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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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E’ nostra intenzione dimostrare che anche nell’Eneide di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> – tramite <strong>il</strong> <strong>segreto</strong> che<br />

M.V. Agrippa chiamò del cattivo zelo – è stato portato avanti <strong>il</strong> tentativo di difendere<br />

quell’altra romanità, cioè la concezione ellenica della vita. Da troppo tempo infatti la storia di<br />

Roma appresa pedissequamente sui libri di scuola grava come una cappa di falsità sulle<br />

coscienze di tutti coloro che vogliono andare al fondo delle cose. I libri scolastici ci hanno<br />

insegnato che Roma fu un tutt’uno, quanto a idealità e condotta ideologica. Ebbene le cose<br />

stanno molto diversamente e si comincia a scoprire e a capire che nel mondo romano vi<br />

furono DUE ANIME, in perenne lotta fra loro: potremmo chiamarle l’anima di Remo e<br />

l’anima di Romolo. La prima incarnava <strong>il</strong> sostrato protomediterraneo, legato al culto della<br />

Natura, ad un ideale di vita se non pacifico almeno edonistico, alla ricerca del destini<br />

dell’uomo attraverso la comunione con la propria madre tellurica. La seconda, generata<br />

dall’irruzione di stirpi extra-mediterranee nelle sedi altrui, propugnava ideali di<br />

sopraffazione, di una spiritualità avulsa dalla realtà e autocastrante. Queste due anime le<br />

troviamo presenti fin dalle origini e lungo tutto <strong>il</strong> corso della romanità e oltre <strong>il</strong> suo ep<strong>il</strong>ogo,<br />

quando nella prima Roma dei Papi l’anima remia dava ancora segni di vita nella celebrazione<br />

degli ultimi orgiastici Saturnali. <strong>Il</strong> conflitto, se così si può dire, è ancora in corso, seppure<br />

attraverso percorsi che ormai non emergono direttamente alla luce del sole.<br />

La nostra rivisitazione eneidica intende porsi da un punto di vista “remio” e contrapporsi a<br />

coloro che ancora propagandano, pur a distanza di così tanti secoli, la romana fabulositas in<br />

tutta la sua retorica artificialità, prendendo per verità rivelata l’esposizione apparente di<br />

<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> (mentre <strong>il</strong> suo vero intendimento lo si rintraccia nella tecnica di alludere alle versioni<br />

scartate di un mito all’interno di quello da lui accolto) e le invenzioni propagandistiche dello<br />

Stato Romano. Leggendo gli scritti di tali moderni zelatori 5 stupisce vedere come questa<br />

fabulositas sia dura a morire anche in seno a degli apparenti intellettuali e come <strong>il</strong> partito<br />

preso fideistico e sentimentale abbia la prevalenza sull’oggettività dei dati e delle<br />

conoscenze. Se già nell’antichità tutti costoro ebbero un loro antesignano in un ebreo<br />

praticante, <strong>il</strong> celebre F<strong>il</strong>one di Alessandria - che difese la concezione augustea della storia<br />

nella Legatio ad Gaium affermando che Augusto aveva guarito dalle “pest<strong>il</strong>enze” che contro<br />

Roma venivano da Sud e da Oriente e attraversavano l’impero scorrendo verso Nord e<br />

l’Occidente, e che quell’imperatore aveva eliminato le guerre…“occulte”- essi hanno avuto<br />

dei moderni teorizzatori con <strong>il</strong> francese Gabriel André Aucler nel 1799, autore de La<br />

Threicie, e <strong>il</strong> tedesco Friedrich Creuzer, che aveva scritto Simbolismo e mitologia dei popoli<br />

antichi (Leipzig e Darmstadt 1837-1841), i quali propugnavano la tesi di una rivelazione<br />

originaria custodita e tramandata attraverso i m<strong>il</strong>lenni da una successione di sacri sacerdoti.<br />

Inoltre l’ancora inedito Domenico Bocchini, che in una pubblicazione a fascicoli del 1836<br />

propugnava da Napoli gli stessi argomenti anche se in un tono ed in un linguaggio privo di<br />

ogni scientificità (vedi Appendici). Anche l’ultimo Bachofen, con la sua Leggenda di<br />

Tanaqu<strong>il</strong>la del 1870, “avrebbe dato una metafisica della storia, interpretandola come <strong>il</strong><br />

campo dell’eterna lotta tra lo spirito, rappresentato per la prima volta adeguatamente da<br />

5 Uno di essi è G.A. Colonna di Cesarò, che scrisse IL MISTERO DELLE ORIGINI DI ROMA La Prora,<br />

M<strong>il</strong>ano 1938. Di questo autore segnaliamo però l’esattezza del seguente passo, apparentemente in<br />

controtendenza ma in realtà originato dall’influenza che su di lui esercitò <strong>il</strong> pensiero di Rudolf Steiner (cit.<br />

p.167): “<strong>Il</strong> fatto è, che gli dèi romani, sebbene sieno stati più tardi confusi e fusi con gli dèi greci, in verità<br />

erano tutte divinità ctonie”. – A quanto appena detto si può aggiungere a buon titolo la seguente espressione:<br />

“c’è voluto tutto <strong>il</strong> buon senso di Franz Altheim per riscoprire questo fatto evidente, che cioè la recezione di<br />

divinità greche da parte degli Italici si spiega con <strong>il</strong> fatto semplice e profondo insieme che esse apparivano alla<br />

loro coscienza come più vere e più grandi” (J. Heurgon: IL MEDITERRANEO OCCIDENTALE, p.375,<br />

Laterza, bari 1985).<br />

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