Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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di una nuova cacozelia. Cosa significa questo grecismo? Si tratta di una parola composta da<br />
κακός cattivo e ζηλία zelo, affettazione. In pratica, non si trattava del solito modo di scrivere<br />
che simulava un atteggiamento laudatorio che, per quanto artificiale, era quello che l’autorità<br />
politica si aspettava da ogni letterato, ma di uno zelo, di un’affettazione quantomeno strana,<br />
poiché per venire espressa adoperava non delle espressioni ampollose (tumidae) o scarne<br />
(ex<strong>il</strong>is) com’era di prammatica, ma del tutto semplici e normali. Cosicchè, per Agrippa, <strong>il</strong><br />
fatto di adoperare delle parole normali in una composizione laudatoria, le faceva diventare<br />
subdole (latentis), in grado di avere un significato riposto 18 . Ci pare chiaro che Agrippa<br />
associasse questo significato nascosto alla sottomissione di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> verso Mecenate. Ma<br />
quest’ultimo cosa si proponeva di far dire a <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>? Nient’altro, a nostro giudizio, che<br />
attaccare la concezione religiosa e “fatale” con la quale <strong>il</strong> Princeps voleva legittimare la sua<br />
azione di governo. Vedremo più avanti come queste cacozelie non siano altro che alcuni passi<br />
dell’Eneide i quali, per la loro semplicità, non dovrebbero destare alcun sospetto. Tuttavia,<br />
qualcuno se ne accorse e lo fece presente. Se fosse stato Agrippa in persona o qualcuno del<br />
suo seguito, è diffic<strong>il</strong>e dirlo. Certamente Agrippa aveva una buona cultura e conosceva <strong>il</strong><br />
greco, avendolo studiato ad Apollonia assieme al suo amico Augusto, ma ci rimane diffic<strong>il</strong>e<br />
pensare che un m<strong>il</strong>itare impegnato come lui avesse <strong>il</strong> tempo per notare certe sottigliezze.<br />
Probab<strong>il</strong>mente non si dette peso alla cosa, considerando che questi richiami erano leggib<strong>il</strong>i<br />
solo da un letterato assai colto e curioso. Certo però che la caduta in disgrazia di Mecenate,<br />
patrono di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> e la morte per “malattia” di quest’ultimo potrebbero avvalorare qualche<br />
ipotesi negativa circa l’indifferenza di Augusto, che non era altrettanto famoso per la<br />
magnanimità di suo zio nei confronti degli avversari. Se fosse dimostrab<strong>il</strong>e – ma non lo sarà<br />
mai, come invece ha recentemente preteso <strong>il</strong> francese Maleuvre – che <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> venne<br />
avvelenato, si potrebbe leggere nei versi “mi uccisero i Salentini” (Calabri rapuere) composti<br />
dal poeta come suo epitaffio, un ironico j’accuse nei confronti dei… Dardanidi suoi<br />
contemporanei. Nell’antichità si sapeva infatti che i Salentini erano imparentati con <strong>il</strong> popolo<br />
<strong>il</strong>lirico dei Dardi o Dardani 19 , tanto che in Puglia esisteva una città chiamata Dardano. La<br />
lotta fra due mondi, la lotta fra Ottaviano e Antonio, fra Roma e l’Ellenismo, non si<br />
combatteva certamente solo nei campi di battaglia ma anche negli ambiti dell’intellettualità,<br />
della propaganda, della cultura e degli angiporti della politica. Basti pensare all’opera di un<br />
Dionisio di Alicarnasso e al fatto che non menziona mai direttamente, mai una volta, <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong><br />
e l’Eneide!<br />
Un esempio di quelle semplici parole (communis verbis) può essere apparso ad Agrippa <strong>il</strong><br />
fatto che, mentre <strong>il</strong> poema è tutto teso alla celebrazione della discendenza troiana da Dardano,<br />
tale discendenza viene nominata esattamente come Dardanidi solo 13 volte in tutto <strong>il</strong> poema<br />
(e altrettante con l’espressione di Eneadi). Perché allora nominare 130 VOLTE i troiani col<br />
nome di Teucri, cioè con <strong>il</strong> patronimico di colui che non derivava da Dardano (quindi<br />
dall’Italia) ma dalla vera “antica madre” – come vedremo – l’isola di Creta? In un’epoca in<br />
cui la memoria era molto più esercitata di quanto non lo sia oggi, ciò dovette apparire più<br />
evidente di quanto sia apparso a noi, consultando l’indice analitico dei nomi nel poema!<br />
<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>, nell’affrontare <strong>il</strong> complesso tema della “diaspora troiana” dovette priv<strong>il</strong>egiare <strong>il</strong> più<br />
recente dei modelli leggendari, quello romano appunto, che voleva Enea sbarcato sulle coste<br />
del Lazio laurente. <strong>Il</strong> modello etrusco, invece, voleva Enea sbarcato alla foce del Linceo<br />
(Mignone) presso Tarquinia facendolo anche capostipite del popolo etrusco prima ancora che<br />
18 Per rendersi conto di ciò ci si può leggere uno dei tanti “panegirici” della letteratura greco-romana.<br />
19 J. Bérard: LA MAGNA GRECIA, p. 414 ssg. Einaudi, Torino 1963<br />
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