Testo in formato pdf - Testimonigeova
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Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 251 CAPIRE DANIELE La confessione prosegue col riconoscimento di una colpevole noncuranza nella quale la comunità d’Israele a tutti i livelli è stata coinvolta: “Non abbiamo dato ascolto ai profeti, tuoi servi, che hanno parlato in tuo nome ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese” (cfr. 2Cr 36:11-16). “Daniele non cercò di giustificarsi e di giustificare il suo popolo davanti a Dio, al contrario confessò le loro trasgressioni con umiltà e contrizione, senza sminuirne la gravità, senza tacere i demeriti. E riconobbe che era stato giusto il procedere di Dio verso una nazione che non aveva tenuto conto delle sue richieste nè aveva prestato ascolto ai suoi appelli” 335. 7 A te, o Signore, la giustizia; a noi, la confusione della faccia, come avviene al dì d’oggi: agli uomini di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme e a tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove li hai cacciati, a motivo delle infedeltà che hanno commesse contro di te. Al Signore (yænodA) ’Adonay) Daniele ascrive la giustizia (hfqfd:Cah hatztzadaqah), a sé medesimo e alla sua gente “la vergogna sul volto” ({yénfPah te$oB bosheth happanîm) che la presente condizione di gente senza patria rende manifesta a tutti. La confessione coinvolge nella loro totalità gli appartenenti al popolo di Dio, tanto i più avvantaggiati cittadini di Giuda e Gerusalemme quanto gli abitanti del più lassista regno di Samaria, deportati e dispersi prima di loro, giacché quelli non furono meno colpevoli di questi. La vergogna dunque copre il volto di tutti i dispersi, quelli di Giuda - i vicini - e quelli di Samaria - lontani - tutti ugualmente puniti perché tutti alla stessa maniera colpevoli di infedeltà verso Dio. La giustizia divina è pienamente rivendicata e la colpa del popolo è messa a nudo senza attenuanti. Il contrasto è radicale. 8 O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri capi, e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro te. Ancora una volta il supplicante riconosce davanti al Signore la meritata condizione di miseria del popolo colpevole dal quale egli non si dissocia: “O Signore, a noi la vergogna sul volto”. In una situazione di colpa collettiva si è generalmente propensi a chiamare in causa le responsabilità altrui prima di riconoscere le proprie. Daniele procede in ordine inverso: prima riconosce la colpevolezza sua e della sua generazione, poi chiama in causa le trascorse generazioni cominciando dai vertici dell’organizzazione sociale e politica della sua nazione: i re e i capi. In una struttura di governo di tipo teocratico, qual era quella d’Israele, la responsabilità dei governanti per la generalizzata infedeltà verso Dio era certo maggiore che la responsabilità dei governati. Le colpe del passato comunque non attenuano la gravità delle 335 - ELLEN G. WHITE, Testimonies for the Church, vol. V, p. 636. 251
Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pagina 252 CAPITOLO 9 colpe del presente: “Poiché (tutti) abbiamo (ugualmente) peccato conto di te”. 9 Al Signore, ch’è il nostro Dio, appartengono la misericordia e il perdono; poiché noi ci siamo ribellati a lui, 10 e non abbiamo dato ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio nostro, per camminare secondo le sue leggi, ch’egli ci aveva poste dinanzi mediante i profeti suoi servi. A questo punto dell’invocazione s’interrompe il riferimento diretto a Dio (“a te”, leka, nel v. 7); di lui si parla in terza persona: “Al Signore nostro Dio”, Uny"holE) yænod)al la’donay ’elohênu. È piuttosto una riflessione dell’orante sulla disponibilità di Dio a perdonare che non una invocazione. “Al Signore nostro Dio...”. È una dichiarazione più formale e dignitosa - commenta H.C. Leupold - che riflette in modo più pieno la maestà di Dio”. “Al Signore nostro Dio (appartengono) la misericordia e il perdono” (tOxil:Sahºw {yimAxarfh harâchamîm wehasselichôth). Se addolora e opprime il cuore il sentimento della colpa, conforta e infonde speranza la certezza che Dio è misericordioso e propenso a perdonare. Se il castigo ha reso manifesta la sua giustizia, il perdono metterà in luce la sua grazia. Il “perché” (yiK ki) nel v. 9 è esplicativo: la misericordia e il perdono di Dio sono necessari perché c’è stata una insensata ribellione contro di Lui. Il pensiero di Daniele ritorna dunque sulla realtà angosciante del peccato, e la sua preghiera si fa di nuovo confessione, o piuttosto riconoscimento di colpevolezza, ma nella sua riflessione, come traspare dall’uso della terza persona in riferimento a Dio: “... e non abbiamo dato ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio nostro” (Uny"holE) hæwhºy lOq:B beqôl Yehowa ’elohênû). È anche trasparente nell’uso del verbo e del pronome alla prima persona plurale laddove fa riferimento ai soggetti della colpa (“non abbiamo dato ascolto... le sue leggi, che egli ci aveva poste dinanzi...”), che il supplicante si include nel novero dei ribelli alla voce di Yahweh. La riflessione-confessione si concentra ancora sulla specificità del peccato: non sono stati accolti gli appelli di Dio a vivere in conformità con le sue leggi (wyftorOt thôrotâyw). 11 Sì, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, s’è sviato per non ubbidire alla tua voce; e così su noi si sono riversate le maledizioni e imprecazioni che sono scritte nella legge di Mosè, servo di Dio, perché noi abbiam peccato contro di lui. La confessione è di nuovo diretta, l’orante rivolgendosi a Dio in seconda persona: “Sì, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, s’è sviato per non ubbidire alla tua voce...” Ancora una volta è specificato il peccato d’Israele e stavolta si ha l’impressione che il profeta se ne dissoci (“...Israele ha trasgredito...”), ma non è così: “... su di noi si son riversate le maledizioni e imprecazioni che sono scritte nella legge di Mosè, servo di Dio, perché noi abbiamo peccato...” Daniele rico- 252
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nella quale la comunità d’Israele a tutti i livelli è stata co<strong>in</strong>volta: “Non abbiamo<br />
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nostri capi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese” (cfr. 2Cr 36:11-16).<br />
“Daniele non cercò di giustificarsi e di giustificare il suo popolo davanti a<br />
Dio, al contrario confessò le loro trasgressioni con umiltà e contrizione, senza<br />
sm<strong>in</strong>uirne la gravità, senza tacere i demeriti. E riconobbe che era stato giusto il<br />
procedere di Dio verso una nazione che non aveva tenuto conto delle sue richieste<br />
nè aveva prestato ascolto ai suoi appelli” 335.<br />
7 A te, o Signore, la giustizia; a noi, la confusione della faccia, come<br />
avviene al dì d’oggi: agli uom<strong>in</strong>i di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme<br />
e a tutto Israele, vic<strong>in</strong>i e lontani, <strong>in</strong> tutti i paesi dove li hai<br />
cacciati, a motivo delle <strong>in</strong>fedeltà che hanno commesse contro di te.<br />
Al Signore (yænodA) ’Adonay) Daniele ascrive la giustizia (hfqfd:Cah hatztzadaqah), a<br />
sé medesimo e alla sua gente “la vergogna sul volto” ({yénfPah te$oB bosheth happanîm)<br />
che la presente condizione di gente senza patria rende manifesta a tutti.<br />
La confessione co<strong>in</strong>volge nella loro totalità gli appartenenti al popolo di<br />
Dio, tanto i più avvantaggiati cittad<strong>in</strong>i di Giuda e Gerusalemme quanto gli abitanti<br />
del più lassista regno di Samaria, deportati e dispersi prima di loro, giacché<br />
quelli non furono meno colpevoli di questi. La vergogna dunque copre il volto<br />
di tutti i dispersi, quelli di Giuda - i vic<strong>in</strong>i - e quelli di Samaria - lontani - tutti<br />
ugualmente puniti perché tutti alla stessa maniera colpevoli di <strong>in</strong>fedeltà verso<br />
Dio. La giustizia div<strong>in</strong>a è pienamente rivendicata e la colpa del popolo è messa<br />
a nudo senza attenuanti. Il contrasto è radicale.<br />
8 O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri<br />
capi, e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro te.<br />
Ancora una volta il supplicante riconosce davanti al Signore la meritata condizione<br />
di miseria del popolo colpevole dal quale egli non si dissocia: “O Signore,<br />
a noi la vergogna sul volto”.<br />
In una situazione di colpa collettiva si è generalmente propensi a chiamare<br />
<strong>in</strong> causa le responsabilità altrui prima di riconoscere le proprie. Daniele procede<br />
<strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>verso: prima riconosce la colpevolezza sua e della sua generazione,<br />
poi chiama <strong>in</strong> causa le trascorse generazioni com<strong>in</strong>ciando dai vertici dell’organizzazione<br />
sociale e politica della sua nazione: i re e i capi. In una struttura di governo<br />
di tipo teocratico, qual era quella d’Israele, la responsabilità dei governanti<br />
per la generalizzata <strong>in</strong>fedeltà verso Dio era certo maggiore che la responsabilità<br />
dei governati. Le colpe del passato comunque non attenuano la gravità delle<br />
335 - ELLEN G. WHITE, Testimonies for the Church, vol. V, p. 636.<br />
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