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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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14 - <strong>Il</strong> simbolismo del Lauro<br />

Al dio Apollo furono consacrati determinati attributi non perché questi gli fossero analoghi<br />

ma in quanto “bottino di guerra” sottratto ad altre divinità, del tutto diverse da lui. <strong>Il</strong> santuario<br />

oracolare di Delfi rappresenta uno di questi esempi, cui si ricollega la stessa pianta del lauro o<br />

alloro, impiegata nei riti locali. La mitologia, del resto, è abbastanza chiara quando evidenzia,<br />

con le sue narrazioni, l’assoggettamento, da parte di popoli da poco affacciatisi sul<br />

Mediterraneo, delle popolazioni locali pre-esistenti; quindi con la sostituzione e/o la<br />

trasformazione della “vecchia religione”. Questo è un argomento ancora vergine, appena<br />

sfiorato dagli studiosi specialisti, che meriterebbe una trattazione molto più ampia di quella<br />

che gli hanno tributato, meritoriamente, autori come Robert Graves, Alain Daniélou e Martin<br />

Bernal. La “marcia trionfale” di Apollo nel suo cammino distruttore e pervertitore delle<br />

precedenti culture politeiste è sim<strong>il</strong>e alla vittoriosa avanzata di un esercito in guerra. Ne<br />

schematizziamo le tappe principali: uccisione del serpente Pitone e conquista dell’oracolo<br />

della Madre Terra a Delfi; conquista del Monte Parnaso e assoggettamento delle divinità<br />

locali (Muse); conquista della valle di Tempe e appropriazione del culto del lauro; uccisione<br />

del gigante Tizio; uccisione del satiro Marsia; sconfitta in duello musicale del dio Pan;<br />

uccisione di Giacinto (tramite <strong>il</strong> vento dell’ovest); sterminio dei Ciclopi; stupro e tentativo di<br />

stupro di numerose ninfe, tra le quali Dafne, ninfa del lauro. Per quanto riguarda dunque <strong>il</strong><br />

lauro, bisogna dire che <strong>il</strong> “trasporto” di questa funzione simbolica dal primitivo culto<br />

pelasgico alla sfera d’influenza apollinea è stridente, in quanto le caratteristiche della pianta<br />

non collimano affatto con quelle del dio figlio di Zeus e Latona. Se la figura di Apollo è<br />

certamente complessa e variegata, nondimeno si può concordare che egli è un dio celeste,<br />

solare, luminoso ed i Greci hanno sempre valorizzato queste prerogative. Ora, – poiché la<br />

legge intrinseca del simbolismo (<strong>il</strong> principio di analogia) vuole che <strong>il</strong> sim<strong>il</strong>e vada con <strong>il</strong><br />

sim<strong>il</strong>e – non si può affermare che la pianta del lauro abbia alcunché di solare o luminoso; è<br />

invece la pianta più raffigurata in assoluto nelle decorazioni tombali etrusche (anche nell’arte<br />

culinaria l’alloro è l’accompagnatore per eccellenza di pietanze tutt’altro che solari, come gli<br />

inferi “fegatelli”). L’albero, nel suo sguardo d’insieme, risalta per <strong>il</strong> suo fogliame verde scuro<br />

piuttosto cupo. Inoltre, produce delle bacche, nere a maturazione, e peraltro trascurate dagli<br />

uccelli, a fronte di una minuscola fioritura giallo-verdastra. Sono particolari che concorrono a<br />

farne un “albero della Morte” o, perlomeno, legato ai culti tellurici del fuoco infero. Di questi<br />

riti non propriamente apollinei vi è ampia traccia nella mitologia. La parola greca per lauro è<br />

“dafne” che potrebbe significare “del coloro del sangue” o “sanguinaria”, imparentando la<br />

specie ad antichi collegi di sacerdotesse che celebravano sacrifici cruenti ed orgiastici. Non a<br />

caso Apollo è considerato un “domatore” delle Muse e delle Ninfe. Pare che l’uso del lauro<br />

fosse rigorosamente di pertinenza femmin<strong>il</strong>e, tramite la masticazione o l’inalazione. In epoca<br />

classica, quale retaggio dimenticato e inoffensivo di quegli antichi e sanguinosi culti, la<br />

sacerdotessa delfica, ormai ridotta ad una sola e sminuita al livello di una semplice<br />

profetessa, veniva affiancata da un sacerdote che la faceva cadere in “trance” bruciando ai<br />

suoi piedi grandi d’orzo, canapa e alloro. E’ comunque storicamente documentato che<br />

nell’antichità c’erano “masticatori d’alloro” (daphnefagoi) ed è da ritenere che le foglie<br />

venissero masticate e non ingoiate in quanto la pianta, in forte dose, è un emetico, cioè induce<br />

<strong>il</strong> vomito. Come si sa, <strong>il</strong> lauro è l’emblema dei poeti, che ne hanno “laureato” <strong>il</strong> capo,<br />

intendendo “poeta” nel senso antico di “vate”, cioè di ispirato. Con l’avvento di Apollo<br />

quest’ispirazione, che i Greci chiamavano “manìa”, ha ricevuto esclusive connotazioni<br />

razionali, per cui “laureato” è chi oggi conduce fino al termine gli studi universitari ma, in<br />

origine, quest’ispirazione era ben poco razionale. Come spiegare, altrimenti che <strong>il</strong> pitagorico<br />

Empedocle considerasse <strong>il</strong> masticare lauro come una cosa nefanda? La ripugnanza del<br />

f<strong>il</strong>osofo – “astenersi sempre dalle foglie dell’alloro” fu uno dei suoi precetti – può essere<br />

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