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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 277 CAPIRE DANIELE fino all’anno ventesimo del regno di Artaserse I, il 444 a.C. (Ne 5:14; 6:15), quando erano trascorsi 94 anni dal primo decreto e 76 dal secondo. III. IL DECRETO DI ARTASERSE I. L’identificazione dell’Artaserse nominato in Esdra 7 è controversa: gli studiosi sono divisi tra Artaserse I Longimane (465-423 a.C.) e Artaserse II Mnemone (405/04-359/58 a.C.). Quelli che optano per la seconda alternativa invertono l’ordine biblico Esdra-Nehemia anticipando la missione di Nehemia a Gerusalemme rispetto a quella di Esdra. Questa opzione non è però esente da serie difficoltà e non possono nasconderlo quanti la difendono; d’altra parte i problemi che presenta l’altra alternativa non sono affatto insolubili (vedi la nota 365). “Non ci sono motivi per dubitare dell’esattezza del racconto biblico”, scrive Stafford Wright a proposito della successione cronologica Esdra-Nehemia nell’Antico Testamento 365. L’esegesi ortodossa di Daniele, rispettosa dell’ordine cronologico biblico riguardo agli interventi di Esdra e Nehemia nella madrepatria, identifica Artaserse I Longimane nel personaggio con questo nome che compare nel cap. 7 del libro di Esdra. Noi diamo qui per scontato che questo sia esatto e che per conseguenza Esdra anticipasse Nehemia (gli argomenti a giustificazione di questa opzione sono esposti nella nota 365). Esdra, sacerdote e scriba versato nella legge di Mosè (Ed 7:6), rimpatriò da Babilonia col permesso del re Artaserse I l’anno settimo del regno di questo sovrano, e con lui rimpatriò un gruppo di alcune migliaia di connazionali fra i quali figuravano sacerdoti, leviti e altri appartenenti al personale del tempio (Ed 7:7). La partenza da Babilonia avvenne nella primavera del 457 a.C. e l’arrivo a Gerusalemme 4 mesi dopo, nell’estate dello stesso anno. Esdra aveva con sè un decreto del re Artaserse che concedeva notevoli privilegi alla comunità dei reduci dall’esilio. Questo è il più esteso e il più completo degli editti reali persiani in favore dei Giudei. In generale gli espositori ortodossi di Daniele considerano che sia questo decreto la “parola” per riedificare e restaurare Gerusalemme (9:25) e di conseguenza fanno decorrere le 70 settimane dall’anno 457 a.C. 366. Noi riteniamo del tutto corretta questa data e da essa iniziamo il conteggio delle 7 e 62 settimane che debbono condurre fino al Messia. Quattro dei cinque espositori citati nelle pagine precedenti (C. Boutflower, J. Fabre d’Envieu, C.A.Auberlen ed E.Philippe) sono concordi nel dire che durante le prime sette settimane doveva compiersi la ricostruzione di Gerusalemme e in capo alle successive sessantadue doveva comparire il Messia. 365 - J.STAFFORD WRIGHT, The Date of Ezra’s coming to Jerusalem, 1958, XI c. 366 - Vedi C.BOUTFLOWER, op. cit, p. 185; CANONICO G. VIDAL, La prophécie des Semaines, Algeri 1947, pp. 79-83; C.A.AUBERLEN, op. cit., pp. 154, 161; J.DOUKHAN, op. cit., pp. 203-204 ecc...). 277
Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 278 CAPITOLO 9 Che sia così lo si vede se si tiene conto della struttura letteraria del v. 25, una struttura rispondente allo schema A1 - B1, A2 - B2 : A1 - “... fino a un Unto-Principe B1 - settimane sette A2 - e settimane sessantadue B2 - essa sarà restaurata e ricostruita...” Se colleghiamo A1 e A2 notiamo che il Messia dovrà comparire alla fine delle sessantadue settimane. Parimenti se colleghiamo B1 e B2 ci rendiamo conto che la restaurazione e ricostruzione di Gerusalemme dovranno compiersi in capo a sette settimane. L’ultima frase del v. 25 preannuncia tempi calamitosi (bezoq ha‘iththîm) in concomitanza con la ricostruzione materiale della città santa. In effetti la riedificazione di Gerusalemme avvenne tra enormi difficoltà per l’opposizione ostinata e talvolta violenta dei Samaritani, irritati dal rifiuto opposto da Zorobabele alla loro offerta di collaborazione nell’opera di ricostruzione (Ed 4:1-4). Furono ostacolate in ogni maniera possibile - e in certi momenti impedite - la riedificazione del tempio (Ed 4:4-5, 24) e della città col suo muro di cinta (Ed 4:7-23). Poi, durante la missione di Nehemia a Gerusalemme 13 anni dopo Esdra, i costruttori giudei dovettero fare i conti con un individuo potente che fu l’anima nera dell’opposizione antigiudaica, il samaritano Sanballat, spalleggiato da due altri nemici dei Giudei, l’ammonita Tobia e l’arabo Gheshem (Ne 2:10; 4:7-8; 6:1-7). Tanto seria fu la minaccia di Sanballat e dei suoi alleati che durante i lavori sul muro cittadino Nehemia dovette disporre delle sentinelle armate e dovette persino armare i lavoratori (Ne 4:7-18, 21). All’inizio di questo secolo il nome di Sanballat è comparso in un papiro aramaico del V secolo a.C. scoperto da poco. Si trattava della copia di una lettera che il capo della comunità giudaica di Elefantina - un’isola in mezzo al Nilo di fronte ad Assuan - scrisse al governatore persiano di Giuda in Samaria, Bagoa, per sollecitare l’autorizzazione a ricostruire il tempio della comunità che i nemici egiziani avevano distrutto. L’autore della missiva dice di avere scritto anche a “Delaya e Shelemyah, i figli di Sinuballit governatore di Samaria” (Sinuballit è la forma babilonese del nome di Sanballat). Dato l’alto incarico pubblico ricoperto da Sanballat messo in luce da questo documento, si capisce perché fosse tanto temibile la sua opposizione contro i Giudei. All’epoca di questa lettera (il papiro n. 30 della collezione Cowley) Sanballat, se era ancora in vita, aveva un’età molto avanzata e non era più in carica, visto che ai figli di lui si rivolsero i coloni giudei di Elefantina. In quel tempo dunque Sanballat, non avendo più voce in capitolo in Samaria, non poteva oramai nuocere ai Giudei e i rapporti di questi ultimi con le autorità di Samaria non erano più così tesi come lo erano stati al tempo di Nehemia. Il documento è datato all’anno 16° del Dario (Dario II), il 408 a.C. Vedremo più avanti perché questa data sia importante. Ai tempi di Nehemia la ricostruzione di Gerusalemme non era finita con 278
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CAPITOLO 9<br />
Che sia così lo si vede se si tiene conto della struttura letteraria del v. 25,<br />
una struttura rispondente allo schema A1 - B1, A2 - B2 :<br />
A1 - “... f<strong>in</strong>o a un Unto-Pr<strong>in</strong>cipe B1 - settimane sette<br />
A2 - e settimane sessantadue B2 - essa sarà restaurata<br />
e ricostruita...”<br />
Se colleghiamo A1 e A2 notiamo che il Messia dovrà comparire alla f<strong>in</strong>e<br />
delle sessantadue settimane.<br />
Parimenti se colleghiamo B1 e B2 ci rendiamo conto che la restaurazione e<br />
ricostruzione di Gerusalemme dovranno compiersi <strong>in</strong> capo a sette settimane.<br />
L’ultima frase del v. 25 preannuncia tempi calamitosi (bezoq ha‘iththîm) <strong>in</strong><br />
concomitanza con la ricostruzione materiale della città santa. In effetti la riedificazione<br />
di Gerusalemme avvenne tra enormi difficoltà per l’opposizione ost<strong>in</strong>ata<br />
e talvolta violenta dei Samaritani, irritati dal rifiuto opposto da Zorobabele alla<br />
loro offerta di collaborazione nell’opera di ricostruzione (Ed 4:1-4). Furono ostacolate<br />
<strong>in</strong> ogni maniera possibile - e <strong>in</strong> certi momenti impedite - la riedificazione<br />
del tempio (Ed 4:4-5, 24) e della città col suo muro di c<strong>in</strong>ta (Ed 4:7-23). Poi, durante<br />
la missione di Nehemia a Gerusalemme 13 anni dopo Esdra, i costruttori<br />
giudei dovettero fare i conti con un <strong>in</strong>dividuo potente che fu l’anima nera<br />
dell’opposizione antigiudaica, il samaritano Sanballat, spalleggiato da due altri<br />
nemici dei Giudei, l’ammonita Tobia e l’arabo Gheshem (Ne 2:10; 4:7-8; 6:1-7).<br />
Tanto seria fu la m<strong>in</strong>accia di Sanballat e dei suoi alleati che durante i lavori sul<br />
muro cittad<strong>in</strong>o Nehemia dovette disporre delle sent<strong>in</strong>elle armate e dovette pers<strong>in</strong>o<br />
armare i lavoratori (Ne 4:7-18, 21).<br />
All’<strong>in</strong>izio di questo secolo il nome di Sanballat è comparso <strong>in</strong> un papiro<br />
aramaico del V secolo a.C. scoperto da poco. Si trattava della copia di una lettera<br />
che il capo della comunità giudaica di Elefant<strong>in</strong>a - un’isola <strong>in</strong> mezzo al Nilo di<br />
fronte ad Assuan - scrisse al governatore persiano di Giuda <strong>in</strong> Samaria, Bagoa,<br />
per sollecitare l’autorizzazione a ricostruire il tempio della comunità che i nemici<br />
egiziani avevano distrutto. L’autore della missiva dice di avere scritto anche a<br />
“Delaya e Shelemyah, i figli di S<strong>in</strong>uballit governatore di Samaria” (S<strong>in</strong>uballit è la<br />
forma babilonese del nome di Sanballat). Dato l’alto <strong>in</strong>carico pubblico ricoperto<br />
da Sanballat messo <strong>in</strong> luce da questo documento, si capisce perché fosse tanto<br />
temibile la sua opposizione contro i Giudei.<br />
All’epoca di questa lettera (il papiro n. 30 della collezione Cowley) Sanballat,<br />
se era ancora <strong>in</strong> vita, aveva un’età molto avanzata e non era più <strong>in</strong> carica, visto<br />
che ai figli di lui si rivolsero i coloni giudei di Elefant<strong>in</strong>a. In quel tempo dunque<br />
Sanballat, non avendo più voce <strong>in</strong> capitolo <strong>in</strong> Samaria, non poteva oramai<br />
nuocere ai Giudei e i rapporti di questi ultimi con le autorità di Samaria non<br />
erano più così tesi come lo erano stati al tempo di Nehemia. Il documento è datato<br />
all’anno 16° del Dario (Dario II), il 408 a.C. Vedremo più avanti perché questa<br />
data sia importante.<br />
Ai tempi di Nehemia la ricostruzione di Gerusalemme non era f<strong>in</strong>ita con<br />
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