tritone lungo<br />
la spiaggia, e di munirsi del misterioso “ramo d’oro”, pegno che dovrà depositare nella sede<br />
di Proserpina se vorrà riuscire nel suo intento ultramondano. Enea, guidato portentosamente<br />
da due colombe, riesce a staccare <strong>il</strong> ramo d’oro e, giunta la notte, celebra assieme alla sib<strong>il</strong>la i<br />
preliminari riti catagogici sacrificando sette giovenchi e sette pecore. Quindi, assieme alla<br />
vecchia sacerdotessa, si inoltra nelle profondità dell’antro, che è l’ingresso alle regioni<br />
infernali, dove per prime scorge le apparizioni dei vari mali che affliggono l’umanità. Giunge<br />
quindi alle sponde del fiume Acheronte, dove scorge vagare le anime dei morti insepolti, tra<br />
cui <strong>il</strong> naufrago Palinuro, che lo supplica di imbarcarlo sulla scialuppa di Caronte al fine di<br />
poter compiere <strong>il</strong> suo ultimo destino. La sib<strong>il</strong>la però glielo vieta, predicendogli che sarà ben<br />
presto sepolto dai suoi stessi uccisori pentiti, e quindi con Enea sale sul battello che li<br />
traghetta nel reame infero: la palude stigia. Superata infatti l’ost<strong>il</strong>ità del “Palinuro infernale”,<br />
cioè Caronte, e del cane tricipite Cerbero, i due viventi vi si inoltrano incontrando dapprima<br />
le anime dei morti anzitempo, cui è giudice Minosse, e, nei “campi del pianto”, coloro che<br />
perirono per causa d’amore. Tra costoro Enea scorge Didone, appena giunta, che lo sfugge<br />
senza degnarlo di uno sguardo andando a rifugiarsi tra le braccia del marito Sicheo,<br />
lasciandolo in lacrime. Indi Enea si approssima alla zona dove sono i morti per causa di<br />
guerra e quivi vede la gran massa degli eroi greci e troiani, fra cui, orrendamente mut<strong>il</strong>ato,<br />
Deifobo, ultimo marito di Elena. Lasciata quest’ultima zona, una sorta di anti-inferno, i due<br />
viandanti scorgono <strong>il</strong> Tartaro, una specie di orrida prigione dove vengono puniti con vari<br />
tormenti tutti coloro che vissero empiamente. Su questi sovrintende Radamanto. Lasciatasi<br />
alle spalle questa regione arrivano alla reggia dei sovrani dell’Inferno, dove Enea depone<br />
come pegno <strong>il</strong> ramo d’oro. Ciò gli consente di addentrarsi nei “campi elisii”, dove vivono<br />
senza affanni e quasi come se avessero <strong>il</strong> corpo fisico, in attesa di reincarnarsi, le anime che<br />
furono pie. In una verde valle, finalmente, Enea si incontra con <strong>il</strong> padre Anchise che era<br />
intento a radunarsi con le anime della futura grandezza di Roma. Anchise spiega al figlio tutta<br />
la dottrina pagana della morte e della successiva reincarnazione, dopodichè addita alcuni tra<br />
coloro che dovranno discendere da Enea: <strong>il</strong> figlio che avrà da Lavinia, i re di Alba Longa,<br />
Romolo (curiosamente manca Remo), Augusto, Cesare, Pompeo, gli Scipioni e molti altri.<br />
Terminata la parata delle personalità, Anchise conduce Enea e la Sib<strong>il</strong>la all’uscita degli inferi:<br />
le due Porte del Sonno, quella di Corno e quella d’Avorio. I due escono da quest’ultima. Enea<br />
si ricongiunge ai suoi, salpa le ancore e si dirige a Nord, verso Gaeta, dove approda<br />
nuovamente.<br />
2<br />
Ancora molti i riferimenti all’antica madre cretese nel contesto cumano col quale si apre<br />
questo sesto libro. Continua anche <strong>il</strong> velato richiamo ad una morale religiosa antiaugustea che<br />
spicca nella fase finale del libro, quando Enea e la sib<strong>il</strong>la escono da una delle due porte<br />
dell’Ade, quella d’avorio. Da questa si dice esplicitamente che vengono inviati ai mortali i<br />
sogni fallaci. Come mai Enea ritorna alla luce attraverso la porta che invia falsità anziché<br />
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