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Farmaci e genoma - Università degli Studi di Verona

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2 luglio 2001<br />

INCONTRI GLAXOSMITHKLINE<br />

SOCIETÀ ITALIANA DI GENETICA UMANA<br />

<strong>Farmaci</strong><br />

e <strong>genoma</strong><br />

Promesse e limiti<br />

<strong>di</strong> una scienza nuova


Promesse<br />

e limiti<br />

LL<br />

LL<br />

a seconda tavola rotonda organizzata<br />

dalla Società italiana <strong>di</strong> genetica<br />

umana e da GlaxoSmithKline è<br />

stata de<strong>di</strong>cata alla farmacogenetica, cioè<br />

allo stu<strong>di</strong>o delle variazioni nel DNA e ai<br />

loro riflessi sulla risposta in<strong>di</strong>viduale ai<br />

farmaci. Questo termine viene impropriamente<br />

assimilato alla farmacogenomica,<br />

che, <strong>di</strong> fatto, definisce lo stu<strong>di</strong>o del <strong>genoma</strong><br />

e dei suoi prodotti e i loro rapporti con la<br />

scoperta e lo sviluppo dei farmaci.<br />

La farmacogenetica è <strong>di</strong> solito presentata<br />

come una scienza moderna, una delle derivazioni<br />

più stimolanti e promettenti dell’era<br />

postgenomica. Tuttavia l’idea non è<br />

nuova. Roberto Barale ci ricorda che re<br />

Mitridate è stato il primo sperimentatore<br />

inconscio <strong>di</strong> questa scienza. Infatti, circa<br />

2.000 anni fa il sovrano del Ponto aveva<br />

in<strong>di</strong>viduato nell’autosomministrazione <strong>di</strong><br />

piccole dosi <strong>di</strong> veleno la strategia per<br />

sopravvivere agli attentati alla sua vita. E’<br />

stato scoperto recentemente che questa<br />

pratica, agendo sul recettore SXR, lo attiva<br />

e porta a neutralizzare i veleni.<br />

Negli ultimi 50 anni sono state ottenute<br />

prove del controllo genetico dei farmaci ed<br />

è stata identificata una ventina <strong>di</strong> famiglie<br />

<strong>di</strong> geni coinvolti nel loro metabolismo, nel<br />

loro trasporto e nella loro escrezione.<br />

L’idea basilare della farmacogenetica è<br />

che, se un farmaco è in grado <strong>di</strong> interagire<br />

con una specifica proteina cellulare e la<br />

inattiva, il fenotipo della cellula trattata<br />

con quel farmaco dovrebbe essere simile a<br />

quello <strong>di</strong> una cellula nella quale è stato<br />

inattivato il gene che co<strong>di</strong>fica per quella<br />

proteina. Pertanto il confronto tra il profilo<br />

d’espressione <strong>di</strong> una cellula trattata con<br />

un farmaco e quelli delle cellule contenenti<br />

singoli geni inattivati consente <strong>di</strong> correlare<br />

le mutazioni con specifiche molecole e,<br />

perciò, alcuni bersagli con i farmaci.<br />

Questa tavola rotonda ha <strong>di</strong>battuto tre<br />

aspetti principali: i principi generali che<br />

guidano la terapia farmacologia personalizzata<br />

(Roberto Barale) e che sono potenzialmente<br />

applicabili allo sviluppo dei farmaci<br />

(Giuseppe Recchia e Antonella<br />

Pirazzoli); gli stu<strong>di</strong> preliminari sulla terapia<br />

dell’asma (Pier Franco Pignatti), sull’analisi<br />

della suscettibilità e della resistenza<br />

alle infezioni (Giuseppe Novelli), sulla<br />

risposta alla terapia del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 2<br />

(Giorgio Sesti) e delle malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />

(Enrico Agabiti Rosei); gli aspetti<br />

etici connessi con questo settore della ricerca<br />

(Antonio G. Spagnolo e Maurizio Mori).<br />

La farmacogenetica, come scienza, contribuisce<br />

a rafforzare un concetto generale<br />

della me<strong>di</strong>cina: esistono malati e non<br />

malattie; superando l’idea fatta propria<br />

dalla me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> fine novecento, <strong>di</strong> una<br />

terapia basata su protocolli, piuttosto che<br />

su in<strong>di</strong>vidui, riporta alla me<strong>di</strong>cina vista<br />

come arte e non come scienza, in quanto<br />

considera il paziente come in<strong>di</strong>viduo e non<br />

come soggetto depersonalizzato a causa <strong>di</strong><br />

una patologia con<strong>di</strong>visa con altri.<br />

Inoltre, la farmacogenetica, percorre<br />

para<strong>di</strong>gmaticamente uno <strong>degli</strong> obiettivi<br />

della scienza postgenomica, quello <strong>di</strong> deci-<br />

PREMESSA<br />

1


2<br />

frare la complessità biologica, compresa<br />

l’interazione tra i geni e tra geni e ambiente.<br />

Infine, aiuta a razionalizzare l’uso dei<br />

farmaci. Integrandosi con le nuove prospettive<br />

della terapia genica e con l’uso<br />

delle cellule staminali, affronta autorevolmente<br />

l’obiettivo più avanzato della ricerca<br />

genetica, quello <strong>di</strong> superare il tra<strong>di</strong>zionale<br />

controllo delle malattie, basato sulla<br />

<strong>di</strong>agnosi e sulla prevenzione, ottimizzando<br />

le risposte ai farmaci, in termini <strong>di</strong> efficacia<br />

e <strong>di</strong> tollerabilità.<br />

UUUU<br />

Bruno Dallapiccola<br />

Presidente della Società italiana<br />

<strong>di</strong> genetica umana<br />

na delle applicazioni più interessanti<br />

delle scoperte <strong>di</strong> genetica e<br />

genomica riguarda la possibilità<br />

<strong>di</strong> identificare i legami tra la costituzione<br />

genetica <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo e la sua risposta a<br />

farmaci somministrati, sia in termini <strong>di</strong><br />

efficacia sia in termini <strong>di</strong> tossicità. E’ ben<br />

noto infatti che non sempre un farmaco,<br />

anche correttamente prescritto, sortisce<br />

l’effetto desiderato. Per questo motivo le<br />

industrie farmaceutiche devono talvolta<br />

ritirare dal commercio alcuni me<strong>di</strong>cinali<br />

che provocano effetti collaterali in una<br />

minoranza della popolazione, identificabile<br />

solo dopo l’immissione sul mercato. In<br />

questo modo però l’accesso alla terapia<br />

viene negato anche a quanti ne potrebbero<br />

beneficiare.<br />

Quando negli anni cinquanta i ricercatori<br />

cominciarono a pensare che la variabilità<br />

<strong>di</strong> risposta a una molecola potesse avere<br />

basi genetiche, si aprì la strada alla possibilità<br />

<strong>di</strong> correlare la risposta a un certo<br />

farmaco con la costituzione genetica dei<br />

singoli in<strong>di</strong>vidui, con la prospettiva <strong>di</strong><br />

identificare a priori chi può beneficiare <strong>di</strong><br />

una certa terapia e chi no. Figlie <strong>di</strong> questo<br />

pensiero sono la farmacogenetica e la farmacogenomica<br />

che negli ultimi anni<br />

hanno attirato l’attenzione non solo della<br />

comunità scientifica, ma anche dei grossi<br />

gruppi farmaceutici internazionali. Tutte<br />

le multinazionali del farmaco stanno<br />

facendo grossi investimenti in questo<br />

campo, nonostante molti aspetti siano<br />

ancora da chiarire, e non vi siano ancora<br />

applicazioni cliniche <strong>di</strong> questo approccio<br />

alla terapia, come il <strong>di</strong>battito <strong>di</strong> questa<br />

tavola rotonda ha chiaramente in<strong>di</strong>cato.<br />

In realtà le promesse della farmacogenetica<br />

sono così allettanti da far accettare<br />

anche una quota <strong>di</strong> incertezza. Questa<br />

scienza viene abitualmente vista come la<br />

<strong>di</strong>sciplina che potrebbe portare a personalizzare<br />

la terapia, fino al punto <strong>di</strong> prescriverla<br />

solo a chi ne può davvero beneficiare.<br />

In realtà, la farmacogenetica ha altri<br />

potenziali vantaggi. Per esempio potrebbe<br />

dare un forte impulso anche al processo <strong>di</strong><br />

ricerca e sviluppo dei farmaci, che è a tutt’oggi<br />

ancora inefficiente a fronte <strong>di</strong> costi<br />

ingenti. Inserendo valutazioni <strong>di</strong> farmacogenetica<br />

fin dalle prime fasi della sperimentazione<br />

clinica si potrebbero ridurre<br />

tempi e costi dello sviluppo dei farmaci.<br />

La farmacogenetica, poi, potrebbe trovare<br />

applicazione anche nella farmacovigilanza<br />

permettendo <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re gli effetti collaterali<br />

gravi e riducendo i casi <strong>di</strong> ritiro dal<br />

commercio <strong>di</strong> farmaci me<strong>di</strong>amente efficaci<br />

e ben tollerati, ma che generano gravi<br />

effetti su un numero limitato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />

La presente tavola rotonda ha esplorato<br />

questo affascinante settore della ricerca<br />

scientifica che, sebbene ancora agli albori,<br />

sta cominciando a dare frutti interessanti.<br />

Gli interventi qui riportati consentono da<br />

un lato <strong>di</strong> apprezzare le promesse <strong>di</strong> questa<br />

nuova linea <strong>di</strong> ricerca e dall’altro <strong>di</strong><br />

esaminarne i limiti e le questioni, sia etiche<br />

sia scientifiche, ancora da esplorare.<br />

L’auspicio è che si possa creare, tra il<br />

mondo industriale, i genetisti, i me<strong>di</strong>ci, i<br />

ricercatori, gli esperti <strong>di</strong> bioetica, le associazioni<br />

<strong>di</strong> pazienti e le autorità regolatorie,<br />

quella collaborazione necessaria per<br />

elaborare, <strong>di</strong> comune accordo, le soluzioni<br />

ai problemi esistenti e portare a un reale<br />

successo della farmacogenetica.<br />

Giuseppe Recchia<br />

Direttore me<strong>di</strong>co GlaxoSmithKline<br />

Antonella Pirazzoli<br />

Responsabile Genetica clinica<br />

GlaxoSmithKline


1<br />

5<br />

17<br />

23<br />

31<br />

37<br />

43<br />

51<br />

59<br />

63<br />

VERONA<br />

30 gennaio 2001<br />

GLAXOSMITHKLINE<br />

PREMESSA<br />

Promesse e limiti<br />

MOLECOLE SU MISURA<br />

Cercare nei geni la risposta ai farmaci<br />

IN PRATICA<br />

Asma<br />

Malattie infettive<br />

Diabete mellito <strong>di</strong> tipo 2<br />

Malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />

NEI LABORATORI<br />

Dal <strong>genoma</strong> alla pastiglia<br />

RISVOLTI ETICI<br />

<strong>Farmaci</strong> e genetica nel bene e nel male<br />

APPENDICE<br />

Dichiarazione <strong>di</strong> Erice sui principi etici<br />

della ricerca farmacogenetica<br />

GLOSSARIO<br />

Enrico Agabiti Rosei<br />

Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna,<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze me<strong>di</strong>che<br />

e chirurgiche,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Franco Ajmar<br />

Direttore della Scuola<br />

<strong>di</strong> specializzazione in genetica<br />

me<strong>di</strong>ca, Dipartimento<br />

<strong>di</strong> scienze neurologiche<br />

e della visione,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Genova<br />

Roberto Barale<br />

Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> scienze<br />

dell’uomo e dell’ambiente,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Pisa<br />

Giampietro Chiamenti<br />

Direttore del Centro stu<strong>di</strong><br />

Federazione italiana me<strong>di</strong>ci pe<strong>di</strong>atri,<br />

San Martino Buon Albergo (VR)<br />

Bruno Dallapiccola<br />

Presidente della Società italiana<br />

<strong>di</strong> genetica umana, Cattedra <strong>di</strong><br />

genetica umana, Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina<br />

sperimentale e patologia, <strong>Università</strong><br />

<strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> La Sapienza<br />

e Istituto CSS-Mendel, Roma<br />

Maurizio Mori<br />

Consulta <strong>di</strong> bioetica, Milano<br />

Giuseppe Novelli<br />

Cattedra <strong>di</strong> genetica umana,<br />

Dipartimento <strong>di</strong> biopatologia<br />

e <strong>di</strong>agnostica per immagini,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma Tor Vergata<br />

Pier Franco Pignatti<br />

Direttore della Scuola<br />

<strong>di</strong> specializzazione in genetica<br />

me<strong>di</strong>ca, Dipartimento materno-infantile<br />

e <strong>di</strong> biologia-genetica,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> <strong>Verona</strong><br />

Antonella Pirazzoli<br />

Responsabile Genetica clinica,<br />

GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />

Giuseppe Recchia<br />

Direttore me<strong>di</strong>co,<br />

GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />

Franco Rengo<br />

Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina<br />

interna e geriatria<br />

Nuovo Policlinico, Napoli<br />

Gabriella Salvini Porro<br />

Presidente della Federazione Alzheimer<br />

Italia, Milano<br />

Giorgio Sesti<br />

Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina interna, <strong>Università</strong><br />

<strong>di</strong> Catanzaro Magna Graecia<br />

Antonio G. Spagnolo<br />

Direttore dell’Istituto <strong>di</strong> bioetica,<br />

<strong>Università</strong> cattolica del Sacro Cuore,<br />

Roma<br />

SOMMARIO<br />

3


4<br />

Un’iniziativa del Programma <strong>di</strong> comunicazione e formazione sulla genetica a cura<br />

<strong>di</strong> GlaxoSmithKline e della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana (SIGU)<br />

Organizzazione e coor<strong>di</strong>namento dell’iniziativa<br />

Antonella Pirazzoli<br />

Responsabile Genetica clinica, GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />

Comitato scientifico<br />

Enrico Agabiti Rosei<br />

Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna, Dipartimento <strong>di</strong> scienze me<strong>di</strong>che e chirurgiche,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Franco Ajmar<br />

Direttore della Scuola <strong>di</strong> specializzazione in genetica me<strong>di</strong>ca<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze neurologiche e della visione, <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Genova<br />

Pietro Armani<br />

Segretario nazionale della Lega italiana fibrosi cistica,<br />

Azienda ospedaliera Borgo Trento, <strong>Verona</strong><br />

Giampietro Chiamenti<br />

Direttore del Centro stu<strong>di</strong> Federazione italiana me<strong>di</strong>ci pe<strong>di</strong>atri<br />

San Martino Buon Albergo (VR)<br />

Clau<strong>di</strong>o Cricelli<br />

Presidente della Società italiana <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina generale, Firenze<br />

Bruno Dallapiccola<br />

Presidente della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana<br />

Cattedra <strong>di</strong> genetica me<strong>di</strong>ca, Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina sperimentale e patologia,<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> La Sapienza e Istituto CSS-Mendel, Roma<br />

Maurizio Mori<br />

Consulta <strong>di</strong> bioetica, Milano<br />

Giuseppe Novelli<br />

Cattedra <strong>di</strong> genetica umana, Dipartimento <strong>di</strong> biopatologia e <strong>di</strong>agnostica per immagini<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma Tor Vergata<br />

Pier Franco Pignatti<br />

Direttore della Scuola <strong>di</strong> specializzazione in genetica me<strong>di</strong>ca<br />

Dipartimento materno-infantile e <strong>di</strong> biologia-genetica<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Verona</strong><br />

Franco Rengo<br />

Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna e geriatria, Nuovo Policlinico, Napoli<br />

Gabriella Salvini Porro<br />

Presidente della Federazione Alzheimer Italia, Milano<br />

Antonio G. Spagnolo<br />

Direttore dell’Istituto <strong>di</strong> bioetica, <strong>Università</strong> cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Stesura e coor<strong>di</strong>namento testi<br />

Valeria Brancolini<br />

Redazione<br />

Occam srl, Via Calzecchi, 10 - 20131 Milano<br />

Grafica e contributi foto-iconografici<br />

Giuseppe Festino (ritratti), Clau<strong>di</strong>o Uracchi<br />

Fotolito<br />

Areaimmagine snc, Milano<br />

Stampa<br />

Arti grafiche Passoni srl, Milano<br />

Tiratura<br />

10.000 copie


Cercare nei geni<br />

la risposta ai farmaci<br />

E’ nel DNA il segreto <strong>di</strong> una terapia<br />

farmacologica personalizzata<br />

L<br />

a terapia farmacologica presenta<br />

due problemi fondamentali:<br />

il primo è che i farmaci<br />

non hanno sempre l’effetto<br />

auspicato in tutti i pazienti (si ha<br />

la risposta attesa solo nel 50 per<br />

cento dei casi, 1); il secondo è che<br />

spesso i farmaci possono avere<br />

effetti collaterali <strong>di</strong> varia intensità,<br />

fino a esiti fatali.<br />

Reazioni<br />

in<strong>di</strong>viduali<br />

Per esempio, è noto che alcuni<br />

soggetti sono molto sensibili al 5fluorouracile,<br />

come alla 6-tioguanina<br />

o mercaptopurina, analoghi<br />

delle basi azotate (elementi fondamentali<br />

della struttura del<br />

DNA) usati nella terapia antitumorale.<br />

Per i soggetti sensibili<br />

(circa una persona su 200-300<br />

per la 6-tioguanina) la dose standard<br />

<strong>di</strong> farmaco può essere ad<strong>di</strong>rittura<br />

letale, tanto che, una volta<br />

in<strong>di</strong>viduate queste persone, nei<br />

cicli <strong>di</strong> terapia successivi, viene<br />

loro somministrato un dosaggio<br />

pari a circa 1/15 –1/20 <strong>di</strong> quello<br />

utilizzato normalmente.<br />

A questo proposito le statistiche<br />

statunitensi pongono gli effetti<br />

collaterali provocati dai farmaci<br />

tra la quarta e la sesta causa <strong>di</strong><br />

morte nella popolazione generale,<br />

Principi da ritenere<br />

■ la risposta alle terapie farmacologiche<br />

è me<strong>di</strong>ata anche dal patrimonio<br />

genetico<br />

■ la ricerca si sta concentrando<br />

sulle <strong>di</strong>fferenze genetiche che influenzano<br />

la risposta ai farmaci<br />

■ l’obiettivo finale è pre<strong>di</strong>re l’efficacia<br />

e la tollerabilità <strong>di</strong> un certo farmaco<br />

in un singolo in<strong>di</strong>viduo<br />

prima <strong>di</strong> polmonite e <strong>di</strong>abete (2).<br />

Un dato che, anche se probabilmente<br />

amplificato dal fatto che in<br />

quel paese l’autome<strong>di</strong>cazione è un<br />

comportamento piuttosto comune,<br />

resta comunque impressionante.<br />

Uno stu<strong>di</strong>o recente in<strong>di</strong>ca inoltre<br />

che ogni anno, negli Stati Uniti,<br />

circa 2 milioni <strong>di</strong> persone vengono<br />

ricoverate a causa <strong>degli</strong> effetti collaterali<br />

dei farmaci e <strong>di</strong> queste<br />

circa 100 mila muoiono (3).<br />

A queste osservazioni si aggiunga<br />

il fatto che non sempre la terapia<br />

dà la risposta desiderata, come<br />

<strong>di</strong>mostra il grafico della figura 1 a<br />

pagina 6. Se, per esempio, si con-<br />

MOLECOLE<br />

SU MISURA<br />

Roberto Barale<br />

Direttore del Dipartimento<br />

<strong>di</strong> scienze dell’uomo<br />

e dell’ambiente,<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Pisa<br />

5


6<br />

trattamento<br />

dell’ipertensione<br />

e delle malattie<br />

car<strong>di</strong>ovascolari ◆<br />

antidepressivi ▲<br />

farmaci per ridurre<br />

il colesterolo<br />

farmaci antivirali e anticancro<br />

trattamento della carenza<br />

<strong>di</strong> testosterone<br />

farmaci contro la cefalea<br />

farmaci anticancro<br />

antibiotici e antifungini<br />

0 100<br />

percentuale <strong>di</strong> persone con una scarsa risposta<br />

figura 1<br />

Come <strong>di</strong>mostrato dalla rappresentazione grafica i farmaci possono essere inefficaci in larghe fasce della popolazione.<br />

In giallo è in<strong>di</strong>cata la percentuale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> soggetti che rispondono poco alla terapia per <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> farmaci,<br />

in blu lo spettro <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> tale percentuale nelle popolazioni testate<br />

tratta da (4)<br />

siderano i farmaci antivirali e<br />

antitumorali, si può osservare che<br />

la percentuale <strong>di</strong> soggetti che non<br />

rispondono alla terapia arriva fino<br />

al 25 per cento (4).<br />

Nei geni la chiave<br />

della <strong>di</strong>versità<br />

Dal grafico emerge anche la grande<br />

variabilità dei risultati, dovuta al<br />

fatto che le ricerche sono state condotte<br />

su popolazioni <strong>di</strong>verse. A<br />

questo proposito, la genetica <strong>di</strong><br />

popolazioni <strong>di</strong>mostra infatti che le<br />

varie etnie, oltre a presentare una<br />

grande eterogeneità al loro interno,<br />

possono essere molto <strong>di</strong>verse le une<br />

me<strong>di</strong>a<br />

variazione<br />

nei <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong><br />

◆ betabloccanti<br />

◆ ACE inibitori<br />

◆ inibitori dell’angiotesina 2<br />

▲ SSRIs<br />

▲ triciclici<br />

dalle altre (5) (ve<strong>di</strong> il box «Dall’in<strong>di</strong>viduo<br />

alla popolazione» a<br />

pagina 14).<br />

Per capire meglio i motivi <strong>di</strong> questa<br />

situazione, si ricor<strong>di</strong> che ogni<br />

organismo umano ha 23 coppie <strong>di</strong><br />

cromosomi e che un elemento<br />

della coppia viene ere<strong>di</strong>tato dal<br />

padre e l’altro dalla madre. Su<br />

ogni cromosoma ci sono geni<br />

<strong>di</strong>versi, ognuno dei quali svolge<br />

una funzione specifica; se si suppone<br />

<strong>di</strong> prendere in considerazione<br />

un ipotetico gene A, ogni in<strong>di</strong>viduo<br />

ne possiede quin<strong>di</strong> due<br />

copie (alleli), una per ogni cromosoma<br />

della coppia su cui si trova il<br />

gene (per ogni gene ci possono


essere più <strong>di</strong> due varianti alleliche).<br />

Se le due copie o alleli sono<br />

identici, allora l’in<strong>di</strong>viduo è omozigote<br />

per il gene A; se le due<br />

copie sono <strong>di</strong>verse, allora è eterozigote<br />

e la funzione <strong>di</strong> uno dei due<br />

alleli può essere anche completamente<br />

<strong>di</strong>versa da quella dell’altro.<br />

Quando le varianti genetiche o<br />

alleli sono presenti in una popolazione<br />

con una frequenza che varia<br />

dall’1 al 5 per cento, allora si parla<br />

<strong>di</strong> polimorfismo e si <strong>di</strong>ce che il<br />

gene in questione è polimorfico.<br />

In particolare, se un allele è presente<br />

con una frequenza dell’1 per<br />

cento, ci si attende un in<strong>di</strong>viduo<br />

omozigote per quell’allele con una<br />

probabilità <strong>di</strong> 1 su 10.000.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista più generale,<br />

questo significa che, poiché si<br />

stima che nel <strong>genoma</strong> ci siano dai<br />

30 ai 40 mila geni (ve<strong>di</strong> il box «Il<br />

libro della vita svelato» a pagina<br />

10), per la legge del caso, ogni<br />

volta che nasce un in<strong>di</strong>viduo c’è<br />

una combinazione <strong>di</strong>versa <strong>di</strong> alleli<br />

e la probabilità che nascano due<br />

soggetti uguali è estremamente<br />

bassa. Ne risulta che, in tutta la<br />

storia dell’umanità, è quasi<br />

impossibile che ci siano stati due<br />

soggetti geneticamente identici e<br />

quin<strong>di</strong> non deve stupire che ognuno<br />

possa reagire in modo <strong>di</strong>verso<br />

a qualsiasi stimolo esterno, farmaci<br />

compresi.<br />

L’unica eccezione a questa osservazione<br />

è rappresentata dai gemelli<br />

monozigoti che, proprio per<br />

la loro identità genetica, sono<br />

stati oggetto <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong> per<br />

comprendere l’ere<strong>di</strong>tarietà <strong>di</strong> alcuni<br />

caratteri, compresa la reazione<br />

ai farmaci (ve<strong>di</strong> il box «<strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

sui gemelli» a pagina 12).<br />

Nel profilo genetico<br />

la risposta<br />

Ma quale può essere la base genetica<br />

della risposta a un farmaco in<br />

termini <strong>di</strong> efficacia terapeutica e<br />

<strong>di</strong> tossicità?<br />

Per rispondere a questa domanda<br />

può essere <strong>di</strong> aiuto ricordare che<br />

un farmaco, quando entra nell’organismo,<br />

si <strong>di</strong>stribuisce al suo<br />

interno e a questo punto può essere<br />

metabolizzato, attivato, coniugato<br />

(cioè legato ad altre molecole)<br />

e infine escreto.<br />

Si supponga, per esempio, che un<br />

certo farmaco, per avere effetto,<br />

abbia bisogno <strong>di</strong> essere metabolizzato<br />

e poi trasportato, tramite<br />

un recettore, all’interno della cellula.<br />

Si supponga inoltre che,<br />

semplificando un processo molto<br />

Il segreto<br />

<strong>di</strong> re<br />

Mitridate<br />

Nelle considerazioni riguardanti<br />

i fattori che influenzano<br />

la risposta ai farmaci non bisogna<br />

<strong>di</strong>menticare le possibili interazioni<br />

tra molecole <strong>di</strong>verse. In questo<br />

senso è relativamente recente<br />

la scoperta che l’iperforina, il principio<br />

attivo responsabile dell’azione<br />

antidepressiva dell’Hypericum<br />

perforatum, riduce l’efficacia <strong>di</strong><br />

alcuni farmaci, come la warfarina<br />

e la teofillina, attivando un recettore<br />

che agisce sul citocromo<br />

CYP3A, un enzima coinvolto nel<br />

metabolismo dei farmaci (6). Lo<br />

spunto della ricerca che ha portato<br />

a questa conclusione è stato proprio<br />

l’osservazione <strong>di</strong> alcuni soggetti<br />

in cui l’assunzione <strong>di</strong> iperico<br />

causava la mancata efficacia <strong>di</strong><br />

terapie farmacologiche in corso.<br />

Alla GlaxoSmithKline, in Nord Carolina,<br />

hanno subito pensato che<br />

l’erba me<strong>di</strong>cinale potesse agire in<br />

qualche modo sull’enzima CYP3A,<br />

accelerando così il metabolismo e<br />

MOLECOLE<br />

SU MISURA<br />

l’eliminazione <strong>di</strong> altri farmaci. La<br />

questione era capire in che modo<br />

questo avvenisse e la risposta è<br />

arrivata da un esperimento condotto<br />

nei topi.<br />

Quest’ultimo ha infatti <strong>di</strong>mostrato<br />

che l’iperforina, uno dei principi<br />

attivi dell’iperico, attiva il recettore<br />

Pregnane X Receptor o PXR, che a<br />

sua volta attiva l’enzima CYP3A.<br />

Il recettore PXR, il cui omologo nell’uomo<br />

è SXR, sarebbe l’elemento,<br />

o almeno uno <strong>degli</strong> elementi,<br />

attraverso cui il fegato esplica la<br />

sua azione detossificante e neutralizzante<br />

nei confronti delle sostanze<br />

tossiche in generale.<br />

Una conclusione questa che svela<br />

un mistero durato oltre 2.000<br />

anni, quello dell’invulnerabilià <strong>di</strong><br />

Re Mitridate.<br />

Il mitico sovrano del Ponto, infatti,<br />

temendo <strong>di</strong> essere avvelenato dai<br />

suoi nemici, aveva escogitato un<br />

metodo che lo fece vivere a lungo<br />

nonostante gli innumerevoli attentati<br />

alla sua vita: si autosomministrava<br />

piccole dosi <strong>di</strong> veleno, che lo<br />

rendevano immune probabilmente<br />

proprio agendo sul recettore SXR,<br />

che una volta attivato metabolizzava<br />

anche qualsiasi altro veleno.<br />

7


8<br />

<strong>Farmaci</strong> e geni:<br />

una storia<br />

lunga 50 anni<br />

La farmacogenetica nasce intorno<br />

agli anni cinquanta quando<br />

i ricercatori cominciarono a pensare<br />

che anche la risposta ai farmaci<br />

potesse essere regolata, almeno in<br />

parte, dai geni e che la variabilità<br />

<strong>di</strong> reazione a un certo principio attivo<br />

da parte <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong>versi non<br />

fosse altro che il riflesso delle <strong>di</strong>fferenze<br />

genetiche.<br />

In particolare, sulla scia <strong>di</strong> questa<br />

ipotesi, gli stu<strong>di</strong>osi si sono posti<br />

come obiettivo quello <strong>di</strong> identificare<br />

i geni che fossero coinvolti nel<br />

metabolismo dei farmaci, nel loro<br />

trasporto all’interno dell’organismo<br />

e nella loro escrezione.<br />

più complesso, metabolismo e trasporto<br />

siano controllati solo da<br />

due geni <strong>di</strong>versi che possono essere<br />

polimorfici.<br />

In questo caso la variabilità <strong>di</strong><br />

risposta sarà determinata dalle<br />

<strong>di</strong>verse interazioni delle varianti<br />

<strong>di</strong> questi due geni, come rappresentato<br />

schematicamente nella<br />

figura 2 a pagina 9. Nella prima<br />

colonna si osserva l’effetto che il<br />

patrimonio genetico del soggetto<br />

ha nel determinare il metabolismo<br />

del farmaco e <strong>di</strong> conseguenza<br />

la sua concentrazione nel plasma,<br />

supponendo che per semplicità<br />

questa sia controllata da un unico<br />

gene polimorfico. Si avranno così<br />

in<strong>di</strong>vidui con entrambi gli alleli<br />

normali (in<strong>di</strong>cati come wt/wt =<br />

wild type, selvatico) che metabolizzano<br />

rapidamente e che hanno<br />

una concentrazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> farmaco<br />

nel sangue piuttosto bassa;<br />

in<strong>di</strong>vidui che hanno un allele<br />

mutato e sono quin<strong>di</strong> eterozigoti<br />

Da allora sono state in<strong>di</strong>viduate<br />

circa 20 famiglie <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> questo<br />

tipo, che sono coinvolti nel metabolismo<br />

dei farmaci a tutt’oggi conosciuti.<br />

Gli sviluppi tecnologici della genetica<br />

e la lettura dell’intera sequenza<br />

del <strong>genoma</strong> umano hanno messo i<br />

ricercatori nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fare<br />

un ulteriore passo avanti, cercando<br />

non più solo le interazioni tra singoli<br />

geni (con i loro polimorfismi) e<br />

farmaci, ma tra le molecole e l’intero<br />

patrimonio genetico umano,<br />

con le sue variazioni <strong>di</strong> sequenza e<br />

<strong>di</strong> struttura. In questo modo non è<br />

più necessario conoscere la funzione<br />

<strong>di</strong> un gene per potergli attribuire<br />

un ruolo, ma questo viene scoperto<br />

attraverso gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> correlazione<br />

tra il profilo genetico <strong>degli</strong><br />

in<strong>di</strong>vidui trattati e le loro risposte ai<br />

farmaci.<br />

(wt/m), che metabolizzano più<br />

lentamente e hanno una concentrazione<br />

plasmatica <strong>di</strong> farmaco<br />

più alta e infine in<strong>di</strong>vidui che<br />

hanno entrambi gli alleli mutati<br />

(m/m) e che hanno concentrazioni<br />

elevate <strong>di</strong> farmaco nel plasma.<br />

Si consideri, poi, il gene polimorfico<br />

che controlla il recettore del<br />

farmaco (seconda colonna della<br />

figura 2): possono esserci in<strong>di</strong>vidui<br />

omozigoti per il gene normale,<br />

che trasportano il farmaco nella<br />

cellula in modo efficace e con<br />

rapi<strong>di</strong>tà; in<strong>di</strong>vidui eterozigoti che<br />

hanno una capacità interme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

trasportare il farmaco nella cellula<br />

e soggetti omozigoti per la<br />

mutazione che non hanno il recettore<br />

o ne hanno uno <strong>di</strong>fettoso.<br />

L’efficacia terapeutica del farmaco<br />

<strong>di</strong>penderà quin<strong>di</strong> dall’interazione<br />

tra i due geni polimorfici.<br />

Dalla figura 2 si osserva che, per<br />

esempio, in una persona che<br />

metabolizza velocemente, anche<br />

se possiede i recettori funzionanti<br />

in modo ottimale (wt/wt), l’efficacia<br />

terapeutica sarà del 75 per<br />

cento. Se invece l’attività del<br />

recettore è in qualche modo minore,<br />

perché l’in<strong>di</strong>viduo è eterozigote<br />

per il recettore (wt/m), allora<br />

l’efficacia del farmaco sarà interme<strong>di</strong>a<br />

perché ne entra meno nella<br />

cellula. Infine, se il soggetto è omozigote<br />

per la mutazione nel recettore<br />

(m/m), l’efficacia del farmaco<br />

sarà pressoché inesistente.<br />

Se si considera come secondo<br />

parametro anche la tossicità del<br />

farmaco, quest’ultima <strong>di</strong>pende, in<br />

modo lineare, dalla concentrazione<br />

del principio attivo nel plasma.<br />

Nel caso dell’in<strong>di</strong>viduo che metabolizza<br />

normalmente, ma che ha<br />

recettori non perfettamente funzionanti,<br />

l’efficacia della molecola<br />

è bassa, ma la sua concentrazione<br />

nel plasma è in ogni caso più<br />

bassa <strong>di</strong> quella necessaria per produrre<br />

una reazione tossica.


Diversa è la situazione per gli altri<br />

profili genetici; nel caso interme<strong>di</strong>o<br />

(seconda riga della figura),<br />

essendoci più farmaco nel plasma<br />

per più tempo, l’effetto terapeutico<br />

aumenta (85 per cento), ma si<br />

sfiora l’effetto tossico (minore del<br />

10 per cento).<br />

Infine per l’in<strong>di</strong>viduo che non<br />

metabolizza il farmaco (terza riga<br />

della figura), la situazione preci-<br />

concentrazione del farmaco<br />

24 ore<br />

effetto %<br />

24 ore<br />

0 0<br />

24 ore<br />

0 0<br />

tempo concentrazione del farmaco<br />

pita, perché si hanno concentrazioni<br />

altissime <strong>di</strong> farmaco per<br />

molto tempo con il massimo della<br />

tossicità (maggiore dell’80 per<br />

cento), pur essendo questa situazione<br />

associata alla massima attività<br />

terapeutica (95 per cento).<br />

Coloro che poi hanno i recettori<br />

che non funzionano subiscono<br />

solo gli effetti tossici (7).<br />

Se fosse possibile conoscere la fre-<br />

figura 2<br />

In<strong>di</strong>cazione schematica del complesso meccanismo <strong>di</strong> azione dei geni che controllano il metabolismo dei farmaci.<br />

Come si può vedere, l’eterogeneità <strong>di</strong> risposta ai farmaci è la risultante <strong>di</strong> due componenti: il polimorfismo dei geni che controllano<br />

l’esposizione al farmaco e quello dei geni che ne regolano invece la sensibilità. Si veda il testo per la spiegazione del meccanismo<br />

=efficacia; =tossicità; wt (wild type) =allele normale; m=allele mutato<br />

tratta da (6)<br />

polimorfismo genetico<br />

dell’esposizione al farmaco<br />

genotipi associati<br />

al metabolismo del farmaco<br />

100<br />

0<br />

wt/wt<br />

polimorfismo genetico<br />

+ della sensibilità al farmaco =<br />

genotipi associati<br />

al recettore del farmaco<br />

100<br />

100 wt/m<br />

100<br />

100 m/m<br />

100<br />

0<br />

100<br />

100<br />

100<br />

eterogeneità <strong>di</strong> risposta<br />

al farmaco<br />

MOLECOLE<br />

SU MISURA<br />

effetto terapeutico tossicità<br />

% %<br />

wt/wt 75 1<br />

wt/m 35 1<br />

m/m 10 1<br />

wt/wt 85 80<br />

9


Il libro<br />

della vita<br />

svelato<br />

In una serie <strong>di</strong> conferenze stampa<br />

organizzate a Parigi, Londra,<br />

Tokyo, e Washington il 12 febbraio<br />

dell’anno 2001, i ricercatori<br />

dell’International Human Genome<br />

Sequencing Consortium e quelli<br />

della società privata Celera<br />

Genomics hanno annunciato ufficialmente<br />

il completamento della<br />

lettura del <strong>genoma</strong> umano e presentato<br />

i primi risultati e le prime<br />

scoperte. Contemporanea la pubblicazione<br />

dei dati sulle due riviste più<br />

prestigiose del circuito scientifico,<br />

Science e Nature (8, 9).<br />

In realtà la notizia della conclusione<br />

<strong>di</strong> questo ambizioso progetto<br />

era stata già comunicata a giugno<br />

dell’anno 2000. Solo ora però i due<br />

gruppi <strong>di</strong> ricerca che si sono contrapposti<br />

nell’ultimo anno per la<br />

corsa alla conclusione del progetto<br />

– l’uno guidato da Francis Collins e<br />

l’altro da Craig Venter –, hanno<br />

comunicato i dati che riguardano la<br />

stima dei geni presenti nel nostro<br />

organismo, che funzione hanno<br />

alcuni <strong>di</strong> questi e come si organizza<br />

il DNA, la materia <strong>di</strong> cui è fatto il<br />

<strong>genoma</strong>.<br />

Le scoperte interessanti sono molte.<br />

La prima è che i geni, le unità che<br />

portano le informazioni per la produzione<br />

<strong>di</strong> tutte le proteine del<br />

nostro organismo, non sono oltre<br />

100 mila come avevano predetto<br />

alcuni, ma si aggirano intorno ai<br />

30-40 mila.<br />

«Se questo è vero – osserva in proposito<br />

David Baltimore del<br />

California Institute of Technology e<br />

autore <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>toriale sulla rivista<br />

Nature –, allora gli essere umani<br />

avrebbero solo 13 mila geni in più<br />

10<br />

rispetto al moscerino della frutta<br />

Drosophila melanogaster, un modello<br />

animale molto utilizzato nella<br />

ricerca. Con una <strong>di</strong>fferenza però, e<br />

cioè che la struttura dei geni dell’uomo<br />

è più articolata <strong>di</strong> quella<br />

<strong>degli</strong> invertebrati e questo rifletterebbe<br />

la maggiore complessità<br />

delle funzioni dei vertebrati».<br />

Un’altra interessante osservazione<br />

riguarda il fatto che la stragrande<br />

maggioranza del <strong>genoma</strong> è costituito<br />

da sequenze ripetute, che non<br />

co<strong>di</strong>ficano per proteine e la cui funzione<br />

non è ancora conosciuta, ma<br />

che rappresentano un interessante<br />

ambito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o soprattutto per gli<br />

evoluzionisti.<br />

A questo si aggiunga che circa 200<br />

dei geni umani sono stati importati,<br />

in tempi lontani nell’evoluzione,<br />

da <strong>di</strong>versi ceppi batterici, una situazione<br />

questa ancora misteriosa per<br />

gli scienziati.<br />

E’ da sottolineare che la sequenza<br />

non è stata ancora assemblata in<br />

modo completo, ma queste prime<br />

scoperte rappresentano già un<br />

punto <strong>di</strong> partenza per tutti gli stu<strong>di</strong>osi<br />

coinvolti in questo tipo <strong>di</strong><br />

ricerca.<br />

«Siamo solo all’inizio – <strong>di</strong>ce Craig<br />

Venter nell’articolo pubblicato su<br />

Science –. Ora che finalmente <strong>di</strong>sponiamo<br />

<strong>di</strong> una seppure imperfetta<br />

sequenza possiamo cominciare a<br />

conoscere meglio noi stessi. Ci si<br />

aprono le porte per capire molti dei<br />

meccanismi che fanno funzionare il<br />

nostro organismo, anche se non<br />

bisogna cadere nel pericolo <strong>di</strong> considerare<br />

i geni alla base <strong>di</strong> tutto. Il<br />

fatto che il numero dei nostri geni<br />

non sia così <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong><br />

altri organismi più semplici <strong>di</strong>mostra<br />

proprio che molte delle nostre<br />

funzioni <strong>di</strong>pendono da come i geni<br />

si esprimono nello sviluppo interagendo<br />

con l’ambiente esterno (epigenesi)».<br />

quenza <strong>degli</strong> alleli normali e<br />

mutati <strong>di</strong> questi geni, si potrebbe<br />

calcolare in anticipo quanti in<strong>di</strong>vidui<br />

avranno una determinata<br />

reazione a un farmaco specifico,<br />

una osservazione questa che invece<br />

oggi è possibile fare solo al<br />

momento delle sperimentazioni<br />

cliniche dei farmaci. Da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista il fatto che le frequenze<br />

alleliche siano <strong>di</strong>verse<br />

nelle varie popolazioni spiega perché,<br />

se per esempio si sperimenta<br />

un farmaco in Svezia, i risultati<br />

del trial possano essere <strong>di</strong>versi da<br />

quelli che si ottengono in un paese<br />

dell’Europa meri<strong>di</strong>onale o in un<br />

altro paese del mondo.<br />

Il punto<br />

della ricerca<br />

Alla luce <strong>di</strong> quanto in<strong>di</strong>cato fino a<br />

ora è comprensibile come sarebbe<br />

cruciale in<strong>di</strong>viduare, prima della<br />

somministrazione <strong>di</strong> un farmaco,<br />

quali soggetti avranno una reazione<br />

favorevole e quali invece sono<br />

a rischio <strong>di</strong> effetti collaterali più o<br />

meno gravi. Per poterlo fare, la<br />

ricerca è già molto avanti, avendo<br />

in<strong>di</strong>viduato una certa quantità <strong>di</strong><br />

geni polimorfici che sono coinvolti<br />

nel metabolismo dei farmaci.<br />

Quest’ultimo prevede sostanzialmente<br />

due fasi: l’attivazione del<br />

farmaco e successivamente il suo<br />

legame con altre molecole per<br />

essere escreto con le urine. Nella<br />

figura 3 a pagina 11 sono in<strong>di</strong>cati<br />

alcuni dei geni coinvolti nell’attivazione<br />

dei farmaci (la prima<br />

torta) e nella loro coniugazione ed<br />

escrezione (seconda torta). La<br />

porzione delle fette in<strong>di</strong>ca la percentuale<br />

<strong>di</strong> farmaci metabolizzati<br />

da un certo gene; la famiglia <strong>di</strong><br />

geni CYP3A4/5/7, per esempio,<br />

metabolizza circa il 40 per cento<br />

dei farmaci conosciuti.<br />

Anche la metilazione del DNA è<br />

stata recentemente in<strong>di</strong>cata come


una possibile causa <strong>di</strong> variabilità<br />

nella risposta ai farmaci (ve<strong>di</strong> il<br />

box «La metilazione del DNA» a<br />

pagina 12). Il grado <strong>di</strong> metilazione<br />

del DNA determina infatti una<br />

maggiore o minore attività dei<br />

geni.<br />

Un gruppo <strong>di</strong> ricercatori britannici,<br />

per esempio, ha recentemente<br />

<strong>di</strong>mostrato che, nel caso <strong>di</strong> pazienti<br />

affetti da glioma – un tumore<br />

cerebrale particolarmente aggressivo<br />

–, a rendere alcuni soggetti<br />

più sensibili alla terapia con<br />

carmustina, un farmaco chemioterapico<br />

usato in questi casi, è<br />

CYP2C19<br />

CYP2E1<br />

CYP2A1/2<br />

ADH<br />

altri<br />

ALDH DPD<br />

NQO1<br />

CYP2A6<br />

epossido<br />

idrolasi<br />

CYP1B1<br />

CYP2B6<br />

CYP2C8<br />

CYP2C9<br />

CYP2D6<br />

NAT1<br />

proprio la metilazione <strong>di</strong> una<br />

regione regolatrice del DNA (10).<br />

I farmaci chemioterapici hanno<br />

un’attività alchilante e come tali<br />

danneggiano il DNA attaccando<br />

alcuni gruppi metilici alla doppia<br />

elica. La carmustina, in particolare,<br />

attacca gruppi metilici all’ossigeno<br />

in posizione 6 della guanina,<br />

una base azotata del DNA.<br />

L’organismo però è <strong>di</strong> solito preparato<br />

a riparare questo tipo <strong>di</strong><br />

danni, essendo dotato <strong>di</strong> enzimi<br />

che si occupano <strong>di</strong> eliminare gli<br />

eventuali gruppi metilici attaccati<br />

al DNA. Uno <strong>di</strong> questi enzimi è<br />

GST-P<br />

NAT2<br />

CYP3A4/5/7<br />

GST-A<br />

COMT GST-T<br />

GST-M<br />

HMT<br />

TPMT<br />

altri<br />

STs<br />

MOLECOLE<br />

SU MISURA<br />

figura 3<br />

Alcuni dei geni coinvolti<br />

rispettivamente<br />

nell’attivazione<br />

(prima torta)<br />

e nella coniugazione<br />

ed escrezione dei farmaci<br />

(seconda torta)<br />

UGTs<br />

11


<strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

sui<br />

gemelli<br />

Quando, negli anni cinquanta,<br />

si cominciò a pensare<br />

che le risposte abnormi ai sulfami<strong>di</strong>ci<br />

da parte <strong>di</strong> alcuni pazienti<br />

potessero avere una base genetica,<br />

i primi stu<strong>di</strong> interessanti in questo<br />

senso furono condotti sui gemelli.<br />

I gemelli monozigoti (MZ) con<strong>di</strong>vidono<br />

lo stesso patrimonio genetico,<br />

mentre quelli <strong>di</strong>zigoti (DZ) ne con<strong>di</strong>vidono<br />

solo il 50 per cento, come<br />

i fratelli. L’aspetto interessante<br />

<strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> condotti sui gemelli MZ e<br />

DZ riguarda il fatto che è facile<br />

La metilazione<br />

del<br />

DNA<br />

In ogni cellula adulta alcuni geni<br />

sono inattivi. E’ normale che ciò<br />

avvenga, nel corso dello sviluppo e<br />

della vita, perché ogni tipo <strong>di</strong> cellula,<br />

una volta <strong>di</strong>fferenziata, utilizza<br />

solo le istruzioni genetiche che le<br />

servono (<strong>di</strong>verse per la pelle o per<br />

il muscolo, per esempio).<br />

La specializzazione delle cellule<br />

avviene sia attraverso un meccanismo<br />

<strong>di</strong> regolazione fine, in cui vengono<br />

attivati o inattivati singoli<br />

geni che ne definiscono la specificità,<br />

sia attraverso meccanismi <strong>di</strong><br />

12<br />

separare l’effetto ambientale da<br />

quello genetico perchè, nella maggioranza<br />

dei casi, i gemelli in genere<br />

con<strong>di</strong>vidono lo stesso ambiente,<br />

ma i gemelli MZ con<strong>di</strong>vidono anche<br />

il 100 per cento del <strong>genoma</strong>, a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> quelli DZ. Per questo<br />

motivo molti stu<strong>di</strong> finalizzati a definire<br />

se un carattere venga o meno<br />

ere<strong>di</strong>tato e, se viene ere<strong>di</strong>tato, qual<br />

è la percentuale <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tarietà, si<br />

basano proprio sul confronto tra i<br />

gemelli monozigoti e i <strong>di</strong>zigoti. Per<br />

quanto riguarda i farmaci, questo<br />

tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ha <strong>di</strong>mostrato, fin dagli<br />

anni sessanta, che il metabolismo<br />

<strong>di</strong> farmaci come il litio, il fenilbutazone,<br />

il <strong>di</strong>pumarolo e altri, è strettamente<br />

correlato al genotipo dei<br />

pazienti (11).<br />

l’O 6 metilguanina-DNA-metiltransferasi<br />

(MGMT), che stacca proprio<br />

i gruppi metilici a livello dell’ossigeno<br />

in posizione 6 della guanina.<br />

I ricercatori britannici hanno<br />

osservato che il 30 per cento <strong>di</strong><br />

regolazione più grossolani, in cui<br />

interi gruppi <strong>di</strong> geni vengono inattivati<br />

(o spenti) nello stesso momento.<br />

Quest’ultima possibilità si<br />

realizza soprattutto attraverso la<br />

metilazione del DNA interessato<br />

dall’inattivazione. La metilazione<br />

consiste nell’aggiunta <strong>di</strong> gruppi<br />

metile (CH 3 ) alle basi del DNA e in<br />

particolare alla citosina: quando i<br />

geni hanno questi gruppi non vengono<br />

più tradotti in proteine.<br />

Mentre inizialmente si pensava che<br />

il processo <strong>di</strong> metilazione fosse<br />

simile per tutti gli in<strong>di</strong>vidui in<strong>di</strong>stintamente,<br />

ora sembra accertato che<br />

ci sia una <strong>di</strong>fferenza in<strong>di</strong>viduale<br />

anche in questo meccanismo e<br />

quin<strong>di</strong> nella regolazione dell’espressione<br />

dei geni (12).<br />

pazienti affetti da glioma manca<br />

proprio <strong>di</strong> questo enzima, perché<br />

la zona del cromosoma dove è<br />

localizzato il gene della MGMT è<br />

metilata e <strong>di</strong> conseguenza il gene<br />

non si esprime. In questo caso i<br />

pazienti reagiscono meglio all’azione<br />

del chemioterapico che non<br />

può essere contrastato dall’enzima<br />

MGMT.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questa osservazione i<br />

soggetti affetti da glioma possono<br />

essere <strong>di</strong>visi in due categorie:<br />

quelli che rispondono alla terapia<br />

e hanno un decorso più lento e<br />

favorevole della malattia, e quelli<br />

che, invece, non rispondono al<br />

farmaco, ai quali quin<strong>di</strong> sarebbe<br />

meglio somministrare un altro<br />

tipo <strong>di</strong> terapia.<br />

Da questo esempio risulta evidente<br />

come la ricerca genetica applicata<br />

alla farmacologia non si limiti<br />

più allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> singoli geni<br />

coinvolti nel metabolismo dei farmaci,<br />

ma si estenda ora anche<br />

all’analisi del <strong>genoma</strong> e delle<br />

risposte complessive della cellula<br />

alle con<strong>di</strong>zioni ambientali. Per<br />

questo si parla sempre più <strong>di</strong> farmacogenomica<br />

piuttosto che <strong>di</strong><br />

farmacogenetica.<br />

Un aiuto<br />

dalla tecnologia<br />

Lo scopo della ricerca è soprattutto,<br />

quin<strong>di</strong>, quello <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione<br />

alcuni test semplici e veloci<br />

per in<strong>di</strong>viduare, per ogni paziente,<br />

le varianti dei geni coinvolti<br />

nel metabolismo del farmaco<br />

da somministrare. Il fine ultimo è<br />

quello <strong>di</strong> prevedere come potrà<br />

rispondere.<br />

Un possibile approccio si basa<br />

sulla tecnologia dei microchip a<br />

DNA, una tecnica che viene usata<br />

anche per la <strong>di</strong>agnosi e per la<br />

caratterizzazione dei geni attivati<br />

nelle cellule tumorali (ve<strong>di</strong> il box<br />

«Microchip a DNA» a pagina 16).


Dal punto <strong>di</strong> vista della ricerca<br />

farmacologica, questo metodo ha<br />

il duplice vantaggio <strong>di</strong> consentire<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> nuovi genimalattia<br />

che fungano da bersaglio<br />

per lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi farmaci e<br />

<strong>di</strong> fornire un profilo genetico in<strong>di</strong>viduale<br />

che metta in luce la presenza<br />

<strong>di</strong> varianti polimorfiche<br />

significative nelle sequenze <strong>di</strong><br />

DNA che controllano il metaboli-<br />

9,8<br />

0,0<br />

11,3<br />

11,7<br />

8,9<br />

smo dei farmaci. Proprio su questo<br />

profilo potrebbe basarsi la<br />

scelta <strong>di</strong> procedere o meno con<br />

una terapia farmacologica.<br />

Quanta<br />

variabilità<br />

figura 4<br />

La frequenza dell’allele CCR5delta32 in varie popolazioni (in percentuale)<br />

5,5<br />

Da quanto detto finora risulta evidente<br />

che la variabilità genetica<br />

gioca un ruolo determinante nella<br />

8,9<br />

13,7<br />

10,8 13,3<br />

13,3<br />

7,7<br />

4,4<br />

13,3<br />

4,5<br />

13,6<br />

6,3<br />

MOLECOLE<br />

SU MISURA<br />

cechi 10,2<br />

sloveni 13,3<br />

cazaki 1,7<br />

uzbeki 2,4<br />

azerbagiani 2,4<br />

tartari 3,2<br />

sau<strong>di</strong>ti 0,0<br />

in<strong>di</strong>ani 0,0<br />

coreani 0,0<br />

cinesi 0,0<br />

0,0<br />

0,0<br />

13


Dall’in<strong>di</strong>viduo<br />

alla<br />

popolazione<br />

Gli stu<strong>di</strong> sulla variabilità genetica<br />

delle popolazioni, condotti per la<br />

gran parte all’interno dello Human<br />

Genome Diversity Project, in<strong>di</strong>cano che,<br />

calcolando le <strong>di</strong>fferenze su 50 geni, gli<br />

africani e gli aborigeni sono i popoli più<br />

<strong>di</strong>versi dal resto del mondo. Per quanto<br />

riguarda l’Europa in particolare, anche in<br />

questo caso ci sono grosse <strong>di</strong>fferenze tra i<br />

<strong>di</strong>versi paesi, cosicché anche i caucasici, <strong>di</strong><br />

cui si parla spesso nei lavori scientifici<br />

come <strong>di</strong> un’unica etnia, sono in realtà<br />

molto eterogenei dal punto <strong>di</strong> vista genetico.<br />

In particolare, alcune popolazioni – i<br />

baschi, i finlandesi, i sar<strong>di</strong>, gli islandesi, i<br />

lapponi, i greci e gli abitanti dell’ex<br />

Jugoslavia – deviano decisamente dalla<br />

costituzione genetica del resto dell’Europa,<br />

la cui variabilità è strettamente<br />

correlata alle migrazioni avvenute nel<br />

corso dei secoli.<br />

Anche solo considerando l’Italia, sono<br />

molte le variazioni tra gli abitanti delle<br />

<strong>di</strong>verse regioni (ve<strong>di</strong> la figura qui a fianco):<br />

senza considerare i sar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui si è<br />

già accennato, i siciliani sono i più <strong>di</strong>versi<br />

in assoluto, anche all’interno della stessa<br />

14<br />

regione, per via delle dominazioni esterne<br />

che hanno caratterizzato questa terra<br />

nei secoli.<br />

I la<strong>di</strong>ni, invece, presenti nelle province <strong>di</strong><br />

risposta in<strong>di</strong>viduale ai farmaci.<br />

Ma <strong>di</strong> che entità è la <strong>di</strong>fferenza<br />

genetica davvero presente sulla<br />

Terra? Come esempio si consideri<br />

l’allele CCR5delta32, che determina<br />

la resistenza all’AIDS (se ne<br />

conosce un secondo, CCR2, che,<br />

insieme al primo, determina<br />

un’ulteriore protezione) (13).<br />

La frequenza <strong>di</strong> questo allele in<br />

Europa è molto <strong>di</strong>versa da paese a<br />

paese; l’allele è infatti molto frequente<br />

nel Nord Europa (ve<strong>di</strong> la<br />

figura 4 a pagina 13), con un gra<strong>di</strong>ente<br />

da Nord a Sud.<br />

Le popolazioni <strong>di</strong> Asia e Africa,<br />

Bolzano, Trento e Belluno, risalirebbero a<br />

popolazioni me<strong>di</strong>orientali, a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>degli</strong> abitanti delle vicine regioni che sono<br />

più simili ai tedeschi (14).<br />

invece, non hanno la variante protettiva.<br />

Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una<br />

mutazione che è originata proba-<br />

Risorse in rete<br />

◆ Il sito della rivista Nature<br />

www.nature.com<br />

◆ Il sito della rivista Science<br />

www.science.com<br />

◆ Il sito della società Celera Genomics<br />

www.celera.com<br />

◆ Il sito dello Human Genome Project<br />

www.ornl.gov/hgmis


Gabriella Salvini Porro<br />

In un futuro prossimo si può pensare <strong>di</strong><br />

sapere in anticipo se si ha un certo polimorfismo<br />

che fa metabolizzare un farmaco <strong>di</strong><br />

più o <strong>di</strong> meno?<br />

Roberto Barale<br />

Noi lo facciamo per ora a livello <strong>di</strong> conoscenza<br />

generale, ma quello che molti me<strong>di</strong>ci<br />

vorrebbero è che ognuno <strong>di</strong> noi avesse<br />

non solo un cartellino con il gruppo sanguigno,<br />

ma anche un’in<strong>di</strong>cazione sulla sua<br />

costituzione genetica per un numero <strong>di</strong> geni<br />

importanti, sia per la risposta ai farmaci, sia<br />

per la terapia <strong>di</strong> urgenza. Un infartuato, per<br />

esempio, se trattato farmacologicamente<br />

entro due ore, ha buone probabilità <strong>di</strong> essere<br />

recuperato. Il 20 per cento circa <strong>di</strong> questi<br />

pazienti, però, non risponde alla terapia<br />

classica; se ci fossero alcuni marcatori per<br />

in<strong>di</strong>care le suscettibilità, si potrebbe sapere<br />

quali sono i farmaci a cui si è sensibili, cosicché<br />

si possano scegliere quelli più idonei<br />

Bruno Dallapiccola<br />

Mi sembra che nella sostanza si possa <strong>di</strong>re<br />

che la vecchia farmacogenetica <strong>degli</strong> anni<br />

sessanta corrisponde alla biologia molecolare<br />

<strong>di</strong> oggi. Tutto il resto è un’avventura<br />

proiettata nel futuro: prima bisogna aspettare<br />

<strong>di</strong> sapere quanti sono i geni (ve<strong>di</strong> il box<br />

«Il libro della vita svelato» a pagina 10) e<br />

come interagiscono tra loro.<br />

Bisogna inoltre raccogliere una grande<br />

quantità <strong>di</strong> dati e creare punti <strong>di</strong> raccolta. La<br />

farmacogenomica è una scienza ancora in<br />

<strong>di</strong>venire e che ha enormi ostacoli e costi. Dal<br />

punto <strong>di</strong> vista della ricerca è sicuramente<br />

molto affascinante, ma c’è ancora molto da<br />

fare e probabilmente i risultati riguarderanno<br />

pochi farmaci<br />

bilmente nel Nord Europa e poi si<br />

è via via trasmessa agli altri paesi,<br />

attraverso le successive migrazioni.<br />

Secondo l’ipotesi dei ricercatori,<br />

la variante protettiva nei confronti<br />

dell’AIDS sarebbe insorta<br />

DISCUSSIONE<br />

Antonella Pirazzoli<br />

Le valutazioni fatte dalle aziende sono<br />

<strong>di</strong>verse: alcune in<strong>di</strong>cazioni interessanti,<br />

infatti, possono venire in tempi relativamente<br />

brevi e alcuni risultati già <strong>di</strong>sponibili<br />

hanno una potenziale applicabilità clinica<br />

imme<strong>di</strong>ata. Non c’è bisogno <strong>di</strong> fare tutto e<br />

subito, sarebbe già sufficiente riuscire a<br />

ridurre gli effetti collaterali per alcuni farmaci<br />

fondamentali, per realizzare gran<strong>di</strong><br />

benefici per i pazienti e per la sanità<br />

Franco Rengo<br />

La terapia in<strong>di</strong>vidualizzata ha costi enormi,<br />

soprattutto per la tecnologia dei microchip.<br />

Per farmaci che hanno un’attività sistemica,<br />

su quale DNA, estratto da dove, si va a cercare<br />

il polimorfismo che dovrebbe influenzare<br />

l’attività del farmaco?<br />

Roberto Barale<br />

In questa prima fase è impraticabile, a<br />

causa dei costi e delle scarse conoscenze,<br />

dare a ogni in<strong>di</strong>viduo solo quello che va<br />

bene per lui. Si può viceversa capire quali<br />

farmaci una certa persona non deve prendere,<br />

perché gli fanno male o perché non è<br />

in grado <strong>di</strong> metabolizzarli. In questo senso si<br />

potrebbero in<strong>di</strong>viduare, per pochi farmaci -<br />

quelli più utilizzati -, i geni chiave e i relativi<br />

polimorfismi, e identificare <strong>di</strong> conseguenza<br />

i soggetti che non metabolizzano quei<br />

farmaci. Si tratterebbe quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una ricerca<br />

molto mirata, su farmaci <strong>di</strong> largo uso. E questo<br />

lo si può fare sui linfociti. Fare questo,<br />

ammesso che si tratti <strong>di</strong> 15-20 geni, non ha<br />

costi enormi; ci sono società statunitensi, per<br />

esempio, che cercano i polimorfismi <strong>di</strong> un<br />

gene per un dollaro, quin<strong>di</strong> con 100 mila<br />

lire si potrebbero identificare i polimorfismi<br />

<strong>di</strong> 100 geni, che, secondo me sono più che<br />

circa 700 anni fa e sarebbe stata<br />

selezionata dalla peste bubbonica<br />

che ha imperversato tra il 1346 e il<br />

1353, causando la morte <strong>di</strong> circa il<br />

30-35 per cento della popolazione<br />

europea. Il gene, che co<strong>di</strong>fica per<br />

sufficienti a capire il metabolismo della<br />

maggior parte dei farmaci <strong>di</strong> largo uso<br />

Pietro Armani<br />

A noi, non specificamente addetti ai lavori,<br />

risultano impressionanti i dati statistici presentati<br />

da Roberto Barale in relazione alla<br />

percentuale <strong>di</strong> pazienti ricoverati per gli<br />

effetti collaterali dei farmaci e alla risposta<br />

attesa nella somministrazione <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>cinale.<br />

Stante che è provato come la terapia<br />

farmacologica sia me<strong>di</strong>ata dal patrimonio<br />

genetico, risulta <strong>di</strong> vitale importanza perseguire<br />

la ricerca su quelle specificità genetiche<br />

che sono in relazione con la risposta ai<br />

farmaci. Per molte patologie, come la car<strong>di</strong>opatie,<br />

l’imme<strong>di</strong>atezza dell’intervento<br />

terapeutico è fondamentale; ma anche per<br />

altre malattie – AIDS, <strong>di</strong>abete, fibrosi cistica<br />

– questo tipo <strong>di</strong> ricerca, e la conoscenza a<br />

priori della risposta a un farmaco, potrebbe<br />

risolvere in parte il rapporto <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o/<strong>di</strong>pendenza<br />

che lega, per esempio, la maggior<br />

parte dei pazienti con fibrosi cistica alle terapie<br />

che devono assumere. L’assunzione <strong>di</strong><br />

un così congruo numero <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali a<br />

dosaggi molto alti, infatti, crea loro conflittualità<br />

con le terapie che sono costretti a<br />

seguire e dalle quali, tuttavia, <strong>di</strong>pende la<br />

loro vita.<br />

Vorrei mettere in risalto un’altra questione<br />

che accennerò soltanto, non essendo tema<br />

del nostro <strong>di</strong>scutere: l’in<strong>di</strong>fferenza o la non<br />

compentenza dei me<strong>di</strong>ci che prescrivono la<br />

terapia senza rispondere alle legittime<br />

aspettative dei pazienti che vorrebbero<br />

essere informati sia <strong>degli</strong> effetti collaterali,<br />

sia <strong>di</strong> quelli indesiderati, delle caratteristiche<br />

cioè del farmaco, a volte vissuto come<br />

schiavitù o vergogna, a volte vissuto come<br />

panacea che crea aspettative poi <strong>di</strong>silluse<br />

15


Microchip<br />

a DNA<br />

Dei microchip a DNA si è occupata<br />

anche la rivista Time,<br />

che ha de<strong>di</strong>cato alla farmacogenomica<br />

la copertina <strong>di</strong> un suo numero<br />

(15 gennaio 2001). Si tratta <strong>di</strong> una<br />

meto<strong>di</strong>ca che permette <strong>di</strong> analizzare<br />

contemporaneamente fino a<br />

60.000 sequenze geniche <strong>di</strong>verse e<br />

che si basa sul fatto che, una volta<br />

separati, i due filamenti <strong>di</strong> una<br />

molecola <strong>di</strong> DNA sono in grado <strong>di</strong><br />

formare legami con filamenti complementari,<br />

nella fattispecie molecole<br />

<strong>di</strong> DNA ottenute dagli RNA<br />

messaggeri presenti in una cellula<br />

quando un certo gene è attivo.<br />

Il primo passo consiste quin<strong>di</strong> nell’identificare<br />

le sequenze che si<br />

vogliono prendere in esame - per<br />

esempio quelle dei recettori presenti<br />

sulla superficie delle cellule<br />

tumorali. Successivamente queste<br />

sequenze vengono fissate su <strong>di</strong> un<br />

supporto rigido, il cosiddetto microchip,<br />

tipicamente fatto <strong>di</strong> silicone e<br />

delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un francobollo.<br />

Una volta ottenuto un microchip<br />

con le sequenze desiderate, questo<br />

viene messo in contatto con il DNA<br />

16<br />

delle cellule tumorali, opportunamente<br />

marcato con sostanze fluorescenti.<br />

Questa operazione permette,<br />

per esempio, <strong>di</strong> verificare<br />

quali recettori sono attivati nelle<br />

cellule <strong>di</strong> un tumore rispetto a quelle<br />

normali, identificando in questo<br />

modo eventuali bersagli per la<br />

terapia farmacologica.<br />

Lavorando con questa meto<strong>di</strong>ca su<br />

culture cellulari, per esempio <strong>di</strong><br />

tumori, si può anche verificare se<br />

un certo farmaco attiva o <strong>di</strong>sattiva<br />

determinati geni coinvolti nello sviluppo<br />

del tumore in questione. In<br />

questo modo da un lato si possono<br />

in<strong>di</strong>viduare i geni che rispondono o<br />

meno a un farmaco e dall’altro si<br />

possono identificare i farmaci che<br />

funzionano meglio. La stessa tecnologia<br />

viene usata anche per fare le<br />

<strong>di</strong>agnosi o determinare, per esempio,<br />

i geni presenti in una data<br />

linea cellulare. A questo proposito,<br />

recentemente è stato costruito il<br />

Linfochip, dove si trovano tutti i<br />

geni che vengono attivati quando si<br />

ha la trasformazione neoplastica<br />

dei linfociti B. Si è visto cosí che i<br />

pazienti con leucemia <strong>di</strong> tipo B possono<br />

essere <strong>di</strong>visi in due classi,<br />

quelli che rispondono ai farmaci e<br />

quelli che invece non lo fanno, per<br />

i quali l’unica scelta è il trapianto.<br />

un antigene superficiale dei linfociti<br />

T e macrofagi, sarebbe stato<br />

selezionato perché conferiva la<br />

resistenza alla peste bubbonica e<br />

ora determinerebbe una <strong>di</strong>versa<br />

risposta all’AIDS (15).<br />

Come per la variante che determina<br />

la resistenza all’AIDS, anche<br />

per i polimorfismi associati alla<br />

risposta ai farmaci ci si deve<br />

aspettare la stessa variabilità, con<br />

<strong>di</strong>fferenze nella frequenza <strong>degli</strong><br />

alleli non solo a livello mon<strong>di</strong>ale,<br />

ma anche <strong>di</strong> singolo paese.<br />

Bibliografia<br />

◆ 1) Li AP. Screening for human ADME/Tox drug properties<br />

in drug <strong>di</strong>scovery. Drug Discov Today 2001; 6:<br />

357.<br />

◆ 2) Ozdemir V et al. What will be the role of pharmacogenetics<br />

in evaluating drug safety and minimising<br />

adverse effects? Drug Saf 2001; 24: 75.<br />

◆ 3) Lazarou J et al. Incidence of adverse drugs reactions<br />

in hospitalized patients: a metanalysis of prospective<br />

stu<strong>di</strong>es. JAMA 1998; 279: 1200.<br />

◆ 4) New Scientist. 4 novembre 2000: 31.<br />

◆ 5) Cavalli Sforza LL et al. History and Geography of<br />

Human Genes. Princeton University Press, 1993.<br />

◆ 6) Vogel G. How the body’s garbage <strong>di</strong>sposal may<br />

inactivate drugs. Science 2001; 291: 36.<br />

◆ 7) Evans WE et al. Pharmacogenomics: translating<br />

functional genomics into rational therapeutics.<br />

Science 1999; 286: 487.<br />

◆ 8) The Genome International Sequencing Consortium.<br />

Initial sequencing and analysis of the human<br />

genome. Nature 2001; 409: 860.<br />

◆ 9) Venter JC et al. The sequence of the human genome.<br />

Science 2001; 291: 1304.<br />

◆ 10) Esteller M et al. Inactivation of the DNA-repair<br />

gene MGMT and the clinical response of gliomas to<br />

alkylating agents. N Engl J Med 2000; 343: 1350.<br />

◆ 11) Vogel & Motulsky. Genetica umana. Milano:<br />

McGraw-Hill Italia, 1988.<br />

◆ 12) Weinstein JN. Pharmacogenomics - teaching old<br />

drugs new tricks. N Engl J Med 2000; 343: 1408.<br />

◆ 13) Magierowska M et al. Combined genotypes of<br />

CCR5, CCR2, SDF1, and HLA genes can pre<strong>di</strong>ct the<br />

long-term nonprogressor status in human immunodeficiency<br />

virus-1-infected in<strong>di</strong>viduals. Blood 1999; 93:<br />

936.<br />

◆ 14) Stenico M et al. High mitochondrial sequence<br />

<strong>di</strong>versity in linguistic isolates of the Alps. Am J Hum<br />

Genet 1996; 59: 1363.<br />

◆ 15) Stephens JC et al. Dating the origin of the<br />

CCR5delta32 haplotype AIDS-resistance allele by the<br />

coalescence of haplotypes. Am J Hum Genet 1998;<br />

62:1507.


Asma<br />

Ci sono risultati per la terapia dell’asma,<br />

ma sono ancora preliminari<br />

P<br />

ur essendo la farmacogenetica<br />

una scienza relativamente<br />

giovane <strong>di</strong> cui non si<br />

conoscono ancora pienamente né<br />

le ricadute né i tempi <strong>di</strong> realizzazione,<br />

ci sono già alcune in<strong>di</strong>cazioni<br />

per una possibile applicazione<br />

pratica delle conoscenze in<br />

questo campo.<br />

Per quanto riguarda l’asma in particolare,<br />

si presenteranno quattro<br />

esempi <strong>di</strong> altrettanti polimorfismi<br />

che colpiscono geni implicati<br />

nello sviluppo del <strong>di</strong>sturbo e che<br />

potrebbero avere una ricaduta<br />

pratica relativamente rapida per<br />

la terapia con i farmaci.<br />

Come noto, l’asma è una malattia<br />

infiammatoria cronica delle vie<br />

aeree polmonari con ipereattività<br />

della muscolatura bronchiale a<br />

stimoli specifici. Le terapie farmacologiche<br />

adottate fino a oggi agiscono<br />

contrastando l’ipereattività<br />

bronchiale o il processo infiammatorio<br />

vero e proprio. In questo<br />

senso le categorie <strong>di</strong> farmaci usati<br />

nella terapia dell’asma sono<br />

<strong>di</strong>verse (circa 7-8), ma in questa<br />

trattazione ne verranno prese in<br />

considerazione due:<br />

■ i beta agonisti: sono i farmaci<br />

più usati; mimano l’azione dei<br />

beta adrenergici (per questo sono<br />

detti agonisti) e funzionano come<br />

bronco<strong>di</strong>latatori rapi<strong>di</strong> e potenti;<br />

Principi da ritenere<br />

■ tre polimorfismi, uno nel gene<br />

beta2AR e altri due nei geni ALOX5 e<br />

LTC4S, potrebbero influenzare la<br />

risposta al trattamento con i beta<br />

agonisti e con gli antileucotrieni<br />

■ sono necessarie altre indagini per<br />

verificare i dati finora ottenuti<br />

■ gli antagonisti dei leucotrieni:<br />

al contrario della categoria<br />

precedente, stimolano la bronco<strong>di</strong>latazione,<br />

contrastando (per<br />

questo prendono il nome <strong>di</strong> antagonisti)<br />

l’azione dei leucotrieni<br />

che funzionano come broncocostrittori.<br />

Sette svolte del recettore<br />

Per quanto riguarda la prima<br />

categoria <strong>di</strong> molecole, ci si concentrerà<br />

su un gene, beta2AR, che<br />

co<strong>di</strong>fica per il recettore beta2adrenergico,<br />

e su un polimorfismo<br />

<strong>di</strong> questo gene che è responsabile<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferente risposta ai farmaci<br />

beta agonisti, che agiscono<br />

stimolando il recettore.<br />

Pier Franco Pignatti<br />

Direttore della Scuola<br />

<strong>di</strong> specializzazione<br />

in genetica me<strong>di</strong>ca<br />

(<strong>Verona</strong>)<br />

IN PRATICA<br />

17


18<br />

citoplasma<br />

Arg16Gly<br />

figura 1<br />

Rappresentazione grafica del recettore beta2adrenergico. Quelli in<strong>di</strong>cati in arancio sono gli aminoaci<strong>di</strong> critici<br />

per il legame. La freccia in<strong>di</strong>ca il polimorfismo Arg16Gly<br />

tratta da: Barnes et al. AJRCCM 1995; 152: 838<br />

Il gene beta2AR è espresso in<br />

varie cellule ma in particolare in<br />

quelle dei muscoli lisci bronchiali.<br />

Sulla membrana <strong>di</strong> questi ultimi il<br />

recettore beta2adrenergico induce<br />

la <strong>di</strong>latazione dei muscoli bronchiali<br />

in seguito allo stimolo delle<br />

catecolamine endogene (che regolano<br />

fisiologicamente il calibro<br />

delle vie aeree) o <strong>di</strong> agonisti esogeni,<br />

come per esempio i farmaci<br />

beta agonisti, citati in precedenza.<br />

Il recettore, come gli altri della<br />

stessa famiglia, attraversa sette<br />

volte la membrana plasmatica<br />

(ve<strong>di</strong> la figura 1 in questa pagina)<br />

e c’è una porzione della proteina,<br />

che si trova fuori dalla membrana,<br />

nello spazio extracellulare, dove<br />

vanno ad attaccarsi le catecolamine<br />

o gli agonisti <strong>di</strong> cui si parlava<br />

regione extracellulare<br />

I II III IV V VI VII<br />

posizioni critiche per il legame<br />

con il ligando<br />

aminoaci<strong>di</strong> (413)<br />

NH 2<br />

COOH<br />

membrana<br />

cellulare<br />

prima. C’è una mutazione,<br />

Arg16Gly, che colpisce proprio<br />

questa regione (in posizione 16, a<br />

partire dal terminale NH2 della<br />

proteina, provoca il cambiamento<br />

dell’aminoacido arginina nell’aminoacido<br />

glicina), come in<strong>di</strong>cato<br />

dalla freccia nella figura 1. Si tratta<br />

<strong>di</strong> un polimorfismo frequente<br />

(interessa circa metà della popolazione<br />

generale) e che, come tale,<br />

è piuttosto interessante dal punto<br />

<strong>di</strong> vista farmacogenetico, perché<br />

eventuali ricadute sulla terapia<br />

farmacologica potrebbero riguardare<br />

molte persone.<br />

In particolare, alcuni stu<strong>di</strong> hanno<br />

messo in luce che questo polimorfismo:<br />

■ aumenta la degradazione intracellulare<br />

del complesso recet-


tabella 1<br />

Il polimorfismo Arg16Gly e la risposta all’albuterolo<br />

genotipo numero <strong>di</strong> bambini risposta<br />

(1 = variazione del FEV1 del 15%)<br />

Arg/Arg 40 (15%) 5,3 X<br />

Arg/Gly 126 (47%) 2,3 X<br />

Gly/Gly 103 (38%) 1 X<br />

tabella 2<br />

Risposta al formoterolo in relazione al polimorfismo Arg16Gly<br />

genotipo numero <strong>di</strong> pazienti insensibili al farmaco<br />

Arg/Arg 4 30%<br />

Arg/Gly 8 60%<br />

Arg/Gly 10 80%<br />

tore-ligando e <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>minuisce<br />

la produzione del recettore<br />

beta2adrenergico. Quest’ultimo,<br />

infatti, una volta attivato,<br />

non solo stimola la bronco<strong>di</strong>latazione,<br />

ma, attraverso un meccanismo<br />

<strong>di</strong> autoregolazione, anche<br />

la sintesi <strong>di</strong> nuovo recettore.<br />

Il polimorfismo Arg16Gly <strong>di</strong>minuisce<br />

proprio la produzione<br />

autoregolata;<br />

■ è più comune nell’asma steroido<br />

<strong>di</strong>pendente;<br />

■ è più comune nell’asma notturna;<br />

■ è associato alla <strong>di</strong>minuita risposta<br />

al trattamento con i farmaci<br />

beta agonisti.<br />

Per quanto riguarda quest’ultimo<br />

punto, due stu<strong>di</strong> hanno analizzato<br />

proprio l’associazione tra il polimorfismo<br />

in questione e la risposta<br />

a due molecole che appartengono<br />

alla famiglia dei beta agonisti:<br />

l’albuterolo e il formoterolo.<br />

La prima ricerca, condotta da un<br />

gruppo <strong>di</strong> ricercatori statunitensi,<br />

ha preso in considerazione l’associazione<br />

tra il polimorfismo<br />

Arg16Gly e la risposta acuta a una<br />

somministrazione unica <strong>di</strong> albute-<br />

rolo su un campione <strong>di</strong> 269 bambini<br />

asmatici (1).<br />

I piccoli soggetti sono stati <strong>di</strong>visi<br />

in tre gruppi, gli omozigoti<br />

Arg/Arg, gli eterozigoti Arg/Gly, e<br />

gli omozigoti Gly/Gly, e la risposta<br />

alla terapia con albuterolo è<br />

stata misurata in termini <strong>di</strong> FEV 1<br />

(Forced Expiratory Volume in un<br />

secondo). I risultati, presentati<br />

nella tabella 1 in questa pagina,<br />

mostrano che la risposta al farmaco<br />

è superiore per i piccoli omozigoti<br />

Arg/Arg (più <strong>di</strong> cinque volte<br />

maggiore rispetto a quella <strong>degli</strong><br />

omozigoti per l’allele mutato).<br />

Inoltre, come si può osservare<br />

nella tabella, gli eterozigoti, che<br />

hanno solo una copia dell’allele<br />

mutato, hanno una risposta interme<strong>di</strong>a,<br />

che è più <strong>di</strong> due volte quella<br />

<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui con il fenotipo<br />

mutato, <strong>di</strong>mostrando così che la<br />

risposta al farmaco è proporzionale<br />

alla dose genica.<br />

Per quanto riguarda il formoterolo,<br />

anche questo un beta agonista,<br />

uno stu<strong>di</strong>o, condotto su un campione<br />

<strong>di</strong> 22 adulti trattati con il<br />

farmaco per un mese, ha dato<br />

risultati molto simili alla ricerca<br />

IN PRATICA<br />

19


20<br />

nucleo<br />

acido arachidonico<br />

5-lipossigenasi<br />

leucotriene A 4<br />

ZILEUTON<br />

leucotriene C 4<br />

sintasi<br />

leucotriene C 4<br />

precedente: la percentuale <strong>di</strong> soggetti<br />

<strong>di</strong>ventata insensibile al farmaco<br />

è infatti inferiore nel caso<br />

<strong>degli</strong> omozigoti Arg/Arg sui quali<br />

quin<strong>di</strong> il farmaco è più efficace<br />

rispetto a chi ha il genotipo mutato<br />

(ve<strong>di</strong> la tabella 2 a pagina 19,<br />

2).<br />

Dall’arachidonico in poi<br />

Passando alla seconda categoria<br />

<strong>di</strong> farmaci presi in considerazione<br />

in questa trattazione, gli antagonisti<br />

dei leucotrieni rappresentano<br />

l’ultima generazione <strong>di</strong> molecole<br />

per il trattamento dell’asma.<br />

Questi farmaci agiscono contrastando<br />

l’azione dei leucotrieni,<br />

molecole che intervengono non<br />

trasportatore<br />

<strong>di</strong> membrana<br />

leucotriene C 4<br />

ZAFIRLUKAST<br />

membrane<br />

cellulari<br />

leucotriene D 4<br />

leucotriene E 4<br />

broncocostrizione<br />

migrazione<br />

<strong>degli</strong> eosinofili<br />

edema<br />

figura 2<br />

Schema parziale della via <strong>di</strong> sintesi e <strong>di</strong> azione dei cisteinil-leucotrieni e i farmaci che inibiscono la loro azione. Le frecce tratteggiate<br />

rappresentano i passaggi inibiti. Sono rappresentate due cellule e lo spazio extracellulare<br />

tratta da (3)<br />

recettore<br />

CysLT 1<br />

solo nella contrazione dei muscoli<br />

lisci delle vie aeree, ma – insieme<br />

all’istamina, alle prostaglan<strong>di</strong>ne e<br />

alle citochine – anche nel fenomeno<br />

infiammatorio dell’asma.<br />

La via <strong>di</strong> sintesi e <strong>di</strong> azione dei<br />

leucotrieni è schematizzata nella<br />

figura 2 in questa pagina (3).<br />

Sono <strong>di</strong>versi i farmaci che appartengono<br />

al gruppo <strong>degli</strong> antileucotrieni,<br />

ma in questa presentazione<br />

ci si soffermerà sullo zileuton,<br />

in<strong>di</strong>cato a sinistra in rosso, e sullo<br />

zafirlukast, mostrato a destra in<br />

blu. Il primo interviene nella via<br />

<strong>di</strong> sintesi dei leucotrieni e la inibisce<br />

bloccando l’azione dell’enzima<br />

5-lipossigenasi. Il secondo farmaco,<br />

invece, è un antagonista <strong>di</strong> un<br />

recettore dei leucotrieni.


In relazione all’azione <strong>di</strong> questi<br />

due farmaci, si prenderanno in<br />

considerazione due geni che co<strong>di</strong>ficano<br />

per enzimi necessari alla<br />

sintesi dei leucotrieni – la 5-lipossigenasi<br />

(ALOX5) e la leucotriene<br />

C4 sintasi (LTC4S) – e due polimorfismi<br />

<strong>di</strong> questi geni che determinano<br />

un’alterazione della risposta<br />

agli antileucotrieni.<br />

In particolare, per quanto riguarda<br />

la 5-lipossigenasi, uno stu<strong>di</strong>o<br />

pubblicato su Nature Genetics nel<br />

1999 ha indagato l’associazione<br />

tra il polimorfismo -147Sp1 e la<br />

risposta all’inibitore ABT-761, un<br />

derivato del farmaco zileuton (4).<br />

Nella tabella 3 in questa pagina<br />

sono in<strong>di</strong>cati i risultati della ricerca.<br />

Si consideri che il polimorfismo<br />

consiste nella variazione del<br />

numero <strong>di</strong> ripetizioni <strong>di</strong> una<br />

sequenza <strong>di</strong> sei nucleoti<strong>di</strong> localizzati<br />

nel promotore (la regione che<br />

si trova a monte <strong>di</strong> ogni gene e che<br />

ne regola la trascrizione cioè, in<br />

pratica, la quantità <strong>di</strong> proteina<br />

prodotta), e che l’allele più comune<br />

ha cinque ripetizioni. Come si<br />

può osservare gli in<strong>di</strong>vidui che<br />

hanno un genotipo 5/5 (in<strong>di</strong>ca il<br />

numero <strong>di</strong> ripetizioni), hanno una<br />

risposta migliore <strong>di</strong> quelli che<br />

invece hanno le varianti polimorfiche<br />

(qualsiasi altro numero <strong>di</strong><br />

ripetizioni: 3, 4, o 6). In questo<br />

caso, a <strong>di</strong>fferenza dei due precedenti,<br />

l’eterozigote non dà risposta<br />

interme<strong>di</strong>a, quin<strong>di</strong> basta una<br />

dose del gene normale per ottenere<br />

la risposta desiderata. Inoltre,<br />

mentre nei casi precedenti la percentuale<br />

dei soggetti che non<br />

rispondevano alla terapia era<br />

piuttosto alta, in questo caso solo<br />

il 9 per cento <strong>degli</strong> esaminati si<br />

trova in questa situazione.<br />

Passando all’ultimo esempio <strong>di</strong> un<br />

polimorfismo che influenza la<br />

risposta agli antileucotrieni,<br />

anche in questo caso si tratta <strong>di</strong><br />

una mutazione nel promotore <strong>di</strong><br />

un gene, la leucotriene C4 sintasi<br />

o LTC4S (5). Il polimorfismo,<br />

meno noto dei precedenti, provoca<br />

il cambiamento <strong>di</strong> una base<br />

nucleoti<strong>di</strong>ca, da un’adenina a una<br />

citosina, e viene in<strong>di</strong>cato come<br />

-444 A/C. I ricercatori hanno analizzato<br />

un campione <strong>di</strong> 68 in<strong>di</strong>vi-<br />

tabella 3<br />

Associazione tra il gene della 5-lipossigenasi (polimorfismo -147Sp1) e la risposta all’ABT-761<br />

genotipo numero <strong>di</strong> pazienti risposta<br />

(variazione del FEV1)<br />

5/5 64 (56%) + 19%<br />

5/3, 4, 6 40 (35%) + 23%<br />

3, 4, 6/3, 4, 6 10 (9%) - 1%<br />

tabella 4<br />

Associazione tra il gene della leucotriene C 4 sintasi (polimorfismo -444A/C) e il zafirlukast<br />

genotipo numero <strong>di</strong> pazienti risposta<br />

(variazione del FEV1)<br />

A/A 34 (50%) + 9%<br />

A/C 30 (44%) + 9%<br />

C/C 4 (6%) - 3%<br />

IN PRATICA<br />

21


22<br />

dui, sud<strong>di</strong>videndoli in omozigoti<br />

A/A, eterozigoti A/C e omozigoti<br />

C/C. Circa il 6 per cento <strong>degli</strong><br />

in<strong>di</strong>vidui presi in considerazione<br />

sono omozigoti per il genotipo<br />

mutato e ancora una volta chi ha il<br />

genotipo più comune ha una<br />

risposta migliore al farmaco, in<br />

questo caso il zafirlukast.<br />

Quelle presentate sono in<strong>di</strong>cazioni<br />

<strong>di</strong> massima che potrebbero<br />

comunque aiutare a in<strong>di</strong>viduare<br />

quantomeno i soggetti non rispondenti<br />

a una certa terapia.<br />

Certamente alcuni <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> presentati<br />

sono stati condotti su<br />

numeri troppo piccoli <strong>di</strong> soggetti e<br />

andrebbero riconfermati in popolazioni<br />

più estese. Inoltre restano<br />

da indagare le possibili interazioni<br />

dei <strong>di</strong>versi genotipi. Queste<br />

ultime infatti potrebbero dare<br />

risultati <strong>di</strong>versi da quelli ottenuti<br />

considerando i polimorfismi singolarmente.<br />

Bibliografia<br />

◆ 1) Martinez FD et al. Association between genetic<br />

polymorphisms of the b2-adrenoceptor and response<br />

to albuterol in children with and without a history of<br />

wheezing. J Clin Invest 1997; 100: 3184.<br />

◆ 2) Tan S et al. Association between beta2 adrenoreceptor<br />

polymorphism and susceptibility to broncho<strong>di</strong>lator<br />

desensitisation in moderately severe stable<br />

asthmatic. Lancet 1997; 350: 995.<br />

◆ 3) Drazen JM et al. Treatment of asthma with drugs<br />

mo<strong>di</strong>fying the leukotriene pathway. N Engl J Med<br />

1999; 340: 197.<br />

◆ 4) Drazen JM et al. Pharmacogenetic association between<br />

ALOX5 promoter genotype and the response to<br />

anti-asthma treatment. Nat Genet 1999; 22: 168.<br />

◆ 5) Anderson W et al. Effects of polymorphisms in the<br />

promoter region of 5-lipoxygenase and LTC4 synthase<br />

on the clinical response to zafirlukast and fluticasone.<br />

Eur Respir 2000; 16 (S31): abstract 1360.


Malattie infettive<br />

La lunga convivenza tra microbi e umani<br />

ha dato origine a suscettibilità e resistenze<br />

S<br />

ulla Terra ci sono circa 3<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> microbi, che nel<br />

loro insieme costituiscono<br />

più o meno il 60 per cento della<br />

biomassa. Questi minuscoli esseri<br />

viventi, che sono comparsi sulla<br />

terra tre miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni prima <strong>di</strong><br />

piante e animali, hanno avuto un<br />

tempo straor<strong>di</strong>nariamente lungo<br />

per adattarsi a convivere con i<br />

loro ospiti. Durante questo lasso<br />

<strong>di</strong> tempo i germi non solo hanno<br />

escogitato sofisticati meccanismi<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa per sfuggire agli attacchi<br />

sferrati dall’uomo, ma hanno<br />

anche mo<strong>di</strong>ficato in maniera<br />

sostanziale molte delle sue attività<br />

biologiche nonché il suo <strong>genoma</strong><br />

(per esempio influenzando la presenza<br />

<strong>di</strong> polimorfismi specifici<br />

che possono favorire la resistenza<br />

ai germi).<br />

Nelle pagine precedenti si è parlato<br />

della mortalità associata alla<br />

tossicità dei farmaci, ma non si<br />

deve <strong>di</strong>menticare che ancora oggi<br />

circa 13 milioni <strong>di</strong> persone muoiono<br />

a causa delle infezioni batteriche<br />

e virali. In particolare le polmoniti<br />

colpiscono circa 3,5 milioni<br />

<strong>di</strong> persone; la <strong>di</strong>arrea circa 2,5;<br />

la tubercolosi 1,5; l’AIDS 2,3 e la<br />

malaria circa 15 milioni.<br />

La situazione è quin<strong>di</strong> ancora<br />

allarmante, nonostante in questi<br />

ultimi decenni siano intervenute<br />

Principi da ritenere<br />

■ è <strong>di</strong>mostrato che la suscettibilità e<br />

la resistenza ad alcune malattie<br />

infettive possono essere influenzate<br />

dalla costituzione genetica<br />

■ anche la risposta ad alcuni farmaci<br />

antivirali può avere una base<br />

genetica<br />

numerose misure (con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali, igieniche, <strong>di</strong> immunizzazione<br />

e farmacologiche) che<br />

hanno ridotto drasticamente i<br />

decessi dovuti a questi agenti<br />

patogeni (ve<strong>di</strong> le figure 1 e 2 a<br />

pagina 24 e 25).<br />

Resta comunque il fatto che alcune<br />

persone sopravvivono alle<br />

malattie infettive e altre no, un<br />

fenomeno questo dovuto principalmente<br />

alla costituzione genetica<br />

dei singoli in<strong>di</strong>vidui. E’ il patrimonio<br />

genetico, infatti, a influenzare,<br />

insieme all’ambiente, non<br />

solo la probabilità <strong>di</strong> contrarre<br />

una malattia virale o batterica, ma<br />

anche la progressione della malattia<br />

stessa, nonché le complicazioni<br />

che ne possono derivare. E que-<br />

Giuseppe Novelli<br />

Dipartimento<br />

<strong>di</strong> biopatologia<br />

e <strong>di</strong>agnostica<br />

per immagini,<br />

sezione <strong>di</strong> genetica<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma<br />

Tor Vergata<br />

IN PRATICA<br />

23


24<br />

figura 1<br />

I due grafici<br />

rappresentano<br />

le cause <strong>di</strong> morte<br />

rispettivamente<br />

nel 1900<br />

e nel 1997<br />

(in percentuale)<br />

5,2<br />

1900<br />

1997<br />

8,0<br />

5,1<br />

6,9<br />

23,3<br />

8,1<br />

4,7<br />

4,5<br />

4,1<br />

3,7<br />

10,2<br />

3,7<br />

2,7<br />

31,4<br />

2,6<br />

sto è tanto vero che oggi si pensa<br />

che la componente genetica nelle<br />

malattie infettive sia almeno doppia<br />

rispetto alle stime <strong>di</strong> qualche<br />

anno fa.<br />

Il gene CFTR<br />

e Pseudomonas aeruginosa<br />

11,3<br />

Per quanto riguarda gli agenti<br />

patogeni che colpiscono l’uomo,<br />

un esempio particolarmente illustrativo<br />

dell’interazione tra il patrimonio<br />

genetico dell’ospite e<br />

quello dell’agente infettivo è il batterio<br />

Pseudomonas aeruginosa.<br />

La lettura della sequenza genomica<br />

<strong>di</strong> questo germe ha rivelato che<br />

esso contiene una grande quantità<br />

<strong>di</strong> geni regolatori, un fatto questo<br />

che risulterebbe dall’ essere venuto<br />

in contatto con il <strong>genoma</strong> <strong>di</strong><br />

molti ospiti e dalla forte competizione<br />

con gli altri microrganismi.<br />

2,3<br />

1,3<br />

1,1<br />

1,1<br />

tubercolosi<br />

polmonite<br />

<strong>di</strong>arrea<br />

malattia car<strong>di</strong>ovascolare<br />

malattia epatica<br />

incidenti<br />

ictus<br />

cancro<br />

bronchite<br />

<strong>di</strong>fterite<br />

malattia car<strong>di</strong>ovascolare<br />

cancro<br />

ictus<br />

malattia polmonare cronica<br />

incidenti<br />

polmonite/influenza<br />

<strong>di</strong>abete<br />

suici<strong>di</strong>o<br />

malattia renale cronica<br />

malattia epatica cronica<br />

Nella comunità me<strong>di</strong>co-scientifica,<br />

pseudomonas gode <strong>di</strong> una cattiva<br />

fama, dovuta da un lato alla<br />

sua resistenza alle classi più<br />

aggressive <strong>di</strong> antibiotici e dall’altro<br />

al fatto che questo microbo è<br />

tra i primi in classifica come causa<br />

<strong>di</strong> malattie nell’uomo. In particolare,<br />

questo agente infettivo è<br />

associato a una patologia ere<strong>di</strong>taria<br />

piuttosto frequente: la fibrosi<br />

cistica. Circa il 10 per cento dei<br />

malati, infatti, all’esor<strong>di</strong>o della<br />

malattia, ha un’infezione dovuta<br />

alla colonizzazione da pseudomonas,<br />

una percentuale questa<br />

che cresce fino al 100 per cento<br />

per i malati cronici. Si tratta <strong>di</strong><br />

una colonizzazione che può essere<br />

molto specifica; ci sono cioè ceppi<br />

<strong>di</strong> Pseudomonas aeruginosa che<br />

infettano solo alcuni gruppi <strong>di</strong><br />

pazienti, un’osservazione questa<br />

che fa supporre l’esistenza <strong>di</strong> una


antibiotici<br />

migliori<br />

con<strong>di</strong>zioni<br />

igieniche<br />

complementarità tra l’ospite e l’agente<br />

infettivo in questione.<br />

Oggi si sa che il Cystic Fibrosis<br />

Transmembrane Conductance Regulator<br />

(CFTR), la proteina che se<br />

mutata è responsabile dello sviluppo<br />

della fibrosi cistica, è uno<br />

dei principali canali del cloro<br />

della cellula; la sua funzione però<br />

non si limita solo al trasporto <strong>di</strong><br />

ioni, ma si estende anche ad altri<br />

soluti, come il glutatione, o altri<br />

aminoaci<strong>di</strong> e recentemente il<br />

bicarbonato.<br />

Inoltre si è fatta l’ipotesi che<br />

CFTR possa essere valido anche<br />

come recettore per Pseudomonas<br />

aeruginosa: quando il canale funziona,<br />

il batterio viene inglobato<br />

nella cellula e <strong>di</strong>strutto con enzimi<br />

proteolitici; nei soggetti affetti<br />

da fibrosi cistica, invece, il malfunzionamento<br />

del recettore provocherebbe<br />

una maggiore sensibi-<br />

alimentazione migliore<br />

<strong>di</strong>minuisce la suscettibilità<br />

dell’ospite<br />

<strong>di</strong>minuiscono<br />

le malattie<br />

infettive<br />

<strong>di</strong>minuisce la trasmissione<br />

<strong>di</strong> malattie<br />

vaccinazioni<br />

figura 2<br />

Le con<strong>di</strong>zioni che hanno determinato la riduzione delle malattie infettive<br />

abitazioni<br />

migliori<br />

acqua<br />

e cibi<br />

più sicuri<br />

lità all’infezione da parte del batterio.<br />

Sulla scia <strong>di</strong> questa ipotesi, alcuni<br />

stu<strong>di</strong>osi hanno indagato se esista<br />

una correlazione tra mutazioni<br />

<strong>di</strong>verse del gene CFTR (che determinano<br />

fenotipi più o meno gravi<br />

della malattia) e il grado <strong>di</strong> colonizzazione<br />

da pseudomonas. I<br />

risultati in<strong>di</strong>cano che, se si considerano<br />

le mutazioni singolarmente,<br />

non c’è una correlazione; se<br />

però si considerano i due gruppi<br />

<strong>di</strong> mutazioni che generalmente<br />

sono associati a due fenotipi<br />

ormai accertati nella fibrosi cistica,<br />

cioè l’insufficenza e la sufficienza<br />

pancreatica (in<strong>di</strong>cate<br />

rispettivamente come PI e PS), si<br />

può osservare che la percentuale<br />

<strong>di</strong> colonizzazione da pseudomonas<br />

nei due gruppi è significativamente<br />

<strong>di</strong>versa (ve<strong>di</strong> la figura 3 a<br />

pagina 27): negli in<strong>di</strong>vidui con il<br />

IN PRATICA<br />

25


Convivenze<br />

che lasciano<br />

il segno<br />

Un esempio evidente <strong>di</strong> come e<br />

quanto un agente infettivo<br />

possa influenzare l’attività biologica<br />

del suo ospite è rappresentato da un<br />

batterio della famiglia delle richettsiacee<br />

(batteri gram negativi responsabili<br />

<strong>di</strong> varie malattie, tra le<br />

quali il tifo): la Wolbachia. Questo<br />

batterio era praticamente sconosciuto<br />

fino agli anni novanta, ma a partire<br />

da quel periodo 21 gruppi <strong>di</strong><br />

ricerca nel mondo hanno concentrato<br />

i loro sforzi sullo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo<br />

germe, pubblicando almeno 127<br />

articoli sull’argomento. Si tratta <strong>di</strong><br />

un batterio simbionte che vive nel<br />

citoplasma <strong>di</strong> circa il 15-20 per cento<br />

delle specie <strong>di</strong> insetti conosciute,<br />

oltre che <strong>degli</strong> aracni<strong>di</strong> e dei nemato<strong>di</strong>.<br />

Il microbo si localizza soprattutto nel<br />

citoplasma delle cellule germinali<br />

dell’ospite e viene trasmesso dalle<br />

26<br />

fenotipo più grave l’infezione è<br />

precoce e più grave.<br />

Da quanto detto finora si potrebbe<br />

pensare che sia sufficiente stabilire<br />

un nesso tra l’espressione<br />

del gene CFTR e la sua l’attività<br />

biologica, per capire se un paziente<br />

in esame è resistente all’infezione<br />

o meno. Nel caso specifico,<br />

se in un certo soggetto il canale è<br />

espresso (e lo si può capire analizzando<br />

l’RNA messaggero) e se<br />

questa espressione è correlata,<br />

per esempio, a una minore suscettibilità<br />

all’infezione, allora l’in<strong>di</strong>viduo<br />

in esame è resistente.<br />

Purtroppo non è tutto così semplice,<br />

proprio perché non sempre<br />

esiste un rapporto <strong>di</strong>retto tra l’espressione<br />

<strong>di</strong> un gene e l’attività<br />

femmine alla loro progenie, un po’<br />

come se fosse un fattore citoplasmatico<br />

materno ere<strong>di</strong>tario. Poiché quin<strong>di</strong><br />

la trasmissione del batterio <strong>di</strong>pende<br />

dalla produzione <strong>di</strong> femmine, la<br />

Wolbachia tende a favorire queste<br />

ultime nel rapporto numerico tra i<br />

due sessi e lo fa con modalità <strong>di</strong>verse.<br />

In alcune specie <strong>di</strong> insetti, per<br />

esempio, il batterio trasforma i<br />

maschi infetti in femmine; in altre,<br />

attraverso un meccanismo noto come<br />

incompatibilità citoplasmatica,<br />

impe<strong>di</strong>sce gli incroci che darebbero<br />

origine a una progenie non infetta<br />

(per esempio i maschi infetti non<br />

possono fertilizzare uova non infette).<br />

Infine c’è anche il caso estremo<br />

<strong>di</strong> alcune specie <strong>di</strong> vespe, in cui la<br />

presenza della Wolbachia induce la<br />

riproduzione delle femmine per partenogenesi.<br />

Se un batterio è in grado<br />

<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare un processo così importante<br />

come la riproduzione <strong>di</strong> svariate<br />

specie <strong>di</strong> insetti, ci si può immaginare<br />

quale enorme influenza i microbi<br />

in genere possano avere sul <strong>genoma</strong><br />

dell’uomo con il quale sono in<br />

contatto da moltissimo tempo.<br />

biologica del suo prodotto nell’organismo.<br />

Proprio la fibrosi cistica<br />

ne è un esempio: nei malati con la<br />

mutazione G551D, una <strong>di</strong> quelle<br />

che provocano il fenotipo più<br />

grave, il canale del cloro viene<br />

prodotto (e quin<strong>di</strong> il suo RNA<br />

viene espresso), ma la proteina<br />

viene degradata prima <strong>di</strong> raggiungere<br />

la membrana e quin<strong>di</strong>, a tutti<br />

gli effetti, non funziona. La situazione<br />

è perciò uguale a quella<br />

<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui in cui il canale non<br />

viene espresso per niente.<br />

La funzionalità del canale quin<strong>di</strong><br />

non è strettamente correlata all’espressione<br />

del gene nella cellula,<br />

perché intervengono, oltre alla<br />

trascrizione del gene, anche almeno<br />

altre due tappe – la traduzione<br />

e il riciclo della proteina – che<br />

hanno altrettanta importanza nel<br />

determinare il fenotipo.<br />

Il motivo della colonizzazione da<br />

pseudomonas nei malati <strong>di</strong> fibrosi<br />

cistica va quin<strong>di</strong> cercato altrove.<br />

L’infezione potrebbe essere dovuta,<br />

per esempio, all’elevata concentrazione<br />

<strong>di</strong> cloruro so<strong>di</strong>co presente<br />

sulle membrane quando il<br />

canale del cloro non funziona e<br />

non fa passare il cloruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o.<br />

Quest’ultimo infatti inibisce, ad<br />

alcune concentrazioni, le defensine,<br />

sostanze prodotte dall’organismo<br />

per <strong>di</strong>fendersi dai batteri. Se<br />

questa ipotesi fosse vera allora il<br />

meccanismo della suscettibilità a<br />

pseudomonas sarebbe in<strong>di</strong>retto,<br />

pur sembrando apparentemente<br />

legato all’assenza <strong>di</strong> un recettore<br />

geneticamente mo<strong>di</strong>ficato.<br />

AIDS, resistenza<br />

e suscettibilità<br />

Per ritornare alla questione più<br />

generale della pre<strong>di</strong>sposizione<br />

genetica alle malattie infettive,<br />

alcuni esempi <strong>di</strong> geni che determinano<br />

la suscettibilità sono in<strong>di</strong>cati<br />

nella tabella 1 in questa pagina.


tabella 1<br />

Esempi <strong>di</strong> alcuni alleli e delle suscettibilità alle malattie infettive che possono determinare<br />

allele/gene metabolismo alterato agente esterno induzione malattia/resistenza<br />

IFNGR1, IFNGR2 risposta immune micobatteri/salmonella micobatteriosi atipica<br />

IL12RB1, IL12B familiare<br />

IL1 ignoto ignoto periodontiti<br />

FcgammaRIIIA risposta immune HHV-8 sarcoma <strong>di</strong> Kaposi<br />

HLA DRB1*14, DQB1*0301 risposta immune (?) Trypanosoma cruzi resistenza alla car<strong>di</strong>omiopatia<br />

infettiva da Trypanosoma cruzi<br />

IFNgamma/IFNgammaR risposta immune micobatterio tubercolosi<br />

IL12/IL12R<br />

P53 risposta immune HPV16, HPV18 rischio <strong>di</strong> cancro<br />

della cervice da HPV<br />

CFTR internalizzazione pseudomonas infezione polmonare<br />

CX3CR1 risposta immune HIV1 AIDS (?)<br />

CCR5, CCR2, SDF1 risposta immune HIV1 AIDS<br />

HLAB53 risposta immune Plasmo<strong>di</strong>um falciparum malaria<br />

HLAII-DRB1*1302<br />

HLA DRB1*0401 risposta immune Borrella burgdofori artrite <strong>di</strong> Lyme<br />

Tra questi c’è probabilmente un<br />

solo caso – una forma familiare <strong>di</strong><br />

micobatteriosi – <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposizione<br />

determinata da mutazioni classiche<br />

in un gruppo <strong>di</strong> geni. In que-<br />

Percentuale <strong>di</strong> malati senza infezione da P. aeruginosa<br />

100<br />

75<br />

50<br />

25<br />

sto caso i genitori sono portatori<br />

sani e i figli che sono omozigoti<br />

per la mutazione contraggono<br />

infezioni da tutti i micobatteri esistenti<br />

al mondo. Ci sono poi altri<br />

genotipi<br />

PS/PI e PS/PS<br />

genotipo<br />

PI/PI<br />

0<br />

0 10<br />

20<br />

età (anni)<br />

30<br />

40<br />

IN PRATICA<br />

figura 3<br />

Il grafico in<strong>di</strong>ca come<br />

l’infezione<br />

da P.aeurginosa<br />

colpisca soprattutto<br />

(e precocemente)<br />

i malati <strong>di</strong> fibrosi cistica<br />

portatori <strong>di</strong> mutazioni<br />

che determinano<br />

un fenotipo<br />

con insufficienza<br />

pancreatica.<br />

PI = mutazione<br />

associata a insufficienza<br />

pancreatica<br />

PS = mutazione associata<br />

a sufficienza pancreatica<br />

27


28<br />

Abacavir<br />

alla prova<br />

del DNA<br />

In un incontro avvvenuto<br />

alla New York Academy of<br />

Sciences, Allen Roses, <strong>di</strong>rettore<br />

mon<strong>di</strong>ale della genetica <strong>di</strong><br />

GlaxoSmithKline, ha annunciato<br />

che la società farmaceutica<br />

sta avviando una ricerca<br />

<strong>di</strong> farmacogenetica sull’ipersensibilità<br />

all’abacavir, una<br />

casi <strong>di</strong> alleli che determinano la<br />

suscettibilità a un gruppo <strong>di</strong> agenti<br />

infettivi.<br />

Naturalmente il panorama è ampio<br />

e comprende alcuni polimorfismi<br />

nella proteina p53 che sono<br />

correlati al tipo <strong>di</strong> risposta immunitaria<br />

contro i papilloma virus 16<br />

e 18, e quin<strong>di</strong> al rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />

un cancro alla cervice. Per<br />

non parlare <strong>degli</strong> esempi storici<br />

che riguardano l’HLA e la correlazione<br />

con la malaria o la tubercolosi.<br />

L’esempio più stu<strong>di</strong>ato in assoluto<br />

resta però quello del virus HIV-1,<br />

responsabile dell’AIDS. Si sa da<br />

tempo, infatti, che alcuni soggetti<br />

sono maggiormente suscettibili<br />

all’infezione da parte del virus,<br />

mentre altri sono ad<strong>di</strong>rittura resistenti<br />

e, pur venendo a contatto<br />

regolarmente con il germe, non ne<br />

vengono mai contagiati.<br />

A questo proposito una revisione<br />

pubblicata sull’Annual Review of<br />

Genetics illustra i risultati <strong>di</strong> una<br />

ricerca condotta, in un campione<br />

<strong>di</strong> oltre 10.000 soggetti a rischio<br />

<strong>di</strong> AIDS, per verificare come i<br />

polimorfismi <strong>di</strong> alcuni geni influenzino<br />

la resistenza o la suscettibilità<br />

all’infezione.<br />

L’eterogeneità <strong>di</strong> risposta all’infe-<br />

molecola utilizzata nella terapia<br />

dell’AIDS.<br />

Nel 4 per cento circa dei soggetti<br />

che assumono l’abacavir<br />

si manifesta una reazione <strong>di</strong><br />

ipersensibilità, alla quale consegue<br />

necessariamente la sospensione<br />

della terapia.<br />

Poiché i sintomi dell’ipersensibilità<br />

sono molto aspecifici<br />

(febbre) e confon<strong>di</strong>bili con<br />

quelli caratteristici del quadro<br />

clinico <strong>di</strong> questi pazienti, è <strong>di</strong>fficile<br />

capire quando è davvero<br />

necessaria la sospensione del-<br />

la terapia. Lo stu<strong>di</strong>o si propone<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> identificare i marcatori<br />

genetici dell’ipersensibilità,<br />

per in<strong>di</strong>viduare i soggetti<br />

in cui tale reazione è<br />

probabile.<br />

«Stiamo usando la mappa<br />

dello SNP Consortium – ha<br />

commentato Roses – per costruire<br />

un pannello <strong>di</strong> 200<br />

mila marcatori da usare in<br />

questo stu<strong>di</strong>o che dovrebbe<br />

durare due anni e consentirci<br />

<strong>di</strong> raccogliere dati importanti<br />

per la terapia con abacavir».<br />

zione, nei soggetti presi in esame,<br />

è stata valutata in base a <strong>di</strong>versi<br />

parametri, come:<br />

■ l’infezione con HIV;<br />

■ la velocità <strong>di</strong> progressione<br />

nella forma più grave della malattia;<br />

■ la presenza <strong>di</strong> complicanze<br />

connesse con l’infezione primaria<br />

(il sarcoma <strong>di</strong> Kaposi, il linfoma,<br />

le infezioni opportunistiche);<br />

■ la risposta immunitaria all’agente<br />

infettivo;<br />

■ l’efficacia e gli eventuali effetti<br />

collaterali della terapia antiretrovirale.<br />

Per quanto riguarda i geni can<strong>di</strong>dati,<br />

si calcola che quelli coinvolti<br />

nel meccanismo dell’infezione<br />

siano centinaia (recettori, corecettori,<br />

citochine e loro recettori,<br />

fattori <strong>di</strong> trascrizione, geni che<br />

regolano la risposta immunitaria<br />

eccetera), ma i ricercatori del<br />

National Cancer Institute del<br />

Maryland, negli Stati Uniti, ne<br />

hanno presi in considerazione<br />

<strong>di</strong>eci, tra cui quelli che co<strong>di</strong>ficano<br />

per i corecettori CCR5 e CCR2<br />

(siti <strong>di</strong> legame <strong>di</strong> alcune citochine),<br />

necessari al virus per penetrare<br />

nella cellula.<br />

I polimorfismi presi in considerazione<br />

sono tutti alleli presenti


comunemente nella popolazione e<br />

la cui presenza può ritardare o<br />

accelerare la progressione della<br />

malattia.<br />

Uno dei più importanti è<br />

CCR5delta32, una delezione nel<br />

recettore CCR5 che determina uno<br />

scivolamento della lettura della<br />

sequenza. La mutazione ha un<br />

effetto protettivo, che si esplica<br />

soprattutto in omozigosi (quando<br />

entrambi gli alleli sono mutati).<br />

La stessa osservazione vale anche<br />

per il polimorfismo CCR2-641:<br />

entrambe le mutazioni hanno la<br />

capacità <strong>di</strong> ritardare la progressione<br />

della malattia <strong>di</strong> circa 2-5<br />

anni.<br />

D’altro canto ci sono esempi <strong>di</strong><br />

polimorfismi che aumentano la<br />

suscettibilità all’infezione e uno <strong>di</strong><br />

questi è l’allele B35 del gene HLA<br />

<strong>di</strong> classe 1, che, in omozigosi, ha<br />

un effetto <strong>di</strong> accelerazione dell’AIDS<br />

particolarmente grave.<br />

Il secondo esempio <strong>di</strong> polimorfismo<br />

che accelera, dai 2 ai 5 anni,<br />

la progressione della malattia è<br />

rappresentato dall’allele IL10 5’A,<br />

una mutazione che coinvolge il<br />

promotore dell’interleuchina 10.<br />

Occorre ricordare comunque che<br />

l’interazione tra più alleli può<br />

alterare completamente l’effetto<br />

dei singoli polimorfismi. Un<br />

esempio <strong>di</strong> questo fenomeno è<br />

rappresentato, per esempio, dall’interazione<br />

<strong>di</strong> tre polimorfismi<br />

(CCR5delta32, CCR2-641 e IL10<br />

5’A) che mo<strong>di</strong>fica le curve <strong>di</strong><br />

sopravvivenza rispetto ai singoli<br />

polimorfismi.<br />

I ricercatori hanno anche cercato<br />

<strong>di</strong> dare una spiegazione funzionale<br />

a quanto osservato.<br />

In particolare, per il polimorfismo<br />

CCR5delta32, la protezione nei<br />

confronti dell’infezione sarebbe<br />

strettamente legata al fatto che il<br />

recettore funziona, insieme a<br />

CD4, come porta d’ingresso per il<br />

virus, che può iniziare a prolifera-<br />

re nella cellula infettata. La mancanza<br />

<strong>di</strong> 32 nucleoti<strong>di</strong> provoca<br />

uno slittamento nella sequenza<br />

del DNA per cui viene prodotto un<br />

recettore non funzionante, che<br />

non raggiunge la membrana. In<br />

questo modo l’entrata del virus<br />

viene ritardata.<br />

Il gene IL10, invece, co<strong>di</strong>fica per<br />

una citochina che, tra le altre<br />

cose, inibisce anche la produzione<br />

del virus HIV-1 nei macrofagi. Il<br />

polimorfismo IL10 5’A colpisce il<br />

promotore del gene e inibisce la<br />

trascrizione <strong>di</strong> citochina, favorendo<br />

<strong>di</strong> conseguenza l’infezione e la<br />

progressione della malattia.<br />

La conoscenza dei polimorfismi <strong>di</strong><br />

Nella genetica<br />

il futuro<br />

dei vaccini<br />

La conoscenza del <strong>genoma</strong> dei<br />

microrganismi sta influenzando<br />

ra<strong>di</strong>calmente anche l’approccio<br />

alla produzione <strong>di</strong> nuovi vaccini,<br />

tanto che sempre più si parla <strong>di</strong><br />

immunogenetica inversa. Un termine<br />

questo che crea una contrapposizione<br />

con il vecchio approccio in<br />

cui la produzione <strong>di</strong> un vaccino partiva<br />

dalla malattia infettiva, da qui<br />

passava alla scoperta del microrganismo<br />

responsabile, dell’antigene<br />

<strong>di</strong> membrana specifico, dell’epitopo<br />

(cioè la porzione dell’antigene cui<br />

si lega l’anticorpo) fino alla produzione<br />

del vaccino vero e proprio.<br />

Questo processo è ora invertito,<br />

perché, pur partendo sempre dalla<br />

malattia, si sfrutta la conoscenza<br />

genetica del microrganismo per<br />

arrivare, attraverso l’analisi delle<br />

sue proteine <strong>di</strong> membrana, a identificare<br />

i possibili bersagli per la<br />

sintesi del vaccino.<br />

Un esempio <strong>di</strong> questo approccio è<br />

IN PRATICA<br />

rappresentato dal recente vaccino<br />

contro la meningite, ottenuto con<br />

un processo che è partito dai dati<br />

ricavati dal sequenziamento del<br />

batterio Nesseira meningiti<strong>di</strong>s.<br />

Questi ultimi sono stati analizzati<br />

da un computer, per identificare gli<br />

eventuali bersagli per un vaccino.<br />

Sono state trovate 570 sequenze<br />

potenzialmente utili (che co<strong>di</strong>ficano<br />

per proteine secrete o <strong>di</strong> membrana)<br />

e da queste si è arrivati a identificare<br />

350 proteine come possibili<br />

bersagli per il vaccino.<br />

Con queste sono stati immunizzati<br />

alcuni topi <strong>di</strong> laboratorio e dagli<br />

anticorpi prodotti si sono selezionate<br />

due proteine bersaglio per lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> eventuali farmaci.<br />

Per il futuro ci si aspetta che la<br />

banca dati sui genomi batterici sviluppata<br />

da Craig Venter, fondatore<br />

della Celera Genomics, e dal suo<br />

gruppo <strong>di</strong> ricerca fornisca informazioni<br />

per lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi farmaci.<br />

Venter stima infatti che presto<br />

ci saranno circa 300 mila nuovi<br />

geni da stu<strong>di</strong>are, della cui funzione<br />

non si sa ancora nulla, ma che<br />

potrebbero fornire informazioni<br />

utili per nuovi vaccini.<br />

29


MRP4<br />

e la resistenza alla<br />

terapia antivirale<br />

La mancata efficacia, in alcuni<br />

pazienti, della terapia contro<br />

l’AIDS, potrebbe essere dovuta<br />

non solo a virus HIV resistenti, ma<br />

anche all’eccessiva espressione <strong>di</strong><br />

un gene, MRP4. Lo sostiene uno<br />

stu<strong>di</strong>o, pubblicato nel 1999 sulla<br />

rivista Nature Me<strong>di</strong>cine da ricercatori<br />

del St. Jude Children’s<br />

Research Hospital <strong>di</strong> Memphis,<br />

negli Stati Uniti.<br />

Da tempo si sa che la terapia contro<br />

la temibile infezione non funziona<br />

allo stesso modo in tutti i<br />

soggetti, così come è noto che la<br />

resistenza ai farmaci (AZT, ddC,<br />

ddl, d4T 3TC e abacavir) può essere<br />

dovuta alla presenza <strong>di</strong> ceppi<br />

resistenti <strong>di</strong> virus HIV.<br />

L’osservazione che la terapia può<br />

non essere efficace anche in soggetti<br />

infettati da ceppi HIV non<br />

resistenti ha indotto gli stu<strong>di</strong>osi<br />

statunitensi a concentrare i loro<br />

sforzi sulla ricerca <strong>di</strong> una spiegazione<br />

a questo fenomeno.<br />

30<br />

«Abbiamo osservato che l’espressione<br />

abnorme del gene MRP4 era<br />

responsabile della resistenza delle<br />

cellule T alla terapia con AZT e<br />

con un altro farmaco sperimentale<br />

- <strong>di</strong>chiara in proposito John<br />

Schuetz, coor<strong>di</strong>natore dello stu<strong>di</strong>o<br />

in questione -. Anche in con<strong>di</strong>zioni<br />

normali la proteina co<strong>di</strong>ficata<br />

da MRP4 pompa i farmaci nucleosi<strong>di</strong>ci<br />

fuori dalla cellula, ma la sua<br />

eccessiva espressione ne amplifica<br />

a tal punto l’azione che la concentrazione<br />

dei farmaci nelle cellule<br />

<strong>di</strong>venta troppo bassa per avere<br />

qualsiasi effetto».<br />

L’identificazione <strong>di</strong> questa alterazione<br />

potrebbe consentire <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere a priori i soggetti che<br />

risponderanno alla terapia da<br />

quelli che invece non lo faranno.<br />

A questo si aggiunga che questo<br />

tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> apre la strada alla<br />

ricerca <strong>di</strong> eventuali inibitori dell’azione<br />

<strong>di</strong> MRP4. Per non parlare<br />

del fatto che questa scoperta<br />

potrebbe aiutare a capire la risposta<br />

ai farmaci anche nel caso <strong>di</strong><br />

altre malattie infettive, come l’epatite<br />

B e il citomegalovirus, che<br />

sono anch’esse curate con farmaci<br />

nucleosi<strong>di</strong>ci.<br />

suscettibilità e <strong>di</strong> resistenza, della<br />

loro frequenza e delle loro possibili<br />

interazioni può essere utilizzata<br />

non solo a livello <strong>di</strong> singolo<br />

in<strong>di</strong>viduo, ma anche <strong>di</strong> popolazione,<br />

per pre<strong>di</strong>re il rischio <strong>di</strong> ammalarsi<br />

una volta venuti in contatto<br />

con l’agente infettivo.<br />

L’unica questione da considerare,<br />

nel caso <strong>di</strong> intere popolazioni, è il<br />

fatto che la frequenza dei polimorfismi<br />

appena descritti è<br />

molto variabile secondo i gruppi<br />

etnici presi in considerazione. Per<br />

esempio, la frequenza dell’allele<br />

CCR5delta32, che conferisce la<br />

resistenza all’infezione, si aggira<br />

intorno al 10 per cento nella<br />

popolazione caucasica, ma lo stesso<br />

allele è assente nelle popolazioni<br />

del Sudest asiatico e dell’Africa,<br />

il che potrebbe spiegare in parte i<br />

motivi della forte epidemia in<br />

questi paesi (ve<strong>di</strong> la figura a pagina<br />

13).<br />

Laddove però l’informazione sul<br />

rischio <strong>di</strong> malattia <strong>di</strong> una popolazione<br />

sia <strong>di</strong>sponibile, questa può<br />

rivelarsi molto utile non solo per i<br />

programmi <strong>di</strong> prevenzione su<br />

larga scala, ma anche per lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> farmaci sempre più efficaci.<br />

Bibliografia<br />

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risk of HIV <strong>di</strong>sease. Science 2000; 290: 2031.<br />

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infection with virulent mycobacterium tubercolosis.<br />

Proc Natl Acad Sci USA 2000; 18: 8560.<br />

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gene association in man: lessons from Aids. Annu Rev<br />

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◆ Parsonnet J. Microbes and Malignancy. Infection as a<br />

cause of human cancer. New York: Oxford University<br />

Press, 1999.<br />

◆ TIGR Microbial Database: a listing of published microbial<br />

genomes and chromosomes<br />

http://www.tigr.org/tdb/mdb/mdbcomplete.html<br />

◆ Turelli M et al. Cytoplasmic incompatibility in<br />

Drosophila simulans: dynamics and parameter estimates<br />

from natural populations. Genetics 1995;<br />

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microbes in Trichogramma<br />

wasps. Proc R Soc Lond B Biol Sci 1997; 264: 361.<br />

◆ Science Special Section: Microbes, Immunity and<br />

Disease. Science 2000; 284: 1301.<br />

◆ Schuetz JD et al. MRP4: a previously unidentified factor<br />

in resistance to nucleoside-based antiviral drugs.<br />

Nat Med 1999; 5: 1048.<br />

◆ Wren BW et al. Microbial genome analysis: insights<br />

into virulence, host adaptation and evolution. Nature<br />

Reviews 2000; 1: 30.<br />

◆ Young D. A post-genomic perspective. Nature<br />

Me<strong>di</strong>cine 2001; 7: 11.


Diabete mellito <strong>di</strong> tipo 2<br />

Tre polimorfismi spiegherebbero<br />

i casi <strong>di</strong> insuccesso delle sulfaniluree<br />

N<br />

el corso <strong>degli</strong> ultimi anni,<br />

dopo una fase <strong>di</strong> stasi nella<br />

ricerca farmacologica per<br />

il <strong>di</strong>abete, sono stati scoperti<br />

nuovi farmaci per la terapia <strong>di</strong><br />

questo <strong>di</strong>sturbo, alcuni già entrati<br />

in uso, altri che saranno presto<br />

<strong>di</strong>sponibili in farmacia.<br />

<strong>Farmaci</strong> innovativi<br />

Accanto ai trattamenti classici con<br />

le sulfaniluree (glibenclamide, gliburide,<br />

glipizide e glimepiride) e<br />

con le biguani<strong>di</strong> (metformina) è<br />

stata, per esempio, introdotta una<br />

classe <strong>di</strong> inibitori dell’alfaglucosidasi,<br />

un enzima localizzato nell’intestino<br />

che scinde gli zuccheri<br />

complessi in zuccheri semplici. A<br />

questi si aggiunge una nuova classe<br />

<strong>di</strong> derivati dell’acido benzoico<br />

(repaglinide) che agiscono con un<br />

meccanismo simile a quello delle<br />

sulfaniluree, ovvero stimolando la<br />

secrezione <strong>di</strong> insulina da parte<br />

della cellula pancreatica.<br />

Una categoria molto innovativa <strong>di</strong><br />

farmaci, poi, è rappresentata dai<br />

tiazoli<strong>di</strong>ne<strong>di</strong>oni (rosiglitazone,<br />

pioglitazone), che dovrebbero<br />

entrare in commercio quest’anno<br />

anche in Italia e che rappresentano<br />

un primo esempio <strong>di</strong> molecole<br />

capaci <strong>di</strong> aumentare la sensibilità<br />

all’insulina. Infine ci sono <strong>di</strong>verse<br />

Principi da ritenere<br />

■ i casi <strong>di</strong> insuccesso della terapia<br />

con sulfaniluree potrebbero essere<br />

associati a tre polimorfismi, uno nel<br />

gene IRS-1 e due nel gene SUR-1<br />

■ sono necessari nuovi stu<strong>di</strong> per<br />

confermare queste prime in<strong>di</strong>cazioni<br />

insuline mo<strong>di</strong>ficate o analoghi<br />

dell’insulina, utilizzati per l’ottimizzazione<br />

della terapia.<br />

Nella figura 1 a pagina 32 è riassunto<br />

schematicamente il meccanismo<br />

<strong>di</strong> azione dei farmaci appena<br />

citati. In particolare, le sulfaniluree<br />

agiscono a livello pancreatico<br />

stimolando la secrezione <strong>di</strong><br />

insulina, che da un lato inibisce la<br />

produzione <strong>di</strong> glucosio da parte<br />

del fegato, e dall’altro agisce sui<br />

muscoli e sul tessuto a<strong>di</strong>poso,<br />

aumentando l’utilizzo del glucosio.<br />

Gli inibitori dell’alfaglucosidasi,<br />

invece, riducono l’assorbimento<br />

dei carboidrati semplici a<br />

livello del tratto intestinale, e i<br />

glitazonici agiscono a livello del<br />

tessuto muscolare e <strong>di</strong> quello a<strong>di</strong>poso<br />

<strong>di</strong>fferenziando i prea<strong>di</strong>pociti<br />

Giorgio Sesti<br />

Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina<br />

interna<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Catanzaro<br />

Magna Graecia<br />

IN PRATICA<br />

31


32<br />

inibitori<br />

dell’alfaglucosidasi<br />

(–)<br />

intestino<br />

biguani<strong>di</strong><br />

assorbimento<br />

<strong>di</strong> carboidrati<br />

(–)<br />

glucosio plasmatico<br />

produzione<br />

<strong>di</strong> glucosio<br />

sulfaniluree (+) pancreas<br />

fegato (–)<br />

secrezione<br />

d’insulina<br />

figura 1<br />

Il meccanismo <strong>di</strong> azione <strong>di</strong> alcuni farmaci ipoglicemizzanti. Le frecce in<strong>di</strong>cano il tipo <strong>di</strong> azione dei farmaci in esame<br />

–<br />

in a<strong>di</strong>pociti e aumentando la captazione<br />

del glucosio.<br />

I due esempi <strong>di</strong> farmacogenetica<br />

nel <strong>di</strong>abetico <strong>di</strong> tipo 2 presentati<br />

in questa occasione riguardano<br />

l’azione delle sulfaniluree e sono<br />

tutt’ora poco noti alla comunità<br />

<strong>di</strong>abetologica.<br />

Uno dei polimorfismi presentati<br />

in questa trattazione riguarda<br />

l’Insulin Receptor Substrate, IRS-<br />

1, una proteina che funziona come<br />

captazione<br />

<strong>di</strong> glucosio<br />

insulina<br />

esogena<br />

secrezione<br />

d’insulina<br />

glitazoni<br />

(+)<br />

muscolo/<br />

tessuto a<strong>di</strong>poso<br />

(+)<br />

ancoraggio per una serie <strong>di</strong> altre<br />

proteine – tra cui la fosfati<strong>di</strong>linositolo<br />

chinasi 3 (PI3K) – che sono<br />

a loro volta interme<strong>di</strong>ari dell’azione<br />

biologica finale dell’insulina<br />

(crescita cellulare, espressione <strong>di</strong><br />

geni, sintesi proteica, sintesi <strong>di</strong><br />

glicogeno e reclutamento sulla<br />

superficie cellulare del trasportatore<br />

attraverso cui il glucosio<br />

entra nella cellula). Il gene che<br />

co<strong>di</strong>fica per questa proteina è<br />

+


stato ampiamente analizzato e in<br />

particolare si è osservato che esiste<br />

un polimorfismo, Gly→Arg972<br />

(in posizione 972 della sequenza<br />

aminoaci<strong>di</strong>ca un’arginina prende<br />

il posto della glicina), che ha una<br />

prevalenza <strong>di</strong>versa nei vari gruppi<br />

etnici (ve<strong>di</strong> la tabella 1 in questa<br />

pagina). In alcune popolazioni – i<br />

danesi, i francesi, ma anche gli<br />

italiani – la prevalenza <strong>di</strong> questo<br />

polimorfismo è maggiore nei <strong>di</strong>abetici<br />

<strong>di</strong> tipo 2, rispetto ai soggetti<br />

normali (1-15).<br />

Per quanto riguarda il fenotipo<br />

associato a questo polimorfismo, i<br />

portatori sono caratterizzati da:<br />

■ <strong>di</strong>minuzione dei livelli plasmatici<br />

<strong>di</strong> insulina e <strong>di</strong> peptide C;<br />

■ riduzione dell’utilizzazione periferica<br />

del glucosio;<br />

■ aumento dei livelli <strong>di</strong> PAI-1,<br />

inibitore dell’attività del plasmi-<br />

nogeno e associato ai meccanismi<br />

<strong>di</strong> fibrinolisi;<br />

■ aumento dei trigliceri<strong>di</strong> nei<br />

soggetti obesi;<br />

■ aumento del rischio <strong>di</strong> coronaropatia.<br />

Tali osservazioni suggeriscono<br />

che questo polimorfismo <strong>di</strong> IRS-1<br />

possa contribuire al fenotipo <strong>di</strong><br />

insulino-resistenza e <strong>di</strong> insulinodeficienza.<br />

Inoltre alcuni dati preliminari,<br />

raccolti dal laboratorio<br />

<strong>di</strong> chi scrive e che ancora non raggiungono<br />

la significatività, fanno<br />

pensare che la prevalenza <strong>di</strong> questo<br />

polimorfismo sia maggiore nei<br />

<strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> tipo 2 che non rispondono<br />

alla terapia con sulfaniluree.<br />

I casi <strong>di</strong> insuccesso della terapia<br />

con questi farmaci potrebbero<br />

quin<strong>di</strong> essere correlati alla presenza<br />

<strong>di</strong> questo polimorfismo.<br />

A livello molecolare, il polimorfi-<br />

tabella 1<br />

Prevalenza del polimorfismo Gly→Arg972 del gene IRS-1 in <strong>di</strong>verse popolazioni<br />

gruppo etnico in<strong>di</strong>vidui normali affetti da <strong>di</strong>abete<br />

<strong>di</strong> tipo 2<br />

danesi (Almind et al. 1993) 3/76 (3,9%) 10/86 (11,6%)<br />

francesi (Hager et al. 1993) 9/130 (6,9%) 26/233 (11,2%)<br />

italiani (Imai et al. 1994) 4/32 (12,5 %) 7/31 (22,5%)<br />

finnici (Laasko et al. 1994) 9/104 (8,7%) 11/112 (9,8%)<br />

giapponesi (Shimokawa et al. 1994) 8/178 (4,5 %) 7/197 (3,6%)<br />

finnici (Hitman et al. 1995) 3/43 (7%) 3/40 (7,5%)<br />

in<strong>di</strong>ani (Hitman et al. 1995) 5/95 (5,3%) 13/126 (10,3%)<br />

in<strong>di</strong>ani Pima (Celi et al. 1995) 0/242 0/190<br />

giapponesi (Mori et al. 1995) 1/45 (2,2%) 8/226 (3,5%)<br />

britannici (Grant et al. 1995) 26/269 (9,7%) 22/209 (10,5%)<br />

taiwanesi (Chuang et al. 1996) 1/82 (1,2%) 1/89 (1,1%)<br />

giapponesi (Ura et al. 1996) 3/70 (4,3%) 5/100 (5%)<br />

britannici (Zhang et al. 1996) 18/164 (11%) 14/54 (26%)<br />

statunitensi (Sigal et al. 1996) 7/104 (6,7%) 11/192 (5,7%)<br />

sudafricani (Panz et al. 1997) 3/40 (8%) 4/20 (20%)<br />

giapponesi (Yamada et al. 1998) 20/491 (4,0%) 13/310 (4,2%)<br />

afroamericani (Lei et al. 1999) 115/992 (11,6%) 39/321 (12,2%)<br />

olandesi <strong>di</strong> Rotterdam (‘t Hart et al. 1999) 31/168 (18%) 24/196 (12%)<br />

olandesi <strong>di</strong> Hoorn (‘t Hart et al. 1999) 16/170 (9%) 23/191 (12%)<br />

messicani statunitensi (ispanici) (Celi et al. 2000) 7/60 (11,6%) 12/60 (20%)<br />

messicani statunitensi (Celi et al. 2000) 3/27 (11,1%) 2/31 (6,5%)<br />

IN PRATICA<br />

33


Farmacogenetica<br />

in rete<br />

Pharmacogenetics Research Network<br />

www.nigms.nih.gov/ pharmacogenetics/<br />

Il National Institute of Me<strong>di</strong>cal Sciences , insieme ad altri sei componenti<br />

dei National Institutes of Health, ha dato origine a un<br />

nuovo programa per stu<strong>di</strong>are le applicazioni della genetica allo<br />

sviluppo dei farmaci. La rete collaborativa è costituita da nove<br />

laboratori statunitensi che stu<strong>di</strong>eranno come i geni influiscono<br />

sulla risposta a varie categorie <strong>di</strong> terapie farmacologiche (antidepressivi,<br />

antiasmatici, trattamenti chemioterapici eccetera).<br />

I dati delle ricerche saranno resi <strong>di</strong>sponibili al sito del Pharmacogenetic<br />

Knowledge Base (PharmGKB) (pharmgkb.org/).<br />

Il network ha anche pubblicato un opuscolo, Me<strong>di</strong>cines for you<br />

(www.nigms.nih.gov/pharmacogenetics/), per<br />

chiarire le idee <strong>degli</strong> utenti comuni sulla farmacogenetica e i suoi<br />

significati.<br />

Il primo incontro organizzato dal gruppo <strong>di</strong> ricerca si è tenuto a<br />

Bethesda, negli Stati Uniti, il 25 aprile del 2001 (il programma<br />

e il video della conferenza sono visibili al sito Internet<br />

pub.nigms.nih.gov/pharmaco/).<br />

Human Project Information<br />

www.ornl.gov/hgmis/<br />

Il Progetto <strong>genoma</strong> umano si occupa <strong>di</strong> farmacogenomica<br />

(www.ornl.gov/hgmis/me<strong>di</strong>cine/pharma.html),<br />

34<br />

smo in questione altera il legame<br />

fisico tra il substrato IRS-1 e l’enzima<br />

PI3K, con <strong>di</strong>versi effetti. Il<br />

laboratorio <strong>di</strong> chi scrive, per<br />

esempio, ha osservato che nelle<br />

cellule muscolari <strong>di</strong> ratto la<br />

variante provoca un <strong>di</strong>fetto nel<br />

trasporto del glucosio. Inoltre, se<br />

si stimolano le celule beta del<br />

pancreas con varie concentrazioni<br />

<strong>di</strong> glucosio, si osserva che la<br />

secrezione insulinica viene ridotta<br />

dalla mutazione. Lo stesso fenomeno<br />

si osserva se la secrezione<br />

viene indotta con glibenclamide,<br />

una sulfanilurea <strong>di</strong> seconda generazione,<br />

e questo supporterebbe<br />

l’ipotesi che la mutazione sia cor-<br />

con una serie <strong>di</strong> link utili a risorse esterne che trattano lo stesso<br />

argomento.<br />

SNP Consortium<br />

http://snp.cshl.org/<br />

Il consorzio <strong>di</strong> aziende farmaceutiche e istituzioni accademiche,<br />

che, senza scopo <strong>di</strong> lucro, si occupa <strong>di</strong> tracciare una mappa dei<br />

polimorfismi <strong>di</strong> singoli nucleoti<strong>di</strong> del <strong>genoma</strong> umano.<br />

Aggiornamento<br />

Da febbraio del 2001 sono visibili in rete i numeri della rivista<br />

Pharmacogenetics (www.jpharmacogenetics.com),<br />

completamente de<strong>di</strong>cata agli stu<strong>di</strong> in questo settore.<br />

Il britannico British Me<strong>di</strong>cal Journal ha de<strong>di</strong>cato un numero della<br />

prestigiosa rivista alla genetica e alle sue ricadute dal punto <strong>di</strong><br />

vista pratico, compreso il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />

(www.bmj.com/content/vol322/issue7293).<br />

La rivista statunitense Journal of the Americam Me<strong>di</strong>cal Association<br />

(www.jama.com) ha annunciato un numero sulla<br />

genetica e sulle sue applicazioni nella pratica clinica, previsto per<br />

novembre del 2001.<br />

La rivista International Journal of Pharmaceutical Me<strong>di</strong>cine, nel<br />

numero <strong>di</strong> aprile, ha considerato la farmacogenetica nei suoi<br />

molteplici aspetti (www.ijpm.com).<br />

relata ai casi <strong>di</strong> insuccesso della<br />

terapia con sulfaniluree (16, 17).<br />

Una seconda <strong>di</strong>mostrazione viene<br />

anche da uno stu<strong>di</strong>o condotto<br />

sulle cellule ottenute dalle isole<br />

pancreatiche umane <strong>di</strong> due donatori<br />

portatori del polimorfismo.<br />

Anche in questo secondo caso si è<br />

osservato che la secrezione insulinica,<br />

indotta sia dal glucosio sia<br />

dalla glibenclamide, è alterata<br />

dalla presenza del polimorfismo,<br />

mentre è conservata la secrezione<br />

indotta dall’arginina e quin<strong>di</strong><br />

dagli aminoaci<strong>di</strong>.<br />

Infine una serie <strong>di</strong> altri esperimenti<br />

ha <strong>di</strong>mostrato che la presenza<br />

della stessa mutazione


induce un aumento dell’apoptosi<br />

nelle cellule beta <strong>di</strong> isole umane<br />

(18).<br />

Concludendo il polimorfismo<br />

Gly→Arg972 del gene IRS-1 può<br />

influire sulla mancata azione delle<br />

sulfaniluree attraverso due meccanismi:<br />

■ agendo <strong>di</strong>rettamente, attraverso<br />

un meccanismo <strong>di</strong> inibizione<br />

della secrezione <strong>di</strong> insulina;<br />

■ aumentando la suscettibilità<br />

all’apoptosi, indotta da vari elementi<br />

quali la carenza <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong><br />

crescita.<br />

L’altro esempio <strong>di</strong> polimorfismo<br />

che può influenzare la risposta<br />

alla terapia farmacologica del <strong>di</strong>abete<br />

<strong>di</strong> tipo 2 riguarda SUR-1, una<br />

proteina <strong>di</strong> membrana che funziona<br />

come recettore delle sulfaniluree.<br />

In particolare, sono stati descritti<br />

due polimorfismi interessanti nel<br />

gene che co<strong>di</strong>fica per SUR-1.<br />

Il primo viene chiamato 16-3 C→T<br />

perché colpisce il quin<strong>di</strong>cesimo<br />

introne del gene, tre basi prima<br />

dell’inizio del se<strong>di</strong>cesimo esone<br />

(posizione 16-3), determinando la<br />

sostituzione <strong>di</strong> una citosina (C)<br />

con una timi<strong>di</strong>na (T).<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo polimorfismo<br />

su alcune popolazioni (francesi,<br />

statunitensi, britannici, danesi e<br />

olandesi) <strong>di</strong>mostra che, in particolare<br />

negli Stati Uniti e in Gran<br />

Bretagna, c’è un’aumentata prevalenza<br />

della mutazione nella popolazione<br />

<strong>di</strong>abetica. Poiché il polimorfismo<br />

colpisce un introne (la<br />

regione non co<strong>di</strong>ficante del gene),<br />

non provoca alterazioni nella<br />

sequenza della proteina. Il polimorfismo<br />

determinerebbe quin<strong>di</strong><br />

una suscettibilità allo sviluppo del<br />

<strong>di</strong>abete, agendo su meccanismi<br />

che regolano la produzione della<br />

proteina stessa, cioè interferendo<br />

sulla quantità <strong>di</strong> proteina prodotta<br />

(19, 20).<br />

Il secondo polimorfismo del gene<br />

SUR-1 viene denominato 18 C→T<br />

(perché nel <strong>di</strong>ciottesimo esone si<br />

ha la sostituzione <strong>di</strong> una citosina<br />

con una timi<strong>di</strong>na). Anche questo<br />

polimorfismo risulta prevalente<br />

nei pazienti <strong>di</strong>abetici, rispetto ai<br />

controlli, in molte popolazioni<br />

(21, 22).<br />

Questi polimorfismi potrebbero<br />

anche essere correlati con la mancata<br />

risposta alle sulfaniluree.<br />

Infatti entrambi riducono la secrezione<br />

insulinica indotta dalla<br />

tolbutamide, una sulfanilurea <strong>di</strong><br />

prima generazione. Mancano ulteriori<br />

stu<strong>di</strong> in proposito, ma si può<br />

ipotizzare che i pazienti portatori<br />

<strong>di</strong> questi polimorfismi abbiano<br />

una risposta ridotta o assente alle<br />

sulfaniluree (23).<br />

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receptor gene: association of the exon 16-3T variant<br />

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Diabetologia 1999; 42: 617.<br />

◆ 22) Hart LM et al. Reduced second phase insulin<br />

secretion in carriers of a sulphonylurea receptor gene<br />

variant associating with Type II <strong>di</strong>abetes mellitus.<br />

Diabetologia. 2000; 43: 515.<br />

◆ 23) Hansen T et al. Decreased tolbutamide-stimulated<br />

insulin secretion in healthy subjects with sequence<br />

variants in the high-affinity sulfonylurea receptor<br />

gene. Diabetes 1998; 47: 598.


Malattie<br />

car<strong>di</strong>ovascolari<br />

Le ricerche in questo campo sono molte,<br />

ma le conclusioni sono spesso contrad<strong>di</strong>ttorie<br />

P<br />

er le malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />

la ricerca ha messo in<br />

luce un’associazione tra<br />

alcune caratteristiche genetiche e<br />

la risposta alla terapia farmacologica,<br />

ma per ora non ci sono certezze<br />

assolute in questo settore.<br />

Come si è già accennato nelle presentazioni<br />

precedenti, sono stati<br />

identificati alcuni sistemi enzimatici<br />

regolati geneticamente che<br />

possono interferire con il metabolismo<br />

dei farmaci.<br />

Alcuni <strong>di</strong> questi interagiscono<br />

anche con le molecole utilizzate<br />

nel trattamento delle malattie car<strong>di</strong>ovascolari:<br />

i betabloccanti come<br />

il metaprololo, gli anticoagulanti<br />

come il warfarin, e gli antipertensivi<br />

o i farmaci che agiscono sul<br />

calibro delle coronarie.<br />

In particolare si sa che per il citocromo<br />

CYP2D6, della famiglia<br />

CYP450, ci sono polimorfismi<br />

capaci <strong>di</strong> determinare un maggiore<br />

o minore metabolismo <strong>di</strong> alcuni<br />

farmaci antiaritmici, come il propafenone,<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi betabloccanti,<br />

tra cui il metoprololo, e <strong>di</strong> alcuni<br />

farmaci antipertensivi (ve<strong>di</strong> la<br />

tabella 1 a pagina 38).<br />

Per quanto riguarda in particolare<br />

i farmaci antipertensivi, nella<br />

tabella 2 a pagina 39 è riportato<br />

l’esempio <strong>di</strong> come eventuali polimorfismi<br />

dei sistemi enzimatici<br />

Principi da ritenere<br />

■ le ricerche <strong>di</strong> farmacogenetica in<br />

questo settore hanno già identificato<br />

alcuni polimorfismi interessanti<br />

■ spesso i risultati <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sono<br />

contrad<strong>di</strong>ttori e richiedono quin<strong>di</strong><br />

ulteriori indagini<br />

coinvolti nel metabolismo <strong>di</strong> queste<br />

molecole possano avere un<br />

effetto sulla risposta clinica.<br />

Come si può vedere, nel caso dell’idralazina,<br />

per esempio, gli acetilatori<br />

lenti possono presentare<br />

una sindrome caratterizzata da<br />

manifestazioni tipo lupus associate<br />

alla comparsa <strong>di</strong> anticorpi<br />

antinucleo già ai dosaggi abituali.<br />

Per gli acetilatori rapi<strong>di</strong>, invece, è<br />

richiesta una dose <strong>di</strong> farmaco<br />

molto più elevata.<br />

Risultati<br />

non sempre duplicati<br />

Per molte malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />

è stata identificata una grande<br />

quantità <strong>di</strong> polimorfismi genetici<br />

che sembrerebbero avere una<br />

IN PRATICA<br />

Enrico Agabiti Rosei<br />

Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina<br />

interna<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze<br />

me<strong>di</strong>che e chirurgiche<br />

<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

37


38<br />

tabella 1<br />

Agenti car<strong>di</strong>ovascolari la cui azione è influenzata dal gene CYP2D6 e dai suoi polimorfismi<br />

antiaritmici betabloccanti antipertensivi<br />

propafenone timololo indoramina<br />

encainide metoprololo debrisochina<br />

flecainide propranololo guanoxan<br />

sparteina<br />

N-propilaimalina<br />

mexiletina<br />

certa influenza sulla comparsa o<br />

sulla progressione della malattia.<br />

Però l’associazione tra questi polimorfismi<br />

e l’effetto dei farmaci è<br />

stata stu<strong>di</strong>ata in un numero limitato<br />

<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni morbose e per<br />

alcuni stu<strong>di</strong>, benché interessanti,<br />

mancano conferme o smentite dei<br />

dati preliminari.<br />

E’ il caso, per esempio, <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o<br />

recente nel quale è stata in<strong>di</strong>viduata<br />

una mutazione che colpisce<br />

il gene SCN5A e che renderebbe<br />

più efficace il trattamento con<br />

la flecainide – un farmaco antiaritmico<br />

– in pazienti con la sindrome<br />

del QT lungo, pre<strong>di</strong>sposti<br />

alla comparsa <strong>di</strong> tachiaritmie ventricolari<br />

che sono potenzialmente<br />

fatali (1).<br />

Chi ha questo polimorfismo, che<br />

colpisce un canale del so<strong>di</strong>o coinvolto<br />

nel passaggio <strong>di</strong> ioni e quin<strong>di</strong><br />

nella formazione e conduzione<br />

dello stimolo, risponde particolarmente<br />

bene alla flecainide, mentre,<br />

per esempio, non risponde<br />

affatto alla lidocaina che è il farmaco<br />

più usato ed efficace in questi<br />

casi.<br />

Le statine<br />

Tornando agli altri stu<strong>di</strong>, i più<br />

numerosi sono quelli che hanno<br />

cercato <strong>di</strong> valutare se la risposta<br />

alle statine fosse influenzata da<br />

polimorfismi <strong>di</strong> geni coinvolti nel<br />

metabolismo delle lipoproteine.<br />

Una <strong>di</strong> queste indagini, molto<br />

nota ma non ancora replicata, è<br />

stata condotta per verificare l’efficacia<br />

della pravastatina in rapporto<br />

a un polimorfismo del gene che<br />

co<strong>di</strong>fica per la Cholesterol Ester<br />

Transfer Protein (CETP), proteina<br />

che è coinvolta nel trasferimento<br />

<strong>di</strong> colesterolo da parte delle lipoproteine<br />

HDL (2).<br />

Il polimorfismo B1/B1 è stato<br />

associato a una maggiore progressione<br />

della malattia – intesa come<br />

entità <strong>di</strong> riduzione del lume coronarico<br />

me<strong>di</strong>o nell’arco <strong>di</strong> due anni<br />

– e anche a una maggiore efficacia<br />

della terapia con pravastatina,<br />

perché nel sottogruppo <strong>di</strong> pazienti<br />

con questo genotipo la progressione<br />

della stenosi in seguito a<br />

trattamento è risultata minore<br />

rispetto al placebo.<br />

Non si è però riscontrata alcuna<br />

<strong>di</strong>fferenza tra i soggetti con questo<br />

genotipo e gli altri, quando si<br />

sono presi in considerazione gli<br />

eventi miocar<strong>di</strong>ci o la morte per<br />

cause car<strong>di</strong>ovascolari.<br />

Al contrario proprio nei soggetti<br />

in cui la pravastatina avrebbe<br />

dovuto funzionare meglio si è<br />

osservata una maggiore mortalità,<br />

anche se il numero <strong>di</strong> osservazioni<br />

è stato molto basso.<br />

Al <strong>di</strong> là del caso specifico, chi scrive<br />

pensa che in questo campo sia<br />

molto importante stabilire un<br />

nesso tra il risultato interme<strong>di</strong>o –<br />

per esempio la variazione del


danno d’organo – e il risultato<br />

finale, cioè l’evento clinico morboso<br />

o mortale, soprattutto se si<br />

vuole verificare la vera utilità clinica<br />

dell’approccio farmacogenetico.<br />

Nell’esempio appena descritto<br />

non c’è concordanza, probabilmente<br />

per il numero <strong>di</strong> casi relativamente<br />

basso, ma è comunque<br />

un dato da prendere in considerazione.<br />

In un altro stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prevenzione<br />

secondaria, condotto da un gruppo<br />

scan<strong>di</strong>navo su pazienti che<br />

avevano già avuto un evento coronarico,<br />

è stata stu<strong>di</strong>ata l’efficacia<br />

della simvastatina, in rapporto<br />

alla presenza dell’allele epsilon 4<br />

del gene per l’apolipoproteina E<br />

(3). I risultati in<strong>di</strong>cano che, mentre,<br />

in assenza <strong>di</strong> trattamento, i<br />

soggetti che hanno l’allele epsilon<br />

4 hanno una sopravvivenza inferiore<br />

rispetto ai non portatori, il<br />

trattamento con la statina annulla<br />

la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> sopravvivenza.<br />

Questa risulta migliorata comunque<br />

per tutti i soggetti, ma in par-<br />

ticolare per i portatori dell’allele<br />

epsilon 4.<br />

L’osservazione è interessante nel<br />

senso che i pazienti a rischio <strong>di</strong><br />

mortalità maggiore sono quelli<br />

che beneficiano <strong>di</strong> più del trattamento<br />

con la statina.<br />

Non bisogna però <strong>di</strong>menticare che<br />

la riduzione del rischio assoluto è<br />

sempre maggiore in chi ha in partenza<br />

un rischio maggiore.<br />

È interessante anche notare che<br />

tra i due gruppi non c’era una<br />

sostanziale <strong>di</strong>fferenza nei livelli <strong>di</strong><br />

colesterolo LDL prima e dopo il<br />

trattamento con la statina, sottolineando<br />

ancora una volta la possibilità<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>ssociazione tra il<br />

risultato interme<strong>di</strong>o – variazione<br />

<strong>di</strong> lipoproteine o <strong>di</strong> danno d’organo<br />

– e quello finale, cioè la<br />

sopravvivenza.<br />

Quin<strong>di</strong> nel complesso da questi<br />

stu<strong>di</strong> si possono trarre in<strong>di</strong>cazioni<br />

utili e istruttive, anche se l’effetto<br />

<strong>di</strong> un determinato polimorfismo<br />

sui <strong>di</strong>versi parametri che sono<br />

usati per misurare l’efficacia clini-<br />

tabella 2<br />

Conseguenze cliniche <strong>di</strong> eventuali polimorfismi in sistemi enzimatici che metabolizzano i farmaci antipertensivi<br />

enzima farmaco antipertensivo conseguenze cliniche altri farmaci metabolizzati<br />

<strong>di</strong> eventuali polimorfismi<br />

citocromo P450 alprenololo scarsi metabolizzatori: antiaritmici: encainide, flecainide,<br />

CYP2D6 bufuralolo eccessivo betablocco mexiletina, propafenone<br />

metoprololo forti metabolizzatori: antidepressivi: amitriptilina,<br />

propranololo insufficiente controllo pressorio clomipramina, desipramina, imipramina,<br />

timololo alla fine dell’intervallo nortriptilina<br />

tra le somministrazioni neurolettici: perfenazina, resperidone,<br />

tioridazina<br />

N-acetiltransferasi idralazina acetilatori lenti: antiaritmici: procainamide<br />

NAT-2 comparsa <strong>di</strong> anticorpi antinucleo antidepressivi: fenelzina<br />

e sindrome sistemica LES simile antinfettivi: dapsone, isoniazide<br />

acetilatori rapi<strong>di</strong>: antinfiammatori: acido P-salicilico,<br />

richiesta <strong>di</strong> dosi elevate per il controllo sulfasalazina<br />

pressorio<br />

catecol-O-metiltransferasi metildopa scarsi metilatori: antiparkinsoniani: levodopa<br />

richiesta <strong>di</strong> dosi inferiori<br />

per il controllo pressorio<br />

IN PRATICA<br />

39


tabella 3<br />

Farmacogenetica dell’ipertensione arteriosa<br />

articolo polimorfismo osservazione risultato<br />

Hingorani et al. ACE (I/D), AGT (T704→C) risposta alla terapia risposta migliore<br />

J Hypertens AT1 (A1166→C) con ACE inibitori in negli omozigoti<br />

1995; 13: 1602 125 ipertesi AGT (T/T)<br />

Benetos et al. AT1 (A1166→C) cambiamenti nella rigi<strong>di</strong>tà nei portatori dell’allele C la riduzione<br />

J Hypertens aortica dopo terapia antipertensiva della rigi<strong>di</strong>tà aortica è maggiore<br />

1996; 28: 1081 con perindopril (n=40) con perindopril, mentre nei soggetti AA<br />

e nitrenpi<strong>di</strong>na (n=42) l’efficacia maggiore si ha con la nitren<strong>di</strong>pina<br />

Sasaki et al. ACE (I/D) effetto <strong>di</strong> 12 mesi <strong>di</strong> maggiore riduzione della massa ventricolare<br />

J Hypertens trattamento con enalapril sinistra e miglioramento<br />

1996; 14: 1403 sulla massa ventricolare sinistra e sulla della funzione <strong>di</strong>astolica nei soggetti D/D<br />

funzione <strong>di</strong>astolica in 60 ipertesi<br />

Ueda et al. ACE (I/D) effetto dell’infusione <strong>di</strong> Ang I maggiore attenuazione nei pazienti I<br />

Circulation in soggetti, pretrattati con enalapril,<br />

1998; 98: 2148 sulla pressione arteriosa<br />

Kohno et al. ACE (I/D) riduzione della massa ventricolare sinistra gli ipertesi con il genotipo DD hanno meno<br />

Am J Med dopo terapia con ACE-inibitore in 54 probabilità <strong>di</strong> avere una regressione<br />

1999; 106: 544 ipertesi dell’ipertrofia ventricolare<br />

Dudley et al. ACE (I/D) risposta al trattamento antipertensivo nessuna influenza dei polimorfismi genetici<br />

J Hypertens AGT T704→C con atenololo (n=79), lisinopril (n=91), sulla riduzione della pressione arteriosa<br />

1996; 14: 259 nife<strong>di</strong>pina (n=63)<br />

Nakano et al. ACE (I/D) riduzione della pressione arteriosa nessuna <strong>di</strong>fferenza nella risposta in acuto<br />

Am J Hypertens dopo una dose singola <strong>di</strong> 50mg <strong>di</strong><br />

1997; 10: 1064 captopril in 82 ipertesi<br />

Monford et al. ACE (I/D) riduzione della pressione arteriosa nessuna <strong>di</strong>fferenza nella risposta in acuto<br />

Am J Hypertens dopo una singola dose <strong>di</strong> 50mg <strong>di</strong><br />

1998; 11: 174 captopril in 121 ipertesi<br />

40<br />

ca <strong>di</strong> un farmaco non è sempre<br />

coerente.<br />

Polimorfismi e ipertensione<br />

Passando agli stu<strong>di</strong> che hanno<br />

analizzato i farmaci attivi sul controllo<br />

del circolo, in particolare<br />

per il trattamento dell’ipertensione<br />

arteriosa, nell’uomo sono stati<br />

stu<strong>di</strong>ati soprattutto i geni del<br />

sistema renina/angiotensina. Tale<br />

sistema infatti è essenziale nella<br />

regolazione del circolo e molti farmaci<br />

usati nel trattamento dell’ipertensione<br />

agiscono proprio su<br />

<strong>di</strong> esso. Purtroppo i numerosi<br />

stu<strong>di</strong> condotti in questo settore<br />

sono spesso <strong>di</strong>vergenti (ve<strong>di</strong> la<br />

tabella 3 in questa pagina).<br />

In particolare, i polimorfismi più<br />

stu<strong>di</strong>ati sono stati:


■ l’inserzione o la delezione (I o<br />

D) <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> basi nel<br />

gene per l’enzima <strong>di</strong> conversione<br />

dell’angiotensina 1 in angiotensina<br />

2;<br />

■ il polimorfismo A1166→C nel<br />

recettore AT1 che me<strong>di</strong>a le risposte<br />

emo<strong>di</strong>namiche e umorali dell’angiotensina<br />

2;<br />

■ il polimorfismo T704→C nel<br />

gene AGT che co<strong>di</strong>fica per l’angiotensinogeno.<br />

Per quanto riguarda i dati positivi,<br />

gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Hingorani e <strong>di</strong><br />

Benetos hanno identificato una<br />

maggiore efficacia <strong>degli</strong> ACE inibitori<br />

in soggetti portatori dei<br />

polimorfismi rispettivamente nel<br />

gene dell’angiotensinogeno e in<br />

quello del recettore dell’angiotensina<br />

2 (4, 5).<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sasaki ha avuto un’eco<br />

favorevole nella comunità<br />

scientifica perché suggerisce che,<br />

nei pazienti omozigoti per l’allele<br />

D del gene ACE, il trattamento<br />

con l’ACE inibitore enalapril<br />

abbia un effetto maggiore sulla<br />

riduzione della massa ventricolare<br />

sinistra e sul miglioramento della<br />

funzione <strong>di</strong>astolica (6).<br />

Da tutte queste osservazioni non<br />

si possono trarre al momento<br />

attuale conclusioni definitive. Il<br />

numero <strong>di</strong> pazienti in ciascuno<br />

stu<strong>di</strong>o non è elevato, ma la popolazione<br />

esaminata nel complesso è<br />

consistente.<br />

Un altro polimorfismo stu<strong>di</strong>ato da<br />

tabella 4<br />

I maggiori isoenzimi della famiglia CYP e alcuni dei loro substrati<br />

un gruppo <strong>di</strong> ricerca italiano<br />

riguarda il gene dell’adducina,<br />

una proteina del citoscheletro che<br />

interferisce con i meccanismi <strong>di</strong><br />

trasferimento <strong>degli</strong> ioni attraverso<br />

la membrana cellulare (7).<br />

Il polimorfismo Gly460Trp è stato<br />

identificato inizialmente in un<br />

ceppo <strong>di</strong> ratti spontaneamente<br />

ipertesi e poi anche nell’uomo,<br />

dove la sostituzione <strong>di</strong> una glicina<br />

con un triptofano sembra associarsi<br />

a una maggiore sensibilità<br />

al so<strong>di</strong>o, a livelli <strong>di</strong> renina plasmatica<br />

più bassi e soprattutto a una<br />

maggiore sensibilità a trattamento<br />

<strong>di</strong>uretico.<br />

Questo stu<strong>di</strong>o è stato replicato<br />

anche nella popolazione sarda e il<br />

polimorfismo identificato è uno <strong>di</strong><br />

quelli che rivestono maggiore<br />

interesse nel campo dell’ipertensione<br />

arteriosa. Ci sono solo dati<br />

relativi alla riduzione pressoria,<br />

mentre mancano ancora in<strong>di</strong>cazioni<br />

sulla mo<strong>di</strong>ficazione del<br />

danno d’organo anche se ci sono<br />

stu<strong>di</strong> in corso.<br />

Infine si ricorda che ulteriori<br />

risultati potrebbero venire da un<br />

approccio innovativo che consiste<br />

nell’analizzare tutto il <strong>genoma</strong><br />

umano per identificare eventuali<br />

loci associati a maggiore o minore<br />

sensibilità ad alcuni farmaci. Si<br />

tratta <strong>di</strong> un approccio che è stato<br />

per ora utilizzato soprattutto nei<br />

modelli animali, ma che potrebbe<br />

avvantaggiarsi della tecnologia<br />

CYP1A2 CYP3A4/3A5 CYP2A6 CYP2C9 CYP2C19 CYP2D6<br />

clozapina* amitriptilina nicotina <strong>di</strong>clofenac <strong>di</strong>azepam amitriptilina<br />

imipramina* carbamazepina ibuprofen omeprazolo codeina<br />

caffeina ciclosporina fenitoina fluoxetina imipramina*<br />

fluvoxamina clozapina* tolbutamide clozapina fluoxetina<br />

paracetamolo nife<strong>di</strong>pina warfarin imipramina* metoprololo<br />

*molecole che sono substrato <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un enzima<br />

IN PRATICA<br />

41


42<br />

dei microchip ed essere presto<br />

applicato anche all’uomo.<br />

Conclusioni<br />

In conclusione i dati a <strong>di</strong>sposizione<br />

sono molti, ma al momento<br />

attuale sono abbastanza contrad<strong>di</strong>ttori.<br />

Non ci sono quin<strong>di</strong> ancora certezze<br />

in questo settore, ma solo in<strong>di</strong>cazioni<br />

particolari verso un<br />

approccio che è molto interessante<br />

per tutti, anche se chi scrive<br />

non pensa che sia ancora applicabile,<br />

almeno per le malattie car<strong>di</strong>ovascolari,<br />

nella pratica clinica<br />

quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Bibliografia<br />

◆ 1) Benhorin J et al. Effects of flecainide in patients<br />

with new SCN5A mutation: mutation-specific therapy<br />

for long-QT syndrome? Circulation 2000;101: 1698.<br />

◆ 2) Kuivenhoven JA et al. The role of a common<br />

variant of the cholesteryl ester transfer protein gene<br />

in the progression of coronary atherosclerosis. The<br />

Regression Growth Evaluation Statin Study Group. N<br />

Engl J Med 1998; 338: 86.<br />

◆ 3) Gerdes LU et al. The apolipoprotein epsilon4 allele<br />

determines prognosis and the effect on prognosis<br />

of simvastatin in survivors of myocar<strong>di</strong>al infarction :<br />

a substudy of the Scan<strong>di</strong>navian simvastatin survival<br />

study. Circulation 2000;101: 1366.<br />

◆ 4) Hingorani AD et al. Renin/angiotensin system<br />

gene polymorphism influence blood pressure and the<br />

response to angiotensin converting enzyme inhibition.<br />

J Hypertens 1995; 13: 1602.<br />

◆ 5) Benetos A et al. Influence of the angiotensin II<br />

type 1 receptor gene polymorphism on the effects of<br />

perindopril and nitren<strong>di</strong>pine on arterial stiffness in<br />

hypertensive in<strong>di</strong>viduals. Hypertension 1996; 28:<br />

1081.<br />

◆ 6) Sasaki et al. J Hypertens 1996; 14: 1403.<br />

◆ 7) Cusi D et al. Polymorphisms of alfa adducin and<br />

salt sensitivity in patients with essential hypertension.<br />

Lancet 1997; 349: 1353.


Dal <strong>genoma</strong><br />

alla pastiglia<br />

NEI<br />

I principi della farmacogenetica possono essere<br />

applicati anche allo sviluppo dei farmaci<br />

O<br />

ggi il mondo farmaceutico<br />

scopre i farmaci, li sviluppa<br />

attraverso le fasi schematizzate<br />

nella figura 2 a pagina<br />

45 e li mette a <strong>di</strong>sposizione dei<br />

me<strong>di</strong>ci e dei pazienti. Il me<strong>di</strong>co da<br />

parte sua fa una <strong>di</strong>agnosi, prescrive<br />

il farmaco e, se il paziente non<br />

risponde bene, ne varia la dose, lo<br />

associa ad altri o lo cambia.<br />

In<strong>di</strong>pendentemente dalla efficacia<br />

del farmaco, poi, possono comparire<br />

effetti indesiderati.<br />

E’ molto raro che un farmaco sia<br />

efficace in più del 60 per cento dei<br />

pazienti e per tutti i farmaci sono<br />

noti possibili effetti collaterali.<br />

D’altra parte quando una molecola<br />

viene messa in commercio ha<br />

superato una serie <strong>di</strong> prove molto<br />

severe.<br />

E allora come si può mettere a<br />

<strong>di</strong>sposizione dei pazienti farmaci<br />

migliori?<br />

Ci sono almeno tre punti sui quali<br />

si può intervenire: rendere più<br />

efficiente lo sviluppo dei farmaci,<br />

ottimizzare la <strong>di</strong>agnosi e riuscire a<br />

pre<strong>di</strong>re la risposta in<strong>di</strong>viduale al<br />

farmaco.<br />

I passi verso il farmaco<br />

Per quanto riguarda la <strong>di</strong>agnosi,<br />

sono già stati fatti enormi progressi<br />

e non vi è dubbio che in<br />

Principi da ritenere<br />

■ il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />

è ancora inefficiente a fronte <strong>di</strong><br />

costi ingenti<br />

■ la farmacogenetica potrebbe permettere<br />

<strong>di</strong> sviluppare più farmaci in<br />

tempi minori e portare a una riduzione<br />

<strong>degli</strong> effetti collaterali<br />

■ per realizzare queste premesse è<br />

necessaria una intensa collaborazione<br />

dell’industria con farmacologi,<br />

genetisti, clinici, esperti <strong>di</strong> bioetica,<br />

associazioni <strong>di</strong> pazienti e con le autorità<br />

regolatorie<br />

futuro si <strong>di</strong>sporrà <strong>di</strong> mezzi sempre<br />

più specifici e sofisticati. La <strong>di</strong>agnostica<br />

giocherà un ruolo fondamentale<br />

nella me<strong>di</strong>cina del futuro,<br />

la me<strong>di</strong>cina pre<strong>di</strong>ttiva.<br />

Si è già esplorato il tema della<br />

pre<strong>di</strong>zione della risposta in<strong>di</strong>viduale<br />

ai farmaci e delle possibili<br />

applicazioni cliniche, per cui ci si<br />

concentrerà qui sullo sviluppo clinico<br />

dei farmaci e in particolare<br />

sull’impatto che la farmacogenetica<br />

potrà avere su questo processo.<br />

Lo sviluppo clinico dei farmaci è<br />

LABORATORI<br />

Giuseppe Recchia<br />

Direttore me<strong>di</strong>co<br />

GlaxoSmithKline (<strong>Verona</strong>)<br />

Antonella Pirazzoli<br />

Responsabile Genetica<br />

clinica<br />

GlaxoSmithKline (<strong>Verona</strong>)<br />

43


44<br />

pazienti senza efficacia<br />

nei trial clinici<br />

pazienti con efficacia<br />

nei trial clinici<br />

pre<strong>di</strong>ttivo <strong>di</strong> non efficacia<br />

pre<strong>di</strong>ttivo <strong>di</strong> efficacia<br />

figura 1<br />

Gli SNPs in<strong>di</strong>viduano <strong>di</strong>fferenze, a livello <strong>di</strong> singole basi, tra i <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui. L’identificazione dei profili<br />

<strong>di</strong> efficacia e <strong>di</strong> non efficacia si basa sull’associazione tra la risposta ai farmaci e gli SNPs<br />

uno dei processi più regolati del<br />

mondo, per il quale esistono<br />

norme precise che vengono stilate,<br />

in Italia, dal Ministero della<br />

sanità. Nel suo complesso si tratta<br />

<strong>di</strong> un sistema inefficiente, per i<br />

lunghi tempi <strong>di</strong> realizzazione, i<br />

costi elevati, la bassa percentuale<br />

<strong>di</strong> successo e le numerose questioni<br />

che lascia ancora scoperte. E’<br />

per questo motivo che ancora<br />

oggi, nonostante i molti anni <strong>di</strong><br />

ricerca che precedono l’immissione<br />

sul mercato <strong>di</strong> una nuova<br />

molecola, alcuni farmaci devono<br />

essere ritirati pochi mesi dopo la<br />

loro <strong>di</strong>stribuzione, a causa delle<br />

reazioni avverse che possono provocare.<br />

Queste reazioni spesso<br />

riguardano un numero molto<br />

limitato <strong>di</strong> persone e la necessità<br />

<strong>di</strong> togliere il farmaco dal commercio<br />

è un metodo <strong>di</strong> intervento<br />

grossolano perché si toglie la terapia<br />

anche a quei pazienti, la stra-<br />

sezione <strong>di</strong> un profilo SNP<br />

grande maggioranza, che potrebbero<br />

averne benefici. Non vi è<br />

dubbio che la possibilità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />

la reazione avversa, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

evitare la somministrazione del<br />

farmaco nei soli pazienti a rischio,<br />

costituirebbe un sistema molto<br />

più evoluto <strong>di</strong> utilizzazione dei<br />

farmaci.<br />

Nel processo <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un farmaco<br />

c’è una prima fase <strong>di</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong> base applicata, che può durare<br />

dai 2 ai 10 anni, durante la quale i<br />

chimici e i farmacologi sintetizzano<br />

in laboratorio molecole che poi<br />

testano sugli animali. Delle circa<br />

10 mila molecole che vengono sintetizzate<br />

in questa fase, più o<br />

meno 250 vengono provate su<br />

animali e <strong>di</strong> queste ne restano<br />

circa 5 che passano alla sperimentazione<br />

clinica. Questa inizia con<br />

la fase I, durante la quale si eseguono<br />

gli stu<strong>di</strong> su 20-30 volontari<br />

sani con piccole dosi della nuova


molecola che vengono via via<br />

aumentate fino a trovare quella <strong>di</strong><br />

tolleranza. A questo punto si<br />

passa alla fase II, durante la quale<br />

il farmaco viene somministrato a<br />

100-300 pazienti, per verificare se<br />

c’è attività ed efficacia. Se queste<br />

ultime vengono verificate, si passa<br />

alla fase III, che coinvolge 1.000-<br />

3.000 pazienti e può durare 3-4<br />

anni. Se i risultati sono positivi, si<br />

avvia la richiesta <strong>di</strong> autorizzazione<br />

per l’immissione in commer-<br />

ricerca<br />

fase I<br />

stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> tollerabilità<br />

fase II<br />

valutazione <strong>di</strong> attività<br />

ed efficacia<br />

del farmaco<br />

fase III<br />

valutazione allargata<br />

<strong>di</strong> efficacia<br />

e tollerabilità<br />

fase IV<br />

nuove in<strong>di</strong>cazioni,<br />

nuove presentazioni<br />

e farmacovigilanza<br />

cio, per la quale occorrono 1-2<br />

anni, e si può passare alla commercializzazione,<br />

cui segue la fase<br />

IV per la valuzione, tra l’altro,<br />

<strong>degli</strong> effetti indesiderati a lungo<br />

termine.<br />

In totale i tempi <strong>di</strong> realizzazione<br />

<strong>di</strong> un farmaco si aggirano quin<strong>di</strong><br />

intorno ai 12-14 anni e i costi<br />

intorno ai 500 milioni <strong>di</strong> dollari,<br />

cifra che include anche i costi<br />

sostenuti per tutte quelle molecole<br />

che sono state sintetizzate ma<br />

SITUAZIONE ATTUALE PROPOSTA DI ALLEN ROSES<br />

su 20-30 volontari<br />

su 100-300 pazienti<br />

su 1.000-3.000 pazienti<br />

richiesta <strong>di</strong> autorizzazione<br />

all’immissione in commercio<br />

segnalazione spontanea<br />

<strong>degli</strong> eventi avversi<br />

potrebbe già includere<br />

qualche valutazione preliminare<br />

<strong>di</strong> genetica<br />

su 500-1.000 pazienti<br />

identificazione dei profili SNP<br />

<strong>di</strong> efficacia e <strong>di</strong> tollerabilità<br />

(effetti collaterali comuni)<br />

più piccola, meno costosa<br />

e più rapida da condurre<br />

solo sui pazienti che rispondono<br />

al farmaco identificati in fase II<br />

richiesta <strong>di</strong> autorizzazione all’immissione<br />

in commercio per chi risponde al farmaco<br />

senza effetti collaterali comuni<br />

farmacogenetica applicata<br />

alla farmacovigilanza → pre<strong>di</strong>zione<br />

<strong>degli</strong> eventi avversi rari<br />

figura 2<br />

Nella figura sono riassunti sia il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci come è oggi sia lo schema proposto da Allen Roses<br />

NEI<br />

LABORATORI<br />

45


46<br />

non arriveranno mai a essere<br />

testate nell’uomo o che cadono<br />

durante la fase <strong>di</strong> sperimentazione<br />

clinica e non arriveranno mai<br />

in commercio.<br />

Tollerabilità: una<br />

questione ancora irrisolta<br />

Quando si pensa alla farmacogenetica<br />

spesso lo si fa in riferimento<br />

alla risposta ai farmaci in termini<br />

<strong>di</strong> efficacia, mentre si parla<br />

poco della tollerabilità, che invece<br />

rappresenta un aspetto fondamentale<br />

nella sintesi <strong>di</strong> ogni<br />

nuova molecola. Lo ha sottolineato<br />

anche Allen Roses, <strong>di</strong>rettore<br />

mon<strong>di</strong>ale della genetica <strong>di</strong><br />

GlaxoSmithKline, in due articoli<br />

comparsi su Nature e su Lancet,<br />

nei quali segnala la sua visione sul<br />

futuro dello sviluppo dei farmaci<br />

(1, 2). Lo stu<strong>di</strong>oso mette in evidenza<br />

come, dal punto <strong>di</strong> vista dei<br />

bisogni sanitari della società,<br />

<strong>di</strong>venti sempre più necessario non<br />

tanto prevedere l’efficacia in<strong>di</strong>viduale<br />

<strong>di</strong> un determinato farmaco,<br />

quanto conoscerne a priori la tollerabilità,<br />

una questione questa<br />

ancora non completamente affrontata<br />

dalla farmacogenetica.<br />

A questo proposito un’indagine<br />

statunitense del 1973 in<strong>di</strong>ca che il<br />

28 per cento dei pazienti ricoverati<br />

in ospedale accusa reazioni avverse<br />

ai farmaci (3). Una seconda<br />

ricerca del 1979 calcola invece che<br />

il 17 per cento dei bambini ricoverati<br />

presenta eventi attribuibili<br />

alla somministrazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali<br />

(4). Più recentemente, uno<br />

stu<strong>di</strong>o del 1998 stima che in un<br />

anno, negli Stati Uniti, oltre due<br />

milioni <strong>di</strong> reazioni gravi – e 100<br />

mila morti – siano ascrivibili a<br />

farmaci, tra i pazienti ospedalizzati<br />

(5). Per quanto riguarda i<br />

costi dei ricoveri e delle morti<br />

dovute alle reazioni avverse dei<br />

farmaci, uno stu<strong>di</strong>o del 1995 li<br />

stima intorno ai 77 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

dollari (6).<br />

Che questa grave situazione sia in<br />

buona parte derivante dalla attuale<br />

incapacità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re la reazione<br />

in<strong>di</strong>viduale alle molecole, sia<br />

durante il loro sviluppo clinico,<br />

sia in fase <strong>di</strong> commercializzazione,<br />

è chiaramente <strong>di</strong>mostrato da<br />

un recente stu<strong>di</strong>o condotto dai<br />

National Institutes of Health statunitensi<br />

dal quale emerge che 2<br />

milioni <strong>di</strong> persone sono state<br />

ospedalizzate in un anno negli<br />

Stati Uniti per reazioni avverse a<br />

farmaci correttamente prescritti.<br />

Dallo stesso stu<strong>di</strong>o emerge che le<br />

reazioni avverse a farmaci correttamente<br />

prescritti sono la sesta<br />

causa <strong>di</strong> morte negli Stati Uniti<br />

(www.nigms.nih.gov/pharmacogenetics/).<br />

D’altra parte bisogna considerare<br />

che durante il suo sviluppo clinico,<br />

una molecola viene somministrata<br />

al massimo a 3-4.000 persone.<br />

Questa numerosità permette<br />

<strong>di</strong> identificare buona parte<br />

delle reazioni avverse comuni,<br />

anche se poi nella pratica clinica<br />

si avrà una capacità quasi nulla <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>re chi le avrà e chi no. E’<br />

invece quasi impossibile identificare<br />

durante lo sviluppo clinico <strong>di</strong><br />

un farmaco le reazioni avverse<br />

rare, spesso le più gravi, perché<br />

riguardano meno <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo<br />

su 1.000.<br />

Dell’identificazione delle reazioni<br />

avverse si occupa la farmacovigilanza,<br />

sia durante le sperimentazioni<br />

cliniche, sia dopo l’immissione<br />

in commercio. La farmacovigilanza<br />

ha il compito <strong>di</strong> sorvegliare<br />

sulla sicurezza del farmaco<br />

in modo che vengano prontamente<br />

prese misure idonee se emergono<br />

informazioni nuove sull’impiego<br />

<strong>di</strong> una molecola. L’attuale sistema<br />

<strong>di</strong> farmacovigilanza si basa<br />

sulle segnalazioni spontanee <strong>di</strong><br />

eventi avversi (7).


Nonostante l’obbligatorietà da un<br />

punto <strong>di</strong> vista legale <strong>di</strong> effettuare<br />

la segnalazione, si stima che negli<br />

Stati Uniti venga segnalato solo<br />

un evento su 10. Questo rapporto<br />

è molto più basso in Italia dove<br />

non ci sono stime precise, ma probabilmente<br />

ci si attesta su un<br />

evento segnalato su 100 o anche<br />

meno. Sono stati fatti anche alcuni<br />

calcoli – non ancora pubblicati<br />

– sui costi delle reazioni avverse<br />

in Italia. In Pronto soccorso, per<br />

esempio, i due terzi <strong>degli</strong> eventi<br />

collegati ai farmaci è dovuto a reazioni<br />

avverse. Si stima inoltre che<br />

più <strong>di</strong> 600 mila giorni <strong>di</strong> ricovero<br />

l’anno potrebbero essere evitati<br />

prevenendo la comparsa <strong>di</strong> reazioni<br />

avverse.<br />

Secondo dati dell’Istituto superiore<br />

<strong>di</strong> sanità, il 4,3 per cento dei<br />

pazienti ammessi in Pronto soccorso<br />

entra per una reazione<br />

avversa: un ingresso su 20 è cioè<br />

dovuto a <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> tollerabilità.<br />

Proposte per una<br />

maggiore efficienza<br />

La proposta <strong>di</strong> Roses per risolvere,<br />

o almeno ridurre in maniera<br />

significativa, la questione delle<br />

reazioni avverse è quella <strong>di</strong> sviluppare<br />

un profilo genetico <strong>di</strong><br />

risposta ai farmaci, che permetta<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re non solo l’efficacia, ma<br />

anche la tollerabilità in<strong>di</strong>viduale.<br />

Il profilo genetico <strong>di</strong> risposta a un<br />

farmaco può essere definito come<br />

la relazione esistente tra un certo<br />

assetto del DNA e la risposta a<br />

una molecola specifica. Conoscere<br />

questa relazione significa poter<br />

pre<strong>di</strong>re se un certo paziente che<br />

ha un assetto genetico <strong>di</strong> tipo “A”<br />

risponderà o meno al farmaco B.<br />

Per sviluppare il profilo genetico<br />

<strong>di</strong> risposta al farmaco, Roses presenta<br />

due strade e ne raccomanda<br />

una. La prima è quella dei geni<br />

can<strong>di</strong>dati: si formula un’ipotesi<br />

che riguarda l’associazione tra<br />

alcuni polimorfismi – in geni che<br />

metabolizzano il farmaco o che<br />

sono coinvolti nell’azione del<br />

principio attivo – e la risposta al<br />

trattamento farmacologico in<br />

esame; si verifica l’ipotesi nei trial<br />

clinici e quin<strong>di</strong> si ottiene un profilo<br />

<strong>di</strong> risposta.<br />

La seconda strada si basa invece<br />

sui Single Nucleotide Polymorphisms<br />

(SNPs), polimorfismi che<br />

colpiscono singoli nucleoti<strong>di</strong> della<br />

sequenza <strong>di</strong> DNA e che funzionano<br />

come marcatori della <strong>di</strong>fferenza<br />

tra un in<strong>di</strong>viduo e l’altro. Il<br />

99,9 per cento del <strong>genoma</strong> umano<br />

– costituito da circa 3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

basi – è identico in tutti gli in<strong>di</strong>vidui.<br />

Il resto del patrimonio genetico<br />

– circa tre milioni <strong>di</strong> basi –,<br />

invece, sono SNPs.<br />

Alcune società farmaceutiche e<br />

biotecnologiche, insieme a cinque<br />

istituti accademici e a un gruppo<br />

non profit, hanno fondato lo SNP<br />

Consortium, allo scopo <strong>di</strong> creare<br />

una mappa <strong>degli</strong> SNPs umani.<br />

Inizialmente l’obiettivo era <strong>di</strong><br />

identificare il 10 per cento <strong>di</strong> tutti<br />

gli SNPs (circa 200-300 mila), ma<br />

probabilmente entro l’anno 2001<br />

ne verranno identificati circa 800<br />

mila.<br />

Con questo tipo <strong>di</strong> approccio si<br />

crea una correlazione tra gli SNPs<br />

– che normalmente non hanno un<br />

significato funzionale – e la risposta<br />

ai farmaci, e si può arrivare a<br />

identificare i profili <strong>di</strong> SNPs che<br />

sono pre<strong>di</strong>ttivi dell’efficacia e<br />

quelli che, invece, sono pre<strong>di</strong>ttivi<br />

della non efficacia <strong>di</strong> un principio<br />

attivo (ve<strong>di</strong> la figura 1 a pagina<br />

44). La medesima cosa può essere<br />

fatta per le reazioni avverse.<br />

I vantaggi <strong>di</strong> questa tecnica<br />

rispetto a quella dei geni can<strong>di</strong>dati<br />

sono i seguenti:<br />

■ non serve generare ipotesi sul<br />

meccanismo e sui geni coinvolti,<br />

perché il metodo si basa su una<br />

NEI<br />

LABORATORI<br />

47


48<br />

indagine a tappeto volta solo a<br />

trovare <strong>di</strong>fferenze del DNA associate<br />

a <strong>di</strong>versi comportamenti<br />

verso i farmaci;<br />

■ gli SNPs sono solo marcatori e<br />

non c’è quin<strong>di</strong> nessun’altra informazione<br />

genetica coinvolta nella<br />

loro identificazione. Di conseguenza<br />

i potenziali problemi etici<br />

e sociali sono poco rilevanti perché<br />

lo SNP porta poca informazione<br />

se non quella legata alla risposta<br />

al farmaco.<br />

Sulla scia <strong>di</strong> queste considerazioni,<br />

Roses propone quin<strong>di</strong> una<br />

nuova modalità <strong>di</strong> sviluppo dei<br />

farmaci, che permetterebbe <strong>di</strong><br />

accorciarne i tempi e i costi,<br />

aprendo la via a più farmaci messi<br />

in commercio in tempi più brevi.<br />

Secondo questo nuovo approccio<br />

il profilo genetico <strong>di</strong> risposta verrebbe<br />

tracciato già nella fase II<br />

dello sviluppo clinico, che verrebbe<br />

eseguita su un campione <strong>di</strong><br />

500-1.000 pazienti, anziché 100-<br />

200 come prima, e applicando la<br />

tecnica <strong>degli</strong> SNPs.<br />

A questo livello si potrebbe già<br />

definire il profilo <strong>di</strong> risposta per<br />

l’efficacia e per gli eventi avversi<br />

comuni. Sulla base <strong>di</strong> questi risultati<br />

si potrebbe quin<strong>di</strong> condurre<br />

una fase III ridotta, più rapida e<br />

meno costosa perché si selezionerebbero<br />

per questa fase, sulla base<br />

del profilo <strong>di</strong> risposta, solo quei<br />

pazienti che rispondono alla terapia<br />

con il farmaco e che verosimilmente<br />

non avranno effetti collaterali<br />

comuni.<br />

Strutturando in questo modo la<br />

sperimentazione clinica si otterrebbe<br />

un’approvazione dell’autorità<br />

regolatoria limitata ai pazienti<br />

identificati con questo approccio<br />

farmacogenetico, per cui l’uso<br />

del farmaco sarebbe autorizzato<br />

solo nei pazienti identificati dal<br />

profilo genetico come adatti a<br />

ricevere il farmaco (ve<strong>di</strong> la figura<br />

2 a pagina 45).<br />

Una nuova farmacovigilanza<br />

Ci sono però alcune <strong>di</strong>fficoltà<br />

potenziali insite in questo approccio.<br />

Innanzitutto, se complessivamente<br />

si stu<strong>di</strong>ano meno persone –<br />

2-3.000 anzichè 5.000 –, la capacità<br />

<strong>di</strong> identificare le reazioni<br />

avverse è inferiore.<br />

I farmaci così sviluppati, inoltre,<br />

potrebbero nelle normali con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> impiego dare origine a un<br />

uso più ampio <strong>di</strong> quello previsto, e<br />

venire assunti <strong>di</strong> fatto da persone<br />

<strong>di</strong> cui non si sa niente in termini<br />

<strong>di</strong> profilo genetico.<br />

Infine resta aperta la questione<br />

della totale incapacità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />

le reazioni avverse rare.<br />

Per dare soluzione a questi problemi,<br />

Roses propone <strong>di</strong> inserire<br />

un approccio genetico anche nel<br />

processo <strong>di</strong> farmacovigilanza dopo<br />

la commercializzazione. Viene<br />

prelevato il sangue <strong>di</strong> un gruppo<br />

sufficientemente ampio dei primi<br />

pazienti che lo assumono. Dai<br />

campioni prelevati – si tratta <strong>di</strong><br />

molte migliaia (alcune stime parlano<br />

<strong>di</strong> 250.000) – viene estratto<br />

il DNA che viene conservato in<br />

una banca, che potrebbe essere<br />

gestita da un organismo in<strong>di</strong>pendente.<br />

Al verificarsi <strong>di</strong> reazioni<br />

avverse si confronano i profili<br />

genetici <strong>di</strong> coloro che hanno avuto<br />

reazioni avverse e <strong>di</strong> quelli che<br />

non le hanno avute. In questo<br />

modo si arriverebbe, tra l’altro, a<br />

costruire un profilo genetico pre<strong>di</strong>ttivo<br />

delle reazioni avverse<br />

gravi, che permetterebbe <strong>di</strong> realizzare<br />

qualcosa che non è possibile<br />

oggi: la pre<strong>di</strong>zione a livello<br />

in<strong>di</strong>viduale dell’evento avverso<br />

raro.<br />

Integrando tutti i profili <strong>di</strong> risposta<br />

così acquisiti si potrebbe arrivare<br />

a sviluppare un profilo genetico<br />

completo capace <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />

sia l’efficacia, sia gli effetti collaterali,<br />

comuni o rari che siano.


Giuseppe Novelli<br />

Vorrei sottolineare che il<br />

<strong>di</strong>battito sull’opportunità <strong>di</strong><br />

utilizzare un approccio (quello<br />

dei geni can<strong>di</strong>dati) anziché<br />

l’altro (quello <strong>degli</strong> SNPs) è<br />

ancora aperto, tanto che stu<strong>di</strong><br />

recenti sembrano in<strong>di</strong>care che<br />

proprio il primo potrebbe<br />

essere quello che dà i frutti<br />

migliori<br />

Enrico Agabiti Rosei<br />

Alcune industrie farmaceutiche<br />

adottano ancora l’approccio<br />

più ampio possibile, cercando<br />

farmaci che servano<br />

alla maggior parte dei pazienti<br />

e non molecole personalizzate<br />

come fa invece la farmacogenetica.<br />

Da cosa <strong>di</strong>pende<br />

questa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> atteggiamenti?<br />

Giuseppe Recchia<br />

Si tratta <strong>di</strong> approcci <strong>di</strong>versi.<br />

GlaxoSmithKline ha investito<br />

molto nella ricerca genetica e<br />

si aspetta un ritorno, che consiste<br />

soprattutto nell’in<strong>di</strong>viduare<br />

nuovi bersagli (circa<br />

15-20.000).<br />

Alcuni <strong>di</strong> questi dovrebbero<br />

servire a identificare le molecole<br />

che possono trattare proprio<br />

i pazienti che non rispondono<br />

alle terapie comuni e<br />

che, essendo pochi, con l’attuale<br />

sistema economico-industriale,<br />

non sono sufficienti a<br />

giustificare lo sviluppo <strong>di</strong><br />

nuovi farmaci.<br />

Il gruppo GlaxoSmithKline<br />

pensa quin<strong>di</strong> che debba esserci<br />

un cambiamento, per trovare<br />

trattamenti adeguati a<br />

<strong>di</strong>verse sottoclassi <strong>di</strong> pazienti:<br />

non il farmaco che cura tutto,<br />

DISCUSSIONE<br />

ma il farmaco per ogni tipo <strong>di</strong><br />

paziente<br />

Roberto Barale<br />

Mi sembra abbastanza improbabile<br />

riuscire a trovare<br />

un’associazione statisticamente<br />

significativa con 7-9 geni<br />

coinvolti nel metabolismo <strong>di</strong><br />

un farmaco, analizzando<br />

poche migliaia <strong>di</strong> persone.<br />

Inoltre anche qualora si trovassero<br />

associazioni, potrebbero<br />

comunque esserci <strong>di</strong>fferenze<br />

tra le <strong>di</strong>verse etnie.<br />

Ritornando invece ai costi del<br />

processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />

- circa 500 milioni <strong>di</strong> dollari<br />

- e ai tempi, <strong>di</strong>venta molto<br />

plausibile l’utilizzo <strong>di</strong> microchip,<br />

sia a DNA sia a proteine,<br />

per in<strong>di</strong>viduare le centinaia o<br />

ad<strong>di</strong>rittura le migliaia <strong>di</strong> geni<br />

coinvolti nell’azione <strong>di</strong> un farmaco.<br />

Questa metodologia permetterebbe<br />

infatti <strong>di</strong> fare molte<br />

osservazioni ancora prima<br />

dell’immissione definitiva<br />

della molecola sul mercato.<br />

Mi viene in mente, a questo<br />

proposito, un lavoro apparso<br />

su Nature circa un anno fa,<br />

nel quale è stata analizzata<br />

l’espressione <strong>di</strong> circa 6.000<br />

geni (presi a caso) nei fibroblasti<br />

<strong>di</strong> persone <strong>di</strong> età compresa<br />

tra i 10 e i 60 anni (8).<br />

Con la tecnologia dei microchip<br />

è stato possibile verificare<br />

quali geni sono accesi a 20<br />

anni e quali sono invece silenziati.<br />

Si è così osservato, per esempio,<br />

che invecchiando si accendono<br />

molti geni della riparazione<br />

del DNA perché contemporaneamente<br />

aumenta lo<br />

stress ossidativo. Usando tessuti<br />

<strong>di</strong> persone con età <strong>di</strong>verse,<br />

e quin<strong>di</strong> con fisiologia<br />

<strong>di</strong>versa, si possono vedere<br />

anche gli effetti <strong>di</strong> un certo<br />

farmaco nelle varie fasi della<br />

vita.<br />

Quella dei microchip è una<br />

tecnologia ancora molto costosa<br />

e che richiede grossi investimenti.<br />

D’altra parte, questo approccio<br />

potrebbe essere preso in<br />

considerazione da un’industria<br />

farmaceutica in virtù<br />

delle preziose informazioni<br />

che produce<br />

Antonella Pirazzoli<br />

GlaxoSmithKline sta attualmente<br />

impiegando nei suoi<br />

stu<strong>di</strong> entrambi gli approcci –<br />

dei geni can<strong>di</strong>dati e <strong>degli</strong><br />

SNPs –, ma abbiamo elementi<br />

per ritenere che, in termini<br />

generali, quest’ultimo darà<br />

maggiori risultati.<br />

Quanto alla reale possibilità <strong>di</strong><br />

trovare un’associazione tra un<br />

certo profilo genetico e le reazioni<br />

avverse a un farmaco,<br />

stiamo già facendo stu<strong>di</strong>, per<br />

esempio sulla reazione <strong>di</strong><br />

ipersensibilità all’abacavir, un<br />

farmaco per la terapia<br />

dell’HIV e quin<strong>di</strong> tra qualche<br />

anno si saprà <strong>di</strong> più su questo<br />

aspetto.<br />

Vorrei infine sottolineare che i<br />

due articoli <strong>di</strong> Roses vogliono<br />

tracciare le linee <strong>di</strong> un possibile<br />

nuovo approccio, che verosimilmente<br />

non sarà generalizzabile<br />

a tutti i farmaci e a<br />

tutte le situazioni, ma che<br />

dovrebbe comunque permettere<br />

<strong>di</strong> ridurre gli effetti collaterali<br />

NEI<br />

LABORATORI<br />

49


50<br />

Prima che questa proposta possa<br />

<strong>di</strong>ventare realtà ci vorrà sicuramente<br />

tempo, e le <strong>di</strong>fficoltà da<br />

superare saranno parecchie, ma<br />

questo approccio dà la possibilità<br />

<strong>di</strong> compiere un reale balzo in<br />

avanti nella modalità con cui si<br />

sviluppano e si somministrano i<br />

farmaci. È perciò necessario avvicinare<br />

clinici, farmacologi e genetisti<br />

con le autorità che si occupano<br />

<strong>di</strong> stilare le regole in questo<br />

settore, per risolvere insieme i<br />

problemi <strong>di</strong> questo promettente<br />

approccio.<br />

Il parere delle autorità<br />

regolatorie<br />

Per quanto riguarda l’autorità<br />

regolatoria, sia italiana sia europea,<br />

non c’è stato interesse per la<br />

farmacogenomica fino al 2000,<br />

anno in cui l’European Agency for<br />

the Evaluation of Me<strong>di</strong>cinal<br />

Products (EMEA) ha emesso un<br />

rapporto sull’uso della farmacogenomica<br />

nel processo <strong>di</strong> sviluppo<br />

dei farmaci, il cui testo integrale<br />

può essere recuperato sul sito<br />

Internet dell’agenzia internazionale<br />

www.emea.eu.int. Il documento<br />

sottolinea la necessità <strong>di</strong><br />

creare una collaborazione nel<br />

campo della farmacogenetica tra<br />

l’industria farmaceutica e le autorità<br />

regolatorie.<br />

Da questa premessa è partita una<br />

collaborazione relativamente a<br />

due progetti specifici: uniformare<br />

la terminologia impiegata in farmacogenetica<br />

e creare, ove possibile,<br />

un approccio armonizzato<br />

alla sperimentazione <strong>di</strong> farmacogenetica.<br />

Tutto ciò in<strong>di</strong>ca che l’autorità<br />

regolatoria sta <strong>di</strong>ventando consapevole<br />

<strong>di</strong> questa nuova possibilità<br />

<strong>di</strong> sviluppare farmaci, creando le<br />

premesse per una realizzazione<br />

pratica del processo ipotizzato da<br />

Roses.<br />

Bibliografia<br />

◆ 1) Roses AD. Pharmacogenetics and the practice of<br />

me<strong>di</strong>cine. Nature 2000; 405: 857.<br />

◆ 2) Roses AD. Pharmacogenetics and future drug<br />

development and delivery. Lancet 2000; 355: 1358.<br />

◆ 3) Miller et al. Am J Hosp Pharm 1973; 30: 584.<br />

◆ 4) Mitchell AA et al. Am J Epid 1979; 110: 196.<br />

◆ 5) Lazarou J et al. Incidence of adverse drug reactions<br />

in hospitalized patients: a meta-analysis of prospective<br />

stu<strong>di</strong>es. JAMA 1998; 279: 1200.<br />

◆ 6) Johnson et al. Arch Intern Med 1995; 155:<br />

1949.<br />

◆ 7) Kienzle-Horn S. Keeping a vigil. Reporting and<br />

regulation of adverse drug reactions. www.currentdrug<strong>di</strong>scovery.com<br />

(aprile 2001).<br />

◆ 8) Martin GM et al. Lessons from human progeroid<br />

syndromes. Nature 2000; 408, 263.


<strong>Farmaci</strong> e genetica<br />

nel bene e nel male<br />

Sono ancora in gran parte da identificare<br />

gli aspetti etici <strong>di</strong> questo settore della ricerca<br />

N<br />

ell’articolo apparso su<br />

Nature (1), Allen Roses,<br />

<strong>di</strong>rettore della sezione <strong>di</strong><br />

genetica <strong>di</strong> GlaxoSmithKline, cita<br />

una frase pronunciata da Sir<br />

William Osler nel 1892: «Se non<br />

fosse per la grande varietà <strong>degli</strong><br />

in<strong>di</strong>vidui, la me<strong>di</strong>cina potrebbe<br />

essere una scienza e non un’arte».<br />

La conclusione <strong>di</strong> Roses è che<br />

oggi, grazie alle prospettive offerte<br />

dalla genetica nel settore farmaceutico,<br />

si riesce a conoscere la<br />

<strong>di</strong>versità in<strong>di</strong>viduale cosicché la<br />

me<strong>di</strong>cina tende a <strong>di</strong>ventare una<br />

scienza e l’informazione fornita ai<br />

me<strong>di</strong>ci deve quin<strong>di</strong> essere adattata<br />

alle nuove esigenze.<br />

Il programma ELSI<br />

La genetica applicata alla ricerca<br />

sui farmaci è uno dei pochi campi<br />

in cui si possano fare programmi<br />

concreti <strong>di</strong> tipo preventivo e quin<strong>di</strong><br />

esaminare i problemi etici corrispondenti.<br />

Un compito questo <strong>di</strong><br />

cui si è occupato il programma<br />

(www.nhgri.nih.gov/ELSI/)<br />

Ethical, Legal and Social Implications<br />

(ELSI) fin dalle prime battute<br />

del Progetto <strong>genoma</strong> umano.<br />

Quando si sono intravisti i possibili<br />

risultati del progetto e le possibili<br />

conseguenze, infatti, il programma<br />

ELSI – finanziato con<br />

Principi da ritenere<br />

■ i risvolti etici <strong>di</strong> un test <strong>di</strong>pendono<br />

dalle finalità<br />

■ i test farmacogenetici in genere<br />

non sono rivelatori <strong>di</strong> menomazioni o<br />

infermità<br />

■ le «soluzioni» per molti aspetti<br />

etici connessi alla farmacogenetica<br />

sono ancora allo stu<strong>di</strong>o<br />

fon<strong>di</strong> federali statunitensi – si è<br />

posto l’obiettivo <strong>di</strong> procedere<br />

parallelamente a identificare le<br />

questioni etiche, giuri<strong>di</strong>che e<br />

sociali già presenti, ma soprattutto<br />

quelle che si potrebbero presentare,<br />

prima che i risultati del<br />

programma possano <strong>di</strong>ffondersi<br />

nella pratica me<strong>di</strong>ca.<br />

In questo senso anche questa<br />

tavola rotonda mette in luce come<br />

gli aspetti etici associati alla farmacogenomica<br />

siano ancora in<br />

parte da esplorare.<br />

A ogni applicazione<br />

la sua specificità etica<br />

La riflessione etica in questo<br />

campo può partire dal preambolo<br />

RISVOLTI<br />

ETICI<br />

Antonio G. Spagnolo<br />

Direttore dell’Istituto<br />

<strong>di</strong> bioetica<br />

<strong>Università</strong> cattolica<br />

del Sacro Cuore<br />

(Roma)<br />

Maurizio Mori<br />

Consulta <strong>di</strong> bioetica<br />

(Milano)<br />

51


52<br />

utilità<br />

cosa viene<br />

analizzato<br />

benefici<br />

rischi<br />

GENETICA DELLE MALATTIE<br />

prognosi e <strong>di</strong>agnosi<br />

ANALISI GENETICHE<br />

figura 1<br />

Le implicazioni etiche e <strong>di</strong> altra natura sono minori per i profili farmacogenetici che per i test genetici<br />

tratta da: Roses AD. Lancet 2000; 355: 1360.<br />

Test<br />

farmacogenetico<br />

malattie rare<br />

mendeliane:<br />

geni-malattia<br />

Secondo la definizione del<br />

Pharmacogenetics Working<br />

Group (www3.<strong>di</strong>ahome.org/committees/pharmacogenetics/background.asp)<br />

un test farmacogenetico<br />

è un’analisi finalizzata a<br />

malattie complesse:<br />

geni <strong>di</strong> suscettibilità<br />

della Dichiarazione universale sul<br />

<strong>genoma</strong> umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo<br />

dell’UNESCO, del 1997, nella<br />

quale si riconosce che «le ricerche<br />

sul <strong>genoma</strong> umano e le loro applicazioni<br />

aprono immense prospettive<br />

<strong>di</strong> miglioramento della salute<br />

<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui e dell’umanità<br />

tutta».<br />

FARMACOGENETICA<br />

profili <strong>di</strong> risposta ai farmaci<br />

geni associati<br />

al metabolismo<br />

dei farmaci e loro azione<br />

nuove scoperte su malattie e su farmaci risposta ottimale ai farmaci<br />

implicazioni etiche, legali e sociali<br />

identificare le variazioni <strong>di</strong> sequenza<br />

del DNA con lo scopo <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>re la risposta ai farmaci in<br />

termini <strong>di</strong> efficacia, interazione<br />

tra molecole e rischio relativo <strong>di</strong><br />

eventi avversi. In questo l’analisi<br />

è <strong>di</strong>fferente dagli altri test genetici,<br />

in quanto la sua finalità non<br />

è quella <strong>di</strong> determinare o pre<strong>di</strong>re<br />

il rischio <strong>di</strong> una malattia.<br />

profili genetici<br />

(SNPs)<br />

associati<br />

al metabolismo<br />

e all’azione<br />

dei farmaci<br />

Questa <strong>di</strong>chiarazione mette quin<strong>di</strong><br />

in primo piano l’aspetto terapeutico<br />

<strong>di</strong> tali applicazioni. Da un<br />

punto <strong>di</strong> vista etico, però, le <strong>di</strong>verse<br />

ricadute della ricerca genetica,<br />

da un lato i test genetici <strong>di</strong>agnostici<br />

e pre<strong>di</strong>ttivi e dall’altro il profilo<br />

farmacogenetico, hanno risvolti<br />

<strong>di</strong>versi, come illustrato<br />

nella figura 1 in questa pagina.<br />

Mentre le applicazioni dei test<br />

genetici finalizzati alla <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

una malattia danno origine a un<br />

ampio spettro <strong>di</strong> questioni etiche<br />

e sociali, l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un<br />

profilo specifico per cercare la<br />

risposta ottimale dei farmaci o per<br />

evitarne gli effetti collaterali, solleva<br />

minori problemi etici.<br />

A questo proposito sia Allen<br />

Roses sia il gruppo ELSI hanno<br />

sottolineato il bisogno <strong>di</strong> una


tabella 1<br />

Aspetti etici <strong>di</strong> test genetici e profilo farmacogenetico<br />

test <strong>di</strong>agnostici e pre<strong>di</strong>ttivi profilo farmacogenetico<br />

garantire privacy e riservatezza ovviare all’insufficiente conoscenza della farmacogenetica<br />

evitare le conseguenze in ambito assicurativo fornire un’informazione il più accurata possibile<br />

per chiarire il valore e i limiti del profilo<br />

evitare il rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione sviluppare e <strong>di</strong>ffondere standard <strong>di</strong> utilità clinica<br />

considerare l’impatto psicologico sul soggetto considerare la possibilità che dalla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> dati sanitari<br />

in esame e sulla sua famiglia collaterali e non richiesti possa derivare <strong>di</strong>scriminazione<br />

considerare che non c’è chiarezza sul significato considerare il possibile impatto psicologico per un paziente<br />

<strong>di</strong> probabilità e <strong>di</strong> rischio il cui profilo in<strong>di</strong>chi che un trattamento <strong>di</strong>sponibile non è idoneo per lui<br />

assicurare un adeguato accesso alla cura, cercando <strong>di</strong> ridurre<br />

la possibile <strong>di</strong>scriminazione in campo assicurativo<br />

<strong>di</strong>stinzione molto precisa tra i test<br />

<strong>di</strong>agnostici pre<strong>di</strong>ttivi <strong>di</strong> malattia e<br />

il profilo farmacogenetico, per<br />

evitare <strong>di</strong> creare questioni etiche<br />

inesistenti. Il test genetico <strong>di</strong>agnostico<br />

entra nell’ambito della<br />

privacy con conseguenze in campo<br />

assicurativo e lavorativo e con<br />

rischi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione per i<br />

soggetti coinvolti. Inoltre ha un<br />

forte impatto psicologico sul soggetto<br />

e sulla famiglia, per non parlare<br />

del fatto che il significato <strong>di</strong><br />

probabilità e <strong>di</strong> rischio, associati<br />

ad alcune categorie <strong>di</strong> test, è ancora<br />

poco chiaro per il pubblico.<br />

Questi temi, da un punto <strong>di</strong> vista<br />

etico, confluiscono nell’ambito del<br />

principio dell’autodeterminazione<br />

e dell’autonomia del soggetto (il<br />

consenso ai test, il <strong>di</strong>ritto a sapere<br />

o a non sapere eccetera).<br />

D’altra parte, quando si parla <strong>di</strong><br />

profilo farmacogenetico, non ci si<br />

trova <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>agnosi o alla<br />

pre<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una malattia, ma<br />

alla pre<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una risposta a<br />

un farmaco specifico. Il soggetto<br />

in esame, quin<strong>di</strong>, ha già una<br />

malattia o è portatore <strong>di</strong> un fatto-<br />

re <strong>di</strong> rischio, e l’attuazione del<br />

profilo avviene quando esiste già<br />

un farmaco per quella patologia.<br />

In questo senso il principio che<br />

sembra prevalere, da un punto <strong>di</strong><br />

vista etico, è quello terapeutico,<br />

della beneficialità. Prevale cioè il<br />

senso unilaterale <strong>di</strong> dovere, da<br />

parte <strong>di</strong> chi imposta la ricerca e<br />

programma la sanità, <strong>di</strong> offrire<br />

qualcosa in più, in forza della sua<br />

competenza in materia.<br />

È <strong>di</strong>fficile in questo caso ipotizzare<br />

una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto ad avere il<br />

profilo farmacogenetico, ma piuttosto<br />

il dovere da parte dei ricercatori<br />

<strong>di</strong> offrire questa possibilità<br />

laddove praticabile e con una<br />

ragionevole significatività dei dati<br />

ottenibili (ve<strong>di</strong> la tabella 1 in questa<br />

pagina).<br />

Proposte <strong>di</strong> buona condotta<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista etico, quin<strong>di</strong>,<br />

l’obiettivo del profilo farmacogenetico<br />

è quello <strong>di</strong> ovviare all’insufficiente<br />

conoscenza, da parte<br />

sia dei pazienti sia dei me<strong>di</strong>ci, dei<br />

fattori che determinano la rispo-<br />

RISVOLTI<br />

ETICI<br />

53


Dichiarazione dell’UNESCO sul <strong>genoma</strong><br />

umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo (<strong>di</strong>cembre 1997)<br />

(visibile al sito www.unesco.org/ibc)<br />

«Riconoscendo che le ricerche sul<br />

<strong>genoma</strong> umano e le loro applicazioni<br />

aprono immense prospettive<br />

<strong>di</strong> miglioramento della salute<br />

<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui e dell’umanità<br />

tutta»<br />

«nessuna ricerca concernente il<br />

<strong>genoma</strong> umano né le sue applicazioni<br />

deve prevalere sul rispetto<br />

dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, delle<br />

libertà fondamentali, e della<br />

<strong>di</strong>gnità umana <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui o<br />

dei gruppi» (articolo 10)<br />

«ognuno deve avere accesso ai<br />

progressi della biologia, della<br />

genetica e della me<strong>di</strong>cina, concernenti<br />

il <strong>genoma</strong> umano, nel<br />

rispetto della propria <strong>di</strong>gnità e<br />

dei propri <strong>di</strong>ritti» (articolo 12a)<br />

«la libertà della ricerca, necessaria<br />

al progresso della conoscenza,<br />

deriva dalla libertà <strong>di</strong> pensiero.<br />

Le applicazioni della ricerca<br />

devono tendere ad alleviare la<br />

sofferenza e migliorare la salute<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo e <strong>di</strong> tutta l’umanità»<br />

(articolo 12b)<br />

«le responsabilità inerenti all’attività<br />

dei ricercatori, e cioè la meticolosità,<br />

la cautela, l’onestà intellettuale,<br />

l’integrità nel condurre la<br />

ricerca e nel presentare e utilizzare<br />

i risultati, dovrebbero essere oggetto<br />

<strong>di</strong> un’attenzione particolare nel<br />

contesto della ricerca sul <strong>genoma</strong><br />

umano per via delle implicazioni<br />

etiche. Anche coloro che si occupano<br />

delle politiche scientifiche, sia<br />

nel pubblico sia nel privato, hanno<br />

particolari responsabilità» (articolo<br />

13)<br />

54<br />

«gli Stati dovrebbero approntare<br />

misure adeguate per garantire le<br />

con<strong>di</strong>zioni intellettuali e materiali<br />

che favoriscono la libertà nella<br />

conduzione della ricerca sul<br />

<strong>genoma</strong> umano e nella considerazione<br />

<strong>degli</strong> aspetti etici, legali,<br />

sociali ed economici <strong>di</strong> tale ricerca»<br />

(articoli 14-16)<br />

«gli Stati dovrebbero rispettare e<br />

promuovere la solidarietà verso<br />

gli in<strong>di</strong>vidui, le famiglie e le<br />

popolazioni che sono particolarmente<br />

vulnerabili o affette da<br />

malattie o <strong>di</strong>sabilità <strong>di</strong> carattere<br />

genetico. Dovrebbero, inoltre,<br />

promuovere la ricerca sull’identificazione,<br />

la prevenzione e il<br />

trattamento delle malattie con<br />

componente genetica, in particolare<br />

modo quelle rare e quelle<br />

endemiche» (articolo 17)<br />

«gli Stati dovrebbero impegnarsi<br />

a garantire la <strong>di</strong>ffusione della<br />

conoscenza scientifica riguardante<br />

il <strong>genoma</strong> umano, la <strong>di</strong>versità<br />

umana e la ricerca genetica e sviluppare<br />

la cooperazione culturale<br />

soprattutto tra i paesi industrializzati<br />

e quelli in via <strong>di</strong> sviluppo»<br />

(articolo 18)<br />

«nell’ambito della cooperazione<br />

internazionale con i paesi in via<br />

<strong>di</strong> sviluppo, gli Stati dovrebbero<br />

cercare <strong>di</strong> valutare i vantaggi e i<br />

rischi della ricerca sul <strong>genoma</strong><br />

umano, evitare gli abusi, garantire<br />

il libero scambio delle conoscenze»<br />

(articolo 19)<br />

sta ai farmaci. In questo senso il<br />

dovere morale <strong>di</strong> conoscere il profilo<br />

aumenta con l’aumentare<br />

delle certezze a <strong>di</strong>sposizione.<br />

Il me<strong>di</strong>co, per esempio, prima <strong>di</strong><br />

prescrivere un farmaco che sia<br />

substrato <strong>di</strong> enzimi <strong>di</strong> cui si conoscono<br />

i polimorfismi e il loro<br />

significato, dovrebbe sempre più<br />

preoccuparsi <strong>di</strong> capire se è possibile<br />

prevedere l’effetto della molecola<br />

sul proprio paziente.<br />

In questo senso, l’ELSI in Pharmacogenetics<br />

Working Group<br />

sostiene che bisognerebbe reimpostare<br />

i programmi <strong>di</strong> formazione<br />

farmacologica perché gli studenti<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina comincino a<br />

ragionare in questa nuova ottica.<br />

Per quanto riguarda i comitati<br />

etici, poi, ci si potrebbe domandare<br />

se si possa più accettare una<br />

sperimentazione con meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali<br />

senza associarvi anche la<br />

valutazione del profilo farmacogenetico,<br />

che potrebbe rivelarsi un<br />

beneficio per i pazienti. Un articolo<br />

pubblicato sul British Me<strong>di</strong>cal<br />

Journal, per esempio, sostiene<br />

che in futuro sarà considerato non<br />

etico ignorare il profilo genetico<br />

dei pazienti prima <strong>di</strong> sottoporli a<br />

un farmaco al fine <strong>di</strong> evitare un<br />

ulteriore rischio (2).<br />

Un altro aspetto etico del profilo<br />

farmacogenetico è che l’informazione<br />

deve essere accurata e comprensibile,<br />

cosicché valore e limiti<br />

del profilo siano realistici. In<br />

poche parole occorre chiarire su<br />

cosa si può contare oggi e che cosa<br />

ci si può aspettare dalla conoscenza<br />

in questo campo.<br />

Un ultimo aspetto riguarda la<br />

necessità <strong>di</strong> definire quali sono i<br />

parametri che permettono <strong>di</strong><br />

identificare un test <strong>di</strong> utilità clinica.<br />

Laddove c’è la possibilità <strong>di</strong><br />

arrivare a standard anche minimi,<br />

è doveroso <strong>di</strong>ffonderli perché possano<br />

essere utilizzati in altre<br />

strutture.


Per una ricerca corretta<br />

Ritornando alla Dichiarazione<br />

universale sul <strong>genoma</strong> umano e i<br />

<strong>di</strong>ritti dell’uomo, per ovviare alle<br />

questioni appena descritte, sono<br />

state date alcune in<strong>di</strong>cazioni per<br />

l’esercizio dell’attività scientifica.<br />

Queste riguardano innanzitutto la<br />

responsabilità dei ricercatori,<br />

intesa come rigore, prudenza,<br />

Contro<br />

il razzismo<br />

genetico<br />

Due articoli pubblicati <strong>di</strong><br />

recente sul New England<br />

Journal of Me<strong>di</strong>cine<br />

portano alla ribalta una questione<br />

etica strettamente correlata<br />

alle indagini genetiche<br />

in generale ma anche agli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> questo settore applicati<br />

allo sviluppo dei farmaci:<br />

la <strong>di</strong>scriminazione razziale (3,<br />

4). Le due ricerche in questione<br />

riguardano due farmaci già<br />

in commercio e che si sono<br />

rivelati molto utili nella terapia<br />

dello scompenso car<strong>di</strong>aco:<br />

il carve<strong>di</strong>lolo e l’enelapril. Gli<br />

autori dei due stu<strong>di</strong> concludono<br />

che, mentre il primo è utile<br />

nel ridurre il rischio <strong>di</strong> morte e<br />

<strong>di</strong> ospedalizzazione sia nella<br />

popolazione bianca sia in<br />

quella <strong>di</strong> colore, il secondo lo<br />

è solo per la popolazione<br />

bianca, sottolineando l’importanza<br />

<strong>di</strong> conoscere con anticipo<br />

la possibile costituzione<br />

genetica della popolazione in<br />

esame.<br />

In un e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> commento<br />

ai due lavori Robert Schwartz,<br />

un me<strong>di</strong>co, sottolinea come<br />

parlare <strong>di</strong> razza e <strong>di</strong> gruppi e<br />

<strong>di</strong>fferenze razziali (come<br />

fanno gli autori delle due<br />

ricerche) sia scorretto dal<br />

punto <strong>di</strong> vista biologico e<br />

rischi <strong>di</strong> promuovere una pratica<br />

clinica <strong>di</strong>scriminante (5):<br />

«E’ un errore attribuire fenomeni<br />

fisiologici e clinici complessi<br />

ad aspetti arbitrari<br />

legati all’apparenza esterna.<br />

Non è plausibile infatti che i<br />

pochi geni che spiegano tali<br />

caratteristiche esteriori possano<br />

essere associati in modo<br />

significativo allo sviluppo <strong>di</strong><br />

malattie o alla risposta ai farmaci.<br />

Alcune popolazioni vengono<br />

stu<strong>di</strong>ate per le loro peculiarità<br />

genetiche (si pensi agli<br />

in<strong>di</strong>ani Pima che hanno una<br />

particolare pre<strong>di</strong>sposizione<br />

allo sviluppo del <strong>di</strong>abete mellito<br />

non insulino <strong>di</strong>pendente),<br />

ma non bisogna <strong>di</strong>menticare<br />

che l’insorgenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sturbo<br />

ha anche importanti componenti<br />

ambientali e culturali.<br />

Si pensi, per esempio, al caso<br />

delle mutazioni nel gene<br />

BRCA1, che pre<strong>di</strong>spongono<br />

allo sviluppo del tumore alla<br />

mammella e che sono particolarmente<br />

frequenti nella<br />

popolazione <strong>di</strong> donne ebree<br />

Ashkenazi. Il motivo <strong>di</strong> tale<br />

frequenza non è certo correlato<br />

all’origine etnica, ma piuttosto<br />

a un fattore culturale,<br />

onestà intellettuale, integrità<br />

nella conduzione della ricerca,<br />

nella presentazione e nell’uso dei<br />

risultati. È ovvio, infatti, che il<br />

modo in cui vengono trasmesse<br />

alcune informazioni può creare o<br />

meno un’aspettativa da parte del<br />

pubblico.<br />

La <strong>di</strong>chiarazione, poi, assegna<br />

responsabilità particolari anche a<br />

chi ha funzioni decisionali in<br />

che ha fatto sì che, per molti<br />

anni gli Ashkenazi si siano<br />

accoppiati all’interno delle<br />

stesse famiglie, aumentando<br />

così la frequenza <strong>di</strong> alcuni<br />

alleli (le varianti <strong>di</strong> uno stesso<br />

gene).<br />

Per quanto riguarda poi la<br />

popolazione <strong>di</strong> colore africana,<br />

dopo 400 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione<br />

geografica e <strong>di</strong> mescolanza<br />

genetica, non ci sono<br />

alleli che la caratterizzino in<br />

particolar modo rispetto alle<br />

altre, ma è vero che in essa,<br />

come in altri gruppi etnici,<br />

alcuni alleli hanno una prevalenza<br />

maggiore. Un fatto questo<br />

che può essere dovuto, per<br />

esempio, all’effetto protettivo<br />

delle varianti nei confronti <strong>di</strong><br />

certe patologie. E’ il caso, per<br />

esempio, <strong>di</strong> alcune mutazioni<br />

nel gene della betaglobina<br />

che si sono originate nell’Africa<br />

centrale e si sono <strong>di</strong>ffuse<br />

perché determinavano<br />

una resistenza alla malaria. In<br />

questo caso le varianti sono<br />

solo un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una particolare<br />

origine geografica e non<br />

certo <strong>di</strong> una razza. Non si<br />

vuole con questo <strong>di</strong>scorso<br />

negare la rilevanza me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />

alcune varianti, ma mettere in<br />

guar<strong>di</strong>a contro il pericolo che<br />

possano indurre a fare <strong>di</strong>stinzioni<br />

<strong>di</strong> razza inesistenti».<br />

RISVOLTI<br />

ETICI<br />

55


56<br />

Maurizio Mori<br />

Inizialmente anche io ho con<strong>di</strong>viso<br />

l’idea che il profilo farmacogenetico<br />

annulli le questioni etiche o<br />

almeno ne sollevi molto poche.<br />

Ora però, anche sulla base delle<br />

presentazioni <strong>di</strong> questa giornata,<br />

credo che la <strong>di</strong>stinzione tra i test<br />

<strong>di</strong>agnostici e pre<strong>di</strong>ttivi – che rientrano<br />

nell’ambito dell’autodeterminazione<br />

– e il profilo farmacogenetico<br />

– che rientra nell’ambito<br />

terapeutico, per il quale non esisterebbe<br />

un <strong>di</strong>ritto a conoscere il<br />

proprio profilo – non sia così<br />

netta. Inoltre mi domando se questo<br />

tipo <strong>di</strong> conoscenze alla fine<br />

non verrà applicato anche ad altri<br />

aspetti. Oggi si stu<strong>di</strong>ano le reazioni<br />

ai farmaci, ma si potrebbe arrivare<br />

a sapere, per esempio, quali<br />

sono le reazioni al vino, a una<br />

certa acqua minerale, al caffè<br />

d’orzo o al cotone e così via. In<br />

questo senso quin<strong>di</strong> le questioni<br />

etiche, che per i profili <strong>di</strong> reazione<br />

ai farmaci sono minime, in futuro<br />

potrebbero moltiplicarsi e riguardare<br />

ambiti più complessi. Infine<br />

vorrei sottolineare che la vera<br />

questione, in questo caso, è legata<br />

a un forte prevalere dell’autonomia.<br />

Insieme al principio <strong>di</strong><br />

beneficialità e <strong>di</strong> terapeuticità,<br />

infatti, queste nuove conoscenze<br />

materia <strong>di</strong> politiche scientifiche<br />

sia pubbliche sia private.<br />

L’obbligo morale riguarda dunque<br />

anche le industrie farmaceutiche<br />

che dovrebbero perciò tenere<br />

conto <strong>di</strong> quanto raccomandato<br />

dall’articolo 13 della Dichiarazione<br />

dell’UNESCO (ve<strong>di</strong> il box)<br />

nei loro orientamenti <strong>di</strong> ricerca.<br />

Infine, c’è la responsabilità <strong>degli</strong><br />

Stati, che consiste nel garantire la<br />

libera attività <strong>di</strong> ricerca, l’uso dei<br />

DISCUSSIONE<br />

riporteranno sempre più all’autonomia<br />

e alla responsabilità dell’in<strong>di</strong>viduo<br />

nei confronti <strong>di</strong> tutta<br />

una serie <strong>di</strong> scelte<br />

Franco Ajmar<br />

Volevo sottolineare che i farmaci<br />

si usano perché c’è una malattia e<br />

gran parte delle malattie hanno<br />

una base ere<strong>di</strong>taria. Quin<strong>di</strong> il profilo<br />

genetico relativo al trattamento<br />

farmacologico presumibilmente<br />

serve anche ai figli del malato.<br />

Fare il profilo a un genitore che in<br />

quel momento ha una malattia,<br />

può avere una ricaduta sul figlio<br />

che potrebbe sviluppare il <strong>di</strong>sturbo<br />

a sua volta, e avrebbe quin<strong>di</strong><br />

la possibilità <strong>di</strong> intervenire con<br />

maggior precisione prima che la<br />

malattia progre<strong>di</strong>sca. Questo mi<br />

sembra un aspetto che dà una<br />

forte patente <strong>di</strong> utilizzabilità ai<br />

profili farmacogenetici<br />

Bruno Dallapiccola<br />

Non bisogna <strong>di</strong>menticare che i<br />

profili genetici potrebbero <strong>di</strong>ventare<br />

<strong>di</strong>scriminanti. Se, per esempio,<br />

un profilo genetico identifica<br />

un soggetto che non risponde ai<br />

farmaci, le compagnie <strong>di</strong> assicurazione<br />

potrebbero decidere <strong>di</strong> non<br />

pagare per l’in<strong>di</strong>viduo in questione.<br />

Si profila quin<strong>di</strong> un potenziale<br />

rischio per questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione<br />

Enrico Agabiti Rosei<br />

Vorrei segnalare un punto che<br />

emerge spesso nelle <strong>di</strong>scussioni<br />

dei comitati etici. Se risulta una<br />

particolare efficacia <strong>di</strong> un trattamento<br />

in rapporto a un certo<br />

genotipo, la comunicazione alla<br />

persona interessata deve essere<br />

obbligatoria, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dall’esistenza <strong>di</strong> un consenso<br />

informato?<br />

Antonella Pirazzoli<br />

Per ora le ricerche che si stanno<br />

facendo sono ancora da replicare<br />

e quin<strong>di</strong> i risultati sono preliminari<br />

e non hanno comunque nessuna<br />

ricaduta pratica. In questo<br />

senso, quin<strong>di</strong>, la posizione <strong>di</strong><br />

GlaxoSmithKline prevede la<br />

comunicazione dei risultati, se il<br />

paziente li vuole conoscere, ma<br />

nello stesso tempo anche l’avvertimento<br />

che si tratta <strong>di</strong> dati che<br />

non hanno alcuna utilità per il<br />

momento.<br />

A questo proposito quin<strong>di</strong> la<br />

nostra proposta è <strong>di</strong> usare per i<br />

profili farmacogenetici lo stesso<br />

iter dei farmaci, cioé <strong>di</strong> renderli<br />

<strong>di</strong>sponibili solo quando si è certi<br />

della loro vali<strong>di</strong>tà, a meno che il<br />

risultati a fini pacifici, e la creazione<br />

<strong>di</strong> comitati etici che controllino<br />

la sperimentazione.<br />

Nello stesso ambito va considerata<br />

la possibilità che la <strong>di</strong>scriminazione<br />

e l’imposizione <strong>di</strong> uno stigma<br />

possano derivare dalla <strong>di</strong>ffusione<br />

<strong>di</strong> dati collaterali e non<br />

richiesti che emergessero dall’esame<br />

del profilo farmacogenetico.<br />

Come è stato già detto, il fatto che<br />

qualcuno possa conoscere even-


soggetto non li voglia conoscere<br />

comunque<br />

Antonio G. Spagnolo<br />

Per quanto riguarda l’informazione<br />

che potrà scaturire dall’esecuzione<br />

del profilo farmacogenetico,<br />

dovrebbe essere inserita nella<br />

scheda informativa ai fini del consenso,<br />

una frase del tipo: «I risultati<br />

dell’esame genetico potrebbero<br />

in futuro comportare benefici<br />

per lei e per la sua famiglia in<br />

or<strong>di</strong>ne all’efficacia e alla sicurezza<br />

dei farmaci che si assumeranno,<br />

ma non ci sono ancora prove<br />

<strong>di</strong> una tale utilità e pertanto la<br />

conoscenza dei risultati del test ha<br />

ancora un significato <strong>di</strong> ricerca. Su<br />

sua richiesta noi la informeremo<br />

comunque sui risultati, come pure<br />

se dovessero emergere dati rilevanti<br />

per lei e la sua famiglia»<br />

Roberto Barale<br />

Si sta assistendo al passaggio da<br />

una genetica che stu<strong>di</strong>a i geni ad<br />

alta penetranza, le cui mutazioni<br />

sono rare, determinano un alto<br />

rischio per il soggetto, ma hanno<br />

una scarsa rilevanza a livello <strong>di</strong><br />

popolazione, ad una che si occupa<br />

<strong>di</strong> geni a bassa penetranza, le cui<br />

alterazioni danno solo una leggera<br />

suscettibilità e incrementi <strong>di</strong><br />

rischio minimi e che non hanno un<br />

grosso significato a livello in<strong>di</strong>vi-<br />

tuali dati limitati all’effetto dei<br />

farmaci non desta preoccupazione;<br />

tuttavia occorre ricordare che<br />

la relazione tra genotipo e fenotipo<br />

non è sempre chiara. Ne è un<br />

esempio il caso dell’associazione<br />

tra il genotipo ApoE4 e la malattia<br />

<strong>di</strong> Alzheimer. Un eventuale profilo<br />

farmacogenetico che si basi su<br />

questo polimorfismo permette <strong>di</strong><br />

conoscere anche la pre<strong>di</strong>sposizione<br />

alla malattia e pone il <strong>di</strong>lemma<br />

duale, ma lo hanno invece a livello<br />

sociale.<br />

Se un polimorfismo, per esempio,<br />

incrementa il rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />

tumore al polmone del 30 per<br />

cento, all’in<strong>di</strong>viduo singolo può<br />

non interessare, ma su una popolazione<br />

<strong>di</strong> 10-20 milioni <strong>di</strong> fumatori,<br />

se questi abbandonassero la<br />

sigaretta, potrebbe significare un<br />

risparmio sociale enorme <strong>di</strong> vite,<br />

<strong>di</strong> anni <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> ospedalizzazioni<br />

eccetera.<br />

Diventa quin<strong>di</strong> importante non<br />

tanto che l’in<strong>di</strong>viduo sappia se è a<br />

rischio – perché questo può non<br />

incidere affatto sulle sue decisioni<br />

–, ma piuttosto che l’informazione<br />

provochi in qualche modo un<br />

cambiamento <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni a livello<br />

<strong>di</strong> popolazione. Sulla base <strong>di</strong> queste<br />

osservazioni sarebbe necessario<br />

quin<strong>di</strong> intervenire in termini<br />

<strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> cultura<br />

della salute in generale, per avere<br />

risultati reali <strong>di</strong> salute pubblica e<br />

<strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> denaro.<br />

Non bisogna poi correre il rischio<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>calizzare la popolazione;<br />

nella maggior parte dei casi,<br />

infatti, se si escludono alcuni soggetti<br />

(molto pochi) particolarmente<br />

suscettibili, il rischio <strong>di</strong> ammalarsi<br />

rientra in quello considerato<br />

normale per la maggior parte<br />

della popolazione.<br />

L’incertezza che esiste sui veri<br />

effetti dei polimorfismi è ancora<br />

talmente grande che si può suggerire<br />

una <strong>di</strong>eta per prevenire il<br />

tumore allo stomaco, ma il tumore<br />

potrebbe colpire altri organi. Si<br />

è visto, per esempio, che alcuni<br />

polimorfismi proteggono dal<br />

tumore in alcuni organi, ma facilitano<br />

il cancro in altri.<br />

A questo punto si pone il problema<br />

della struttura sanitaria che<br />

deve comunicare il rischio;<br />

dovrebbero farlo persone idonee<br />

e preparate e comunque ritengo<br />

che sia ancora prematuro pensare<br />

a questo tipo <strong>di</strong> comunicazione al<br />

singolo, perché il pericolo che la<br />

stima del rischio venga interpretata<br />

in modo erroneo è enorme.<br />

Per quanto riguarda le assicurazioni,<br />

non si dovrebbe consentire<br />

loro <strong>di</strong> imporre i test genetici e<br />

<strong>di</strong>scriminare su questa base. Le<br />

assicurazioni valutano la curva <strong>di</strong><br />

mortalità <strong>di</strong> una data popolazione<br />

e, quando ci si assicura, considerano<br />

l’età attuale, la durata dell’assicurazione,<br />

l’aspettativa <strong>di</strong><br />

vita e fanno pagare un premio<br />

che considerano adeguato, aggiungendo<br />

il loro guadagno. Se<br />

una persona ha o non ha un certo<br />

polimorfismo rischioso influisce<br />

poco, perché i loro calcoli fanno<br />

già riferimento a tutta la popolazione,<br />

comprendendo quin<strong>di</strong> chi è<br />

a rischio e chi non lo è<br />

se sia il caso <strong>di</strong> fornire questa<br />

informazione collaterale relativa a<br />

un <strong>di</strong>sturbo così rilevante sul piano<br />

personale e sociale. Per questo<br />

alcuni ricercatori sottolineano la<br />

necessità <strong>di</strong> linee guida etiche<br />

prima della <strong>di</strong>ffusione routinaria<br />

dei profili farmacogenetici (6).<br />

Non è da <strong>di</strong>menticare poi il possibile<br />

impatto psicologico sul paziente<br />

per il quale, per esempio, il<br />

profilo farmacogenetico in<strong>di</strong>chi<br />

RISVOLTI<br />

ETICI<br />

57


58<br />

che non esiste un trattamento farmacologico<br />

appropriato al suo<br />

caso. Che cosa si dovrebbe fare in<br />

queste circostanze?<br />

Generalmente, <strong>di</strong> fronte a un test<br />

– per esempio per la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

AIDS o genetico – l’analisi è preceduta<br />

e seguita dal counselling.<br />

Questa possibilità dovrebbe essere<br />

prevista anche nel caso in cui il<br />

responso del profilo farmacogenetico<br />

in<strong>di</strong>chi che un certo farmaco<br />

non è efficace.<br />

Infine occorre garantire un adeguato<br />

accesso alla cura, cercando<br />

<strong>di</strong> ridurre la possibile <strong>di</strong>scriminazione<br />

sul piano assicurativo.<br />

Quest’ultimo concetto è preso in<br />

considerazione anche nella Dichiarazione<br />

universale sul <strong>genoma</strong><br />

umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo<br />

dove si <strong>di</strong>chiara che «ognuno deve<br />

avere accesso ai progressi della<br />

biologia, della genetica e della<br />

me<strong>di</strong>cina, concernenti il <strong>genoma</strong><br />

umano, nel rispetto della propria<br />

<strong>di</strong>gnità e dei propri <strong>di</strong>ritti» (articolo<br />

12a). In questo senso si innesca<br />

una obbligazione etica più<br />

rilevante, non sul piano personale,<br />

ma su quello internazionale.<br />

A questo proposito, nell’anno<br />

2000, lo HUGO Ethic Committee<br />

ha fatto una <strong>di</strong>chiarazione sulla<br />

con<strong>di</strong>visione dei risultati del<br />

Progetto <strong>genoma</strong> umano con le<br />

seguenti sei raccomandazioni<br />

(www.gene.ucl.ac.uk/hugo/b<br />

enefit.html):<br />

■ tutta l’umanità con<strong>di</strong>vida e<br />

abbia accesso ai benefici della<br />

ricerca genetica;<br />

■ i benefici non siano limitati<br />

solo a coloro che partecipano alla<br />

ricerca;<br />

■ ci sia un’ampia <strong>di</strong>scussione<br />

pubblica sulla con<strong>di</strong>visione dei<br />

benefici;<br />

■ anche in assenza <strong>di</strong> profitti si<br />

provveda alla realizzazione dei<br />

benefici sanitari imme<strong>di</strong>ati;<br />

■ tutti i partecipanti ricevano<br />

informazioni sui risultati e un<br />

apprezzamento per la loro partecipazione;<br />

■ le organizzazioni che trarranno<br />

profitto, ne devolvano una percentuale<br />

(per esempio l’1-3 per<br />

cento) dell’ammontare netto a<br />

infrastrutture sanitarie e a sforzi<br />

umanitari.<br />

Concludendo, la libertà della<br />

ricerca deve tendere ad alleviare<br />

la sofferenza, per cui l’articolo 12<br />

della <strong>di</strong>chiarazione dell’UNESCO<br />

riba<strong>di</strong>sce l’importanza <strong>di</strong> migliorare<br />

la salute <strong>di</strong> tutta l’umanità a<br />

con<strong>di</strong>zione che non si prevarichino<br />

i <strong>di</strong>ritti dell’uomo. Su questo<br />

campo si fonderà l’etica della<br />

ricerca. Una volta chiarito che<br />

non c’è etica senza un solido fondamento<br />

scientifico, si dovrà verificare<br />

che la scienza, oltre che<br />

buona, sia anche etica.<br />

Bibliografia<br />

◆ 1) Roses AD. Pharmacogenetics and the practice of<br />

me<strong>di</strong>cine. Nature 2000; 405: 857.<br />

◆ 2) Wolf CR et al. Pharmacogenetics. BMJ 2000;<br />

320: 987.<br />

◆ 3) Yancy CW et al. Race and the response to adrenergic<br />

blockade with carve<strong>di</strong>lol in patients with chronic<br />

heart failure. N Engl J Med 2001; 344: 1358.<br />

◆ 4) Exner DV et al. Lesser response to angiotensinconverting-enzyme<br />

inhibitor therapy in black as compared<br />

with white patients with left ventricular<br />

dysfunction. N Engl J Med 2001; 344: 1351.<br />

◆ 5) Schwartz R. Racial profiling in me<strong>di</strong>cal research. N<br />

Engl J Med 2001; 344: 1392.<br />

◆ 6) Myers MA. Use of polymorphism analysis requires<br />

ethical guidelines. BMJ 2000; 321: 453.


Dichiarazione <strong>di</strong> Erice<br />

sui principi etici della ricerca<br />

farmacogenetica<br />

Esposizione dei principi<br />

<strong>di</strong> buona pratica<br />

La genetica, applicata alla ricerca <strong>di</strong><br />

farmaci, consente <strong>di</strong> trovare nuovi<br />

bersagli per le cure e <strong>di</strong> mirarne<br />

meglio l’uso nei singoli malati. A<br />

questo scopo si stu<strong>di</strong>ano quali variazioni<br />

dei geni e del DNA si associano<br />

a una <strong>di</strong>versa risposta ai me<strong>di</strong>cinali.<br />

In pratica, ai malati che assumono<br />

un farmaco si chiede <strong>di</strong> farsi<br />

prelevare anche un campione <strong>di</strong><br />

sangue, su cui eseguire l’analisi<br />

genetica. Per il singolo paziente, il<br />

rischio <strong>di</strong> questa ricerca è dunque<br />

nullo sul piano fisico. Vi sono però<br />

possibili inconvenienti e implicazioni<br />

<strong>di</strong> altra natura, che possono derivare<br />

dalle informazioni fornite dal<br />

soggetto o dai risultati generati<br />

dalla sperimentazione. Una ricerca<br />

<strong>di</strong> farmacogenetica genera infatti<br />

informazione su due livelli. Il primo<br />

riguarda i singoli in<strong>di</strong>vidui sui quali<br />

viene eseguita l’analisi. Il secondo,<br />

che è il vero scopo della ricerca,<br />

produce invece una conoscenza <strong>di</strong><br />

tipo generale che collega determinate<br />

conformazioni dei geni con<br />

certi risultati; una volta verificata,<br />

questa informazione potrà essere<br />

utilizzata sotto forma <strong>di</strong> test in altri<br />

malati, per pre<strong>di</strong>re la loro risposta<br />

ai farmaci.<br />

Stante la novità <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> in oggetto<br />

è urgente in<strong>di</strong>viduare alcune linee<br />

guida che garantiscano una base<br />

minima <strong>di</strong> eticità per lo sviluppo<br />

delle ricerche in questo ambito.<br />

Data l’assenza <strong>di</strong> esperienze consolidate,<br />

vogliamo sottolineare che la<br />

nostra proposta ha valore sulla scor-<br />

ta delle attuali conoscenze e <strong>di</strong>scussioni<br />

pubbliche, e che potrebbe<br />

essere mo<strong>di</strong>ficata a seguito <strong>di</strong> ulteriori<br />

<strong>di</strong>battiti. Essa vuole essere uno<br />

stimolo alla <strong>di</strong>scussione e una base<br />

per assicurare maggiore uniformità<br />

nello stile <strong>di</strong> ricerca.<br />

I <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali<br />

Per quanto riguarda gli aspetti e i<br />

risultati in<strong>di</strong>viduali della ricerca,<br />

occorre tutelare tre principi: il consenso,<br />

la riservatezza e il <strong>di</strong>ritto<br />

d’accesso.<br />

Consenso. Ogni malato coinvolto<br />

deve essere informato del fatto che<br />

verrà eseguita un’analisi genetica<br />

sul suo sangue (o altro campione) e<br />

deve essere messo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

comprendere quali sono gli scopi,<br />

gli ambiti e i meto<strong>di</strong> specifici della<br />

ricerca in cui è coinvolto, quali sono<br />

i possibili rischi e i potenziali benefici<br />

per lui e per i membri della sua<br />

famiglia. Tra gli aspetti <strong>di</strong> metodo,<br />

devono essere ben illustrate le procedure<br />

destinate a tutelare la riservatezza<br />

e il <strong>di</strong>ritto d’accesso ai risultati<br />

(ve<strong>di</strong> oltre).<br />

Il paziente dovrà essere informato<br />

anche delle possibili implicazioni<br />

per altri membri della famiglia delle<br />

informazioni genetiche raccolte attraverso<br />

lo stu<strong>di</strong>o, se sono preve<strong>di</strong>bili.<br />

Particolarmente delicato, da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista, è il consenso<br />

dato dai genitori o da altri familiari<br />

a nome dei minori o <strong>degli</strong> incapaci.<br />

Infine il paziente ben informato<br />

potrà dare liberamente il suo consenso,<br />

negarlo o ritirarlo, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla sua volontà <strong>di</strong><br />

APPENDICE<br />

La seguente<br />

<strong>di</strong>chiarazione<br />

<strong>di</strong> un gruppo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

estrazione,<br />

del mondo me<strong>di</strong>co<br />

e sociale,<br />

è il risultato <strong>di</strong> una<br />

riunione svoltasi<br />

ad Erice nell’ambito<br />

della Scuola<br />

Internazionale<br />

<strong>di</strong> Farmacologia<br />

del Centro<br />

E. Majorana,<br />

il 17-18 marzo<br />

2001<br />

59


60<br />

partecipare al trial clinico tra<strong>di</strong>zionale<br />

<strong>di</strong> cui la ricerca farmacogenetica<br />

eventualmente fa parte.<br />

L’ottenimento del consenso è un processo<br />

che si deve realizzare attraverso<br />

un <strong>di</strong>alogo aperto tra me<strong>di</strong>co<br />

e paziente, durante il quale molte<br />

domande e dubbi trovano risposta,<br />

e al termine del quale (secondo i<br />

tempi che sono necessari per maturare<br />

una decisione consapevole) il<br />

paziente sottoscrive il suo assenso e<br />

riceve copia del documento firmato<br />

e delle informazioni fondamentali<br />

che ha ricevuto sulla sperimentazione.<br />

La portata del consenso deve essere<br />

quanto più possibile limitata e specifica,<br />

ma può comprendere anche<br />

opzioni per un uso futuro dei dati<br />

raccolti (e resi anonimi, ve<strong>di</strong> oltre) in<br />

altre ricerche, per esempio sullo<br />

stesso farmaco o sulla stessa malattia,<br />

o ancora più ampie. In questo<br />

caso, il paziente deve essere informato<br />

<strong>di</strong> quali procedure garantiranno<br />

in futuro un uso responsabile<br />

delle informazioni conservate nella<br />

banca dei dati (comitati etici, ve<strong>di</strong><br />

oltre), dal momento che l’anonimato<br />

non consentirà che si torni a chiedere<br />

il suo consenso in<strong>di</strong>viduale specifico<br />

per una eventuale nuova ricerca.<br />

Per evitare forzature o eventuali<br />

<strong>di</strong>scriminazioni (con possibili conseguenze<br />

anche sulla rappresentatività<br />

e quin<strong>di</strong> sulla qualità dei risultati),<br />

la stragrande maggioranza <strong>di</strong> noi<br />

ritiene sia bene escludere forme <strong>di</strong><br />

compenso in denaro. D’altra parte<br />

si fa osservare che non sarebbe<br />

equo escludere da ogni vantaggio<br />

solo e proprio colui che fornisce il<br />

materiale genetico. Si ritiene perciò<br />

che debbano essere offerti, caso per<br />

caso, possibili benefici <strong>di</strong> natura<br />

non economica, per i <strong>di</strong>retti interessati<br />

o per i gruppi cui appartengono,<br />

e che più in generale i partecipanti<br />

a uno stu<strong>di</strong>o debbano essere<br />

considerati partner e non oggetti,<br />

secondo il principio della con<strong>di</strong>visione<br />

(ve<strong>di</strong> oltre).<br />

Riservatezza. Per tutelare le informazioni<br />

genetiche personali, l’identità<br />

del soggetto che ha partecipato<br />

alla sperimentazione deve essere<br />

nota solo allo sperimentatore e ai<br />

suoi collaboratori coinvolti nello stu<strong>di</strong>o.<br />

Per questo motivo non dovrebbe<br />

essere riportato nella cartella clinica<br />

che il soggetto ha partecipato<br />

alla sperimentazione farmacogenetica.<br />

Un metodo efficace per tutelare<br />

la riservatezza delle informazioni e<br />

dei risultati consiste nel rendere<br />

anonimi i dati mantenendo negli<br />

archivi solo il collegamento tra gli<br />

elementi clinici e quelli genetici <strong>di</strong><br />

ogni singolo paziente, ma non il collegamento<br />

tra questi e l’identità del<br />

soggetto.<br />

Questa modalità, se da un lato fornisce<br />

una buona tutela della riservatezza,<br />

dall’altro ha alcuni svantaggi<br />

che sono descritti <strong>di</strong> seguito. Per<br />

questo motivo sono state sviluppate<br />

anche procedure in cui i dati vengono<br />

resi anonimi solo a un certo<br />

punto della sperimentazione, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> ottenere una buona<br />

me<strong>di</strong>azione tra il <strong>di</strong>ritto alla riservatezza<br />

e gli altri <strong>di</strong>ritti.<br />

Diritto d’accesso. L’uso <strong>di</strong> dati resi<br />

anonimi, descritto nel punto precedente,<br />

ha l’inconveniente <strong>di</strong> privare<br />

il singolo in<strong>di</strong>viduo del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

revocare in qualsiasi momento il<br />

consenso all’uso del proprio DNA e<br />

del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> conoscere i propri risultati<br />

personali, se lo desidera ed è<br />

applicabile. Peraltro, gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> farmacogenetica<br />

producono (almeno<br />

per ora) solo risultati preliminari <strong>di</strong><br />

ricerca, che nella maggioranza dei<br />

casi non danno informazioni utili<br />

per il singolo in<strong>di</strong>viduo: è questa<br />

un’informazione essenziale da<br />

comunicare al momento del consenso.<br />

Ciò non toglie che, se il pazien-


te desidera ugualmente conoscere i<br />

risultati concernenti la propria struttura<br />

genetica e tale richiesta è compatibile<br />

col modo in cui la sperimentazione<br />

è stata impostata, la sua<br />

volontà vada rispettata.<br />

Una possibilità per superare tali <strong>di</strong>fficoltà<br />

può venire dalla tecnologia<br />

informatica. Si potrebbe per esempio<br />

fornire al <strong>di</strong>retto interessato, e<br />

solo a lui, una chiave in co<strong>di</strong>ce<br />

(sulla falsariga del Personal Identification<br />

Number usato in campo<br />

bancario) che consenta <strong>di</strong> mantenere<br />

l’accesso ai propri dati anche a<br />

fronte <strong>di</strong> archivi resi anonimi.<br />

Oltre ai risultati personali, ogni paziente<br />

deve poter avere accesso<br />

anche ai risultati generali delle ricerca<br />

cui ha partecipato, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla pubblicazione, nel quadro<br />

<strong>di</strong> un più generale principio <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>visione delle conoscenze (ve<strong>di</strong><br />

oltre).<br />

La responsabilità<br />

verso la società<br />

Diverse sono le implicazioni del<br />

secondo (e più rilevante) livello <strong>di</strong><br />

conoscenze prodotte, il quale ha<br />

come effetto <strong>di</strong> mettere a punto<br />

nuovi test genetici e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cambiare<br />

la qualità e quantità <strong>di</strong> informazioni<br />

che potrà essere generata<br />

in futuro sui singoli in<strong>di</strong>vidui. Poiché<br />

ogni nuova tecnologia in me<strong>di</strong>cina,<br />

oltre a effetti benefici, può produrre<br />

anche conseguenze negative, per i<br />

singoli o per la popolazione, devono<br />

valere i principi <strong>di</strong> responsabilità,<br />

controllo e ren<strong>di</strong>conto o con<strong>di</strong>visione<br />

(riassumibili nel termine inglese<br />

<strong>di</strong> accountability).<br />

Responsabilità. Coloro che finanziano<br />

una ricerca <strong>di</strong> farmacogenetica<br />

(sponsor) e coloro che la conducono<br />

(sperimentatori) devono definire<br />

e <strong>di</strong>chiarare con chiarezza quali<br />

dati intendono raccogliere, quale<br />

esito si aspettano dallo stu<strong>di</strong>o e<br />

quale rilevanza tale risultato può<br />

avere per la salute. Ogni raccolta <strong>di</strong><br />

campioni a tappeto, senza scopi<br />

precisi, definiti e razionali, deve<br />

essere ban<strong>di</strong>ta. Lo stesso <strong>di</strong>casi per<br />

le sperimentazioni che abbiano<br />

scarse probabilità <strong>di</strong> fornire risultati<br />

<strong>di</strong> valore scientifico in conseguenza<br />

<strong>di</strong> una non corretta impostazione <strong>di</strong><br />

metodo, quale per esempio un<br />

numero troppo scarso <strong>di</strong> soggetti<br />

coinvolti.<br />

Sponsor e sperimentatori hanno<br />

anche il dovere <strong>di</strong> formulare una<br />

previsione, per quanto possibile, sugli<br />

effetti, negativi o positivi, che<br />

possono derivare dalla ricerca.<br />

Quando la ricerca è organizzata da<br />

uno sponsor, questi ha il dovere <strong>di</strong><br />

coinvolgere lo sperimentatore sin<br />

dalla fase <strong>di</strong> progettazione dello stu<strong>di</strong>o<br />

e deve affidargli il compito <strong>di</strong><br />

conduzione responsabile, e non <strong>di</strong><br />

semplice esecuzione.<br />

Gli sperimentatori devono avere<br />

ricevuto un’adeguata formazione,<br />

che consenta loro <strong>di</strong> maneggiare gli<br />

aspetti <strong>di</strong> complessità impliciti in<br />

questo genere <strong>di</strong> ricerche.<br />

Preoccupa che talvolta, ancora<br />

oggi, gli sperimentatori siano soggetti<br />

deboli, in posizione subor<strong>di</strong>nata<br />

rispetto agli sponsor. Preoccupa<br />

altresì che gli sperimentatori siano a<br />

volte poco competenti, così da non<br />

essere in grado <strong>di</strong> fornire adeguate<br />

garanzie <strong>di</strong> correttezza metodologica<br />

nella conduzione dello stu<strong>di</strong>o o <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare procedure che garantiscano<br />

il pieno rispetto dei <strong>di</strong>ritti dei<br />

pazienti. La verifica della competenza<br />

e responsabilità <strong>degli</strong> sperimentatori<br />

dovrebbe entrare a far parte<br />

delle procedure abituali <strong>di</strong> controllo<br />

<strong>di</strong> una buona pratica <strong>di</strong> ricerca.<br />

Controllo. Ogni raccolta <strong>di</strong> campioni<br />

<strong>di</strong> sangue (o altro materiale biologico)<br />

umani a scopo <strong>di</strong> ricerca<br />

genetica deve essere sottoposto al<br />

APPENDICE<br />

61


62<br />

controllo e al parere del comitato<br />

etico della struttura che partecipa<br />

allo stu<strong>di</strong>o. Il comitato ha il compito<br />

<strong>di</strong> verificare il rispetto, non solo formale,<br />

ma sostanziale, dei <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali<br />

<strong>di</strong> consenso, riservatezza e<br />

<strong>di</strong>ritto d’accesso dei pazienti coinvolti.<br />

Inoltre deve valutare la razionalità<br />

dello stu<strong>di</strong>o, la rilevanza dei<br />

risultati che si intende raggiungere,<br />

l’adeguatezza del <strong>di</strong>segno sperimentale<br />

proposto rispetto agli obiettivi<br />

<strong>di</strong>chiarati e la competenza <strong>di</strong> chi<br />

lo conduce.<br />

Qualora uno sponsor o uno sperimentatore<br />

intendessero utilizzare<br />

per una nuova ricerca i dati o i campioni<br />

anonimi conservati in archivio,<br />

come minimo è necessario che il<br />

nuovo protocollo sia sottoposto<br />

anche a un nuovo esame da parte<br />

del comitato etico della struttura che<br />

ha in consegna i campioni <strong>di</strong> DNA,<br />

sulla base ogni volta della formulazione<br />

<strong>di</strong> scopi e meto<strong>di</strong> precisi e<br />

definiti. E’ questo un punto essenziale,<br />

in quanto l’anonimato dei<br />

campioni conservati (o dei dati in<br />

archivio) non consente <strong>di</strong> richiedere<br />

un nuovo consenso ai singoli interessati,<br />

per cui il parere del comitato<br />

etico resta come unica garanzia<br />

<strong>di</strong> un uso responsabile delle banche<br />

dati che si andranno costituendo.<br />

Come si vede, si tratta <strong>di</strong> compiti <strong>di</strong>fficili,<br />

per i quali la maggioranza dei<br />

comitati etici, così come sono oggi<br />

costituiti, non <strong>di</strong>spone purtroppo<br />

della necessaria preparazione. E’<br />

perciò urgente uno sforzo <strong>di</strong> formazione<br />

anche a questo livello, come<br />

già ricordato per gli sperimentatori.<br />

Ren<strong>di</strong>conto e con<strong>di</strong>visione. Lo sponsor<br />

non può considerare i dati raccolti<br />

con una ricerca <strong>di</strong> farmacogenetica<br />

come una proprietà esclusiva.<br />

Questo principio apre problemi <strong>di</strong><br />

grande momento, perché da una<br />

parte i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> brevetto e <strong>di</strong> sfruttamento<br />

economico dei risultati sem-<br />

brano essere un punto fermo e<br />

imprescin<strong>di</strong>bile, e dall’altra sembra<br />

altrettanto urgente e forte l’esigenza<br />

<strong>di</strong> garantire una giusta con<strong>di</strong>visione<br />

dei dati raccolti con coloro che sono<br />

implicati, in maniera più o meno<br />

<strong>di</strong>retta: lo sperimentatore, i pazienti<br />

coinvolti e l’intera società. Queste<br />

due esigenze a volte possono entrare<br />

in conflitto, e non è ancora chiara<br />

la possibile soluzione al riguardo.<br />

Una iniziale proposta è che il<br />

comitato etico valuti la correttezza<br />

<strong>di</strong> quanto previsto dal protocollo <strong>di</strong><br />

ricerca riguardo al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pubblicazione<br />

(che deve essere con<strong>di</strong>viso<br />

tra sponsor, sperimentatore e comitato<br />

d’in<strong>di</strong>rizzo) e ad altri strumenti<br />

<strong>di</strong> trasparenza, quali i registri dei<br />

trial.<br />

Al momento della <strong>di</strong>ffusione dei<br />

risultati, infine, lo sponsor ha anche<br />

la responsabilità <strong>di</strong> non favorire un<br />

uso prematuro e improprio <strong>di</strong> test la<br />

cui reale utilità clinica non sia stata<br />

verificata con una procedura scientifica<br />

rigorosa.<br />

Maurizio Agostini, Paola Arslan,<br />

Giuseppe Caruso, Giampietro Chiamenti,<br />

Maria Del Zompo, Laura Ferro,<br />

Silvio Garattini, Massimo Iacobelli,<br />

Milena Lo Giu<strong>di</strong>ce, Annarita Meneguz,<br />

Maurizio Mori, Anna Orru,<br />

Pier Franco Pignatti, Antonella Pirazzoli,<br />

Franca Porciani, Giuseppe Recchia,<br />

Paolo Rizzini, Fabio Samani,<br />

Luigi Santi, Roberto Satolli,<br />

Giovanna Scroccaro, Giampaolo Velo,<br />

Francesca Venturini<br />

Per eventuali contatti:<br />

gpvelo@sfm.univr.it<br />

rsatolli@za<strong>di</strong>g.it


Allele: una delle forme alternative <strong>di</strong> un<br />

gene.<br />

Aplotipo: in<strong>di</strong>ca la precisa sequenza <strong>di</strong><br />

polimorfismi a un locus genico.<br />

Cariotipo: l’insieme delle caratteristiche<br />

che identificano un corredo cromosomico.<br />

In particolare: il numero<br />

<strong>di</strong> cromosomi, la loro grandezza relativa,<br />

la lunghezza delle braccia del<br />

cromosoma, la posizione del centromero<br />

e altre caratteristiche.<br />

Clone: insieme <strong>di</strong> cellule originate da<br />

una stessa progenitrice e che hanno<br />

quin<strong>di</strong> lo stesso genotipo.<br />

DNA polimerasi: è l’enzima che opera<br />

la duplicazione semiconservativa del<br />

DNA.<br />

Ere<strong>di</strong>tabilità: si tratta <strong>di</strong> un parametro<br />

statistico che serve a in<strong>di</strong>care il contributo<br />

genetico alla determinazione<br />

<strong>di</strong> un carattere (in percentuale).<br />

Esone: si definisce in questo modo ogni<br />

sequenza <strong>di</strong> un gene che è presente<br />

anche nell’RNA messaggero e che<br />

viene tradotta a livello proteico.<br />

Espressione: si definisce espressione<br />

genica il processo <strong>di</strong> trasferimento<br />

dell’informazione co<strong>di</strong>ficata nel gene<br />

in un prodotto funzionale, cioè la proteina<br />

Eterozigote: portatore <strong>di</strong> due alleli<br />

<strong>di</strong>versi <strong>di</strong> un gene specifico sui due<br />

cromosomi omologhi.<br />

Farmacocinetica: stu<strong>di</strong>o della velocità<br />

con cui un farmaco viene assorbito,<br />

della sua durata d’azione e del tempo<br />

necessario all’escrezione.<br />

Farmaco<strong>di</strong>namica: con questo termine<br />

si in<strong>di</strong>ca l’insieme dell’assorbimento,<br />

metabolismo ed escrezione <strong>di</strong><br />

un farmaco.<br />

Farmacogenetica: lo stu<strong>di</strong>o della<br />

GLOSSARIO<br />

variabilità <strong>di</strong> risposta a un farmaco<br />

dovuta a fattori ere<strong>di</strong>tari.<br />

Farmacogenomica: la determinazione<br />

e l’analisi del <strong>genoma</strong> (DNA e RNA)<br />

in relazione alla risposta ai farmaci.<br />

Fenotipo: le caratteristiche morfologiche<br />

e fisiologiche dell’in<strong>di</strong>viduo che<br />

sono determinate dal genotipo e dall’ambiente.<br />

Gemelli <strong>di</strong>zigoti: originano dalla<br />

fecondazione <strong>di</strong> due ovociti da parte<br />

<strong>di</strong> due spermatozoi <strong>di</strong>versi.<br />

Gemelli monozigoti: derivano dallo<br />

stesso zigote e hanno quin<strong>di</strong> genotipo<br />

identico.<br />

Gene: una sequenza <strong>di</strong> DNA che porta il<br />

messaggio per la produzione <strong>di</strong> una<br />

proteina.<br />

Gene can<strong>di</strong>dato: un gene la cui funzione<br />

o posizione suggerisce che possa<br />

essere coinvolto nello sviluppo <strong>di</strong> una<br />

malattia o nella manifestazione <strong>di</strong> un<br />

carattere.<br />

Genetica: lo stu<strong>di</strong>o della componente<br />

ere<strong>di</strong>taria nella variabilità dei caratteri<br />

(per esempio il colore <strong>degli</strong> occhi<br />

eccetera).<br />

Genoma: tutto il materiale genetico<br />

contenuto nei cromosomi <strong>di</strong> un organismo.<br />

Genomica: la determinazione e l’analisi<br />

del <strong>genoma</strong> (DNA) e dei suoi prodotti<br />

(per esempio l’RNA). La genomica<br />

usa una serie <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> laboratorio<br />

<strong>di</strong>rette alla comprensione <strong>di</strong> come<br />

l’informazione contenuta nel <strong>genoma</strong><br />

venga convertita nei meccanismi che<br />

sono alla base della vita.<br />

Genotipo: rappresenta la costituzione<br />

genetica dell’in<strong>di</strong>viduo e viene rivelato<br />

dall’analisi <strong>di</strong> tipo molecolare.<br />

Introne: è una sequenza <strong>di</strong> DNA pre-<br />

63


64<br />

sente in un gene che viene trascritta<br />

in RNA messaggero ma non tradotta<br />

in proteina.<br />

Linkage: rapprensenta la tendenza <strong>di</strong><br />

due geni a essere ere<strong>di</strong>tati insieme in<br />

virtù della loro vicinanza fisica su un<br />

cromosoma. Si misura in termini <strong>di</strong><br />

percentuale <strong>di</strong> ricombinazione; più<br />

due geni sono vicini su un cromosoma,<br />

minore è la propbabilità che si<br />

separino durante il crossing over.<br />

L’analisi <strong>di</strong> linkage ha sfruttato questa<br />

caratteristica per identificare,<br />

attraverso l’uso <strong>di</strong> sequenze specifiche<br />

<strong>di</strong> DNA (marcatori), i gein-malattia<br />

che si trasmettono in alcune gran<strong>di</strong><br />

famiglie.<br />

Microchip: supporto <strong>di</strong> silicio, della<br />

<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un francobollo, sul<br />

quale vengono depositate sequenze<br />

<strong>di</strong> DNA da utilizzare in vari tipi <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>, dalla identificazione dei geni<br />

attivati in tessuti particolari, alla in<strong>di</strong>viduazione<br />

dei farmaci efficaci contro<br />

alcune patologie.<br />

Metabolismo: l’insieme delle trasformazioni<br />

biochimiche ed energetiche<br />

che avvengono nell’organismo.<br />

Mutazioni: alterazioni a carico della<br />

sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca del DNA.<br />

Possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere. Le<br />

mutazioni missense o <strong>di</strong> senso errato<br />

sono quelle in cui il cambiamento <strong>di</strong><br />

un solo nucleotide provoca la sostituzione<br />

<strong>di</strong> un aminoacido nella proteina<br />

co<strong>di</strong>ficata dal gene. Spesso queste<br />

alterazioni non provocano gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<br />

alla funzionalità della proteina,<br />

ma ci sono casi in cui anche questa<br />

minima alterazione può avere effetti<br />

gravi. Le mutazioni frameshift o <strong>di</strong><br />

slittamento del modulo <strong>di</strong> lettura<br />

avvengono quando si ha l’inserzione<br />

o la delezione <strong>di</strong> un singolo nucleotide,<br />

con conseguente scivolamento<br />

della lettura e della trascrizione<br />

dell’RNA messaggero. Può provocare<br />

la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> funzionalità della proteina.<br />

Si ha una mutazione non senso<br />

quando il cambiamento nucleoti<strong>di</strong>co<br />

provoca la creazione <strong>di</strong> un codone <strong>di</strong><br />

stop, per cui la proteina viene troncata<br />

prematuramente. In base alla posizione<br />

del codone <strong>di</strong> stop la proteina<br />

potrà o meno mantenere la sua funzionalità.<br />

Mutazione puntiforme: si tratta <strong>di</strong><br />

una mutazione che causa una piccola<br />

alterazione a livello della sequenza<br />

del DNA e spesso consiste nel cambiamento<br />

<strong>di</strong> un solo nucleotide.<br />

Nucleoti<strong>di</strong>: sono i componenti fondamentali<br />

<strong>degli</strong> aci<strong>di</strong> nucleici, costituiti<br />

da basi puriniche e pirimi<strong>di</strong>niche, da<br />

2-desossiribosio e da gruppi fosfato.<br />

Omozigote: in<strong>di</strong>viduo che porta due<br />

alleli identici <strong>di</strong> un gene specifico sui<br />

due cromosomi omologhi.<br />

Penetranza: in<strong>di</strong>ca la probabilità che,<br />

dato un certo genotipo, si manifesti il<br />

fenotipo corrispondente.<br />

Polimorfismo: l’esistenza, nella popolazione,<br />

<strong>di</strong> uno o più alleli <strong>di</strong> un gene<br />

con una frequenza significativa.<br />

Probando: è un in<strong>di</strong>viduo che presenta<br />

la con<strong>di</strong>zione patologica in esame.<br />

Promotore: la porzione <strong>di</strong> un gene dove<br />

si lega l’RNA polimerasi per iniziare<br />

la trascrizione <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong><br />

DNA.<br />

Recettore: una proteina che, grazie alla<br />

sua particolare struttura, è in grado <strong>di</strong><br />

legare altre molecole. Ne esistono <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi tipi, ognuno con una funzione<br />

specifica e localizzati soprattutto sulla<br />

membrana cellulare.<br />

Single Nucleotide Polymorphism<br />

(SNP): variazione <strong>di</strong> una singola<br />

base nucleoti<strong>di</strong>ca, che avviene all’incirca<br />

ogni 1.000 paia <strong>di</strong> basi.<br />

Traduzione: la sintesi <strong>di</strong> una proteina o<br />

<strong>di</strong> un peptide realizzata usando<br />

l’RNA messaggero come stampo.<br />

Trascrizione: la formazione dell’RNA<br />

messaggero a partire dal DNA.


IL PROSSIMO INCONTRO<br />

La ricerca clinica in genetica<br />

I recenti e continui sviluppi della genetica<br />

pongono il problema della ricerca clinica<br />

in questo settore che vede sempre più il me<strong>di</strong>co<br />

tra i protagonisti.<br />

La mancanza, in certi casi <strong>di</strong> una normativa,<br />

in altri <strong>di</strong> linee guida o <strong>di</strong> orientamenti con<strong>di</strong>visi<br />

sulle modalità con cui è opportuno condurre<br />

questa ricerca, creano un’ampia gamma<br />

<strong>di</strong> comportamenti e costituiscono un freno<br />

alla sperimentazione. L’incontro si prefigge <strong>di</strong> chiarire<br />

i <strong>di</strong>versi aspetti della ricerca clinica in genetica<br />

e <strong>di</strong> suggerire orientamenti pratici.<br />

Un’iniziativa del Programma <strong>di</strong> comunicazione e formazione sulla genetica<br />

a cura <strong>di</strong> GlaxoSmithKline e della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana<br />

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