Testo in formato pdf - Testimonigeova
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Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 179 CAPIRE DANIELE e cita come esempio Dn 7:25. L’aramaico dath significa “legge” in generale, ma in un contesto religioso acquista il senso specifico di “legge divina”, anche di “religione”, “sistema religioso” (cfr. W.GESENIUS, ibidem, il quale rimanda a Dn 7:25 ove dath ricorre con questa accezione). Dunque Daniele ha voluto dirci che il potere che si cela nel “piccolo corno” avrebbe avuto in animo (si sarebbe prefisso) non già di abolire, ma di alterare i tempi sacri fissati da Dio (i Sabati) e la legge divina, ovverosia il Decalogo base morale dell’Antica e della Nuova Alleanza (vedi Es 24:3,8; Gr 31:31-33; Eb 10:14- 17; Rm 2:13; 13:8-10). La Chiesa romana non ha abolito il riposo religioso settimanale prescritto dal IV comandamento del Decalogo, ne ha alterato il valore e il significato con l’averlo trasferito arbitrariamente dal settimo al primo giorno della settimana 268. Il cambiamento del giorno di riposo da un lato e l’introduzione del culto delle immagini dall’altro hanno condotto all’alterazione della legge divina con la soppressione del secondo comandamento, il cambiamento del quarto e la divisione in due del decimo per colmare il vuoto lasciato dall’eliminazione del secondo. Quella legge Gesù Cristo l’aveva dichiarata solennemente inalterabile (Mt 5:17-18). 8. La durata del sopravvento del “piccolo corno” sui santi dell’Altissimo è fissata con precisione: “i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo” (aramaico }fDi( gal:pU }yénfDi(ºw }fDi(-da( ‘ad ‘iddan we‘iddanîn ûfelag ‘iddân, letteralmente “fino a un tempo, tempi e la metà di un tempo”). Per largo consenso dei commentatori in questo contesto ‘iddân - ‘iddanîn si deve intendere “anno - anni” 269. I massoreti lessero il gruppo consonantico ‘ddnn come una forma plurale e così lo vocalizzarono, ma è opinione diffusa tra gli studiosi di Daniele che esso dovrebbe leggersi come un duale (‘iddanaîn). Sta di fatto che lo stesso periodo profetico ricorrente nell’identica forma in Ap 12:14 (“un tempo, dei tempi e la metà di un tempo”, greco ’ekei kairòn kaì kairoùs kaì ‘emisu kairou), nel v. 6 dello stesso capitolo compare in una forma diversa che autorizza a leggere kairoùs “due tempi”, cioè nella forma “milleduecentosessanta giorni” (greco ‘eméras chilias diakosìas ‘exekonta). Milleduecentosessanta giorni equivalgono esattamente a tre anni e mezzo calcolando gli anni come formati da 360 giorni (non sono giorni ed anni di calendario, ma giorni ed anni profetici). In definitiva, la durata del sopravvento del “piccolo corno” sui santi dell’Altissimo è fissata in Dn 7:25 in tre anni e mezzo profetici. Espositori ebrei di Daniele equipararono ad anni solari i giorni degli anni profetici prima ancora dei commentatori cristiani. Agli inizi del IX secolo il dotto giudeo Nahawendi interpretò come anni solari i 1290 e i 2300 giorni profetici di 268 - Vedi S.BACCHIOCCHI, Un esame dei testi biblici e patristici..., tesi di laurea, 1974. 269 - Cfr. S.D.A.B.C., vol. IV, p. 833. 179
Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pagina 180 CAPITOLO 7 Dn 12:11 e 8:14. Altri studiosi ebrei nei secoli X, XI, XII e XIII applicarono lo stesso principio d’interpretazione ai “giorni” delle profezie danieliche 270. Fra i cristiani l’abate Gioacchino da Fiore, nel XII secolo, fu il primo espositore delle profezie apocalittiche ad eguagliare ad anni solari i giorni profetici 271. Da allora fino ai nostri giorni sono stati numerosi, in particolare fra gli acattolici, gli espositori di Daniele e dell’Apocalisse di Giovanni che hanno seguito questo criterio esegetico 272. Gli avventisti, da William Miller in poi, lo hanno applicato senza eccezioni. Dunque per 1260 anni i santi dell’Altissimo dovevano essere alla mercé di un potere autoritario e persecutore, quel potere che abbiamo identificato nel papato storico. Come delimitare nella storia questo ampio arco di tempo? Vari espositori protestanti avevano proposto prima di Miller gli anni 538 e 1798 come terminus a quo e terminus ad quem di questo periodo temporale. Vediamo come si giustificano sul piano della storia queste date. Nel 533 l’imperatore Giustiniano introdusse nel Corpus iuris civilis un decreto col quale poneva tutte le chiese e tutti i vescovi d’Oriente, fino ad allora indipendenti da Roma, sotto l’autorità del pontefice romano, e conferiva a lui l’ufficio ed il potere di “correttore degli eretici”, in pratica lo investiva del diritto e dell’autorità di perseguitare i cristiani dissidenti. Solo 5 anni dopo, però, quando gli Ostrogoti abbandonarono l’assedio di Roma strenuamente difesa dai Bizantini, il papa fu in grado di esercitare i poteri che gli conferiva l’editto imperiale. Dunque dal 538 il pontefice romano fu di fatto e non soltanto di diritto il capo universale della Chiesa e il correttore degli “eretici”. Milleduecentosessanta anni dopo, nel 1798, un evento che allora parve incredibile mise fine al potere temporale dei papi: le truppe francesi agli ordini del generale Berthier, vittoriose nella campagna d’Italia, occuparono Roma, e il loro comandante supremo per incarico del Direttorio depose Pio VI e lo mandò in esilio a Valence, nella Francia del sud, proclamando solennemente la fondazione della Repubblica Romana. “Con la morte di Pio VI a Valence il papato sembrò annientato. Tant’è vero che in Francia papa Braschi veniva chiamato Pio Sesto ed Ultimo” 273. Con la deposizione e l’esilio di Pio VI ad opera del Direttorio, finivano per la Chiesa romana dodici secoli e mezzo di influenza sui potentati secolari per re- 270 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op. cit., p. 713. 271 - Ibidem, pp. 712-713. 272 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op.cit., voll. II, III e IV. 273 - J.GELMI, I Papi da Pietro a Giovanni Paolo II, Milano 1987, pp. 214-215. 180
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Dn 12:11 e 8:14. Altri studiosi ebrei nei secoli X, XI, XII e XIII applicarono lo<br />
stesso pr<strong>in</strong>cipio d’<strong>in</strong>terpretazione ai “giorni” delle profezie danieliche 270.<br />
Fra i cristiani l’abate Gioacch<strong>in</strong>o da Fiore, nel XII secolo, fu il primo espositore<br />
delle profezie apocalittiche ad eguagliare ad anni solari i giorni profetici 271.<br />
Da allora f<strong>in</strong>o ai nostri giorni sono stati numerosi, <strong>in</strong> particolare fra gli acattolici,<br />
gli espositori di Daniele e dell’Apocalisse di Giovanni che hanno seguito questo<br />
criterio esegetico 272. Gli avventisti, da William Miller <strong>in</strong> poi, lo hanno applicato<br />
senza eccezioni.<br />
Dunque per 1260 anni i santi dell’Altissimo dovevano essere alla mercé di<br />
un potere autoritario e persecutore, quel potere che abbiamo identificato nel papato<br />
storico.<br />
Come delimitare nella storia questo ampio arco di tempo? Vari espositori<br />
protestanti avevano proposto prima di Miller gli anni 538 e 1798 come term<strong>in</strong>us<br />
a quo e term<strong>in</strong>us ad quem di questo periodo temporale. Vediamo come si giustificano<br />
sul piano della storia queste date.<br />
Nel 533 l’imperatore Giust<strong>in</strong>iano <strong>in</strong>trodusse nel Corpus iuris civilis un decreto<br />
col quale poneva tutte le chiese e tutti i vescovi d’Oriente, f<strong>in</strong>o ad allora<br />
<strong>in</strong>dipendenti da Roma, sotto l’autorità del pontefice romano, e conferiva a lui<br />
l’ufficio ed il potere di “correttore degli eretici”, <strong>in</strong> pratica lo <strong>in</strong>vestiva del diritto<br />
e dell’autorità di perseguitare i cristiani dissidenti. Solo 5 anni dopo, però,<br />
quando gli Ostrogoti abbandonarono l’assedio di Roma strenuamente difesa dai<br />
Bizant<strong>in</strong>i, il papa fu <strong>in</strong> grado di esercitare i poteri che gli conferiva l’editto imperiale.<br />
Dunque dal 538 il pontefice romano fu di fatto e non soltanto di diritto il<br />
capo universale della Chiesa e il correttore degli “eretici”.<br />
Milleduecentosessanta anni dopo, nel 1798, un evento che allora parve <strong>in</strong>credibile<br />
mise f<strong>in</strong>e al potere temporale dei papi: le truppe francesi agli ord<strong>in</strong>i del<br />
generale Berthier, vittoriose nella campagna d’Italia, occuparono Roma, e il loro<br />
comandante supremo per <strong>in</strong>carico del Direttorio depose Pio VI e lo mandò <strong>in</strong><br />
esilio a Valence, nella Francia del sud, proclamando solennemente la fondazione<br />
della Repubblica Romana.<br />
“Con la morte di Pio VI a Valence il papato sembrò annientato. Tant’è vero<br />
che <strong>in</strong> Francia papa Braschi veniva chiamato Pio Sesto ed Ultimo” 273.<br />
Con la deposizione e l’esilio di Pio VI ad opera del Direttorio, f<strong>in</strong>ivano per<br />
la Chiesa romana dodici secoli e mezzo di <strong>in</strong>fluenza sui potentati secolari per re-<br />
270 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op. cit., p. 713.<br />
271 - Ibidem, pp. 712-713.<br />
272 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op.cit., voll. II, III e IV.<br />
273 - J.GELMI, I Papi da Pietro a Giovanni Paolo II, Milano 1987, pp. 214-215.<br />
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