Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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10 - <strong>Il</strong> rito magico contro Enea<br />
La descrizione del rito magico contro Enea che <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> ci offre, è interessante e cercheremo<br />
qui di ricostruirlo, per quanto lo possano permettere le incongruenze strutturali del testo.<br />
Incongruenze dovute, forse, ad una mancata revisione da parte del poeta.<br />
1. Tale rito principia dalla condizione di coscienza alterata che <strong>il</strong> Dio Cupido ha indotto<br />
in Didone. La regina è accensa, aegra, demens, in preda a furor dionisiaco. La sua<br />
mente, pur essendo in grado di formulare ragionamenti, è diretta dalla frenesia<br />
bacchica. Questa condizione alterata è peraltro necessaria in tutte le operazioni<br />
magiche che richiedono <strong>il</strong> contatto e l’intervento di forze telluriche.<br />
2. Didone informa la sua “vittima” di quanto vuole compiere: “quando la gelida morte<br />
separerà l’anima dalle membra, la mia ombra sarà presente ovunque tu sia. Pagherai <strong>il</strong><br />
fio, disonesto!”<br />
3. Compie una libazione di latte e vino.<br />
4. Una sacerdotessa massìla, custode del tempio delle Esperidi 281 , dirige <strong>il</strong> rito. Essa<br />
agisce tramite la recitazione di incantesimi e l’evocazione notturna degli dei Mani.<br />
5. la sorella Anna funge da cam<strong>il</strong>la, ovvero da assistente al rito, erigendo la pira e<br />
portandovi gli oggetti appartenuti a Enea, compreso <strong>il</strong> letto sul quale Didone ed Enea<br />
si erano giaciuti.<br />
6. Didone addobba l’ambiente con serti e fronde di alberi ferali, nonché con <strong>il</strong> ritratto<br />
(effigiem) di Enea, proprio come se si trattasse di una vera e propria fattura a morte!<br />
7. Intorno alla pira sono disposte are su cui fumano le offerte sacrificali.<br />
8. la sacerdotessa massìla comincia una lunga litanìa (trecento chiamate) in cui nomina<br />
diverse divinità, dopo aver fatto scorrere per terra pura acqua di fonte ad imitazione<br />
dello scorrimento delle acque dell’Averno.<br />
9. Si gettano sulle are germogli di piante velenose, raccolte con falcetti bronzei alla luce<br />
della luna. Si brucia l’ippomane.<br />
10. Didone stessa, con la veste ed un sandalo disciolti - simbolo di liberazione di forze<br />
prima infrenate - si unisce alla recitazione delle litanìe. [Segue una incongruenza<br />
strutturale nei versi 522-553]<br />
11. All’alba, dopo <strong>il</strong> rito durato tutta la notte (e fatto credere finito ad Anna che così si<br />
era allontanata), Didone pronuncia la solenne maledizione di odio e morte, veicolata<br />
dall’effusione del suo stesso sangue. Sulla pira (sul letto) si trafigge <strong>il</strong> ventre con la<br />
spada che Enea le aveva donato 282 .<br />
12. Una volta morta, è da supporsi che Didone venga arsa sulla pira assieme a tutte le<br />
testimonianze di Enea. Dalle sue ossa, sorgerà <strong>il</strong> fantasma vendicatore che dovrà<br />
perseguitare i Troiani.<br />
Ma forse Anna non fece bruciare <strong>il</strong> corpo di Didone…<br />
281 Le Esperidi o Atlantidi erano dette “Figlie della Notte” da Esiodo. Vivevano in una regione variamente<br />
identificata dell’Africa settentrionale. In <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> c’è una imprecisione circa la provenienza della sacerdotessa<br />
mass<strong>il</strong>a, che dovrebbe provenire, in realtà, da una zona posta nell’attuale Libia centrale. Forse questa<br />
sacerdotessa è la personificazione del drago Ladone, custode dei Pomi delle Esperidi e simboleggiante egli<br />
stesso l’energia tellurica.<br />
282 Interessante <strong>il</strong> raffronto che si potrebbe fare col simbolismo della punta di lancia perduta e ritrovata<br />
contenuta nel romanzo esoterico L’Angelo della finestra occidentale di Gustav Meyrink.<br />
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