Testo in formato pdf - Testimonigeova
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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 321 CAPIRE DANIELE 10 Ed ecco, una mano mi toccò, e mi fece stare sulle ginocchia e sulle palme delle mani. Tornato in sé, Daniele sente che una mano è posata sul suo corpo e capisce che è stato grazie al contatto di quella mano che egli ha ripreso conoscenza, come se quel contatto gli avesse trasfuso una carica di energia vitale (si confrontino le esperienze parallele di Ezechiele e di Giovanni: Ez 2:1,2; 3:24; Ap 1:17). Steso bocconi, il profeta non può ancora scorgere il corpo a cui appartiene la mano che lo ha toccato, ma si rende conto che un essere sovrumano gli sta accanto. Le forze ritornano gradualmente come gradualmente erano svanite. Ora egli è in grado di sollevarsi dalla posizione prona, ma non ancora di rizzarsi sulle gambe. Per alcuni istanti deve rimanere appoggiato sulle palme delle mani e sulle ginocchia, gattoni, come i bambini che non camminano ancora. Adesso può scorgere davanti a sé la figura che lo ha toccato con la mano. È proprio un essere sovrannaturale, ma non è la Figura sfolgorante che gli ha fatto perdere i sensi. È un angelo; è l’angelo Gabriele? 416 11 E mi disse: “Daniele, uomo grandemente amato, cerca d’intendere le parole che ti dirò, e rizzati in piedi nel luogo dove sei; perché ora io sono mandato da te”. E quand’egli m’ebbe detta questa parola, io mi rizzai in piedi, tutto tremante. Una voce familiare saluta Daniele con parole affettuose e rassicuranti: “uomo grandemente amato...”, letteralmente “uomo di delizie”, tOdumAx-$yi) ’îsh chamudôth (chamudôth è lo stesso vocabolo che nel v. 3 è tradotto “desiderabili” o “deliziosi”). È l’identica espressione con cui Gabriele ha salutato il profeta 3 anni prima (cfr. 9:23). Come nell’episodio del cap. 9, la ricerca intensa e perseverante di Dio nell’umiltà e nella preghiera è stata premiata. Ma in più rispetto a quell’episodio, stavolta la venuta dell’angelo con un messaggio speciale da parte di Dio è stata preceduta da una manifestazione personale della Divinità. Nella prima manifestazione Daniele ha udito il suono di una voce possente come il rumoreggiare di una moltitudine, ma non ha potuto distinguere le parole che quella voce ha proferite. Ora è essenziale che egli intenda quanto il messo celeste sta per rivelargli, perché si tratta di un messaggio di estrema importanza: “presta attenzione alle parole che io ti dirò” (!yel") r"bod yikonf) re$A) {yirfb:DaB }"bfhhâven baddevarîm ’asher ’anokî dover ’eleyka). Il comando: “rizzati in piedi”, sembra trasfondere nel profeta ulteriori energie: “ E quando m’ebbe detta questa parola, io mi rizzai in piedi...” Il vegliardo riassume la posizione eretta davanti all’angelo, ma è ancora malfermo sulle gambe. Quanto è spossante per un essere umano il confronto con la Maestà divina! 416 - Cfr. E.G.WHITE, Prophets and Kings, pp. 571-572. 321
Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 322 CAPITOLO 10 Colui che ha rimesso in piedi il profeta e lo sollecita a concentrarsi per ascoltarlo, non è venuto di sua iniziativa, egli sta semplicemente eseguendo un mandato: “ora io sono stato mandato da te...” La Divinità non riceve mandati, li conferisce. Ecco la prova che chi ha toccato Daniele e lo ha fatto tornare in sé non è stato l’Essere maestoso che lo ha fatto andare in deliquio, ma soltanto un suo messaggero. Per dirlo con un’espressione tolta dal linguaggio tecnologico moderno, egli è stato una cinghia di trasmissione, non un motore. 12 Ed egli mi disse: “Non temere, Daniele; poiché dal primo giorno che ti mettesti in cuore d’intendere e d’umiliarti nel cospetto del tuo Dio, le tue parole furono udite, e io son venuto a motivo delle tue parole. Un uomo di Dio quanto più sia cosciente della propria imperfezione e indegnità tanto più prova sgomento e confusione nel confrontarsi con la perfezione divina (vedi Is 6:5). L’angelo deve avere notato il grande disagio del vecchio profeta nel trovarsi in sua presenza, perciò lo rincuora e lo rassicura chiamandolo per nome: “Non temere, Daniele...!”. “Dal primo giorno...”. È di certo un riferimento all’inizio dei 21 giorni di duolo e di umiliazione (vedi il v. 2). Come abbiamo detto nel commento del v. 2, eventi inquietanti stavano accadendo in quei giorni nella patria lontana dove da poco erano giunti i primi reduci dall’esilio. Daniele ne era rimasto scosso e aveva cercato di capire perché succedevano quelle cose. Come già tre anni prima (cfr. 9:3), si era umiliato davanti al suo Dio - forse confessando ancora una volta i peccati del suo popolo dei quali si sentiva in qualche modo corresponsabile - e aveva rivolto al Signore fervide suppliche per la sua gente. Ora egli è messo al corrente dal messaggero di Dio che le sue suppliche sono state accolte in cielo fin dalle prime battute: “dal primo giorno... le tue parole furono udite...”. “Dio - osserva J.Doukhan - esaudisce anche la preghiera inespressa, o piuttosto non ancora espressa. Perché non è la preghiera in sé stessa che è vana, ma è l’illusione che l’intervento dall’alto sia stato provocato dal peso magico delle parole con le quali la preghiera è stata espressa” 417 (La supplica di Daniele era dunque stata esaudita fin dalle prime parole, ma per tre settimane intere non era successo nulla che lo facesse supporre. Solo dopo 21 lunghi giorni l’angelo del Signore è venuto per portargli la risposta. Perché questo prolungato indugio? La risposta è data nel versetto seguente. 322 13 Ma il capo del regno di Persia m’ha resistito ventun giorni; però ecco, Micael, uno dei primi capi, è venuto in mio soccorso, e io son rimasto là presso i re di Persia. 417 - Op. cit., p. 228.
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10 Ed ecco, una mano mi toccò, e mi fece stare sulle g<strong>in</strong>occhia e sulle<br />
palme delle mani.<br />
Tornato <strong>in</strong> sé, Daniele sente che una mano è posata sul suo corpo e capisce che<br />
è stato grazie al contatto di quella mano che egli ha ripreso conoscenza, come<br />
se quel contatto gli avesse trasfuso una carica di energia vitale (si confront<strong>in</strong>o le<br />
esperienze parallele di Ezechiele e di Giovanni: Ez 2:1,2; 3:24; Ap 1:17). Steso<br />
bocconi, il profeta non può ancora scorgere il corpo a cui appartiene la mano<br />
che lo ha toccato, ma si rende conto che un essere sovrumano gli sta accanto.<br />
Le forze ritornano gradualmente come gradualmente erano svanite. Ora egli<br />
è <strong>in</strong> grado di sollevarsi dalla posizione prona, ma non ancora di rizzarsi sulle<br />
gambe. Per alcuni istanti deve rimanere appoggiato sulle palme delle mani e<br />
sulle g<strong>in</strong>occhia, gattoni, come i bamb<strong>in</strong>i che non camm<strong>in</strong>ano ancora.<br />
Adesso può scorgere davanti a sé la figura che lo ha toccato con la mano. È<br />
proprio un essere sovrannaturale, ma non è la Figura sfolgorante che gli ha fatto<br />
perdere i sensi. È un angelo; è l’angelo Gabriele? 416<br />
11 E mi disse: “Daniele, uomo grandemente amato, cerca d’<strong>in</strong>tendere<br />
le parole che ti dirò, e rizzati <strong>in</strong> piedi nel luogo dove sei; perché ora<br />
io sono mandato da te”. E quand’egli m’ebbe detta questa parola, io<br />
mi rizzai <strong>in</strong> piedi, tutto tremante.<br />
Una voce familiare saluta Daniele con parole affettuose e rassicuranti: “uomo<br />
grandemente amato...”, letteralmente “uomo di delizie”, tOdumAx-$yi) ’îsh chamudôth<br />
(chamudôth è lo stesso vocabolo che nel v. 3 è tradotto “desiderabili” o<br />
“deliziosi”). È l’identica espressione con cui Gabriele ha salutato il profeta 3 anni<br />
prima (cfr. 9:23).<br />
Come nell’episodio del cap. 9, la ricerca <strong>in</strong>tensa e perseverante di Dio<br />
nell’umiltà e nella preghiera è stata premiata. Ma <strong>in</strong> più rispetto a quell’episodio,<br />
stavolta la venuta dell’angelo con un messaggio speciale da parte di Dio è stata<br />
preceduta da una manifestazione personale della Div<strong>in</strong>ità.<br />
Nella prima manifestazione Daniele ha udito il suono di una voce possente<br />
come il rumoreggiare di una moltitud<strong>in</strong>e, ma non ha potuto dist<strong>in</strong>guere le parole<br />
che quella voce ha proferite. Ora è essenziale che egli <strong>in</strong>tenda quanto il messo<br />
celeste sta per rivelargli, perché si tratta di un messaggio di estrema importanza:<br />
“presta attenzione alle parole che io ti dirò” (!yel") r"bod yikonf) re$A) {yirfb:DaB }"bfhhâven<br />
baddevarîm ’asher ’anokî dover ’eleyka).<br />
Il comando: “rizzati <strong>in</strong> piedi”, sembra trasfondere nel profeta ulteriori energie:<br />
“ E quando m’ebbe detta questa parola, io mi rizzai <strong>in</strong> piedi...” Il vegliardo riassume<br />
la posizione eretta davanti all’angelo, ma è ancora malfermo sulle gambe.<br />
Quanto è spossante per un essere umano il confronto con la Maestà div<strong>in</strong>a!<br />
416 - Cfr. E.G.WHITE, Prophets and K<strong>in</strong>gs, pp. 571-572.<br />
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