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Il Cattivo Zelo - Virgilio e il segreto dell'Eneide - ANTICA MADRE

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del poema <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> accredita la leggenda magnogreca dopodichè, con delle contraddizioni<br />

troppo palesi e che forse la morte gli impedì di sanare, adduce quella etrusca f<strong>il</strong>oellenica. E.<br />

Palmucci ha fatto acutamente osservare in proposito che i passi f<strong>il</strong>oetruschi del poema<br />

vennero snobbati dai commentatori romani di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>: “prova ne sia che Elio Donato e<br />

Servio si soffermarono a commentare tutti i personaggi dell’Eneide, e a fornire notizie anche<br />

dei pù secondari, ma non ut<strong>il</strong>izzarono una sola parola per <strong>il</strong>lustrare la figura di Tarconte, né<br />

<strong>il</strong> suo rapporto con l’economia dell’Eneide. Eppure, si trattava di uno dei personaggi<br />

principali della seconda parte del poema” 24 .<br />

L’influsso di Mecenate ci pare innegab<strong>il</strong>e ed è da rimpiangere la mancanza di elementi<br />

documentari più comprovanti, i quali tuttavia non hanno impedito anche a chi vede<br />

favorevolmente <strong>il</strong> mito augusteo, di intuire, forse esagerando l’apporto ebraico, una realtà<br />

non disponib<strong>il</strong>e: “…non ci siamo soffermati se non di sfuggita sulla figura di Mecenate,<br />

«etrusco de sanguine regum», secondo la formula di Properzio. Certi misteriosi legami fra<br />

Mecenate, <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> e Pollione ci avrebbero condotti in una zona incerta, al limitare di un<br />

confraternita esoterica che si può solo supporre, ma non provare. È anche per questo che<br />

non abbiamo voluto affrontare un problema già posto dal grande Ettore Paratore: nel<br />

periodo della fortuna di Antonio, nella casa di Pollione venivano ospitati gli ambasciatori di<br />

Erode i quali, presumib<strong>il</strong>mente, trasmisero qualche elemento dottrinale sul messianismo<br />

ebraico. Ora, è un caso che a Roma esisteva una colonia ebraica stab<strong>il</strong>itasi col beneplacito<br />

di Cesare; che a Napoli, la città in cui <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong> studiò e che amò molto più della stessa Roma<br />

e dove pare componesse alcune egloghe, fosse presente una folta comunità israelitica, una<br />

delle più floride d'Italia? E ancora, quali furono i veri rapporti con Cornelio Gallo, che<br />

ritroveremo in altre opere di <strong>Virg<strong>il</strong>io</strong>, e la cui disgrazia e «damnatio memoriae» potrebbe<br />

essere ricondotta ad una ripresa di elementi dottrinali di origine egizia che in Antonio erano<br />

stati sconfitti?” 25 .<br />

L’incongruenza storica che gli Etruschi in questa prospettiva fossero più antichi o<br />

contemporanei degli stessi Troiani (e di Cartagine) non contava, poiché all’epoca solo<br />

qualche erudito conosceva la vera cronologia. Bisogna però aggiungere che effettivamente gli<br />

Etruschi potrebbero essere degli esuli di qualche regione egeo-anatolica spintisi fino in Italia<br />

dopo <strong>il</strong> 1260 a.C. Questa datazione “alta” permette anche di fare giustizia delle tesi erronee<br />

del “nostos” di Dardano. Le leggende etruscof<strong>il</strong>e non morirono ma vennero poi riprese nel De<br />

Etruria Regali di Thomas Dempster (scritto nel 1616 ma pubblicato nel 1727), nei libri di<br />

Scipione Maffei, nonchè da Mario Guarnacci, che nel 1767 scrisse un’opera in tre volumi, le<br />

Origini Italiche, sulla priorità ed eccellenza degli Etruschi rispetto a Greci e Romani, dove<br />

risolve a suo favore <strong>il</strong> quesito: “Se l’Italia da prima sia stata popolata, e <strong>il</strong>luminata di scienze<br />

e d’arte dai Greci; ovvero se al contrario abbiano i Greci ricevuta dagli Italici la loro prima<br />

popolazione e i primi semi di cultura”, e che comunque riprendeva la vecchia teoria del frate<br />

domenicano Annio da Viterbo sull’origine ebraica degli etruschi.<br />

Questa idea della priorità ed eccellenza dell’Italia già in tempi antichissimi è solo una boria<br />

nazionalistica che però mantiene ancor oggi uno sparuto gruppo di seguaci i quali non<br />

mancano di ribadire queste tesi in pubblicazioni che solo raramente raggiungono <strong>il</strong> grosso<br />

pubblico o gli studiosi del settore. Oltre all’evidenza storica e archeologica questa teoria, o<br />

meglio, questo convincimento emotivo, è confutato da un fenomeno ben riscontrab<strong>il</strong>e da tutti<br />

Romani ai Tarquini, ed, in ogni caso, li mascherò o li ridusse a quel minimo indispensab<strong>il</strong>e che bastasse per<br />

rivendicare a Roma soltanto i vantaggi che le venivano dalle origini etrusche che egli stesso le conferiva”.<br />

24 Cit. supra.<br />

25 N. D’Anna: VIRGILIO E LE RIVELAZIONI DIVINE, p.123. Ecig, Genova 1989.<br />

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