Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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All’inizio di questo quarto libro <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> ripropone la sua visione epicurea avversa a quella<br />
moralista e devozionale di Augusto allorchè mette in bocca alla sorella di Didone, Anna,<br />
l’affermazione che i morti sono insensib<strong>il</strong>i alle attività dei viventi e che, quindi, quest’ultimi<br />
possono agire senza tenere conto dei legami allacciati nel passato. Naturalmente un sim<strong>il</strong>e<br />
atteggiamento, assunto dalle classi subalterne, scardina l’ordinamento sociale auspicato da<br />
Augusto, così come da ogni regime autoritario ed è inconcepib<strong>il</strong>e in un poema prefabbricato<br />
come l’Eneide. <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> continua anche a menzionare, come farà ancora nel libro successivo,<br />
l’isola di Creta, facendo allusione al mito originario della peregrinazione eneade, che portava<br />
l’eroe direttamente in Africa, saltando le tappe ioniche. Contrariamente all’immagine di una<br />
Giunone ferocemente nemica di Enea e dei troiani, secondo lo schema accreditato dallo<br />
stesso Giove in persona nel libro precedente e che la delinea così fin quasi al termine del<br />
dodicesimo libro, <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> smentisce lo stesso Padre degli Dei (quale audacia) mostrando una<br />
Giunone desiderosa di far sposare Enea e Didone! La portata di questa mossa è gigantesca<br />
poiché propone una concezione metastorica davvero universalistica e imperiale, molto più<br />
nob<strong>il</strong>e delle ristrette visuali del Fato gent<strong>il</strong>izio dei troiani. Per di più, avrebbe condotto<br />
(almeno idealmente) all’Impero senza le carneficine della storia romana. Naturalmente per<br />
fare ciò <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> ha dovuto manipolare l’antica leggenda: in questa, infatti, Enea si era<br />
innamorato della sorella Anna non della regina. Diversamente, egli non avrebbe potuto<br />
congeniare adeguatamente i presupposti ideologici dello scontro di civ<strong>il</strong>tà così caro ai<br />
Romani. Enea viene peraltro definito “empio” (non pio) e “nefando” (non seguace del Fato);<br />
per quanto ciò sia pronunciato da Didone, la cacozelia del contesto è evidente.<br />
║Aurora “Aurora” (Eòs in greco) era la personificazione divinizzata delle prime faci del<br />
sole. Curiosamente, aveva sposato un troiano, Titone, che era figlio del re fedifrago<br />
Laomedonte. Per intercessione di Aurora, Giove aveva concesso l’immortalità a Titone ma<br />
non l’eterna giovinezza (poiché Aurora si era scordata di chiederla o perché Giove si<br />
divertiva a fare certi scherzi), cosicchè Aurora ad un certo punto, non gradendo di avere un<br />
marito ormai decrepito ma immortale, chiese a Giove di farlo morire. Venne però mutato in<br />
cicala. E’ significativo <strong>il</strong> parallelo che si può fare tra Venere e Anchise; peraltro Venere<br />
intesa come “Lucifero” è visib<strong>il</strong>e proprio all’aurora║Anna ”Anna” sorella di Didone,<br />
secondo Terenzio Varrone era in realtà la vera amante di Enea e <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> avrebbe modificato<br />
l’originario racconto epico (forse riferito da Timeo e da Nevio) per non far figurare Enea<br />
invaghito di una figura minore, e tenere quindi alto <strong>il</strong> livello dello “scontro” ideologico. Ma<br />
<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>, “secondo la sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito<br />
all’interno di quella da lui accolta” 185 , cioè facendo affiorare una nascosta rivalsa antiaugustea,<br />
fa capire proprio che Anna era la vera amante di Enea, allorchè arriva ai versi 420-<br />
23 di questo libro, come vedremo. Due autori di poco successivi a <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>, Ovidio e S<strong>il</strong>io<br />
Italico, raccolgono con lieve modifica 186 la primitiva redazione epica e narrano di come Anna<br />
fosse giunta infine nel Lazio da Enea e di come vi trovasse la morte, mutata in divinità<br />
fluviale.║Sychaei ”Sicheo”, sacerdote fenicio di Ercole, è in <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> <strong>il</strong> marito defunto di<br />
Didone che nella tradizione più antica si chiamava Sicharba. Secondo un’altra fonte, Sicheo<br />
sarebbe stato marito ad Anna e non a Didone║Pudor ”Pudore”, divinizzazione poetica. A<br />
Roma esisteva invece la divinità Pudicizia, che personificava la castità femmin<strong>il</strong>e delle donne<br />
patrizie. Successivamente anche le plebee ebbero la loro Dea, ma non sembra che <strong>il</strong> suo culto<br />
ebbe successo tra esse, stando al racconto di Tito Livio (X, 23).║Con Sicheo Didone non<br />
185 Aa.Vv.: DIZIONARIO DELLA CIVILTÀ CLASSICA, sub voce, Rizzoli, M<strong>il</strong>ano 1993.<br />
186 Nelle loro redazioni infatti la vicenda di Didone viene mantenuta e Anna appare solo come una profuga<br />
sfortunata che fugge da Cartagine invasa dai Numidi. Cfr.: Ovidio, FASTI, III, 545-657.<br />
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