14.06.2013 Views

LA COMUNICAZIONE DEI PROGETTI NON REALIZZATI IL MASIERI ...

LA COMUNICAZIONE DEI PROGETTI NON REALIZZATI IL MASIERI ...

LA COMUNICAZIONE DEI PROGETTI NON REALIZZATI IL MASIERI ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>LA</strong> <strong>COMUNICAZIONE</strong> <strong>DEI</strong> <strong>PROGETTI</strong> <strong>NON</strong> <strong>REALIZZATI</strong><br />

<strong>IL</strong> <strong>MASIERI</strong> MEMORIAL DI WRIGHT A VENEZIA<br />

Alberto SDEGNO 1<br />

(1) Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura, Facoltà di Architettura, Università degli Studi<br />

di Trieste, Trieste, Italia<br />

Email sdegno@units.it<br />

Abstract<br />

Among the unbuilt projects by Frank Lloyd Wright the Masieri Memorial is without any doubt the most<br />

interesting, not only for the particular venetian context in which it should have been realized, and for<br />

the complex of the whole story of it, but above all for the particular architectural morphology and for<br />

the use of materials that the architect decided in every details.<br />

The first sketches of the design were done in 1953, but Angelo Masieri, who asked Wright to project it,<br />

died in the meanwhile, due to a road accident, while he was in the United States to meet the architect.<br />

Among all the design hypothesis, we defined three main phases, that could correspond to three<br />

important steps of the project.<br />

The aim of the research was the geometrical analysis of the design, the stereometric reconstruction of<br />

the various hypothesis, the realistic simulation, the realization of a video animation and the physical<br />

reconstruction of a scale model using the Rapid Prototyping technology.<br />

It was possible to realize this project thanks to the original documents come from the Wright<br />

Foundation, that allowed to define with great precision the architectural volume and the configuration<br />

of interior spaces, but above all the utilization of materials for the final realization.<br />

Parole chiave: Frank Lloyd Wright, Venezia, architetture non realizzate, ricostruzione digitale,<br />

simulazione.<br />

1. Venezia e la nuova architettura<br />

Molti sono i progetti proposti per la città lagunare che non hanno avuto seguito. Si pensi soltanto alle<br />

soluzioni di arrivo alla città: dalla sistemazione di Piazzale Roma, ad esempio, (che da anni cerca una<br />

soluzione) nella efficace proposta di Jeremy Dixon e Edward Jones del 1992, o al più noto ed<br />

eccentrico progetto di Frank Gehry per l’area dell’Aeroporto Marco Polo del 1998, la cui realizzazione<br />

era data per acquisita fin dall’inizio.<br />

Ma una mostra e una monografia degli anni Ottanta hanno ben descritto il destino di questa città<br />

d’acqua, dove le Venezie possibili, vale a dire i tanti progetti incompiuti, venivano esibite nel corso<br />

della storia, tanto da descrivere numerose altre Venezie paralelle alla Venezia concreta. In questo<br />

volume è possibile, infatti, rintracciare una puntuale cronologia delle principali ipotesi progettuali<br />

rimaste solo sulla carta. Basti pensare al progetto per il Ponte di Rialto – in particolare nella soluzione<br />

offerta da Palladio – oppure, più recentemente all’Ospedale di Le Corbusier, o al Palazzo dei<br />

Congressi che Louis I. Kahn aveva proposto offrendo una grande struttura a ponte come edificio per<br />

conferenze della Biennale di Venezia.<br />

A differenza di quelli descritti, però, il progetto di Frank Lloyd Wright – oggetto della presente<br />

trattazione – si caratterizza per alcune differenze sostanziali: dal tipo di committenza, alle dimensioni<br />

di intervento, all’impatto sul contesto. In questo caso, infatti, non si trattava di una committenza<br />

pubblica, che voleva forse manifestare una volontà di orientamento culturale, né del progetto di una<br />

grande istituzione, che avrebbe cambiato la percezione della città e in alcuni casi la stessa morfologia<br />

urbana. Nel caso dell’intervento proposto da Wright si trattava di una piccola architettura, chiesta da<br />

un privato (anche se in un secondo momento la destinazione d’uso prevista fu un ostello per gli<br />

studenti di architettura), collocata in una zona marginale, pur affacciandosi sul percorso d’acqua più<br />

importante di Venezia: il Canal Grande.<br />

1


Figg. 1,2: Il fotopiano di Venezia e l’area di progetto.<br />

2. Comunicare architetture non realizzate<br />

Prima di analizzare il lavoro di ricerca è utile affrontare il tema della comunicazione dei progetti di<br />

architettura non realizzati perché proprio grazie alle modalità della conoscenza di queste opere<br />

possiamo sviluppare informazioni specifiche per la storia dell’architettura. Dovremmo infatti sempre<br />

domandarci cosa sarebbe successo se importanti idee progettuali del passato fossero ora compiute –<br />

invece di restare marginalmente note per la mancanza di informazioni su di esse. Sicuramente parti di<br />

esse sarebbero state prese come riferimento da altri architetti che avrebbero tratto spunto da soluzioni<br />

particolari – elementi di dettaglio, spazialità, oggetti architettonici – ma anche da intere configurazioni<br />

di grande scala. Lo stesso citato Ospedale di Le Corbusier conserva in sé oltre alla nota soluzione<br />

composta da setti parzialmente collocati nella laguna a sostegno della struttura, anche<br />

interessantissimi particolari relativi alle singole stanze di degenza per ospitare i malati, con uno studio<br />

sul cromatismo e l’oscuramento della luce naturale che non è stato mai considerato a fondo per<br />

impianti architettonici di questa tipologia.<br />

La comunicazione, quindi, riguarda la possibilità di restituire dignità di comprensione a tali lavori –<br />

spesso molto ben documentati con disegni esecutivi, note degli autori, capitolato dei materiali, oltre<br />

agli indispensabili schizzi e plastici di studio – soprattutto se si impiegano le nuove tecnologie che da<br />

alcuni anni offrono al singolo utente strumenti percettivi di grande raffinatezza e realismo figurativo: lo<br />

scoglio della verosimiglianza sembra essere finalmente raggiunto per tutti coloro che, fino a qualche<br />

anno fa, naufragavano negli oceani del rendering alla ricerca di stratagemmi per la resa finale di<br />

un’opera architettonica.<br />

Figg. 3,4: Immagini fotografiche dello stato attuale con vista dal ponte dell’Accademia.<br />

Bisogna però subito individuare alcune regole di comportamento, senza pensare che l’avvento delle<br />

nuove generazioni di software possa da solo permettere la resa fotografica dei modelli digitali.<br />

Parallelamente all’evoluzione della tecnologia, infatti, è indispensabile addestrare in maniera<br />

opportuna l’occhio e la mano dell’operatore, così come in passato si faceva per il disegno a mano.<br />

L’osservazione diretta di una scena digitale, infatti, comporta la stessa attenzione rivolta in passato ai<br />

disegni. Se, ad esempio, le opere di Lequeu ancora oggi mettono a dura prova l’occhio che cerca di<br />

comprendere i modi della loro realizzazione – le velature degli acquerelli di questo straordinario pittore<br />

francese di architetture – ancora più dovranno incuriosire le animazioni che l’industria cinematografica<br />

2


da alcuni anni ci propone, soprattutto laddove ci offre esempi di mirabile visionarietà spaziale – si<br />

pensi al recente film Inception come narrazione fantastica di una città che si comprime dentro sé<br />

stessa, offrendo improbabili paesaggi urbani privi di corrispondenza nella realtà.<br />

Sulla base di tali considerazioni è stata avviata da anni una ricerca, prima presso la Facoltà di<br />

Architettura dell’Università IUAV di Venezia e attualmente presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e<br />

Architettura dell’Università degli Studi di Trieste sull’analisi e lo sviluppo di progetti di architettura non<br />

realizzati con l’obiettivo di restituire forme e contenuti in fedele rispetto alle indicazioni fornite<br />

dell’autore, pur in assenza del suo controllo decisionale. La ricerca spesso è stata coadiuvata da<br />

approfondimenti tematici condotti all’interno di esperienze didattiche, quali seminari e tesi di laurea in<br />

rappresentazione (il presente lavoro è stato tra l’altro parzialmente sviluppato all’interno della tesi di<br />

laurea quinquennale dal titolo I disegni di Frank Lloyd Wright per il Masieri Memorial. Analisi<br />

geometrica e restituzione digitale, laureando Fabio Cuzzuol, relatore Prof. Alberto Sdegno, correlatore<br />

Prof. Agostino De Rosa, Università IUAV di Venezia, Facoltà di Architettura, a.a. 2006-07). Algoritmi di<br />

modellazione avanzata, software di controllo illuminotecnico, programmi di rendering e simulazione<br />

cromatica, oltre a procedure per l’analisi dinamica degli ambienti, e strumenti per la costruzione di<br />

maquette di sintesi, hanno permesso di controllare con grande accuratezza molte opere ben note che<br />

non hanno avuto la fortuna di vedere la luce. D’altronde bisogna riflettere sul fatto che, a differenza di<br />

altre discipline artistiche – come la scultura o la pittura – nel caso dell’architettura c’è una netta<br />

distinzione tra ideazione e realizzazione. Mentre non si parla di un’opera pittorica, se si è solo in<br />

presenza di schizzi d’autore, nel caso dell’architettura uno schizzo può essere già sufficiente ad<br />

identificare l’intentio auctoris, quella volontà di progetto che da sola aiuta a comprendere il percorso<br />

culturale del progettista. La registrazione autografica – di mano dell’architetto – verrà seguita da quella<br />

allografica, spesso prodotta da collaboratori di studio che si occupano di dare una fattibilità costruttiva<br />

ad una proposito mentale, di frequente suffragato da pochi e significativi segni su di un foglio.<br />

Fig. 5: Prospettiva della prima idea di progetto (Gennaio 1953).<br />

3. Il progetto per il Masieri Memorial<br />

Il progetto di Wright per la piccola palazzina veneziana è abbastanza noto e documentato. Il giovane<br />

committente che incarica il famoso architetto americano è Angelo Masieri, da poco laureato presso<br />

l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. L’incarico matura probabilmente dopo l’incontro<br />

avvenuto in occasione della Laurea Honoris Causa che lo IUAV conferì a Wright nel giugno del 1951.<br />

3


A questo fece seguito un viaggio di Angelo, in compagnia della moglie Savina, in America, per vedere<br />

alcune opere di Wright, ma soprattutto per incontrare il progettista nuovamente e discutere<br />

attentamente la proposta per l’intervento a Venezia. In quella occasione, però, la morte di Masieri –<br />

avvenuta a causa di un incidente automobilistico, prima del fatidico incontro – modificherà non<br />

soltanto il programma del viaggio, dal momento che la moglie rientrerà rapidamente in Italia, ma<br />

anche la destinazione iniziale. Infatti, invece di pensare ad una casa per la giovane coppia, la sede di<br />

proprietà della famiglia Masieri, sarebbe dovuta diventare, nella successiva riflessione di Savina, un<br />

ostello per giovani studenti, da mettere a disposizione della Facoltà di Architettura veneziana. Il grave<br />

episodio della morte e il cambio di programma funzionale non modificano la disponibilità di Wright, che<br />

comincia a proporre le proprie ipotesi progettuali sul sito triangolare sul quale insiste il piccolo edificio<br />

da sostituire a partire dal gennaio del 1953.<br />

Fig. 6: Pianta del pianoterra e del mezzanino con griglia geometrica in rosso (Febbraio 1953).<br />

L’idea dell’architetto è immediatamente fissata. In essa è possibile cogliere l’influenza dei giochi<br />

geometrici froebeliani che fin da piccolo la madre Anne aveva proposto al giovane bimbo, nell’intento<br />

di condurlo inconsciamente all’architettura. E il triangolo del lotto non faceva che richiamare alla<br />

mente proprio quei semplici blocchi colorati di forme pure che poteva a suo piacimento comporre,<br />

all’interno di griglio regolari. Non a caso più volte da adulto Wright confermò di sentire quell’imprinting<br />

ogni volta che si trovava a dover scegliere una composizione piuttosto che un’altra. Le piccole<br />

differenze avvertibili tra le varie soluzioni – oggetto di specifiche e dettagliate ricostruzioni in sede di<br />

sviluppo della ricerca – non fanno che confermare l’approccio dell’autore nei confronti dell’architettura.<br />

Poco cambia se dalla griglia della prima soluzione – impostata su di una maglia di m 1,9x1,9 – passi<br />

nelle successive ad una più ridotta di m 1,2x1,2, tesa a risolvere variazioni dimensionali negli alloggi.<br />

4


L’idea è comunque di suddividere lo spazio all’interno di un tessuto regolare che risulti assolutamente<br />

invisibile a colui che si trovasse a passeggiare per quello spazio. Una griglia trasparente, tesa a<br />

regolamentare le funzioni e la percezione del visitatore, ma a smaterializzarsi all’occhio di chi osserva,<br />

è l’obiettivo di questa operazione compositiva. Grazie a tale idea la struttura è ben concepita: quattro<br />

travi poste perpendicolarmente all’ipotenusa del triangolo rettangolo in pianta avrebbero sorretto il<br />

peso dei solai sottostanti, grazie alla presenza di una struttura in acciaio nascosta nelle pareti divisorie<br />

delle camere degli studenti.<br />

Figg. 7,8: Schizzo iniziale di prospetto e disegno in pulito della facciata (Febbraio 1953).<br />

Anche la facciata ha subito poche variazioni dall’idea iniziale. Questa infatti si basava sull’alternanza<br />

tra setti verticali sporgenti e l’orizzontalità dei balconcini aggettanti, in modo da creare un prospetto<br />

dalle linee leggere. Pur se si passerà dagli otto setti della prima soluzione ai sei della soluzione finale,<br />

in realtà resterà praticamente immutata la regolarità della distribuzione del partito verticale. Wright<br />

commenterà questa sua idea di facciata, associando le aste di marmo agli steli delle piante<br />

acquatiche che si ergono come le canne in un canneto, considerando questa soluzione perfettamente<br />

in linea con il contesto veneziano. A questo idealità si sovrappone, però, una più convincente<br />

adesione agli stilemi tipici dei palazzi veneziani: un’ampia polifora regolare, infatti, si offre<br />

all’osservatore, che coglie, in ciò, l’analisi delle tipologie storiche che si sono succedute nella storia<br />

architettonica della città. Sono da notare anche le due colonne decorate di differente altezza alle due<br />

estremità e le colonne di vetro poste tra queste e le aperture, che cingono, come un’ideale quadro, la<br />

composizione artistica nella cornice.<br />

Se dai molti disegni planimetrici e altimetrici emerge a fatica il tipo di materiale che era previsto per il<br />

rivestimento, in realtà una attenta descrizione testuale dell’autore aiuta a comprendere questo aspetto<br />

del problema. Essa, infatti, accompagnava le tavole proposte alla committenza, e in essa è possibile<br />

ravvisare che l’edificio doveva essere tutto ricoperto di marmo bianco all’esterno, mentre marmorino<br />

era previsto per le pareti interne, soprattutto nello spazio pubblico a doppia altezza dell’atrio. Una<br />

architettura molto luminosa, lucente, brillante sarebbe dovuta nascere in quell’incrocio di percorsi<br />

d’acqua – tra Canal Grande e Rio Novo – come piccolo episodio splendente all’interno di un tessuto<br />

storico variegato ma conforme.<br />

4. Ricostruzione digitale e comunicazione del progetto<br />

Grazie alla quantità di informazioni grafiche e testuali che sono state recuperate è stata avviata la<br />

ricostruzione digitale delle tre principali soluzioni architettoniche, quella del gennaio 1953, quella del<br />

febbraio 1953 e quella del febbraio 1954, con l’obiettivo di confrontarle tra loro anche sul piano<br />

5


figurativo. Per la realizzazione sono stati utilizzati algoritmi di modellazione booleana, che prevedono<br />

la costruzione per addizione e sottrazione di primitive solide elementari, affiancate alle note procedure<br />

di estrusione lineare di geometrie di piano. Gli elementi decorativi hanno richiesto una particolare<br />

attenzione soprattutto in mancanza di dettagli costruttivi a scala adeguata. Vero è che si è proceduto<br />

anche per similitudine, identificando elementi analoghi in altri progetti coevi dell’autore, in modo da<br />

poter procedere come se stessimo affiancando l’attività dell’architetto nel proprio studio.<br />

Fig. 9: Composizione digitale degli elementi del progetto (elab. F. Cuzzuol).<br />

La fase successiva è stata la simulazione verosimile del modello stereometrico, dapprima isolato dal<br />

contesto e poi, nella fase finale, inserito tra i palazzi veneziani che lo circondano. Questa seconda<br />

fase ha richiesto la costruzione tridimensionale dell’adiacente Palazzo Balbi, con lo scopo di eseguire<br />

alcune verifiche comparative con disegni prospettici dell’autore. Tutti gli altri palazzi sono stati<br />

riproposti nella forma scatolare elementare, cui è stata sovrapposta l’immagine fotografica della<br />

facciata acquisita con fotocamera professionale, in modo da ottenere la verosimiglianza prefissata per<br />

la realizzazione di immagini singole, ma soprattutto dell’animazione dinamica.<br />

Fig. 10: Simulazione digitale del progetto nel contesto veneziano (elab. F. Cuzzuol).<br />

6


La resa finale è stata ottenuta grazie all’utilizzo di algoritmi di illuminazione naturale applicati alla<br />

scena digitale, all’utilizzo di tessiture processate ad hoc per la simulazione dei materiali della facciata,<br />

integrate con mappe procedurali di disturbo per rendere al meglio lo stato realistico della superficie.<br />

In particolare si è deciso di ricorrere anche alla rappresentazione della scena come se fosse percepita<br />

da una imbarcazione, quindi utilizzando una prospettiva a quadro inclinato che esaltasse le geometrie<br />

verticali del progetto. Il dettaglio decorativo e l’uso sapiente dell’ombreggiatura sintetica ha fornito –<br />

proprio sul piano della comunicazione – un adeguato strumento di controllo del progetto, sottolineando<br />

le relative caratteristiche morfologiche.<br />

Figg. 11,12: Simulazione verosimile della facciata e particolare d’angolo (elab. F. Cuzzuol).<br />

Similmente anche l’interno è stato trattato con medesima accuratezza, e l’analisi del soleggiamento in<br />

vari periodi della giornata e dell’anno solare, ha confermato l’ottima esposizione che avrebbe goduto<br />

questa architettura se fosse stata realizzata.<br />

Fig. 13: Simulazione verosimile dell’atrio a doppia altezza verso il Canal Grande (elab. F. Cuzzuol).<br />

7


L’ultima parte del lavoro è stata condotta in collaborazione con i laboratori della società ProtoService,<br />

ed ha avuto come finalità la costruzione di un prototipo fisico grazie alle nuove tecnologie di<br />

solidificazione al laser. Nell’economia della sperimentazione scientifica si è deciso di affrontare<br />

unicamente la ricostruzione della facciata sul canale, dal momento che l’obiettivo era la verifica della<br />

qualità del dettaglio architettonico, essendo stato predisposto il modello digitale alla scala di riduzione<br />

di 1:100. Il processo di sinterizzazione ha permesso di utilizzare la polvere di nylon come materiale di<br />

base, con una qualità di realizzazione basata su sezioni ricorsive di circa 1/10 di millimetro. Il risultato<br />

finale ha confermato la possibilità di impiegare questo strumento – solitamente utilizzato nella<br />

costruzione di pezzi meccanici – anche per la produzione di modelli fisici di architettura.<br />

Fig. 14: Modello in polvere di nylon sinterizzata al laser (elab. ProtoService).<br />

Riferimenti bibliografici<br />

[1] R<strong>IL</strong>EY, Terence, REED, Peter (a cura di). Frank Lloyd Wright 1867-1959, Milano: Electa, 2007.<br />

ISBN 9788837050771.<br />

[2] WRIGHT, Frank L.. Una autobiografia, Milano: Jaca Book, 2003. ISBN 88-16-40450-7.<br />

[3] PUPPI, Lionello, ROMANELLI, Giandomenico. Le Venezie possibili. Da Palladio a Le Corbusier, 1ª<br />

ed. Milano: Electa, 1985. ISBN 88-435-1167-X.<br />

[4] SDEGNO, Alberto. Architetture possibili. Rappresentare progetti non realizzati, in Prandi Enrico (a<br />

cura di), Architettura di rara bellezza, 1ª ed. Parma: FAEdizioni, 2006, pp. 180-183. ISBN 88-89739-<br />

06-1.<br />

[5] SDEGNO, Alberto, “Promenades architecturales virtuelles”: rappresentare architetture non<br />

realizzate con le nuove tecnologie, in AA.VV. Sistemi informativi per l'architettura Atti del Convegno e-<br />

Arcom 07, Firenze: Alinea, 2007, pp. 541-546. ISBN/ISSN: 978-88-6055-135-1.<br />

8

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!