Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE
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unifica diverse tradizioni e diversi spazi temporali, congiungendo alla Roma dei primordi<br />
quella che sarà anche la Roma etrusco-romana. Infatti nell’episodio in cui Enea si reca nella<br />
città di Cere per unirsi agli Etruschi e da qui barcare alle spalle del campo troiano via mare,<br />
egli adatta e capovolge un fatto storico realmente accaduto, quando nel 358 a.C. gli Etruschi<br />
di Tarquinia attraversarono <strong>il</strong> territorio ceretano e sconfissero i Romani giungendo alle foci<br />
del Tevere, dov’erano importanti saline.<br />
║(*) magni Diomedis urbem <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> non spiega quale sia la città del grande Diomede,<br />
aspro nemico dei Troiani giunto anch’esso in Italia, forse perché a Diomede è attribuita la<br />
fondazione di un gran numero di città italiche, tra cui la latina Lanuvio. Secondo una<br />
tradizione, Diomede sarebbe stato colui che rubò <strong>il</strong> sacro Palladio da Troia. Proprio per<br />
questo è curioso se non cacozelico che <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> lo citi nell’episodio in cui l’ambasciatore<br />
Venulo gli dice: “è giunto Enea con la flotta e i vinti Penati vuole insediarvi”. <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> vuole<br />
adombrare anche l’esistenza di un greco, Diomede, che venne e fondò Lanuvio e/o Lavinio,<br />
seguendo la sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di<br />
quella da lui accolta. Per fare ciò cacozelicamente deve rendere incerta la città di<br />
Diomede║Del resto, pochi versi dopo (v.18), <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> spiega che i fatti narrati sono avvenuti<br />
per Latium nel Lazio. Si tratta quindi proprio di Lanuvio (…o di Lavinio), anche se nel Libro<br />
XI <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> la “scambia” con un’altra fondazione diomedea: la città apula di Arpi o<br />
Argirippa║deus Tiberinus <strong>il</strong> dio Tiberino appare in sogno ad Enea e gli conferma che la sede<br />
fatale è proprio <strong>il</strong> “suolo laurente” e le “campagne del Lazio”, e non fa menzione dell’etrusca<br />
Corito. Aggiunge che la nuova Troia sorgerà là dove Enea vedrà una scrofa intenta ad<br />
allattare trenta porcelli (trasparente simbolo dei popoli latini federati). Enea scorge sul posto<br />
la scrofa. <strong>Il</strong> fatto poi che gli occorra un giorno e una notte di navigazione a remi per<br />
raggiungere sul Tevere <strong>il</strong> sito di Pallanteo (in futuro Roma), permette di capire che la sede di<br />
questa nuova Troia è sulla sponda meridionale del Tevere, all’altezza di quella che diventerà<br />
poi Ostia. Già nel libro precedente, al verso 145, si dice che sul posto dello sbarco “si era<br />
diffusa tra le schiere troiane la voce che fosse giunto <strong>il</strong> giorno di fondare le mura fatidiche<br />
della città”║ingens sus la grossa scrofa. Per ben due volte la scrofa compare nella vicenda<br />
laziale degli Eneadi (la prima al momento dello sbarco). E’ dunque <strong>il</strong> simbolo primitivo dei<br />
Romani prima che venisse soppiantata dalla lupa etrusca.║Pallanteum Prima che l’Urbe<br />
fosse ci fu Pallanteo, città di Greci arcadi che ricalcava nel nome l’avita città<br />
peloponnesiaca. A sua volta quest’ultima traeva nome dall’eroe eponimo Pallante, da cui<br />
sarebbe disceso, secondo i miti riferiti da Dionisio di Alicarnasso, Dardano. <strong>Il</strong> fatto che<br />
<strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> parli di Arcadi nel sito della prima Roma è cacozelico, poiché <strong>il</strong> poeta, seguendo la<br />
sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di quella da lui<br />
accolta, vuole negare l’origine etrusca di Dardano, a dispetto dello stesso Mecenate║tecta<br />
vident, quae nunc romana potentia caelo aequavit Enea giunge risalendo <strong>il</strong> Tevere fino a<br />
Pallanteo, scorgon le case che la potenza di Roma ha ora innalzato al cielo. Vi è in ciò <strong>il</strong><br />
ricordo del tempo in cui <strong>il</strong> guado sul Tevere era frequentato da audaci manipoli di<br />
avventurieri.║(*) rex Evandrus, Romanae conditor arcis <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> qui, prima di cominciare a<br />
narrare la leggenda etrusca cara a Mecenate, premette la sua cacozelia: <strong>il</strong> re Evandro,<br />
fondatore della rocca di Roma [<strong>il</strong> Campidoglio], cioè Roma fondata dai Greci! Del resto<br />
poco più avanti Evandro mostra ad Enea strutture proprie della Roma storica, come la porta<br />
Carmentale, e così facendo accredita ulteriormente la propria cacozelia. Nel successivo<br />
episodio in cui Evandro addita ad Enea nelle vicinanze le strutture superstiti delle preesistenti<br />
antiche rocche di Gianicolo e Saturnia, vi è l’allusione al mitico tempo in cui, prima Giano e<br />
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