UNIVERSITA' POLITECNICA DELLE MARCHE Biosintesi della ...

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UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTA’ DI AGRARIA Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie ALIMENTI E SALUTE X ciclo nuova serie Coordinatore: Prof. Silverio Ruggieri Biosintesi della vitamina B3: studi strutturali e funzionali di isoenzimi Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi coinvolti nella protezione dalla neurodegenerazione Dottoranda Docente guida Dott.ssa Lucia Cialabrini Prof. Silverio Ruggieri A.A. 2008/2009 - 2010/2011

UNIVERSITA’ <strong>POLITECNICA</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>MARCHE</strong><br />

FACOLTA’ DI AGRARIA<br />

Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie<br />

ALIMENTI E SALUTE<br />

X ciclo nuova serie<br />

Coordinatore: Prof. Silverio Ruggieri<br />

<strong>Biosintesi</strong> <strong>della</strong> vitamina B3: studi strutturali e funzionali di<br />

isoenzimi Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi<br />

coinvolti nella protezione dalla neurodegenerazione<br />

Dottoranda Docente guida<br />

Dott.ssa Lucia Cialabrini Prof. Silverio Ruggieri<br />

A.A. 2008/2009 - 2010/2011


1. INTRODUZIONE<br />

Indice<br />

INDICE<br />

1.1 Niacina e NAD + 6<br />

1.2 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP +<br />

1.3 Vie di biosintesi del NAD + e NADP + nell’uomo<br />

1.3.1 VIA BIOSINTETICA de novo: TRIPTOFANO NAD + 12<br />

Da acido chinolinico a NAD +<br />

Dal NAD + al NADP +<br />

1.3.2 VIE DI RECUPERO 17<br />

Da acido nicotinico a NAD +<br />

Da nicotinamide a NAD +<br />

Da nicotinamide riboside a NAD + 19<br />

1.4 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP + nella biochimica ossidoriduttiva<br />

1.5 Ruolo del NAD + nelle reazioni “non redox”<br />

1.5.1 RUOLO DEL NAD + NELLE REAZIONI DI ADP-RIBOSILAZIONE<br />

1.5.2 RUOLO DEL NAD + NELLA GIUNZIONE DI FRAMMENTI DI DNA:<br />

LIGAZIONE DEL DNA<br />

1.5.3 RUOLO DEL NAD + NELLA MOBILIZZAZIONE DEL Ca 2+<br />

INTRACELLULARE<br />

1.5.4 REAZIONI DI DEACETILAZIONE NAD + -DIPENDENTE 29<br />

1.6 Degenerazione Walleriana<br />

6<br />

11<br />

12<br />

16<br />

16<br />

17<br />

18<br />

20<br />

21<br />

22<br />

25<br />

27<br />

33<br />

2


1.7 Degenerazione Walleriana rallentata: Wld S<br />

1.8 Caratteristiche strutturali - funzionali dell’enzima NMNAT<br />

Indice<br />

1.9 Wld S e NMNAT nella neuroprotezione 41<br />

1.10 Scopo del presente lavoro di tesi e prospettive 44<br />

2. MATERIALI E METODI<br />

2.1 Clonaggio, espressione e purificazione<br />

2.1.1 SISTEMA DI ESPRESSIONE E VETTORI USATI 46<br />

Il sistema di espressione pET 46<br />

Il vettore di espressione pET28 (Novagen) 48<br />

2.1.2 AMPLIFICAZIONE PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION) 49<br />

2.1.3 CLONAGGIO DI Wld S E <strong>DELLE</strong> ISOFORME NMNAT MURINE 52<br />

2.1.4 PROTOCOLLO DI ESPRESSIONE 56<br />

2.1.5 PURIFICAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D’AFFINITA’ 56<br />

Resina Ni-NTA (Qiagen) 56<br />

Resina Talon® Metal Affinity Resin (Clontech) 57<br />

Preparazione degli estratti proteici grezzi 58<br />

Purificazione Ni-NTA di Wld S e mNMNAT3 59<br />

Purificazione Talon di mNMNAT1 e mNMNAT2 60<br />

De-salting e conservazione dei preparati finali 61<br />

2.2 Metodi di saggio dell’attività NMN adenililtrasferasica 62<br />

34<br />

36<br />

46<br />

46<br />

3


Indice<br />

2.2.1 SAGGIO SPETTROFOTOMETRICO 62<br />

2.2.2 SAGGIO IN HPLC 63<br />

2.3 Saggi preliminari degli enzimi ricombinanti con substrati e cofattori metallici<br />

alternativi<br />

2.3.1 SAGGI PRELIMINARI IN PRESENZA DI COFATTORI METALLICI 65<br />

2.3.2 SAGGIO HPLC IN PRESENZA DI SUBSTRATI E COFATTORI<br />

METALLICI ALTERNATIVI<br />

2.4 Saggio di discriminazione dell’attività NMNAT isoforma-specifica su estratti<br />

proteici grezzi da tessuti murini e cellule in coltura<br />

2.4.1 TESSUTI MURINI 67<br />

2.4.2 REAL TIME RT-PCR 68<br />

2.4.3 PREPARAZIONE DELL’ESTRATTO GREZZO DA TESSUTI MURINI 68<br />

2.4.4 SAGGIO DI DISCRIMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ NMNAT ISOFORMA-<br />

SPECIFICA<br />

2.4.5 CALCOLO MATRICIALE 71<br />

2.5 Determinazione del NAD + endogeno in tessuti murini 72<br />

2.6 Espressione e purificazione <strong>della</strong> mNMNAT2 per studi cristallografici 73<br />

2.6.1 ESPRESSIONE DELLA mNMNAT2 74<br />

2.6.2 PURIFICAZIONE DELLA mNMNAT2 74<br />

2.7 Saggio di Bradford e analisi elettroforetica per la determinazione quantitativa<br />

e qualitativa delle proteine<br />

3 RISULTATI E DISCUSSIONE<br />

3.1 Espressione eterologa e purificazione delle isoforme murine NMNAT e <strong>della</strong><br />

proteina chimerica Wld S<br />

65<br />

66<br />

67<br />

69<br />

75<br />

77<br />

77<br />

4


Indice<br />

3.2 Caratterizzazione cinetica delle NMNAT murine e di Wld S 84<br />

3.3 Caratterizzazione comparativa delle NMNAT murine e di Wld S a scopi<br />

discriminatori dell’attività individuale<br />

3.3.1 VALUTAZIONI PRELIMINARI DELL’EFFETTO DEI METALLI<br />

SULL’ATTIVITÀ DELL’ENZIMA ANCILLARE ALCOL DEIDROGENASI<br />

3.3.2 SAGGI SPETTROFOTOMETRICI <strong>DELLE</strong> NMNAT MURINE E DI Wld S IN<br />

PRESENZA DI COFATTORI METALLICI<br />

3.3.3 SAGGI DI ATTIVITÀ IN HPLC <strong>DELLE</strong> NMNAT MURINE E DI Wld S IN<br />

PRESENZA DI SUBSTRATI PURINICI ALTERNATIVI E METALLI<br />

SELEZIONATI<br />

Verifica preliminare dell’utilizzo di substrati purinici alternativi 96<br />

Verifica dell’attività in presenza di MgCl2, ZnCl2 e CoCl2<br />

3.4 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica NMNAT: validazione<br />

preliminare in vitro<br />

3.5 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica NMNAT: validazione<br />

su estratti da tessuto murino<br />

3.6 Saggio di discriminazione su estratti proteici grezzi da tessuti murini 106<br />

3.6.1 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI E FEGATI DI TOPI MUTANTI Wld S 106<br />

3.6.2 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA<br />

mNMNAT1<br />

3.6.3 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA<br />

mNMNAT2<br />

3.7 Conclusioni e prospettive future 116<br />

3.8 Espressione e purificazione dell’isoforma murina NMNAT2 per studi<br />

cristallografici<br />

4. BIBLIOGRAFIA<br />

90<br />

91<br />

93<br />

96<br />

98<br />

101<br />

104<br />

110<br />

114<br />

118<br />

122<br />

5


1.1 Niacina e NAD +<br />

Introduzione<br />

1. INTRODUZIONE<br />

Con il termine di niacina (o vitamina PP, Pellagra-Preventig, o vitamina B3) si<br />

intendono tre molecole organiche tra loro simili: l’acido nicotinico (Na, la niacina<br />

propriamente detta), l’ammide di quest’ultimo, la nicotinamide (NaM, o niacinamide) e la<br />

nicotinamide riboside (NR) solo recentemente identificata e inserita tra le niacine<br />

(Fig.1 A) [1].<br />

Figura 1. A) Struttura delle tre forme note di niacina: Na, acido nicotinico; NaM, nicotinamide ; NR,<br />

nicotinamide riboside. B) Struttura <strong>della</strong> Nicotina.<br />

La molecola è stata descritta per la prima volta dal chimico austriaco Ugo Weidel<br />

nel 1873 nei suoi studi sulla nicotina (Fig.1 B). La scoperta <strong>della</strong> niacina come vitamina<br />

deriva dalle ricerche sulle cause <strong>della</strong> patologia nota come pellagra. Inizialmente la<br />

pellagra era considerata una malattia di tipo infettivo, fino a quando nel 1914 Joseph<br />

Goldberger verificò l’ipotesi per cui la patologia potesse essere causata da una deficienza<br />

alimentare, e scoprì che sostituendo una dieta a base di frumento con uova, latte e carne,<br />

essa veniva curata e prevenuta [2]. Nel 1937 poi, lo statunitense Conrad Arnold Elvehjem e<br />

6


Introduzione<br />

collaboratori, dopo aver ottenuto da un estratto deproteinizzato di fegato una frazione di<br />

acido nicotico (Na) e di nicotinamide (NaM), dimostrarono che queste molecole avevano<br />

la proprietà di guarire una malattia del cane nota per la sua sintomatologia come "black<br />

tongue" (lingua nera) e considerata da molto tempo equivalente alla pellagra umana [3]. Il<br />

termine di «vitamina PP» deriva proprio da queste ricerche che ne rivelarono l'azione di<br />

prevenzione <strong>della</strong> pellagra (PP sta per Pellagra Preventing). I successivi studi metabolici<br />

identificarono la NaM come componente fondamentale del nicotinamide adenin<br />

dinucleotide (NAD + ) e del nicotinamide adenin dinucleotide fosfato (NADP + ) e<br />

dimostrarono che gli animali affetti da pellagra mostravano una significativa diminuzione<br />

dei livelli di NAD + e NADP + nei muscoli e nel fegato [4]. Pertanto, la ragione per cui in<br />

una dieta è indispensabile l’assunzione di Na, NaM e NR (nicotinamide riboside) è che<br />

queste molecole sono tutte precursori dei coenzimi NAD + e NADP + .<br />

In relazione alle carenze vitaminiche, la pellagra rimane senz’altro la patologia più<br />

rilevante del passato in cui diversi sistemi di organi sono contemporaneamente<br />

compromessi dalla malnutrizione: si stima che nei soli Stati Uniti, oltre 100.000 persone<br />

sono morte di pellagra tra il 1900 e il 1940, quando la malnutrizione a causa <strong>della</strong> povertà<br />

ha rappresentato la principale causa <strong>della</strong> malattia [5]. Tale patologia presenta delle<br />

manifestazioni pleiotropiche a livello dell’organismo ed è stata per questo definita come la<br />

malattia delle 4 D (Dermatite, Diarrea, Demenza, morte – Death). I sintomi <strong>della</strong> malattia<br />

comprendono disepitelizzazione (desquamazione-perdita <strong>della</strong> pelle) delle mani e del collo,<br />

diarrea, perdita di appetito e di peso, lingua arrossata e gonfia, depressione e ansia. Benché<br />

il netto miglioramento delle condizioni alimentari nei Paesi sviluppati abbia praticamente<br />

portato alla scomparsa <strong>della</strong> pellagra nel mondo occidentale, il ruolo <strong>della</strong> niacina e delle<br />

sue forme attive coenzimatiche è ora oggetto di grande rivalutazione in campo<br />

nutrizionale e biomedico, per vari motivi [6]:<br />

1- nel campo delle biotecnologie agroalimentari la pellagra riveste una particolare<br />

importanza in quanto è una patologia ancora presente nei Paesi in via di sviluppo,<br />

dove la malnutrizione è un problema spesso drammatico. In questo campo, lo<br />

studio delle vie biosintetiche <strong>della</strong> niacina in cereali di sopravvivenza che<br />

rappresentano la principale fonte alimentare in queste zone, come mais, sorgo e<br />

altri, nei quali essa è presente ma non adeguatamente disponibile, può rivestire un<br />

grande interesse nell’individuazione di varietà con un maggior valore nutrizionale e<br />

7


Introduzione<br />

non-pellagrageniche, in cui la vitamina sia prodotta in forma particolarmente<br />

biodisponibile;<br />

2- in campo biomedico e nutrizionale umano, il ruolo <strong>della</strong> niacina viene rivalutato<br />

anche nei Paesi sviluppati in quanto:<br />

a. una serie di situazioni fisiopatologiche emergenti in questi Paesi, come varie<br />

malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica<br />

e sclerosi multipla), sindrome metabolica, HIV, malattie autoimmuni,<br />

dipendenza da alcol, anoressia, nonché numerose patologie legate<br />

all’invecchiamento, sembrano riprodurre una o più manifestazioni pellagra-<br />

simili, in particolare per quanto riguarda gli aspetti legati alla vitalità neuronale<br />

e al controllo <strong>della</strong> neurodegenerazione;<br />

b. inoltre, è stato di recente osservato che il metabolismo del NAD + gioca un ruolo<br />

importante anche negli effetti <strong>della</strong> cosiddetta “restrizione calorica” del regime<br />

alimentare (CR, CALORIE RESTRICTION) in relazione alla longevità sia a<br />

livello cellulare che di organismo [7]. Per questo molti studi stanno valutando<br />

innovative strategie anti-invecchiamento basate sulla ricerca di principi<br />

nutrizionali, in particolare nell’ambito dei metaboliti <strong>della</strong> nicotinamide -una<br />

delle forme note di niacina- in grado di mimare un regime CR senza sottoporre<br />

l’organismo a privazioni di nutrienti. Le ricerche coinvolgono soprattutto fattori<br />

nutrizionali presenti nell’alimentazione come componenti <strong>della</strong> dieta<br />

mediterranea, tra cui il resveratrolo, collegati alla regolazione <strong>della</strong> longevità<br />

cellulare attraverso la modulazione di vari enzimi chiamati Sirtuine con attività<br />

deacetilasica NAD + -dipendente, i quali utilizzano il NAD + come substrato<br />

scindendone il legame N-glicosidico con liberazione di nicotinamide, e<br />

trasferendo allo stesso tempo il gruppo acetilico sul rimanente residuo di ADP-<br />

riboso del NAD + (Fig.2).<br />

8


Figura 2. Schema <strong>della</strong> deacetilazione NAD + -dipendente degli istoni catalizzata dalle sirtuine.<br />

Introduzione<br />

Infine è interessante osservare un apparente paradosso: mentre intuitivamente la<br />

natura vitaminica <strong>della</strong> niacina indurrebbe a pensare che il NAD + derivi dalla vitamina<br />

stessa, negli organismi capaci di sintetizzare quest’ultima avviene il contrario: la niacina<br />

non viene biosintetizzata in forma libera, ma sotto forma del suo nucleotide monofosfato,<br />

NaMN (Fig.3); successivamente, nella forma NaMN, la niacina viene incorporata nella<br />

forma coenzimatica attiva, NAD + , dalla quale può essere in seguito liberata nel corso di<br />

una varietà di reazioni biochimiche catalizzate da enzimi idrolitici o dalle vie degradative<br />

e/o regolatorie <strong>della</strong> vita cellulare. Questo concetto è schematicamente raffigurato in<br />

Figura 3.<br />

Precursori Ac. Chinolinico NaMN NAD + Niacina [ NAD + ]<br />

Figura 3. Schematizzazione <strong>della</strong> biosintesi <strong>della</strong> niacina; in neretto la via biosintetica de novo.<br />

+<br />

9


Introduzione<br />

Dal punto di vista metabolico, la niacina è peculiare fra le vitamine del gruppo B in<br />

quanto gli animali la possono sintetizzare a partire dal triptofano. Si ritiene che 60 mg di<br />

triptofano possano dare origine a 1 mg di niacina (1 mg “equivalente di niacina”). Perciò,<br />

in numerose tabelle, la quantità di niacina non è espressa come “niacina”, ma come<br />

“equivalenti di niacina”, proprio per tener conto <strong>della</strong> conversione del triptofano in niacina.<br />

L’entità di questa conversione è generalmente accettata a livelli di 60 : 1, ma il valore non<br />

è tale in ogni situazione. Infatti la conversione risente <strong>della</strong> quantità di triptofano<br />

alimentare e dello stato nutrizionale niacinico. Se l’amminoacido è scarso, l’utilizzazione<br />

per la formazione di niacina viene penalizzata e si può scendere a rapporti più bassi (anche<br />

fino ad oltre 20 : 1). Inoltre, poiché il triptofano dà origine anche alla serotonina,<br />

importante neurotrasmettitore, si ha una competizione per l’utilizzazione del triptofano in<br />

caso di deficienza niacinica. Questo spiegherebbe anche il fatto che nella pellagra si<br />

osserva una forma di demenza [8]. In una dieta povera di triptofano, l’azione protettiva nei<br />

confronti <strong>della</strong> pellagra si realizza con l’assunzione giornaliera (RDA) di niacina pari a 16<br />

mg per gli uomini e 14 mg per le donne. Sono considerati “equivalenti di niacina” anche il<br />

NAD + , il NADH, il NADP + , il NADPH e i metaboliti del NAD + .<br />

Come riportato da Goldberger [2], la niacina è abbondante in carne, uova, pesce,<br />

latte e prodotti lattiero-caseari, alcuni vegetali e grano integrale. Anche il mais contiene<br />

elevate quantità di Na e NaM, ma in forme legate e quindi non biodisponibili. Per<br />

incrementare la biodisponibilità di niacina è necessario sottoporre il mais a trattamento<br />

alcalinizzante. Tale pratica era utilizzata dalle popolazioni native del Sud America, le quali<br />

erano infatti protette dalla deficienza da vitamina B3. Studi condotti su animali [9, 10]<br />

hanno dimostrato che il mais non trattato causa la deficienza <strong>della</strong> vitamina e che tale<br />

effetto può essere contrastato integrando la dieta a base di mais con il latte, alimento noto<br />

per essere ricco di NR [1]. Per quanto riguarda le carni, queste sono povere di Na e NaM,<br />

ma abbondano di NAD + e NADP + [11], [12]. La NaM è prodotta dagli enzimi <strong>della</strong><br />

mucosa intestinale dalla degradazione del NAD + [12], mentre l’Na viene formato per<br />

deamidazione <strong>della</strong> NaM ad opera <strong>della</strong> nicotinammidasi dei batteri presenti nel lume<br />

intestinale [13]. Queste due forme di niacina, sia introdotte tal quali, sia prodotte<br />

nell’intestino come descritto, dopo essere state assorbite, entrano nel flusso sanguigno per<br />

essere distribuite nei vari tessuti [12]. Studi più recenti riportano come l’assorbimento di<br />

NaM sia maggiore rispetto a quello di Na, quando le fonti di vitamina nella dieta sono il<br />

10


Introduzione<br />

NAD + e il NADP + [14]. Infine il NAD + introdotto con la dieta può essere degradato nel<br />

lume intestinale a NMN e questo defosforilato a NR, la quale viene assorbita dalle cellule,<br />

e attraverso una serie di pathway metabolici, viene riconvertita a NAD + .<br />

L'assunzione di elevate dosi di acido nicotinico inoltre (1,5 - 3 g/die) è in grado di<br />

ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi plasmatici (per inibizione <strong>della</strong> lipolisi<br />

epatica) e di aumentare, nel contempo, la quota di colesterolo HDL.<br />

I principali effetti collaterali che si possono verificare sono quelli vasodilatatori con<br />

comparsa di vampate, eritema, prurito, dolore epigastrico, nausea, mal di testa e diarrea. Si<br />

sono anche avuti casi di alterazione delle transaminasi ed epatotossicità. La nicotinamide,<br />

invece, non presenta effetti ipolipidemizzanti.<br />

1.2 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP +<br />

Come è noto, l’attività catalitica di numerosi enzimi richiede l’intervento di<br />

cofattori, cioè componenti non proteici (ioni metallici), o di molecole organiche, chiamate<br />

in questo caso coenzimi. Questi ultimi di solito intervengono attivamente nell’azione<br />

catalitica dell’enzima, agendo da trasportatori di elettroni, di atomi specifici o di gruppi<br />

funzionali nella conversione dei substrati in prodotti. Nell’ambito delle reazioni di<br />

ossidoriduzione, gran parte degli enzimi coinvolti richiedono come trasportatori di elettroni<br />

i dinucleotidi piridinici NAD + (nicotinamide adenin dinucleotide) e NADP + (nicotinamide<br />

adenin dinucleotide fosfato), le forme biologicamente attive <strong>della</strong> vitamina B3.<br />

Il NAD + venne scoperto nel 1935 da Hans von Euler [15] che diede al composto il<br />

nome di Co-zymase. Nell’anno successivo Otto Warburg [16] ne determinò la struttura<br />

chimica. Il NAD + è un composto costituito da due nucleotidi, nicotinamide<br />

mononucleotide (NMN) e adenosina monofosfato (AMP), uniti da un legame<br />

fosfoanidridico. In alternativa il NAD + può essere descritto come composto da<br />

nicotinamide (NaM), sotto forma di sale di ammonio quaternario, legata al C-1 del ribosio<br />

di un gruppo adenosina difosforibosile (ADPR) con un legame β-N-glicosidico. Nel<br />

NADP + , originariamente noto come Co-Ferment, la posizione 2’- OH del ribosio è<br />

esterificata da un gruppo fosforico (Fig.4) [17] [18].<br />

11


A)<br />

Introduzione<br />

Figura 4. A) formula di struttura del NAD(P) + ; B) modello 3-D del NAD + fatto con il programma Chimera.<br />

Rosso = O; blu = N; arancio = P; verde = C. Per chiarezza gli H sono stati omessi. Sono evidenziati i punti<br />

attivi <strong>della</strong> molecola (numeri) e i gruppi sostituiti negli analoghi fisiologici del NAD + (lettere): 1 = anello<br />

piridinico; 2 = legame β-N-glicosidico; 3 = legame pirofosforico; a = gruppo OH fosforilato nel NADP + ; b =<br />

gruppo ammidico sostituito da un gruppo carbossilico nel NaAD.<br />

1.3 Vie di biosintesi del NAD + e NADP + nell’uomo<br />

È universalmente riconosciuto che nell’uomo la biosintesi di NAD + può avvenire<br />

attraverso due vie metaboliche: una via de novo che parte dal triptofano e attraverso la “via<br />

delle chinurenine” porta alla formazione di intermedi piridinici, ed una via di recupero,<br />

consistente nel riciclo di composti piridinici generati dal catabolismo del NAD + . Negli<br />

ultimi anni la maggioranza dei geni e degli enzimi coinvolti in queste due vie biosintetiche<br />

è stata identificata [19].<br />

B)<br />

1.3.1 VIA BIOSINTETICA de novo: TRIPTOFANO NAD +<br />

La via biosintetica de novo del NAD + inizia con la “via delle chinurenine”, un<br />

processo chiave nel metabolismo dei composti piridinici in quanto funzionale alla genesi<br />

de novo dell’anello piridinico. Il composto di partenza di questa importante via è il<br />

12


Introduzione<br />

triptofano, un amminoacido aromatico essenziale la cui importanza è sottolineata dal suo<br />

coinvolgimento in numerosi processi biosintetici quali, oltre la qui discussa sintesi de l<br />

NAD + , la sintesi di serotonina, melatonina, melanina e, ovviamente la sintesi proteica. Nei<br />

mammiferi, in condizioni fisiologiche, gran parte dell’L-triptofano introdotto con la dieta,<br />

è tuttavia degradato aerobicamente attraverso la via delle chinurenine, che consiste in una<br />

serie di reazioni enzimatiche durante le quali vengono prodotti diversi composti<br />

biologicamente attivi. L’acido chinolinico prodotto in questa via, è una potente<br />

neurotossina [20], che viene convertita in NAD + attraverso tre successive reazioni<br />

enzimatiche. È proprio nella prima di queste reazioni che si forma appunto la vitamina PP<br />

sotto forma di mononucleotide. La via biosintetica che va dal triptofano al NAD + è<br />

schematizzata in Figura 5.<br />

Figura 5. Via biosintetica da triptofano a NAD + . Le frecce rosse indicano la porzione denominata “via delle<br />

chinurenine”. TDO, triptofano 2,3-diossigenasi; IDO, indolamina 2,3-diossigenasi; KFasi, chinurenina<br />

formamidasi; K3H, chinurenina 3-idrossilasi; Kyasi, chinureninasi; 3HAO, 3-idrossiantranilato 3,4-<br />

diossigenasi; QaPRT, chinolinato fosforibosiltrasferasi; NMNAT, nicotinamide mononucleotide-<br />

adenililtrasferasi; NADsyn, NAD sintetasi.<br />

13


Introduzione<br />

Il primo step di questa via consiste nella conversione del triptofano in N-<br />

formilchinurenina tramite la scissione aerobica dell’anello pirrolico del triptofano [21].<br />

Due isoenzimi sono capaci di catalizzare questa reazione: la TDO (triptofano 2,3-<br />

diossigenasi) e la IDO (indolamin 2,3-diossigenasi). I due isoenzimi differiscono per<br />

tessuto-specificità, regolazione dell’induzione e specificità di substrato. La TDO è espressa<br />

specificamente nel fegato, sede principale del catabolismo del triptofano ed ha un’elevata<br />

specificità per questo amminoacido. L’enzima catalizza lo step limitante <strong>della</strong> via<br />

biosintetica e viene indotto dall’aumento di concentrazione del triptofano nel siero [22].<br />

L’isoenzima IDO invece è espresso nei tessuti extraepatici, mostra una minore specificità<br />

di substrato rispetto al TDO ed è indotto non dal triptofano ma da interferone-γ, antigeni<br />

batterici e virali [23]. È stato in effetti proposto che questo enzima giochi un ruolo in<br />

fenomeni di immunoregolazione [19].<br />

La chinurenina formamidasi (KFasi) idrolizza la N-formilchinurenina a L-<br />

chinurenina [24], a sua volta convertita a L-3-idrossichinurenina in una reazione catalizzata<br />

dalla chinurenina 3-idrossilasi (K3H) in presenza di NADPH ed ossigeno molecolare. K3H<br />

è una monossigenasi flavin adenin dinucleotide (FAD) dipendente localizzata sulla<br />

membrana esterna dei mitocondri [25].<br />

La L-3-idrossichinurenina viene convertita in acido 3-idrossiantranilico ed L-<br />

alanina dalla chinunerinasi (Kyasi). Questo enzima, come suggerito dalla sua ridotta<br />

attività in stati di carenza di vitamina B6 [26], [27], [28], risulta essere piridossal-5’-fosfato<br />

(PLP) dipendente.<br />

La tappa finale <strong>della</strong> via delle chinurenine è catalizzata dalla 3-idrossiantranilato<br />

3,4-diossigenasi (3HAO), l’enzima più attivo dell’intero pathway [29]. In questo step<br />

l’anello aromatico del 3-idrossiantranilato viene scisso aerobicamente con la conseguente<br />

formazione di semialdeide 2-ammino-3-carbossimuconica (ACMS). Questo composto,<br />

piuttosto instabile, ciclizza spontaneamente ad acido chinolinico, il primo composto<br />

piridinico ad essere formato, punto di partenza per le restanti reazioni enzimatiche che<br />

portano alla formazione di NAD + . Per molti anni si è ritenuto che la via delle chinurenine<br />

appena descritta fosse una prerogativa degli organismi eucariotici. Nel 2003 sono stati<br />

tuttavia identificati, espressi e caratterizzati i cinque enzimi del pathway triptofano-<br />

chinolinato in alcune specie batteriche (Ralstonia metallidurans, Pseudomonas<br />

fluorescens), dimostrando che questa via metabolica non è un’esclusiva degli organismi<br />

14


Introduzione<br />

eucariotici [30]. Si tratta comunque di eccezioni in quanto la maggior parte dei procarioti<br />

sintetizzano acido chinolinico attraverso una via anaerobica consistente nella<br />

condensazione tra L-aspartato e diidrossiacetone fosfato (Fig. 6). Questa reazione,<br />

catalizzata dal complesso enzimatico <strong>della</strong> chinolinato sintetasi, procede attraverso due<br />

tappe distinte. Il primo passaggio, catalizzato dalla proteina A o aspartato ossidasi,<br />

prevede l’ossidazione dell’aspartato ad immino aspartato. Questo composto viene infine<br />

legato al diidrossiacetone fosfato per la formazione del chinolinato in una reazione<br />

catalizzata dalla proteina B o chinolinato sintetasi [31], [32].<br />

Figura 6. <strong>Biosintesi</strong> dell’acido chinolinico nei procarioti.<br />

15


Introduzione<br />

Da acido chinolinico a NAD + - A partire dall’acido chinolinico, le restanti reazioni nella via<br />

biosintetica del NAD + sono comuni a tutti gli organismi.<br />

L’enzima chinolinato fosforibosiltrasferasi (QaPRT) catalizza la conversione di<br />

chinolinato e 5-fosfo-α-D-riboso 1-difosfato (PRPP) a CO2, pirofosfato (PPi) e nicotinato<br />

mononucleotide (NaMN). Questa tappa, in aggiunta a quella iniziale catalizzata dalla TDO,<br />

rappresenta un altro stadio limitante la velocità del pathway triptofano-NAD + [33].<br />

La reazione successiva, catalizzata dall’enzima Nicotinato MonoNucleotide<br />

AdenililTrasferasi (NMNAT), consiste nel trasferimento dell’adenilato dall’ATP<br />

all’NaMN con formazione di PPi e desamido-NAD + (NaAD + ). Tali enzimi, che<br />

rappresentano l’oggetto di studio di questa tesi, negli eucarioti sono capaci di utilizzare in<br />

alternativa all’NaMN, l’NMN prodotto dal catabolismo del NAD + [34], [35] costituendo<br />

quindi enzimi chiave anche nelle vie di recupero. Da notare che negli eucarioti, in virtù<br />

<strong>della</strong> loro duplice specificità di substrato verso NMN ed NaMN, questi enzimi vengono<br />

chiamati Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi (NMNAT).<br />

La tappa finale <strong>della</strong> biosintesi de novo consiste nel trasferimento di un gruppo<br />

ammidico al gruppo carbossilico <strong>della</strong> parte piridinica del NAD + in una reazione<br />

catalizzata dalla NAD sintetasi (NADsyn). Quest’ultima, capace di utilizzare sia<br />

glutammina che ammoniaca come donatori del gruppo amminico, richiede, per ogni mole<br />

di –NH2 trasferito, l’idrolisi di una quantità stechiometrica di ATP [36].<br />

Dal NAD + al NADP + - In tutti gli organismi, l’enzima NAD chinasi (NADK) catalizza<br />

l’unica reazione finora conosciuta capace di generare NADP + . La reazione consiste nel<br />

trasferimento del γ-fosfato dell’ATP al NAD + con conseguente formazione di ADP e<br />

NADP + . Interessante notare che l’enzima ricombinante umano appare essere estremamente<br />

specifico per il NAD + [37]. In riferimento dunque al discorso sull’esistenza di una via<br />

biosintetica per il NaADP + alternativa a quella possibile catalizzata da CD38 (che<br />

consisterebbe nella “transglicosidazione” diretta del NADP + ), questa ipotetica reazione, se<br />

realmente esistente in vivo, deve dipendere necessariamente da una chinasi alternativa.<br />

16


1.3.2 VIE DI RECUPERO<br />

Introduzione<br />

La maggior parte del NAD + nei sistemi biologici non viene sintetizzato attraverso la<br />

via de novo, bensì attraverso le vie di recupero (salvage pathway). Queste utilizzano come<br />

precursori diversi cataboliti piridinici del NAD + tra i quali occorre ricordare: acido<br />

nicotinico, nicotinamide e NMN. Uno schema delle vie di recupero a partire da questi<br />

metaboliti è rappresentato in Figura 7.<br />

Figura 7. <strong>Biosintesi</strong> del NAD + attraverso le vie di recupero. Le frecce rosse indicano la via di Preiss -<br />

Handler. La freccia nera indica la reazione catalizzata dalla nicotinamide deamidasi (NDasi) la cui presenza,<br />

nei mammiferi, è tutt’ora incerta e dibattuta fra gli esperti del settore.<br />

Da acido nicotinico a NAD + - La via biosintetica che porta alla formazione di NAD + a<br />

partire da acido nicotinico è denominata via di Preiss-Handler [38]. La prima reazione di<br />

questa via è catalizzata dalla nicotinato fosforibosiltrasferasi (NaPRTasi) e consiste nella<br />

17


Introduzione<br />

conversione dell’acido nicotinico e del PRPP in NaMN e PPi. Nonostante non sia richiesto<br />

per la catalisi, l’ATP funge da effettore allosterico <strong>della</strong> NaPRTasi stimolandone<br />

sensibilmente l’attività. Ad alte concentrazioni l’ATP sembra essere idrolizzato ad ADP<br />

con un rapporto molare 1 : 1 nei confronti <strong>della</strong> formazione di NaMN [39]. L’NaMN<br />

formato in questa tappa viene successivamente convertito in NAD + tramite le due già<br />

descritte reazioni catalizzate, in successione, dalla NaMNAT e dalla NADsyn. Le tre<br />

attività enzimatiche appena descritte sono state rinvenute in numerosi procarioti ed<br />

eucarioti, inclusi i mammiferi. Questo lascia intuire la natura universale del pathway<br />

metabolico che dall’acido nicotinico porta alla formazione di NAD + [19]. La grande<br />

importanza di questa via è anche sottolineata dall’ormai ben nota scoperta che la carenza di<br />

niacina, vitamina B3 o vitamina PP) introdotto con la dieta è la causa primaria <strong>della</strong><br />

pellagra [40].<br />

Da nicotinamide a NAD + - La nicotinamide rappresenta il principale precursore del NAD +<br />

nella maggior parte delle cellule di mammifero. In assenza di un adeguato apporto dietetico<br />

di acido nicotinico, la concentrazione di nicotinamide nel sangue diventa cinque volte<br />

superiore a quella del nicotinato [19]. Inoltre, come ampiamente descritto diverse attività<br />

enzimatiche hanno come target il legame β-N-glicosidico del NAD + e sono dunque capaci<br />

di liberare nicotinamide suggerendo come il riciclo di questo metabolita giochi un ruolo<br />

chiave nell’omeostasi del NAD + .<br />

La nicotinamide può essere riciclata a NAD + principalmente attraverso due vie<br />

[24]. La prima via di recupero consiste nella conversione <strong>della</strong> nicotinamide in acido<br />

nicotinico attraverso una reazione mediata dalla nicotinamide deamidasi (NDasi). L’acido<br />

nicotinico viene in seguito convertito a NAD + attraverso la via di Preiss-Handler. Va<br />

sottolineato che nei mammiferi l’esistenza dell’enzima NDasi è ancora dubbia. In effetti,<br />

mentre alcuni lavori documentano la presenza di attività NDasica nel fegato [41], [42] e<br />

nel terreno di coltura di cellule di neuroblastoma umano [43], lavori più recenti escludono<br />

la presenza di questo enzima nei mammiferi in generale [44], [45], [46] attribuendo<br />

l’attività rilevata nei vecchi lavori essenzialmente a contaminazioni di natura batterica [44],<br />

[47].<br />

La seconda via per il riciclo <strong>della</strong> nicotinamide a NAD + prevede il processamento<br />

del metabolita piridinico da parte <strong>della</strong> nicotinamide fosforibosiltrasferasi (NamPRTasi)<br />

18


Introduzione<br />

con conseguente conversione di NaM e PrPP in PPi e NMN. L’NMN a questo punto viene<br />

convertito a NAD + per mezzo delle già citate NMNAT. Se l’esistenza nei mammiferi <strong>della</strong><br />

NDasi è ancora dubbia, la presenza <strong>della</strong> NamPRTasi è invece stata ampiamente<br />

documentata negli eritrociti umani [48], nei fibroblasti [49] ed in organi umani quali il<br />

fegato, reni, cuore, cervello e milza [46], [50], [51]. La NamPRTasi risulta essere<br />

estremamente specifica per la nicotinamide e non è in grado di utilizzare nè acido<br />

chinolinico né acido nicotinico come substrati [48]. Infine, è interessante notare che i geni<br />

per la NDasi e la NamPRTasi sembra siano mutuamente esclusivi e per questo si ipotizza<br />

che le due vie di recupero <strong>della</strong> nicotinamide sopra descritte non possano essere<br />

contemporaneamente presenti in uno stesso organismo [19].<br />

Da nicotinamide riboside a NAD + - L’acido nicotinico (Na) e la nicotinamide (NaM),<br />

identificati per la prima volta nel 1873 e indicati con il termine di “niacine”, sono stati per<br />

lungo tempo gli unici precursori noti del NAD + nei procarioti. Nel 2004, la nicotinamide<br />

riboside (NR), un altro nutriente naturalmente presente nel latte bovino e già conosciuto<br />

come importante precursore del NAD + in H. influenzae [52], [53], è stato ri-identificato<br />

come nuovo, essenziale, precursore <strong>della</strong> via di recupero del NAD + negli eucarioti [1].<br />

Dato il suo ruolo fisiologico e la sua diffusione negli organismi viventi, la NR è anche’essa<br />

attualmente considerata come una “niacina”. Per formare NAD + , la NR viene prima<br />

fosforilata attraverso una reazione catalizzata dall’enzima nicotinamide riboside chinasi<br />

(NRK, Fig. 8), e conseguentemente l’NMN prodotto viene convertito a NAD + da una<br />

reazione ATP-dipendente catalizzata dall’NMNAT.<br />

Figura 8. Reazione di fosforilazione catalizzata dalla nicotinamide riboside chinasi (NRK).<br />

La grande importanza di queste vie di recupero è anche sottolineata dall’ormai ben<br />

nota scoperta che la carenza di niacina (vitamina B3 o vitamina PP- Pellagra Preventing)<br />

19


Introduzione<br />

introdotta con la dieta è la causa primaria <strong>della</strong> pellagra [40], e pertanto di tutti i disordini<br />

ad essa correlati.<br />

1.4 I nucleotidi piridinici NAD + e NADP + nella biochimica<br />

ossidoriduttiva<br />

I dinucleotidi nicotinamide adenin dinucleotide (NAD + ) e nicotinamide adenin<br />

dinucleotide fosfato (NADP + ) vengono considerati ormai da svariati decenni come i<br />

principali coenzimi implicati nelle reazioni redox cellulari. Il motivo <strong>della</strong> preferenza<br />

mostrata durante la selezione evolutiva molecolare nei riguardi dei citati dinucleotidi come<br />

cofattori ossidoriduttivi, risiede essenzialmente nelle proprietà dell’anello piridinico <strong>della</strong><br />

molecola. Questo è infatti capace di accettare e donare elettroni, secondo lo schema<br />

riportato in Figura 9, conferendo la capacità al NAD(P) + di ossidare e ridurre una vasta<br />

gamma di metaboliti. Entrambi i dinucleotidi redox vengono difatti utilizzati sia nel<br />

catabolismo (glicolisi, sintesi di acidi grassi) che nell’anabolismo (gluconeogenesi, sintesi<br />

degli acidi grassi, amminoacidi e nucleotidi) redox cellulare.<br />

Rilevante è il ruolo del NADH (forma ridotta del NAD + ) nella fosforilazione<br />

ossidativa dove rappresenta il principale donatore di elettroni nella catena respiratoria<br />

mitocondriale. Gli elettroni ceduti dal NADH vengono trasferiti attraverso la catena<br />

respiratoria mitocondriale all’accettore finale (O2) creando sostanzialmente una corrente<br />

elettrica lungo la membrana mitocondriale interna. L’energia generata dal flusso di<br />

elettroni è impiegata per il trasporto di H + dalla matrice allo spazio perimitocondriale con<br />

la conseguente formazione di un potenziale protonico tra i due comparti. Il reflusso di<br />

protoni verso la matrice innescata dal potenziale protonico è un processo fortemente<br />

esoergonico la cui energia è, in ultima analisi, utilizzata per la sintesi del metabolita<br />

energetico per eccellenza, l’ATP (adenosina trifosfato). Per ogni mole di NADH ossidato<br />

vengono generate 2,5 moli di ATP. Il NADP + partecipa solitamente a via metaboliche<br />

differenti rispetto a quelle del NAD + . La sua forma ridotta (NADPH) viene generata<br />

principalmente nella via dei pentoso fosfati e, nei cloroplasti vegetali durante la fase<br />

luminosa <strong>della</strong> fotosintesi clorofilliana, e partecipa alle reazioni redox dei processi<br />

biosintetici.<br />

20


A)<br />

B)<br />

Introduzione<br />

Figura 9. A) Meccanismo di ossidazione e riduzione dell’anello piridinico del NAD + . B) Generico processo<br />

di ossidoriduzione di una coppia alcool / aldeide mediato dalla coppia NAD + /NADH.<br />

1.5 Ruolo del NAD + nelle reazioni “non redox”<br />

Oltre al suo ben noto ruolo nel metabolismo ossidoriduttivo, negli ultimi decenni si<br />

sono accumulate numerose evidenze sperimentali a sostegno di un ruolo fisiologico del<br />

NAD + ben più complesso ed articolato rispetto a quello inizialmente stabilito di cofattore<br />

redox. In particolare, è stato dimostrato che solo il 20% del pool endogeno di NAD + è<br />

utilizzato nel metabolismo ossidoriduttivo [54] mentre il restante 80% viene utilizzato<br />

come substrato in reazioni che sfruttano principalmente i due legami altamente energetici<br />

<strong>della</strong> molecola: il legame pirofosforico tra i due fosfati ed il legame β-N-glicosidico tra<br />

l’anello piridinico ed il ribosio adiacente (Fig.4). La scissione dei due citati legami genera<br />

NMN ed AMP nel primo caso e nicotinamide (NaM) e adenosina difosfato-riboso (ADPR)<br />

nel secondo caso. Se le reazioni redox non influiscono sulla concentrazione del NAD +<br />

endogeno ed hanno come unico effetto quello di far variare il rapporto tra la<br />

concentrazione <strong>della</strong> forma ossidata e ridotta del NAD + , questa seconda serie di reazioni<br />

determina invece un effettivo consumo del dinucleotide. Studi sul turnover del NAD +<br />

hanno infatti evidenziato che circa il 90% del NAD + sintetizzato da cellule in coltura serve<br />

a compensare le perdite del dinucleotide che si verificano a causa dei citati processi<br />

21


Introduzione<br />

catabolici [55]. Alla luce di questi fatti appare evidente l’importanza del metabolismo non<br />

redox del NAD + e come il ruolo da esso giocato nell’economia cellulare globale sia<br />

tutt’altro che marginale.<br />

1.5.1 RUOLO DEL NAD + NELLE REAZIONI DI ADP-RIBOSILAZIONE<br />

L’ADP-ribosilazione rappresenta un tipo di modifica post-traduzionale alla quale<br />

possono andare incontro numerose proteine cellulari. Dal punto di vista biochimico essa<br />

consiste nel trasferimento <strong>della</strong> porzione adenosil-fosforibosidica del NAD + a specifici<br />

residui di una proteina accettore, con concomitante rilascio di nicotinamide (NaM). La<br />

reazione è mediata da un’ampia famiglia di enzimi denominati genericamente ADP-<br />

ribosiltrasferasi nella quale si possono distinguere due principali classi: le mono-ADP-<br />

ribosiltrasferasi (ART) e le poli-(ADP-riboso)-polimerasi (PARP). La principale differenza<br />

tra le due classi di enzimi consiste nel fatto che, mentre le ART sono capaci di trasferire al<br />

residuo proteico accettore una sola unità di ADPR, le PARP possono invece trasferire<br />

multiple unità, col risultato finale di ottenere una catena di poli-ADP-riboso legata alla<br />

proteina. In quest’ultimo caso le singole unità di ADP-riboso risultano essere legate tra<br />

loro da caratteristici legami glicosidici riboso (1’’ → 2’) riboso. Inoltre, almeno alcuni<br />

membri <strong>della</strong> famiglia PARP, risultano essere capaci di creare catene ramificate di poli-<br />

ADP-riboso, con i punti di ramificazione rappresentati da legami riboso (1’’’→ 2’’) riboso.<br />

In Figura 10 A) e 10 B) sono descritte in dettaglio la reazione catalizzata dalle ART e la<br />

struttura di una catena di poli-ADP-riboso.<br />

A)<br />

22


B)<br />

Introduzione<br />

Figura 10. A) reazione di ADP-ribosilazione; B) struttura di un polimero di poli-ADP-riboso.In rosso i<br />

legami riboso (1’’→ 2’) riboso. In blu un punto di ramificazione rappresentato da un legame riboso (1’’’→<br />

2’’) riboso.<br />

Le ART sono state identificate e caratterizzate in una grande varietà di organismi,<br />

sia eucarioti che procarioti. Esse si distinguono dal punto di vista biochimico per la<br />

differente specificità nei confronti dei residui accettori, che possono essere rappresentati<br />

sia da residui di arginina che di cisteina. Tra le più note ART batteriche vanno ricordate le<br />

tossine del colera e <strong>della</strong> pertosse. La loro azione patogena si esplica mediante la ADP-<br />

ribosilazione rispettivamente di un residuo di arginina e uno di cisteina di specifiche<br />

proteine G. Ne consegue un’inibizione dell’attività biologica di queste proteine e la<br />

perturbazione di vari processi biologici che determina lo stato patologico [56], [57], [58],<br />

[59]. Nel caso <strong>della</strong> tossina del colera ad esempio, il blocco dell’attività GTPasica di queste<br />

proteine determina uno stimolo permanente dell’adenilato ciclasi da parte delle proteine G<br />

modificate che si traduce in un drammatico aumento <strong>della</strong> concentrazione di cAMP. Il<br />

risultato finale è una perdita massiccia di acqua e sodio dalle cellule. L’esotossina A di<br />

Pseudomonas aeruginosa è un’altra ART capace in questo caso di modificare un residuo di<br />

diftamide (un’istidina modificata) del fattore di traduzione EF-2. Il risultato è un’inibizione<br />

irreversibile <strong>della</strong> sintesi proteica [56], [60].<br />

23


Introduzione<br />

Le ART eucariotiche, a differenza di quelle batteriche, mostrano una specificità di<br />

substrato rivolta prevalentemente verso residui di arginina e sembrano essere coinvolte<br />

principalmente nella regolazione di processi extracellulari. Difatti risultano essere<br />

rappresentate in gran parte da proteine di secrezione o da proteine di membrana ancorate al<br />

fosfatidilinositolo [61]. Nei mammiferi sono stati anche individuati esponenti mitocondriali<br />

delle ART ancorati alla membrana interna di questi organelli [62]. Tra i ruoli fisiologici<br />

svolti da questi enzimi, vanno citati processi di regolazione nello sviluppo delle cellule<br />

muscolari [63] e nella risposta immunitaria attraverso la selettiva induzione dell’apoptosi<br />

in linfociti T attivati [64].<br />

Mentre le ART vantano esponenti sia tra gli eucarioti che tra i procarioti, le PARP<br />

sembrano invece essere una prerogativa degli eucarioti pluricellulari, non essendone stata<br />

finora riscontrata la presenza né in batteri né in lieviti. Le PARP si distinguono dalle ART,<br />

oltre che per la già citata capacità di formare polimeri di ADP-riboso, anche per la<br />

specificità mostrata nei confronti dei residui accettori, rappresentati, nel caso delle PARP,<br />

principalmente da residui di Acido glutammico, aspartico o Lisina. Il prototipo di questa<br />

seconda classe di ADP-ribosiltrasferasi, (che attualmente include i cinque membri PARP-<br />

1, -2, -3, V-PARP e TANKIRASI, [64], [65], [66], [67], [68]) è rappresentato da PARP-1.<br />

Si tratta di un enzima nucleare altamente conservato composto da tre domini caratteristici:<br />

1) un dominio N-terminale con due motivi zinc-finger capaci di legare filamenti di<br />

DNA. In questo dominio è incluso anche il segnale di localizzazione cellulare<br />

(NLS, Nuclear Localization Signal);<br />

2) un dominio centrale che l’enzima è capace di automodificare;<br />

3) un dominio catalitico C-terminale.<br />

Il dominio N-terminale è capace di legare filamenti di DNA con rotture a singolo o<br />

doppio filamento, attivando così il dominio catalitico e promuovendo l’attività poli-ADP-<br />

riboso polimerasica. Ne consegue che questo enzima si attiva in risposta al danno<br />

genotossico indotto da agenti alchilanti, radiazioni ionizzanti o radicali liberi sul DNA. I<br />

bersagli principali del processo di ADP-ribosilazione mediato dalla PARP-1 sono l’istone<br />

H1 ed il dominio centrale dell’enzima stesso (automodificazione). L’elevata carica<br />

negativa del polimero di poli-ADP-riboso induce una repulsione elettrostatica tra le<br />

proteine modificate ed il DNA che si traduce nel distacco <strong>della</strong> PARP-1 dall’acido<br />

nucleico e nell’allontanamento delle proteine istoniche dal DNA. Il DNA danneggiato<br />

24


Introduzione<br />

diventa così accessibile ai complessi enzimatici capaci di attuarne la riparazione. Da notare<br />

che altri enzimi suscettibili di poli-ADP-ribosilazione sono la DNA-polimerasi e la RNA-<br />

polimerasi: la loro modifica assicura che trascrizione e replicazione siano bloccati mentre<br />

sono in atto processi di riparazione del DNA [69]. Il ciclo di riparazione si conclude con<br />

l’intervento di una poli-ADP-riboso glicoidrolasi chiamata PARG che degrada i polimeri<br />

di poli-ADP-riboso addizionati alle proteine accettrici [70]. Appare chiaro come PARP-1<br />

svolga un ruolo fondamentale nella risposta e nella sopravvivenza cellulare al danno<br />

genotossico sul DNA. Questa risposta presenta una intrinseca dicotomia: se da un lato<br />

PARP-1 è capace di promuovere la sopravvivenza a lievi danni al DNA innescando i sopra<br />

citati meccanismi, dall’altro appare capace di promuovere la morte cellulare per necrosi in<br />

seguito ad un massiccio danno genotossico. La morte necrotica si verifica in quest’ultimo<br />

caso per il drastico consumo di NAD + da parte <strong>della</strong> PARP-1, che lascia la cellula priva di<br />

questo essenziale coenzima [71]. Va inoltre ricordato che durante l’apoptosi (morte<br />

cellulare programmata) che si innesca a causa di danni al DNA irreversibili, vengono<br />

attivate specifiche caspasi, proteasi in grado di proteolizzare PARP-1: viene in questo<br />

modo impedito che il processo di poli-ADP-ribosilazione esaurisca le scorte di NAD +<br />

necessarie per il corretto svolgimento del processo apoptotico [72].<br />

Oltre al ruolo nella risposta a stress genotossici, numerose altre funzioni sono state<br />

associate alle PARP [73]. A questi enzimi è stato difatti attribuito un ruolo regolatorio in<br />

processi quali replicazione, trascrizione, differenziamento cellulare, attività telomerasica<br />

ed organizzazione del citoscheletro.<br />

1.5.2 RUOLO DEL NAD + NELLA GIUNZIONE DI FRAMMENTI DI DNA:<br />

LIGAZIONE DEL DNA<br />

Nei procarioti l’idrolisi del legame pirofosforico del NAD + funge da fonte di<br />

energia per l’attivazione <strong>della</strong> DNA ligasi (EC 6.5.1.2). Nelle cellule le DNA ligasi<br />

intervengono nella replicazione del DNA (completamento <strong>della</strong> sintesi del filamento<br />

tardivo), ma anche in altri fenomeni di ricombinazione genica e di riparazione del DNA<br />

[74].<br />

Tutti i batteri contengono un singolo gene per la DNA ligasi, che è un enzima<br />

NAD + -dipendente. Le DNA ligasi degli eucarioti e dei batteriofagi sono invece enzimi<br />

25


Introduzione<br />

ATP-dipendenti. Le DNA ligasi catalizzano la formazione di un legame fosfodiesterico tra<br />

una coppia di residui 5’-fosfato e 3’-ossidrile. La reazione è endoergonica e richiede ATP<br />

o NAD + quali fonti di energia.<br />

Il meccanismo di reazione (Fig. 11) è simile per tutte le DNA ligasi, a prescindere<br />

dalla loro origine, ed implica la formazione di un complesso enzima-AMP, che coinvolge<br />

un residuo di lisina ubiquitariamente conservato. In particolare:<br />

A)<br />

B)<br />

C)<br />

a) il NAD + (o ATP) reagisce con la DNA ligasi e lega covalentemente la sua porzione<br />

adenilica a un residuo di lisina e contemporaneamente viene rilasciato NMN (o<br />

pirofosfato, PPi);<br />

b) l’AMP “attivante” viene trasferito al gruppo 5’-fosfato del DNA, formando un<br />

intermedio covalente instabile DNA-adenilato;<br />

c) su quest’ultimo, il gruppo 3’OH del DNA da ligare effettua un attacco nucleofilo<br />

all’atomo di fosforo attivato dall’AMP, con formazione del nuovo legame<br />

fosfodiesterico e con rilascio di AMP.<br />

Figura 11. Meccanismo di reazione <strong>della</strong> DNA ligasi NAD + -dipendente.<br />

26


Introduzione<br />

1.5.3 RUOLO DEL NAD + NELLA MOBILIZZAZIONE DEL Ca 2+ INTRACELLULARE<br />

La capacità dello ione calcio (Ca 2+ ) di mediare un vasto ed eterogeneo assortimento<br />

di processi cellulari è ben nota. Ne sono esempi la contrazione muscolare, la secrezione di<br />

neurotrasmettitori da parte di cellule nervose, la fertilizzazione <strong>della</strong> cellula uovo e la<br />

morte cellulare per apoptosi [75], [76], [77], [78]. Come un singolo ione sia capace di<br />

coordinare processi così differenti tra loro è tutt’oggi oggetto di intenso studio. La<br />

caratteristica principale dei segnali calcio-mediati è la formazione di picchi o onde di<br />

concentrazione dello ione in questione che iniziano con un aumento localizzato <strong>della</strong><br />

concentrazione di Ca 2+ innescato dallo stimolo iniziale. Il Ca 2+ rilasciato diffonde<br />

attraverso il citoplasma verso altri distretti cellulari promuovendo il rilascio di ulteriori ioni<br />

e, in ultima analisi, la risposta fisiologica allo stimolo iniziale. L’effetto del calcio sul<br />

rilascio dello stesso ione dai depositi intracellulari è duplice: a basse concentrazioni il Ca 2+<br />

è un effettore positivo capace di stimolare il suo stesso rilascio, mentre ad alte<br />

concentrazioni l’effetto diventa inibitorio. In questo modo, quando la concentrazione<br />

intracellulare di Ca 2+ supera una determinata soglia, può iniziare il processo di<br />

riassorbimento dello ione [78]. Va sottolineato che il calcio è solo un effettore (positivo o<br />

negativo a seconda <strong>della</strong> sua concentrazione) nel processo del suo rilascio dai depositi<br />

intracellulari che invece richiede la presenza di molecole segnale calcio-mobilizzanti<br />

specifiche. La principale molecola responsabile <strong>della</strong> mobilizzazione del Ca 2+<br />

intracellulare è l’inositolo trifosfato (InsP3) [79].<br />

Tra gli altri metaboliti dotati di proprietà calcio-mobilizzanti vanno citati l’ADP-<br />

riboso ciclico (cADPR), l’ADP-riboso fosfato ciclico (cADPRP) e l’acido nicotinico<br />

adenin dinucleotide fosfato (NaADP + ) [80], [81], [82], [83]. La scoperta di questi composti<br />

ha permesso di attribuire al NAD(P) + un importante ruolo anche nella mobilizzazione del<br />

Ca 2+ intracellulare in quanto le citate molecole derivano direttamente dal dinucleotide<br />

piridinico attraverso due differenti reazioni mediate da uno stesso enzima ad attività ADP-<br />

ribosil ciclasica e transglicosidasica. Nei mammiferi, il principale enzima che catalizza la<br />

sintesi di cADPR(P) e NaADP + sembra essere CD38, una proteina intrinseca di membrana<br />

ben nota per il ruolo svolto nella regolazione dell’attivazione e <strong>della</strong> proliferazione dei<br />

linfociti [84]. Questo enzima è capace di mediare sia il processo di ciclizzazione del<br />

NAD(P) + a cADPR(P) sia il processo di transglicosidazione del NAD(P) + a NaAD(P) +<br />

(Fig. 12). Quest’ultima attività catalitica necessita però di condizioni piuttosto lontane<br />

27


Introduzione<br />

dagli standard fisiologici, in quanto CD38 ha mostrato di essere capace di sintetizzare<br />

NaADP + con un optimum di pH pari a 5 e con una concentrazione di acido nicotinico<br />

largamente in eccesso rispetto ai valori di concentrazione endogena. Ci si interroga dunque<br />

sulla valenza fisiologica <strong>della</strong> reazione di transglicosidazione in questione, e per questo<br />

sono stati proposti altri meccanismi per la sintesi di NaADP + come la fosforilazione diretta<br />

del NaAD + e la deamminazione diretta del NADP + [81], [83].<br />

Figura 12. Sintesi dei calcio-mobilizzatori NaADP + e cADPR(P) mediata da CD38 a partire da NAD(P) + . A,<br />

transglicosidazione; B, ciclizzazione.<br />

Per quanto concerne l’attività biologica di cADPR(P), NaADP + ed InsP3, è<br />

interessante notare che ognuno di questi messaggeri è capace di mobilizzare Ca 2+ da<br />

differenti depositi cellulari attivando differenti canali ionici. È stato dimostrato in effetti<br />

28


Introduzione<br />

che il rilascio di Ca 2+ innescato dai tre composti è inibito selettivamente da sostanze<br />

differenti: l’eparina è un inibitore selettivo <strong>della</strong> mobilizzazione del Ca 2+ mediata da InsP3,<br />

la procaina è invece un antagonista selettivo per il cADPR, infine, un antagonista specifico<br />

per il NaADP + è risultato essere la tionicotinamide-NADP + [85]. Tutto ciò suggerisce<br />

fortemente che i tre messaggeri derivati dal NAD + siano funzionali a processi e risposte<br />

fisiologiche differenti.<br />

1.5.4 REAZIONI DI DEACETILAZIONE NAD + -DIPENDENTE<br />

I fenomeni di acetilazione e deacetilazione a carico delle proteine rappresentano un<br />

ben noto meccanismo di regolazione implicato in numerosi processi cellulari, quali il<br />

riconoscimento del DNA da parte di proteine, l’interazione tra proteine, e la stabilità<br />

proteica [86]. Il processo di acetilazione, consistente nell’aggancio di un gruppo acetile<br />

all’azoto amminico di un residuo di lisina di una proteina accettrice, è mediato da una<br />

famiglia di enzimi denominata HAT (histone acetyltransferase, istone acetiltrasferasi)<br />

mentre la reversibilità del processo è garantita dalle HDAC (histone deacetylases, istone<br />

deacetilasi) che catalizzano la rimozione dei gruppi acetili dai residui di lisina accettori. A<br />

dispetto di quanto suggerito dai loro nomi, entrambe le famiglie di enzimi discusse<br />

annoverano tra i loro substrati un vasto assortimento di proteine di cui gli istoni<br />

rappresentano solo una parte. Le HDAC vengono raggruppate in tre classi sulla base <strong>della</strong><br />

loro omologia con repressori trascrizionali di lievito: le deacetilasi di classe I e classe II<br />

sono omologhe rispettivamente delle deacetilasi di lievito Rpd3p e Hda1p e presentano una<br />

elevata reciproca omologia nei core catalitici. Le deacetilasi di classe III non presentano<br />

invece similarità con le altre due classi e vengono chiamate proteine SIR2 (Silent<br />

Information Regulator 2) o sirtuine in onore del loro membro fondatore, Sir2p di lievito.<br />

Dal punto di vista biochimico, la principale peculiarità delle sirtuine consiste nella<br />

loro completa dipendenza catalitica dal NAD + . In effetti, nonostante il processo di<br />

deacetilazione sia termodinamicamente favorito, le sirtuine accoppiano la rimozione del<br />

gruppo acetile dai residui acetilati del legame β-N-glicosidico ad alta energia del NAD + . Il<br />

gruppo acetile rimosso viene trasferito all’ADP riboso con formazione di NaM e dei due<br />

isomeri 2’ e 3’-O-acetil-riboso [87], [88] (Fig. 13). È stato dimostrato che questi ultimi due<br />

composti sono capaci di ritardare la maturazione e la divisione cellulare dei blastomeri<br />

29


Introduzione<br />

degli oociti in cui vengono iniettati [89] ed è stato per questo proposto che possano fungere<br />

da secondi messaggeri con funzioni correlate all’attività delle sirtuine.<br />

Figura 13. Deacetilazione NAD + -dipendente mediata dalle HDACs di classe III.<br />

Dai batteri all’uomo, la famiglia delle sirtuine è altamente conservata [90]. Sir2p di<br />

lievito, membro fondatore <strong>della</strong> famiglia SIR2, è risultato essere sostanzialmente un<br />

repressore trascrizionale la cui azione si esplica mediante acetilazione degli istoni H3 ed<br />

H4. La rimozione degli acetili delle proteine istoniche comporta difatti una perdita di<br />

cariche negative che favorisce l’interazione istoni-DNA e dunque la conversione<br />

dell’eucromatina (forma più rilassata <strong>della</strong> cromatina, trascrizionalmente più attiva) in<br />

eterocromatina, estremamente condensata e geneticamente silente in quanto inaccessibile<br />

ai fattori trascrizionali. Sir2p nel lievito è richiesta per il silenziamento trascrizionale a<br />

livello dei telomeri [91], del DNA ribosomiale [92] e dei loci mating type [93].<br />

30


Introduzione<br />

Una singola copia extra di Sir2p in lievito è capace di aumentare la durata del ciclo<br />

replicativo in maniera estremamente significativa [94]. Questo effetto sulla durata <strong>della</strong><br />

vita cellulare è stato messo in relazione con la capacità di inibire la ricombinazione e la<br />

produzione di rDNA circolari, una nota causa di senescenza cellulare.<br />

Nell’uomo, Sirt1 è il più stretto omologo di Sir2p. Nonostante Sirt1 sia capace in vitro di<br />

deacetilare efficacemente le proteine istoniche [95], i suoi target fisiologici sembrano<br />

essere principalmente altri. Tra i più interessanti vanno citati l’oncosoppressore p53 [96],<br />

[97], ed il fattore trascrizionale FOXO3 [98], implicato nel controllo del ciclo cellulare e<br />

nella detossificazione cellulare in risposta ai ROS (specie reattive dell’ossigeno). Sotto<br />

condizioni di stress ossidativo, Sirt1 interagisce con FOXO3 deacetilando e promuovendo<br />

da un lato la trascrizione FOXO3-dipendente di fattori di resistenza allo stress e dall’altro<br />

la repressione <strong>della</strong> trascrizione di fattori proapoptotici. L’abilità di Sirt1 di bloccare il<br />

processo apoptotico è sottolineata anche dal fatto che la deacetilazione Sirt1-dipendente di<br />

p53 inibisce l’attività proapoptotica di quest’ultimo. Nel complesso, le evidenze<br />

sperimentali accumulate circa le funzioni di Sirt1, fanno di quest’ultimo un fattore<br />

trascrizionale capace di prolungare la vita cellulare in risposta a condizioni di stress<br />

ossidativo ritardando il processo apoptotico e promuovendo l’espressione di fattori per la<br />

resistenza allo stress. Il fatto che l’attività catalitica di Sirt1 sia dipendente dal NAD +<br />

prospetta un’interessante ipotesi: in ultima analisi lo stato redox <strong>della</strong> cellula deciderebbe<br />

le sorti cellulari in condizioni di stress modulando l’attività di Sirt1. Un elevata<br />

disponibilità di NAD + (indice di un elevato rapporto NAD + /NADH) innescherebbe<br />

processi di resistenza allo stress stimolando l’attività di Sirt1 mentre uno stato redox<br />

sfavorevole inibirebbe l’attività di Sirt1 con conseguente attivazione del processo<br />

apoptotico (Fig.14). In effetti è stato proposto che, in generale, gli enzimi SIR2 siano<br />

sostanzialmente dei sensori dello stato metabolico <strong>della</strong> cellula capaci di modulare, in<br />

risposta a quest’ultimo, processi fisiologici essenziali.<br />

31


Introduzione<br />

Figura 14. Schema di eventi nella risposta cellulare a condizioni di stress ossidativo modulata dallo stato<br />

redox <strong>della</strong> cellula in maniera Sirt1-dipendente.<br />

Infine, le reazioni che scindono il NAD + (ma non il NADH) possono determinare<br />

un’alterazione del potenziale redox. È noto che la produzione di specie reattive<br />

dell’ossigeno (ROS), mediata dall’azione dei radicali liberi, causa un danno cellulare<br />

irreversibile conseguente ad una alterazione del potenziale redox in malattie infettive,<br />

diabete, sindromi infiammatorie, neurodegenerazione e cancro. Il potenziale redox è<br />

collegato sia alla concentrazione assoluta dei dinucleotidi piridinici che al rapporto tra le<br />

concentrazioni delle forme ossidata e ridotta ([NAD + ]/[NADH] e [NADP + ]/[NADPH]).<br />

Pertanto è plausibile che un’alterata regolazione <strong>della</strong> sintesi e degradazione di questi<br />

32


Introduzione<br />

coenzimi influenzi direttamente lo stato redox cellulare, e contribuisca quindi ai<br />

meccanismi alla base <strong>della</strong> patogenesi delle malattie citate [24].<br />

1.6 Degenerazione Walleriana<br />

Quando traumi o lesioni di un nervo periferico causano la perdita <strong>della</strong> continuità<br />

dell’assone, si verifica una degenerazione del segmento distale del nervo stesso: tale<br />

processo è definito degenerazione Walleriana, in onore di Augusto Waller che per primo<br />

nel 1850 descrisse tale fenomeno [99], recidendo i nervi glossofaringeo e ipoglosseo di<br />

rana, e osservandone al microscopio segmenti distali separati dai corpi cellulari. In queste<br />

condizioni si assiste al fenomeno del cosiddetto “dying-back”, che inizia dall’estremità<br />

distale dell’assone e progressivamente si diffonde “all’indietro” verso il corpo cellulare,<br />

prima <strong>della</strong> morte del corpo cellulare stesso. Successivamente Ranvier [100] e Ramo'n-y-<br />

Cajal [101] compirono studi più ampi sul fenomeno, in relazione alla distruzione <strong>della</strong><br />

mielina. L’interruzione delle fibre nervose che risiedono interamente nel sistema nervoso<br />

centrale (SNC) provoca anche in questo caso degenerazione <strong>della</strong> porzione distale, ma<br />

contrariamente alle aspettative, la degenerazione Walleriana nel SNC è molto più lenta che<br />

nel SNP. In un elegante studio condotto su nervo frenico di ratto, Lubinska [102] ha<br />

stimato la velocità <strong>della</strong> degenerazione Walleriana: a seconda dello spessore delle fibre, ha<br />

calcolato 45,6 mm/24 h per le fibre più grandi e 252 mm/24 h per le fibre più sottili.<br />

Appare ovvio che entro 48 ore, tutto il nervo è stato interamente coinvolto (Fig. 15). È<br />

stato osservato che la degenerazione Walleriana è rallentata da temperature più basse:<br />

esperimenti effettuati su animali pecilotermi (in grado di variare la temperatura del corpo<br />

col variare di quella dell'ambiente), animali in letargo, e altri modelli hanno dato chiare<br />

indicazioni sul ruolo critico <strong>della</strong> temperatura. L'accelerazione che si nota ad alte<br />

temperature è stata attribuita alla stimolazione degli enzimi degradativi, nonché ad un<br />

possibile esaurimento di fattori di crescita e sostanze nutritive, che in assenza di continuità<br />

assonale non possono più fluire dal corpo cellulare all’assone secondo il normale flusso<br />

anterogrado.<br />

33


Introduzione<br />

Figura 15. Processo di degenerazione Walleriana; a) lesione assonale e processo degenerativo; b)<br />

ingrandimento dell’assone.<br />

Il processo di degenerazione Walleriana inizia con la degradazione dell’assoplasma<br />

e dell’assolemma accompagnata da uno sviluppo di frammenti assonali e mielina che<br />

vengono successivamente rimossi dalle cellule di Schwann e dai macrofagi.<br />

Il fenomeno <strong>della</strong> degenerazione assonale riveste notevole importanza dal punto di<br />

vista clinico. Le malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale<br />

Amiotrofica e Sclerosi Multipla, le neuropatie causate da sostanze tossiche (come i<br />

chemioterapici quali la vincristina e i tassoli) o lesioni neuronali traumatiche, interessano<br />

una larga fetta <strong>della</strong> popolazione mondiale, e di esse nella maggior parte dei casi non si<br />

conosce cura: le caratteristiche patologiche di queste malattie includono infatti la perdita di<br />

neuroni e la degenerazione assonale.<br />

Data tale importanza, sono in corso numerosissimi studi al fine di comprendere i<br />

meccanismi molecolari alla base del processo di degenerazione assonale Walleriana, che<br />

restano però in gran parte sconosciuti.<br />

1.7 Degenerazione Walleriana rallentata: Wld S<br />

Per molto tempo si è ritenuto che la degenerazione Walleriana fosse causata<br />

solamente dalla mancanza di proteine sintetizzate nel corpo cellulare. Questo punto di vista<br />

34


Introduzione<br />

è stato messo in discussione grazie alla scoperta di una mutazione spontanea osservata nel<br />

ceppo di topo denominato C57BL/6J, nel quale la velocità <strong>della</strong> degenerazione Walleriana<br />

risulta sensibilmente rallentata [103]. Infatti, in tale topo mutante, dopo la lesione assonale<br />

la porzione distale del neurone tagliato rimane vitale e funzionale per almeno 3-4 settimane<br />

in vivo. Questo effetto protettivo è geneticamente dominante e intrinseco dell’assone. Nel<br />

2001 Coleman et al. [104], hanno identificato in tale ceppo il gene responsabile del<br />

fenotipo caratterizzato dalla protezione dell’assone nei confronti <strong>della</strong> degenerazione post-<br />

traumatica: si tratta del gene Wld S (acronimo di Wallerian Degeneration Slow),<br />

proveniente da una triplicazione tandem sul cromosoma 4. Il gene Wld S consta di una<br />

porzione derivante dalla regione 5’ del gene del fattore di ubiquitinizzazione (Ube4b) e<br />

dall’intera sequenza del gene D4Cole1e (Fig. 16). Il gene Wld S pertanto codifica per una<br />

proteina di fusione formata dai primi 70 amminoacidi del fattore di ubiquitinizzazione<br />

(Ube4b), da 18 amminoacidi provenienti dalla regione 5’ UTR (UnTraslated Region) del<br />

gene D4Cole1e, e infine dai 285 amminoacidi <strong>della</strong> regione codificante del gene D4Cole1e<br />

(Fig. 10).<br />

Figura 16. Rappresentazione schematica <strong>della</strong> triplicazione tandem nel genoma dei topi Wld S e <strong>della</strong><br />

proteina chimerica codificata dal gene ibrido.<br />

La porzione proteica D4Cole1e è l’omologo murino dell’enzima NMNAT1<br />

(Nicotinamide MonoNucleotide AdenililTrasferasi 1), che nell’uomo catalizza una<br />

reazione essenziale nella biosintesi del NAD + , sia de novo (1.3.1) che di recupero (1.3.2).<br />

35


Introduzione<br />

1.8 Caratteristiche strutturali - funzionali dell’enzima NMNAT<br />

La scoperta delle numerose funzioni svolte dal NAD + nel metabolismo cellulare,<br />

non solo come cofattore nelle reazioni redox ma anche come precursore di molecole<br />

segnale (cfr. sezione 1.5.3) e come substrato utilizzabile in essenziali processi di modifica<br />

post-traduzionale di proteine coinvolti in fenomeni di regolazione metabolica (cfr. sezioni<br />

1.5.1 e 1.5.4), rende evidente, fra l’altro, la stretta analogia funzionale fra NAD + e ATP. La<br />

duplicità di ruolo del NAD + nell’economia cellulare, sembra essere quindi analoga al<br />

duplice ruolo dell’ATP come metabolita sia energetico che regolatorio. La sintesi del<br />

NAD + deve quindi essere finemente regolata per assicurare la concentrazione necessaria<br />

per tutti i processi che lo utilizzano.<br />

L’enzima Nicotinamide Mononucleotide Adenililtrasferasi (NMNAT, E.C. 2.7.7.1)<br />

appartiene alla famiglia delle nucleotidiltrasferasi α-β fosfodiesterasi, e catalizza la<br />

reazione reversibile:<br />

NMNAT + ATP NAD + + PPi<br />

L’enzima gioca pertanto un ruolo chiave nella sintesi del NAD + , catalizzando la reazione<br />

enzimatica che rappresenta la tappa conclusiva sia delle vie di recupero che <strong>della</strong> via<br />

biosintetica de novo del NAD + . La reazione è riportata in Figura 17. Si tratta di un attacco<br />

nucleofilo da parte di un atomo di ossigeno del gruppo fosfato del substrato NMN o NaMN<br />

al fosfato α dell’ATP, con conseguente formazione di NAD + e rilascio di PPi.<br />

A)<br />

36


B)<br />

Introduzione<br />

Figura 17. A) Schema <strong>della</strong> reazione catalizzata dalle NMNAT. B) Modello tridimensionale <strong>della</strong> reazione.<br />

La conformazione e la disposizione spaziale del NAD + è stata estrapolata dalla struttura cristallografica <strong>della</strong><br />

hNMNAT1 con esso complessata (codice pdp 1KQN). La disposizione del PPi dopo catalisi è stata dedotta<br />

dalla posizione dei fosfati β e γ dell’ATP. Rosso = O; blu = N; arancio = P; verde = C.<br />

Tutte le NMNAT finora studiate richiedono per la catalisi un catione divalente.<br />

Nonostante il metallo non sia richiesto per il legame dei singoli substrati all’enzima [35],<br />

sembra sia necessario affinché avvenga l’attacco nucleofilo, probabilmente spostando il<br />

fosfato piridinico in una posizione più favorevole per l’aggancio del fosfato α dell’ATP. Le<br />

NMNAT eucariotiche mostrano una duplice specificità di substrato, rivolta, oltre all’NMN,<br />

anche all’NaMN e risultano quindi capaci di sintetizzare anche NaAD + . Le NMNAT<br />

eubatteriche finora studiate risultano invece incapaci di utilizzare efficientemente NMN<br />

[105] e per questo sono chiamate Nicotinato MonoNucleotide AdenililTrasferasi<br />

(NaMNAT, E.C. 2.7.7.18).<br />

Tutte le N(a)MNAT note presentano una sequenza estremamente conservata nella<br />

porzione N-terminale (GXFXPX(T/H)XXH) ed una sequenza altrettanto conservata al C-<br />

terminale (SX(T/S)XXR) [106], [107] che sono pertanto state identificate come signature<br />

37


Introduzione<br />

caratteristiche di questa famiglia di enzimi, che gioca un ruolo fondamentale nel<br />

riconoscimento e nel legame dei substrati.<br />

Nell’uomo sono state finora individuate e caratterizzate tre distinte isoforme<br />

dell’enzima NMNAT. I tre isoenzimi presentano sostanziali differenze per quanto<br />

riguarda: a) localizzazione subcellulare (Fig. 18), b) struttura quaternaria, c) proprietà<br />

cinetiche e d) profili di espressione tissutale [108].<br />

Figura 18. Localizzazione subcellulare delle hNMNATs. Cellule Hela sono state trasfettate in modo da<br />

sovraesprimere le hNMNAT fuse a peptidi FLAG N-terminali. a) Le cellule Hela sovraesprimenti<br />

hNMNAT1 sono state immunocolorate con il colorante DAPI, specifico per i cromosomi, e con anticorpi<br />

fluorescenti anti-FLAG. b) In due esperimenti indipendenti hNMNAT2 è stata iperespressa con il FLAG fuso<br />

al N ed al C-terminale. Il marker di localizzazione nel Golgi è rappresentato dal costrutto EYFP. Le cellule<br />

sono state colorate con anticorpi anti-FLAG e con anticorpi contro il costrutto. c) Per hNMNAT3 il marker di<br />

localizzazione nei mitocondri è rappresentato dal colorante Mitotracker (MT) specifico per i mitocondri.<br />

hNMNAT1- L’isoenzima hNMNAT1 è una proteina di 279 residui dal peso molecolare<br />

teorico di 31,9 kDa. L’analisi <strong>della</strong> struttura primaria evidenzia la presenza di un segnale<br />

38


Introduzione<br />

NLS (Nuclear Localization Signal; PGRKRKW) nel dominio centrale dell’enzima, a<br />

conferma <strong>della</strong> sua nota localizzazione nucleare [34], [108]. La sua presenza nel nucleo ha<br />

suggerito una relazione funzionale con PARP-1, portando all’identificazione del ruolo<br />

inibitorio svolto da hNMNAT1 nei confronti dei processi di ADP-ribosilazione [34], [109].<br />

Figura 19. Struttura cristallografica oligomerica<br />

<strong>della</strong> hNMNAT1 (codice pdb 1KKU).<br />

Questa interazione suggerisce fortemente che<br />

hNMNAT1 possa giocare un ruolo nella<br />

regolazione fisiologica dell’attività ADP-<br />

ribosiltrasferasica nucleare, prevenendo la morte<br />

necrotica causata da un eccessivo consumo di<br />

NAD + durante la risposta fisiologica al danno<br />

genotossico (vedi sezione 1.5.1).<br />

Il gene per hNMNAT1 è localizzato sul<br />

cromosoma 1p36.2 e, come evidenziato da<br />

esperimenti di Northern blotting, sembra essere<br />

copiato in due trascritti delle dimensioni<br />

rispettivamente di 3,1 e 4,1 KDa.<br />

La presenza di questi due RNA messaggeri è<br />

stata riscontrata, sebbene a livelli<br />

quantitativamente differenti, in tutti i tessuti<br />

umani finora esaminati facendo di hNMNAT1<br />

l’enzima più ubiquitario <strong>della</strong> famiglia e quindi il<br />

principale responsabile <strong>della</strong> biosintesi e<br />

dell’omeostasi del NAD + nell’uomo.<br />

La struttura tridimensionale <strong>della</strong> hNMNAT1<br />

(Fig. 19), determinata indipendentemente in tre diversi laboratori (di cui il primo è il<br />

laboratorio dove è stata svolta la presente tesi) [107], [110], [111] sia come apoenzima che<br />

in complesso con i vari substrati, ha rivelato una struttura quaternaria esamerica.<br />

hNMNAT2- L’isoenzima hNMNAT2 è una proteina di 307 residui dal peso molecolare<br />

teorico di 34,4 kDa identificata e caratterizzata per la prima volta nel laboratorio dove è<br />

stato svolto il presente lavoro di tesi [112]. Il corrispondente gene è stato localizzato in<br />

posizione 1q25. Per la hNMNAT2 inizialmente definita citosolica [35], è stata<br />

39


Introduzione<br />

successivamente dimostrata una localizzazione subcellulare prettamente golgiana [108].<br />

Esperimenti di gel filtrazione hanno dimostrato per questa proteina un’organizzazione<br />

monomerica in soluzione, anche se non è stato ancora possibile confermare ciò con dati<br />

cristallografici. In effetti hNMNAT2 è l’unico isoenzima <strong>della</strong> famiglia delle NMNAT<br />

umane per il quale non è stata ancora risolta la struttura tridimensionale.<br />

Questo enzima risulta essere espresso principalmente nel cervello [112] e nelle<br />

isole di Langherans del pancreas [113]. Questo fatto, in associazione con la localizzazione<br />

golgiana, suggerisce per hNMNAT2 un possibile ruolo nei fenomeni di secrezione<br />

cellulare.<br />

hNMNAT3- L’isoenzima hNMNAT3 è la più piccola delle proteine NMNAT essendo<br />

costituito da 252 residui, con un peso molecolare teorico di 28,3 kDa. Il gene è localizzato<br />

in posizione 3q23. L’enzima presenta una localizzazione subcellulare mitocondriale [108]<br />

e sembra essere espresso principalmente nella milza e nel polmone e , meno, nella placenta<br />

e nel rene [35]. L’organizzazione quaternaria è di tipo tetramerico [35] con i monomeri<br />

aventi un fold molto simile a quello <strong>della</strong> NMNAT1. Il ruolo fisiologico giocato da questo<br />

enzima all’interno del mitocondrio è ancora sconosciuto.<br />

Come indicato da Sorci et al. [114], la hNMNAT1 mostra una chiara superiorità<br />

catalitica rispetto alle altre due isoforme, il che suggerisce che tale isoforma nei mammiferi<br />

sia principalmente responsabile dell’omeostasi del NAD + in vivo, un evento localizzato<br />

essenzialmente nella sede nucleare come dimostrato dalla localizzazione dell’enzima in<br />

questione. Dato che il NAD + nucleare è in equilibrio con quello citosolico, è evidente che<br />

l’NMNAT1 possa essere ragionevolmente il maggiore responsabile del rifornimento del<br />

dinucleotide, e dunque dell’omeostasi a livello dell’intera cellula di mammifero. Il suo<br />

ruolo essenziale nella biosintesi di NAD + è inoltre evidenziato dalla natura praticamente<br />

ubiquitaria nelle varie cellule differenziate dell’organismo, che coincide con<br />

un’espressione costitutiva. Al contrario, la sensibile e globale minore efficienza catalitica<br />

riscontrata a carico delle isoforme NMNAT2 e NMNAT3, unitamente alla loro espressione<br />

non ubiquitaria, non permette di assegnare loro una funzione capace di vicariare<br />

l’isoenzima 1 nel ruolo di principale rifornitore di NAD + cellulare. A tale riguardo è stata<br />

avanzata l’ipotesi che queste due isoforme, operando la sintesi di NAD + localizzata<br />

40


Introduzione<br />

all’interno degli organelli in cui sono confinate, contribuiscano ad eventi fisiologici<br />

particolari e/o tessuto-specifici, a tutt’oggi in gran parte sconosciuti.<br />

1.9 Wld S e NMNAT nella neuroprotezione<br />

Il sistema nervoso periferico (SNP) ha una grande capacità di rigenerativa dopo<br />

lesione con prospettiva di prognosi favorevole in alcune neuropatie assonali. Al contrario,<br />

la degenerazione Walleriana nel sistema nervoso centrale (SNC) non mostra visibili segni<br />

di rigenerazione, e il recupero assonale sembra essere fuori dalla portata <strong>della</strong><br />

manipolazione terapeutica. Tuttavia, l'effetto protettivo <strong>della</strong> proteina Wld S , che è<br />

condiviso sia dal sistema nervoso periferico (SNP) che da quello centrale (SNC) può far<br />

pensare all’esistenza di un meccanismo di danno assonale comune e ad un possibile<br />

comune rimedio.<br />

Allo scopo di prevenire la perdita di assoni e dendriti e di studiare nuovi trattamenti<br />

terapeutici per tutti quei disordini che comportano neurodegenerazione, negli ultimi 20<br />

anni sono stati effettuati numerosi studi volti ad chiarire il coinvolgimento <strong>della</strong> Wld S e<br />

delle tre isoforme NMNAT nella protezione assonale.<br />

Oltre alle osservazioni effettuate in vitro, da cui si è potuto concludere che la proteina<br />

Wld S protegge in neuropatie indotte dai due antitumorali Vincristina e Tassolo [115],<br />

[116], [117], è stato appurato che essa ha effetto neuroprotettivo anche in studi condotti su<br />

topi mutanti Wld S modello di molte patologie come morbo di Parkinson [118], neuropatia<br />

progressiva dei nervi motori [119], sclerosi multipla [120], assonopatia legata alla mielina<br />

[121], distrofia muscolare gracile [122] e glaucoma [123].<br />

Inizialmente ci sono state alcune controversie su quale fosse la porzione <strong>della</strong> Wld S<br />

responsabile <strong>della</strong> neuro protezione: i 70 amminoacidi del fattore di ubiquitinizzazione, o<br />

la NMNAT1, o se fosse necessaria l’intera proteina. In neuroni in coltura, differenti gruppi<br />

di ricerca hanno osservato che, inibendo l’attività del sistema proteasomico dell’ubiquitina<br />

si ottiene un rallentamento <strong>della</strong> degenerazione Walleriana [124], [125], mentre la<br />

iperespressione <strong>della</strong> sola NMNAT1 può mimare l’effetto protettivo <strong>della</strong> Wld S [126],<br />

[127], [128]. Qualche effetto protettivo può essere mimato anche dal NAD + stesso<br />

introdotto dall’esterno o dai suoi precursori nicotinamide e nicotinamide riboside forniti<br />

dall’esterno, suggerendo che la Wld S /NMNAT1 può agire, almeno parzialmente, attraverso<br />

41


Introduzione<br />

la biosintesi del NAD + . Similmente, studi indipendenti hanno dimostrato che la NMNAT1<br />

potrebbe proteggere dalla degenerazione in modelli in vivo costituiti da Drosophila [129],<br />

[130]. Tuttavia la Dr.ssa Conforti e il suo gruppo in Inghilterra hanno anche osservato che<br />

la iperespressione <strong>della</strong> NMNAT1 in modelli di topi transgenici non protegge dalla<br />

degenerazione Walleriana in nervi sciatici in vivo [131]. La spiegazione di questa<br />

discrepanza è stata trovata nel fatto che mentre la NMNAT1 è nucleare, le proteine<br />

iperespresse Wld S /NMNAT1 possono essere rilevate negli assoni dei nervi in coltura<br />

[127], [130]. Forse la NMNAT1 espressa nei topi transgenici generati nel laboratorio <strong>della</strong><br />

Dr.ssa Conforti [131] non ha raggiunto un alto livello di espressione ed era principalmente<br />

localizzata nel nucleo, quindi la NMNAT1 presente negli assoni risultava insufficiente per<br />

sviluppare la protezione. Inoltre, sebbene molti studi indicano che la Wld S sia localizzata<br />

nel nucleo di neuroni dei topi Wld S [132], questi studi si basano su anticorpi preparati<br />

contro un peptide di 18 amminoacidi <strong>della</strong> Wld S (localizzato tra i 70 amminoacidi<br />

provenienti dal fattore di ubiquitinizzazione Ube4b e la NMNAT1) [133], [134]. Il fattore<br />

di ubiquitinizzazione stesso è localizzato sia nel nucleo che nell’assone, e pertanto la<br />

proteina di fusione Wld S potrebbe essere portata nell’assone dal frammento di Ube4b. A<br />

supporto di questa ipotesi è stato dimostrato che una forma mutante di Wld S con la<br />

mutazione sul segnale di localizzazione nucleare (che porta ad un aumento <strong>della</strong><br />

concentrazione <strong>della</strong> Wld S nel citoplasma) ha l’effetto di incrementare fortemente l’effetto<br />

protettivo dalla degenerazione Walleriana [135]. Dal 2004 al 2007 sono stati condotti<br />

numerosi studi in vari mutanti per la comprensione del meccanismo alla base <strong>della</strong><br />

neurodegenerazione, ma nonostante i brillanti risultati rimangono ancora molti quesiti<br />

irrisolti.<br />

Sono stati anche analizzati i diversi livelli di protezione dalla neurodegenerazione<br />

da parte dei tre isoenzimi NMNAT noti. È stato appurato che la NMNAT1 ritarda la<br />

degenerazione assonale dopo l’assotomia in colture primarie DRG (Dorsal Root Ganglia)<br />

[126], [127], e previene la degenerazione assonale causata dalla sovraesposizione alla<br />

vincristina in colture cellulari DRG [126], [136]. È importante notare che sebbene la<br />

NMNAT1 sia nucleare, la proteina iperespressa si rileva nel citoplasma e negli assoni.<br />

Recenti scoperte hanno rivelato che i livelli di NMNAT2 subiscono un notevole<br />

decremento nell’ippocampo di topi transgenici vecchi, APPswe/PS1dE9, modelli per<br />

l’Alzheimer [137], [138]. Inoltre la iperespressione <strong>della</strong> NMNAT2 umana protegge dalla<br />

42


Introduzione<br />

degenerazione gli assoni recisi in cellule SCG in coltura [137], mentre non protegge gli<br />

ORN (neuroni recettori olfattivi) recisi [139]. Analogamente alla NMNAT1, la NMNAT3<br />

protegge gli assoni da disfunzioni mitocondriali indotte da una varietà di aggressioni come<br />

taglio e sostanze chimiche tossiche, nonché esplica protezione in cellule DRG e in<br />

Drosophila [128], [136]. Infine è molto interessante notare che la NMNAT3 protegge dalla<br />

neurodegenerazione in modelli di topo transgenico in modo simile alla Wld S , supportando<br />

ancora una volta l’effetto protettivo delle NMNAT non nucleari e <strong>della</strong> Wld S stessa [140].<br />

Si può concludere che la protezione assonale NMNAT-mediata è evoluzionisticamente<br />

conservata: le NMNAT, nonostante presentino sequenze differenti e strutture diverse in<br />

varie specie incluse Drosophila, lieviti e archebatteri, mediano tutte una risposta assonale<br />

in colture cellulari murine DRG [141].<br />

Infine, ma non meno importante, rimane ancora da determinare il ruolo che il<br />

NAD + avrebbe nella neuroprotezione: anche in questo caso sono stati ottenuti risultati che<br />

non concordano su quale sia la reale importanza del NAD + , e quindi quanto un incremento<br />

dell’attività enzimatica da parte delle varie isoforme NMNAT influenzi la degenerazione<br />

assonale. Se da una parte sono state condotte osservazioni che tendono ad attribuire al<br />

NAD + un ruolo chiave nella neuroprotezione attraverso l’impatto con il metabolismo<br />

energetico dell’assone [127], è stato anche appurato che inibendo in colture SCG Wld S<br />

l’attività <strong>della</strong> NamPRT, enzima che catalizza lo step limitante <strong>della</strong> biosintesi del NAD +<br />

dalla NaM (cfr. 1.3.2), il fenotipo Wld S viene invertito solo in maniera incompleta; allo<br />

stesso tempo l’inibizione <strong>della</strong> NamPRT non influenza l’attività protettiva <strong>della</strong> NMNAT1<br />

[141]. Questi dati suggeriscono pertanto una potenziale ipotetica azione NAD + -<br />

indipendente <strong>della</strong> NMNAT1.<br />

Dunque, nonostante siano stati fatti molti progressi nella comprensione <strong>della</strong><br />

degenerazione assonale, molti quesiti rimangono irrisolti: sarebbe interessante chiarire<br />

esattamente quali sono gli organelli cellulari in cui la Wld S e le NMNAT operano e il<br />

pathway attraverso cui esplicano le loro funzioni protettive. Infine, non sono state<br />

chiaramente caratterizzate oltre alla Wld S , le funzioni protettive delle NMNAT nelle<br />

malattie neurodegenerative, nonché la correlazione delle NMNAT a queste stesse<br />

condizioni patologiche.<br />

43


1.10 Scopo del presente lavoro di tesi e prospettive<br />

Introduzione<br />

I risultati riportati sulla degenerazione Walleriana non concordano su quale dei tre<br />

isoenzimi NMNAT sia responsabile <strong>della</strong> protezione dalla degenerazione assonale nei<br />

mammiferi, e non è noto se il ruolo principale sia svolto da un’unica isoforma o se le varie<br />

isoforme svolgano ruoli sinergici. Gli studi più recenti, tendono ad accreditare il<br />

coinvolgimento diretto dell’isoenzima NMNAT2: infatti, Jilley e Coleman [142] hanno<br />

dimostrato che la specifica deplezione <strong>della</strong> NMNAT2 (la più labile delle tre isoforme) è<br />

sufficiente ad indurre una degenerazione di tipo Walleriano in assoni lesionati che la<br />

NMNAT1 e la NMNAT3 endogene non sono in grado di compensare. Per contro<br />

l’iperespressione di NMNAT2 “esogena” può proteggere un neurite lesionato, se espressa a<br />

livelli sufficientemente alti da sopperire alla sua limitata emivita.<br />

Data la grande quantità di informazioni presenti in letteratura sull’argomento<br />

specifico spesso contraddittorie, diventa essenziale approfondire lo studio dei meccanismi<br />

molecolari alla base <strong>della</strong> protezione. A tal proposito, nel 2006, nel laboratorio in cui si è<br />

svolta il presente lavoro di tesi, è stato intrapreso uno studio volto a determinare le<br />

caratteristiche cinetiche dei tre isoenzimi NMNAT nell’uomo, la loro attività enzimatica<br />

con substrati alternativi e la marcata peculiare differenza di attività in presenza di<br />

determinati ioni metallici come cofattori dell’attività enzimatica, al fine di poter<br />

determinare selettivamente l’attività dei 3 isoenzimi stessi in diversi estratti tissutali di<br />

varia natura, senza dover procedere alla loro separazione tramite laboriose procedure di<br />

purificazione [114]. Dal momento che le 3 isoforme di NMNAT sono enzimi chiave <strong>della</strong><br />

biosintesi del NAD + , la cui alterata regolazione è alla base <strong>della</strong> patogenesi di molte<br />

patologie umane di notevole interesse anche dal punto di vista nutrizionale, e che il topo è<br />

il modello nel quale è stata identificata la mutazione Wld S , l’obiettivo del presente lavoro<br />

di ricerca è stato quello di estendere al sistema murino uno studio analogo. In particolare lo<br />

studio si è preposto di:<br />

1. studiare le caratteristiche cinetiche dei 3 isoenzimi singolarmente;<br />

2. mettere a punto un saggio che possa distinguere (“discriminazione”) il contributo<br />

individuale dei tre isoenzimi NMNAT in tessuti provenienti da topi modello di<br />

malattie neurodegenerative, sottoposti a vari tipi di mutazioni o a vari regimi<br />

nutrizionali;<br />

44


Introduzione<br />

3. stabilire le eventuali condizioni di saggio enzimatico che permettano eventualmente<br />

di discriminare l’attività enzimatica <strong>della</strong> proteina Wld S da quella delle tre<br />

NMNAT, e in particolare dall’isoforma NMNAT1 distintamente da quella che è<br />

parte <strong>della</strong> Wld S stessa, in modo da poter contribuire al chiarimento dei meccanismi<br />

molecolari alla base <strong>della</strong> capacità neuroprotettiva e dell’espressione <strong>della</strong> proteina<br />

chimerica;<br />

4. correlare le caratteristiche funzionali delle diverse isoforme con quelle strutturali<br />

disponibili, per la ricerca di eventuali determinanti strutturali importanti per<br />

l’espletamento delle peculiari attività biologiche.<br />

I risultati potranno essere messi in relazione con tutte le caratteristiche note del fenotipo<br />

Wld S , e successivamente impiegati nella ricerca mediante screening in silico e in vitro, di<br />

piccole molecole non proteiche in grado di mimare l’effetto protettivo del gene Wld S .<br />

Queste molecole potranno essere ulteriormente sviluppate con i metodi <strong>della</strong> chimica<br />

farmaceutica, <strong>della</strong> farmacologia e <strong>della</strong> nutraceutica, allo scopo di ritardare la<br />

neurodegenerazione post-traumatica e patologica nell’uomo, dato che, come ovvio,<br />

nell’uomo non è possibile contare su un gene mutante omologo a Wld S .<br />

Tali studi contribuiranno anche al chiarimento del ruolo <strong>della</strong> vitamina PP nella<br />

prevenzione di patologie pellagra-simili.<br />

45


Materiali e Metodi<br />

2. MATERIALI E METODI<br />

2.1 Clonaggio, espressione e purificazione<br />

2.1.1 SISTEMA DI ESPRESSIONE E VETTORI USATI<br />

L’ottenimento in forma ricombinante delle tre isoforme NMNAT murine e <strong>della</strong><br />

isoforma mutante chimerica Wld S è stato condotto a partire da costrutti gentilmente<br />

fornitici dal Dott. Michael Coleman e dalla Dott.ssa Laura Conforti (Babraham Institute,<br />

University of Cambridge, UK). Tali costrutti, contenenti appropriate sequenze da Mus<br />

musculus codificanti per NMNAT1 (GenBank HP597679), NMNAT2 (GenBanK<br />

HP780669), NMNAT3 (GenBanK HP653116) e Wld S (GenBanK AF260924), sono stati<br />

usati per il subclonaggio nei vettori di espressione pET28b e pET28c (vedi paragrafi 2.1.2<br />

e 2.1.3 successivi). Il sistema batterico e i vettori impiegati per l’espressione degli enzimi<br />

ricombinanti sono descritte nei successivi sottoparagrafi.<br />

Il sistema di espressione pET - I vettori <strong>della</strong> serie pET sono destinati all’espressione<br />

batterica e sono stati originariamente ideati e sintetizzati da Studier et al. [143], [144],<br />

[145]. I geni di interesse clonati in questi plasmidi sono sotto il controllo del promotore<br />

inducibile T7lac che viene riconosciuto selettivamente dalla T7 RNA polimerasi (Fig. 20).<br />

Per l’espressione con il sistema pET vengono impiegate cellule di E. coli del ceppo<br />

BL21(DE3) (genotipo F-ompT gal dcm lon hsdSB(rB-mB-)λD3). Si tratta di un ceppo<br />

lisogenico per λDE3, ovvero un vettore fagico che contiene il gene codificante la T7 RNA<br />

polimerasi, sotto il controllo del promotore inducibile lacUV5. Quest’ultimo è un allele<br />

mutante del promotore lac che garantisce una efficienza di trascrizione quasi tre volte<br />

maggiore rispetto al promotore nativo o wild-type. Le cellule BL21 possiedono inoltre il<br />

gene lacI codificante una proteina diffusibile detta “lac-repressor”, capace di legarsi<br />

all’operatore lac sia del promotore lacUV5 che del promotore T7lac. Ciò blocca la<br />

trascrizione dell’RNA polimerasi del fago e l’eventuale trascrizione del gene target.<br />

46


Figura 20. Il sistema di espressione pET.<br />

Materiali e Metodi<br />

L’espressione <strong>della</strong> proteina di interesse è indotta da un analogo del lattosio,<br />

l’IPTG (isopropil β-D-1-tiogalattopiranoside), che legandosi al repressore lacI,<br />

impedisce a quest’ultimo di interagire con l’operatore lac. La RNA polimerasi di E. coli<br />

può così trascrivere il gene <strong>della</strong> T7 RNA polimerasi, che riconosce il promotore T7lac e<br />

trascrive il gene di interesse. Poiché il legame del repressore all’operatore è dinamico, la<br />

repressione <strong>della</strong> trascrizione non è assoluta ma qualche RNA polimerasi batterica può<br />

sfuggire al controllo ed iniziare la trascrizione. Per di più, essendo lacI un promotore<br />

debole, sono poche le molecole di repressore presenti nella cellula. Quindi la trascrizione<br />

del gene per l’RNA polimerasi del batteriofago T7, seppur a bassi livelli, avviene<br />

47


Materiali e Metodi<br />

normalmente; per la stessa ragione, alcune molecole di T7 RNA polimerasi così prodotte<br />

possono legarsi al promotore T7lac che controlla il gene di interesse e trascriverlo. Se la<br />

proteina espressa in qualche modo è tossica per la cellula, la crescita cellulare e il recupero<br />

complessivo <strong>della</strong> proteina ricombinante potrebbero risultare ridotti anche di molto. Per<br />

aumentare la stringenza del controllo dell’espressione, i vettori pET hanno una copia del<br />

gene lacI che codifica per il repressore lac nella loro mappa plasmidica. Nello stato “non<br />

indotto” c’è pertanto una maggiore quantità di molecole di repressore che impediscono la<br />

trascrizione del gene T7 e del gene target. Per un controllo ancora più stringente, sono stati<br />

sviluppati dei ceppi di E. coli del tipo pLys. Queste cellule contengono plasmidi che<br />

codificano per il lisozima T7, un naturale inibitore <strong>della</strong> T7 RNA polimerasi, riducendo<br />

ulteriormente la capacità di trascrivere il gene target nello stato “non indotto”.<br />

Il vettore di espressione pET28 (Novagen) - Tale vettore è derivato dal plasmide pBR322 e<br />

disponibile in tre frame di lettura (a, b, c) che differiscono solo per una o due basi rispetto<br />

alla sequenza base (Fig. 21). Nella regione di clonaggio il promotore T7lac è a monte di un<br />

sito multiplo di clonaggio (MCS o polylinker) contenente diversi siti di restrizione, che<br />

permettono il clonaggio direzionale del gene di interesse. A valle dell’MCS si trova il<br />

terminatore <strong>della</strong> trascrizione T7, una sequenza riconosciuta dalla T7 RNA polimerasi che<br />

consente il blocco <strong>della</strong> trascrizione. Sempre nel MCS, è presente la sequenza His Tag<br />

codificante un oligopeptide composto da 6 residui di istidina, che viene fuso all’N-<br />

terminale <strong>della</strong> proteina di interesse. Questa sequenza e l’elevata affinità dell’istidina per i<br />

metalli divalenti permettono una rapida purificazione <strong>della</strong> proteina ricombinante mediante<br />

cromatografia di affinità (vedi sezione 2.1.5). L’ulteriore presenza tra l’His Tag e la<br />

sequenza polipeptidica di interesse di un’altra sequenza di riconoscimento, costituita da un<br />

sito di taglio specifico per la trombina, rende possibile, qualora necessario, la facile<br />

rimozione successiva <strong>della</strong> estremità His Tag dalla proteina di fusione purificata. L’origine<br />

di replicazione del plasmide multicopia ColE1, derivato dal pBR322, permette al pET28 di<br />

replicarsi autonomamente in E. coli. Il vettore è inoltre dotato del repressore lacI (la cui<br />

funzione è stata descritta nel precedente paragrafo “Il sistema di espressione pET”) e del<br />

gene per la resistenza alla kanamicina, che viene utilizzato come marker di selezione delle<br />

cellule trasformanti.<br />

48


Materiali e Metodi<br />

Figura 21. Mappa del vettore di espressione pET28a. Gli analoghi vettori pET28b e pET28c sono riportati<br />

nel riquadro e differiscono da pET28a per la mancanza di 1bp nel pET28b (5368bp totali) e 2bp nel pET28c<br />

(5367bp totali), in ambedue i casi sottratte a livello del sito unico di restrizione BamHI.<br />

2.1.2 AMPLIFICAZIONE PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)<br />

Sono state allestite appropriate miscele di PCR contenenti come templato i vari<br />

cDNA di interesse corrispondenti alle proteine murine NMNAT1, NMNAT2, NMNAT3 e<br />

Wld S (Dott. M. P. Coleman, Cambridge, UK), atte a consentire il successivo clonaggio<br />

direzionale dell’amplificato come segue: mNMNAT1 nei siti NdeI e EcoRI del pET28c;<br />

49


Materiali e Metodi<br />

mNMNAT2 e mNMNAT3 nei siti NdeI e HindIII del pET28c; Wld S nei siti NheI e XhoI<br />

del pET28b.<br />

Le amplificazioni PCR sono state condotte in un thermal cycler Biometra T-<br />

personal 48 (Biomedizinische Analytik GmbH), in presenza Tac-polymerase iProof TH<br />

High-Fidelity (Biorad), che possiede un tasso di errore estremamente ridotto (57 volte<br />

inferiore alla Taq nel Buffer fornito). Le miscele sono descritte in dettaglio nella Tabella I<br />

seguente.<br />

Tabella I<br />

Miscela tipo per amplificazione PCR.<br />

* Buffer (BioRad) contenente MgCl2 fornito con la Taq corrispondente usata. dNTP (Fermentas).<br />

Per ogni cDNA di interesse è stata usata una coppia di oligonucleotidi primer<br />

(Forward-FW e Reverse-REV) ottenuti dalla Ditta SIGMA-GENOSYS, progettati per<br />

amplificare specificamente l’intero cDNA di interesse ed inserire opportuni siti di<br />

restrizione alle estremità 5’ e 3’, utili ai fini del clonaggio. Le sequenze dei primer<br />

utilizzati sono riportate in Tabella II. Ogni primer presenta alcune basi di appoggio<br />

all’estremità 5’ (per favorire e, in alcuni casi, consentire il taglio di restrizione), lo<br />

specifico sito di restrizione necessario al subclonaggio, seguito dalla rispettiva estremità<br />

<strong>della</strong> regione codificante da amplificare.<br />

50


Tabella II<br />

Materiali e Metodi<br />

Oligonucleotidi primer usati per l'amplificazione delle NMNAT1, NMNAT2, NMNAT3 e W ld S murine. In<br />

nero, le basi di appoggio. In rosso, le basi che appaiano il corrispondente cDNA. Sottolineati, i siti di<br />

restrizione aggiunti mediante PCR e usati per il clonaggio successivo.<br />

L’amplificazione PCR dei cDNA è stata realizzata in 26 cicli composti da 1)<br />

denaturazione a 98 °C per 10 sec, 2) appaiamento a 60 °C per 15 sec, 3) allungamento a 72<br />

°C per 40 sec, preceduti da uno step di denaturazione iniziale a 98 °C per 30 sec e seguiti<br />

da uno step di allungamento finale a 72 °C per 6 min (Fig. 22). Gli amplificati ottenuti<br />

sono stati caricati su gel di agarosio all’1 % (p/v), separati mediante elettroforesi in<br />

tampone TAE (Tris-HCl 40mM a pH=8, Acido Acetico 20mM e EDTA 1mM) e infine<br />

estratti e purificati dal gel mediante il kit High Pure PCR Product Purification (Roche).<br />

51


Figura 22. Diagramma dei cicli termici usati per l'amplificazione PCR.<br />

2.1.3 CLONAGGIO DI Wld S E <strong>DELLE</strong> ISOFORME NMNAT MURINE<br />

Materiali e Metodi<br />

I cDNA amplificati codificanti mNMNAT1 (855bp), mNMNAT2 (921bp) e<br />

mNMNAT3 (756bp) sono stati clonati nel vettore di espressione pET28c, mentre il cDNA<br />

codificante Wld S (1119bp) è stato clonato in pET28b. I siti di restrizione introdotti negli<br />

amplificati mediante PCR hanno permesso il clonaggio direzionale all’interno dei rispettivi<br />

vettori selezionati: in pET28b, a livello dei siti NheI e XhoI per la proteina chimerica Wld S ;<br />

in pET28c, a livello dei siti NdeI e EcoRI per mNMNAT1, infine a livello dei siti NdeI e<br />

HindIII, per entrambe mNMNAT2 e mNMNAT3. La composizione delle miscele di<br />

reazione per il taglio preliminare degli inserti purificati da gel e dei rispettivi plasmidi è di<br />

seguito riassunta. Come evidenziato in Tabella III, tutte le digestioni sono state condotte in<br />

doppio, con l’una e l’altra endonucleasi di restrizione indipendentemente, allo scopo di<br />

poter verificare l’avvenuto taglio con entrambe, avendo poi cura caso per caso di riunire le<br />

due miscele prima di procedere.<br />

52


Tabella III<br />

Materiali e Metodi<br />

Miscele di digestione dei cDNA delle mNMNATs e Wld S e dei corrispondenti vettori di espressione.<br />

* Le endonucleasi di restrizione NheI, XhoI, EcoRI e HindIII (Fermentas) sono state usate nella versione Fast<br />

Digest. Le miscele sono state, in tutti i casi, incubate a 37 °C per il tempo indicato.<br />

53


Materiali e Metodi<br />

Dopo ogni digestione preparativa, inserti e vettori sono stati entrambi caricati e separati<br />

mediante elettroforesi su gel di agarosio all’1 % (p/v), da cui sono stati estratti e purificati<br />

mediante il kit High Pure PCR Product Purification Kit (Roche). La loro successiva<br />

quantizzazione è stata effettuata o spettrofotometricamente (1 Abs260nm = 50 g/ml) o<br />

mediante elettroforesi su gel di agarosio dopo colorazione con etidio bromuro, per<br />

confronto con frammenti di DNA standard a concentrazione nota. Successivamente, i<br />

vettori e gli inserti digeriti recanti opportune estremità complementari (sticky ends) sono<br />

stati “ligati” mediante T4 DNA ligasi (Fermentas) seguendo il protocollo indicato nella<br />

confezione dalla ditta produttrice. In particolare, sono state utilizzate 2 unità (U) di DNA<br />

ligasi in presenza di circa 50 ng di ciascun plasmide linearizzato e opportune quantità di<br />

inserto in rapporto molare col vettore pari a circa 3 : 1. La miscela di ligazione è stata<br />

incubata per 2 ore a 22 °C e mantenuta overnight a 4 °C. Le intere miscele (20µl) sono<br />

state infine usate per trasformare cellule di E. coli TOP10 Ca 2+ -competenti [146]. La<br />

procedura seguita per la trasformazione è stata quella dello “heat shock” che prevede, dopo<br />

l’unione delle cellule competenti con la miscela di ligazione, incubazioni successive a 4 °C<br />

per 30 min, a 42 °C per 2 min, seguite da un’ora a 37 °C in agitazione, previa aggiunta di<br />

500µl di terreno LB (Luria-Bertani; triptone 1%, estratto di lievito 0,5%, NaCl 1%, pH<br />

7.0). Le sospensioni cellulari trasformanti sono state in seguito selezionate su piastre di<br />

terreno LB-agar 2 % contenenti l’antibiotico kanamicina alla concentrazione di 50 µg/ml.<br />

Dopo incubazione overnight a 37 °C, le singole colonie cresciute sono state<br />

selezionate, raccolte individualmente e propagate. La presenza dei plasmidi ricombinanti è<br />

stata verificata mediante PCR diretta su colonia (colony-PCR), e successiva analisi degli<br />

amplificati in elettroforesi su gel di agarosio all’1 % (p/v). I primer utilizzati per la colony-<br />

PCR, corrispondenti alle regioni T7 promoter e T7 terminator del plasmide pET28, hanno<br />

consentito di discriminare gli amplificati di diversa lunghezza ottenuti nel caso di cloni<br />

trasformati con plasmidi correttamente ricombinanti, da quelli derivanti da plasmidi<br />

scarichi o riarrangiati in maniera abnorme. In tabella IV è descritta la miscela tipo per il<br />

saggio colony-PCR e i cicli termici usati per l’amplificazione.<br />

54


Tabella IV<br />

Miscela di reazione per la PCR-colony e cicli termici usati per l’amplificazione.<br />

Materiali e Metodi<br />

* Quantità arbitraria, ogni colonia selezionata per lo screening è stata stemperata in 5µl di acqua sterile, di<br />

cui ~ 2µl usati per la PCR-colony.<br />

Le colonie positive allo screening precedente sono state prelevate con ansa sterile,<br />

inoculate ognuna in 5 ml LB + kanamicina (50µg/ml) e incubate overnight a 37 °C in<br />

agitazione. I plasmidi propagati sono stati estratti dalle singole colture mediante l’uso del<br />

kit Nucleospin® Plasmid (Machery-Nagel) secondo le istruzioni allegate. La bontà dei<br />

plasmidi ricombinanti ottenuti è stata verificata sia in seguito a digestione con gli<br />

opportuni enzimi di restrizione usati nel clonaggio, verificando cioè il corretto rilascio<br />

dell’inserto, sia mediante sequenziamento diretto col metodo di Sanger [147, 148],<br />

commissionato al servizio CRIBI (Università di Padova).<br />

I costrutti finali sono stati denominati: pET28c/mNMNAT1, pET28c/mNMNAT2,<br />

pET28c/mNMNAT3 e pET28b/Wld S . Tra questi, pET28c/mNMNAT1 è stato ottenuto con<br />

l’aiuto <strong>della</strong> Dr.ssa Francesca Mazzola (Università Politecnica delle Marche), mentre<br />

pET28b/Wld S è stato ottenuto sotto la supervisione <strong>della</strong> Dr.ssa Laura Conforti<br />

(attualmente all’Università di Nottingham, UK).<br />

1. 1 ciclo: 94 °C x 10sec<br />

2. 30 cicli: 94 °C x 30sec<br />

45 °C x 30sec<br />

72 °C x 2min<br />

3. 1 ciclo: 72 °C x 7min<br />

55


2.1.4 PROTOCOLLO DI ESPRESSIONE<br />

Materiali e Metodi<br />

Aliquote di cellule Ca 2+ - competenti di E. coli del ceppo BL21 (DE3), idoneo<br />

all’espressione di proteine ricombinanti all’interno del sistema pET, sono state trasformate<br />

con i costrutti contenenti i cDNA dei geni di interesse clonati (rispettivamente<br />

pET28b/Wld S , pET28c/mNMNAT1, pET28c/mNMNAT2 e pET28c/mNMNAT3). Il<br />

protocollo di trasformazione “heat shock” seguito è stato quello precedentemente descritto<br />

nel paragrafo 2.1.3, ma in questo caso aggiungendo 50 ng di ciascun plasmide puro al<br />

posto <strong>della</strong> miscela di ligazione. Per ciascuna delle quattro proteine di interesse si è operato<br />

come segue: una singola colonia selezionata su piastra, ottenuta dalla trasformazione, è<br />

stata dapprima inoculata in 10 ml di terreno LB addizionato con kanamicina (50 µg/ml),<br />

quindi incubata overnight a 37 °C in agitazione. Una certa quantità di precoltura è stata<br />

quindi inoculata in 250 ml dello stesso terreno liquido privo dell’antibiotico, in modo da<br />

ottenere una OD600 pari a 0,05-0,1. La coltura è stata incubata a 28 °C in agitazione. Prove<br />

preliminari hanno permesso di stabilire queste condizioni come ottimali per l’ottenimento<br />

di maggiori quantità di ciascun prodotto ricombinante: la temperatura inferiore a 37 °C<br />

diminuisce infatti la formazione dei corpi d’inclusione; l’assenza di antibiotico favorisce la<br />

iperespressione evitando di impegnare inutilmente il metabolismo <strong>della</strong> cellula nel<br />

processo di detossificazione dall’antibiotico. Al raggiungimento di una OD600 pari a 0,6-<br />

0,8, corrispondente alla piena fase esponenziale, le colture sono state indotte aggiungendo<br />

IPTG alla concentrazione finale di 1mM e l’induzione è stata prolungata (sempre a 28°C)<br />

per 3 ore. Al termine, le cellule indotte sono state raccolte mediante centrifugazione a 5000<br />

x g per 8 minuti, quindi lavate per rimuovere l’eccesso di contaminanti proteici del terreno<br />

con soluzione fisiologica (1/5 del volume di coltura originale) e conservati a -80 °C, in<br />

attesa di essere utilizzate per la purificazione delle singole specie ricombinanti.<br />

2.1.5 PURIFICAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA D’AFFINITA’<br />

Resina Ni-NTA (Qiagen) - La resina Ni-NTA agarose, utilizzata per cromatografie di tipo<br />

IMAC (Immobilized Metal Affinity Chromatography), è composta da acido nitrilacetico<br />

(NTA) immobilizzato su una matrice di SEPHAROSE CL-6B. Il gruppo funzionale <strong>della</strong><br />

resina, l’NTA ha proprietà chelanti grazie al fatto che occupa stabilmente quattro dei sei<br />

possibili legami di coordinazione con uno ione Ni 2+ , anch’esso parte integrante di questa<br />

matrice cromatografica, lasciando i due restanti siti di coordinazione liberi per l’interazione<br />

56


Materiali e Metodi<br />

con gli anelli imidazolici delle istidine presenti sull’His Tag delle proteine ricombinanti,<br />

come già ricordato nel paragrafo 2.1.1, inseriti in seguito all’espressione nei vettori pET<br />

descritti. Uno schema dell’interazione specifica resina-proteina ricombinante è mostrato in<br />

Figura 23.<br />

Figura 23. Schema di interazione resina (rosso)-coda istidinica (blu) mediata dal Ni 2+ nella resina Ni-NTA.<br />

La resina Ni-NTA perciò lega saldamente le proteine con code istidiniche di varia<br />

lunghezza, permettendo quindi la purificazione ad omogeneità anche di proteine<br />

ricombinanti a bassissima percentuale di espressione (


Figura 24. Schema di interazione resina (A)-coda istidinica (B) mediata dal Co 2+ nella resina Talon.<br />

Materiali e Metodi<br />

Tra i vantaggi che offre questo supporto cromatografico alternativo alla Ni-NTA si<br />

annovera il fatto che lega le proteine ricombinanti fornite di His-Tag con maggiore<br />

selettività, esibendo al contempo un’affinità sensibilmente ridotta nei confronti di altre<br />

proteine indesiderate che pure contengono residui di istidina. Queste proprietà offrono<br />

almeno due vantaggi pratici che consistono nel ridotto tempo di lavaggio dopo il<br />

caricamento dell’estratto grezzo in colonna, che consegue il ridotto legame aspecifico con<br />

eventuali proteine contaminanti, e in condizioni meno stringenti necessarie per<br />

l’eluizione delle specie ricombinanti con His-Tag (più bassa concentrazione di imidazolo o<br />

minori variazioni di pH rispetto alla resina Ni-NTA).<br />

In questo lavoro di tesi, la resina Talon è stata usata per la purificazione di<br />

mNMNAT1 e mNMNAT2 perché ha consentito migliori recuperi di queste due specie<br />

ricombinanti rispetto alla resina Ni-NTA.<br />

Preparazione degli estratti proteici grezzi - I pellet cellulari corrispondenti all’espressione<br />

<strong>della</strong> Wld S e delle tre isoforme NMNAT murine, provenienti ciascuno da 250 ml di coltura<br />

indotta come descritto in precedenza, sono stati scongelati e risospesi in 1/20 del volume<br />

originale in un tampone di lisi (vedi composizione in Tabella V), preventivamente<br />

refrigerato a 4 °C. Tutti i passaggi successivi sono stati effettuati a 4 °C per minimizzare<br />

l’eventuale proteolisi. Le cellule sono state quindi lisate alla Frech-Press (FRENCH<br />

PRESSURE CELL PRESS, Termo Spectronic) mediante due passaggi consecutivi a<br />

58


Materiali e Metodi<br />

18000 Psi. I lisati, dopo aggiunta di DNasi (10 µg/ml), sono stati chiarificati per<br />

centrifugazione a 20000 x g per 30 min.<br />

Tabella V<br />

Composizione dei tamponi di lisi per la Wld S e per le mNMNAT.<br />

* Composti più labili, aggiunti immediatamente prima dell’uso, ad uno stock di tampone conservato a 4 °C.<br />

Purificazione Ni-NTA di Wld S e mNMNAT3 - La procedura di purificazione per le due<br />

proteine ricombinanti Wld S e mNMNAT3, di seguito descritta, è stata condotta interamente<br />

a 4 °C. I tamponi utilizzati sono descritti in dettaglio in Tabella VI. La resina Ni-NTA<br />

utilizzata è stata preliminarmente impaccata per gravità in apposite colonnine (1 ml vol.<br />

per Wld S ; 0,5 ml vol. per mNMNAT3) equilibrate nel buffer di equilibrazione. Ognuno dei<br />

due estratti grezzi ottenuti da cellule indotte di E. coli esprimenti Wld S e mNMNAT3, è<br />

stato caricato sulla corrispondente colonnina Ni-NTA, che è stata lavata prima con il buffer<br />

di equilibrazione per eliminare le proteine in eccesso non legate alla resina, poi<br />

estensivamente (>20 volumi resina) con il buffer di lavaggio contenente imidazolo 20 mM,<br />

fino ad un valore di OD280 dell’eluato pari o inferiore a 0,05. L’eluizione finale è stata<br />

effettuata con il buffer di eluizione contenente imidazolo 200 mM, raccogliendo<br />

manualmente frazioni da 0,5-1 ml, temporaneamente mantenute a 4 °C e poi riunite in<br />

appositi pools, in accordo con il contenuto proteico e le attività NMNAT misurate (vedi<br />

sezione 2.2.1).<br />

59


Tabella VI<br />

Tamponi usati per la purificazione Ni-NTA di W ld S e mNMNAT3.<br />

* Composti più labili, aggiunti immediatamente prima dell’uso.<br />

Materiali e Metodi<br />

Purificazione Talon di mNMNAT1 e mNMNAT2 - Le proteine ricombinanti mNMNAT1 e<br />

mNMNAT2 sono state purificate mediante cromatografia d’affinità su resina Talon.<br />

Anche in questo caso l’intera procedura è stata condotta a 4°C. Ogni estratto grezzo è stato<br />

caricato su colonna preimpaccata (0,5 ml vol. di resina per entrambi gli isoenzimi) e<br />

l’eluizione cromatografica condotta per gravità con una strategia identica a quella adottata<br />

per la purificazione con la resina Ni-NTA, tranne che per la composizione dei tamponi<br />

(vedi Tabella VII). In alcuni esperimenti, per migliorare l’omogeneità elettroforetica <strong>della</strong><br />

preparazione finale di mNMNAT1, è stato condotto un lavaggio con un buffer di lavaggio<br />

ad aumentata concentrazione di imidazolo (da 20 a 40 mM finale). Ciò è stato effettuato<br />

per ovviare il problema dei bassi livelli di espressione di mNMNAT1 ricombinante<br />

solubile occasionalmente ottenuti in alcuni estratti grezzi, che avrebbero determinato<br />

l’ottenimento di preparati finali non sufficientemente purificati, oltre che di scarsa quantità.<br />

60


Tabella VII<br />

Tamponi usati per la purificazione Talon di mNMNAT1 e mNMNAT2.<br />

* Composti più labili, aggiunti immediatamente prima dell’uso.<br />

Materiali e Metodi<br />

De-salting e conservazione dei preparati finali – Per ogni specie proteica purificata le<br />

frazioni ottenute dalla precedente cromatografia d’affinità, dopo essere state<br />

opportunamente riunite, sono state rapidamente sottoposte a gel-filtrazione su colonne PD-<br />

10 Sephadex TM (GE Healthcare, cut-off = 5000 Da), allo scopo di allontanare l’eccesso di<br />

NaCl e imidazolo presenti nel tampone di eluizione, arricchendolo contemporaneamente<br />

con glicerolo e col riducente TCEP, entrambi utili a preservare nel tempo il corretto folding<br />

proteico e l’attività enzimatica. Le preparazioni finali sono state quindi caricate ed eluite<br />

da tali supporti cromatografici commercialmente disponibili, scambiando il tampone di<br />

eluizione <strong>della</strong> precedente cromatografia d’affinità col tampone di stoccaggio<br />

HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5, glicerolo 20 %, TCEP 1 mM. Dopo de-salting, tutte le<br />

preparazioni finali sono state poste in aliquote sia a 4 °C che a -20 °C per successivi studi<br />

di stabilità.<br />

61


2.2 Metodi di saggio dell’attività NMN adenililtrasferasica<br />

Materiali e Metodi<br />

In questo lavoro di tesi, l’unità di attività enzimatica (U) corrisponde alla quantità<br />

di enzima che catalizza la formazione di 1 µmole di prodotto al minuto nelle condizioni di<br />

saggio descritte (37 °C, 6 ≤ pH ≤ 9). Tutti i saggi inoltre sono stati condotti in condizioni di<br />

accumulo di prodotto lineare nel tempo e consumo di substrato uguali o inferiori al 10%.<br />

2.2.1 SAGGIO SPETTROFOTOMETRICO<br />

Il saggio spettrofotometrico descritto in Figura 6 è di tipo continuo e accoppiato: la<br />

reazione catalizzata da NMNAT (EC 2.7.7.1), consistente nella formazione di NAD + e PPi<br />

a partire dai due substrati NMN e ATP (Fig. 25-1), è infatti accoppiata a quella catalizzata<br />

dall’alcool deidrogenasi (ADH) (Fig. 25-2) che, in presenza di un eccesso di etanolo,<br />

trasforma il NAD + prodotto dalla NMNAT in NADH, con produzione concomitante di<br />

acetaldeide. L’equilibrio <strong>della</strong> seconda reazione catalizzata dall’enzima ancillare ADH è<br />

spostato completamente verso destra dalla semicarbazide (anch’essa presente nella miscela<br />

di saggio) che sottrae l’acetaldeide con la formazione non enzimatica di semicarbazone ed<br />

H2O. Questo garantisce che l’ADH non funga mai da fattore limitante nel saggio descritto.<br />

La misura spettrofotometrica dell’attività è basata sul fatto che il NAD + mostra un<br />

massimo di assorbimento distintivo a 340 nm nella sola forma ridotta: è infatti proprio<br />

dalla variazione di assorbanza a questa lunghezza d’onda che viene misurata l’attività<br />

enzimatica [150].<br />

Figura 25. Saggio spettrofotometrico accoppiato per la rapida determinazione dell’attività NMNAT.<br />

La miscela tipo di reazione contiene 30 mM HEPES/KOH a pH 7.5, 25 mM MgCl2,<br />

0.43 % (v/v) EtOH, 3.62 mg/ml semicarbazide, 1 mM NMN, 1 mM ATP, 12.7 U/ml ADH,<br />

62


Materiali e Metodi<br />

0.6 mg/ml BSA e una opportuna quantità di campione da saggiare. La reazione viene<br />

incubata a 37 °C e innescata generalmente dall’aggiunta o del substrato NMN o del<br />

cofattore metallico indispensabile alla catalisi. Nella routine di laboratorio, il saggio è stato<br />

eseguito in cuvetta di quarzo o di plastica monouso allo spettrofotometro (DU®800<br />

Spectrophotometer, Beckman Coulter) con circuito idraulico per la termostatazione a 37<br />

°C. L’attività NMNAT viene determinata registrando l’incremento lineare nel tempo di<br />

Abs a 340 nm <strong>della</strong> miscela di saggio, corrispondente all’incremento di concentrazione di<br />

NADH e quindi all’incremento di NAD + dovuto alla catalisi operata da NMNAT. In base a<br />

questo principio l’attività NMNAT è calcolata ed espressa dalla formula<br />

dove:<br />

2.2.2 SAGGIO IN HPLC<br />

A (U/mL) =<br />

Δ Abs x V mix<br />

V enz x ԑ<br />

Δ Abs = incremento di assorbanza nell’unità di tempo<br />

V mix = volume totale <strong>della</strong> miscela di saggio<br />

ԑ = coefficiente di estinzione millimolare NADH (6,22 mM -1 cm-1)<br />

V enz = volume di preparazione enzimatica nella miscela<br />

Oltre al saggio continuo di tipo spettrofotometrico, l’attività NMNAT è stata<br />

determinata anche mediante saggio discontinuo in HPLC (High Pressure Liquid<br />

Cromatography), che si basa sulla misurazione diretta del NAD + prodotto dalla reazione<br />

catalizzata dopo separazione cromatografica ad alta pressione. In generale, si è usato<br />

questo saggio quando sono stati necessari o una maggiore sensibilità rispetto al saggio<br />

spettrofotometrico, oppure un monitoraggio più accurato anche di altre componenti<br />

nucleotidiche rispetto al NAD + , come i substrati comunque presenti nella miscela. La<br />

63


Materiali e Metodi<br />

miscela tipo di reazione in questo caso manca del sistema ancillare e risulta composta da<br />

30 mM HEPES/KOH, pH 7.5, 25 mM MgCl2, 1 mM NMN, 1 mM ATP, 0.6 mg/ml BSA, 1<br />

mM DTT ed una opportuna quantità di campione da saggiare. Durante l’incubazione a 37<br />

°C per un determinato intervallo di tempo (generalmente compreso tra 0 e 30 min) aliquote<br />

di miscela vengono prelevate e trattate per bloccare la reazione enzimatica e consentire la<br />

successiva analisi. Sui volumi prelevati vengono aggiunti ½ vol. di HClO4 1.2 M per<br />

inattivare gli enzimi. Dopo breve stazionamento in ghiaccio, centrifugazione a 16000 x g<br />

per 3 min. e allontanamento dei precipitati, i sovranatanti vengono neutralizzati (pH 6)<br />

mediante aggiunta di K2CO3 1 M. La procedura viene infine completata centrifugando<br />

ancora come sopra per allontanare i sali formati e iniettando il sovranatante in HPLC per<br />

l’analisi individuale dei nucleotidi nella miscela. La separazione cromatografica in coppia<br />

ionica è stata condotta su colonna C18 (Supelcosil TM LC-18-S, 25 cm x 4,6 mm, 5 µm,<br />

SUPELCO) connessa ad un sistema HPLC SHIMADZU (composto di campionatore<br />

automatico, pompa binaria, detector con rivelatore diode array) e termostatata a 8°C. I<br />

nucleotidi nell’eluato sono stati rilevati ed identificati grazie al detector diode array<br />

(DAD), anch’esso connesso al sistema cromatografico, e generalmente monitorati, a meno<br />

che non specificato altrimenti, alla lunghezza d’onda di 260 nm. I tamponi fosfato a pH 6,<br />

il flusso e il gradiente utilizzati sono descritti in dettaglio in Figura 26.<br />

Tampone A:<br />

- fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0<br />

- tetrabutilammonio idrogeno solfato<br />

(TBAIS) 8 mM<br />

Tampone B:<br />

- fosfato di potassio 0.1 M, pH 6.0<br />

- TBAIS 8 mM<br />

- Metanolo 30 % (v/v)<br />

Figura 26. Gradiente di separazione mediante cromatografia HPLC in coppia ionica e composizione delle<br />

fasi mobili A e B. Nella tabella sono indicate le caratteristiche del gradiente mostrato nel grafico adiacente.<br />

64


Materiali e Metodi<br />

L’identificazione del NAD + e dei vari nucleotidi separati è stata condotta sia dalla<br />

valutazione degli spettri di assorbimento UV caratteristici di ogni composto, sia per<br />

sovrapposizione con standard puri a concentrazione nota, analizzati nelle stesse cond izioni.<br />

Dopo integrazione delle aree sottese ai picchi separati mediante software (“EZStart 7.2.1”),<br />

l’attività enzimatica, espressa come in precedenza, viene calcolata dalla formula<br />

dove:<br />

A (U/mL) =<br />

N D 1000<br />

V enz /e.g. Δt<br />

N = quantità di NAD + prodotto espresso in millimoli<br />

Venz/e.g. = volume di campione sul volume totale di miscela di saggio<br />

Δt = tempo di incubazione a 37 °C espresso in minuti<br />

D = fattore di diluizione dipendente dalla procedura seguita per<br />

bloccare la reazione prima dell’iniezione (trattamento acido/base)<br />

2.3 Saggi preliminari degli enzimi ricombinanti con substrati e<br />

cofattori metallici alternativi<br />

2.3.1 SAGGI PRELIMINARI IN PRESENZA DI COFATTORI METALLICI<br />

Per valutare il comportamento delle tre isoforme mNMNAT e <strong>della</strong> Wld S<br />

ricombinanti in presenza di Mg 2+ e di cofattori metallici diversi è stato selezionato per lo<br />

screening iniziale il saggio spettrofotometrico di attività continuo e accoppiato (vedi<br />

sezione 2.2.1.), essenzialmente perché di più rapida esecuzione sperimentale rispetto al<br />

saggio discontinuo in HPLC. Per la prova sono stati utilizzati i seguenti composti tutti<br />

sottoforma di sali clorurati: MgCl2, ZnCl2, CaCl2, MnCl2, NiCl2 e CoCl2. Dato l’uso<br />

dell’enzima ancillare ADH nel saggio spettrofotometrico accoppiato, si è preliminarmente<br />

stabilito l’effetto dei vari cofattori metallici sull’attività dell’enzima ancillare, per<br />

escludere eventuali interferenze. Tale saggio preliminare è stato condotto allo<br />

65


Materiali e Metodi<br />

spettrofotometro, allestendo miscele di reazione di 500 µl composte da 30 mM<br />

HEPES/KOH, pH 7.5, 0.43 % (v/v) EtOH, 3.62 mg/ml semicarbazide, 2 mM NAD + , 45<br />

mU/ml ADH, 0.6 mg/ml BSA e concentrazioni variabili di ciascun catione sopraindicato.<br />

L’attività ADH è stata determinata dall’incremento di concentrazione del NADH prodotto<br />

(a 340 nm) e calcolata come descritto in precedenza (vedi sezione 2.2.1). Una volta<br />

effettuate queste prove preliminari, e stabiliti i limiti entro cui l’ADH non subisce<br />

influenza dalla presenza del catione metallico, sono stati saggiati tutti gli enzimi<br />

ricombinanti. La miscela di reazione tipo già descritta (vedi sezione 2.2.1.) è stata<br />

modificata solo per quanto riguarda il catione oggetto di saggio.<br />

È importante sottolineare che, per ridurre al minimo l’attività NMNAT in assenza<br />

di catione aggiunto, condizione necessaria per una corretta valutazione dell’effetto dello<br />

stesso sull’enzima ricombinante, si è reso necessario operare in condizioni virtualmente<br />

“metal-free”, pertanto sono state minimizzate le eventuali tracce di metalli nelle soluzioni<br />

usate per la miscela di saggio. A tal fine, le preparazioni ricombinanti delle tre isoforme<br />

mNMNAT e <strong>della</strong> Wld S , prima di essere utilizzate, sono state sottoposte preventivamente a<br />

trattamento con CHELEX ® 100 (Sigma-Aldrich), una resina debolmente acida che chela<br />

fortemente gli ioni metallici polivalenti. Tale trattamento è stato effettuato miscelando<br />

ciascuna preparazione enzimatica con la resina in rapporto volumetrico approssimativo 3:1<br />

e rimuovendo poi la resina per centrifugazione blanda. In questo modo si è ottenuto un<br />

livello di attività NMNAT basale in assenza di ioni in nessun caso superiore al 5 % del<br />

valore di riferimento corrispondente al 25 mM MgCl2, condizione giudicata soddisfacente<br />

nell’ambito degli scopi del presente lavoro di tesi. Invece, il trattamento CHELEX<br />

dell’intera miscela di reazione e non delle sole preparazioni enzimatiche, ha comportato<br />

l’inattivazione dell’ADH, che è una metallo-proteina Zn 2+ -dipendente, rendendo<br />

impossibile l’uso del saggio spettrofotometrico accoppiato.<br />

I risultati ottenuti con questi saggi spettrofotometrici preliminari sono stati<br />

comunque successivamente confermati col saggio HPLC, come di seguito descritto.<br />

2.3.2 SAGGIO HPLC IN PRESENZA DI SUBSTRATI E COFATTORI METALLICI<br />

ALTERNATIVI<br />

Limitatamente ai cofattori metallici Mg 2+ , Zn 2+ e Co 2+ , ritenuti più interessanti ai<br />

fini discriminatori, è stato utilizzato anche il saggio discontinuo diretto in HPLC (vedi<br />

66


Materiali e Metodi<br />

sezione 2.2.2), allo scopo di confermare il comportamento dell’attività NMNAT a carico<br />

dei vari enzimi ricombinanti. Tali saggi sono stati condotti, sempre in maniera comparativa<br />

tra le isoforme, anche in presenza dei substrati alternativi ITP e GTP al posto dell’ATP<br />

(sempre 1 mM). La miscela di reazione, come in precedenza, è stata quella di riferimento<br />

già citata (vedi sezione 2.2.2), differendo solo per il cofattore metallico o il substrato<br />

alternativo impiegati, e anche in questo caso sottoponendo preventivamente le preparazioni<br />

enzimatiche a trattamento CHELEX per minimizzare l’interferenza da metalli endogeni.<br />

I risultati ottenuti con questi saggi in HPLC hanno consentito di stabilire i parametri<br />

numerici per il calcolo matriciale alla base del saggio discriminatorio descritto nei<br />

paragrafi seguenti.<br />

2.4 Saggio di discriminazione dell’attività NMNAT isoforma-<br />

specifica su estratti proteici grezzi da tessuti murini<br />

2.4.1 TESSUTI MURINI<br />

seguito:<br />

I tessuti murini di fegato e cervello utilizzati in questo lavoro di tesi sono elencati di<br />

1. cervelli WT (da topi C57BL/6J) fornitici dalla Dr.ssa Conforti (Università di<br />

Nottingham, UK) usati per la determinazione dei contributi individuali di ciascuna<br />

delle mNMNAT tramite saggio discriminatorio e testarne la validità;<br />

2. cervelli e fegati WT (da topi C57BL/6J) e Wld S acquistati dalla HARLAN ®<br />

(Animal Research Laboratory) usati per la determinazione dei contributi individuali<br />

di ciascuna delle mNMNAT tramite saggio discriminatorio e del NAD + endogeno;<br />

3. cervelli provenienti da topi WT e het KO per la mNMNAT1 fornite dalla Dr.ssa<br />

Conforti (Università di Nottingham, UK), usati per la determinazione del contenuto<br />

di NAD + endogeno e dei singoli contributi di ciascuna delle mNMNAT;<br />

4. cervelli di topi “TEXAS mNMNAT2 GT” WT, mutanti het KO (75% di attività<br />

residua <strong>della</strong> mNMNAT2) e mutanti hom KO (50% di attività residua per la<br />

mNMNAT2), forniti dal Dr. Coleman (Babraham Institute, University of<br />

Cambridge, UK), usati per la determinazione dei singoli contributi di attività<br />

trasferasica delle tre NMNAT, nonché del contenuto di NAD + endogeno.<br />

67


2.4.2 REAL TIME RT-PCR<br />

Materiali e Metodi<br />

Il buon esito delle mutazioni indotte nei topi da cui derivano i cervelli analizzati<br />

sopra citati, è stato controllato quantificando i livelli di mRNA attraverso la real time RT-<br />

PCR.<br />

I cervelli sono stati rimossi dall’animale appena sacrificato e congelati immediatamente in<br />

N2 liquido, e quindi conservati a -80 °C fino al momento dell’utilizzo. L’RNA totale è<br />

stato estratto usando TriSure (Bioline, London, UK), seguendo le istruzioni <strong>della</strong> ditta<br />

produttrice. La trascrittasi inversa SuperScript II (Invitrogen Paisley, UK) è stata usata per<br />

sintetizzare il primo filamento di cDNA in accordo con le istruzioni <strong>della</strong> casa produttrice<br />

utilizzando 1µg di RNA totale e primer oligo(d)T. E’ stata condotta una PCR quantitativa<br />

impiegando Platinum SYBR Green qPCR Supermix UDG (Invitrogen, Paisley, UK),<br />

utilizzando le seguenti coppie di primer: per la mNMNAT1, 5’-TTCAAGGCCTGACAAC<br />

ATCGC-3’, 5’-GAGCACCTTCACAGTCTCCACC-3’; per la mNMNAT2, 5’-CAGTGC<br />

GAGAGACCTCATCCC-3’, 5’-ACACATGATGAGACGGTGCCG-3’; per la<br />

mNMNAT3, 5’-GGTGTGGAGCTGTGTGACAGC-3’, 5’-GCCATGGCCACTCGGTGA<br />

TGG-3’; per la β-actina (il gene di riferimento), 5’-TGTTACCAACTGGGACGACA-3’,<br />

5’-GGGGTGTTGAAGGTCTCAAA-3’. Le reazioni sono state eseguite in duplicato e<br />

sono state costruite curve standard utilizzando diluizioni seriali di cDNA per ogni serie di<br />

primer al fine di stabilire l’efficienza <strong>della</strong> PCR. I rapporti di espressione relativa in<br />

confronto al gene di riferimento <strong>della</strong> β-actina sono stati determinati come descritto in<br />

[151], e l’analisi statistica è stata eseguita utilizzando il t-test.<br />

2.4.3 PREPARAZIONE DELL’ESTRATTO GREZZO DA TESSUTI MURINI<br />

I tessuti murini di fegato e cervello, immediatamente congelati in N2 liquido dopo<br />

prelievo dagli animali e conservati a -80°C, sono stati macinati in N2 liquido con mortaio e<br />

pestello fino a ridurli ad una polvere molto fine. Il tessuto macinato, ed eventualmente<br />

mantenuto a -80°C, è stato pesato prima dell’uso e risospeso nel tampone di risospensione<br />

(vedi composizione in Tabella VIII) in rapporto 1 : 10 (p/v), scongelando gradualmente la<br />

sospensione fino a 4 °C. L’omogenato risospeso è stato quindi sottoposto a sonicazione su<br />

apparecchio B. Brawn LABSONIC ® (3 cicli da 30 sec ciascuno a 50 W di potenza, con<br />

impulsi da 0,5 sec di intervallo e raffreddamento per 1 min in ghiaccio tra un ciclo e<br />

l’altro). Il sonicato è stato poi trattato con resina CHELEX ® 100, aggiunta in rapporto 3 : 1<br />

68


Materiali e Metodi<br />

(v/v) e rimossa per centrifugazione per eliminare i metalli endogeni eventualmente presenti<br />

nell’estratto. L’estratto grezzo così ottenuto è stato direttamente utilizzato per il saggio<br />

discriminatorio.<br />

Tabella VIII<br />

Tampone di risospensione usato per la preparazione dell’estratto grezzo dai tessuti murini. Gli inibitori di<br />

proteasi antipaina, chimostatina, aprotinina, pepstatina, leupeptina e PMSF sono stati aggiunti<br />

immediatamente prima dell’uso.<br />

2.4.4 SAGGIO DI DISCRIMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ NMNAT ISOFORMA-<br />

SPECIFICA<br />

Il saggio messo a punto per la discriminazione dell’attività individuale delle diverse<br />

isoforme NMNAT murine si basa sulla differenziale dipendenza dell’attività dei vari<br />

isoenzimi in presenza di cofattori metallici. In particolare, fra tutte quelle testate, sono state<br />

scelte tre condizioni che sono risultate ottimali ai fini discriminatori. L’attività di<br />

riferimento (scelta arbitrariamente come condizione a cui viene assegnato il 100% di<br />

attività per tutti gli isoenzimi) è in presenza di 25 mM MgCl2, come riportato per la<br />

miscela di reazione tipo per il saggio in HPLC descritto nella sezione 2.2.2, con la sola<br />

modifica consistente nell’aggiunta di 20 mM NaF. Tutti i saggi discriminatori sono stati<br />

inoltre condotti in presenza di estratto grezzo alla concentrazione proteica finale di circa<br />

69


Materiali e Metodi<br />

1 mg/ml, incubando al massimo per 30 min, condizioni in cui si è ottenuto, in tutti i casi,<br />

un accumulo di NAD + prodotto lineare nel tempo e un consumo massimo di substrato<br />

NMN pari al 10 %. Le attività discriminatorie sono state tutte calcolate col metodo di<br />

saggio in HPLC (vedi sezione 2.2.2), ed espresse come µU totali per essere poi utilizzate<br />

nel calcolo matriciale successivo. Nelle tre condizioni discriminatorie prescelte, 25 mM<br />

MgCl2 <strong>della</strong> miscela di reazione tipo è stato sostituito alternativamente con 1.5 mM ZnCl2,<br />

50 µM MgCl2 o 4 mM CoCl2. Di seguito sono riportate le miscele di reazione relative alla<br />

discriminazione.<br />

Condizione A (ZnCl2 1.5 mM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH<br />

7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM DTT; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; ZnCl2 1.5 mM e<br />

70 µl di estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente<br />

descritto. Le miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e<br />

15 min di incubazione.<br />

Condizione B (MgCl2 50 µM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH<br />

7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM DTT; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; MgCl2 50 µM e<br />

70 µl di estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente<br />

descritto. Le miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e<br />

15 min di incubazione.<br />

Condizione C (CoCl2 4 mM) – La miscela di saggio contiene: 30 mM HEPES/KOH, pH<br />

7.5, 0.6 mg/ml BSA; 1 mM NMN; 1 mM ATP; 20 mM NaF; CoCl2 4 mM e 70 µl di<br />

estratto di cervello o 25 µl di estratto di fegato ottenuti come precedentemente descritto. Le<br />

miscele vengono incubate a 37 °C e preparate per l’analisi HPLC dopo 5, 10 e 15 min di<br />

incubazione. Da notare che solo in questa condizione discriminatoria è stato rimosso dalla<br />

miscela di reazione il DTT, in quanto è stato mostrato da numerose prove, che esso in<br />

presenza di cobalto causa un notevole abbassamento dell’attività enzimatica in maniera<br />

proporzionale alla concentrazione di metallo, probabilmente per fenomeni di ossidazione<br />

<strong>della</strong> miscela. Tale fenomeno è a carico di tutte le isoforme NMNAT murine, e in<br />

particolare <strong>della</strong> mNMNAT3, cui corrisponde un’attività all’incirca dimezzata se il saggio<br />

viene effettuato in presenza di 1 mM DTT.<br />

70


2.4.5 CALCOLO MATRICIALE<br />

Materiali e Metodi<br />

Per calcolare simultaneamente il contributo dei singoli isoenzimi mNMNAT è stato<br />

applicato un approccio matematico che usa matrici di sostituzione e la regola di Cramer<br />

[152] per risolverle. Per ciascuna condizione discriminatoria scelta (A: ZnCl2 1.5 mM; B:<br />

MgCl2 0.05 mM; C: CoCl2 4 mM) il valore di attività totale può essere considerato uguale<br />

alla somma di 3 contributi, uno per ciascuna isoforma. Questo può essere scritto sotto<br />

forma di un sistema di equazioni lineari:<br />

dove:<br />

x, y, z sono le reali attività enzimatiche di ciascuna isoforma (rispettivamente mNMNAT1<br />

e/o Wld S , mNMNAT2 e mNMNAT3);<br />

an, bn, cn (dove n= 1, 2 e 3) sono i coefficienti che riflettono la frazione di attività relativa<br />

in ciascuna condizione da parte di ogni isoforma. Ad esempio, i coefficienti a1,<br />

a2 e a3 per l’isoforma 1 sono stati determinati come rapporto tra il valore di<br />

attività alle tre diverse condizioni di metalli (Zn 2+ , Mg 2+ e Co 2+ ) e il valore di<br />

attività di riferimento misurato con 25 mM MgCl2 per questa isoforma. La stessa<br />

procedura è stata ripetuta per le isoforme 2 e 3 ottenendo i coefficienti b1, b2, b3<br />

e c1, c2 , c3 rispettivamente. Per la determinazione di questi valori sono stati<br />

utilizzati gli isoenzimi ricombinanti.<br />

Dal momento che l’attività degli enzimi cambia piuttosto sensibilmente al variare<br />

dei componenti <strong>della</strong> miscela di saggio, è opportuno che le costanti an, bn e cn siano<br />

determinate ogni volta che le soluzioni di saggio vengono cambiate o ripreparate. Una<br />

volta che tutti i coefficienti e le tre attività del campione in esame sono stati determinati, la<br />

regola di Cramer può essere facilmente applicata. I coefficienti possono essere scritti in<br />

71


Materiali e Metodi<br />

forma matriciale per calcolare il determinante denominatore. Allo stesso modo i valori di<br />

attività (espressi in µU totali) possono essere scritti sotto forma di vettore, A, B e C, il<br />

quale viene utilizzato, sostituendo l’appropriata colonna <strong>della</strong> matrice, per calcolare i<br />

determinanti numeratori e quindi x, y e z (i contributi di attività enzimatica delle singole<br />

isoforme in µU).<br />

Il calcolo matriciale è stato effettuato usando il software Microsoft Excel 2003,<br />

usando le funzioni: MATR.DETERM (array), MATR.INVERSA (array) e<br />

MATR.PRODOTTO (array-1, array2) dove: “array” indica la matrice dei coefficienti (a1,<br />

a2, a3, b1, b2, b3 e c1, c2, c3); “array-1” è la matrice trasposta di “array” ottenuta con la<br />

funzione MATR.INVERSA(array); “array2” è il vettore ottenuto dalle attività (A, B e C).<br />

L’unica condizione che deve essere rispettata affinché il sistema matriciale abbia soluzione<br />

è che i coefficienti an, bn e cn si differenzino sufficientemente al fine di avere un<br />

determinante diverso da 0.<br />

I singoli contributi di attività adenililtrasferasica, ottenuti in µU dalla risoluzione <strong>della</strong><br />

matrice, possono poi essere espressi o come percentuale relativa riferita al 100% teorico<br />

(condizione con 25 mM di MgCl2), o come valori assoluti di attività specifica.<br />

2.5 Determinazione del NAD + endogeno in tessuti murini<br />

La determinazione del contenuto di NAD + endogeno in tessuti di cervello murino è<br />

stata condotta nel modo di seguito descritto.<br />

I tessuti, conservati a -80 °C, sono stati rotti in azoto liquido con mortaio e pestello<br />

fino a ridurli ad una polvere molto fine, mantenendoli durante l’operazione a -80 °C per<br />

evitare al massimo qualsiasi degradazione enzimatica. La polvere di tessuto ottenuta da<br />

ciascun campione è stata risospesa in HClO4 3M (30 % p/v) in rapporto di 1 : 2 = mg<br />

tessuto : µl HClO4 e addizionata con cAMP usato come standard interno. La sospensione è<br />

stata brevemente scongelata a 4 °C miscelando in vortex fino a risospensione omogenea e<br />

sonicata a 50 W in continuo (15 sec a RT + 45 sec in ghiaccio x 4 volte). Successivamente<br />

centrifugati a 16000 x g per 20 min., i sovranatanti ottenuti sono stati alcalinizzati con una<br />

opportuna quantità di K2HPO4 3M e congelati a -80 °C. Dopo scongelamento, vortex e<br />

ulteriore centrifuga a RT per 2 min, i campioni sono stati, infine, caricati all’HPLC per<br />

72


Materiali e Metodi<br />

l’analisi cromatografica. I tamponi fosfato a pH 6, il flusso e il gradiente utilizzati sono<br />

descritti in dettaglio in Figura 27.<br />

Tampone A:<br />

- fosfato di potassio 0,1 M, pH 6.0<br />

- tetrabutilammonio idrogeno solfato<br />

(TBAIS) 8 mM<br />

Figura 27. Gradiente di separazione mediante cromatografia HPLC in coppia ionica e composizione delle<br />

fasi mobili A e B. Nella tabella sono indicate le caratteristiche del gradiente mostrato nel grafico adiacente.<br />

La quantità di NAD + presente in ciascun campione analizzato è stata calcolata<br />

confrontando l’area di NAD + rilevata dallo strumento e l’area dello standard interno del<br />

cAMP, la cui quantità è nota, tenendo conto di tutte le diluizioni fatte durante<br />

l’elaborazione del campione. Il confronto con lo standard interno garantisce una notevole<br />

precisione di calcolo, dal momento che esso è stato inserito all’inizio del procedimento e<br />

trattato esattamente come il campione da analizzare. La quantità di NAD + endogeno di<br />

ciascun campione è stata calcolata in nmol/g di peso secco di tessuto.<br />

2.6 Espressione e purificazione <strong>della</strong> mNMNAT2 per studi<br />

cristallografici<br />

Tampone B:<br />

- fosfato di potassio 0,1 M, pH 6.0<br />

- TBAIS 8 mM<br />

- Metanolo 30 % (v/v)<br />

Un capitolo a parte è stato dedicato all’espressione e alla purificazione<br />

dell’isoforma mNMNAT2, dal momento che è l’unica isoforma di cui non è nota la<br />

struttura cristallografica. In passato sono state condotte numerose prove di cristallizzazione<br />

sulla NMNAT2 umana, ma che purtroppo non hanno dato buon esito a causa <strong>della</strong><br />

73


Materiali e Metodi<br />

difficoltà di ottenere una proteina attiva e concentrata dalla purificazione, visti anche i<br />

bassi livelli di induzione osservati durante l’espressione <strong>della</strong> proteina. Dato che la<br />

mNMNAT2 esibisce un’identità di sequenza pari al 99% con la hNMNAT2, è stato deciso<br />

di condurre delle prove di cristallizzazione con l’isoforma murina.<br />

2.6.1 ESPRESSIONE DELLA mNMNAT2<br />

Il plasmide pET28c con il cDNA <strong>della</strong> proteina da purificare clonato nei siti di<br />

restrizione NdeI/HindIII secondo la procedura descritta in sezione 2.1.3, sono stati<br />

utilizzati per trasformare aliquote di cellule Ca 2+ - competenti di E. coli del ceppo BL21<br />

(DE3). Il protocollo di espressione è identico a quello descritto nella sezione 2.1.4,<br />

eccezione fatta per il tempo di induzione che è stato prolungato a 5 ore per aumentare la<br />

quantità di proteina ricombinante. Il pellet raccolto (3 g circa) da 750 mL di coltura è stato<br />

utilizzato per la purificazione.<br />

2.6.2 PURIFICAZIONE DELLA mNMNAT2<br />

La proteina mNMNAT2 è stata purificata tramite cromatografia di affinità su resina<br />

Talon. Il pellet cellulare a -80 °C, proveniente da 750 mL di coltura indotta come descritto<br />

in precedenza, è stato scongelato in ghiaccio per 30 minuti e risospeso in 1/20 del volume<br />

originale nel tampone di lisi (vedi composizione in Tabella V), preventivamente refrigerato<br />

a 4 °C. Tutti i passaggi successivi sono stati effettuati a 4 °C per minimizzare l’e ventuale<br />

proteolisi. Le cellule sono state quindi lisate alla Frech-Press (FRENCH PRESSURE<br />

CELL PRESS, Termo Spectronic) mediante due passaggi consecutivi a 18000 Psi. I lisati,<br />

dopo aggiunta di Dnasi (10 µg/ml), sono stati chiarificati per centrifugazione a 20000 x g<br />

per 30 min. Dopo aver equilibrato 550 µl di resina Talon con il buffer di lisi, l’estratto<br />

grezzo è stato lasciato in agitazione in batch per 45 min. con la resina stessa. Si è quindi<br />

proceduto al caricamento su colonna (Ø = 1cm circa) a gravità. La procedura di<br />

purificazione è stata condotta in maniera identica a quella descritta in sezione 2.1.5 con i<br />

tamponi la cui composizione è indicata in Tabella VII. Le ultime frazioni di proteina<br />

purificata, sono state eluite con un buffer di eluizione contenente 250 mM di imidazolo,<br />

per staccare tutta la proteina legata alla resina ed avere una resa più alta possibile.<br />

Le frazioni ottenute dalla cromatografia d’affinità, dopo essere state<br />

opportunamente riunite, sono state rapidamente sottoposte a gel-filtrazione su colonne PD-<br />

74


Materiali e Metodi<br />

10 Sephadex TM (GE Healthcare, cut-off = 5000 Da), allo scopo di allontanare l’eccesso di<br />

NaCl e imidazolo presenti nel tampone di eluizione, e contemporaneamente introducendo<br />

il riducente TCEP, utile a preservare nel tempo il corretto folding proteico e l’attività<br />

enzimatica. Le preparazioni finali sono state quindi caricate ed eluite da tali supporti<br />

cromatografici commercialmente disponibili seguendo il protocollo <strong>della</strong> ditta produttrice,<br />

scambiando il tampone di eluizione <strong>della</strong> precedente cromatografia d’affinità col tampone<br />

di stoccaggio HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5 e TCEP 1 mM. Tutte le preparazioni finali<br />

conservate a 4 °C sono state quindi spedite al Dipartimento di Scienze Chimiche,<br />

Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche (DISCAFF) dell’Università del Piemonte<br />

Orientale “ A. Avogadro” (Novara) per gli studi di cristallizzazione.<br />

2.7 Saggio di Bradford e analisi elettroforetica per la<br />

determinazione quantitativa e qualitativa delle proteine<br />

La concentrazione proteica degli enzimi purificati mediante cromatografia<br />

d’affinità (Ni-NTA o Talon) e degli estratti grezzi tissutali di topo preparati come descritto<br />

nella sezione 2.4.3, è stata determinata con il metodo di Bradford [153], utilizzando<br />

albumina sierica bovina (BSA) come standard. Il valore <strong>della</strong> concentrazione proteica così<br />

ottenuto, è stato utilizzato per calcolare le attività specifiche degli enzimi studiati, espresse<br />

in U/mg.<br />

Le preparazioni enzimatiche purificate sono state analizzate anche dal punto di<br />

vista qualitativo: attraverso analisi elettroforetica su gel di poliacrilammide in condizioni<br />

denaturanti (SDS-PAGE) [154], sono stati verificati il peso molecolare e il grado di<br />

purezza delle proteine ricombinanti.<br />

In particolare per gli enzimi in questione si è sfruttata la variante dell’SDS-PAGE<br />

in tampone tricina [155]: questo metodo è comunemente usato per separare le proteine nel<br />

range di 1-100 kDa. Tale sistema elettroforetico viene preferito, a parità di concentrazione<br />

di acrilammide, all’SDS-PAGE tradizionale (o Laemmli, che utilizza la glicina invece<br />

<strong>della</strong> tricina) per la risoluzione di proteine con dimensioni intorno ai 30 kDa. Le differenti<br />

caratteristiche di separazione delle due tecniche sono direttamente correlate ai valori di pK<br />

significativamente differenti tra i due gruppi funzionali di tricina e glicina, che definiscono<br />

la mobilità elettroforetica degli ioni correlata a quella delle proteine. Nel sistema Laemmli<br />

75


Materiali e Metodi<br />

le piccole proteine appaiono come uno “smear” sul fronte del gel e non viene permessa una<br />

adeguata separazione delle proteine stesse.<br />

Per l’analisi elettroforetica del contenuto proteico, 5 µg di proteina per ogni<br />

campione sono stati risospesi in 60 mM di Tris, pH=6.8, contenente 2% di SDS, 5% di β-<br />

mercaptoetanolo, 10% glicerolo e 0.01% di bromofenolo, e sono stati bolliti per 5 minuti<br />

prima di essere caricati sul gel di poliacrilammide 10% in tricina.<br />

76


Risultati e discussione<br />

3. RISULTATI E DISCUSSIONE<br />

3.1 Espressione eterologa e purificazione delle isoforme murine<br />

NMNAT e <strong>della</strong> proteina chimerica Wld S<br />

Le tre isoforme NMNAT murine e l’isoforma mutante chimerica Wld S sono state<br />

ottenute in forma ricombinante dopo espressione batterica secondo il protocollo descritto<br />

in Materiali e Metodi. Inizialmente, sequenze codificanti complete (ORFs) dai geni<br />

corrispondenti (GenBank accessions: AF260924 per Wld S , NP597679 per NMNAT1,<br />

NP780669 per NMNAT2, NP653116 per NMNAT3) sono state clonate mediante PCR in<br />

vettori di espressione <strong>della</strong> serie pET28. I costrutti ottenuti sono risultati corretti sia dopo<br />

analisi elettroforetica sia dopo sequenziamento dell’inserto clonato, e quindi idonei per<br />

l’espressione delle specie proteiche corrispondenti appositamente ingegnerizzate con<br />

frammenti His Tag N-terminali, e per la successiva purificazione mediante cromatografia<br />

d’affinità. Nella seguente Figura 28, a titolo esemplificativo, sono riportate le dimensioni<br />

su gel dei costrutti linearizzati pET28c-mNMNAT2 e pET28c-mNMNAT3,<br />

rispettivamente di 6225 bp e 6057 bp attese.<br />

Figura 28. Elettroforesi su gel di agarosio 1%. Da sinistra, i due costrutti indicati, entrambi linearizzati con<br />

l’enzima di restrizione HindIII, e i marker a dimensioni note indicate.<br />

77


Risultati e discussione<br />

Dopo trasformazione ed espressione nel ceppo BL21 (DE3) di E. coli,<br />

l’ottenimento delle specie ricombinanti è stata verificata preliminarmente mediante<br />

elettroforesi condotta direttamente sugli estratti cellulari corrispondenti prima e dopo<br />

induzione con IPTG. In Figura 29 si osservano le bande relative alle proteine di interesse,<br />

ciascuna del peso molecolare atteso corrispondente alla specie autentica (41,5 kDa per<br />

Wld S , 32,4 kDa per mNMNAT1, 34,5 kDa per mNMNAT2, 27,7 kDa per mNMNAT3)<br />

con l’aggiunta del relativo frammento His Tag N-terminale<br />

(MGSSHHHHHHSSGLVPRGSHMAS per Wld S e MGSSHHHHHHSSGLVPRGSH per<br />

mNMNAT1, mNMNAT2 e mNMNAT3).<br />

Figura 29. SDS-PAGE in tricina <strong>della</strong> frazione proteica solubile da cellule trasformate con i plasmidi<br />

ricombinanti prima dell’induzione (C0) e dopo 3 ore dall’induzione con IPTG 1mM (Cind). A sinistra, gli<br />

standard a peso molecolare noto. Le frecce indicano la posizione di ciascuna proteina ricombinante di<br />

interesse, il cui peso molecolare atteso è indicato in alto tra parentesi.<br />

In questa fase sperimentale sono stati utilizzati gli accorgimenti descritti in<br />

Materiali e Metodi. In particolare sono state allestite colture di induzione a 28 °C, invece<br />

che alla consueta temperatura di 37 °C, in assenza di antibiotico nel terreno. Queste<br />

condizioni, atte sostanzialmente a limitare la formazione di corpi di inclusione indesiderati,<br />

78


Risultati e discussione<br />

hanno effettivamente migliorato il protocollo generale e garantito, pur con qualche<br />

variabilità in esperimenti ripetuti, migliori rese di ciascun prodotto ricombinante solubile.<br />

Eppure, come evidente in Figura 10, mediante tale procedura adottata in parallelo per le<br />

diverse proteine, le due specie ricombinanti Wld S e mNMNAT1 non sono risultate<br />

accumulare in forma solubile ai livelli di mNMNAT2 e mNMNAT3, pur essendo a loro<br />

volta presenti nell’estratto cellulare come dimostrato dall’incremento sostanziale di attività<br />

NMNAT rilevabile nelle frazioni solubili corrispondenti. In linea di principio una tale<br />

differenza può essere riconducibile a molteplici fattori, tra cui la struttura intrinseca delle<br />

proteine in questione, la formazione di corpi di inclusione o la loro limitata espressione<br />

data da interferenze di vario tipo con la cellula ospite. Comunque, la procedura adottata,<br />

comune a tutte e quattro le specie di interesse, non è stata ulteriormente ottimizzata e<br />

sviluppata in quanto ha consentito l’ottenimento di sufficienti quantità di ciascuna specie<br />

ricombinante da utilizzare per la successiva messa a punto del saggio di discriminazione<br />

dell’attività trasferasica. Da sottolineare invece è il risultato sorprendente relativo<br />

all’mNMNAT2, l’unica isoforma delle tre conosciute nei mammiferi che non sia stata<br />

cristallizzata e di cui non è stato ancora possibile risolvere la struttura quaternaria.<br />

Considerato anche l’elevatissimo grado di conservazione con la corrispondente isoforma<br />

umana, la possibilità tramite il protocollo sopra descritto di ottenere tale isoenzima in<br />

forma ricombinante ad alto grado di concentrazione e purezza, è stato un risultato inatteso<br />

che ha aperto la strada a studi strutturali (vedi paragrafo 3.6).<br />

Le quattro proteine ricombinanti sono state successivamente purificate ad<br />

omogeneità come descritto in Materiali e Metodi. La metodologia adottata è riportata nella<br />

sezione 2.1.5 e consiste essenzialmente in un unico step cromatografico su resina di<br />

affinità, seguito da desalificazione mediante gel filtrazione. Una procedura di purificazione<br />

leggermente modificata è stata adottata in aggiunta per la sola isoforma mNMNAT2, allo<br />

scopo di ottenere una preparazione adatta per studi cristallografici (vedi paragrafo 2.6).<br />

L’attività NMNAT totale è stata misurata in tutti i casi con il saggio accoppiato<br />

spettrofotometrico. La resina Ni-NTA, inizialmente utilizzata come unica matrice di<br />

affinità per tutte e quattro le specie, non ha sempre garantito dal punto di vista quantitativo<br />

e qualitativo un risultato ottimale. In particolare, nel caso <strong>della</strong> mNMNAT1, anche a causa<br />

degli scarsi livelli di proteina solubile presenti nell’estratto grezzo, si è osservata la<br />

presenza di proteine contaminanti nel preparato finale dopo la purificazione, dovuta<br />

79


Risultati e discussione<br />

probabilmente ad interazioni aspecifiche con la resina. Per questo motivo, come descritto<br />

nella sezione 2.1.5, per le specie mNMNAT1 e mNMNAT2 si è scelto di usare la resina<br />

Talon al posto <strong>della</strong> Ni-NTA, che ha consentito di massimizzare il legame specifico con le<br />

proteine His Tag e di ottenere preparazioni finali a più alta omogeneità elettroforetica.<br />

Per quanto riguarda le specie purificate mediante cromatografia d’affinità Ni-NTA,<br />

la proteina Wld S , nonostante il basso livello di espressione iniziale mostrato (Figura 10), è<br />

stata purificata in maniera soddisfacente e il pool finale ottenuto e sottoposto a<br />

desalificazione su PD-10 presentava un’attività specifica pari 16,2 U/mg. Dal canto suo, la<br />

preparazione finale mNMNAT3, purificata allo stesso modo ma da un estratto grezzo in<br />

cui risultava invece particolarmente abbondante, aveva un’attività specifica pari a 2 U/mg.<br />

Per quanto riguarda le due specie purificate mediante resina Talon, il pool finale di<br />

mNMNAT2 aveva un’attività specifica pari a 4,7 U/mg mentre quello di mNMNAT1 pari<br />

a 8,5 U/mg.<br />

In Tabella IX sono riassunti i dati relativi alla purificazione delle quattro specie<br />

ricombinanti di interesse per questo lavoro di tesi. Come si può osservare, con il protocollo<br />

di purificazione usato, si è ottenuta una resa media intorno all’80%, tranne che nel caso<br />

<strong>della</strong> mNMNAT1, dovuto in parte alla perdita occasionale occorsa nel lavaggio durante la<br />

purificazione e anche al fatto che, per la formazione del pool finale, sono state riunite solo<br />

le frazioni a maggiore purezza. Inoltre, in tutti i casi, l’attività specifica delle preparazioni<br />

finali è risultata maggiore rispetto a quella degli estratti grezzi corrispondenti, con indici di<br />

purificazione pari a 35-40 volte circa. Il fattore di purificazione ridotto <strong>della</strong> mNMNAT3<br />

(6 volte) è imputabile alla sua minore attività specifica finale e alla relativa abbondanza<br />

nell’estratto grezzo rispetto alle altre specie.<br />

Tabella IX<br />

Tabella di purificazione di W ld S e delle tre isoforme mNMNAT ricombinanti.<br />

80


Risultati e discussione<br />

In Figura 30 è mostrato il profilo in elettroforesi delle quattro preparazioni finali<br />

ottenute, successivamente usate per il saggio discriminatorio. Si può riscontrare la<br />

congruità delle dimensioni osservate rispetto a quelle predette e l’elevato grado di<br />

omogeneità elettroforetica delle specie ricombinanti mNMNAT1 e mNMNAT3 in<br />

particolare, con qualche impurezza invece presente nelle altre due preparazioni.<br />

Figura 30. Elettroforesi SDS-PAGE in tricina. Da sinistra, gli standard a peso molecolare noto e le<br />

preparazioni finali (4g ciascuna) ottenute dalla purificazione delle quattro specie proteiche ricombinanti,<br />

indicate con i rispettivi pesi molecolari monomerici predetti.<br />

La stabilità nel tempo delle quattro preparazioni enzimatiche purificate è stata<br />

successivamente valutata, sempre attraverso il saggio spettrofotometrico accoppiato, dopo<br />

conservazione in tampone HEPES/KOH 50 mM, pH 7,5, glicerolo 20 %, TCEP 1 mM, sia<br />

a 4 °C (Figura 31 A) che a -20 °C (Figura 31 B). I dati evidenziano che la sola specie<br />

mNMNAT2 a 4 °C è soggetta a rapida inattivazione, mentre un grado di stabilità<br />

comparabile tra le diverse isoforme ad entrambe le temperature è osservabile in tutti gli<br />

altri casi, con perdite di attività apparente comprese tra il 27 % e il 66 % dopo sei mesi. In<br />

accordo anche con evidenze precedenti riguardanti il corrispondente isoenzima umano, la<br />

NMNAT2 murina si dimostra perciò essere la meno stabile tra le tre isoforme, pur<br />

81


Risultati e discussione<br />

mantenendosi comparabilmente attiva nel tempo a -20 °C nelle condizioni descritte,<br />

confermando quindi la precedente osservazione circa la potenziale efficacia del protocollo<br />

di espressione qui sviluppato per lo studio strutturale dell’unica isoforma ancora<br />

sconosciuta tra gli isoenzimi NMNAT noti nei mammiferi.<br />

A)<br />

B)<br />

Figura 31. Valutazione <strong>della</strong> stabilità degli isoenzimi mNMNAT e Wld S in funzione del tempo. A)<br />

preparazioni a 4°C; B) preparazioni a -20°C.<br />

Da notare infine è il grado di conservazione elevato tra gli isoenzimi murini e i<br />

corrispondenti umani, utile anche per i successivi scopi discriminatori <strong>della</strong> loro attività<br />

individuale negli estratti tissutali grezzi. Comparando infatti le isoforme murine e umane a<br />

82


Risultati e discussione<br />

coppie come mostrato in Figura 32 si osserva una percentuale di identità pari all’81,8% per<br />

le due NMNAT1, all’81,3 % per le due NMNAT3 e addirittura del 99% per le due<br />

NMNAT2, che mostrano solo 4 aminoacidi diversi su 307 totali. Questa elevata omologia<br />

consente in generale di predire una simile selettività catalitica e dipendenza da metalli da<br />

parte delle diverse isoforme e quindi la possibilità di discriminare le NMNAT con metodo<br />

simile a quello già descritto per gli isoenzimi umani. Consente inoltre, nel caso particolare<br />

<strong>della</strong> NMNAT2, di affrontare lo studio strutturale dell’isoforma murina con la ragionevole<br />

aspettativa che le conclusioni tratte possano essere valide anche per l’isoforma umana.<br />

A)<br />

B)<br />

C)<br />

Figura 32. Allineamento MultiAlin delle tre isoforme NMNAT note nel topo (Mus musculus) e nell’uomo<br />

(Homo sapiens). Le sequenze <strong>della</strong> NMNAT1 murina e umana sono indicate con “mNMNAT1” e<br />

“hNMNAT1” rispettivamente (A), quelle delle corrispondenti NMNAT2 con “mNMNAT2” e “hNMNAT2”<br />

(B), quelle delle NMNAT3 con “mNMNAT3” e “hNMNAT3” (C) . Gli amminoacidi identici sono indicati in<br />

rosso, quelli diversi in blu. Tra parentesi, i GenBank accession numbers corrispondenti.<br />

83


Risultati e discussione<br />

3.2 Caratterizzazione cinetica delle NMNAT murine e di Wld S<br />

Le preparazioni enzimatiche sopra purificate sono state usate per la determinazione<br />

delle proprietà cinetiche degli enzimi ricombinanti verso i substrati fisiologici. Sono state<br />

dapprima stabilite le condizioni ottimali per misurare la velocità iniziale di reazione. A tale<br />

scopo sono state allestite apposite miscele con quantità di enzima atte a garantire un<br />

consumo massimo di ambedue i substrati pari al 10%, misurando ogni volta l’attività in<br />

condizioni di linearità di accumulo di prodotto nell’intervallo di tempo stabilito.<br />

Dapprima sono stati determinati i valori di Km e Vmax per i substrati ATP e NMN<br />

mediante il saggio HPLC descritto in Materiali e Metodi. Le costanti cinetiche sono state<br />

calcolate allestendo miscele di reazione a concentrazioni variabili dei due substrati in<br />

particolare:<br />

- per Wld S ATP da 28,7 µM a 172 µM, NMN da 8,7 µM a 104 µM;<br />

- per mNMNAT1 ATP da 29,2 µM a 175 µM, NMN da 8,5 µM a 102 µM;<br />

- per mNMNAT2 e mNMNAT3 ATP da 25,7 µM a 158,8 µM, NMN da 7,5 µM a<br />

90 µM.<br />

Le velocità iniziali sono state determinate combinando, di volta in volta, ciascuna<br />

concentrazione di uno dei due substrati (substrato fisso) con varie concentrazioni dell’altro<br />

substrato (substrato variabile). I grafici e i parametri cinetici risultanti sono stati ottenuti<br />

tramite utilizzo del software “KaleidaGraph”, che ha consentito di calcolare<br />

automaticamente i valori di Vmax e Km dai dati primari impostando l’equazione di<br />

Michaelis-Menten. Per ogni concentrazione di substrato fisso, i valori sperimentali di<br />

attività enzimatica espressi come velocità di reazione (asse y) sono stati inizialmente<br />

plottati su un grafico bidimensionale (V/[S]) in funzione <strong>della</strong> concentrazione di substrato<br />

variabile (asse x). Dalle curve ottenute in questi grafici primari il programma ha calcolato i<br />

valori di Vmax apparente per ciascuna delle concentrazioni di substrato fisso utilizzate. Con<br />

tali valori è stato successivamente costruito un grafico secondario, che è quello riportato<br />

nelle successive Figure 33-36, che mette in relazione le Vmax apparenti ottenute in<br />

precedenza con le diverse concentrazioni del substrato fisso. Il programma di fitting<br />

grafico ha ricavato infine dalle curve risultanti i valori di Vmax e Km reali per ciascun<br />

substrato fisso in questione. I parametri cinetici relativi all’altro substrato sono stati<br />

84


Risultati e discussione<br />

determinati invertendo il substrato fisso con quello variabile e l’intero procedimento è stato<br />

ripetuto per ognuno dei quattro enzimi ricombinanti (Figure 33, 34, 35 e 36).<br />

Vmax vs ATP<br />

A)<br />

B)<br />

Vmax vs NMN<br />

220<br />

200<br />

180<br />

160<br />

140<br />

120<br />

Vmax vs ATP<br />

Vmax e Km vs ATP Wlds<br />

100<br />

20 40 60 80 100 120 140 160 180<br />

200<br />

150<br />

100<br />

Vmax vs NMN<br />

[ATP] (uM)<br />

Vmax e Km vs NMN Wlds<br />

50<br />

0 20 40 60 80 100 120<br />

[NMN] (uM)<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

243,13<br />

29,627<br />

18,388<br />

0,99804<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Figura 33. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la Wld S ottenuti con<br />

KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

Value<br />

243,13<br />

29,627<br />

18,388<br />

0,99804<br />

R<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

246,26<br />

32,231<br />

7,6194<br />

0,99967<br />

Value<br />

246,26<br />

32,231<br />

7,6194<br />

0,99967<br />

Error<br />

3,9749<br />

1,7808<br />

Error<br />

3,6626<br />

1,1819<br />

NA<br />

NA<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

3,9749<br />

1,7808<br />

85<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

3,6626<br />

1,1819<br />

NA<br />

NA


A)<br />

Vmax vs ATP<br />

B)<br />

Vmax vs NMN<br />

160<br />

150<br />

140<br />

130<br />

120<br />

110<br />

100<br />

90<br />

Vmax vs ATP<br />

Vmax e Km mNMNAT1<br />

80<br />

20 40 60 80 100 120 140 160 180<br />

160<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

Vmax vs NMN<br />

[ATP] (uM)<br />

Vmax e Km vs NMN mNMNAT1<br />

40<br />

0 20 40 60 80 100 120<br />

[NMN] (uM)<br />

Risultati e discussione<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

182,01<br />

33,5<br />

66,306<br />

0,98805<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Figura 34. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT1 ottenuti con<br />

KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

182,01<br />

33,5<br />

66,306<br />

0,98805<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

188,72<br />

25,216<br />

192,58<br />

0,98703<br />

R<br />

Error<br />

8,0154<br />

5,1223<br />

Value<br />

188,72<br />

25,216<br />

192,58<br />

0,98703<br />

Error<br />

15,593<br />

5,5978<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

8,0154<br />

5,1223<br />

NA<br />

NA<br />

86<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

15,593<br />

5,5978<br />

NA<br />

NA


A)<br />

Vmax vs ATP<br />

B)<br />

Vmax vs NMN<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

Vmax vs ATP<br />

Vmax e Km vs ATP mNMNAT2<br />

0<br />

0 20 40 60 80 100 120 140 160<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

Vmax vs NMN<br />

[ATP]<br />

Vmax e Km vs NMN mNMNAT2<br />

5<br />

0 20 40 60 80 100<br />

[NMN]<br />

Risultati e discussione<br />

V= Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Figura 35. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT2 ottenuti con<br />

KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.<br />

V= Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

24,392<br />

81,953<br />

0,9573<br />

0,99295<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

30,062<br />

38,471<br />

7,6932<br />

0,9748<br />

R<br />

Value<br />

30,062<br />

38,471<br />

7,6932<br />

0,9748<br />

Value<br />

24,392<br />

81,953<br />

0,9573<br />

0,99295<br />

Error<br />

2,1128<br />

15,095<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

4,8304<br />

13,522<br />

NA<br />

NA<br />

87<br />

Error<br />

4,8304<br />

13,522<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

2,1128<br />

15,095<br />

NA<br />

NA


A)<br />

Vmax vs ATP<br />

B)<br />

Vmax<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

Vmax vs ATP<br />

Vmax e Km vs ATP mNMNAT3<br />

15<br />

20 40 60 80 100 120 140 160<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

Vmax vs NMN<br />

[ATP]<br />

Vmax e Km vs NMN mNMNAT3<br />

0<br />

0 20 40 60 80 100<br />

[NMN]<br />

Risultati e discussione<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

Vmax<br />

Km<br />

Value<br />

43,91<br />

38,953<br />

3,7189<br />

0,9905<br />

Value<br />

44,609<br />

117,62<br />

Chisq 0,032659<br />

Figura 36. Grafici secondari per la determinazione delle costanti cinetiche per la mNMNAT3 ottenuti con<br />

KaleidaGraph, relativi ad A) Vmax e Km reali per l’ATP e B) Vmax e Km reali per NMN.<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax e Km per ATP<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

Vmax e Km vs NMN<br />

R<br />

R<br />

Value<br />

43,91<br />

38,953<br />

3,7189<br />

0,9905<br />

0,99991<br />

V=Vmax*[S]/(Km+[S])<br />

Vmax<br />

Km<br />

Chisq<br />

R<br />

Value<br />

44,609<br />

117,62<br />

0,032659<br />

0,99991<br />

Error<br />

2,2296<br />

5,9485<br />

Error<br />

2,2296<br />

5,9485<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

1,1442<br />

4,5852<br />

NA<br />

NA<br />

Error<br />

1,1442<br />

4,5852<br />

NA<br />

NA<br />

NA<br />

NA<br />

88


Risultati e discussione<br />

In Tabella X sono riassunti i parametri cinetici finali relativi alle diverse isoforme<br />

NMNAT murine, calcolati con il metodo sopra descritto e confrontati con quelli delle<br />

corrispondenti isoforme umane [114].<br />

I numeri di turnover (Kcat, cioè il numero di molecole di substrato convertite in prodotto<br />

da ogni molecola di enzima per secondo) sono stati calcolati dalle corrispondenti Vmax<br />

sperimentali considerando la relazione Vmax = Kcat [Enzima totale]. I valori di efficienza<br />

catalitica sono invece espressi come rapporto Kcat / Km.<br />

Tabella X<br />

Costanti cinetiche di Wld S e delle isoforme NMNAT murine (mNMNAT) ricombinanti nei confronti dei<br />

substrati fisiologici NMN e ATP. I valori dei corrispondenti isoenzimi umani (hNMNAT) [114] sono anche<br />

indicati per confronto.<br />

Confrontando i dati in Tabella X si evidenziano in generale più somiglianze che<br />

differenze, come del resto atteso dato l’alto grado di identità di sequenza tra le rispettive<br />

isoforme umane e murine. Infatti, i valori di affinità per i due substrati, espressi come Km,<br />

sono quasi tutti dello stesso ordine di grandezza nel basso millimolare; le differenze<br />

maggiori si riscontrano a carico dell’isoforma 3 murina che, rispetto all’isoforma umana<br />

corrispondente, mostra un’affinità maggiore per l’ATP e al contrario minore per l’NMN.<br />

Anche i valori di Kcat delle isoforme murine, pur risultando all’incirca 3-4 volte inferiori in<br />

termini assoluti, sono confrontabili a quelli dei corrispondenti enzimi umani. Per quanto<br />

riguarda infine il rapporto Kcat / Km che denota l’efficienza catalitica, i valori sono tutti<br />

89


Risultati e discussione<br />

compresi nell’ordine di grandezza pari a 10 5 , con l’isoforma 1 chiaramente distinta dalle<br />

altre in quanto la più efficiente nella conversione di entrambi i substrati considerati. In<br />

generale si può concludere quindi che le caratteristiche cinetiche tra le isoforme umane e<br />

murine corrispondenti sono molto simili tra loro.<br />

Una considerazione evidente riguarda la comparazione tra le due isoforme murine<br />

strutturalmente imparentate, cioè NMNAT1 e Wld S . I risultati infatti evidenziano che i<br />

parametri cinetici <strong>della</strong> Wld S ricalcano quasi perfettamente quelli <strong>della</strong> mNMNAT1. Ciò<br />

non è inatteso in quanto entrambe le proteine derivano dallo stesso gene e coincidono per<br />

quanto riguarda la porzione enzimatica responsabile dell’attività adenililtrasferasica. La<br />

sola Wld S mostra un’addizionale estensione N-terminale rispetto a mNMNAT1, dovuta<br />

all’evento di fusione genica occorso nella mutazione spontanea che l’ha generata, porzione<br />

che evidentemente, alla luce dei dati ottenuti, non altera le proprietà enzimatiche <strong>della</strong><br />

chimera risultante. Questa osservazione sostanzia l’osservata equivalenza funzionale dal<br />

punto di vista cinetico-enzimologico delle due specie proteiche. Considerato quindi<br />

mNMNAT1 e Wld S come cataliticamente indistinguibili, i rapporti osservati di efficienza<br />

catalitica delle NMNAT murine sono, per le isoforme 1, 2 e 3 in ordine, pari a 24 : 2 : 1 per<br />

l’ATP e 100 : 11 : 1 per l’NMN. Come ricavabile dai dati in Tabella X, rapporti molto<br />

simili (rispettivamente 28 : 3 : 1 e 50 : 9 : 1) sono riportati per le isoforme umane.<br />

Similmente a quanto avviene per le NMNAT umane, tra le isoforme murine la 1 è quella<br />

che mostra una chiara superiorità catalitica: ciò avvalora l’ipotesi che tale isoforma nei<br />

mammiferi sia la principale responsabile <strong>della</strong> biosintesi di NAD + in vivo.<br />

3.3 Caratterizzazione comparativa delle NMNAT murine e di Wld S<br />

a scopi discriminatori dell’attività individuale<br />

Principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stata la valutazione comparativa <strong>della</strong><br />

dipendenza da metalli e uso di substrati alternativi da parte delle tre NMNAT murine e<br />

<strong>della</strong> proteina chimerica Wld S , come mezzo per poter discriminare la loro attività<br />

individuale direttamente su miscele complesse quali gli estratti grezzi tissutali in cui sono<br />

quasi sempre presenti in proporzioni diverse più isoforme al contempo. A tale scopo le<br />

varie isoforme ricombinanti ottenute sono state estensivamente e comparativamente<br />

caratterizzate mediante opportuni saggi in vitro, e dai dati ottenuti è stato possibile<br />

90


Risultati e discussione<br />

sviluppare una metodologia innovativa di saggio in grado di discriminare l’attività<br />

trasferasica delle singole isoforme, col fine ultimo di fornire la ricerca attuale di un utile<br />

tool diretto ad investigare, mediante misura diretta dell’attività enzimatica, il ruolo svolto<br />

dalle singole isoforme NMNAT in ambiti sia fisiologici che patologici, come nel citato<br />

caso <strong>della</strong> neurodegenerazione Walleriana. Il lavoro sperimentale e la metodologia<br />

impiegati hanno preso spunto da quanto già effettuato in precedenza nel laboratorio in cui è<br />

stata svolta la presente tesi di dottorato, che aveva condotto al saggio di discriminazione<br />

dell’attività adenililtrasferasica delle isoforme NMNAT umane [114], basato sull’utilizzo<br />

di ZnCl2 2 mM per discriminare la hNMNAT1, di MgCl2 20 µM per la hNMNAT2 e ITP 1<br />

mM per la hNMNAT3. Nonostante l’alta omologia di sequenza e i valori simili delle<br />

costanti cinetiche facessero presupporre la possibilità di utilizzare la stessa metodologia di<br />

saggio, non è stato possibile usare tali condizioni in quanto le isoforme murine hanno<br />

mostrato un comportamento differente in due delle tre condizioni sopra citate. Il metodo<br />

descritto è stato dunque ulteriormente sviluppato adattandolo alle esigenze del caso e al<br />

sistema murino in particolare, che rappresenta un ottimo e riconosciuto modello<br />

sperimentale per lo studio di una vasta gamma di disordini patologici e malattie nell’uomo.<br />

Come già descritto in Materiali e Metodi, le valutazioni preliminari con i cofattori<br />

metallici sono state condotte, data la rapidità di esecuzione del metodo, mediante saggio di<br />

attività spettrofotometrico, previo accertamento delle condizioni ottimali per escludere<br />

effetti indesiderati sull’enzima ancillare usato. Al contrario, i saggi successivi in presenza<br />

dei metalli giudicati più interessanti ai fini discriminatori, nonché ovviamente quelli con<br />

substrati alternativi e il saggio di discriminazione finale sviluppato, sono stati condotti in<br />

HPLC.<br />

3.3.1 VALUTAZIONI PRELIMINARI DELL’EFFETTO DEI METALLI<br />

SULL’ATTIVITÀ DELL’ENZIMA ANCILLARE ALCOL DEIDROGENASI<br />

Per escludere eventuali interferenze sull’enzima ancillare alcol deidrogenasi (ADH)<br />

usato nel saggio spettrofotometrico accoppiato, si è preliminarmente stabilito l’effetto dei<br />

vari cofattori metallici sulla sua attività. Le condizioni di saggio per l’ADH sono descritte<br />

in Materiali e Metodi. I metalli saggiati sono stati MgCl2, ZnCl2, CaCl2, MnCl2, NiCl2 e<br />

CoCl2. La Figura 37 mostra i grafici che mettono in relazione l’attività dell’enzima<br />

ancillare, espressa come % relativa rispetto alla sua attività senza metalli, a diverse<br />

91


Risultati e discussione<br />

concentrazioni dei metalli indicati. Non sono riportate le curve relative al MgCl2 e CaCl2 in<br />

quanto entrambi non hanno mostrato effetti sull’attività risultante, che si manteneva ad<br />

ogni concentrazione usata pari al 100 % rispetto al controllo. Non è stato invece possibile<br />

saggiare altri metalli trivalenti come FeCl3 e CrCl3 in quanto o hanno mostrato poca<br />

solubilità in acqua o a causa di interferenza da assorbimento alla lunghezza d’onda di 340<br />

nm usata nel saggio.<br />

Figura 37. Influenza dei metalli ZnCl2, MnCl2, NiCl2 e CoCl2 sull’attività dell’enzima alcol deidrogenasi<br />

(ADH). Le linee nere tratteggiate indicano i valori soglia al di sotto dei quali il saggio è inattendibile per<br />

eccessiva inibizione dell’enzima ancillare.<br />

Come mostra il grafico, nelle condizioni di saggio descritte, lo ZnCl2 ha un effetto<br />

inibitorio pari all’80 % sull’enzima ancillare a concentrazioni superiori a 2 mM. Pertanto,<br />

tenuto anche conto del fatto che nel saggio accoppiato finale l’ADH è stata usata a<br />

concentrazioni molto più elevate rispetto al saggio in questione (circa 280 volte, cioè 12,6<br />

U/mL contro 0,045 U/mL usate nel saggio ADH), si è considerato attendibile l’uso di<br />

questo metallo al di sotto di tale valore soglia. Analogamente, con il NiCl2 è stata<br />

considerata attendibile la finestra di concentrazioni da 0 a 2 mM. Per quanto riguarda il<br />

MnCl2 invece si è osservato un effetto inibitorio sull’ADH relativamente blando, tanto che<br />

92


Risultati e discussione<br />

il saggio è stato considerato valido fino a concentrazioni 10 mM del metallo. Infine il<br />

CoCl2 ha mostrato tra tutti la maggiore capacità inibente, e pertanto il saggio successivo è<br />

stato effettuato nel ristretto range di concentrazioni da 0 a 1 mM.<br />

Stabiliti in tal modo i limiti di interferenza sull’attività dell’enzima ancillare, i<br />

successivi saggi preliminari atti a verificare la metallo-dipendenza delle isoforme<br />

mNMNAT e di Wld S sono stati successivamente condotti allo spettrofotometro in presenza<br />

dei metalli ZnCl2, CaCl2, MnCl2, NiCl2 e CoCl2, ciascuno nei limiti di concentrazione<br />

sopra riportati.<br />

3.3.2 SAGGI SPETTROFOTOMETRICI <strong>DELLE</strong> NMNAT MURINE E DI Wld S IN<br />

PRESENZA DI COFATTORI METALLICI<br />

La catalisi operata dall’NMNAT, come pure quella di molti altri enzimi noti,<br />

dipende strettamente dai cofattori metallici, in particolare da cationi bivalenti, necessari<br />

alla stabilizzazione delle cariche negative sui gruppi fosfato dei substrati e quindi al loro<br />

corretto ancoraggio sul sito attivo dell’enzima. I saggi in questione sono stati effettuati con<br />

lo scopo di stabilire differenze selettive a carico dei tre isoenzimi murini rispetto alla loro<br />

capacità di utilizzo di metalli alternativi, utili a fini discriminatori. I saggi di attività sono<br />

stati allestiti come descritto in Materiali e Metodi, sostituendo di volta in volta il MgCl2 25<br />

mM (condizione di riferimento) con il metallo da testare alla concentrazione prescelta. I<br />

corrispondenti valori di attività sono stati espressi come percentuale relativa rispetto al<br />

riferimento (MgCl2 25 mM). La Figura 38 mostra il comportamento delle proteine<br />

ricombinanti alle diverse concentrazioni di ciascun metallo.<br />

A conferma di quanto già dedotto prima dal confronto cinetico, anche per quanto<br />

riguarda la metallo-dipendenza dell’attività enzimatica, la proteina Wld S e la mNMNAT1<br />

hanno sempre avuto lo stesso comportamento in ogni condizione saggiata, tanto da<br />

consentire di essere rappresentate dalla stessa curva in tutti i grafici descritti in Figura 23.<br />

Come si nota dai grafici, in presenza di MgCl2, la mNMNAT3 è l’unica delle tre isoforme<br />

a non essere attiva a concentrazioni nel basso micromolare (Fig. 38-A). Da notare è il<br />

comportamento dell’isoforma 1 in queste condizioni, rappresentata nel sistema murino sia<br />

da mNMNAT1 che da Wld S , che risulta attiva a livelli comparabili con mNMNAT2. Nel<br />

sistema umano invece l’isoforma 2 era l’unica tra le tre NMNAT ad essere attiva in<br />

93


Risultati e discussione<br />

analoghe condizioni, tanto da essere discriminata su questa base [114]. Con ZnCl2 invece,<br />

in maniera sostanzialmente sovrapponibile al sistema umano [114], la NMNAT1 murina (e<br />

quindi anche la Wld S ) è l’unica isoforma a mantenersi attiva a concentrazioni di metallo<br />

dell’ordine del millimolare e può pertanto essere discriminata usando queste condizioni<br />

(Fig. 38-B).<br />

Il comportamento divergente dell’isoforma 1 murina e umana in presenza di basse<br />

concentrazioni di MgCl2, ha reso impossibile l’applicazione tout court del saggio di<br />

discriminazione descritto per le trasferasi umane [114] al sistema murino oggetto del<br />

nostro studio. Sono stati pertanto saggiati gli altri metalli indicati in Figura 38, alla ricerca<br />

di differenti condizioni discriminatorie. Tra questi, il CaCl2 si è dimostrato inefficace in<br />

quanto non supporta l’attività delle trasferasi murine a nessuna delle concentrazioni<br />

utilizzate (Fig. 38-C). Al contrario, il MnCl2 supporta sempre tutte e tre le isoforme<br />

contemporaneamente, pur con rapporti relativi diversi alle varie concentrazioni, più a<br />

favore di mNMNAT1/Wld S ad alte concentrazioni o di mNMNAT2 a basse concentrazioni<br />

(Fig. 38-D). Un comportamento analogo, in apparenza scarsamente selettivo per<br />

discriminare le singole isoforme, è stato osservato in presenza sia di NiCl2 (Fig. 38-E) che<br />

di CoCl2 (Fig. 38-F), entrambi saggiati nella miscela nei limiti d’interferenza sull’attività<br />

dell’enzima ancillare usato nel saggio di determinazione dell’attività enzimatica, descritti<br />

nel paragrafo 3.3.1.<br />

Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre innanzitutto che non è possibile<br />

distinguere l’attività di Wld S da quella <strong>della</strong> mNMNAT1, come già discusso sopra. Al<br />

tempo stesso, anche considerando Wld S e mNMNAT1 come un’unica isoforma, non sono<br />

state trovate condizioni univoche per misurare ognuna delle altre due isoforme NMNAT<br />

nel sistema murino in analogia con quanto effettuato nel sistema umano [114].<br />

Ciononostante, le differenze individuali di attività relativa osservate soprattutto in presenza<br />

di NiCl2 e CoCl2 hanno indicato la possibilità di sviluppare un metodo opportunamente<br />

modificato in modo da non rendere indispensabile, come nel sistema umano precedente,<br />

l’individuazione preliminare di condizioni stringenti per la determinazione selettiva di ogni<br />

singola isoforma. Ciò è stato possibile grazie al calcolo basato su matrici di sostituzione<br />

che applica al sistema biologico la regola di Cramer [152] (vedi paragrafo 2.4.5). Tale<br />

metodo è infatti in grado di risolvere con elevato grado di precisione il contributo da parte<br />

di ogni isoforma in una miscela complessa, a partire da un sistema di equazioni lineari<br />

94


Risultati e discussione<br />

opportunamente formulate da dati primari di attività, ottenuti in condizioni di saggio in cui<br />

anche più di un isoenzima alla volta contribuisce all’attività totale misurata nelle<br />

condizioni stabilite, purchè tali contributi individuali siano sufficientemente diversi fra<br />

loro, in modo da avere il determinante <strong>della</strong> matrice diverso da 0.<br />

A B<br />

C D<br />

E F<br />

Figura 38. Comportamento di Wld S /mNNMNAT1 (in rosso), mNMNAT2 (in blu) e mNMNAT3 (in verde)<br />

alle diverse concentrazioni dei metalli testati: A, MgCl2; B, ZnCl2; C, CaCl2; D, MnCl2; E, NiCl2; F, CoCl2.<br />

Le attività sono espresse come percentuale rispetto alla condizione con MgCl2 25 mM scelta come<br />

riferimento (100%). Le proteine Wld S e mNMNAT1 sono rappresentate dalla stessa curva. I diversi range di<br />

concentrazione usati per ciascun metallo sono stati scelti considerando i limiti d’interferenza sull’attività<br />

dell’enzima ancillare usato nel saggio di determinazione dell’attività enzimatica, descritti nel paragrafo 3.3.1.<br />

95


Risultati e discussione<br />

Quindi, come dettagliato nel paragrafo seguente, sono stati scelti ai nostri scopi<br />

MgCl2, ZnCl2 e CoCl2 a opportune concentrazioni in grado di supportare ogni volta<br />

l’attività di non più di due isoforme (in percentuale diversa tra loro) sul totale delle tre da<br />

discriminare. È implicita la possibilità che il nuovo approccio di calcolo proposto permette<br />

di modificare in un ampio range di scelta le condizioni iniziali di saggio per la<br />

discriminazione, che possono essere quindi adattate alle esigenze del caso in base agli<br />

obiettivi prefissati. Selezionando infatti condizioni diverse si possono modulare rapidità,<br />

semplicità, efficacia e anche la precisione del metodo, con possibilità quindi di<br />

applicazione in vasti ambiti. Per quanto riguarda i cofattori metallici selezionati nel nostro<br />

caso a fini discriminatori, prima di procedere con lo sviluppo e la validazione del metodo,<br />

l’attività isoforma-specifica in presenza dei metalli sopra indicati, e quindi i parametri<br />

definitivi per il calcolo matriciale, sono stati rideterminati mediante saggio in HPLC, che è<br />

la metodologia necessaria, data l’accuratezza e la sensibilità richieste, per il saggio su<br />

estratti tissutali.<br />

3.3.3 SAGGI DI ATTIVITÀ IN HPLC <strong>DELLE</strong> NMNAT MURINE E DI Wld S IN<br />

PRESENZA DI SUBSTRATI PURINICI ALTERNATIVI E METALLI<br />

SELEZIONATI<br />

Verifica preliminare dell’utilizzo di substrati purinici alternativi – In natura, le trasferasi<br />

da varie fonti sono note per l’utilizzo differenziale di ITP e/o GTP come substrati analoghi<br />

all’ATP, una proprietà anch’essa di potenziale interesse per gli obiettivi discriminatori del<br />

presente progetto di ricerca. Di conseguenza, in analogia anche col precedente studio sugli<br />

isoenzimi umani [114], è stata valutata la capacità delle specie murine ricombinanti di<br />

utilizzare tali substrati purinici alternativi. Il saggio in HPLC è stato allestito verificando<br />

preliminarmente con opportuni standard la separazione HPLC degli analoghi del NAD +<br />

prodotti da tali reazioni, rispettivamente l’NHD + dall’ITP e l’NGD + dal GTP. Apposite<br />

miscele di reazione sono state poi allestite in presenza di entrambi i substrati alternativi a<br />

concentrazione pari a 1 mM, riportando le attività come percentuali rispetto al riferimento<br />

in condizioni standard (NMN ed ATP 1 mM). I risultati ottenuti sono riassunti in Figura<br />

39.<br />

96


Risultati e discussione<br />

Figura 39. Attività % relativa di Wld S e delle tre isoforme murine ricombinanti in presenza di ATP (100 %<br />

di riferimento) e con i due substrati piridinici alternativi ITP e GTP.<br />

Contrariamente all’NMNAT1 umana che non era attiva in tali condizioni [114], sia<br />

l’ITP che il GTP si sono rivelati sorprendentemente molto efficaci nel supportare l’attività<br />

catalitica di Wld S e mNMNAT1, con valori pari al 10-20 % circa dell’attività in condizioni<br />

standard ottenute col substrato fisiologico ATP. L’mNMNAT3 invece, in linea con la<br />

corrispondente isoforma umana mostratasi tra le tre quella più flessibile nell’utilizzo di tali<br />

analoghi (15,6% attività residua con ITP e 11% con GTP) e che era stata discriminata<br />

proprio sfruttando l’ITP [114], ha mostrato un’attività residua pari al 2-5 % circa con<br />

entrambi i substrati. L’mNMNAT2, dal canto suo, ha evidenziato un’attività pressoché<br />

nulla con entrambi i composti, analogamente al corrispondente isoenzima umano.<br />

Come precedentemente osservato riguardo l’uso isoforma-specifico di MgCl2, il<br />

comportamento distintivo anche con substrati purinici alternativi da parte dell’isoforma 1<br />

murina non ha reso possibile usare lo stesso saggio discriminatorio del sistema umano.<br />

Tale isoforma è infatti tra le tre quella più divergente cataliticamente rispetto a quelle<br />

umane e si mostra addirittura più efficace dell’isoforma 3 nell’utilizzo di ITP come<br />

substrato alternativo. Perciò le condizioni basate sull’uso di substrati purinici alternativi<br />

sono risultate non selettive e di conseguenza non particolarmente utili a fini discriminatori.<br />

In linea teorica queste condizioni potrebbero essere applicabili utilizzando il nuovo metodo<br />

di calcolo matriciale proposto; esse sono state tuttavia scartate alla luce dei bassi valori<br />

percentuali di attività relativa ottenuti, che determinano un’influenza negativa sulla<br />

97


Risultati e discussione<br />

sensibilità del metodo risultante, per lo meno rispetto ad altre condizioni possibili quali<br />

quelle descritte con i metalli sopra indicati (vedi paragrafo 3.3.2).<br />

Verifica dell’attività in presenza di MgCl2, ZnCl2 e CoCl2 – Successivi saggi di attività in<br />

HPLC in presenza dei metalli prescelti sulla base dei risultati ottenuti col metodo di saggio<br />

spettrofotometrico sono stati allestiti come descritto in Materiali e Metodi (paragrafo<br />

2.3.2). Per quanto riguarda MgCl2 e ZnCl2 sono stati ripetuti gli esperimenti precedenti per<br />

confermare i risultati ottenuti allo spettrofotometro, usando gli stessi range di<br />

concentrazione per ciascuno dei due metalli. Per il CoCl2 invece, al fine di indagare meglio<br />

e ottimizzare le condizioni discriminatorie, il range di concentrazione usato è stato esteso<br />

da 1 mM a 6 mM, data l’assenza del sistema ancillare nel saggio HPLC qui impiegato e<br />

quindi la mancanza di interferenza sull’ADH da parte del metallo a tali concentrazioni.<br />

Sempre per quanto riguarda il CoCl2, i saggi preliminari inizialmente allestiti in presenza<br />

di DTT, come previsto nel protocollo usato per tutte le altre condizioni discriminatorie<br />

(vedi Materiali e Metodi), hanno indicato la presenza di fenomeni di interferenza<br />

sull’attività risultante a carico di tutte e tre le isoforme ricombinanti e in particolare di<br />

mNMNAT3, che mostravano valori ridotti anche del 50 % rispetto all’atteso. Nel tentativo<br />

di indagare le cause di questo fenomeno, è emerso che l’aggiunta alla miscela di CoC l2<br />

prima e degli enzimi poi determinava un’attività maggiore rispetto a quella ottenuta<br />

invertendo l’ordine di aggiunta, condizioni in cui si osservava un concomitante<br />

imbrunimento del colore <strong>della</strong> miscela. Non è stato chiarito il dettaglio del problema, ma si<br />

è potuto concludere che la causa del fenomeno è imputabile alla presenza di riducente nella<br />

miscela, che probabilmente determina fenomeni di ossidazione (visibili dall’imbrunimento<br />

<strong>della</strong> miscela stessa) quando viene a contatto con l’enzima prima e con il metallo poi, in<br />

maniera direttamente proporzionale alla concentrazione di CoCl2 presente. Dato che<br />

l’effetto interferente si annulla del tutto eliminando dalla miscela di reazione il DTT,<br />

l’esperimento in presenza di CoCl2 è stato eseguito per tutti gli enzimi ricombinanti in<br />

assenza del riducente e tale condizione è anche quella descritta in Materiali e Metodi,<br />

valida per la discriminazione (condizione “C”, paragrafo 2.4.4).<br />

I risultati dei saggi HPLC sopra descritti sono riassunti nei grafici in Figura 40 che<br />

mettono in relazione l’attività di ciascun isoenzima con la diversa concentrazione di<br />

metallo. In analogia con quanto prima riportato, lo Zn 2+ ad alte concentrazioni vicine a 2<br />

98


Risultati e discussione<br />

mM supporta solo l’attività di mNMNAT1/Wld S ; la concentrazione di 1,5 mM, a cui si<br />

osserva un 55 % circa di attività relativa nell’esperimento indicato (Fig. 40-A), è stata<br />

selezionata come condizione discriminatoria A. Il Mg 2+ invece a basse concentrazioni<br />

dell’ordine del micromolare supporta solo le attività di mNMNAT1/Wld S e mNMNAT2; la<br />

concentrazione pari a 50 M, a cui si osserva un 35-40 % circa di attività relativa per<br />

entrambe le specie nell’esperimento indicato (Fig. 40-B), è stata selezionata come<br />

condizione discriminatoria B. Il Co 2+ infine, anch’esso ad alte concentrazioni millimolari<br />

come nel caso dello Zn 2+ precedente, si è mostrato sufficientemente selettivo ai nostri scopi<br />

per mNMNAT1/Wld S e soprattutto per mNMNAT3; la concentrazione pari a 4 mM, a cui<br />

si osserva un 65 % circa di attività relativa per mNMNAT1/Wld S e un 180 % circa di<br />

attività relativa per mNMNAT3 (Fig. 40-C), è stata selezionata come condizione<br />

discriminatoria C.<br />

Le tre condizioni proposte, indicate dalle frecce nella seguente Figura 40 e<br />

selezionate in questo lavoro di tesi per discriminare il contributo individuale di ciascun<br />

isoenzima murino all’attività totale NMNAT nell’estratto di tessuto corrispondente, sono<br />

di seguito riassunte:<br />

- Condizione A, ZnCl2 1,5 mM: selettiva per mNMNAT1/Wld S<br />

- Condizione B, MgCl2 50 µM: supporta entrambe mNMNAT2 e mNMNAT1/Wld S<br />

- Condizione C, CoCl2 4 mM: supporta in ordine mNMNAT3 e mNMNAT1/Wld S .<br />

Al contrario delle precedenti usate nel sistema umano [114], tali condizioni sono<br />

tutte basate sulla metallo-dipendenza differenziale tra gli isoenzimi murini. Non è stato<br />

possibile, infine, come in parte atteso, trovare delle condizioni efficaci a discriminare<br />

l’attività <strong>della</strong> Wld S dalla mNMNAT1, che sono indistinguibili con questa metodologia di<br />

saggio in quanto hanno lo stesso comportamento con tutti i metalli.<br />

99


Risultati e discussione<br />

Figura 40. Metallo-dipendenza dell’attività di mNNMNAT1(W ld S ), mNMNAT2 e mNMNAT3 a diverse<br />

concentrazioni di ZnCl2, MgCl2 e CoCl2. Le frecce indicano le concentrazioni scelte come condizioni<br />

discriminatorie: Condizione A, 1,5 mM ZnCl2; Condizione B, 50 µM MgCl2; Condizione C, 4 mM CoCl2.<br />

Per la realizzazione del saggio di discriminazione è opportuno eseguire saggi di<br />

attività in parallelo per ogni isoforma ricombinante allo scopo di calcolare i parametri di<br />

attività relativa in ciascuna condizione, da utilizzare poi nel calcolo matriciale. Tali<br />

parametri, rappresentati dai coefficienti an, bn e cn descritti in Materiali e Metodi nel<br />

paragrafo dedicato al calcolo matriciale (paragrafo 2.4.5), sono deducibili dai grafici<br />

sopradescritti. Pur tuttavia, come nel protocollo tipo descritto in Materiali e Metodi, tali<br />

coefficienti sono stati rideterminati ogni volta e calcolati in ogni singolo esperimento<br />

allestendo in parallelo, oltre ai campioni con gli estratti tissutali grezzi, una cosiddetta<br />

“matrice interna” con ciascuno dei vari isoenzimi ricombinanti. Ciò si è reso necessario per<br />

migliorare la precisione del metodo e per limitare la variabilità intrinseca dovuta alla<br />

procedura di calcolo matriciale, la quale è affetta da interferenze anche minime date da<br />

variabilità nella preparazione delle soluzioni stock per l’allestimento delle miscele di<br />

reazione e da altri fattori occasionali. In Tabella XI sono riportati i valori medi di attività %<br />

100


Risultati e discussione<br />

di ciascun isoenzima ricombinante in ciascuna delle tre condizioni selezionate per il saggio<br />

discriminatorio, rispetto alla condizione di riferimento (MgCl2 25 mM).<br />

Tabella XI<br />

Valori medi di attività % (+/- errore standard) degli enzimi ricombinanti in ciascuna condizione del saggio<br />

discriminatorio. La Wld S e la mNMNAT1 esibiscono le stesse percentuali di attività. La media è stata<br />

effettuata dai dati relativi a 5 esperimenti indipendenti effettuati.<br />

Come si può notare dalle contenute variazioni di errore standard osservate in esperimenti<br />

diversi e ripetuti si ha in generale una elevata riproducibilità, tanto che, per il calcolo<br />

matriciale, si può ragionevolmente anche fare riferimento ai valori medi riportati in tabella.<br />

Tuttavia, per le motivazioni descritte in precedenza, l’uso di matrici sperimentali interne ad<br />

ogni singolo esperimento consente certamente di migliorare i limiti di confidenza del<br />

saggio e di minimizzare gli errori dovuti al ricalcolo.<br />

3.4 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica<br />

NMNAT: validazione preliminare in vitro<br />

Il metodo di saggio nelle condizioni selezionate e l’applicabilità del calcolo<br />

matriciale proposto sono stati verificati e validati preliminarmente mediante allestimento di<br />

opportuni saggi su campioni costituiti da una miscela delle tre isoforme ricombinanti<br />

purificate (mNMNAT1/Wld S , mNMNAT2 e mNMNAT3), preventivamente miscelate in<br />

101


Risultati e discussione<br />

diverse proporzioni note e sottoposte a discriminazione come se fossero campioni<br />

incogniti. Tali saggi sono stati condotti in HPLC, come descritto in Materiali e Metodi.<br />

La Tabella XII si riferisce ad uno di tali esperimenti condotto in presenza di una<br />

miscela di quantità simili di ciascuno dei tre enzimi ricombinanti (1-2 U totali ciascuno).<br />

Non sono mostrati invece i risultati simili ottenuti usando miscele dei tre enzimi in<br />

proporzioni diverse (fino a 1/10 relativamente l’una nei confronti delle altre isoforme). La<br />

Tabella XII mette a confronto i risultati di attività ottenuti dalla discriminazione con i<br />

valori reali ricavati sperimentalmente mediante misurazione diretta delle attività<br />

enzimatiche corrispondenti. L’attività di ogni singolo enzima è stata misurata nella<br />

condizione di riferimento (MgCl2 25 mM) e in ciascuna delle tre condizioni discriminatorie<br />

(A, ZnCl2 1,5 mM; B, MgCl2 50 µM e C, CoCl2 4 mM), consentendo di ricavare la matrice<br />

dei coefficienti necessaria per la risoluzione del sistema. In parallelo, è stata misurata<br />

l’attività <strong>della</strong> miscela di isoenzimi nelle stesse tre condizioni discriminatorie e i valori<br />

risultanti, espressi in milliunità (mU), sono stati usati insieme ai coefficienti stabiliti sopra<br />

per ricavare il contributo individuale di ciascun isoenzima attraverso il sistema di calcolo<br />

matriciale secondo la metodologia descritta in Materiali e Metodi. I risultati sono espressi<br />

in rosso nell’ultima colonna <strong>della</strong> tabella, con indicati tra parentesi le percentuali del valore<br />

calcolato rispetto al valore sperimentale.<br />

Tabella XII<br />

Prova virtuale di discriminazione in vitro condotta per la validazione del saggio e del metodo di calcolo<br />

matriciale proposti. Le attività sono tutte espresse come milliunità (mU) totali nella miscela. In rosso, i valori<br />

dal calcolo matriciale e (tra parentesi) le percentuali relative rispetto ai valori sperimentali.<br />

102


Risultati e discussione<br />

Come si può notare, nel singolo esperimento tipo riportato, le percentuali di<br />

recupero dell’attività sono vicine al 100 % per tutte e tre le isoforme murine NMNAT.<br />

Ripetendo l’esperimento per un numero sufficiente di replicati si ottengono i valori medi<br />

mostrati nella seguente Tabella XIII che indicano i limiti di confidenza del metodo di<br />

discriminazione proposto. Infatti, considerando in esperimenti singoli i valori attribuiti<br />

grazie al calcolo matriciale alle singole isoforme, non risultano in nessun caso errori<br />

superiori al +/- 20% rispetto al valore misurato sperimentalmente. Si può concludere<br />

quindi che il metodo di discriminazione e l’annesso sistema di calcolo matriciale siano<br />

sufficientemente precisi per gli scopi prefissati.<br />

Tabella XIII<br />

Statistica delle prove virtuali di discriminazione in vitro condotte su miscele artificiali dei 3 isoenzimi<br />

ricombinanti per la validazione del saggio proposto. In tabella sono riportati i dati di 5 esperimenti<br />

indipendenti e le medie finali dei valori derivanti dal calcolo matriciale. Le attività sono tutte espresse come<br />

percentuali del valore sperimentale assunto come riferimento (100%).<br />

Come evidente dai dati in tabella e come anche già discusso in precedenza, uno dei<br />

vantaggi del calcolo matriciale è la possibilità di stabilire il contributo individuale di ogni<br />

isoforma, a partire da dati sperimentali di saggio in cui anche tutte e tre le NMNAT<br />

contribuiscono all’attività totale in proporzioni diverse. Ciò è profondamente diverso dalla<br />

metodologia impiegata in precedenza per gli enzimi umani [114].<br />

103


Risultati e discussione<br />

3.5 Saggio discriminatorio dell’attività isoforma-specifica<br />

NMNAT: validazione su estratti da tessuto murino<br />

La metodologia di saggio e l’applicabilità del metodo sopra riportato sono state<br />

quindi ulteriormente validate analizzando direttamente un estratto da tessuto murino. Per<br />

questa prova, appropriate quantità di cervello del ceppo parentale (WT, wild-type) sono<br />

state fornite dalla Dr.ssa Laura Conforti (Università di Nottingham, UK) e i corrispondenti<br />

estratti grezzi ”metal-free” sono stati ottenuti come descritto in Materiali e Metodi (sezione<br />

2.4.3). Il protocollo di saggio e il metodo di calcolo matriciale sono invece descritti nelle<br />

sezioni 2.4.4 e 2.4.5.<br />

Per validare il saggio proposto, su aliquote diverse degli stessi tessuti sono state<br />

condotte due analisi: il saggio discriminatorio per la valutazione del contributo individuale<br />

delle singole isoforme NMNAT, e la contemporanea analisi real-time PCR per la<br />

valutazione dell’espressione relativa degli mRNA di ciascun enzima normalizzata con la β-<br />

actina. La Figura 41 mostra i risultati di entrambe queste determinazioni effettuate a scopo<br />

comparativo del profilo di attività con quello dell’espressione relativa.<br />

Figura 41. A sinistra: attività specifica NMNAT totale e delle singole isoforme nel cervello murino WT<br />

(analisi in triplicato su campioni indipendenti). Nel riquadro piccolo in alto, la corrispondente percentuale di<br />

attività relativa di ciascuna isoforma rispetto al totale. A destra: i corrispondenti livelli di mRNA di ciascuna<br />

isoforma, normalizzati rispetto alla β-actina ed espressi in scala logaritmica.<br />

Come si vede dal grafico a sinistra in Figura 41, nel cervello murino, la<br />

mNMNAT1 è responsabile del maggior contributo relativo di attività (circa 60%) rispetto<br />

104


Risultati e discussione<br />

all’attività NMNAT totale, la mNMNAT2 è anch’essa relativamente abbondante (circa<br />

40%), mentre la mNMNAT3 è praticamente assente. Al contrario, i livelli osservati di<br />

mRNA (grafico di destra in Fig. 41) sono nettamente a favore <strong>della</strong> mNMNAT2 e<br />

relativamente più bassi per le altre due isoforme (circa 1/10 relativo per la mNMNAT1 e<br />

1/5 per la mNMNAT3). Da notare che i dati di espressione sono perfettamente in accordo<br />

con la letteratura circa la specificità e relativa abbondanza nel tessuto nervoso<br />

dell’isoforma 2 [114]. L’apparente incongruenza in termini assoluti derivante dal confronto<br />

diretto tra i dati di espressione e di attività può essere ragionevolmente spiegata tenendo in<br />

considerazione i valori di efficienza catalitica (kcat / Km). Come dimostrato in precedenza<br />

(Sezione 3.2) infatti, la mNMNAT1 è dotata di maggiore efficienza catalitica, pari a circa<br />

10 volte quella dell’mNMNAT2, e a circa 100 volte quella dell’isoforma 3 (Tabella X). Su<br />

questa base è dunque possibile apportare i dovuti aggiustamenti ai dati in questione, col<br />

risultato che i rapporti relativi di espressione osservati pari a 1 : 10 : 2 (in ordine<br />

dall’isoforma 1 alla 3, Fig. 41 a destra) sono convertibili, tenendo in considerazione le<br />

efficienze catalitiche medie, a valori pari a 1 : 1 : 0.02, cioè sostanzialmente in linea, con i<br />

rapporti relativi di attività misurati (Fig. 41 a sinistra). I livelli inferiori di mRNA rilevati<br />

per la mNMNAT1 rispetto a mNMNAT2 sono compensati dalla sua elevata efficienza<br />

catalitica, tanto da rendere il suo contributo alla sintesi totale di NAD + dello stesso ordine<br />

di grandezza di quello <strong>della</strong> mNMNAT2, come osservato. Va ricordato che tale confronto<br />

può essere limitato da altri fattori potenzialmente importanti (non tenuti in considerazione<br />

perché sconosciuti), quali la stabilità dell’attività delle singole isoforme negli estratti, il<br />

turnover in vivo delle proteine prodotte dai corrispondenti mRNA, oppure eventuali<br />

modifiche post-traduzionali regolatorie dell’attività, che determinerebbero la necessità di<br />

apportare ulteriori fattori di aggiustamento per un confronto più realistico dei dati.<br />

Tuttavia, con le dovute approssimazioni, la corrispondenza osservata tra l’attività<br />

individuale calcolata e l’espressione delle isoforme NMNAT in un tipico tessuto murino<br />

come il cervello sostanzia il saggio discriminatorio e ha fornito ulteriore validazione alla<br />

metodologia proposta, che risulta efficace e ragionevolmente precisa entro limiti<br />

accettabili.<br />

105


Risultati e discussione<br />

3.6 Saggio di discriminazione su estratti proteici grezzi da tessuti<br />

murini<br />

Alla luce dei risultati positivi ottenuti dalle precedenti prove di validazione, il<br />

saggio discriminatorio è stato infine applicato per determinare il contributo di attività dei<br />

singoli isoenzimi in estratti grezzi di fegato e cervello da ceppi parentali di topi WT e<br />

mutanti Wld S , come pure di cervelli provenienti da animali variamente mutati a livello di<br />

singole isoforme NMNAT, questi ultimi tutti forniti dal Dr. Coleman (Babraham Institute,<br />

University of Cambridge, UK) e dalla Dr.ssa Conforti (Università di Nottingham, UK) per<br />

lo studio in collaborazione. Tra questi sono stati analizzati alcuni mutanti eterozigoti per la<br />

mNMNAT1 e mutanti eterozigoti e omozigoti per la mNMNAT2.<br />

Le varie estrazioni, i saggi in condizioni discriminatorie e i calcoli dei contributi<br />

delle singole isoforme tramite metodo matriciale sono stati effettuati come descritto nelle<br />

Sezioni 2.4.3, 2.4.4 e 2.4.5.<br />

3.6.1 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI E FEGATI DI TOPI MUTANTI Wld S<br />

Diversi cervelli e fegati murini dal ceppo mutante Wld S , come pure del<br />

corrispondente WT per confronto, sono stati acquistati dalla ditta HARLAN ® . Tale ceppo<br />

murino mutante ha particolare importanza nel contesto dello studio delle neuropatie dei<br />

mammiferi e <strong>della</strong> degenerazione Walleriana: come già discusso nella sezione 1.7, esso<br />

deriva da una mutazione spontanea avvenuta nel ceppo di topo C57BL/6J (WT), che<br />

consiste di una triplicazione tandem sul cromosoma 4. La proteina chimerica Wld S<br />

risultante conferisce protezione dalla neurodegenerazione producendo un sensibile<br />

rallentamento <strong>della</strong> velocità di degenerazione assonale [103] dopo lesione traumatica.<br />

Inoltre, mentre il SNP ha una grande capacità rigenerativa dopo lesione con prospettiva di<br />

prognosi favorevole in alcune neuropatie assonali, nel SNC al contrario non sono visibili<br />

segni di rigenerazione, e il recupero assonale sembra essere fuori dalla portata <strong>della</strong><br />

manipolazione terapeutica. Da questo punto di vista, l'effetto protettivo <strong>della</strong> proteina<br />

Wld S , condiviso sia dal sistema nervoso periferico che da quello centrale, può far pensare<br />

ad un meccanismo di danno assonale e ad un possibile rimedio comuni ad entrambi i<br />

distretti.<br />

106


Risultati e discussione<br />

Non meno importante, per stabilire una eventuale relazione tra contenuto di NAD +<br />

e protezione dalla neurodegenerazione, è la determinazione dei livelli di NAD + endogeno<br />

dei tessuti murini mutanti rispetto ai tessuti murini WT: come evidenziato da Coleman et.<br />

al non vi è un sensibile aumento di NAD + nel tessuto nervoso di topi Wld S rispetto al<br />

ceppo parentale, facendo pensare che non vi sia un coinvolgimento diretto del dinucleotide<br />

nella neuroprotezione [156].<br />

È dunque di notevole interesse dal punto di vista biomedico, stabilire il ruolo <strong>della</strong><br />

chimera Wld S e l’eventuale partecipazione delle tre NMNAT, nonché il meccanismo<br />

molecolare alla base di tale neuroprotezione, per poter in ultimo studiare nuovi trattamenti<br />

terapeutici per tutti quei disordini che comportano neurodegenerazione.<br />

A tali scopi, sfruttando la nuova metodologia del saggio di discriminazione<br />

dell’attività trasferasica isoforma-specifica, sono state confrontate le attività delle singole<br />

NMNAT nei cervelli mutanti Wld S e WT. La Figura 42 mostra i risultati relativi all’analisi<br />

dei cervelli mutanti confrontati al ceppo parentale (WT).<br />

A) B)<br />

Figura 42. Attività specifica media (A) e % di attività relativa dei singoli isoenzimi (B) su estratti grezzi di 3<br />

cervelli murini WT e 3 fegati Wld S analizzati. Nel grafico A) sono anche indicati i valori di attività specifica<br />

totale dei cervelli WT e W ld S .<br />

I grafici mettono a confronto le attività specifiche (Fig. 42-A) e le percentuali<br />

relative (Fig. 42-B) delle tre isoforme NMNAT in un triplicato di estratti da cervello WT<br />

(in celeste) e cervello Wld S (in bianco). Come si vede dal grafico A), l’attività specifica<br />

(mU/mg) dell’isoforma 1, data dalla somma dei contributi di mNMNAT1 e <strong>della</strong> proteina<br />

107


Risultati e discussione<br />

chimerica Wld S nel cervello mutante e dalla sola mNMNAT1 nel WT, è quella che<br />

contribuisce di più alla sintesi totale di NAD + , ed è circa 5 volte superiore nel mutante<br />

rispetto al WT. Al contrario, l’attività specifica <strong>della</strong> mNMNAT2 è praticamente costante e<br />

invariata nei due casi, mentre non è stato possibile misurare il contributo dell’isoforma<br />

mNMNAT3 perché troppo basso entro i limiti di errore del calcolo matriciale. Il grafico B)<br />

mostra le corrispondenti percentuali relative tra isoforma 1 e isoforma 2 che sono,<br />

rispettivamente, 58 % e 39 % nel WT e 83 % e 15 % nel mutante, in perfetto accordo con i<br />

dati precedenti (sezione 3.5). Sostanzialmente, da questi dati si conferma una situazione<br />

ben nota in letteratura anche se mai verificata prima d’ora mediante misurazione diretta<br />

dell’attività isoforma-specifica, data cioè dalla presenza nel cervello mutante di una extra-<br />

isoforma mutante NMNAT, che coincide appunto con la chimera Wld S , in grado di fornire<br />

la cellula di una extra-attività di tipo mNMNAT1. La maggiore capacità da parte del ceppo<br />

mutante di sintesi totale del NAD + (dal grafico, attività NMNAT totale = 0,561 mU/mg<br />

contro 0,138 mU/mg nel WT) è data pertanto esclusivamente da questa isoforma mutante<br />

chimerica, che è stata chiaramente identificata come fattore causale <strong>della</strong> protezione dalla<br />

degenerazione assonale indotta da stress meccanico, fisico o chimico [156]. Pur essendo<br />

tuttavia stato accertato che tale attività enzimatica da parte di Wld S è necessaria per<br />

garantire il fenotipo neuroprotettivo, non è ancora stata chiarita la sua azione a livello<br />

molecolare. È chiaro infatti che l’aumentata capacità di sintesi di NAD + dovuta alla<br />

mutazione spontanea non corrisponde ad aumentati livelli di NAD + cellulari, come anche<br />

evidenziato dal grafico in Figura 43, e quindi non altera i livelli basali del dinucleotide. Ciò<br />

suggerisce che l’eventuale NAD + prodotto in eccesso potrebbe essere metabolizzato: il<br />

prodotto di queste reazioni compensatorie potrebbe inoltre esso stesso essere coinvolto<br />

nella protezione assonale. Ad esempio, il processo di poli-ADP-ribosilazione usa NAD +<br />

influenzando l’attività proteica e il contenuto cellulare di NAD + e ATP, specialmente in<br />

risposta allo stress [157], [158]. La blanda attivazione <strong>della</strong> PARP senza deplezione di<br />

NAD + potrebbe essere neuroprotettiva [159]. Un altro metabolita, il NADPH, è il coenzima<br />

dell’ossido nitrico sintasi, un enzima collegato al danno assonale [160], e la sintesi <strong>della</strong><br />

molecola segnale ADP riboso ciclico dal NAD + regola il rilascio di calcio dalle riserve<br />

intracellulari [161], influenzando potenzialmente le proteasi attivate dal calcio nella<br />

degenerazione Walleriana. Tutti questi indizi, come già accennato potrebbero far pensare<br />

ad un ruolo non diretto del NAD + prodotto dall’extra isoforma Wld S .<br />

108


Risultati e discussione<br />

Figura 43. Inalterato contenuto di NAD + in omogenati di cervelli freschi Wld S rispetto ai cervelli WT (6J).<br />

Risultati simili sono evidenziati in Figura 44 in cui è mostrata l’analoga<br />

discriminazione su fegato murino parentale e con mutazione Wld S .<br />

Anche in questo caso, le attività specifiche delle tre isoforme rappresentate nel grafico A,<br />

mostrano il contributo relativo maggiore da parte dell’isoforma 1 e la superiore attività di<br />

mNMNAT1 + Wld S (circa 3 volte) nel mutato rispetto alla sola mNMNAT1 nel parentale.<br />

A) B)<br />

Figura 44. Attività specifica media (A) e % di attività relativa dei singoli isoenzimi (B) su estratti grezzi di 3<br />

fegati murini WT e 3 fegati Wld S analizzati.<br />

Nel fegato dei mammiferi, al contrario del cervello, non risulta invece espressa l’isoforma<br />

2 ma piuttosto, come descritto [114], l’isoforma mitocondriale NMNAT3, che è misurabile<br />

109


Risultati e discussione<br />

col nostro saggio discriminatorio a valori costanti e invariati sia nel mutante che nel ceppo<br />

parentale. Come in precedenza, le corrispondenti % relative sono riportate nel grafico B.<br />

Infine, analogamente a quello che avviene nel cervello, l’incremento di attività NMNAT<br />

totale nel fegato mutato è dovuto solamente alla presenza <strong>della</strong> chimera Wld S e non si<br />

osserva nessun fenomeno compensatorio a carico delle altre isoforme.<br />

Nel complesso, i risultati ottenuti sono stati in linea con le aspettative e il metodo di<br />

calcolo matriciale si è rivelato selettivo e preciso. Inoltre dal confronto con la letteratura, i<br />

dati ottenuti hanno mostrato numerose analogie con quelli da tessuti (epatico e nervoso)<br />

umani, prodotti in precedenza mediante un simile, ma non uguale, metodo di<br />

discriminazione [114]. Per quanto riguarda il fegato infatti c’è corrispondenza sia dal punto<br />

di vista qualitativo (presenza di isoforma 1 e 3 e assenza di isoforma 2), che dal punto di<br />

vista quantitativo (isoforme 1 e 3, circa 80 % e 20 % del totale, rispettivamente). Nel<br />

tessuto cerebrale invece, c’è corrispondenza dal punto di vista qualitativo (presenza di<br />

isoforma 1 e 2 e assenza di isoforma 3), ma meno dal punto di vista quantitativo. La<br />

prevalenza nel topo di mNMNAT1 (60% circa) sulla mNMNAT2 (40% circa) infatti non<br />

corrisponde alle descritte % invertite a favore dell’isoforma 2 nell’uomo [114]. Una tale<br />

differenza, comunque non sostanziale e di impatto pressoché irrilevante sulle conclusioni<br />

generali, potrebbe derivare dal fatto che i tessuti umani analizzati nello specifico caso<br />

citato, considerati come rappresentativi del WT, erano in realtà corrispondenti ad espianti<br />

di tessuto peritumorale, provenienti quindi da una porzione specifica di cervello [114],<br />

mentre i tessuti murini analizzati in questo lavoro di tesi corrispondono a interi emisferi<br />

cerebrali (vedi Materiali e Metodi).<br />

3.6.2 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA mNMNAT1<br />

Nonostante la proteina mNMNAT1 costituisca la maggior parte <strong>della</strong> sequenza<br />

<strong>della</strong> proteina chimerica Wld S (Fig. 16), in grado quest’ultima di ritardare di circa 10 volte<br />

la degenerazione assonale, e nonostante la sua attività sia necessaria, anche se non<br />

sufficiente per la neuroprotezione nei topi mutanti Wld S , il ruolo <strong>della</strong> mNMNAT1<br />

endogena, anche nel normale mantenimento assonale non è stato ancora elucidato.<br />

Recentemente il gruppo di ricerca <strong>della</strong> Dott.ssa Laura Conforti (Babraham Institute,<br />

Cambridge, Inghilterra) ha prodotto, tramite la metodologia del gene targeting (Fig.45),<br />

dei topi eterozigoti knockout per la mNMNAT1 (Nmnat1 +/- ) nei quali l’attività di tale<br />

110


Risultati e discussione<br />

isoforma è teoricamente dimezzata, per confrontarne genotipo e fenotipo con quelli di topi<br />

normali (WT) [162].<br />

Figura 45. Schematizzazione del protocollo di gene targeting.<br />

Per testare se la parziale delezione <strong>della</strong> mNMNAT1 abbia qualche influenza<br />

sull’espressione delle altre due isoforme mNMNAT, e per investigare eventuali<br />

meccanismi compensatori, sono stati saggiati i livelli di espressione degli mRNA<br />

corrispondenti per ogni isoforma in omogenati di cervello attraverso la real time RT-PCR.<br />

Come atteso è risultato che l’mRNA <strong>della</strong> mNMNAT1 è molto ridotto negli omogenati di<br />

cervello Nmnat1 +/- , mentre non si sono osservate differenze significative nei livelli di<br />

espressione relativi agli mRNA delle mNMNAT2 e mNMNAT3 nei cervelli Nmnat1 +/-<br />

confrontati con il fenotipo WT [162].<br />

Nel presente lavoro di tesi sono stati quindi sottoposti alla metodologia di<br />

discriminazione dell’attività isoforma-specifica gli estratti di sei campioni di cervello<br />

murino, in particolare 3 WT e 3 mutanti Nmnat1 +/- .<br />

111


Risultati e discussione<br />

In Figura 46 è mostrata l’attività specifica dei cervelli mutanti delle singole<br />

isoforme confrontata con quella dei cervelli WT, calcolata come media dei valori relativi ai<br />

campioni presentanti lo stesso genotipo: come si vede chiaramente i tre cervelli mutanti<br />

Nmnat1 +/- , mostrano un’attività specifica media <strong>della</strong> mNMNAT1 nettamente ridotta<br />

rispetto a quella dei cervelli WT, mentre nessun cambiamento rispetto ai campioni WT si<br />

osserva nell’attività delle altre due isoforme mNMNAT2 e mNMNAT3. Inoltre nei<br />

campioni dei cervelli analizzati le attività delle isoforme 1 e 2 sono preponderanti rispetto<br />

alla mNMNAT3, in accordo con i dati presenti in letteratura circa la localizzazione<br />

tissutale delle isoforme [114]. La mancanza di parte dell’attività dell’isoforma mNMNAT1<br />

trova riscontro anche nella diminuzione del 40% di attività adenililtrasferasica totale dei<br />

cervelli mutanti rispetto ai ceppi parentali (Fig. 46): tale effetto era atteso in quanto la<br />

mNMNAT1 rappresenta l’isoforma che maggiormente contribuisce all’attività NMNAT<br />

nel tessuto nervoso, come evidenziato dai saggi sopra descritti.<br />

Figura 46. Attività specifica dei singoli isoenzimi NMNAT in omogenati di cervelli WT e Nmnat1 +/-<br />

calcolata come media dei valori relativi ai campioni presentanti lo stesso genotipo. Notare l’attività molto<br />

bassa che si riscontra per la mNMNAT3 nei cervelli murini. Sopra il grafico è riportata la media dell’attività<br />

specifica totale dei cervelli suddetti.<br />

I tessuti dei sei cervelli WT e Nmnat1 +/- macinati in N2 liquido sono stati inoltre<br />

sottoposti ad analisi per la determinazione del livello di NAD + endogeno, al fine di<br />

valutare se vi sia una correlazione tra i livelli di NAD + e le attività enzimatiche NMNAT.<br />

112


Risultati e discussione<br />

La procedura adottata è descritta nella sezione 2.5. La concentrazione proteica negli stessi<br />

cervelli è stata determinata attraverso saggio di Bradford, ed è stata usata per determinare<br />

l’attività specifica degli isoenzimi e per normalizzare i livelli di NAD + . Dal grafico in<br />

Figura 47 si evince che, a dispetto <strong>della</strong> diminuzione dei livelli proteici e dell’attività<br />

enzimatica di biosintesi, i livelli di NAD + nei cervelli mutanti Nmnat1 +/- non subiscono<br />

riduzione rispetto a quelli dei cervelli WT.<br />

Figura 47. Livelli di NAD + negli omogenati di cervelli murini WT e Nmnat1 +/- .<br />

Grazie a questi risultati è stato dunque possibile fare maggior chiarezza sul ruolo<br />

<strong>della</strong> mNMNAT1: si è potuto accertare che la forte diminuzione di attività <strong>della</strong><br />

mNMNAT1 che è stata osservata nei topi mutanti Nmnat1 +/- non è associata a nessun<br />

fenotipo caratterizzato da una velocità di degenerazione Walleriana alterata [162]. È<br />

possibile che il mantenimento dei normali livelli di NAD + rilevati nei cervelli dei topi<br />

Nmnat1 +/- rispetto ai topi WT, riesca a spiegare la mancata comparsa di un fenotipo con<br />

un’accelerata degenerazione assonale. Si può, quindi affermare che l’isoenzima<br />

mNMNAT1, non influenzando la velocità del processo di degenerazione Walleriana, non<br />

abbia un ruolo primario nel mantenimento e nella protezione assonale, ruolo che invece<br />

potrebbe essere ricoperto da una delle altre 2 isoforme, e probabilmente dall’isoenzima<br />

mNMNAT2, anche alla luce dei bassissimi livelli di mNMNAT3 presenti nel tessuto<br />

nervoso. Questi risultati hanno portato alla pubblicazione di un articolo in collaborazione<br />

apparso su FEBS Journal (Agosto 2011) [162].<br />

113


Risultati e discussione<br />

3.6.3 DISCRIMINAZIONE SU CERVELLI DI TOPI MUTANTI PER LA mNMNAT2<br />

Uno studio analogo a quello sopra riportato (3.6.2) è stato effettuato anche in topi<br />

mutanti knockout (K.O.) per la mNMNAT2, per chiarire il suo ruolo nella<br />

neurodegenerazione, nel normale mantenimento assonale e in determinate condizioni<br />

metaboliche e nutrizionali. Il gruppo di ricerca del Dr. Coleman, (Cambridge, Inghilterra)<br />

ha prodotto, tramite la metodologia del gene trapping, topi mutanti omozigoti knockout<br />

per la mNMNAT2, in cui vi è un’espressione residua del 50% di tale enzima e topi mutanti<br />

eterozigoti knockout in cui l’espressione residua dell’isoforma 2 è del 75%. Due cervelli<br />

per ogni tipo di mutanti ottenuti sono stati analizzati tramite saggio discriminatorio e<br />

confrontati con una coppia di cervelli di topi WT, per verificarne anche in questo caso<br />

genotipo e fenotipo.<br />

I protocolli per l’ottenimento degli estratti grezzi, per la valutazione dell’attività<br />

tramite saggio HPLC e per il calcolo dei singoli contributi sono gli stessi utilizzati per le<br />

altre analisi su tessuti murini e descritti in Materiali e Metodi.<br />

In Figura 48 è mostrata l’attività specifica calcolata come media dei valori relativi<br />

ai campioni presentanti lo stesso genotipo. La considerazione più evidente che emerge dal<br />

grafico è che le attività specifiche riguardanti la mNMNAT2 nei campioni mostrano delle<br />

sensibili differenze: in particolare come atteso, i campioni WT esibiscono l’attività<br />

specifica maggiore, seguiti in ordine decrescente dalle coppie di cervelli HET (eterozigoti<br />

knockout) e HOM (omozigoti knockout), mentre per le altre due isoforme NMNAT non si<br />

evidenziano variazioni sostanziali. Anche in tal caso nei campioni dei cervelli analizzati le<br />

attività delle isoforme 1 e 2 sono preponderanti rispetto alla mNMNAT3, in accordo con i<br />

dati presenti in letteratura circa la localizzazione tissutale delle isoforme nel tessuto<br />

nervoso [114]. Per quanto riguarda l’attività specifica totale dei tre genotipi di cervello<br />

analizzati, si nota una leggera diminuzione nel caso dei mutanti, ma comunque non sono<br />

evidenti sostanziali differenze: ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’isoforma 2 non è<br />

quella che contribuisce maggiormente all’attività trasferasica nel tessuto nervoso, pertanto<br />

la sua parziale perdita di attività non inficia in modo consistente l’attività specifica totale<br />

nei tessuti in analisi, al contrario di quello che si è potuto osservare per i mutanti per<br />

l’NMNAT1, la quale invece dà il maggior contributo all’attività NMNAT come<br />

evidenziato dai saggi sopra descritti.<br />

114


Risultati e discussione<br />

Figura 48. Attività specifica degli isoenzimi NMNAT in omogenati di cervelli Wild -type, eterozigoti<br />

knockout (HET) e omozigoti knockout (HOM) calcolata come media dei valori relativi alle coppie di<br />

campioni presentanti lo stesso genotipo. Sopra il grafico è riportata la media dell’attività specifica totale dei<br />

cervelli suddetti.<br />

I tessuti dei cervelli WT, HET e HOM macinati in N2 liquido sono stati inoltre<br />

sottoposti ad analisi per la determinazione del livello di NAD + endogeno, al fine di valutare<br />

se vi sia una correlazione tra i livelli di NAD + e le attività enzimatiche NMNAT. La<br />

procedura adottata è descritta nella sezione 2.5. La concentrazione proteica negli stessi<br />

cervelli è stata determinata attraverso saggio di Bradford, ed è stata usata per determinare<br />

l’attività specifica degli isoenzimi e per normalizzare i livelli di NAD + . Dal grafico in<br />

Figura 49 si evince che, a dispetto <strong>della</strong> diminuzione dei livelli proteici e dell’attività<br />

enzimatica di biosintesi, i livelli di NAD + nei cervelli mutanti knockout sia eterozigoti che<br />

omozigoti non subiscono riduzione rispetto a quelli dei cervelli WT, pertanto l’attività<br />

residua adenililtrasferasica <strong>della</strong> mNMNAT2 è sufficiente a garantire la normale quantità<br />

del dinucleotide.<br />

115


Risultati e discussione<br />

Figura 49. Livelli di NAD + negli omogenati di cervelli murini W.T., HET (eterozigoti knockout) e HOM<br />

(omozigoti knockout) per la NMNAT2.<br />

Le analisi sul fenotipo mostrato dai cervelli dei topi mutati (eterozigoti e omozigoti<br />

knockout) sono in corso: esse potrebbero elucidare il ruolo che la mNMNAT2 ha nel<br />

mantenimento assonale e nell’eventuale alterazione del processo di degenerazione<br />

Walleriana.<br />

Per avere una panoramica completa del ruolo delle trasferasi, uno studio analogo<br />

potrebbe essere condotto su topi mutanti K.O. per la mNMNAT3, per chiarire il suo ruolo<br />

nella neurodegenerazione, nel normale mantenimento assonale e in determinate condizioni<br />

metaboliche e nutrizionali.<br />

3.7 Conclusioni e prospettive future<br />

Nel corso dello studio qui presentato è stato messo a punto per la prima volta un<br />

saggio di discriminazione dell’attività trasferasica delle singole isoforme mNMNAT in<br />

estratti grezzi di tessuti murini, senza dover procedere alla loro purificazione.<br />

Il clonaggio, l’espressione e la successiva purificazione delle mNMNAT<br />

ricombinanti, hanno consentito la scelta delle condizioni (tra le numerose testate) più<br />

adatte per la messa a punto del saggio di discriminazione. Per determinare le attività i<br />

valori di attività delle tre singole isoforme rispetto all’attività trasferasica totale, è stato<br />

utilizzato in associazione al saggio discriminatorio, un metodo di calcolo matriciale, che<br />

116


Risultati e discussione<br />

sfruttando la regola di Cramer permette di ottenere direttamente i valori di attività dei<br />

singoli isoenzimi.<br />

Il saggio è stato validato attraverso prove in vitro con le mNMNAT ricombinanti<br />

purificate miscelate in diverse proporzioni: ciò ha permesso di stabilire che il nuovo<br />

metodo di calcolo messo a punto è sufficientemente preciso ed affidabile. Tale saggio è<br />

stato applicato su estratti grezzi provenienti da diverse tipologie di tessuti murini (fegati e<br />

cervelli) WT e variamente mutati, ottenendo in tutti i casi i risultati convergenti, validando<br />

ulteriormente la metodologia proposta che risulta efficace e accurata entro limiti<br />

accettabili.<br />

In tal modo è stato possibile per la prima volta misurare il contributo di attività<br />

trasferasica delle singole mNMNAT in tessuti murini dove esse partecipano in diversa<br />

misura all’attività trasferasica totale. Per contro non è stato possibile discriminare l’attività<br />

<strong>della</strong> proteina chimerica Wld S da quella <strong>della</strong> mNMNAT1 in quanto esse hanno mostrato<br />

lo stesso comportamento in tutte le condizioni di saggio testate.<br />

Dai dati ottenuti si può concludere che:<br />

- l’incremento di attività NMNAT totale in cervelli e fegati Wld S è dovuto solamente<br />

alla presenza <strong>della</strong> proteina chimerica Wld S e non si osserva nessun fenomeno<br />

compensatorio a carico delle altre isoforme, dimostrando che essa è necessaria per<br />

la protezione dalla degenerazione Walleriana;<br />

- le determinazioni condotte su cervelli mutanti Nmnat1 +/- associate alle osservazioni<br />

del fenotipo mostrato hanno permesso di affermare che la mNMNAT1 non<br />

influenza la velocità <strong>della</strong> degenerazione Walleriana;<br />

- studi similari su topi mutanti eterozigoti e omozigoti per la mNMNAT2 sono<br />

ancora in corso e permetteranno di fare maggiore chiarezza sul ruolo rivestito da<br />

questa isoforma. Uno studio simile potrà essere anche effettuato per la mNMNAT3.<br />

L’applicazione di tale saggio potrà in futuro consentire di verificare su sistemi<br />

assonali danneggiati, come nervi tagliati, se vi è un decremento <strong>della</strong> mNMNAT2, come<br />

già accennato l’isoforma più labile, che è stato ipotizzato avvenire in queste condizioni.<br />

Sarà anche possibile impiegare questo metodo per effettuare saggi su tessuti di topi<br />

modello di numerose altre malattie neurodegenerative che colpiscono l’uomo (Parkinson,<br />

Alzheimer, varie tipologie di sclerosi e degenerazione Walleriana), di tumori e altre<br />

117


Risultati e discussione<br />

patologie legate ad un potenziale redox alterato, per verificare l’eventuale variazione dei<br />

livelli di attività di uno o più dei tre isoenzimi NMNAT.<br />

I risultati consentiranno di valutare eventuali relazioni tra attività NMNAT<br />

individuali e metabolismo del NAD + per comprendere in maniera più chiara, a livello<br />

molecolare, il quadro eziologico di una vasta gamma di patologie cronico-degenerative che<br />

colpiscono il sistema nervoso dell’uomo; tali specifiche alterazioni di attività NMNAT<br />

potranno essere correlate alle manifestazioni neurologiche che nella pellagra sono<br />

strettamente connesse alla carenza nutrizionale di niacina.<br />

Inoltre questo approccio di discriminazione innovativo che usa il metodo di calcolo<br />

matriciale potrebbe trovare applicazione anche per la discriminazione di altri enzimi noti<br />

presenti in isoforme multiple (es. l’alcol deidrogenasi): testando infatti l’attività delle<br />

stesse isoforme enzimatiche in differenti condizioni (con cofattori metallici o substrati<br />

alternativi) si potranno sviluppare analoghe strategie di discriminazione basate su simile<br />

ricalcolo matriciale. Alla luce del metodo proposto in questo lavoro di tesi, ogni<br />

condizione è valida purché i parametri introdotti nella matrice diano un determinante<br />

diverso da 0, rendendo perciò possibile, in linea teorica, risolvere il sistema e determinare<br />

il contributo individuale per qualsiasi gruppo di isoenzimi.<br />

Infine, ma non meno importante, questo innovativo saggio di discriminazione può<br />

essere considerato un metodo diretto e rappresentare un valido sostituto ai classici metodi<br />

(indiretti) di indagine di espressione genica, con il vantaggio di fornire informazione sul<br />

prodotto finale del processo di espressione, rappresentato dall’enzima attivo. In effetti,<br />

riscontrare la presenza di mRNA mediante RT-PCR, REAL-TIME PCR, Northern blot, o<br />

la presenza di proteina mediante Western blot, non necessariamente riflette la presenza di<br />

proteina biologicamente attiva nel sistema sotto indagine, a causa dei vari punti di<br />

controllo dell’espressione che si hanno nel passaggio dal trascritto alla proteina matura.<br />

3.8 Espressione e purificazione dell’isoforma murina NMNAT2<br />

per studi cristallografici<br />

Mentre per le isoforme NMNAT1 e NMNAT3 umane sono note le strutture<br />

cristallografiche, la NMNAT2 è l’unica trasferasi nei mammiferi di cui ancora non sia stata<br />

risolta la struttura 3D. In passato, diversi gruppi di ricerca, ivi incluso anche quello del<br />

118


Risultati e discussione<br />

laboratorio in cui è stato svolto il presente progetto di ricerca, hanno ripetutamente cercato<br />

di ottenere una preparazione enzimatica sufficientemente attiva e concentrata per prove di<br />

cristallizzazione, senza risultati utili. Dato che la mNMNAT2 esibisce un’identità di<br />

sequenza del 99% con la corrispondente isoforma umana (vedi allineamento in Fig.32) e<br />

che in questo lavoro di tesi si è ottenuto un livello di espressione insperatamente alto e la<br />

proteina appare solubile, attiva e stabile dopo purificazione (vedi Sezione 3.1), sono state<br />

inizialmente effettuate delle prove con la stessa preparazione murina destinata alla<br />

caratterizzazione allo scopo di tentare di concentrare la proteina ai livelli richiesti.<br />

Tuttavia, i vari tentativi condotti mediante centrifugazione all’Amicon Ultra (Millipore),<br />

tramite liofilizzazione o evaporazione Speed-vac, non hanno fornito risultati interessanti a<br />

causa <strong>della</strong> riscontrata precipitazione <strong>della</strong> proteina in soluzione e/o denaturazione con<br />

perdita irreversibile di attività. Successivamente quindi, onde evitare manipolazioni <strong>della</strong><br />

preparazione proteica post-purificazione, si è tentato invece di arricchire la preparazione<br />

finale ai livelli desiderati modificando opportunamente la procedura di espressione e<br />

purificazione. Per quanto riguarda l’espressione sono state condotte prove allo scopo di<br />

ottimizzare al massimo i livelli di prodotto ricombinante ottenibile in batteri. Per quanto<br />

riguarda la purificazione invece, si è operato sovraccaricando volutamente la resina<br />

d’affinità (maggiore rapporto v/v tra EG e resina) durante lo step di purificazione. Tale<br />

studio è ancora in corso e i risultati parziali fin qui ottenuti sono di seguito descritti.<br />

Ottimizzazione dell’espressione <strong>della</strong> specie mNMNAT2 ricombinante - Il costrutto<br />

pET28c-mNMNAT2 è stato trasformato in cellule BL21 (DE3) di E. coli e, dopo<br />

induzione come descritto in Materiali e Metodi, i livelli di espressione di proteina solubile<br />

sono stati monitorati attraverso analisi elettroforetica a tempi successivi. L’ana lisi è stata<br />

condotta su aliquote di cellule opportunamente prelevate e trattate per l’SDS-PAGE in<br />

tricina (Fig. 50).<br />

Il risultato dell’analisi mostra che la massima espressione <strong>della</strong> proteina ricombinante si ha<br />

dopo 3,5-5,5 ore dall’induzione. Nelle successive prove si è pertanto scelto di prolungare<br />

l’induzione dalle 3 ore previste nel protocollo riportato in Materiali e Metodi fino a 5 ore.<br />

119


Risultati e discussione<br />

Figura 50. SDS-PAGE in tricina delle frazioni solubili da cellule trasformate con il costrutto ricombinant e<br />

pET28c-mNMNAT2: St, standard; t0, cellule al momento dell’inoculo; BI, cellule prima dell’induzione<br />

(O.D.600= 0,6) e a 1,5 ore, 3,5 ore, 5,5ore e over night (o.n.) dal momento dell’induzione con IPTG 1mM.<br />

Purificazione – Per le prove di cristallizzazione, l’isoforma mNMNAT2 ricombinante è<br />

stata purificata su larga scala a partire da 750 mL di coltura batterica e sovraccaricando la<br />

resina TALON, come sopra descritto, secondo la metodologia descritta nel paragrafo 2.6.2.<br />

Nonostante le modifiche al protocollo, la proteina è stata purificata in maniera ottimale e<br />

con un buon grado di purezza ( > 95%, Fig. 51).<br />

Figura 51. SDS-PAGE in tricina delle frazioni relative alle diverse fasi <strong>della</strong> purificazione. St, standard; NB,<br />

non legato; L, lavaggio con buffer senza imidazolo; W1 e W2, lavaggi con imidazolo 20 mM; 1-11, frazioni<br />

eluite con 150 mM di imidazolo.<br />

120


Risultati e discussione<br />

Le frazioni più concentrate sono state riunite in un unico pool finale contenente 4,1<br />

mg di proteina purificata per un’attività specifica pari a 5,6 U/mg. Dopo desalting in PD-10<br />

come descritto in Materiali e Metodi, la preparazione finale aveva mantenuto la stessa<br />

attività specifica con una resa proteica del 70 %. Entro 24 ore dal suo ottenimento, il<br />

campione è stato inviato, opportunamente conservato a +4 °C, al DISCAFF dell’Università<br />

del Piemonte Orientale “ A. Avogadro” (Novara) e sottoposto a prove di cristallizzazione,<br />

che finora non hanno dato esiti positivi.<br />

Da notare che le nuove condizioni di espressione e purificazione hanno fornito un<br />

preparato finale sicuramente più ricco e concentrato rispetto a quanto mediamente ottenuto<br />

col protocollo tipo (vedi risultati alla sezione 3.1), ma non certamente dei livelli attesi.<br />

L’ottenimento di una preparazione idonea per le prove di cristallizzazione è sicuramente un<br />

fattore chiave per il buon esito sperimentale finale e finora sembra essere stato proprio<br />

questo il fattore limitante in questo studio. Ciò è dovuto anche a varie caratteristiche note<br />

dell’isoforma 2 che possono confluire nel determinare scarsa solubilità e manipolabilità<br />

<strong>della</strong> specie, soprattutto dopo purificazione ad omogeneità. Tra queste, come già citato, la<br />

relativa abbondanza di residui di cisteina, la sua peculiare modifica post-traduzionale di<br />

palmitoilazione e ancoraggio alle membrane di Golgi, e anche con il suo elevato turnover<br />

rispetto alle altre due isoforme.<br />

121


Bibliografia<br />

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