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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 303 APPENDICI GENERALI AL COMMENTO DEI CAPITOLI 8 E 9 1. Rapporti vicendevoli significativi fra Daniele 8 e 9 Le profezie di Daniele, se si differenziano per la diversità dei simboli utilizzati, in rapporto ai contenuti non ci appaiono tuttavia rivelazioni indipendenti e nettamente differenziate. Al contrario, dettagli paralleli e richiami vicendevoli le collegano le una alle altre. L’esistenza concreta di elementi di collegamento tra la profezia del cap. 9 e quelle antecedenti è stata riconosciuta da vari espositori. Il prof. Rinaldi, per esempio, scrive in riferimento al cap. 9: “La rivelazione di questo capitolo si collega a quelle precedenti, che intende completare...” 379 . Rapporti significativi si scorgono in particolare tra le rivelazioni dei capitoli 8 e 9. Identità di modalità rivelatoria, interconnessioni logiche, affinità tematiche e linguistiche fanno sì che la seconda si presenti come continuazione e completamento della prima. Si considerino i fatti seguenti: 1. In entrambi i capitoli l’angelo Gabriele appare come mediatore della rivelazione. 2. Nel cap. 8 Daniele usa 4 volte il termine chazôn in riferimento alle cose viste nella rivelazione (vv. 1, 2 e 15). Lo stesso vocabolo è adoperato una volta, con identico riferimento, nel dialogo fra due angeli (v. 13), e due volte dall’angelo Gabriele (vv. 17 e 26b). Nel v. 16, dove la voce che viene dall’Ulai comanda a Gabriele di spiegare al profeta la visione, compare per la prima volta il vocabolo mar’eh (“visione”). Nel v. 26a, dove ritorna per la seconda volta, questo vo- 379 - G. RINALDI, op. cit., p. 123. CAPIRE DANIELE cabolo è da Gabriele direttamente riferito al dettaglio delle 2300 sere-mattine che Daniele ha colto nel dialogo fra due angeli (“la visione, mar’eh, delle sere e delle mattine”). In questo contesto sembra evidente che il termine venga usato per indicare specificamente una rivelazione fatta a voce (“la visione mar’eh, delle sere e delle mattine di cui ti è stato parlato...”). Il vocabolo compare per la terza volta nel v. 27 dove Daniele dice di essere rimasto stupito a motivo della visione (mar’eh) per non averla compresa. Poiché Gabriele ha spiegato per intero la visione simbolica (chazôn) nei vv. 20-25, è chiaro che nel v. 27 il profeta con la parola mar’eh intende riferirsi al dettaglio delle 2300 sere-mattine che l’angelo non ha spiegato (v. 26). 3. Mentre il cap. 8 finisce con Daniele stupito per non avere capito (’en mevîn), nel v. 22 del cap. 9 Gabriele ritorna e gli dice di essere venuto per fargli capire (lehavîn). Poi (v. 23) lo sollecita a capire la visione (haven bammar’eh). La terminologia è identica nei due luoghi. Da ciò si evince che l’angelo è tornato per riprendere il discorso interrotto sette anni prima. Ci si potrebbe interrogare sul perché di questo lungo intervallo di tempo. Una risposta potrebbe essere questa: quando Gabriele spiegò a Daniele la visione (era l’anno terzo della coreggenza di Beltsasar, 8:1) Babilonia, per quanto in declino, dominava ancora lo scenario della politica internazionale, e finché Babilonia imperava, la fine dell’esilio e la restaurazione di Gerusalemme e del santuario erano un sogno. Adesso però la storia ha voltato pagina: è l’anno primo della reggenza di Dario il Medo (9:1) - verosimilmente l’Ugbaru luogotenente di Ciro (vedi commento a 9:1-2 e nota relativa). L’astro di Babilonia è tramontato per sempre ed è sorto sull’orizzonte della 303

Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 304 CAPITOLO 9 storia il nuovo astro persiano (8:20 si è avverato). La fine di Babilonia ed il sorgere dell’impero persiano erano stati indicati dalla profezia come il preludio della rinascita d’Israele (cfr. Gr 25:12-14; 29:10; Is 44:28; 45:1, 4, 13). È dunque giunto il tempo di rivelare a Daniele cose che sarebbe stato prematuro annunciare sette anni prima. 4. L’espressione “sere-mattine” (‘erevboqer) in 8:14 è improntata al linguaggio del racconto della Creazione del capitolo primo della Genesi, dove 6 volte la frase “fu sera e fu mattina” (wayehî ‘erev wayehî voqer) designa un giorno pieno. Come è stato ricordato nel commento di questo passo (8:14), l’espressione “sere-mattine” non va, comunque, presa alla lettera, poichè essa compare in un contesto simbolico. “Sere - mattine” non significa dunque “giorni di calendario” ma “giorni profetici” che sono equivalenti ad anni storici (cfr. il commento a 8:14 e la nota relativa). Questo elemento temporale inserito nella visione-audizione del cap. 8 ha un riscontro nella rivelazione-audizione del cap. 9 la quale esordisce precisamente con un riferimento ad un elemento temporale: settanta settimane (di anni) “sono tagliate” (nechthak) per il popolo e per la santa città (cfr. il commento a 9:24). Il passivo nechthak associato alle settanta settimane fa pensare ad una estrapolazione dei 490 anni da un periodo di tempo più esteso. E quale potrebbe essere questo periodo se non quello dei 2300 anni a cui si allude in 8:14 ? Rafforza questa tesi la designazione di entrambi i periodi, in 8:26a e in 9:23 u.p., con lo stesso vocabolo: mar’eh. È inoltre significativo che eventi di grande portata in rapporto con la redenzione 304 siano posti alla fine dei 490 come dei 2300 anni. Allo scadere del periodo più breve (9:26a e 27a) sarà offerto il vero sacrificio espiatorio il quale porrà fine ai sacrifici che lo prefiguravano nel santuario di Gerusalemme. Allo scadere dei 2300 anni sarà posta fine alla prevaricazione contro il ministero continuo di Cristo (thamîd) nel santuario dei cieli per il perdono dei peccati e sarà rimossa l’offesa recata al santuario (il santuario “sarà purificato”). È pure significativo il parallelismo tra il santuario che sarà purificato in 8:14 u.p. ed il santuario che sarà consacrato (“unto”) in 9:24 u.p. Così, allo scadere dei 490 anni iniziati con la promulgazione di un decreto autorizzante la restaurazione di Gerusalemme, si concluderà in Gerusalemme restaurata, con la morte cruenta del Messia, un rituale ciclico che era “ombra e figura delle cose celesti” (Eb 8:5), ovvero di eventi ultraterreni; e lassù nel cielo quegli eventi cominceranno ad aver corso con l’inizio del ministero sacerdotale del Messia risorto e glorificato (Eb 8:1-2), un ministero continuo di mediazione per il perdono dei peccati (1Tm 2:5; Eb 8:6; 9:15; 12:24; 1Gv 2:1) che si concluderà in capo a 2300 anni con un solenne “kippur” celeste (“il santuario sarà purificato”) di cui era figura il “kippur” che il sommo sacerdote d’Israele celebrava nel santuario di Gerusalemme alla fine di ogni ciclo liturgico annuale. Dunque i due periodi profetici annunciati in 8:14 e 9:24 si giustappongono, così che il più breve viene a formare la prima “tranche” del più esteso ed entrambi hanno in comune la data d’inizio 380 . Questa data è l’anno 457 a.C. (vedi il commento a 9:25 e la nota relativa). 380 - Esemplificando: supponiamo di volere misurare due lunghezze: una di 30, l’altra di 100 centimetri. Per delimitare la prima useremo i primi 30 centimetri del nostro metro, e per determinare la seconda utilizzeremo il metro intero; ma nell’uno e nell’altro caso inizieremo la misurazione dal primo centimetro. Così, poiché i 490 anni costituiscono il primo segmento dei 2300, è chiaro che l’uno e l’altro arco di tempo hanno in comune la data iniziale.

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APPENDICI GENERALI<br />

AL COMMENTO<br />

DEI CAPITOLI 8 E 9<br />

1. Rapporti vicendevoli significativi<br />

fra Daniele 8 e 9<br />

Le profezie di Daniele, se si differenziano<br />

per la diversità dei simboli utilizzati, <strong>in</strong><br />

rapporto ai contenuti non ci appaiono tuttavia<br />

rivelazioni <strong>in</strong>dipendenti e nettamente differenziate.<br />

Al contrario, dettagli paralleli e richiami<br />

vicendevoli le collegano le una alle altre.<br />

L’esistenza concreta di elementi di collegamento<br />

tra la profezia del cap. 9 e quelle<br />

antecedenti è stata riconosciuta da vari espositori.<br />

Il prof. R<strong>in</strong>aldi, per esempio, scrive <strong>in</strong> riferimento<br />

al cap. 9: “La rivelazione di questo<br />

capitolo si collega a quelle precedenti, che <strong>in</strong>tende<br />

completare...” 379 .<br />

Rapporti significativi si scorgono <strong>in</strong> particolare<br />

tra le rivelazioni dei capitoli 8 e 9. Identità<br />

di modalità rivelatoria, <strong>in</strong>terconnessioni logiche,<br />

aff<strong>in</strong>ità tematiche e l<strong>in</strong>guistiche fanno<br />

sì che la seconda si presenti come cont<strong>in</strong>uazione<br />

e completamento della prima. Si consider<strong>in</strong>o<br />

i fatti seguenti:<br />

1. In entrambi i capitoli l’angelo Gabriele<br />

appare come mediatore della rivelazione.<br />

2. Nel cap. 8 Daniele usa 4 volte il term<strong>in</strong>e<br />

chazôn <strong>in</strong> riferimento alle cose viste nella<br />

rivelazione (vv. 1, 2 e 15). Lo stesso vocabolo è<br />

adoperato una volta, con identico riferimento,<br />

nel dialogo fra due angeli (v. 13), e due volte<br />

dall’angelo Gabriele (vv. 17 e 26b).<br />

Nel v. 16, dove la voce che viene<br />

dall’Ulai comanda a Gabriele di spiegare al<br />

profeta la visione, compare per la prima volta<br />

il vocabolo mar’eh (“visione”). Nel v. 26a,<br />

dove ritorna per la seconda volta, questo vo-<br />

379 - G. RINALDI, op. cit., p. 123.<br />

CAPIRE DANIELE<br />

cabolo è da Gabriele direttamente riferito al<br />

dettaglio delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e che Daniele<br />

ha colto nel dialogo fra due angeli (“la visione,<br />

mar’eh, delle sere e delle matt<strong>in</strong>e”). In<br />

questo contesto sembra evidente che il term<strong>in</strong>e<br />

venga usato per <strong>in</strong>dicare specificamente<br />

una rivelazione fatta a voce (“la visione<br />

mar’eh, delle sere e delle matt<strong>in</strong>e di cui ti è<br />

stato parlato...”).<br />

Il vocabolo compare per la terza volta<br />

nel v. 27 dove Daniele dice di essere rimasto<br />

stupito a motivo della visione (mar’eh) per<br />

non averla compresa. Poiché Gabriele ha<br />

spiegato per <strong>in</strong>tero la visione simbolica<br />

(chazôn) nei vv. 20-25, è chiaro che nel v. 27<br />

il profeta con la parola mar’eh <strong>in</strong>tende riferirsi<br />

al dettaglio delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e che l’angelo<br />

non ha spiegato (v. 26).<br />

3. Mentre il cap. 8 f<strong>in</strong>isce con Daniele<br />

stupito per non avere capito (’en mevîn), nel<br />

v. 22 del cap. 9 Gabriele ritorna e gli dice di<br />

essere venuto per fargli capire (lehavîn). Poi<br />

(v. 23) lo sollecita a capire la visione (haven<br />

bammar’eh). La term<strong>in</strong>ologia è identica nei<br />

due luoghi. Da ciò si ev<strong>in</strong>ce che l’angelo è tornato<br />

per riprendere il discorso <strong>in</strong>terrotto sette<br />

anni prima.<br />

Ci si potrebbe <strong>in</strong>terrogare sul perché di<br />

questo lungo <strong>in</strong>tervallo di tempo. Una risposta<br />

potrebbe essere questa: quando Gabriele<br />

spiegò a Daniele la visione (era l’anno terzo<br />

della coreggenza di Beltsasar, 8:1) Babilonia,<br />

per quanto <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o, dom<strong>in</strong>ava ancora lo<br />

scenario della politica <strong>in</strong>ternazionale, e f<strong>in</strong>ché<br />

Babilonia imperava, la f<strong>in</strong>e dell’esilio e la restaurazione<br />

di Gerusalemme e del santuario<br />

erano un sogno. Adesso però la storia ha voltato<br />

pag<strong>in</strong>a: è l’anno primo della reggenza di<br />

Dario il Medo (9:1) - verosimilmente l’Ugbaru<br />

luogotenente di Ciro (vedi commento a 9:1-2<br />

e nota relativa). L’astro di Babilonia è tramontato<br />

per sempre ed è sorto sull’orizzonte della<br />

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