Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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poesia impegnata e celebrativa del regime augusteo. Fu uno dei personaggi che incarnarono<br />
l’anima di Remo, di contro a quella romulea preponderante assommata nella figura del figlio<br />
adottivo del golpista Giulio Cesare: Ottaviano Augusto. A differenza della cerchia di poeti<br />
raccolti attorno a Mecenate, che avevano abbandonato la primitiva impostazione poetica<br />
“neoterica” 80 per celebrare in versi i fastigi di Roma, Ovidio rimase tenacemente fedele alla<br />
concezione di un’esaltazione spensierata della Vita, anche quando, per necessità vitale,<br />
dovette esteriormente abbandonare questo st<strong>il</strong>e e convergere verso la redazione di<br />
componimenti compiacenti, come <strong>il</strong> Libro dei Fasti. Proprio in questo suo Liber Fastorum<br />
Ovidio inserì - quasi in codice - dei passaggi di forte critica verso l’establishment pagano di<br />
allora, dove risaltavano <strong>il</strong> disprezzo per la pesante ritualità augustea, l’ironia e spunti<br />
dissacranti. Tuttavia questi passaggi vennero individuati e denunciati (così come era avvenuto<br />
per l’Eneide), tant’è che nell’anno 8 dell’era cristiana, appena morto <strong>il</strong> suo protettore<br />
Messalla Corvino, 81 gli fu comminato <strong>il</strong> provvedimento di confino perpetuo in Romania, a<br />
Costanza (Tomi) sul mar Nero. L’opera ci è giunta incompiuta proprio per questa ragione;<br />
non c’era più ragione di continuare a scrivere un libro che <strong>il</strong> poeta aveva cominciato solo per<br />
motivi di convenienza politica, nè si poteva parlare di esaurimento della vena poetica,<br />
considerando che a Tomi Ovidio continuò a verseggiare, per quanto privo di quella frivolezza<br />
che <strong>il</strong> trombone romano gli aveva fatto passare...<br />
In quest’opera rivelò <strong>il</strong> <strong>segreto</strong> che gli costò l’es<strong>il</strong>io, la leggenda del fratricidio commesso da<br />
Romolo, quando Augusto si era adoperato per nasconderla. Anticipiamo qui un commento<br />
contenuto all’interno di questo libro: “...Ciò per noi è evidente in quanto sappiamo che<br />
Romolo uccise Remo e quindi l’assurdità di questa “riconc<strong>il</strong>iazione postuma” salta agli<br />
occhi, ma non era altrettanto evidente per i contemporanei di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>. Al suo tempo era<br />
praticamente perso <strong>il</strong> ricordo della tragica rivalità fra i due fratelli e una sapiente<br />
operazione di restauro politico aveva imposto la credenza che Roma venisse fondata da<br />
entrambi. Quando Ovidio alcuni anni dopo <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> si accinse a scrivere – sempre con <strong>il</strong><br />
“dovere” di assecondare la politica augustea – I Fasti, commise l’errore di ricordare ai<br />
Romani la verità, e venne es<strong>il</strong>iato. La gravità – non immediatamente palese – la si capisce<br />
grazie alla ricostruzione del retroscena del nuovo mito gemellare. Spieghiamo <strong>il</strong> problema,<br />
avvalendoci di una scarna notizia di Servio (“vera tamen hoc habet ratio, Quirinum<br />
Augustum esse, Remum vero pro Agrippa positum”. I, 292) e di una più ampia analisi di T.P.<br />
Wiseman (Remus: un mito di Roma). Romolo e Remo in questo verso di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> non<br />
sarebbero altri che Augusto e suo genero Agrippa. Pare che fosse nelle intenzioni di Augusto<br />
quella di proseguire in forma dinastica e a vita la formula binaria della magistratura<br />
consolare. I figli di Augusto, Tiberio e Druso, sarebbero stati i successori. Tragiche vicende<br />
fam<strong>il</strong>iari (con la morte di Druso e dei figli di Agrippa: Gaio e Lucio) sconvolgeranno poi<br />
tutto questo disegno, ma fino a quel momento tutto era stato orchestrato per fondare un<br />
nuovo mito di Romolo e Remo, fatto che non era assolutamente estraneo alla consapevolezza<br />
del popolo romano, in quanto Augusto aveva fatto in modo che anche nella vita materiale sua<br />
e di Agrippa si verificassero delle coincidenze che assommassero in loro due quell’antica<br />
gemellarità. <strong>Il</strong> tutto era stato perfezionato con la ricostruzione del tempio di Quirino e con le<br />
esplicite immagini che lo guarnivano. <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> mise <strong>il</strong> suggello con la sua grande opera<br />
propagandistica, con la profezia fatta da Giove a Venere e con <strong>il</strong> verso che qui noi abbiamo<br />
80 “La nuova poesia nutre ambizioni diverse, si preoccupa maggiormente della bellezza formale, ha <strong>il</strong> culto della<br />
perfezione, si appassiona a una poesia che non serve a niente!” (P. Grimal, cit. p.101)<br />
81 La morte di Messalla è tradizionalmente datata all’anno 13. Come ha efficacemente dimostrato R. Syme<br />
(L’ARISTOCRAZIA AUGUSTEA, Rizzoli, M<strong>il</strong>ano 1993), la data della morte va antedatata all’anno 8, proprio<br />
in base all’analisi di alcuni passi dei Tristia di Ovidio. In tal modo si può ipotizzare che l’es<strong>il</strong>io del poeta fu<br />
determinato dalla morte del suo influente protettore.<br />
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