Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 223 CAPIRE DANIELE tuario implica nello stesso tempo reale purificazione, rivendicazione, giustificazione e restaurazione. “Si direbbe che Daniele abbia scelto il termine nitzdaq - un termine derivante da una radice ricca di connotazioni ampiamente utilizzate in ambito giuridico e nei procedimenti giudiziari - allo scopo di trasmettere con efficacia gli aspetti interconnessi della ‘purificazione’ del santuario celeste nel contesto cosmico del giudizio finale. Le accezioni ristrette e limitate di altri termini possibili non avrebbero reso giustizia alle implicazioni di vasta portata dell’attività divina nella corte celeste” 317. Ritornando sul tema del “santuario”, Hasel vede nel trapasso terminologico da miqdash (“santuario”) in 8:11-12 a qodesh (“santuario”) nei vv. 13-14, un riflesso della transizione dalla visione nei vv. 3-12 all’audizione nei vv. 13-14. La ricapitolazione nel v, 13 dei misfatti del “piccolo corno” descritti nei vv. 10-12 può essere un indizio che qodesh nel v. 13 si riferisca al santuario celeste aggredito da questo potere. Il v. 13 segnerebbe perciò il trapasso dalle cose accadute nel passato a quelle che avverranno allo scadere delle 2300 sere-mattine nel tempo della fine. Il significato del trapasso da miqdash nella visione a qodesh nell’audizione può essere illuminato attraverso uno studio del rituale dell’espiazione in Le 16. Qodesh rappresenta un legame terminologico fra Dn 8:14 e Le 16. Sembra ovvio - puntualizza l’Autore al quale stiamo facendo riferimento - che un ebreo a cui era talmente familiare il rito sacrificale culminante ogni anno con la purificazione del santuario nel Giorno dell’Espiazione, pensasse a questo rituale (il rituale dell’Espiazione) quando udiva la frase nitzdaq qodesh (“il santuario sarà purificato”). In 1Cr 23:28 qodesh è posto in relazione diretta con taher, “purificare”: si dice in questo passo che i sacerdoti avevano l’incarico della “purificazione (thaher) di tutte le cose sante (qodesh)”, in pratica del santuario nel suo insieme. Dn 8:14 usa un linguaggio che evoca associazioni cultiche, in particolare con riferimento al Giorno dell’Espiazione che racchiudeva in sé nozioni come purificazione, giustificazione, rivendicazione, nozioni che coinvolgevano tanto il santuario quanto il popolo. In Dn 8:8-12 manca qualunque accenno ad una contaminazione/profanazione del santuario ad opera del “piccolo corno”. In 8:11 l’attacco del “corno” è diretto contro il “fondamento” del santuario e non contro il santuario stesso (vedi commento a 8:11). Nella pericope che descrive l’attività del “corno” sono oggetto di aggressione “l’esercito del cielo” e “le stelle” (v. 10), “il Principe dell’esercito” (v. 11a), il servizio tamîd (vv. 11b-12a), “il fondamento” del santuario celeste (v. 11c) e “la verità” (v. 12b). 317 - Ibidem, pp. 453-454. 223

Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 224 CAPITOLO 8 In breve il “piccolo corno” si erge contro il “Principe dell’esercito” con l’usurparne le funzioni ed oltre a ciò ne perseguita il popolo. Questo quadro desunto da 8:9-12 è avvalorato dalla interpretazione angelica in 8:23-25. Al limite si può pensare che il “piccolo corno” contamini indirettamente il santuario celeste. Poiché nell’antico Israele i peccati commessi per istigazione di Satana contaminavano il santuario nel quale essi venivano trasferiti con la confessione, era come se indirettamente fosse Satana stesso a provocare tale contaminazione. In questo senso si potrebbe dire che il “piccolo corno”, agente di Satana, abbia un ruolo indiretto nella contaminazione del santuario celeste 318. Ad ogni modo l’idea di una contaminazione del santuario ad opera del “piccolo corno” è totalmente assente in Dn 9:8-12. Attraverso il rituale annuale dell’Espiazione il santuario israelita veniva purificato dai peccati del popolo che vi si erano “accumulati” durante l’anno liturgico. Il Giorno dell’espiazione era un giorno di giudizio e redenzione, di purificazione e purgazione - osserva Hasel. Similmente, e in senso antitipico, nel tempo della fine sarà “purificato” il santuario dei cieli dai peccati “accumulati” fino allo scadere delle 2300 “sere-mattine”. L’epistola agli Ebrei, nel Nuovo Testamento, attesta in modo esplicito questo collegamento tipologico fra il santuario terreno e quello celeste laddove dichiara: “Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificate con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi” (Eb 9:23, versione CEI). “Le attività giudiziali e redentive a favore d’Israele che si svolgevano nel santuario terreno nel Giorno dell’Espiazione hanno un corrispettivo nell’attività giudiziale e redentiva che si svolgerà nel santuario dei cieli nel tempo della fine. Abbiamo notato svariati collegamenti terminologici diretti fra Dn 8 e Le 16 - dice Hasel - che accostano l’uno all’altro questi due capitoli. L’enfasi cultico-giudiziale posta sul termine pesha‘ (‘trasgressione’) lega tra loro Le 16 e Dn 8 e 9. Il concetto che esprime la parola ebraica qodesh (‘santuario’) ha un profondo corrispettivo in Le 16. L’idea che scaturisce da nitzdaq (‘purificato’), con la sua ricca enfasi semantica, richiama alla mente con immediatezza il momento della ‘purificazione’ del santuario e del popolo di Dio in Le 16:16, 19, 30” (in nota l’Autore richiama l’attenzione sul fatto che i LXX usano forme del vocabolo greco katharizô, “purificare”, sia in Dn 8:14 che in Le 16, e che una forma del medesimo termine ricorre in Eb 9:23 dove si parla della purificazione delle “realtà celesti” 319. “Tali legami inequivocabili - conclude Hasel - sono indici sicuri delle connessioni concettuali e teologiche tra Le 16 e Dn 8. Ciò che Le 16 descrive come 318 - Ibidem, pp. 456-457. 319 - Ibidem, nota 134 in calce alle pp. 457-458 224

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CAPITOLO 8<br />

In breve il “piccolo corno” si erge contro il “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” con<br />

l’usurparne le funzioni ed oltre a ciò ne perseguita il popolo. Questo quadro desunto<br />

da 8:9-12 è avvalorato dalla <strong>in</strong>terpretazione angelica <strong>in</strong> 8:23-25.<br />

Al limite si può pensare che il “piccolo corno” contam<strong>in</strong>i <strong>in</strong>direttamente il<br />

santuario celeste. Poiché nell’antico Israele i peccati commessi per istigazione di<br />

Satana contam<strong>in</strong>avano il santuario nel quale essi venivano trasferiti con la confessione,<br />

era come se <strong>in</strong>direttamente fosse Satana stesso a provocare tale contam<strong>in</strong>azione.<br />

In questo senso si potrebbe dire che il “piccolo corno”, agente di Satana,<br />

abbia un ruolo <strong>in</strong>diretto nella contam<strong>in</strong>azione del santuario celeste 318.<br />

Ad ogni modo l’idea di una contam<strong>in</strong>azione del santuario ad opera del<br />

“piccolo corno” è totalmente assente <strong>in</strong> Dn 9:8-12.<br />

Attraverso il rituale annuale dell’Espiazione il santuario israelita veniva purificato<br />

dai peccati del popolo che vi si erano “accumulati” durante l’anno liturgico.<br />

Il Giorno dell’espiazione era un giorno di giudizio e redenzione, di purificazione<br />

e purgazione - osserva Hasel. Similmente, e <strong>in</strong> senso antitipico, nel<br />

tempo della f<strong>in</strong>e sarà “purificato” il santuario dei cieli dai peccati “accumulati”<br />

f<strong>in</strong>o allo scadere delle 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e”.<br />

L’epistola agli Ebrei, nel Nuovo Testamento, attesta <strong>in</strong> modo esplicito questo<br />

collegamento tipologico fra il santuario terreno e quello celeste laddove dichiara:<br />

“Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificate<br />

con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi”<br />

(Eb 9:23, versione CEI).<br />

“Le attività giudiziali e redentive a favore d’Israele che si svolgevano nel<br />

santuario terreno nel Giorno dell’Espiazione hanno un corrispettivo nell’attività<br />

giudiziale e redentiva che si svolgerà nel santuario dei cieli nel tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

Abbiamo notato svariati collegamenti term<strong>in</strong>ologici diretti fra Dn 8 e Le 16 - dice<br />

Hasel - che accostano l’uno all’altro questi due capitoli. L’enfasi cultico-giudiziale<br />

posta sul term<strong>in</strong>e pesha‘ (‘trasgressione’) lega tra loro Le 16 e Dn 8 e 9. Il concetto<br />

che esprime la parola ebraica qodesh (‘santuario’) ha un profondo corrispettivo<br />

<strong>in</strong> Le 16. L’idea che scaturisce da nitzdaq (‘purificato’), con la sua ricca<br />

enfasi semantica, richiama alla mente con immediatezza il momento della ‘purificazione’<br />

del santuario e del popolo di Dio <strong>in</strong> Le 16:16, 19, 30” (<strong>in</strong> nota l’Autore<br />

richiama l’attenzione sul fatto che i LXX usano forme del vocabolo greco katharizô,<br />

“purificare”, sia <strong>in</strong> Dn 8:14 che <strong>in</strong> Le 16, e che una forma del medesimo term<strong>in</strong>e<br />

ricorre <strong>in</strong> Eb 9:23 dove si parla della purificazione delle “realtà celesti” 319.<br />

“Tali legami <strong>in</strong>equivocabili - conclude Hasel - sono <strong>in</strong>dici sicuri delle connessioni<br />

concettuali e teologiche tra Le 16 e Dn 8. Ciò che Le 16 descrive come<br />

318 - Ibidem, pp. 456-457.<br />

319 - Ibidem, nota 134 <strong>in</strong> calce alle pp. 457-458<br />

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