Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 215 CAPIRE DANIELE “L’unzione del santuario dei cieli è il preludio dell’epilogo di quella ‘purificazione’ del santuario alla quale si allude in 8:13-14”. Un’altra implicazione ha attinenza diretta col popolo di Dio o con i termini usati in altre parti del libro per designarlo. Il cap. 7 menziona ripetutamente “i santi dell’Altissimo” (aramaico: qaddîshe ‘elyônîn), detti anche “il popolo dei santi dell’Altissimo” (‘am qaddîshe ‘elyônîn). Ai “santi dell’Altissimo” perseguitati dal “piccolo corno” è “resa giustizia” (7:22 Concordata, TOB) nel giudizio dell’Altissimo che precede l’avvento del regno eterno che i “santi” riceveranno dalle mani del Figlio dell’uomo. Anche nel cap. 8 il “corno” che nasce “dalla piccolezza” perseguita il “popolo dei santi” (‘am qedoshîm, v. 24). E finalmente avrà fine la dissipazione delle “forze del popolo santo” (‘am qodesh) (12:7). Queste associazioni terminologiche e concettuali di qodesh col santuario, i santi ed il giudizio nel libro di Daniele - dice Hasel - non possono essere accidentali: qodesh in 8:13 mira a stabilire delle connessioni terminologiche e concettuali per chiarire i punti di massima tensione delle visioni dei capitoli 7, 8-9 e 11-12. Evidenziate le implicazioni di qodesh (“santuario”) in daniele, Hasel ritorna su 8:13 per rilevare che nella frase “il santuario e l’esercito dati ad essere calpestati” non si può scorgere una correlazione sintattica fra i termini “santuario” (qodesh) ed “esercito” (tzava’). “Esercito - egli dice - ricapitola quanto lo stesso termine esprimeva nel v. 10, ovvero il popolo di Dio identificato come “il popolo dei santi” nel v. 24. Il “santuario” e “l’esercito” sono abbandonati ad un “calpestio”. Mirmas come sostantivo nell’Antico Testamento compare con due sole attinenze, dice Hasel: (1) il calpestio del terreno coltivato da parte degli animali da pascolo (Is 5:5; 7:25; Ez 34:19); (2) il calpestio del popolo da parte del nemico (Is 10:6; 28:18; Mic 10:7). In Is 1:12 una forma verbale dalla quale deriva mirmas è usata in un contesto cultico. Si allude in questo passo agli adoratori e agli animali sacrificali che calcano i sacri cortili del tempio. Nelle forme verbali e nominali derivate dalla radice rms manca qualunque idea di contaminazione o dissacrazione. Mirmas in 8:13 esprime il concetto di prevaricazione a danno del “santuario” e dell’ “esercito”. “Abbiamo condotto con accuratezza la nostra indagine in merito alla domanda formulata in 8:13 - conclude Hasel - con l’intento di farne emergere il significato dal testo stesso letto alla luce del contesto del capitolo, del libro di Daniele e della Bibbia in generale. Da questa indagine è risultato chiaro che il tenore della interpellanza orienta alle cose che dovranno accadere al termine della visione. L’espressione temporale in 8:13 non è incentrata su quello che avverrà durante il lasso di 215

Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 216 CAPITOLO 8 tempo contemplato nella visione, dirige bensì l’attenzione verso il punto terminale di questo lasso di tempo ed oltre” 306. 216 14 Egli mi disse: “Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato”. Il responso dell’essere celeste è rivolto non all’altro essere celeste che lo ha sollecitato con la sua domanda, ma al profeta che ha assistito al dialogo fra i due: “Ed egli mi disse...”, yal") rem)oYáw wayy’omer ’elay... L’angelo-rivelatore parla a Daniele come se avesse letto nel suo pensiero un intenso desiderio di conoscere il tempo futuro in cui terminerebbe infine la guerra accanita del “corno” contro il celeste “Principe”, il suo “santuario” ed il suo “esercito”. La rivelazione dell’angelo è diretta e concisa: “Fino a duemilatrecento seremattine...”, tO)"m $ol:$U {éyaP:la) reqoB bere( da( ‘ad ‘erev boqer ’alpaym ûshelosh me’oth... Interpellanza e responso iniziano con la stessa parola: ‘ad, “fino a”. Segno che interpellante e interpellato hanno in mente la stessa cosa: un punto di arrivo, una scadenza (non una durata come interpretano generalmente le versioni). Questo punto d’arrivo è posto al termine di un periodo di “2300 sere-mattine”. Gli studiosi di Daniele - e non soltanto quelli contemporanei - che abbassano al II secolo a.C. la data di composizione del libro, sono concordi nel dire che l’espressione del testo ebraico ‘erev-boqer ’alpaym ûshelosh me’ôth, “duemila-trecento sere-mattine” indica il numero totale di sacrifici tamîd (“continui”) che furono soppressi nel tempio di Gerusalemme durante la persecuzione di Antioco Epifane tra il 167 e il 164 a.C. Poiché ogni giorno si immolavano nel tempio gerosolimitano due olocausti - uno al mattino e uno la sera - 2300 sacrifici si offrivano in 1150 giorni (così A.BENTZEN, K.MARTI, J.A.MONTGOMERY, N.W. POR- TEOUS, O.PLÖGGER, M.DELCOR, A.LACOCQUE ed altri seguiti quasi senza eccezioni dai commentatori e dai compilatori delle note delle versioni) 307. Contro il dimezzamento delle 2300 sere-mattine militano però serie difficoltà che gli espositori conservatori non hanno mancato di rilevare. Hasel le ha riassunte nei punti seguenti: 1. Nel linguaggio del rituale sacrificale quotidiano il doppio sacrificio del mattino e della sera è designato invariabilmente con l’espressione “olo- 306 - Ibidem, p. 448. 307 - Vedi G.RINALDI, Daniele, pp. 117-118; G.BERNINI (come interpretazione alternativa), Daniele, p.238; Bibbia Concordata, nota a Dn 8:14; Traduzione ecumenica, TOB (col testo della CEI), nota X a p. 1640; Bibbia di Gerusalemme, testo della CEI (come opzione possibile) nella nota a Dn 8:14 a p. 1935.

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CAPIRE DANIELE<br />

“L’unzione del santuario dei cieli è il preludio dell’epilogo di quella ‘purificazione’<br />

del santuario alla quale si allude <strong>in</strong> 8:13-14”.<br />

Un’altra implicazione ha att<strong>in</strong>enza diretta col popolo di Dio o con i term<strong>in</strong>i<br />

usati <strong>in</strong> altre parti del libro per designarlo. Il cap. 7 menziona ripetutamente “i<br />

santi dell’Altissimo” (aramaico: qaddîshe ‘elyônîn), detti anche “il popolo dei<br />

santi dell’Altissimo” (‘am qaddîshe ‘elyônîn).<br />

Ai “santi dell’Altissimo” perseguitati dal “piccolo corno” è “resa giustizia”<br />

(7:22 Concordata, TOB) nel giudizio dell’Altissimo che precede l’avvento del regno<br />

eterno che i “santi” riceveranno dalle mani del Figlio dell’uomo.<br />

Anche nel cap. 8 il “corno” che nasce “dalla piccolezza” perseguita il “popolo<br />

dei santi” (‘am qedoshîm, v. 24). E f<strong>in</strong>almente avrà f<strong>in</strong>e la dissipazione delle<br />

“forze del popolo santo” (‘am qodesh) (12:7). Queste associazioni term<strong>in</strong>ologiche<br />

e concettuali di qodesh col santuario, i santi ed il giudizio nel libro di Daniele -<br />

dice Hasel - non possono essere accidentali: qodesh <strong>in</strong> 8:13 mira a stabilire delle<br />

connessioni term<strong>in</strong>ologiche e concettuali per chiarire i punti di massima tensione<br />

delle visioni dei capitoli 7, 8-9 e 11-12.<br />

Evidenziate le implicazioni di qodesh (“santuario”) <strong>in</strong> daniele, Hasel ritorna<br />

su 8:13 per rilevare che nella frase “il santuario e l’esercito dati ad essere calpestati”<br />

non si può scorgere una correlazione s<strong>in</strong>tattica fra i term<strong>in</strong>i “santuario” (qodesh)<br />

ed “esercito” (tzava’). “Esercito - egli dice - ricapitola quanto lo stesso term<strong>in</strong>e<br />

esprimeva nel v. 10, ovvero il popolo di Dio identificato come “il popolo<br />

dei santi” nel v. 24. Il “santuario” e “l’esercito” sono abbandonati ad un “calpestio”.<br />

Mirmas come sostantivo nell’Antico Testamento compare con due sole att<strong>in</strong>enze,<br />

dice Hasel:<br />

(1) il calpestio del terreno coltivato da parte degli animali da pascolo<br />

(Is 5:5; 7:25; Ez 34:19);<br />

(2) il calpestio del popolo da parte del nemico (Is 10:6; 28:18; Mic<br />

10:7). In Is 1:12 una forma verbale dalla quale deriva mirmas è usata <strong>in</strong> un<br />

contesto cultico. Si allude <strong>in</strong> questo passo agli adoratori e agli animali sacrificali<br />

che calcano i sacri cortili del tempio.<br />

Nelle forme verbali e nom<strong>in</strong>ali derivate dalla radice rms manca qualunque idea<br />

di contam<strong>in</strong>azione o dissacrazione. Mirmas <strong>in</strong> 8:13 esprime il concetto di prevaricazione<br />

a danno del “santuario” e dell’ “esercito”.<br />

“Abbiamo condotto con accuratezza la nostra <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> merito alla domanda<br />

formulata <strong>in</strong> 8:13 - conclude Hasel - con l’<strong>in</strong>tento di farne emergere il significato<br />

dal testo stesso letto alla luce del contesto del capitolo, del libro di Daniele<br />

e della Bibbia <strong>in</strong> generale.<br />

Da questa <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e è risultato chiaro che il tenore della <strong>in</strong>terpellanza<br />

orienta alle cose che dovranno accadere al term<strong>in</strong>e della visione. L’espressione<br />

temporale <strong>in</strong> 8:13 non è <strong>in</strong>centrata su quello che avverrà durante il lasso di<br />

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