Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 257 CAPIRE DANIELE doppio inciso per sottolineare ancora il perché di quella preghiera, cosicché quando riprende il discorso nel v. 21 deve ripetere la frase iniziale del v. 20: “mentre stavo ancora parlando in preghiera...”. Probabilmente Daniele sta per finire la sua supplicazione quando scorge davanti a sé l’angelo già visto in visione vari anni prima: “... quell’uomo, Gabriele, che avevo visto nella visione (}Ozfx chazôn) prima”. Gabriele gli è apparso in sembianze umane (“quell’uomo”) così come gli si era mostrato nella visione (la visione del cap. 8, ovviamente). Ora Gabriele in persona sta davanti a lui. È stato “mandato” dal Signore che ha accolto la sua supplica. La frase: “con rapido volo”, vuole forse alludere allo spazio immenso che ha dovuto superare l’inviato del Cielo per giungere fino a Daniele mentre egli prega ancora. È “il momento dell’oblazione della sera” (berf(-taxºnim t"(:K ke‘eth minchath ‘erev), tra le 3 e le 4 pomeridiane, quando nel tempio del Signore il sacerdote offriva l’oblazione incruenta che accompagnava il secondo olocausto quotidiano (cfr. Es 29:41; Nu 28:4,5). Era anche il momento della terza preghiera del giorno, la più importante. Fin dalla giovinezza Daniele ha osservato i tre momenti della preghiera quotidiana (vedi Dn 6:10, cfr. Sl 55:18). 22 E mi ammaestrò, mi parlò, e disse: “Daniele, io son venuto ora per darti intendimento. Alla fine del cap. 8 abbiamo lasciato Daniele stupito a motivo della visione perché non la intendeva. Era l’anno terzo di Beltsasar di Babilonia (8:1), il 546 a. C. Ora, nell’anno primo di Dario il Medo (9:1), il 539 a.C., Gabriele ritorna e gli annuncia che è venuto per dargli intendimento (hænyib !:lyiK:&ah:l lehaskîlkâ vînâh). L’uso della stessa terminologia evidenzia un collegamento fra i due momenti: l’angelo è venuto per rendere intendente Daniele che non aveva inteso. Sette anni sono trascorsi prima che si cominciasse a far luce su un enigma che aveva turbato lo spirito del profeta. Il perché di questo lungo intervallo di tempo non è detto. Possiamo solo cercare di ipotizzarlo. È probabile, anzi sembra certo, che all’epoca della visione fosse prematuro sciogliere un enigma di cui gli eventi degli anni futuri avrebbero agevolato la comprensione. Nell’anno primo di Dario il Medo qualcosa è accaduto che ha fatto compiere una svolta al corso degli eventi. Babilonia che ha tenuto nell’esilio il popolo di Dio è scomparsa e una nuova potenza egemone si è affacciata alla ribalta. Comincia ad avverarsi la visione di otto anni prima: il montone medo-persiano già domina lo scenario politico. Il dettaglio della visione rimasto nell’ombra riguardava qualcosa che doveva avere attinenza col regno dei Medi e dei Persiani. Nell’audizione (8: 26,27) Daniele aveva capito che allo scadere di 2300 “sere e mattine” sarebbe finita l’aggressione del “corno” contro la “perpetuità” e sarebbero cessati il “peccato che produce la desolazione” e l’oltraggio fatto al 257

Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 258 CAPITOLO 9 “santuario” e all’“esercito”. Ma non gli era stato rivelato né il tempo dal quale bisognava contare le “2300 sere e mattine” né che cosa significasse la frase “poi il santuario sarà purificato”. Nella visione Daniele aveva visto il “corno” abbattere il “fondamento del suo santuario”, ma non lo aveva visto contaminare il santuario stesso. Perchè dunque esso doveva essere purificato? Quando torna Gabriele con una nuova rivelazione, già domina la nazione che lascerà liberi gli esuli giudei di tornare in patria e permetterà che essi ricostruiscano il santuario distrutto. In seguito questa nazione decreterà anche che Gerusalemme sia ricostruita, e questo evento fornirà un elemento cronologico di base (9:25) per calcolare il tempo profetico. Infine non sarà il tempio ricostruito nell’età persiana il “santuario” che sarà “purificato” in capo alle 2300 “sere e mattine”, ma sarà un “santuario” che il Messia consacrerà alla fine di 70 settimane di anni dopo avere compiuto l’espiazione del peccato (9:24-27). Sono dunque maturi i tempi perché Daniele possa cominciare ad “intendere”. 23 Al principio delle tue supplicazioni, una parola è uscita; e io son venuto a comunicartela, poiché tu sei grandemente amato. Fa’ dunque attenzione alla parola, e intendi la visione! Stavolta Gabriele si rivolge al profeta non più da interprete ma da rivelatore. Egli è portatore di un messaggio di grande significato che riguarda Daniele, il suo popolo e la sua città. All’inizio delle sue supplicazioni (!yånUnAxaT taLix:tiB bitchillath tachanûnîm), dunque appena ha terminato la confessione, “una parola è uscita” (rfbfd )fcæy yatza’ davar), una risoluzione è stata presa in cielo, e Gabriele è stato inviato per farla conoscere al “prediletto del Signore” (quale emozione deve aver provato Daniele nel sentirsi dire da un angelo: “poiché prediletto sei tu” (hfTf) tOdUmAx yiK ki hamudôth ’athah)! L’angelo invita il profeta a concentrare la sua attenzione su quanto sta per rivelargli: “Ora stai attento alla parola e comprendi la visione” (he):raMaB }"bfhºw rfbfDaB }yibU ’ûvîn baddavar wehavên bammar’eh), l’originale usa il verbo bîn, “comprendere”, anche in riferimento alla “parola”. Due cose dunque ha da comunicare il messo celeste al profeta. La prima riguarda una decisione (davar) che è stata presa in cielo a seguito della sua supplicazione; la seconda concerne un aspetto di questa decisione che sembra avere attinenza con la precedente rivelazione sulle 2300 “sere e mattine”. Non certo a caso Daniele usa qui il vocabolo mar’eh per “visione”, lo stesso vocabolo con cui l’interprete celeste si era riferito alle 2300 “sere e mattine” in 8:26. In 9:26 mar’eh sembra un riferimento diretto a quell’aspetto della rivelazione del cap. 8 che era rimasto senza spiegazione (v. 26) ed era perciò divenuto motivo di stupore per il profeta che non aveva potuto interderla (v. 27). 258

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CAPITOLO 9<br />

“santuario” e all’“esercito”. Ma non gli era stato rivelato né il tempo dal quale bisognava<br />

contare le “2300 sere e matt<strong>in</strong>e” né che cosa significasse la frase “poi il<br />

santuario sarà purificato”.<br />

Nella visione Daniele aveva visto il “corno” abbattere il “fondamento del<br />

suo santuario”, ma non lo aveva visto contam<strong>in</strong>are il santuario stesso. Perchè<br />

dunque esso doveva essere purificato?<br />

Quando torna Gabriele con una nuova rivelazione, già dom<strong>in</strong>a la nazione<br />

che lascerà liberi gli esuli giudei di tornare <strong>in</strong> patria e permetterà che essi ricostruiscano<br />

il santuario distrutto.<br />

In seguito questa nazione decreterà anche che Gerusalemme sia ricostruita,<br />

e questo evento fornirà un elemento cronologico di base (9:25) per calcolare il<br />

tempo profetico. Inf<strong>in</strong>e non sarà il tempio ricostruito nell’età persiana il “santuario”<br />

che sarà “purificato” <strong>in</strong> capo alle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e”, ma sarà un “santuario”<br />

che il Messia consacrerà alla f<strong>in</strong>e di 70 settimane di anni dopo avere compiuto<br />

l’espiazione del peccato (9:24-27). Sono dunque maturi i tempi perché Daniele<br />

possa com<strong>in</strong>ciare ad “<strong>in</strong>tendere”.<br />

23 Al pr<strong>in</strong>cipio delle tue supplicazioni, una parola è uscita; e io son<br />

venuto a comunicartela, poiché tu sei grandemente amato. Fa’ dunque<br />

attenzione alla parola, e <strong>in</strong>tendi la visione!<br />

Stavolta Gabriele si rivolge al profeta non più da <strong>in</strong>terprete ma da rivelatore. Egli<br />

è portatore di un messaggio di grande significato che riguarda Daniele, il suo<br />

popolo e la sua città. All’<strong>in</strong>izio delle sue supplicazioni (!yånUnAxaT taLix:tiB bitchillath<br />

tachanûnîm), dunque appena ha term<strong>in</strong>ato la confessione, “una parola è uscita”<br />

(rfbfd )fcæy yatza’ davar), una risoluzione è stata presa <strong>in</strong> cielo, e Gabriele è stato<br />

<strong>in</strong>viato per farla conoscere al “prediletto del Signore” (quale emozione deve aver<br />

provato Daniele nel sentirsi dire da un angelo: “poiché prediletto sei tu” (hfTf)<br />

tOdUmAx yiK ki hamudôth ’athah)!<br />

L’angelo <strong>in</strong>vita il profeta a concentrare la sua attenzione su quanto sta per<br />

rivelargli: “Ora stai attento alla parola e comprendi la visione” (he):raMaB }"bfhºw rfbfDaB<br />

}yibU ’ûvîn baddavar wehavên bammar’eh), l’orig<strong>in</strong>ale usa il verbo bîn, “comprendere”,<br />

anche <strong>in</strong> riferimento alla “parola”. Due cose dunque ha da comunicare<br />

il messo celeste al profeta.<br />

La prima riguarda una decisione (davar) che è stata presa <strong>in</strong> cielo a seguito<br />

della sua supplicazione; la seconda concerne un aspetto di questa decisione che<br />

sembra avere att<strong>in</strong>enza con la precedente rivelazione sulle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e”.<br />

Non certo a caso Daniele usa qui il vocabolo mar’eh per “visione”, lo stesso vocabolo<br />

con cui l’<strong>in</strong>terprete celeste si era riferito alle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e” <strong>in</strong> 8:26.<br />

In 9:26 mar’eh sembra un riferimento diretto a quell’aspetto della rivelazione del<br />

cap. 8 che era rimasto senza spiegazione (v. 26) ed era perciò divenuto motivo<br />

di stupore per il profeta che non aveva potuto <strong>in</strong>terderla (v. 27).<br />

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