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Testo in formato pdf - Testimonigeova

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Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 100<br />

CAPITOLO 4<br />

I commentatori, che applicano le “catene” alla persona di Nabucodonosor,<br />

pensano che a lui si debba anche applicare l’essere bagnato dalla rugiada e questo<br />

significherebbe che nel suo vagare per i campi il re colpito da alienazione<br />

mentale non avrebbe alcun riparo per la notte. Quanti <strong>in</strong>vece applicano ancora<br />

al ceppo l’essere bagnato dalla rugiada ravvisano <strong>in</strong> questo un segno della cura<br />

che si avrà per garantirne la sopravvivenza. Se ci si attiene alla prima ipotesi, la<br />

realtà si sovrappone all’immag<strong>in</strong>e già nella prima frase del v. 15 dopo il punto e<br />

virgola (“e sia bagnato dalla rugiada del cielo”). Se <strong>in</strong>vece è giusta la seconda<br />

ipotesi, allora il trapasso dalla figura alla realtà <strong>in</strong>terviene nella seconda frase (“e<br />

abbia con gli animali la sua parte d’erba della terra”). Che <strong>in</strong> questo caso il riferimento<br />

sia a una persona umana e non al ceppo di una pianta e alla sua radice è<br />

f<strong>in</strong> troppo ovvio.<br />

16 Gli sia mutato il cuore; e <strong>in</strong>vece d’un cuor d’uomo, gli sia dato un<br />

cuore di bestia; e pass<strong>in</strong>o si di lui sette tempi.<br />

Il sovrapporsi dell’oggetto reale alla figura si fa più chiaro e deciso. È evidente<br />

che il riferimento è direttamente alla persona di Nabucodonosor. Secondo la<br />

mentalità semitica il cuore è la sede dell’<strong>in</strong>telligenza nell’uomo e dell’ist<strong>in</strong>to nella<br />

bestia. Togliere il cuore a un uomo e <strong>in</strong>trodurre <strong>in</strong> lui un cuore di bestia è una<br />

metafora che significa privarlo dell’<strong>in</strong>telligenza e abbandonarlo <strong>in</strong> balia di ist<strong>in</strong>ti<br />

animaleschi. È questo che succederà a Nabucodonosor se non si umilierà davanti<br />

all’Altissimo e non ne riconoscerà l’eterna signoria.<br />

“Tempi” (aramaico }yénfDi( ‘iddanîn) è reso generalmente “anni” dagli antichi<br />

(i LXX, Giuseppe Flavio, Girolamo, Rashi, Ibn Ezra, Jefet...). Tra i moderni prevale<br />

la traduzione letterale “tempi”. Così Luzzi, R<strong>in</strong>aldi, Bern<strong>in</strong>i, la Bibbia di Gerusalemme,<br />

Osterwald ecc...). Anche Leupold preferisce l’espressione “sette<br />

tempi”, pur riconoscendo che l’aramaico è traducibile anche “sette anni”. Questo<br />

autore propende per un valore simbolico del numero sette (perfezione, compiutezza),<br />

qu<strong>in</strong>di op<strong>in</strong>a che dovrà trascorrere tutto il tempo necessario perché Dio<br />

compia la sua opera nell’animo del re 141. Lo stesso R<strong>in</strong>aldi: “...‘sette’ è <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato<br />

per ‘molti’, o è numero perfetto, per dire ‘tanti quanti saranno necessari’” 142.<br />

17 La cosa è decretata dai Veglianti, e la sentenza emana dai santi,<br />

aff<strong>in</strong>ché i viventi conoscano che l’Altissimo dom<strong>in</strong>a sul regno degli<br />

uom<strong>in</strong>i, ch’egli lo dà a chi vuole, e vi <strong>in</strong>nalza l’<strong>in</strong>fimo degli uom<strong>in</strong>i.<br />

Nabucodonosor deve sapere che l’ord<strong>in</strong>e di abbattere l’albero non è una frase<br />

banale. È un “decreto”, una “sentenza” e nello stesso tempo una “richiesta” che<br />

procedono dai “vigilanti e santi” (a ragione identificati con gli angeli da molti<br />

commentatori).<br />

141 - Vedi H. C. LEUPOLD, op. cit., p. 185.<br />

142 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 80.<br />

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