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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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studiosi moderni parlano di “ironia dissacrante nei confronti del modello virg<strong>il</strong>iano” 76 e che<br />

anche nelle tardive Tristezze non manchino accenti di sfida nei confronti del Princeps, come<br />

quando si fa beffe della morigeratezza dei Romani: “Anche colui che ha composto con un<br />

risultato altissimo <strong>il</strong> poema che hai caro [si rivolge ad Augusto in persona], l’Eneide, ha<br />

portato l’armi e l’eroe nel talamo tirio, e di tutta l’opera la parte che più si legge è quella<br />

che narra l’unione stretta da un vincolo non legittimo” 77 . O come quando fieramente<br />

rivendica la sua libertà intellettuale: “E io, che pure sono privo della patria, di voi, della<br />

casa, e che mi sono visto strappare quanto mi poteva essere tolto, ho nonostante tutto la<br />

compagnia e la risorsa del mio ingegno: di questo l’imperatore non ha potuto disporre.<br />

Venga pure uno qualsiasi a finire questa vita con un colpo di spada: la mia fama<br />

sopravviverà dopo la mia morte” (III, 45).<br />

Es<strong>il</strong>iato a vita, scampò alla morte forse perché Augusto non osava tanto, data la fama del<br />

poeta, ma è significativo che anche nella composizione delle sue Tristezze, dall’es<strong>il</strong>io, si<br />

guardò bene dal fare i nomi dei suoi amici, usando pseudonimi e affermando esplicitamente<br />

che non farlo sarebbe stato imprudente (“son vivo ma non salvo”. I, 19)! Del resto <strong>il</strong> poeta<br />

non ebbe un pubblico processo ma un giudizio a porte chiuse nel quale Augusto gli si rivolse<br />

personalmente “tristibus verbis” (II, 133). Stando alla testimonianza stessa di Ovidio, <strong>il</strong><br />

pretesto per attaccarlo venne da un fattaccio che <strong>il</strong> poeta vide in ambito di corte (Sidonio<br />

Apollinare – che fu praefectus Urbis - scrisse che Ovidio fu testimone di un rapporto<br />

incestuoso fra Augusto e la nipote Giulia minore). Non poteva trattarsi quindi della vanteria<br />

proclamata più tardi dall’imperatore Caligola: “andava dicendo che sua madre [Agrippina<br />

Maggiore] era nata da un incesto commesso da Augusto con sua figlia Giulia [maggiore]”. 78<br />

Con l’occasione lo si accusò anche di avere indotto l’immoralità nella società romana<br />

(testualmente “obsceni doctor adulterii”) con la sua opera dell’Ars amatoria. Un pretesto più<br />

che evidente, dal momento che quel libro era stato scritto molti anni prima, 79 tanto più se già<br />

nei precedenti Amores si era fatto beffe con parole oltremodo audaci della vita castigata e di<br />

quella m<strong>il</strong>itare. Come vedremo più sotto <strong>il</strong> vero motivo era un altro ma lo stesso Ovidio non<br />

poteva ammetterlo pubblicamente nei suoi scritti senza aggravare la propria posizione!<br />

Conobbe di vista <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> ma non fece mai parte del circolo di Mecenate, bensì di quello più<br />

def<strong>il</strong>ato di Messalla. Quest’ultimo, seppure schierato ufficialmente dalla parte di Augusto,<br />

sembrava alieno dal prendere parte attiva alle celebrazioni encomiastiche della romanità<br />

romulea. Di esso fece parte addirittura una donna, Sulpicia (forse citata da Ovidio nelle<br />

Tristezze con lo pseudonimo di Per<strong>il</strong>la), oltre a Tibullo, Cerinto e Ligdamo. Tutti poeti che<br />

celebravano uno st<strong>il</strong>e di vita poco bellico. Ovidio rappresentò con le sue opere l’antitesi alla<br />

76 Introduzione di M.A. Vinchesi a S<strong>il</strong>io italico, LE GUERRE PUNICHE, Rizzoli, M<strong>il</strong>ano 2001.<br />

77 Ovidio: TRISTEZZE II, 533. Si tratta di Enea. Si noti come Ovidio ricalchi beffardamente i primi due versi<br />

dell’Eneide e rimproveri ad Augusto di averlo condannato per una colpa che anche <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> commette<br />

impunemente. <strong>Il</strong> Comparetti ricorda anch’esso che nell’antichità e nel Medioevo la storia dell’amore fra Enea e<br />

Didone era la più letta, suscitando grande commozione! In Ingh<strong>il</strong>terra (Low Ham) è stato trovato un mosaico<br />

raffigurante Enea e Didone in un abbraccio assai lascivo.<br />

78 Svetonio: VITA DI CALIGOLA, 23<br />

79 Cit. II, 539: “<strong>Il</strong> mio sbaglio l’ho commesso con uno scritto composto ormai da tempo: recente è la pena, non<br />

la colpa per cui la subisco. Avevo già pubblicato le mie poesie, quando sf<strong>il</strong>ai tante volte davanti a te che<br />

censuravi i comportamenti <strong>il</strong>leciti. Dunque a danneggiarmi ora nella vecchiaia sono quelle opere che con<br />

giovan<strong>il</strong>e sventatezza non ritenevo destinate a nuocermi. E’ un castigo molto differito quello che ricade su di me<br />

per un libro di tanti anni fa: un lungo tempo separa la pena dall’occasione in cui l’ho meritata”. Per quale<br />

motivo Augusto scelse Tomi come luogo d’es<strong>il</strong>io? La domanda non è oziosa, dal momento che Ovidio riferisce<br />

alla città danubiana un crimine fam<strong>il</strong>iare mitologico (Tristezze, III, 9), contenuto forse anche nella Medea di<br />

Accio e dello stesso Ovidio. Si potrebbe ipotizzare che Augusto scelse Tomi per ricordare velatamente ad<br />

Ovidio proprio ciò che non avrebbe dovuto vedere.<br />

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