Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 309 dell’olocausto. Il resto lo spandeva alla base di esso (vv. 25, 30, 34). Il grasso e le interiora delle vittime in tutti i tipi di sacrifici espiatori venivano bruciati sull’altare dell’olocausto (Le 4: 8-10, 19, 26, 31, 35), ma le carni erano trattate in modo diverso secondo che l’espiazione avvenisse nell’atrio del Santuario (per la colpa individuale) o nel Luogo Santo (per la colpa collettiva). Nel primo caso le carni erano consumate dai sacerdoti (Le 4:26) i quali in questo modo assumevano su di sé i peccati dei figli d’Israele per espiarli “davanti al Signore” (Le 10:17); nel secondo caso le carcasse erano bruciate fuori del campo (Le 4:12; 6:30) giacché l’eliminazione definitiva dei peccati della comunità aveva luogo il 10 di Tishri. Questo particolare trattamento dei resti delle vittime offerte per il peccato collettivo nel servizio giornaliero e nel Giorno del Kippur, secondo Eb 13:11-12, prefigurava l’immolazione di Cristo “fuori della porta” (della città santa) “per santificare il popolo col proprio sangue”. Ogni cosa sacra raggiunta dal sangue dei sacrifici espiatori quotidiani era divenuta impura perché quel sangue era carico di peccato. Tutte le colpe d’Israele per le quali era stata fatta l’espiazione col sangue delle vittime erano simbolicamente passate nel santuario ed erano venute “accumulandosi” durante dodici mesi. Bisognava perciò rimuoverle onde ripristinare l’originale stato di purezza del propiziatorio e dell’altare per renderli degni della santità del Signore. A ciò appunto mirava e provvedeva il rituale dello Yom Kippur che abbiamo descritto. Dovunque si era posato il sangue contaminante dei molti sacrifici quotidiani, doveva passare il sangue purificatore dell’unico CAPIRE DANIELE sacrificio annuale. Compiuto dunque il rito di purificazione del Luogo Santissimo e del Luogo Santo (Le 16:16, 17), il sommo sacerdote si portava di nuovo nell’atrio del Tabernacolo (in seguito del Tempio) e faceva accostare a sé il capro che la sorte aveva assegnato ad Azazel. Imposte le mani sulla testa dell’animale confessava sopra di esso le colpe del popolo. Con questo atto simbolico erano deposti sul capro emissario “tutte le iniquità dei figli d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati” (Le 16:21) 395 rimossi dal Santuario; non per espiarli, giacché a ciò si era provveduto in precedenza, ma per allontanarli: “l’espulsione del capro ‘per Azazel’ - scrive Médebielle - non produce l’espiazione, soltanto ne raffigura gli effetti” 396 . Descrivendo il rito centrale del Giorno dell’Espiazione, abbiamo notato che la mano del celebrante non si posava sul capo del capro espiatorio. L’imposizione della mano sulla vittima - quest’atto, ricordiamolo ancora una volta, che implicava trasferimento di colpa - era stata compiuta ad ogni sacrificio espiatorio giornaliero. Non occorreva ripeterla nel Giorno dell’Espiazione, perché i peccati della comunità erano già stati “rimossi” dai penitenti e “posti” nel santuario, come abbiamo detto. L’aspersione del sangue del capro “per il Signore” non mirava dunque ad espiare di nuovo peccati individuali e collettivi già espiati, ma era intesa precisamente a fare “l’espiazione per il Santuario a motivo delle impurità dei figli d’Israele...” (Le 16:16), come spiega il v. 19, sia pure limitatamente all’altare: “E farà (il sommo sacerdote) sette volte l’aspersione del sangue col dito, sopra l’altare, e così lo purificherà e lo santificherà 395 - Secondo il Talmud il primo dei tre termini indica i delitti volontari, il secondo il delitto di ribellione e l’ultimo i peccati involontari. 396 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., p. 111. 309

Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 310 CAPITOLO 9 a motivo delle impurità dei figli d’Israele...”. Il versetto seguente allarga la portata del rito: “... l’espiazione per il santuario (il Luogo Santissimo), per la tenda di convegno (il Luogo santo) e per l’altare (l’atrio).”. Il capro col “carico” dei peccati d’Israele (Le 16:22) era condotto nel deserto da un uomo a cui era stato affidato questo incarico (v. 21 u.p.). Col bastone che aveva in mano l’uomo punzecchiava l’animale per farlo correre. Alcune fonti riferiscono che i più facinorosi fra il popolo gli correvano dietro urlando e strappandogli il pelame per impaurirlo: si voleva impedire in ogni maniera che l’animale potesse tornare indietro: se fosse accaduto, i peccati già espiati sarebbero tornati addosso al popolo e sarebbe stata una sciagura! Secondo la tradizione rabbinica il capro emissario veniva abbandonato dall’uomo che lo conduceva in un luogo desolato presso l’attuale Khirbet Khareidan a circa 6 chilometri da Gerusalemme 397 dove probabilmente diveniva preda degli sciacalli ancor prima di morire di fame e di sete. In altri momenti si preferì precipitare l’animale in un burrone, e per un certo numero di anni addirittura lo si fece a pezzi prima che fosse giunto al luogo di destinazione. Partito il capro emissario, il sommo sacerdote svestiva la semplice tunica di lino e, indossati di nuovo i paramenti splendidi dopo un ennesimo lavaggio del corpo, offriva per sé e per il popolo l’olocausto della sera (Le 16:23-24). Con questo rito terminava la grande festa. 310 Il popolo aveva vissuto il Giorno dell’Espiazione nella consapevolezza di essere sottoposto al giudizio di Dio. Secondo la tradizione tardo-giudaica 398 , tutti passano al vaglio del giudizio divino nel giorno dell’Anno Nuovo, tuttavia chiunque si renda conto di non essere in regola con Dio, ha ancora nove giorni di tempo per rimediare, prima che la sua sorte sia segnata in modo irrevocabile nello Yom hakkippurîm. I nove giorni tra la festa del Capodanno e il Giorno dell’Espiazione erano per i Giudei giorni di revisione introspettiva della propria vita e di penitenza: chi nel Gran Giorno si fosse trovato impreparato, cioè non afflitto per i propri peccati e non penitente, sarebbe stato eliminato dalla congregazione d’Israele, come è scritto nella Thorah (Le 23:28). Era convinzione dei Giudei che nello Yom hakkippurîm era “deciso il destino di chi deve vivere e di chi deve morire” 399 . Tramontato il sole, come il luccichio delle prime stelle annunciava la fine del digiuno e dell’afflizione, ci si abbandonava a gioiosi festeggiamenti. “Tutto il popolo - dice Médebielle - nella gioia di sentirsi riconciliato col suo Dio e di nuovo l’oggetto dei suoi favori, dava libero sfogo al suo entusiasmo con banchetti e con danze” 400 . Cinque giorni dopo cominciava la Festa dei Tabernacoli (Le 23:34; Nu 29:12). Non conosceva la gioia, secondo i rabbini, chi non avesse assistito al trasporto del popolo durante gli otto giorni della Festa dei Tabernacoli. Il Nuovo Testamento riconosce l’esistenza di un nesso tipologico fra il servizio li- 397- Cfr. R. DE VAUX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, p. 487 398 - Talmud, “Rosh Hashshanah” 16a. 399 - Jewish Encyclopedia, vol. 2, p. 268, articolo “Atonement, Day of”, citato in S.D.A. Bible Commentary, vol. I, p. 776. 400 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., p. 101.

Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 310<br />

CAPITOLO 9<br />

a motivo delle impurità dei figli d’Israele...”.<br />

Il versetto seguente allarga la portata<br />

del rito: “... l’espiazione per il santuario (il<br />

Luogo Santissimo), per la tenda di convegno<br />

(il Luogo santo) e per l’altare (l’atrio).”.<br />

Il capro col “carico” dei peccati<br />

d’Israele (Le 16:22) era condotto nel deserto<br />

da un uomo a cui era stato affidato questo <strong>in</strong>carico<br />

(v. 21 u.p.). Col bastone che aveva <strong>in</strong><br />

mano l’uomo punzecchiava l’animale per farlo<br />

correre. Alcune fonti riferiscono che i più fac<strong>in</strong>orosi<br />

fra il popolo gli correvano dietro urlando<br />

e strappandogli il pelame per impaurirlo:<br />

si voleva impedire <strong>in</strong> ogni maniera che<br />

l’animale potesse tornare <strong>in</strong>dietro: se fosse<br />

accaduto, i peccati già espiati sarebbero tornati<br />

addosso al popolo e sarebbe stata una<br />

sciagura!<br />

Secondo la tradizione rabb<strong>in</strong>ica il capro<br />

emissario veniva abbandonato dall’uomo che<br />

lo conduceva <strong>in</strong> un luogo desolato presso l’attuale<br />

Khirbet Khareidan a circa 6 chilometri<br />

da Gerusalemme 397 dove probabilmente diveniva<br />

preda degli sciacalli ancor prima di morire<br />

di fame e di sete. In altri momenti si preferì<br />

precipitare l’animale <strong>in</strong> un burrone, e per<br />

un certo numero di anni addirittura lo si fece<br />

a pezzi prima che fosse giunto al luogo di dest<strong>in</strong>azione.<br />

Partito il capro emissario, il sommo sacerdote<br />

svestiva la semplice tunica di l<strong>in</strong>o e,<br />

<strong>in</strong>dossati di nuovo i paramenti splendidi dopo<br />

un ennesimo lavaggio del corpo, offriva per sé<br />

e per il popolo l’olocausto della sera (Le<br />

16:23-24). Con questo rito term<strong>in</strong>ava la<br />

grande festa.<br />

310<br />

Il popolo aveva vissuto il Giorno<br />

dell’Espiazione nella consapevolezza di essere<br />

sottoposto al giudizio di Dio.<br />

Secondo la tradizione tardo-giudaica<br />

398 , tutti passano al vaglio del giudizio div<strong>in</strong>o<br />

nel giorno dell’Anno Nuovo, tuttavia<br />

chiunque si renda conto di non essere <strong>in</strong> regola<br />

con Dio, ha ancora nove giorni di tempo<br />

per rimediare, prima che la sua sorte sia segnata<br />

<strong>in</strong> modo irrevocabile nello Yom hakkippurîm.<br />

I nove giorni tra la festa del Capodanno<br />

e il Giorno dell’Espiazione erano per i<br />

Giudei giorni di revisione <strong>in</strong>trospettiva della<br />

propria vita e di penitenza: chi nel Gran<br />

Giorno si fosse trovato impreparato, cioè non<br />

afflitto per i propri peccati e non penitente,<br />

sarebbe stato elim<strong>in</strong>ato dalla congregazione<br />

d’Israele, come è scritto nella Thorah (Le<br />

23:28). Era conv<strong>in</strong>zione dei Giudei che nello<br />

Yom hakkippurîm era “deciso il dest<strong>in</strong>o di chi<br />

deve vivere e di chi deve morire” 399 .<br />

Tramontato il sole, come il luccichio<br />

delle prime stelle annunciava la f<strong>in</strong>e del digiuno<br />

e dell’afflizione, ci si abbandonava a<br />

gioiosi festeggiamenti. “Tutto il popolo - dice<br />

Médebielle - nella gioia di sentirsi riconciliato<br />

col suo Dio e di nuovo l’oggetto dei suoi favori,<br />

dava libero sfogo al suo entusiasmo con<br />

banchetti e con danze” 400 . C<strong>in</strong>que giorni<br />

dopo com<strong>in</strong>ciava la Festa dei Tabernacoli (Le<br />

23:34; Nu 29:12). Non conosceva la gioia,<br />

secondo i rabb<strong>in</strong>i, chi non avesse assistito al<br />

trasporto del popolo durante gli otto giorni<br />

della Festa dei Tabernacoli.<br />

Il Nuovo Testamento riconosce l’esistenza<br />

di un nesso tipologico fra il servizio li-<br />

397- Cfr. R. DE VAUX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, p. 487<br />

398 - Talmud, “Rosh Hashshanah” 16a.<br />

399 - Jewish Encyclopedia, vol. 2, p. 268, articolo “Atonement, Day of”, citato <strong>in</strong> S.D.A. Bible<br />

Commentary, vol. I, p. 776.<br />

400 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., p. 101.

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