Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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LIBRO DODICESIMO - “La morte di Turno”<br />
(1-953)<br />
1<br />
A Laurento, re Latino invita Turno a deporre le sue pretese e rinunciare a Lavinia, offrendogli<br />
in cambio un’altra sposa di non indegno sangue. La regina Amata, che già medita <strong>il</strong> suicidio,<br />
prega anch’essa Turno di non combattere più, presaga della sua prossima morte. <strong>Il</strong> re rutulo<br />
non si fa però smuovere dalle suppliche e invia un araldo ad Enea informandolo che accetta<br />
un duello risolutore. L’indomani tutta la spianata di fronte alla città latina è colma degli<br />
eserciti contrapposti, pronti ad assistere al duello fra Turno ed Enea, mentre la popolazione<br />
civ<strong>il</strong>e si assembra sugli spalti delle mura. Giunone però, non ancora rassegnata agli eventi,<br />
incita la dea Giuturna, sorella di Turno, di fare <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per evitare <strong>il</strong> duello, in un modo o<br />
nell’altro. Appreso da Giunone del triste destino del fratello, Giuturna accorre sul posto e,<br />
mentre si celebrano i solenni preliminari del combattimento, sob<strong>il</strong>la, assumendo le sembianze<br />
del rutulo Camerte, gli animi dei giovani con parole ardenti e in più fa apparire in cielo un<br />
prodigio favorevole, che inganna l’indovino rutulo Tolumnio, <strong>il</strong> quale, infervorato, scaglia<br />
una lancia contro le schiere troiane, uccidendo un giovane. Ne deriva una mischia sanguinosa<br />
che degenera ben presto in aspra battaglia, nonostante che Enea cercasse di calmare gli animi.<br />
Egli stesso viene colpito ad una gamba da una freccia, scagliata audacemente dalla stessa<br />
Giuturna, ed è costretto a ritirarsi nella sua tenda. Galvanizzato dal ferimento, Turno si<br />
scaglia contro gli avversari facendone strage. Venere, vedendo sconvolte le sorti del<br />
combattimento, interviene nascostamente a fianco del medico Iapige che sta curando la ferita,<br />
e aggiunge all’acqua del medicamento l’erba dittamo, ambrosia e panacea. Enea guarisce<br />
all’istante e rientra in combattimento. Giuturna però, al fine di evitare lo scontro diretto,<br />
assume le sembianze dell’auriga di Turno e guida <strong>il</strong> fratello in battaglia ma sempre lontano da<br />
Enea. I due eroi uccidono un gran numero di avversari senza riuscire a scontrarsi. Venere, da<br />
parte sua, inst<strong>il</strong>la nel figlio l’idea strategica di assalire la città di Laurento, lasciata scoperta e<br />
indifesa. Questi vi giunge fac<strong>il</strong>mente a ridosso con tutti i suoi, tanto da gettare nella<br />
disperazione gli abitanti e la stessa regina Amata che, credendo Turno morto, si impicca. I<br />
Troiani stanno già dando l’assalto alle mura quando Turno, scoperto l’inganno della sorella,<br />
si getta di corsa in mezzo alle schiere e chiama a gran voce Enea al duello. Le f<strong>il</strong>e si aprono e<br />
i due eroi sono finalmente di fronte. Mentre si scambiano i primi violenti colpi, a Turno si<br />
spezza d’improvviso la spada (aveva preso nella fretta quella del suo auriga) ed è costretto a<br />
fuggire per non venire trafitto. Enea lo insegue ma la ferita da poco rimarginatasi lo ostacola<br />
nella corsa: Turno fugge a tentoni circondato dagli impedimenti del luogo, Enea gli va dietro,<br />
finchè scorge la sua lancia, infissa nel tronco di una vecchia quercia sacra a Fauno. Turno<br />
invoca <strong>il</strong> dio s<strong>il</strong>vestre di proteggerlo e questi impedisce ad Enea di svellere l’asta, mentre<br />
Giuturna soccorre <strong>il</strong> fratello porgendogli la spada fidata. Dall’alto dei cieli, Giove rampogna<br />
Giunone per le sue tresche sotterranee e gli ingiunge di non ostacolare più <strong>il</strong> corso del Fato.<br />
La Dea, ormai rassegnata, si piega e abbandona la contesa, strappando a Giove la promessa<br />
che i Troiani non avrebbero più perpetuato <strong>il</strong> nome di Troia ma si sarebbero mescolati al<br />
sangue latino: “Troia è caduta; lascia che sia caduto anche <strong>il</strong> nome”. <strong>Il</strong> padre degli Dei, dopo<br />
avere aggiunto in sovrappiù la promessa che Giunone sarebbe stata venerata al massimo<br />
grado tra i Romani, distoglie Giuturna dal tentativo di proteggere <strong>il</strong> fratello inviando su di lui<br />
un chiaro e perentorio presagio di morte. La Dea, a quel punto, si ritira gemendo nel fiume<br />
Numicio. Svelta così l’asta, Enea la lancia contro Turno, al quale Giove aveva indebolito le<br />
forze, e lo colpisce al femore. Enea gli è addosso pronto a trafiggerlo con la spada ma <strong>il</strong> re<br />
rutulo, invocando la pietà f<strong>il</strong>iale di Enea, scongiurandolo per <strong>il</strong> vecchio padre Dauno, chiede<br />
che <strong>il</strong> suo cadavere venga almeno restituito alla famiglia. Enea è sul punto di salvargli anche<br />
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