HANNA WOLFF Gesù psicoterapeuta - L ... - Giano Bifronte
HANNA WOLFF Gesù psicoterapeuta - L ... - Giano Bifronte
HANNA WOLFF Gesù psicoterapeuta - L ... - Giano Bifronte
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Questo libro è frutto dell'esperienza<br />
acquisita nella pratica psicoterapeutica.<br />
L'autrice ha constatato con sorpresa,<br />
nel sottoporre a trattamento i suoi<br />
pazienti, di ricorrere, talvolta<br />
involontariamente, ad un termine del<br />
linguaggio biblico per definire una<br />
circostanza di natura psichica o per<br />
riassumere efficacemente il risultato di<br />
una riflessione. Più volte le è accaduto di<br />
rivedere vecchi pazienti che le hanno<br />
assicurato di essersi sempre attenuti<br />
alla parola - una parola di <strong>Gesù</strong> - udita da<br />
lei e di averne tratto pieno giovamento.<br />
È così che l'autrice è giunta alla<br />
conclusione che le parole, gli atti e la<br />
vita di <strong>Gesù</strong> debbano avere, per molti<br />
aspetti, un significato dal punto di vista<br />
della psicoterapia. Ed ha così<br />
incominciato ad approfondire questa sua<br />
intuizione.<br />
L'edizione italiana è introdotta da<br />
Sandro Spinsanti, docente di etica<br />
medica.<br />
Hanna Wolff è nata nel 1910 a Essen, ha compiuto studi di diritto e scienze politiche a<br />
Monaco, Heidelberg e Berlino, di teologia a Tubinga, di psicologia del profondo a Zurigo.<br />
Ha prestato la sua attività nella chiesa confessante in Pomerania e nelle missioni in<br />
India. Ritornata in Germania, è stata insegnante di religione a Reutlingen; ha quindi<br />
operato nel settore scolastico ed educativo in Bolivia (La Paz) e in India (Benares,<br />
Nainital, Ranchi). In India ha trascorso complessivamente oltre venti anni. Dal 1969<br />
esercita la professione di <strong>psicoterapeuta</strong> a Reichenbach, presso Karlsruhe. In<br />
traduzione italiana è apparsa presso l'Editrice Queriniana la sua trilogia: <strong>Gesù</strong><br />
<strong>psicoterapeuta</strong>; - <strong>Gesù</strong>, la maschilità esemplare; - Vino nuovo - otri vecchi.<br />
L'immagine riprodotta in copertina raffigura un complesso simbolo di totalità, quale si presenta, nei disegni<br />
e nei sogni, in fasi progredite dell'analisi. Sono simboli di totalità già i tre quadrati inseriti l'uno nell'altro.<br />
La triplicità rimanda al principio maschile; il tre è sempre stato considerato numero maschile. All'interno il<br />
serpente avvolto in tre spire rappresenta un simbolo della generale forza vitale. Le spire circolari<br />
richiamano il principio femminile. Il serpente custodisce al suo centro l'uovo, simbolo di ogni rinnovamento,<br />
fin dall'antichità utilizzato in questo senso in una prospettiva cristiana.<br />
pag. 188 ₤. 18.000 (iva inclusa)
<strong>HANNA</strong> <strong>WOLFF</strong><br />
<strong>Gesù</strong><br />
<strong>psicoterapeuta</strong><br />
L'atteggiamento di <strong>Gesù</strong><br />
nei confronti degli uomini<br />
come modello della moderna psicoterapia<br />
quarta edizione<br />
Editrice Queriniana
Titolo originale<br />
Jesus als Psychotherapeut<br />
Jesu Menschenbehandlung als<br />
Modell moderner Psychotherapie<br />
© 1978, 1989 8 (40° migliaio)<br />
by RADIUS-Verlag GmbH Stuttgart<br />
© 1982, 1994 4 by Editrice Queriniana, Brescia<br />
Via Piamarta, 6 - 25187 Brescia<br />
ISBN 88-399-0945-1<br />
Traduzione dal tedesco dalla 2ª edizione riveduta<br />
di GIORGIO TRON<br />
Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia<br />
Indice<br />
7 Pres e n t a z i o n e all'edizi o n e italian a (SAN D R O SPIN S A N T I )<br />
13 Ges ù co m e psic ot e r a p e u t a<br />
Ess er e terap e u ti, 14<br />
Una dichiar a z i o n e di princ ì pi, 19<br />
22 Il ruolo deter m i n a n t e della volontà<br />
Vuoi tu guarire?, 22<br />
Resist e n z a , 38<br />
Resist e n z a collettiv a oggi, 50<br />
Resist e n z a legitti m a, 55<br />
64 1 1 ruol o det e r m i n a n t e del cor a g g i o d'inc o n t r a r e se stes s i<br />
Faris e o e pu b b li c a n o , 64<br />
Proi e z i o n i della pro p ri a o m b r a , 66<br />
La pa gli u z z a e la trav e, 72<br />
L'inc o n t r o co n l'o m b r a co m e es p e r i e n z a di trasf o r m a z i o n e , 74<br />
G e s ù co m e og g e t t o di proi e z i o n i, 78<br />
82 Il ruol o det e r m i n a n t e dei pre s u p p o s t i<br />
I div e r s i terre n i; 83<br />
La ric ettivit à spe n t a, 85<br />
Fu o c o di pa gli a, 91<br />
Coll etti vit à soff o c a n t e , 95<br />
Ric e tti v it à, 10 3<br />
10 9 Il ruol o det e r m i n a n t e dell'es e r c i z i o<br />
Un ca pit al e da inv e s tir e e da far fruttar e, 1 1 0<br />
L'a gir e, 1 1 5<br />
Il falli m e n t o per so pr a v v a l u t a z i o n e di sé, 122<br />
L'es e r c i z i o, 126<br />
135 L'im m a g i n e um a n a dell'u o m o<br />
Visio ni errat e del con c e t t o di uo m o , 136<br />
La rinu n c i a totale alle proi e z i o n i, 142<br />
Anc o r a: proie z i o n i oggi, 150<br />
L'ev ol u z i o n e delle funzi o n i, 155<br />
Qu alific a z i o n e della cos ci e n z a , 163
La guid a interiore, 174<br />
184 Chi è un vero psic ot e r a p e u t a ?
Presentazione all'edizione italiana<br />
Per la psicoterapia sono gli anni del boom. L'osservatore dei fenomeni sociali è impressionato<br />
dalla sua espansione quantitativa e dall'aumento del numero degli utenti. Con interesse ancor<br />
maggiore rileva l'emergere di una “cultura psicoterapeutica”, integrata compattamente alla vita<br />
quotidiana dell'uomo metropolitano. Lo scenario originario, che era quello dell'intervento di un<br />
professionista sanitario per lenire il dolore psichico, è cambiato. Ora alla psicoterapia non si<br />
domanda più solamente di subentrare quando si inceppa il funzionamento “normale” della persona.<br />
Ad essa si ricorre per ottenere un allargamento dell'area dell'esperienza - corporea, sensoriale,<br />
emotiva -, un potenziamento delle capacità espressive, il decollo della creatività, il<br />
rafforzamento della propria identità e del proprio valore. La psicoterapia insegna a risolvere i<br />
conflitti interpersonali, a sciogliere i drammi della vita di coppia, ad allacciare rapporti<br />
costruttivi. È diventata ormai una parte costitutiva della nostra cultura, ove svolge il ruolo<br />
socializzante che in passato era riservato alla famiglia, alle istituzioni educative, alla religione.<br />
Per quanto se ne deplorino gli abusi, si ironizzi o ci si indigni sulle mistificazioni, non si può<br />
negare il ruolo che ormai svolge nella nostra vita. La cultura del cambiamento ha trovato nella<br />
psicoterapia il suo strumento privilegiato, che ha provveduto a dotare di un'aureola di<br />
onnipotenza.<br />
Può veramente la psicoterapia guarire il malessere della nostra civiltà, o si tratta solo di un<br />
cerotto sulla ferita? Anche la critica alla psicoterapia in nome del cambiamento politico delle<br />
strutture non può più procedere grossolanamente come in passato. Ci rendiamo conto che la<br />
psicoterapia non è necessariamente a servizio della repressione. Essa ha piuttosto un potenziale<br />
critico che, favorendo la liberazione delle emozioni e della fantasia, apre a un pensare,<br />
progettare, agire alternativi. La fantasia liberata si coniuga con l'agire politico.<br />
Un indizio del posto che ha assunto la psicoterapia nel nostro sistema di vita lo troviamo<br />
nell'evoluzione del rapporto con la religione. Non lo si può negare: le istituzioni religiose non<br />
hanno favorito il diffondersi della psicoterapia. A lungo l'hanno guardata con diffidenza.<br />
Reazione perfettamente comprensibile, quando si consideri che tradizionalmente coloro che,<br />
spinti dal malessere interno, desideravano cambiare i loro sentimenti o il modo di vivere e di<br />
pensare, ricorrevano per lo più a un'esperienza religiosa. Il cambiamento veniva interpretato<br />
come una modificazione del rapporto con la divinità; al sacerdote era riservato un ruolo di<br />
intermediario in questo processo. Quando sono sorti dei professionisti con la competenza<br />
specifica di indurre modificazioni nella personalità, in ambito religioso la reazione è stata per lo<br />
più di chiusura. Il rapporto tra le due agenzie di cambiamento è stato visto in termini di<br />
concorrenza. I dibattiti prendevano la via del confronto valutativo (del tipo: «è meglio il<br />
confessore o lo psicoanalista?»). Dall'apologetica si è passati in seguito alla strumentalizzazione.<br />
È quanto avviene prevalentemente oggigiorno. La pastorale tende a far l'occhiolino alla<br />
psicoterapia, ad adottarne le tecniche; ne assimila i metodi per servirsene come sussidio per la<br />
predicazione, per la conduzione dei gruppi, per il counseling.<br />
La strumentalizzazione può avvenire anche dal versante opposto. In questo caso è lo psicologo<br />
che annette la religione al suo impero. L'esempio più lampante è quello di Wilhelm Reich, che con<br />
L'assassinio di Cristo ha creduto di ritrovare in <strong>Gesù</strong> il modello antropologico che egli stesso<br />
perseguiva. Secondo la sua tesi, se la religione cristiana si fosse sviluppata secondo la vera<br />
natura biologica di <strong>Gesù</strong> e secondo il suo insegnamento, avrebbe condotto direttamente al punto<br />
a cui tende la conoscenza della “bioenergetica orgonomica” di Reich!<br />
Dopo il tempo delle condanne e dell'ignoranza reciproca, dopo le utilizzazioni strumentali di ogni<br />
segno, sembra legittimo salutare oggi l'inizio di una impostazione corretta dei rapporti tra<br />
psicologia e teologia, tra il cambiamento in nome dello Spirito e quello promosso a partire dalle
esigenze della psiche. Hanna Wolff può a giusto titolo esser citata come un'espressione della<br />
nuova tendenza. È ben attenta a non cadere in nessuna forma di riduzionismo. Niente è più<br />
lontano dalle sue intenzioni che presentare un <strong>Gesù</strong> “junghiano”. Lo ha dimostrato nella sua opera<br />
precedente, <strong>Gesù</strong>, la maschilità esemplare, dove ha anche trattato per esteso gli assunti<br />
metodologici per un corretto dialogo tra teologia e psicologia. Per non fare di <strong>Gesù</strong> lo schermo di<br />
proiezione dei propri modelli antropologici, non c'è che una strada praticabile: prendere sul serio<br />
la documentazione storica su <strong>Gesù</strong>, leggendo i vangeli con l'occhio critico dell'esegeta. Pur<br />
essendo analista junghiana, la Wolff, che ha ricevuto anche una solida formazione teologica, non<br />
esita a criticare lo stesso Jung per le sue carenze dal punto di vista biblico. Jung non si è posto<br />
la questione di <strong>Gesù</strong> come persona storica, ma si è riferito a lui semplicemente come a un<br />
“archetipo”; cita le parole della Scrittura acriticamente e non si è informato sulla moderna<br />
scienza neotestamentaria. Hanna Wolff dimostra, sulla base di dati storici ed esegetici, che in<br />
<strong>Gesù</strong> non incontriamo solo un archetipo di quell'integrazione che costituisce la meta della<br />
psicoterapia analitica: egli è stato storicamente un uomo integrato.<br />
Sviluppando ulteriormente il suo approccio della persona di <strong>Gesù</strong>, in questo volume la Wolff<br />
considera <strong>Gesù</strong> in azione, nei suoi rapporti interpersonali. Intuisce un'analogia tra l'azione di<br />
guarire/salvare svolta da <strong>Gesù</strong> e il lavoro professionale dello <strong>psicoterapeuta</strong>. Anche qui è ben<br />
attenta a non fare cortocircuiti apologetici. Non vuol secolarizzare il vangelo, togliendo a <strong>Gesù</strong> la<br />
sua aureola messianica per rivestirlo di panni psicoterapeutici. Né offre combustibile al sacro<br />
fuoco carismatico che agita tanti terapeuti, fornendo loro l'identificazione con un modello<br />
profetico. Tra guarigione psichica e salvezza esiste un'analogia strutturale, che però salvaguarda<br />
la specificità dei due processi. L'autorealizzazione umana che si può ottenere mediante la<br />
psicoterapia non va confusa con la conversione predicata da <strong>Gesù</strong>. Ogni cambiamento che avvenga<br />
in profondità è sintomo di conversione. Tuttavia nessuno può sapere se è convertito, anche se ha<br />
raggiunto un benessere psicologico. Alla certezza della conversione ci si può avvicinare solo con<br />
un'opera di discernimento critico mediante una lettura dei suoi segni, tra cui spiccano i «frutti<br />
dello Spirito»: amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine,<br />
dominio di sé (cfr. Gal. 5,22).<br />
Si apre dunque un'epoca irenica nei rapporti tra psicologia e religione? Rispetto e dialogo tra i<br />
due approcci del problema umano del cambiamento non significa, fortunatamente, un grigio<br />
appiattimento senza vigilanza critica. Se l'umanizzazione dell'uomo è il fine comune tanto della<br />
psicoterapia quanto del cristianesimo, il rapporto tra i diversi modelli antropologici è tutt'altro<br />
che pacifico. La polemica inizia già nell'ambito delle diverse psicoterapie, come dimostrano le<br />
frecciate che la Wolff, cultrice di un'analisi che privilegia la comunicazione con l'inconscio, lancia<br />
all'indirizzo delle “autopsicoterapie” che si svolgono a livello dell'Io. La divergenza è ancora più<br />
grande tra chi ammette e chi nega l'apertura al trascendente come dimensione di un'autentica<br />
esistenza umana. La critica rispettiva è feconda. Non mancano teologi che denunciano nelle<br />
terapie autorealizzative un'espressione moderna e raffinata di idolatria. Alcune psicoterapie<br />
suscitano riserve per la sottovalutazione della presenza del male nella vita dell'uomo, per<br />
l'inclinazione all'edonismo, per l'obnubilazione pratica delle esigenze morali. Anche coloro che<br />
guardano all'uomo da un'angolatura diversa da quella dell'interpellazione che proviene dal Dio<br />
biblico si dicono preoccupati per la nuova ondata di narcisismo promossa da molti indirizzi<br />
psicoterapeutici. D'altra parte, è bene che la religione non trascuri le verità scomode che<br />
provengono dalla psicologia circa il rischio della vita religiosa di alimentare nevrosi, quando<br />
stacca l'uomo dalla fonte sana della sua naturalità. La psicoterapia può aiutare a liberarsi da<br />
concezioni patologiche della religione. L'interesse appassionato per il verum è indispensabile a<br />
coloro che dedicano la vita a promuovere il bonum, vale a dire la salute/felicità/salvezza<br />
dell'uomo.<br />
SANDRO SPINSATI
<strong>Gesù</strong> come <strong>psicoterapeuta</strong><br />
Questo libro è frutto dell'esperienza acquisita nella pratica psicoterapeutica. Io stessa ho<br />
constatato con sorpresa che, nel sottoporre a trattamento i miei pazienti, ho fatto ricorso,<br />
talvolta involontariamente, ad un termine del linguaggio biblico per definire una circostanza di<br />
natura psichica o per riassumere efficacemente il risultato di una riflessione. Più volte ho rivisto<br />
vecchi pazienti che mi hanno assicurato di essersi sempre attenuti alla parola che avevo loro<br />
detto e di averne ricevuto pieno giovamento. Di quale parola si trattava? Di una parola di <strong>Gesù</strong>. È<br />
così che sono giunta alla conclusione che le parole, gli atti e la vita di <strong>Gesù</strong> debbano avere, per<br />
molti aspetti, un significato dal punto di vista della psicoterapia; ed è così che ho incominciato ad<br />
approfondire questa mia intuizione.<br />
Forse qualcuno obietterà subito che per un'analista che è anche teologo non è difficile<br />
richiamarsi ai versetti della Bibbia: e in questo modo, benevoli o maliziose che siano le intenzioni,<br />
tutto il problema verrebbe banalizzato. Ad obiezioni di questo genere rispondo con chiarezza<br />
che se gli analisti o chi esercita analoghe funzioni critiche non dispongono di un patrimonio<br />
culturale in cui abbiano posto il cristianesimo, la storia delle religioni e la filosofia, questo va a<br />
discapito loro e dei loro pazienti, non mio. Non si giunge a possedere, in tal caso, una base<br />
associativa e scientifica sufficiente per la comprensione di fenomeni e processi psichici<br />
strutturati in modo complesso.<br />
Quanto più cresceva il mio interesse per questo tema, tanto più netta mi si formava la<br />
persuasione che l'idea di un <strong>Gesù</strong> <strong>psicoterapeuta</strong> fosse incontestabilmente rispondente più in<br />
un'epoca come la nostra, così incline alla psicoterapia. E quanto più attentamente esaminavo il<br />
Nuovo Testamento in questa prospettiva, tanto più mi appariva chiaro che considerare <strong>Gesù</strong><br />
sotto questo aspetto non si riduce di certo a cercare una parvenza di modernità a buon mercato,<br />
a sovrapporre una veste modernizzante, ma di natura estranea. In realtà qui si realizza quella<br />
che oggi chiameremmo una psicoterapia in grande stile e di assoluta validità, in grado di fornire<br />
ancora alcuni insegnamenti di grande importanza a noi, moderni terapeuti scientifici. E infine, ciò<br />
che soprattutto mi ha indotto ad affrontare il tema in questione è stata la consapevolezza che la<br />
psicoterapia messa in atto da <strong>Gesù</strong> sottintende una visione dell'uomo così persuasiva, calzante e<br />
perciò degna di interesse, che l'odierna scienza della natura, e la psicologia in particolare, che<br />
ritiene di poter intendere l'uomo e la psiche in senso materialistico-positivistico, come struttura<br />
collettiva di impulsi messi in azione da meccanismi, può apprendere da essa, specialmente oggi,<br />
ciò che veramente siano, nella loro essenza, l'uomo e la psiche; purché, naturalmente, ne sia<br />
ancora in grado.<br />
Essere terapeuti<br />
È del resto lo stesso <strong>Gesù</strong>, questo <strong>psicoterapeuta</strong>, che si definisce un “medico”, ma non per i sani<br />
o per coloro che presumono di esserlo, bensì per i malati che hanno il coraggio di riconoscersi<br />
tali. 1 Questo medico non è un dilettante che parli, poniamo, di esperienza di sé senza conoscere<br />
con precisione quale ne sia in realtà il grandioso significato. Non è un ciarlatano che dia sfogo a<br />
stati emotivi, per poi lasciare ogni cosa come prima; non è un mestierante dei sintomi, secondo il<br />
metodo del “presto fatto, presto liquidato”. No, in ogni caso egli punta direttamente<br />
all'“interiorità”, alla sostanza, penetrando oltre le semplici apparenze; mira all' “interno”, al<br />
1 Mc. 2,17; Lc 5,31.
“cuore”, e questo significa, nel linguaggio del Nuovo Testamento, l'uomo nella sua interezza,<br />
fatto di corpo e d'anima. Le sue parole ed i suoi atti, in qualunque situazione, non s'ispirano ad<br />
una dottrina di facile applicazione o ad una teoria valida in generale: il suo sguardo giunge in<br />
profondità ed è tutta la sua esistenza che entra in gioco. È, per dirla in immagine, come chi,<br />
edificando una casa, “scava in profondità”, finché non sia giunto alla roccia che le farà da<br />
sostegno. Egli ritiene infatti che la personalità debba trovare in questo modo le sue fondamenta:<br />
e perciò «ha scavato molto profondamente». 2 Che altro fa, o cerca di fare, l'analista, lo<br />
<strong>psicoterapeuta</strong>? 3<br />
La tradizione ha colto concordemente in <strong>Gesù</strong> l'immagine di un terapeuta eccezionalmente<br />
dotato. «Non aveva bisogno che qualcuno lo informasse sugli uomini, perché sapeva benissimo che<br />
cosa c'è nel cuore di ognuno». 4 Poteva con assoluta facilità “vedere” i loro pensieri, 5 “vedere”<br />
anche la loro fede, la fiducia o la diffidenza, 6 e “intuire” le loro intenzioni più riposte. 7 L'uomo,<br />
fin nel più intimo della sua natura, gli si presentava come un libro aperto. Lo sguardo di cui lo<br />
penetrava giungeva a conoscerlo nel profondo, sicché all'istante sapeva coglierne il punto debole:<br />
tutto bene, mi sei anche molto simpatico, ma «c'è ancora qualcosa che ti manca»! 8<br />
Si trattava, come nel caso del giovane ricco, di una diagnosi differenziale fatta a prima vista. È<br />
del tutto evidente che <strong>Gesù</strong> disponeva di una funzione intuitiva altamente differenziata, vicina<br />
alla chiaroveggenza. Anamnesi ed esplorazione, quindi, in lui potevano ridursi fino ad annullarsi.<br />
Gli uomini si sentono toccati da questa forza intuitiva, non in senso sentimentale, ma perché<br />
un'intuizione tanto penetrante afferra, in certo modo, quel che le sta di fronte. Chi ne è fatto<br />
oggetto si sente sfidato, messo in questione e toccato in quel che vi è di più autenticamente<br />
personale, a tal punto che la prima reazione, ben comprensibile sul piano psicologico, è quella di<br />
un momentaneo ritrarsi: tutti, e in ogni circostanza, popolo, individui, discepoli provano<br />
“sgomento”. Ma dopo questo primo istante, in cui agisce un meccanismo psicologico di difesa, ecco<br />
il prorompere della catarsi, che porta alla rottura nei confronti di una vita di menzogne e al<br />
riconoscimento dell'assoluta negatività della propria condizione. Io non sono neppure degno di<br />
stare al tuo cospetto. 9 O più in generale: «Non abbiamo mai visto una cosa del genere!». 10 Oppure:<br />
«Nessun uomo ha mai parlato come lui». 11 Perché? Il Nuovo Testamento attesta in continuazione<br />
che l'impressione dominante da lui suscitata era quella di chi sapeva insegnare e parlare “con<br />
forza” o “con piena autorità”. Non che facesse violenza o s'imponesse con arbitrio ad alcuno,<br />
anzi, di quel che diceva si restava convinti. 12 Non era solo la sua parola a convincere, ma<br />
soprattutto l'efficacia del suo agire, «perché da lui usciva una forza che guariva ogni male». 13 La<br />
terapia che egli metteva in atto era la sua stessa persona.<br />
Con quest'ultima affermazione, che caratterizza il modo dell'operare di <strong>Gesù</strong>, si è anche<br />
espresso un principio valido per ogni psicoterapia. Naturalmente, non siamo <strong>Gesù</strong> e non possiamo<br />
2 Lc. 7,48.<br />
3 OSKAR PFISTER, pastore protestante e psicanalista, ha sostenuto contro Sigmund Freud nel 1928, in epoca per così dire<br />
preistorica riguardo al nostro problema, che nel pensiero e nell'azione di <strong>Gesù</strong> entrarono innegabilmente in gioco motivi<br />
che precorrevano “decisamente la direzione dell'analisi”, ed ha parlato di questi motivi come di “tracce luminose”:<br />
Psychoanalyse und Religion, a cura di E. Nase e J. Scharfenberg, Darmstadt 1977, p. 107.<br />
4 Giov. 2,25. [Nelle citazioni di passi biblici ci si è attenuti, in conformità al testo originale, ad una traduzione talora<br />
piuttosto libera. In qualche caso si è tenuto conto di: Parola del Signore. Il Nuovo Testamento, traduzione<br />
interconfessionale in lingua corrente, LDC-ABU, Leumann (TO) - Roma 1976. (N.d.T.)].<br />
5 Mt. 9,4.<br />
6<br />
Mt. 9,2.<br />
7<br />
Mc. 12,15<br />
8<br />
Lc. 18,22.<br />
9<br />
Lc- 5,8.<br />
10<br />
Mc. 2,12.<br />
11<br />
Giov. 7,46.<br />
12 Mc. 1,22.<br />
13 Lc. 6,19.
adottare la terapia che <strong>Gesù</strong>, a quanto ci è stato tramandato, praticava. Qui non parleremo,<br />
beninteso, di oltrepassare i limiti, di inammissibili generalizzazioni o di spiritualizzazione della<br />
terapia analitica scientifica. Né si ha, in questo lavoro, la benché minima intenzione di ridurre,<br />
limitare o in qualche modo restringere la personalità e l'opera di <strong>Gesù</strong> a quelle di un terapeuta.<br />
Quest'affermazione, veramente, la dovrei ripetere ad ogni capitolo, per evitare che mi si obietti<br />
che in realtà <strong>Gesù</strong> ha voluto essere ed è stato qualcosa di “totalmente altro”. Non voglio davvero<br />
rubare il mestiere a chiunque abbia ancora da dire su <strong>Gesù</strong>, in modo “convincente” qualcosa di<br />
“totalmente altro”; purché sia veramente “convincente”, giacché questa è la condizione che <strong>Gesù</strong><br />
espressamente richiede e che si dimentica tanto facilmente, malgrado altisonanti affermazioni.<br />
Ma la psicologia del profondo non è né teologia né metafisica: perciò io parlerò - ed evito di<br />
proposito di dire “solo”, come si ama fare con intenzione riduttiva - di ciò che la psicologia del<br />
profondo è in grado di dire. Se sia il testo in sé ad esprimere una psicologia del profondo,<br />
secondo il significato che in questo senso gli attribuisco, è però un problema che non si pone.<br />
Tutti noi diciamo in continuazione molte cose di cui ignoriamo completamente il senso psichico<br />
profondo, eppure questa parola o questa nostra reazione ha realmente il senso profondo che<br />
viene svelato ed è analiticamente documentabile. È molto giusto quel che osserva K.<br />
Niederwimmer: «Se il testo ha una certa intenzione, che può essere chiarita in sede psicologica,<br />
è del tutto indifferente che esso abbia voluto comunicarla come tale oppure no». 14 Sono i fatti<br />
che decidono: se i fatti sono quelli, si può anche dire che le cose stanno così. Se è possibile<br />
dimostrare quale sia il contenuto di un testo e non lo si dice, si vien meno al compito di dare<br />
pienamente ragione del senso delle cose, si lascia l'opera a metà o ci si accontenta della<br />
superficialità dei faciloni. Non so proprio che cosa intenda, dunque, chi muove la critica, così in<br />
voga, di psicologizzazione. In ogni caso, qui non è di questo che si tratta, perché ci si limita<br />
strettamente ad esprimere ciò che il testo, la tradizione su <strong>Gesù</strong> in se stessa contengono che sia<br />
conoscibile dalla psicologia del profondo e che sia dunque possibile esprimere, quand'anche<br />
questo possa suonare del tutto nuovo.<br />
La terapia che egli attuava, abbiamo rilevato, era la sua stessa persona. E in effetti questo<br />
principio è generalmente valido (o dovrebbe esserlo) per ogni <strong>psicoterapeuta</strong>: si può dunque già<br />
dire che vi sia una ragione di fondo che ci lega al <strong>Gesù</strong> terapeuta. In altre parole, il terapeuta<br />
può dare un aiuto. Al paziente soltanto nella misura in cui egli stesso ha raggiunto integrazione,<br />
identità od individuazione. Nessuno può oltrepassare se stesso nell'analisi. «La misura della<br />
propria autotrasparenza» determina la misura della capacità di «illuminazione del senso». 15<br />
Questa circostanza, d'altronde, è stata ripetutamente sottolineata, in particolare, da C.G. Jung,<br />
senza ch'egli fosse direttamente sollecitato dal Nuovo Testamento. Lo <strong>psicoterapeuta</strong> stesso è il<br />
proprio metodo o la propria terapia: questo era il suo principio, riaffermato con rigorosa<br />
insistenza, da cui, per primo, dedusse coerentemente l'esigenza che ogni terapeuta dovesse<br />
sottoporsi anch'egli ad un'accurata analisi.<br />
Che quest'idea ci ponga in un ambito che è autenticamente quello di <strong>Gesù</strong>, lo dimostra il fatto<br />
che l'intuizione di <strong>Gesù</strong>, capace di cogliere appieno e di penetrare ciò che ha di fronte a sé, ha<br />
toccato anche noi, a quanto si è detto, e non ci possiamo sottrarre ad essa. Penetra dentro di noi<br />
con la domanda: chi sei tu, analista, per osare arrogarti il diritto e proporti lo scopo,<br />
presumendotene intimamente autorizzato, di guardare nel fondo dell'anima di questo paziente?<br />
Che ne è della tua propria “autotrasparenza”, in te e di fronte a te stesso? <strong>Gesù</strong> ci ricorda, da<br />
vero <strong>psicoterapeuta</strong>, che ogni analisi comincia con l'autocritica, è accompagnata dall'autoanalisi e<br />
si conclude con essa. Ci troviamo immessi in un processo ininterrotto. Lo siamo davvero, con tutti<br />
i nostri intellettualismi, meccanismi istintivi e intenti chiarificatori spesso angusti, con fini di<br />
smascheramento?<br />
14 K. NIEDERWIMMER, „Tiefenpsychologie und Exegese”, in Perspektiven der Pastoraltheologie, a cura di R. Riess, Göttingen<br />
1974, pp. 63 ss.; spec. p. 69.<br />
15 Ibid., pp. 69 s.
Una dichiarazione di princìpi<br />
Quando parlo di <strong>Gesù</strong> <strong>psicoterapeuta</strong>, intendo veramente dire quello che dico. Questa<br />
definizione, lo ripeto, non va intesa come facile tentativo modernizzante, come richiamo<br />
all'attualità, come un arabesco che rivela solo una parvenza di modernità, bensì nell'esatto<br />
significato che il termine di <strong>psicoterapeuta</strong> possiede nella realtà, di oggi. <strong>Gesù</strong> non ha compiuto<br />
alcuna psicoanalisi, non parla di nevrosi, trauma o depressione: ovviamente non dispone degli<br />
strumenti concettuali formali che sono in uso oggi. Ma, e questo è decisivo, in lui è pienamente<br />
presente la conoscenza dei processi psichici costruttivi o distruttivi della vita; è una presenza<br />
fondamentale, che fa sì che gli psicoterapeuti di oggi possano ancora imparare da lui. Del resto la<br />
psicologia del profondo, che rappresenta nel discorso sull'uomo una svolta che segna un'epoca, ha<br />
potuto svilupparsi solo sul terreno culturale a fondamento del quale risultano determinanti gli<br />
impulsi provenienti dalla figura di <strong>Gesù</strong>, ne sia consapevole o no il singolo ricercatore, lo metta<br />
esplicitamente in dubbio oppure no. Le istanze positivistiche, materialistiche o marxistiche che<br />
oggi si pretende di far valere anche nella psicologia del profondo rappresentano una generale<br />
regressione intellettuale e quindi una limitazione dell'orizzonte del comprendere, tali da rendere<br />
del tutto impossibile una verifica delle tesi ora enunciate.<br />
Parlando di <strong>Gesù</strong> come <strong>psicoterapeuta</strong> non si compie dunque alcuna falsificazione concettuale. Per<br />
questo intendo prendere nettamente le distanze da tutti quegli svariati tentativi che in modo<br />
facile, superficiale, di comodo, ai nostri giorni mirano a familiarizzarci con la psicologia del<br />
profondo. Esiste un'infinità di gruppi e gruppetti che si richiamano ad una “terapia”, ampiamente<br />
pubblicizzati dai mezzi di comunicazione di massa, ma che in realtà, quanto a psicologia del<br />
profondo, non hanno il benché minimo valore. Non si contano le riunioni e i circoli in cui ci si<br />
analizza, a scopo “autoterapeutico”. Anche la chiesa e la teologia intervengono, e questo va<br />
ricordato, dato il problema di cui ci occupiamo. Molto tempo dopo aver progettato questo libro,<br />
ho preso parte ad un seminario di studi, di indirizzo cattolico, che come titolo di richiamo aveva<br />
quello di "<strong>Gesù</strong> terapeuta”. Lo specialista di storia delle religioni e di dogmatica parlava della<br />
pericope in cui <strong>Gesù</strong> placa la tempesta, proponendo, senza dare alcun peso alle questioni<br />
fondamentali poste dalla critica letteraria, questa interpretazione: <strong>Gesù</strong>, il terapeuta, placando<br />
la tempesta ha sanato la frattura che percorre il mondo. Ε proseguiva così, esattamente nello<br />
stile della vecchia e superata esegesi allegorica di tipo cattolico. Venivano mostrate<br />
raffigurazioni, tutte d'epoca protocristiana, che in vario modo presentano <strong>Gesù</strong> come<br />
taumaturgo: per ciascuna di esse era anche possibile citare, a mo' di spiegazione un testo di<br />
Agostino, il Padre della chiesa. A conclusione della serie era proposta una sola immagine di età<br />
barocca, che rappresenta <strong>Gesù</strong> concretamente operante come medico al capezzale di un<br />
ammalato. Di quest'opera non veniva messo positivamente in rilievo il realismo, ma si criticava<br />
l'incipiente "manierismo”. In breve: i contenuti proposti erano improntati al più vieto<br />
dogmatismo, ma non si esitava a ricorrere ad un titolo di grande effetto: "il terapeuta”! Le cose<br />
non vanno diversamente, in generale, nella chiesa evangelica. La psicologia del profondo<br />
«contribuisce a dare concretezza psicologica all'annunzio», 16 è una nuova «chiave ermeneutica», 17<br />
ed è perciò quanto mai bene accetta. Si ritiene quindi che possa servire a stimolare il discorso<br />
biblico ο dogmatico, a concretizzare ο a rafforzare nella sua portata esistenziale il messaggio<br />
della chiesa. La psicologia del profondo diventa un ausilio omiletico come altri. In verità, essa<br />
esige che si rifletta in modo nuovo a ciò di cui si parla, che si esamini analiticamente e si esprima<br />
16 H.-W. Heidland "Die Bedeutung der analytischen Psychologie für die Verkündigung der Kirche“, in C. G. Jung and die<br />
Theologen, a cura di W. Böhme, Stuttgart 1971, ρ. 51.<br />
17 "Pfarrerblatt” 1978 (Jahrg. 78), Heft 1, p. 29.
in forma nuova, adeguata alla condizione odierna della nostra coscienza, il contenuto, l'oggetto.<br />
Ma nell'uno come nell'altro caso non è così agevole appropriarsi della psicologia del profondo. La<br />
via più facile è quella di usarne a proprio piacimento e saccheggiarla per fare sfoggio dei termini<br />
del suo gergo specialistico. Si pensa che della psicologia del profondo non si possa assolutamente<br />
fare a meno, nella ricerca di una mistificante parvenza di modernità.<br />
Anziché perseguire questa fittizia modernità, alla fin fine irresponsabile, mi propongo di render<br />
giustizia onestamente al mutamento di coscienza intervenuto nel lasso di tempo che ci separa dal<br />
Nuovo Testamento. Ι "vecchi otri” non debbono veramente avere alcun nuovo impiego, neppure di<br />
sfuggita e sottobanco. Se dunque nelle pagine che seguono si farà così poco uso di vecchie<br />
formule e di espressioni consuete, non si dovrà subito corrugare la fronte dogmatica, ma<br />
chiedersi piuttosto se non si possa tradurre la realtà di cui si tratta nelle categorie della nostra<br />
coscienza moderna, e, in caso affermativo, se non sia questo il miglior partito.<br />
Nel mio libro <strong>Gesù</strong>, la maschilità esemplare - La figura di <strong>Gesù</strong> secondo la psicologia del<br />
profondo 18 ho tentato questo trasferimento al piano della coscienza contemporanea in relazione<br />
alla figura di <strong>Gesù</strong>. Il presente lavoro si ricollega direttamente al precedente e ne costituisce il<br />
completamento. Mentre in quello <strong>Gesù</strong> era presentato come un uomo moderno - in termini<br />
psicologici “integrato” -, la questione che ci si pone è ora questa: come agisce un uomo come<br />
quello? Qual è il suo rapporto con la realtà che ha di fronte? Come si compiva il suo dinamico,<br />
salutare intervento? In virtù di questo si è potuto tramandare che «da lui usciva una forza<br />
capace di guarire tutti i mali». 19 È questa impressione, che Rembrandt ha saputo rappresentare<br />
con così avvincente immediatezza nel dipinto noto come "il foglio dei cento fiorini”. Di ciò che<br />
questa impressione suscitava, vogliamo ora cercare di riflettere. 20<br />
Segue da pag. 22<br />
18 Hanna Wolff, <strong>Gesù</strong>, la maschilità esemplare. La figura di <strong>Gesù</strong> secondo la psicologia del profondo, Brescia 1979,<br />
Queriniana.<br />
19 Lc. 6,19<br />
20 Benché redatto intenzionalmente in forma accessibile, questo lavoro si propone come contributo di carattere<br />
scientifico e tiene quindi scrupolosamente conto dei risultati della ricerca storico-critica; le considerazioni relative<br />
rimangono però implicite. Non si è voluto, introducendo discussioni forse di minor interesse per il lettore, sminuire la<br />
pressante attualità della problematica.