Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 213 CAPIRE DANIELE Alcuni autori hanno collegato l’espressione wehappesha‘ shomem (resa in qualche versione “la ribellione che produce la desolazione”) alle parole di Gesù in Mt 24:15: “Quando dunque avrete veduta l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge pongavi mente)...”. Hasel osserva che da come ne parla Gesù risulta chiaro che la profezia nel suo tempo non si era ancora adempiuta. Poi si pone la domanda se Gesù in Mt 24:15 si riferisca davvero a Dn 8:13. La fraseologia scelta da certi traduttori per tradurre Dn 8:13 e Mt. 24:15 - osserva - parrebbe presupporlo. Ma nel testo greco che soggiace alla frase “l’abominazione della desolazione” nella traduzione di Mt. 24:15 - puntualizza Hasel - l’espressione è to bdelygma tas eremoseos, un’espressione molto simile a quella che si trova nella traduzione di Dn 11:31 nella versione greca di Teodozione: bdelygma eremoseos è identica alla traduzione della stessa frase in Dn 12:11: to bdelygma tes eremoseos. I LXX rendono l’espressione ebraica wehappesha‘ shomen in Dn 8:13 he hamartia eremoseos. In queste traduzioni si riflette la terminologia ebraica differenziata usata in Dn 8:13 da una parte e 11:31 e 12:11 dall’altra. Il termine bdelygma - spiega Hasel richiamandosi a W. BAUER e ad altre autori - significa “abominazione” e traduce l’ebraico shiqqutz. Si può dunque osservare che dal punto di vista della linguistica la frase di Mt 24:15 (“l’abominazione della desolazione”) non deriva da Dn 8:13 (o 9:27) ma piuttosto da Dn 12:11 e possibilmente da 11:31. “In breve - ne deduce il nostro Autore - l’attività descritta in Dn 8:13 con la frase ‘la trasgressione che provoca orrore’ non è identica a quella con cui Gesù in Mt 24:15 descrive ‘l’abominazione della desolazione’. Gesù sembra fare riferimento agli eventi descritti in 12:11 e verosimilmente anche in 11:31” 303, ma non in 8:13. Il senso di shomem in 8:13 può essere chiarito dall’uso che si fa dello stesso termine in altri punti del libro. In 8:27 ricorre una forma della radice shmm da cui deriva shomem. Daniele dice di essere “spaventato” o “ costernato” (’eshthômem) a motivo della visione. L’uso differenziato di parole che provengono dalla stessa radice (shmm) - osserva Hasel - consente di cogliere 3 idee: (1) uno stato psicologico caratterizzato da orrore traumatizzante; (2) devastazione/desolazione quando il termine è riferito a santuario/tempio; (3) giudizio decretato da Dio. E conclude: “Sulla base di questo background la frase: ‘la trasgressione che provoca orrore’ sembra esprimere un fortissimo raccapriccio suscitato dalla trasgressione cultico-religiosa 303 - HASEL, op. cit., p. 443. 213

Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 214 CAPITOLO 8 a cui ha dato origine il ‘piccolo corno’ mediante un sistema contraffatto di servizio sacerdotale e di mediazione che rivaleggia col sistema celeste e induce gli uomini a trasgredire la verità sulle attività redentive divine” 304. Nei vv. 11 e 13-14 due parole differenti ma aventi la stessa radice (qdsh): miqdash (v. 11) e qodesh (vv. 13 e 14), in sostanza significano la stessa cosa. Miqdash è reso “santuario” in varie versioni italiane (Luzzi, Rinaldi, Concordata) mentre altre lo traducono “santa dimora” (CEI) o “oblazione” (Bernini). Qodesh nei vv. 13 e 14 è reso concordemente “santuario” nelle versioni citate di solito in questo commentario (TOB, Concordata, Bernini, Rinaldi, Luzzi; quest’ultimo nel v. 13 lo traduce “luogo santo”). La TOB francese traduce uniformemente “santuario” sia miqdash in 8:11 che qodesh in 8:13 e 14. Hasel 305 sostiene l’identità di senso dei due termini contro quegli autori che li distinguono semanticamente (MARTI, PLOGER, HASSLBERGER) riconoscendo al primo il significato di “santuario” e annettendo al secondo quello di “cose sante”, “disposizioni” e “istituzioni religiose” o di “sacri insegnamenti”. A questi autori il nostro teologo oppone un’argomentazione scritturale convincente che riproduciamo nelle righe che seguono. Nell’Antico Testamento qodesh ricorre non meno di 469 volte, 326 nella forma singolare allo stesso modo che 8:13-14. Come nome astratto qodesh può riferirsi alla santità di Dio (Es 15:11; Is 52:10 ecc...), ma in senso concreto spesso designa il santuario terreno (Es 36:1; Le 4:6; Nu 3:28, 31-32; 1Cr 22:19; Is 43:28; Ml 2:11; Sl 68:24 ecc...), e qualche volta anche il santuario dei cieli (Sl 60:6; 68:5; 102:19 ecc...). Talora qodesh designa il luogo santissimo del santuario (Le 16:2; Ez 41:21,23). Con valore di aggettivo qodesh è associato a “sacerdoti” (Le. 21:6) e a “leviti” (2Cr 23:6 ecc...); a volte qualifica il popolo di Dio (Is 62:12; Dn 12:7 ecc....). Ma nell’Antico Testamento neanche una volta sola - puntualizza Hasel - questo termine designa “disposizioni” e “istituzioni religiose”, “sacri insegnamenti” e simili in senso collettivo. L’uso di qodesh nelle Scritture ebraiche aiuta a chiarire il senso del termine in 8:13-14. In questo contesto danielico qodesh fa parte dei termini e delle frasi che ricapitolano i concetti espressi nei vv. 11 e 12 dove compare il vocabolo miqdash, che qodesh ricapitola nei vv. 13-14. Entrambi questi termini ricorrono con frequenza nell’Antico Testamento come designazioni del santuario/tempio sia terreno che celeste. Nell’audizione che comincia in 8:13, qodesh ricompare con ulteriori implicazioni. Una è rilevabile inequivocabilmente nell’espressione “il ‘luogo’ santissimo” (qodesh qodashîm) riferita al “santuario” in 9:24. 304 - Ibidem, p. 443. 305 - Ibidem, pp. 445-446. 214

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CAPIRE DANIELE<br />

Alcuni autori hanno collegato l’espressione wehappesha‘ shomem (resa <strong>in</strong><br />

qualche versione “la ribellione che produce la desolazione”) alle parole di Gesù<br />

<strong>in</strong> Mt 24:15: “Quando dunque avrete veduta l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione,<br />

della quale ha parlato il profeta Daniele, posta <strong>in</strong> luogo santo (chi legge<br />

pongavi mente)...”. Hasel osserva che da come ne parla Gesù risulta chiaro che<br />

la profezia nel suo tempo non si era ancora adempiuta. Poi si pone la domanda<br />

se Gesù <strong>in</strong> Mt 24:15 si riferisca davvero a Dn 8:13.<br />

La fraseologia scelta da certi traduttori per tradurre Dn 8:13 e Mt. 24:15 - osserva<br />

- parrebbe presupporlo. Ma nel testo greco che soggiace alla frase “l’abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione” nella traduzione di Mt. 24:15 - puntualizza Hasel -<br />

l’espressione è to bdelygma tas eremoseos, un’espressione molto simile a quella<br />

che si trova nella traduzione di Dn 11:31 nella versione greca di Teodozione:<br />

bdelygma eremoseos è identica alla traduzione della stessa frase <strong>in</strong> Dn 12:11: to<br />

bdelygma tes eremoseos. I LXX rendono l’espressione ebraica wehappesha‘ shomen<br />

<strong>in</strong> Dn 8:13 he hamartia eremoseos. In queste traduzioni si riflette la term<strong>in</strong>ologia<br />

ebraica differenziata usata <strong>in</strong> Dn 8:13 da una parte e 11:31 e 12:11<br />

dall’altra.<br />

Il term<strong>in</strong>e bdelygma - spiega Hasel richiamandosi a W. BAUER e ad altre autori<br />

- significa “abom<strong>in</strong>azione” e traduce l’ebraico shiqqutz. Si può dunque osservare<br />

che dal punto di vista della l<strong>in</strong>guistica la frase di Mt 24:15 (“l’abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione”) non deriva da Dn 8:13 (o 9:27) ma piuttosto da Dn 12:11 e<br />

possibilmente da 11:31.<br />

“In breve - ne deduce il nostro Autore - l’attività descritta <strong>in</strong> Dn 8:13 con la<br />

frase ‘la trasgressione che provoca orrore’ non è identica a quella con cui Gesù<br />

<strong>in</strong> Mt 24:15 descrive ‘l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione’. Gesù sembra fare riferimento<br />

agli eventi descritti <strong>in</strong> 12:11 e verosimilmente anche <strong>in</strong> 11:31” 303, ma non<br />

<strong>in</strong> 8:13.<br />

Il senso di shomem <strong>in</strong> 8:13 può essere chiarito dall’uso che si fa dello stesso<br />

term<strong>in</strong>e <strong>in</strong> altri punti del libro. In 8:27 ricorre una forma della radice shmm da<br />

cui deriva shomem. Daniele dice di essere “spaventato” o “ costernato” (’eshthômem)<br />

a motivo della visione.<br />

L’uso differenziato di parole che provengono dalla stessa radice (shmm) -<br />

osserva Hasel - consente di cogliere 3 idee: (1) uno stato psicologico caratterizzato<br />

da orrore traumatizzante; (2) devastazione/desolazione quando il term<strong>in</strong>e è<br />

riferito a santuario/tempio; (3) giudizio decretato da Dio. E conclude: “Sulla base<br />

di questo background la frase: ‘la trasgressione che provoca orrore’ sembra<br />

esprimere un fortissimo raccapriccio suscitato dalla trasgressione cultico-religiosa<br />

303 - HASEL, op. cit., p. 443.<br />

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