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Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 146<br />

CAPITOLO 6<br />

13 Allora quelli ripresero a dire <strong>in</strong> presenza del re: “Daniele, che è<br />

fra quelli che sono stati menati <strong>in</strong> cattività da Giuda, non tiene <strong>in</strong> alcun<br />

conto né te, o re, né il divieto che tu hai firmato, ma prega il suo<br />

Dio tre volte al giorno”.<br />

Dopo che hanno fatto dichiarare al re la conferma <strong>in</strong>condizionata del decreto e<br />

della sanzione penale che esso prescrive, i malvagi funzionari denunciano la<br />

“violazione” commessa da Daniele. Le parole che usano trasudano disprezzo<br />

verso il loro rivale. In primo luogo usano il suo nome ebraico, come a volere<br />

sottol<strong>in</strong>eare la sua orig<strong>in</strong>e straniera.<br />

Poi, ignorandone volutamente la dignità di alto funzionario dello Stato, lo<br />

caratterizzano come uno dei deportati dalla Giudea, questo paese che già <strong>in</strong><br />

quel tempo era visto <strong>in</strong> una luce negativa (vedi Ed 4:12-15). Inf<strong>in</strong>e <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uano<br />

malignamente che questo straniero non ha avuto riguardo per la persona del re<br />

e ha sfidato sfrontatamente la sua autorità: “non tiene <strong>in</strong> alcun conto né te, o re,<br />

né il decreto che tu hai firmato...” È l’<strong>in</strong>terpretazione calcolatamente distorta di<br />

un atto che ha tutt’altro significato nell’<strong>in</strong>tenzione di chi lo ha compiuto. L’atto<br />

da cui muove l’imputazione gravissima (e calunniosa) di lesa maestà e ribellione<br />

è questo: “...prega il suo Dio tre volte al giorno”.<br />

Senza volerlo e senza saperlo questi loschi personaggi di fatto hanno onorato<br />

Daniele. I delatori non hanno bisogno di esibire delle prove: sono funzionari<br />

dello Stato e perciò testimoni attendibili; <strong>in</strong> ogni caso il delitto di cui accusano<br />

l’avversario potrà essere verificato <strong>in</strong> qualunque momento poiché è nota la<br />

fedeltà di Daniele alla legge del suo Dio (v. 5).<br />

14 Quand’ebbe udito questo, il re ne fu dolentissimo, e si mise <strong>in</strong><br />

cuore di liberar Daniele; e f<strong>in</strong>o al tramonto del sole fece di tutto per<br />

salvarlo. 15 Ma quegli uom<strong>in</strong>i vennero tumultuosamente al re, e gli<br />

dissero: “Sappi, o re, che è legge dei Medi e de’ Persiani che nessun<br />

divieto o decreto promulgato dal re possa essere mutato”.<br />

Troppo tardi Dario si è accorto di essere caduto <strong>in</strong> un tranello. A nessuno fa piacere<br />

di essere gabbato, tanto meno a un uomo potente. Grande deve dunque<br />

essere stato lo sdegno del re quando ha scoperto l’<strong>in</strong>ganno. Avrebbe potuto reagire<br />

con tutto il peso della sua autorità; non lo ha fatto. Forse perché avrebbe<br />

dovuto ammettere, non senza pregiudizio per la sua regale dignità, di avere<br />

agito con leggerezza nel promulgare il decreto, o, più semplicemente, perché<br />

non sarebbe servito a salvare Daniele.<br />

Ha qu<strong>in</strong>di dovuto fare buon viso a cattivo giuoco. Il dolore per la sorte crudele<br />

riservata al suo fedele m<strong>in</strong>istro è più forte dell’<strong>in</strong>dignazione verso i perfidi<br />

funzionari che quel decreto gli hanno estorto: “il re ne fu dolentissimo”.<br />

Non può comunque ignorare la loro denuncia, visto che lo si pone di<br />

fronte al fatto <strong>in</strong>oppugnabile che è stato violato un decreto da lui stesso promulgato<br />

e solennemente ratificato <strong>in</strong> presenza degli stessi delatori; né può ignorare<br />

che formalmente si tratta di un atto di ribellione che non può non essere punito<br />

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