Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pagina 88 CAPITOLO 3 certezza sulla capacità di Dio di salvare dalla fornace, ma certamente non era questo il sentimento dei giovani giudei. G. RINALDI traduce più coerentemente: “Se ciò avverrà, il nostro Dio, che noi serviamo, è capace di liberarci...” È una replica ferma e convinta alla sfida di Nabucodonosor: “...e qual è quel dio che vi libererà dalle mie mani?” (v. 15). Shadrac, Meshac e Abed-nego non dubitano che il loro Dio è potente da salvarli dal fuoco della fornace, ma non sanno se vorrà farlo. Se Dio nella sua sovrana libertà avesse deliberato di non salvarli, essi non desisteranno comunque dal rimanergli fedeli: “Se no (ovvero: Se Dio non vorrà salvarci), sappi, o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto (è evidente che l’omaggio reso alla statua equivaleva a un atto di venerazione e di sottomissione agli dèi di Babilonia). In ogni tempo l’eroica determinazione dei compagni di Daniele ha suscitato commozione e ammirazione. 19 Allora Nebucadnetsar fu ripieno di furore, e l’aspetto del suo viso fu mutato verso Shadrac, Meshac e Abed-nego. Egli riprese la parola, e si ordinò che si accendesse la fornace sette volte più di quello che s’era pensato di fare; 20 Poi comandò ad alcuni uomini de’ più vigorosi del suo esercito di legare Shadrac, Meshac e Abed-nego, e di gettarli nella fornace del fuoco ardente. Nabucodonosor aveva mantenuto un atteggiamento conciliante verso Shadrac, Meshac e Abed-nego. Ma ora il rifiuto esplicito dei giovani di conformarsi alle sue disposizioni fa esplodere la sua collera ()fmEx chema’, “ira infuocata”). Il mutamento repentino di atteggiamento del re verso i tre giovani è descritto con efficacia: “l’aspetto del suo volto fu mutato” (i lineamenti del suo viso si contraggono e il colore si fa paonazzo). Nella pianura mesopotamica non esistono cave di pietra, ma lungo il corso dell’Eufrate abbonda l’argilla. I Babilonesi ne fecero largo uso per produrre mattoni. Le fornaci da mattoni in quest’epoca non dovevano essere rare nella pianura di Babilonia e dovettero lavorare a pieno ritmo, stante i vasti progetti edilizi di Nabucodonosor nella città di Babilonia. Fatte di mattoni cotti, queste fornaci avevano probabilmente forma tronco-conica con un’apertura in alto per lo sfogo dei fumi ed una laterale per l’introduzione del combustibile e dei laterizi da cuocere. Per riscaldare le fornaci si adoperava della paglia o del legno sminuzzato mescolato con bitume (fin da epoca immemorabile il bitume affiora spontaneamente nella pianura mesopotamica, notoriamente una delle regioni del mondo più ricca di giacimenti petroliferi). Questo tipo di combustibile, come è facile capire, sviluppava un calore molto intenso. Sulla pratica barbara del supplizio del fuoco in Babilonia ci ragguagliano alcuni documenti antichi. Intanto la pena del fuoco per certi delitti era prevista nel Codice di Hammurabi (25. 110). Questa pena è minacciata a certi servi infedeli in un testo cuneiforme del II millennio a.C. (il vocabolo per “fornace”, utûnum, è affine al termine aramaico usato da Daniele, }UTa) ‘attûn). Il genero di Nabucodonosor, Nergal-shar-usur, si vanta in una sua iscrizione di avere “bruciato fino 88

Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pagina 89 CAPIRE DANIELE alla morte gli avversari e i ribelli” 126. Anche Geremia ci dà notizia di un fatto simile in 29:22, dove fa riferimento a due pseudo-profeti giudei “che il re di Babilonia ha fatti arrostire al fuoco”. Nabucodonosor prende tutte le precauzioni per sventare qualunque tentativo di fuga dei condannati o, addirittura, per prevenire un intervento soprannaturale: fa riscaldare la fornace sette volte più di quanto si era pensato e consegna i malcapitati ai soldati più robusti della sua milizia. E come se non bastasse, li fa legare per modo che non possano muoversi. “Sette volte di più...”, cioè al massimo grado possibile, probabilmente, secondo qualche commentatore, bruciando un quantitativo di combustibile sette volte maggiore del consueto. Ancora di più queste misure precauzionali faranno risaltare il prodigio che sta per avere luogo. 21 Allora questi tre uomini furono legati con le loro tuniche, le loro sopravvesti, i loro mantelli e tutti i loro vestiti, e furon gettati in mezzo alla fornace del fuoco ardente. 22 E siccome l’ordine del re era perentorio e la fornace era straordinariamente riscaldata, la fiamma del fuoco uccise gli uomini che vi avevan gettato dentro Shadrac, Meshac e Abed-nego. 23 E quei tre uomini, Shadrac, Meshac e Abed-nego, caddero legati in mezzo alla fornace del fuoco ardente. I condannati sono gettati nella fornace incandescente e con tutti i loro vestiti addosso perché l’ordine del re deve essere eseguito con la massima rapidità, e forse anche affinché l’effetto del fuoco sia se possibile ancora più drastico con la combustione dei panni. Non è facile oggi tradurre i termini aramaici con i quali sono indicati i capi di vestiario dei condannati. Il significato più probabile del primo (}Ohy"lfB:ras:B besarbalêhôn) sembra essere “calzari”; il secondo (}Ohy"$y:=aP pateyshêhôn) può tradursi “calzoni”; il terzo (}Otfl:B:rak karbelathôn), d’origine accadica (karballatu) significa con molta probabilità “copricapo”, e il quarto (}Ohy"$ub:l levushehôn) designa gli indumenti in generale. Un incidente repentino e imprevisto segna drammaticamente l’esecuzione dell’ordine di Nabucodonosor: una vampa di calore erompe dalla bocca della fornace e investe i soldati che vi hanno gettato i condannati, e in un attimo essi bruciano come torce. È un primo smacco per il re. Tra i vv. 23 e 24, i manoscritti greci dei LXX e di Teodozione inseriscono un’aggiunta apocrifa di 67 versetti (24-90) contenente una preghiera in versi messa sulla bocca di Azaria (Abed-nego) (vv. 24-25), un breve interludio narrativo in prosa (vv. 46-50) e un cantico in versi attribuito ai tre giovani (vv. 51-90). È la prima di tre aggiunte apocrife al nostro libro le quali, insieme con altri scritti apocrifi, furono dichiarate deuterocanoniche dal Concilio di Trento nel 1546 e sono tuttora accolte nel canone anticotestamentario delle versioni cattoliche della Bibbia. Girolamo tradusse in latino questo lungo brano ma avvertì di non averlo 126 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 782. 89

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CAPITOLO 3<br />

certezza sulla capacità di Dio di salvare dalla fornace, ma certamente non era<br />

questo il sentimento dei giovani giudei. G. RINALDI traduce più coerentemente:<br />

“Se ciò avverrà, il nostro Dio, che noi serviamo, è capace di liberarci...” È una replica<br />

ferma e conv<strong>in</strong>ta alla sfida di Nabucodonosor: “...e qual è quel dio che vi<br />

libererà dalle mie mani?” (v. 15). Shadrac, Meshac e Abed-nego non dubitano<br />

che il loro Dio è potente da salvarli dal fuoco della fornace, ma non sanno se<br />

vorrà farlo. Se Dio nella sua sovrana libertà avesse deliberato di non salvarli, essi<br />

non desisteranno comunque dal rimanergli fedeli: “Se no (ovvero: Se Dio non<br />

vorrà salvarci), sappi, o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la<br />

statua d’oro che tu hai eretto (è evidente che l’omaggio reso alla statua equivaleva<br />

a un atto di venerazione e di sottomissione agli dèi di Babilonia). In ogni<br />

tempo l’eroica determ<strong>in</strong>azione dei compagni di Daniele ha suscitato commozione<br />

e ammirazione.<br />

19 Allora Nebucadnetsar fu ripieno di furore, e l’aspetto del suo viso<br />

fu mutato verso Shadrac, Meshac e Abed-nego. Egli riprese la parola,<br />

e si ord<strong>in</strong>ò che si accendesse la fornace sette volte più di quello<br />

che s’era pensato di fare; 20 Poi comandò ad alcuni uom<strong>in</strong>i de’ più<br />

vigorosi del suo esercito di legare Shadrac, Meshac e Abed-nego, e<br />

di gettarli nella fornace del fuoco ardente.<br />

Nabucodonosor aveva mantenuto un atteggiamento conciliante verso Shadrac,<br />

Meshac e Abed-nego. Ma ora il rifiuto esplicito dei giovani di conformarsi alle<br />

sue disposizioni fa esplodere la sua collera ()fmEx chema’, “ira <strong>in</strong>fuocata”). Il mutamento<br />

repent<strong>in</strong>o di atteggiamento del re verso i tre giovani è descritto con efficacia:<br />

“l’aspetto del suo volto fu mutato” (i l<strong>in</strong>eamenti del suo viso si contraggono<br />

e il colore si fa paonazzo).<br />

Nella pianura mesopotamica non esistono cave di pietra, ma lungo il corso<br />

dell’Eufrate abbonda l’argilla. I Babilonesi ne fecero largo uso per produrre mattoni.<br />

Le fornaci da mattoni <strong>in</strong> quest’epoca non dovevano essere rare nella pianura<br />

di Babilonia e dovettero lavorare a pieno ritmo, stante i vasti progetti edilizi<br />

di Nabucodonosor nella città di Babilonia. Fatte di mattoni cotti, queste fornaci<br />

avevano probabilmente forma tronco-conica con un’apertura <strong>in</strong> alto per lo sfogo<br />

dei fumi ed una laterale per l’<strong>in</strong>troduzione del combustibile e dei laterizi da cuocere.<br />

Per riscaldare le fornaci si adoperava della paglia o del legno sm<strong>in</strong>uzzato<br />

mescolato con bitume (f<strong>in</strong> da epoca immemorabile il bitume affiora spontaneamente<br />

nella pianura mesopotamica, notoriamente una delle regioni del mondo<br />

più ricca di giacimenti petroliferi). Questo tipo di combustibile, come è facile capire,<br />

sviluppava un calore molto <strong>in</strong>tenso.<br />

Sulla pratica barbara del supplizio del fuoco <strong>in</strong> Babilonia ci ragguagliano alcuni<br />

documenti antichi. Intanto la pena del fuoco per certi delitti era prevista nel<br />

Codice di Hammurabi (25. 110). Questa pena è m<strong>in</strong>acciata a certi servi <strong>in</strong>fedeli<br />

<strong>in</strong> un testo cuneiforme del II millennio a.C. (il vocabolo per “fornace”, utûnum,<br />

è aff<strong>in</strong>e al term<strong>in</strong>e aramaico usato da Daniele, }UTa) ‘attûn). Il genero di Nabucodonosor,<br />

Nergal-shar-usur, si vanta <strong>in</strong> una sua iscrizione di avere “bruciato f<strong>in</strong>o<br />

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