La modellistica di evento quale elemento di ... - Agriligurianet
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Allegato 3- progetto SPIRL II<br />
<strong>La</strong> <strong>modellistica</strong> <strong>di</strong> <strong>evento</strong> <strong>quale</strong> <strong>elemento</strong> <strong>di</strong><br />
valutazione previsionale del rischio e <strong>di</strong><br />
simulazione degli incen<strong>di</strong> boschivi.<br />
INDICE<br />
1 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DI CLASSI DI COMBUSTIBILE IN RELAZIONE<br />
AL TERRITORIO DELLA REGIONE LIGURIA.<br />
1.1 Introduzione<br />
1.2 <strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile<br />
1.3 <strong>La</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo<br />
1.4 <strong>La</strong> combustione della necromassa<br />
1.4.1 I fattori che regolano la combustione della necromassa<br />
1.4.2 L’umi<strong>di</strong>tà della necromassa<br />
1.5 <strong>La</strong> combustione della fitomassa<br />
1.5.1 Fattori che regolano la combustione della fitomassa.<br />
1.5.2 Umi<strong>di</strong>tà della fitomassa<br />
1.6 Criteri <strong>di</strong> classificazione dei consorzi vegetali.<br />
1.6.1 Introduzione<br />
1.6.2 L'esempio del National Fire Danger Rating System USDA<br />
1.6.3 L'esempio della classificazione del CEMAGREF (Francia)<br />
2 MAPPE GIORNALIERE DI RISCHIO PER LA PROPAGAZIONE<br />
DEGLI INCENDI BOSCHIVI.<br />
2.1 Introduzione<br />
2.2 Il Sistema Informativo Geografico<br />
2.3 <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno<br />
2.3.1 <strong>La</strong> classificazione del territorio secondo la carta CORINE <strong>La</strong>nd Cover<br />
2.3.2 L'Assetto Vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento<br />
Paesistico della Regione Liguria<br />
2.4 l Modello Digitale del Terreno<br />
2.5 Il modello LILAM<br />
2.6 Il modello BOLAM 99<br />
2.7 Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi.<br />
2.8 Funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong><br />
della Regione Liguria (S.P.I.R.L.).<br />
3 MODELLO DI SIMULAZIONE DI UN SINGOLO INCENDIO BOSCHIVO<br />
3.1 Introduzione<br />
3.1.1 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo stocastico<br />
3.1.2 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo statistico<br />
3.1.3 I modelli empirici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
3.1.4 I modelli fisici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
3.2 I modelli proposti al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria (S.P.I.R.L.)<br />
3.2.1 Il modello francese mo<strong>di</strong>ficato per il territorio ligure (Drouet)<br />
3.2.2 Il sistema FARSITE Fire Area Simulator<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
APPENDICE A: Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />
Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />
Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />
Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />
APPENDICE B: Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />
Formula per il calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione Vps:<br />
Formula <strong>di</strong> Blaney e Criddle per il calcolo dell'evapotraspirazione potenziale:<br />
Calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione in funzione dell'esposizione del terreno rispetto alla <strong>di</strong>rezione<br />
del vento:<br />
Coefficiente <strong>di</strong> vegetazione<br />
Procedura <strong>di</strong> assegnazione delle risorse <strong>di</strong>sponibili<br />
APPENDICE C: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo stocastico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />
boschivo<br />
APPENDICE D: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o boschivo<br />
APPENDICE E: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo empirico per la propagazione d’incen<strong>di</strong>o boschivo<br />
APPENDICE F: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo fisico <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
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1 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DI CLASSI DI COMBUSTIBILE IN<br />
RELAZIONE AL TERRITORIO DELLA REGIONE LIGURIA.<br />
1.1 Introduzione<br />
Le informazioni necessarie alla messa in funzione <strong>di</strong> una <strong>modellistica</strong> numerica della<br />
propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi, nell’ambito del funzionamento <strong>di</strong> un servizio <strong>di</strong> previsione,<br />
sono costituite essenzialmente dalla <strong>di</strong>stribuzione e dalla natura della vegetazione sul territorio.<br />
Infatti ogni <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> vegetazione rappresenta un <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> combustibile, che è un<br />
parametro fondamentale per il modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong>.<br />
Le variabili spazio-temporali che determinano la qualità e la quantità <strong>di</strong> combustibile vivo<br />
(fitomassa) o morto (necromassa) <strong>di</strong>sponibile in un’area geografica sono <strong>di</strong>rettamente legate<br />
alle caratteristiche proprie del sito in grado <strong>di</strong> influenzare la crescita vegetale. Esse quin<strong>di</strong><br />
comprendono: la quota sul livello del mare, l’esposizione rispetto al Nord geografico, la<br />
posizione geografica rispetto alla latitu<strong>di</strong>ne e alla longitu<strong>di</strong>ne e le caratteristiche fisiche e<br />
chimiche del suolo. Le variabili temporali sono invece costituite: dalla variazione nel tempo delle<br />
con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e dallo sta<strong>di</strong>o vegetativo della vegetazione stu<strong>di</strong>ata. Nei paragrafi<br />
seguenti verrà descritta la reazione <strong>di</strong> combustione del materiale vegetale in funzione delle<br />
caratteristiche del combustibile e, successivamente, verranno analizzati i fattori che influenzano<br />
la <strong>di</strong>sponibilità e le caratteristiche fisiche della necromassa e della fitomassa.<br />
1.2 <strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile<br />
Il materiale vegetale, sia esso nel pieno dello stato vegetativo (fitomassa), oppure già morto e<br />
depositatosi a terra (necromassa), rappresenta il combustibile in grado <strong>di</strong> alimentare il fuoco. Le<br />
sue caratteristiche fisiche, quali l’umi<strong>di</strong>tà, il contenuto in sostanza organica, in resine, cellulosa 1 ,<br />
lignina ed in altri composti ossidabili, sono i fattori che regolano la qualità della combustione, la<br />
cui evoluzione nello spazio e nel tempo <strong>di</strong>fferisce in maniera sostanziale al variare del materiale<br />
che il fuoco incontra lungo la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione.<br />
<strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile che provoca l’innesco del fuoco e la susseguente<br />
propagazione, <strong>di</strong>pende, oltre che dalla quantità e qualità del combustibile (che ad esempio<br />
determina la temperatura <strong>di</strong> accensione), anche dalla presenza del comburente (ossigeno).<br />
Si tenga presente che per bruciare una mole <strong>di</strong> cellulosa, pari a 162 grammi, sono necessari<br />
192 grammi <strong>di</strong> ossigeno. Visto che l’aria atmosferica contiene una percentuale <strong>di</strong> ossigeno pari<br />
al 21% in volume (23% in massa), ne <strong>di</strong>scende che un chilogrammo <strong>di</strong> cellulosa richiede, per<br />
potere essere completamente combusto, 4.3 m 3 <strong>di</strong> aria al livello del mare. Quest’osservazione<br />
può fare intuire l’enorme influenza che ha il movimento delle masse d’aria, e quin<strong>di</strong> il vento,<br />
nella <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo.<br />
<strong>La</strong> produzione <strong>di</strong> gas in seguito alla combustione della cellulosa e delle altre sostanze<br />
contenute nel combustibile vegetale è stata analizzata e stu<strong>di</strong>ata in numerosi lavori (Ohlemiller,<br />
1987), le numerose reazioni e le sostanze chimiche prodotte durante tale processo sono state<br />
isolate per alcuni tipi <strong>di</strong> combustibile, ricavando per ognuno <strong>di</strong> essi l’energia richiesta per alzare<br />
l’entalpia dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali <strong>di</strong> temperatura ed umi<strong>di</strong>tà fino all’accensione della massa<br />
vegetale.<br />
Le caratteristiche termo<strong>di</strong>namiche dei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> combustibile risultano <strong>di</strong>scriminanti nel<br />
comportamento del fuoco. Infatti, conoscendo la conducibilità e la capacità termica del<br />
materiale vegetale, si può ricavare l’entalpia dell’intera massa <strong>di</strong> combustibile, o <strong>di</strong> porzioni <strong>di</strong><br />
esso, in funzione della temperatura. Da essa <strong>di</strong>scende il “calore <strong>di</strong> reazione”, il “grado <strong>di</strong><br />
avanzamento della reazione” e la “energia <strong>di</strong> attivazione” necessaria all’accensione della<br />
massa.<br />
Un ruolo molto importante è assunto dal “calore massico” del combustibile, vale a <strong>di</strong>re dalla<br />
quantità <strong>di</strong> calore che esso è in grado <strong>di</strong> rilasciare per unità <strong>di</strong> massa. Considerando ad<br />
esempio un sistema alimentato da vegetazione viva lignea con un’umi<strong>di</strong>tà del 12 - 15%, è<br />
possibile riscontrare un potere calorico che varia me<strong>di</strong>amente dalle 3800 - 4500 kcal/kg per le<br />
conifere resinose alle 3500 - 3700 kcal/kg delle latifoglie.<br />
<strong>La</strong> temperatura a cui ha inizio il processo <strong>di</strong> ossidazione del materiale vegetale varia a seconda<br />
della composizione considerata e della sua umi<strong>di</strong>tà, come vedremo più in dettaglio nel seguito:<br />
convenzionalmente si assume la temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 320°C come il valore a cui corrisponde<br />
la decomposizione per pirolisi della cellulosa.<br />
1.3 <strong>La</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo<br />
Il meccanismo <strong>di</strong> propagazione del fuoco può essere semplificato secondo tre successive<br />
fasi:<br />
1. Una fonte <strong>di</strong> calore posta a contatto con il combustibile ne causa il riscaldamento,<br />
l'essiccazione e la parziale <strong>di</strong>stillazione delle sostanze contenute nel vegetale. In seguito allo<br />
1 <strong>La</strong> cellulosa è la componente principale del tessuto legnoso, e quin<strong>di</strong> del combustibile<br />
vegetale: essa si presenta come una struttura polimerica del glucosio del tipo (C6 H10 O5)n, con<br />
n numero elevato ma non definito. <strong>La</strong> combustione della cellulosa, ipotizzando una reazione<br />
completa, è descritta da: C6 H10 O5 + 6O2 → 6CO2 + 5 H2O<br />
71
sviluppo <strong>di</strong> gas infiammabili si ha l’accensione del combustibile. Durante questa prima fase, i<br />
gas prodotti in maggiore percentuale sono: vapore acqueo; anidride carbonica (CO2);<br />
monossido <strong>di</strong> carbonio (CO), quest’ultimo facilmente infiammabile. I prodotti condensabili<br />
contenuti nel combustibile, che verranno <strong>di</strong>stillati in una successiva fase, sono rappresentati<br />
da: vapore acqueo; acido etanoico o acetico (CH3-COOH); acido metanoico o formico (H-<br />
COOH), quest’ultimo presente in quantità considerevoli nel legno e negli aghi delle conifere;<br />
acido propionico (CH3-CH2-COOH) ed aci<strong>di</strong> grassi superiori, ovvero aci<strong>di</strong> con più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />
atomi <strong>di</strong> Carbonio: l’insieme delle frazioni condensabili è denominato “succo pirolegnoso”.<br />
2. Il calore prodotto dalla combustione è trasferito al combustibile non ancora innescato dai<br />
processi <strong>di</strong> convezione ed irraggiamento.<br />
3. L’assorbimento d’energia da parte del combustibile a<strong>di</strong>acente, non ancora interessato dal<br />
fuoco, alza l’entalpia della massa vegetale fino al punto in cui si ha l’inizio della<br />
decomposizione termica, come descritto nel punto 1 precedente: il fronte dell’incen<strong>di</strong>o avanza<br />
consumando il combustibile.<br />
<strong>La</strong> realtà fisica del meccanismo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo (definito in modo<br />
significativo in Nord America epidemic, “epidemico”) <strong>di</strong>pende fortemente dalle caratteristiche<br />
botaniche della vegetazione e dalla struttura effettiva del bosco.<br />
Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi può essere ricondotta, nella sua veste più<br />
schematica, a tre tipologie principali (Brown A.A., Davis K.P., 1973):<br />
• incen<strong>di</strong> sotterranei;<br />
• incen<strong>di</strong> radenti;<br />
• incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma.<br />
Le tipologie elencate vengono <strong>di</strong> seguito brevemente descritte: maggiori dettagli sono riportati<br />
nell’Appen<strong>di</strong>ce A.<br />
Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />
Sono caratterizzati dall’assenza <strong>di</strong> fiamma viva, bensì dalla lenta combustione degli strati<br />
organici del terreno. <strong>La</strong> reazione procede molto lentamente con valori <strong>di</strong> avanzamento del<br />
fronte dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0.1 – 0.15 m/ora, ed il calore viene per lo più trasmesso per conduzione. Il<br />
combustibile non reagisce completamente con lo scarso comburente (ossigeno) presente e la<br />
reazione non sia mai accompagnata da fiamma viva.<br />
Questo genere <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, in grado <strong>di</strong> propagarsi anche sotto un manto nevoso, non risulta<br />
particolarmente frequente nella casistica nazionale. Esso generalmente si verifica in<br />
concomitanza con un incen<strong>di</strong>o radente (si veda il successivo paragrafo) e richiede la presenza<br />
<strong>di</strong> un substrato torboso, o apparati ra<strong>di</strong>cali molto fitti. Le operazioni <strong>di</strong> spegnimento possono<br />
essere <strong>di</strong>fficili e <strong>di</strong> esito incerto: si è verificato infatti che incen<strong>di</strong> ritenuti spenti in realtà si siano<br />
propagati sottoterra per riprendere successivamente vigore molte ore dopo e a decine <strong>di</strong> metri<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />
Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />
E’ la tipologia più frequente <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o che si può riscontrare: essa consiste sia nella<br />
combustione della vegetazione posta al suolo, ovvero lo strato erbaceo e la lettiera, sia degli<br />
arbusti e dei cespugli.<br />
<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione può raggiungere valori notevoli dovuti all’elevato rapporto<br />
superficie/volume presentato da una lettiera composta da foglie secche, ramoscelli, strobili,<br />
cortecce ed altri residui vegetali.<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> fuoco radente è quello che si sviluppa sullo strato erbaceo: gli steli d’erba<br />
presentano un notevole rapporto superficie/volume e secondo la loro maggiore o minore<br />
umi<strong>di</strong>tà sono in grado <strong>di</strong> imprimere una violenta accelerazione alla velocità <strong>di</strong> propagazione del<br />
fuoco.<br />
Il fuoco radente che interessa i cespugli, il sottobosco e la macchia arbustiva è particolarmente<br />
insi<strong>di</strong>oso ed è generalmente riscontrabile durante le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minima umi<strong>di</strong>tà della<br />
vegetazione e dell’atmosfera, ovvero durante il riposo vegetativo invernale e nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
maggiore siccità estivi.<br />
Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />
Questi incen<strong>di</strong> interessano solo le chiome della vegetazione arborea, e possono propagarsi<br />
<strong>di</strong>rettamente da un albero ad un altro senza colpire le zone a contatto con il terreno.<br />
Sono caratteristici <strong>di</strong> alcuni climax, composti per lo più da Conifere, particolarmente ricche <strong>di</strong><br />
resine ed oli essenziali. Esse sono le prime sostanze ad essere estratte per <strong>di</strong>stillazione nella<br />
pirolisi, liberando gas infiammabili e miscele <strong>di</strong> vapori che poste a contatto con le fiamme<br />
esplodono pericolosamente.<br />
<strong>La</strong> classificazione data da Van Wagner nel 1977 <strong>di</strong>stingue tre principali tipi d’incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma:<br />
1) fuoco <strong>di</strong> chioma passivo; 2) fuoco <strong>di</strong> chioma attivo e 3) fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente.<br />
1. Fuoco <strong>di</strong> chioma passivo: definito in inglese torching, è tipico delle zone pianeggianti popolate<br />
da essenze resinose rade: si presenta in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> calma <strong>di</strong> vento ed in concomitanza con<br />
un incen<strong>di</strong>o radente.<br />
2. Fuoco <strong>di</strong> chioma attivo: in questa fase l’avanzamento del fuoco non è strettamente legato<br />
all’incen<strong>di</strong>o radente presente a terra, anche se l’energia sviluppata dal fuoco in chioma non è<br />
sufficiente ad autoalimentare la combustione. In effetti, si registra un’azione sinergica tra le due<br />
zone interessate dal fuoco: l’incen<strong>di</strong>o radente che si sviluppa a livello del terreno permette una<br />
continuità delle fiamme garantita dalle forti correnti convettive che lambiscono i palchi degli<br />
alberi; mentre il fuoco <strong>di</strong> chioma garantisce il preriscaldamento del combustibile al suolo dovuto<br />
all’alta emanazione termica dei palchi incen<strong>di</strong>ati degli alberi.<br />
3. Fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente: è tipico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vento teso ed è estremamente<br />
pericoloso perché caratterizzato da forti velocità d’avanzamento. Le intensità sono molto<br />
elevate e rendono in pratica impossibile l’avvicinamento al fronte da parte delle squadre addette<br />
allo spegnimento: il flusso <strong>di</strong> calore è, infatti, notevole ed è altresì riscontrabile il fenomeno dello<br />
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spotting, ossia la proiezione <strong>di</strong> tizzoni o parti <strong>di</strong> chioma incen<strong>di</strong>ate verso le zone non ancora<br />
interessate dal fuoco, con una propagazione molto veloce dell’incen<strong>di</strong>o.<br />
Per quanto visto nei paragrafi precedenti, risulta evidente il ruolo giuocato<br />
dai combustibili costituiti da materiale vegetale morto deposto a terra e dalle<br />
parti <strong>di</strong> pianta <strong>di</strong>ssecate (necromassa), rispetto ai combustibili composti da<br />
tessuti vascolarizzati e nel pieno dello stato vegetativo (fitomassa). Per<br />
questa ragione esaminiamo separatamente le due tipologie <strong>di</strong> combustibile<br />
nei due prossimi paragrafi.<br />
1.4 <strong>La</strong> combustione della necromassa<br />
1.4.1 I fattori che regolano la combustione della necromassa<br />
I fattori che regolano la combustione della necromassa sono:<br />
1. L’umi<strong>di</strong>tà;<br />
2. Il calore massico;<br />
3. <strong>La</strong> continuità;<br />
4. Le <strong>di</strong>mensioni<br />
Questi fattori sono esaminati singolarmente nel seguito in maggiore<br />
dettaglio:<br />
1. U<br />
mi<strong>di</strong>tà. Il consumo del materiale combustibile è legato al suo contenuto<br />
d’acqua. Questo è particolarmente vero per le classi <strong>di</strong> combustibile <strong>di</strong><br />
grande <strong>di</strong>ametro, mentre per i combustibili fini il passaggio del fuoco<br />
determina il consumo <strong>di</strong> quasi tutta la massa vegetale, con scarsa influenza<br />
dell’umi<strong>di</strong>tà contenuta (Reinhard, 1991). Vista l’importanza <strong>di</strong> questo<br />
parametro, esso sarà trattato singolarmente nel paragrafo 1.4.2<br />
2. C<br />
alore massico o potere calorico. E’ così definito il calore prodotto dalla<br />
combustione completa <strong>di</strong> un chilogrammo <strong>di</strong> combustibile vegetale. Ad<br />
esempio, il calore massico me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un combustibile ligneo <strong>di</strong> una latifoglia è<br />
<strong>di</strong> circa 4500 kcal/kg (Albini, 1976), mentre le essenze resinose possono<br />
arrivare ad un valore <strong>di</strong> 7500 kcal/kg (Byram, 1959); questa caratteristica<br />
rende possibile la propagazione del fuoco in consorzi vegetali ricchi <strong>di</strong><br />
resinose, anche in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà molto elevate generalmente non<br />
giu<strong>di</strong>cate pre<strong>di</strong>sponenti per altre essenze.<br />
3. C<br />
ontinuità. Il comportamento del fuoco, in relazione alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
propagazione e al consumo <strong>di</strong> materiale, è strettamente legato alla<br />
<strong>di</strong>sposizione nello spazio del combustibile. Se la <strong>di</strong>sposizione della<br />
vegetazione presenta delle zone <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità, l’influenza del vento può<br />
non essere sufficiente a propagare il fuoco, limitando la quantità <strong>di</strong><br />
combustibile che viene consumata.<br />
4. D<br />
imensioni. I combustibili deposti a terra con <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>e<br />
inferiori a 0.5 cm ed alcuni tipi <strong>di</strong> combustibile fino a 6 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro sono<br />
completamente consumati dal passaggio del fuoco in quasi tutte le<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o riscontrabili (Martin, 1979). Il materiale combustibile <strong>di</strong><br />
grande <strong>di</strong>ametro, quali tronchi d’albero o rami <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni,<br />
rappresenta una fonte <strong>di</strong> propagazione molto pericolosa, se la <strong>di</strong>stanza tra<br />
gli elementi che lo compongono è inferiore a 1.5 metri; per <strong>di</strong>stanze<br />
superiori, anche in presenza <strong>di</strong> forte vento, è assai <strong>di</strong>fficile che si possa<br />
verificare una propagazione del fuoco.<br />
1.4.2 L’umi<strong>di</strong>tà della necromassa<br />
L’umi<strong>di</strong>tà ha un effetto preponderante sulla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> materiale vegetale<br />
combustibile, com’è logico aspettarsi. Infatti buona parte del calore prodotto<br />
73
dalla combustione è utilizzato per cambiare lo stato dell’acqua (da liquido a<br />
gassoso) che viene allontanata dalla massa vegetale appunto sotto forma <strong>di</strong><br />
vapore, come visto nel paragrafo 1.2. Se l’umi<strong>di</strong>tà presente nel combustibile<br />
è elevata, il calore generato dalla combustione può quin<strong>di</strong> essere<br />
insufficiente ad allontanare tutta l’acqua e la temperatura <strong>di</strong> accensione della<br />
fiamma può non essere più raggiunta dagli strati <strong>di</strong> combustibile a<strong>di</strong>acenti<br />
alle zone infiammate: questo può determinare il rallentamento o lo<br />
spegnimento della fiamma.<br />
Nel seguito esaminiamo in maggiore dettaglio: quant’acqua allo stato liquido<br />
può essere contenuta nei vegetali (1); il ruolo del vapore d’acqua<br />
nell’atmosfera in cui il vegetale si trova (2); la definizione <strong>di</strong> contenuto<br />
d’umi<strong>di</strong>tà d’equilibrio (3); e la classificazione dei combustibili morti secondo il<br />
principio del “tempo <strong>di</strong> ritardo” (4); il ruolo della temperatura dell’aria (5); il<br />
ruolo della temperatura del combustibile (6); il ruolo del vento (7).<br />
1. Acqua nella necromassa. L’acqua meteorica può essere presente sia sulla superficie che<br />
nelle cellule del materiale vegetale (Schroeder, 1970). Infatti l’acqua allo stato liquido è<br />
assorbita velocemente dai combustibili attraverso la superficie esposta all’atmosfera e al<br />
suolo, riempiendo le cavità cellulari e gli spazi intracellulari. <strong>La</strong> durata delle precipitazioni<br />
è fondamentale nella determinazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà, il legno infatti è in grado<br />
<strong>di</strong> assorbire acqua fino a quando la superficie esterna del combustibile è bagnata: per<br />
questo motivo, la durata della precipitazione è un dato più significativo dell’altezza <strong>di</strong><br />
pioggia per determinare il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà della vegetazione. <strong>La</strong> quantità d’acqua<br />
precipitata è invece un dato fondamentale qualora si debba calcolare il tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />
strati <strong>di</strong> combustibile organico (Simard, 1968; Simard, 1982) Al punto <strong>di</strong> saturazione delle<br />
fibre, cioè quando le pareti cellulari racchiudono quanta più acqua possibile, l’acqua<br />
generalmente rappresenta il 30 –35% del peso secco del combustibile (Mc Cammon,<br />
1976).<br />
2. Acqua nell’atmosfera. L’acqua presente in atmosfera sotto forma gassosa è chiamata<br />
vapore acqueo. Il massimo contenuto <strong>di</strong> vapore che un’unità <strong>di</strong> volume <strong>di</strong> atmosfera può<br />
contenere, <strong>di</strong>pende quasi esclusivamente dalla temperatura dell’aria e in modo<br />
trascurabile dalla pressione atmosferica. Le molecole d’acqua in un combustibile possono<br />
essere adsorbite dalla cellulosa o trattenute per capillarità attraverso le pareti cellulari; se<br />
la pressione <strong>di</strong> vapore sulla superficie delle pareti cellulari è minore della pressione <strong>di</strong><br />
vapore nell’atmosfera, il combustibile è in grado <strong>di</strong> acquisire acqua dall’atmosfera<br />
aumentando la propria umi<strong>di</strong>tà (Simard, 1968).<br />
3. Contenuto d’umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> equilibrio (Equilibrium Moisture Con<strong>di</strong>tion: EMC). Viene<br />
definito così "il valore <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà registrabile nel combustibile se questo venisse esposto a<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura e umi<strong>di</strong>tà relativa costanti per un tempo infinito" (Schroeder,<br />
1970). L'EMC determina quin<strong>di</strong> l'ammontare d’acqua che uno specifico tipo <strong>di</strong> vegetale<br />
può contenere se in equilibrio con l’ambiente esterno in date con<strong>di</strong>zioni (Simard, 1968).<br />
Esiste un unico EMC per ciascuna combinazione <strong>di</strong> temperatura atmosferica e umi<strong>di</strong>tà<br />
relativa, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> vapore associata (Schroeder, 1970). Se il contenuto <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>tà del combustibile è più grande <strong>di</strong> EMC, il vapore si <strong>di</strong>ffonde all'esterno del<br />
combustibile ed esso <strong>di</strong>viene più secco. Se il contenuto <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà del combustibile è<br />
inferiore all'EMC, si hanno dei trasferimenti <strong>di</strong> vapore d'acqua nelle cellule del<br />
combustibile ed il combustibile <strong>di</strong>viene più umido. Va però tenuto presente che la velocità<br />
con cui il combustibile scambia il vapore acqueo con l'atmosfera è inferiore alla velocità<br />
con cui variano la temperatura e l'umi<strong>di</strong>tà dell'aria: per questo motivo il contenuto <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>tà del combustibile nei fatti non raggiunge mai un equilibrio stabile.<br />
4. Classificazione dei combustibili morti. Le necromasse sono solitamente sud<strong>di</strong>vise in<br />
classi <strong>di</strong>mensionali definite attraverso il cosiddetto time lag o “tempo <strong>di</strong> ritardo”, definito<br />
come il periodo <strong>di</strong> tempo necessario, ad ogni <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> combustibile, per perdere il<br />
63% dell’umi<strong>di</strong>tà originale, alle con<strong>di</strong>zioni EMC e nelle con<strong>di</strong>zioni standard <strong>di</strong> 80 F (26.7<br />
°C) e al 20% <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà relativa (Schroeder, 1970). Esiste una correlazione <strong>di</strong>retta tra il<br />
time lag e le <strong>di</strong>mensioni del combustibile (il <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o): i vegetali che presentano<br />
<strong>di</strong>ametri piccoli hanno un alto rapporto tra la superficie esposta ed il volume e sono quin<strong>di</strong><br />
caratterizzati da una rapida variazione del livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà in essi contenuta in relazione<br />
alla variazione della temperatura e dell'umi<strong>di</strong>tà atmosferica (time lag breve). I combustibili<br />
<strong>di</strong> grande <strong>di</strong>ametro invece hanno una piccola superficie rispetto al volume e il loro<br />
contenuto d'umi<strong>di</strong>tà cambia molto più lentamente in risposta ai cambiamenti delle variabili<br />
meteorologiche. Vengono solitamente definite le seguenti quattro classi <strong>di</strong>mensionali in<br />
funzione del time lag (<strong>La</strong>ncaster, 1970):<br />
1 ora: combustibile <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, con <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o φ ≤ 5 mm: a questa<br />
classe appartengono le piante erbacee <strong>di</strong>sseccate e le parti più fini della lettiera del<br />
bosco, cioè lo strato <strong>di</strong> vegetazione che si forma ai pie<strong>di</strong> della vegetazione d’alto<br />
fusto;<br />
10 ore: combustibile <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>o-piccole con 6 mm ≤ φ ≤ 25 mm e lettiera con<br />
profon<strong>di</strong>tà che può arrivare ai 20 -25 mm;<br />
100 ore: combustibile <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni con 25 mm < φ ≤ 75 mm e lettiera con<br />
profon<strong>di</strong>tà massima che può raggiungere i 75 - 80 mm;<br />
74
1000 ore: combustibile <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni con <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o 75 mm < φ ≤ 200<br />
mm e lettiera con profon<strong>di</strong>tà massima oltre gli 80 mm.<br />
5. Temperatura dell’aria. <strong>La</strong> temperatura dell’aria influenza l’umi<strong>di</strong>tà atmosferica e quin<strong>di</strong> la<br />
pressione <strong>di</strong> vapore e <strong>di</strong> conseguenza, per quanto visto, il contenuto d’acqua d’equilibrio<br />
dei combustibili.<br />
6. Temperatura del combustibile. L’aumento della temperatura del combustibile, a parità <strong>di</strong><br />
temperatura esterna, <strong>di</strong>minuisce l’EMC e l’umi<strong>di</strong>tà relativa nella zona <strong>di</strong> microclima che si<br />
forma a contatto con il materiale (Rothermel, 1986). <strong>La</strong> temperatura del combustibile è<br />
influenzata dall’acclività, dal tipo <strong>di</strong> combustibile, dall’ora del giorno, dalla copertura<br />
nuvolosa, dalla copertura vegetale viva, dalla ra<strong>di</strong>azione solare e dall’albedo del materiale<br />
vegetale.<br />
7. Vento. Il vento ha un effetto importante sui combustibili lignei, specie se <strong>di</strong> piccolo<br />
<strong>di</strong>ametro, in quanto il vento è in grado <strong>di</strong> allontanare dai combustibili una grande quantità<br />
<strong>di</strong> vapore acqueo. Quando il combustibile è al <strong>di</strong> sotto del punto <strong>di</strong> saturazione delle fibre,<br />
l’acqua <strong>di</strong>ffonde dalle fibre più interne verso l’esterno, fino al punto <strong>di</strong> completo<br />
<strong>di</strong>seccamento delle fibre (Schroeder, 1970).<br />
1.5 <strong>La</strong> combustione della fitomassa<br />
1.5.1 Fattori che regolano la combustione della fitomassa.<br />
I combustibili vivi possono rappresentare sia una risorsa in grado <strong>di</strong><br />
aumentare la quantità <strong>di</strong> calore prodotta dall'incen<strong>di</strong>o che una ‘pompa’ in<br />
grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire il contributo calorico <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo. Il<br />
comportamento della fitomassa nella reazione <strong>di</strong> combustione è<br />
<strong>di</strong>rettamente legato al suo contenuto in umi<strong>di</strong>tà: un basso tenore <strong>di</strong> acqua<br />
permette ai combustibili morti <strong>di</strong> propagare le fiamme anche a quelli vivi<br />
assommandone il calore prodotto, viceversa se il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà è<br />
elevato essi sono in grado <strong>di</strong> assorbire gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> calore senza<br />
propagare le fiamme (Burgan, 1984).<br />
1.5.2 Umi<strong>di</strong>tà della fitomassa<br />
I fattori che regolano l’umi<strong>di</strong>tà dei combustibili vivi sono sia <strong>di</strong> origine<br />
morfologica, cioè propri delle caratteristiche <strong>di</strong> forma e del tipo <strong>di</strong> portamento<br />
del vegetale, che fisiologica, cioè legati al ciclo vegetativo stagionale delle<br />
piante e, quin<strong>di</strong>, alle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche locali. Generalmente le<br />
piante decidue tendono ad avere un alto contenuto d’umi<strong>di</strong>tà rispetto alle<br />
piante semprever<strong>di</strong> e presentano una variazione stagionale molto marcata.<br />
Di seguito vengono elencate alcune tipologie <strong>di</strong> vegetazione in relazione al<br />
loro comportamento nella variazione del contenuto in acqua.<br />
1. Vegetazione erbacea: l’umi<strong>di</strong>tà varia in modo significativo a seconda della specie. In ogni<br />
caso durante la fase <strong>di</strong> crescita il livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà è elevato perché sono presenti nuovi<br />
tessuti. Nelle aree contrad<strong>di</strong>stinte da stagioni estive molto calde e siccitose, in primavera<br />
è osservabile un livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà molto maggiore (anche fino al 150%) dell’umi<strong>di</strong>tà estiva.<br />
2. Vegetazione arborea decidua: il comportamento generale <strong>di</strong> questi combustibili consiste<br />
in un rapido incremento dell’umi<strong>di</strong>tà durante la germogliazione al risveglio vegetativo ed<br />
una lenta <strong>di</strong>minuzione dell’umi<strong>di</strong>tà fino alla per<strong>di</strong>ta delle foglie.<br />
3. Vegetazione arborea sempreverde: il comportamento <strong>di</strong> questa vegetazione è più<br />
complesso <strong>di</strong> quella decidua; la tendenza generale è quella <strong>di</strong> avere valori massimi <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>tà nel periodo primaverile e minimi in quello invernale; il tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà decresce<br />
significativamente dopo la fase <strong>di</strong> ricrescita post invernale.<br />
4. Vegetazione arborea resinosa (conifere): il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà delle conifere è<br />
strettamente legato allo sta<strong>di</strong>o vegetativo delle specie; durante il risveglio vegetativo, alla<br />
crescita delle gemme, la richiesta d’acqua è notevole e la vascolarizzazione dei tessuti<br />
fogliari è massima. Il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà è anche funzione dell’età della pianta, ma<br />
generalmente il range <strong>di</strong> variazione è compreso in un intervallo del 20–40 %. Le<br />
osservazioni sperimentali hanno evidenziato la capacità delle resinose <strong>di</strong> trasportare<br />
rapidamente l’acqua verso le foglie quando la temperatura dell’aria cresce<br />
repentinamente, ad esempio durante un incen<strong>di</strong>o boschivo: questo permette alle essenze<br />
resinose <strong>di</strong> rallentare (per quanto è possibile) il <strong>di</strong>seccamento dei rami e degli aghi ed<br />
inibire l’accensione <strong>di</strong> un fuoco <strong>di</strong> chioma (crown fire): si vedano il Paragrafo 1.3 e<br />
l’Appen<strong>di</strong>ce A. Nelle stagioni siccitose questo meccanismo non è così efficiente ed anche<br />
per questo motivo le conifere risultano particolarmente infiammabili.<br />
75
1.6 Criteri <strong>di</strong> classificazione dei consorzi vegetali.<br />
1.6.1 Introduzione<br />
L’esigenza <strong>di</strong> riassumere in un limitato numero <strong>di</strong> “modelli <strong>di</strong> combustibile” le<br />
caratteristiche vegetative e <strong>di</strong> comportamento al fuoco dei <strong>di</strong>versi consorzi<br />
vegetali che ricoprono il territorio, rende necessaria una classificazione<br />
sistematica <strong>di</strong> questi ultimi in funzione delle loro caratteristiche morfologiche<br />
e fisiologiche. I modelli <strong>di</strong> combustibile devono essere in grado <strong>di</strong> definire<br />
una classificazione <strong>di</strong> sintesi delle specie presenti che riesca a descrivere,<br />
con un numero ridotto <strong>di</strong> parametri, il comportamento della vegetazione in<br />
relazione al passaggio del fuoco.<br />
1.6.2 L'esempio del National Fire Danger Rating System USDA<br />
Un esempio molto noto <strong>di</strong> classificazione dei combustibili in funzione del loro<br />
comportamento all’attraversamento e alla permanenza del fuoco è lo<br />
schema procedurale <strong>di</strong> Anderson utilizzato per la determinazione .delle<br />
classi <strong>di</strong> combustibile del National Fire Danger Rating System in uso dal<br />
1978 presso il Forest Service dello United States Departement of Agriculture<br />
(USDA) (Deeming, 1977). A partire dai primi anni sessanta il Forest Service<br />
ha iniziato un’intensa attività <strong>di</strong> ricerca per la definizione <strong>di</strong> un Sistema <strong>di</strong><br />
Classificazione della copertura vegetale utile al funzionamento del National<br />
Fire Danger Rating System; questa attività portò alla definizione <strong>di</strong> due<br />
modelli <strong>di</strong> combustibile nel 1964, aumentati a nove nel 1972 (Deeming,<br />
1972), <strong>di</strong>ventati successivamente 20 nel 1978 (Deeming, 1978) e mo<strong>di</strong>ficati<br />
da Burgan nel 1988. Durante questi anni, parallelamente alle attività <strong>di</strong><br />
ricerca del National Fire Danger Rating System, si svilupparono le tecniche<br />
<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>zione del comportamento del fuoco, soprattutto grazie<br />
all’introduzione dei modelli <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> (Rothermel, 1972),<br />
che richiedono in input la descrizione vegetale delle aree oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. I<br />
modelli <strong>di</strong> vegetazione utilizzati dall’USDA Forest Service per il<br />
funzionamento dei modelli <strong>di</strong> propagazione sono 13 e sono stati ricavati, per<br />
questo fine, da Rothermel (1972) e Albini (1976); esiste una relazione in<br />
grado <strong>di</strong> definire una corrispondenza tra i 13 modelli <strong>di</strong> combustibile utilizzati<br />
per la simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> ed i 20 modelli <strong>di</strong><br />
combustibile utilizzati dal National Fire Danger Rating System<br />
<strong>La</strong> metodologia generale, dovuta ad Anderson (1982), utilizzata per la<br />
descrizione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> combustibile deve necessariamente contenere<br />
le seguenti informazioni:<br />
1. il carico <strong>di</strong> combustibile [kg/m 2 ], ovvero la quantità <strong>di</strong> vegetazione viva o morta <strong>di</strong>sponibile<br />
per unità <strong>di</strong> superficie;<br />
2. <strong>La</strong> profon<strong>di</strong>tà della lettiera [cm], ovvero l’altezza me<strong>di</strong>a della necromassa deposta sul<br />
terreno e composta dalle foglie cadute nella stagione autunnale, dai ramoscelli e dal<br />
materiale arbustivo ed erbaceo morto depositatosi ai pie<strong>di</strong> della vegetazione d’alto fusto;<br />
3. Il rapporto tra superficie e volume della lettiera [m 2 /m 3 ];<br />
4. il calore massico [kcal/kg], ovvero la quantità <strong>di</strong> calore sviluppata dalla ossidazione<br />
completa <strong>di</strong> un’unita <strong>di</strong> combustibile;<br />
5. l'umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> estinzione [%], ovvero la percentuale in peso <strong>di</strong> acqua contenuta nel<br />
combustibile oltre la <strong>quale</strong> non è più possibile la combustione;<br />
6. il contenuto in sostanze infiammabili [%], espresso in percentuale sul peso secco della<br />
massa <strong>di</strong> vegetale.<br />
Il “carico <strong>di</strong> combustibile” e la “profon<strong>di</strong>tà della lettiera”, sono le caratteristiche più importanti<br />
nella pre<strong>di</strong>zione del comportamento del fuoco, sia in relazione alle cause <strong>di</strong> accensione che alla<br />
velocità <strong>di</strong> avanzamento del fronte [m/s] ed alla sua intensità lineare [kW/m].<br />
Una prima macroscopica classificazione dei combustibili prevede l’utilizzo <strong>di</strong> soli quattro<br />
“modelli <strong>di</strong> combustione” chiamati da Anderson (1982) “gruppi generali <strong>di</strong> combustibile”, essi<br />
sono:<br />
1. vegetazione erbacea;<br />
2. vegetazione <strong>di</strong> sottobosco;<br />
3. vegetazione arborea;<br />
4. materiale d’accumulo <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni.<br />
76
<strong>La</strong> <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> comportamento dei <strong>di</strong>versi gruppi in relazione al fuoco è fondamentalmente<br />
legata al carico <strong>di</strong> combustibile e alla profon<strong>di</strong>tà della lettiera, queste caratteristiche <strong>di</strong>vidono i<br />
possibili modelli in due <strong>di</strong>stinte categorie aventi al loro interno due gruppi <strong>di</strong> combustibile<br />
ciascheduno (si veda la Figura 1 tratta da Anderson, 1982).<br />
In tale <strong>di</strong>agramma in ascissa è descritto il carico del combustibile (in<br />
tons/acro pari a 0.22 kg/m 2 ) ed in or<strong>di</strong>nata la profon<strong>di</strong>tà della lettiera (in pie<strong>di</strong><br />
pari a 30.48 cm).<br />
I gruppi <strong>di</strong> vegetazione erbacea e <strong>di</strong> sottobosco sono caratterizzati da un<br />
“orientamento verticale”, nel senso che un limitato aumento del carico<br />
implica un rapido aumento della profon<strong>di</strong>tà della lettiera. I gruppi <strong>di</strong><br />
vegetazione boschiva ed arbustiva sono invece caratterizzati da un<br />
“orientamento orizzontale”, nel senso che lo spessore della lettiera aumenta<br />
relativamente poco all'aumentare del carico <strong>di</strong> combustibile.<br />
Nella Figura 2 (tratta da Anderson, 1982) è invece riportato un grafico in cui,<br />
per ognuno dei quattro gruppi generali <strong>di</strong> combustibile, è definita la massima<br />
frazione percentuale <strong>di</strong> materiale vegetale costituente il gruppo, sud<strong>di</strong>visa in<br />
classi <strong>di</strong> grandezza misurate in pollici (1 pollice, inch in inglese, è pari a 2.54<br />
cm). <strong>La</strong> ripartizione del carico <strong>di</strong> combustibile, per i quattro gruppi generali,<br />
sud<strong>di</strong>viso in classi <strong>di</strong> grandezza, definisce la capacità <strong>di</strong> innesco e <strong>di</strong><br />
propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o forestale: la presenza <strong>di</strong> un’elevata percentuale<br />
<strong>di</strong> materiale fine rende più facilmente propagabile il fuoco ma, in caso <strong>di</strong> una<br />
forte compattazione della lettiera rende minore la possibilità <strong>di</strong> scambio con<br />
l’atmosfera <strong>di</strong> vapore acqueo e, <strong>di</strong> conseguenza, minore è la velocità <strong>di</strong><br />
accensione e propagazione del combustibile.<br />
77<br />
Figura 1. Classificazione<br />
dei quattro “gruppi<br />
generali <strong>di</strong> combustibile”<br />
in relazione alla<br />
“profon<strong>di</strong>tà della lettiera”<br />
(in or<strong>di</strong>nata) ed il “carico <strong>di</strong><br />
combustibile” (in ascissa).<br />
Figura 2. Distribuzione<br />
del carico, per le<br />
quattro classi generali<br />
<strong>di</strong> vegetazione, in<br />
funzione della frazione<br />
massima del carico <strong>di</strong><br />
combustibile sud<strong>di</strong>viso<br />
per classi <strong>di</strong><br />
grandezza.
A partire dai quattro gruppi generali è possibile costruire numerosi modelli <strong>di</strong><br />
combustibile più particolareggiati, in grado <strong>di</strong> definire con maggiore dettaglio<br />
la copertura vegetale del territorio.<br />
Un esempio particolarmente interessante in questa <strong>di</strong>rezione sono i 13<br />
modelli <strong>di</strong> combustibile usati dallo USDA Forest Service Per la simulazione<br />
numerica della propagazione del fuoco (Albini, 1976). Nella Tabella 1 viene<br />
riportata, a titolo <strong>di</strong> esempio, la classificazione <strong>di</strong> Albini e le caratteristiche<br />
principali dei combustibili vivi e morti.<br />
Mod.<br />
Tipo <strong>di</strong> vegetazione ed<br />
altezza me<strong>di</strong>a [cm]<br />
78<br />
Carico <strong>di</strong> Combust.<br />
1 h 10h 100h Vivo<br />
Praterie kg m -2<br />
1 Erba bassa (fino a 30<br />
cm)<br />
Prof.<br />
Lettier<br />
a [cm]<br />
Umi<strong>di</strong>tà<br />
estinzion<br />
e [%]<br />
0.17 - - - 30 12<br />
2 Erba e sottobosco 0.45 0.22 0.11 0.11 30 15<br />
3 Erba alta (fino a 75 cm) 0.68 - - - 75 25<br />
Arbusteti e macchia kg m -2<br />
4 Arbusteto (180 cm) 1.12 0.9 0.45 1.12 180 20<br />
5 Boscaglia (60 cm) 0.22 0.11 - 0.45 60 20<br />
6 Boscaglia caducifolia,<br />
cortecce<br />
0.34 0.56 0.45 - 75 25<br />
7 Macchia 0.25 0.42 0.34 0.08 75 40<br />
Lettiera boschiva kg m -2<br />
8 Lettiera <strong>di</strong> bosco ceduo<br />
fitto<br />
9 Lettiera <strong>di</strong> bosco <strong>di</strong><br />
latifoglia<br />
10 Lettiera <strong>di</strong> bosco e<br />
sottobosco<br />
Materiale <strong>di</strong><br />
sottobosco<br />
0.34 0.22 0.56 - 6 30<br />
0.66 0.1 0.03 - 6 25<br />
0.68 0.45 1.12 0.45 30 25<br />
kg m -2<br />
11 Leggero 0.34 1 1.24 - 30 15<br />
12 Me<strong>di</strong>o 0.9 3.15 3.71 - 70 20<br />
13 Pesante 1.54 5.07 6.2 - 90 25<br />
Tabella 1: Classificazione dei combustibili secondo Albini (1976)<br />
1.6.3 L'esempio della classificazione del CEMAGREF (Francia)<br />
Un esempio <strong>di</strong> classificazione della vegetazione particolarmente<br />
interessante, per la stretta analogia territoriale, climatica e vegetazionale con<br />
la regione Liguria, è quello della classificazione della vegetazione operata<br />
dal CEMAGREF (Centre National du Machinisme Agricole du Génie Rural<br />
des Eaux e des Forets - Centre pour la recherche pour l’ingenierie de<br />
l’agriculture et de l’environnement) in Francia sudorientale, per un progetto<br />
<strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> cartografia degli incen<strong>di</strong> boschivi (Jappiot e Mariel, 1998)<br />
L’obiettivo che si era posto il lavoro era quello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare delle classi <strong>di</strong><br />
combustibile sud<strong>di</strong>vise per chiavi <strong>di</strong> struttura (altezza dal suolo) e <strong>di</strong><br />
composizione botanica (specie arboree e arbustive). Le specie arboree sono<br />
state considerate come classi dominanti, nel senso che la loro presenza è<br />
preponderante per il comportamento del fuoco; sono stati definiti quattro<br />
gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile (A, B, C, D) classificati secondo l’altezza<br />
delle chiome da terra, l’altezza della vegetazione arbustiva <strong>di</strong> sottobosco (in<br />
francese maquis: macchia) e la continuità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sul terreno. I<br />
consorzi vegetali isolati sull'area in esame (una zona della Provenza) sono<br />
15 e rappresentano le <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> combustibile arboreo ricadenti, nella<br />
loro varia composizione, nei quattro gruppi <strong>di</strong> combustibile sopra visti. Nella<br />
Tabella 2 viene presentato uno schema delle chiavi <strong>di</strong> classificazione dei
quattro gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile, mentre in Tabella 3 è riportata<br />
la classificazione dei quin<strong>di</strong>ci modelli <strong>di</strong> consorzi vegetali presenti nella zona<br />
in esame<br />
79<br />
A B C D<br />
Alberi (m) > 6 > 6 > 6 3-6<br />
Macchia continua (m) NO NO > 3 < 3<br />
Macchia<br />
(m)<br />
<strong>di</strong>scontinua < 3 NO NO NO<br />
Erba NO SI NO NO<br />
Tabella 2. Chiavi <strong>di</strong> classificazione dei 4 gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile<br />
TIPO DESCRIZIONE GRUPPO<br />
1 Pineta alta con macchia alta (Arbutus unedo) C<br />
2 Pineta alta (Pinus pinaster, P. alepensis + Quecus ilex) con macchia<br />
bassa<br />
3 Pineta bassa (Pinus pinaster + Quecus ilex, Q. suber) con macchia<br />
bassa<br />
4 Pineta alta (Pinus pinaster, P. alepensis) su , Quercus suber D<br />
5 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex, Pinus alepensis) su<br />
macchia alta (Phyllaria latifolia, Phyllaria angustifolia)<br />
6–7 Querceto basso (Quercus pubescens, Q: ilex) su bassa macchia<br />
(Cytisus triflorus)<br />
8 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex, Pinus alepensis) su<br />
macchia me<strong>di</strong>o bassa (Cytisus triflorus e Calicotomo)<br />
9 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex,Pinus alepensis) su<br />
macchia bassa (Cytisus triflorus, Erica arborea, E. scoparia)<br />
10 Arbusteto + Quercus suber +Pinus alepensis su macchia alta<br />
(Phyllaria latifolia, Phyllaria angustifolia)<br />
11 Noccioli, Olmi, Ornielli B<br />
12 Castagneti B<br />
13 Bosco misto <strong>di</strong> castagno B<br />
14 Quercia pura B<br />
15 Bosco misto B<br />
Tabella 3. I quin<strong>di</strong>ci modelli <strong>di</strong> consorzi vegetali ed il relativo gruppo <strong>di</strong> combustibile<br />
A<br />
D<br />
C<br />
D<br />
A<br />
A<br />
C
2 MAPPE GIORNALIERE DI RISCHIO PER LA<br />
PROPAGAZIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI.<br />
2.1 Introduzione<br />
<strong>La</strong> finalità che si propone il sistema descritto in questo documento è quella<br />
<strong>di</strong> produrre delle mappe giornaliere della potenziale propagazione degli<br />
incen<strong>di</strong> boschivi, le grandezze che devono essere valutate in relazione a<br />
questo obiettivo sono: la velocità <strong>di</strong> avanzamento potenziale [km/ora] degli<br />
incen<strong>di</strong> e la sua intensità lineare [kW/m]. Questi dati saranno resi <strong>di</strong>sponibili<br />
per l'intero territorio regionale su <strong>di</strong> una griglia composta da celle regolari.<br />
I dati necessari al funzionamento del sistema che viene proposto per il<br />
Servizio <strong>di</strong> Previsione degli Incen<strong>di</strong> boschivi della Regione Liguria<br />
(S.P.I.R.L.) sono:<br />
1. C<br />
opertura vegetale del territorio;<br />
2. A<br />
cclività ed esposizione dei versanti;<br />
3. U<br />
: <strong>di</strong>rezione me<strong>di</strong>a del vento, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />
4. V<br />
: intensità me<strong>di</strong>a del vento, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato, a due metri <strong>di</strong> quota dal<br />
suolo;<br />
5. T<br />
: temperatura me<strong>di</strong>a dell’aria, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />
6. R<br />
H: umi<strong>di</strong>tà relativa percentuale me<strong>di</strong>a dell’aria, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />
7. H<br />
: numero <strong>di</strong> ore trascorse dall’ultima precipitazione atmosferica;<br />
Nei paragrafi a seguire verranno descritti gli strumenti con cui è possibile ricavare i dati<br />
sopra elencati. <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno verrà ricavata da una modellazione dei<br />
combustibili; l’orografia della Regione verrà ottenuta da un modello <strong>di</strong>gitale del terreno<br />
(Digital Terrain Model DTM), mentre i dati meteorologici saranno implementati nel sistema<br />
grazie alle uscite dei modelli in uso presso il Centro Meteo-Idrologico della Regione<br />
Liguria (CMIRL); lo strumento che permetterà l'acquisizione <strong>di</strong> questi dati, provenienti da<br />
fonti <strong>di</strong>verse ed eterogenee, la loro esatta localizzazione geografica, le successive<br />
elaborazioni algoritmiche necessarie alla simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong><br />
boschivi e la successiva visualizzazione, è il Sistema Informativo Geografico (Geographic<br />
Information System GIS), nel paragrafo seguente si descrive brevemente il suo<br />
funzionamento.<br />
2.2 Il Sistema Informativo Geografico<br />
Un Sistema Informativo Geografico (Geographic Information System GIS) è uno strumento<br />
software in grado <strong>di</strong> relazionare oggetti grafici georeferenziati contenuti in una base <strong>di</strong> dati,<br />
in<strong>di</strong>viduati univocamente sulla superficie terrestre dalle loro coor<strong>di</strong>nate geografiche, attraverso<br />
algoritmi che ne descrivano il comportamento nello spazio e nel tempo. <strong>La</strong> possibilità <strong>di</strong><br />
mo<strong>di</strong>ficare le proprietà degli oggetti grafici utilizzando un linguaggio <strong>di</strong> programmazione e la<br />
possibilità <strong>di</strong> interrogare le basi <strong>di</strong> dati <strong>di</strong>sponibili con un linguaggio SQL, (Structured Query<br />
<strong>La</strong>nguage, linguaggio standard relazionale per basi <strong>di</strong> dati ideato nel 1986 dall’ANSI) permette<br />
ad un sistema GIS <strong>di</strong> essere uno strumento estremamente versatile ed utile per lo scopo<br />
prefisso dal progetto S.P.I.R.L.<br />
L'algoritmo <strong>di</strong> simulazione della propagazione dell’incen<strong>di</strong>o, grazie al sistema informativo<br />
geografico permette <strong>di</strong> ottenere una rappresentazione molto particolareggiata del territorio, in<br />
relazione alle zone che presentano un più elevato livello <strong>di</strong> attenzione per la propagazione <strong>di</strong><br />
incen<strong>di</strong>o boschivo. Con esso è possibile descrivere il territorio in relazione alla potenziale<br />
propagazione degli incen<strong>di</strong> nonché riportare graficamente i confini amministrativi, la viabilità<br />
secondaria, principale, le linee ferroviarie, i punti <strong>di</strong> approvvigionamento idrico e le risorse<br />
<strong>di</strong>sponibili, il reticolo idrografico e le zone lacuali, le curve <strong>di</strong> livello a cento metri, la<br />
zonizzazione urbana, la toponomastica, la vegetazione e l'uso del suolo.<br />
80
2.3 <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno<br />
Nel capitolo precedente sono stati introdotti i criteri relativi alla definizione delle classi <strong>di</strong><br />
combustibile con cui descrivere la copertura vegetale del territorio. In Italia non è <strong>di</strong>sponibile, ad<br />
oggi, una classificazione <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> combustibile e gli unici passi compiuti in questa <strong>di</strong>rezione<br />
sono rappresentati da degli stu<strong>di</strong> sperimentali su aree molto limitate, con caratteristiche <strong>di</strong><br />
vegetazione endemica non generalizzabile ad altri climax italiani (Marchetti, Lozupone, 1995)<br />
Il Servizio <strong>di</strong> Previsione degli Incen<strong>di</strong> Boschivi per la Regione Liguria (S.P.I.R.L.) prevede per le<br />
proprie esigenze operative l’utilizzo <strong>di</strong> una cartografia numerica descrivente la copertura<br />
vegetale del territorio; essa sarà ottenuta dalle elaborazioni del personale del Corpo Forestale a<br />
livello provinciale. In attesa <strong>di</strong> tale prezioso strumento, per giungere ad una prima<br />
implementazione del modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> vengono can<strong>di</strong>date due possibili<br />
fonti <strong>di</strong> informazione (provvisorie) da cui trarre i dati necessari alla conoscenza della copertura<br />
del terreno, esse sono:<br />
• <strong>La</strong> Carta CORIINE <strong>La</strong>nd Cover della regione Liguria;<br />
• L’assetto vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento Paesistico della Regione<br />
Liguria.<br />
2.3.1 <strong>La</strong> classificazione del territorio secondo la carta CORINE <strong>La</strong>nd<br />
Cover<br />
<strong>La</strong> carta CORINE <strong>La</strong>nd Cover della Regione Liguria è costituita da una Carta dell’Uso e della<br />
Copertura del Suolo e rappresenta un elaborato tematico redatto secondo le specifiche del<br />
progetto CEE European Environmental Agency - CORINE <strong>La</strong>nd Cover che, per la Liguria,<br />
prevede la caratterizzazione del territorio secondo quarantaquattro classi d’uso e copertura del<br />
suolo. Le informazioni tematiche sono state ottenute dalla elaborazione cromatica delle<br />
immagini trasmesse dal satellite <strong>La</strong>ndasat 5 TM, il limite inferiore dei poligoni cartografati è <strong>di</strong><br />
25 ha e la scala nominale della carta è 1:100.000.<br />
<strong>La</strong> classificazione CORINE <strong>La</strong>nd Cover della Regione Liguria è costituita da 25 tematismi.<br />
I 13 <strong>di</strong>versi tematismi riguardanti le aree vegetate sono:<br />
1. oliveti<br />
2. prati stabili<br />
3. colture complesse<br />
4. aree con colture e spazi naturali<br />
5. boschi <strong>di</strong> latifoglie<br />
6. boschi <strong>di</strong> conifere<br />
7. boschi misti<br />
8. aree a pascolo e praterie naturali<br />
9. brughiere e cespuglieti<br />
10. vegetazione sclerofilla<br />
11. vegetazione boschiva ed arbustiva incolta<br />
12. vegetazione rada<br />
13. aree già percorse da incen<strong>di</strong> boschivi.<br />
Esistono poi delle zone non antropizzate ma caratterizzate dalla assenza <strong>di</strong><br />
copertura vegetale; esse sono:<br />
1. rocce nude;<br />
2. bacini d’acqua;<br />
3. mari;<br />
4. spiagge, dune e zone litoranee sabbiose;<br />
I tematismi riguardanti le aree antropizzate, non vegetate e non combustibili,<br />
considerati dalla classificazione adottata dalla Regione Liguria sono invece:<br />
1. tessuto urbano continuo;<br />
2. tessuto urbano <strong>di</strong>scontinuo;<br />
3. aree industriali e commerciali;<br />
4. reti stradali e ferroviarie accessorie;<br />
5. aree portuali;<br />
6. aeroporti;<br />
7. aree estrattive;<br />
8. <strong>di</strong>scariche.<br />
<strong>La</strong> figura seguente mostra la <strong>di</strong>stribuzione tematica, secondo la<br />
classificazione CORINE, della vegetazione in un’area della provincia <strong>di</strong><br />
Genova.<br />
81
2.3.2 L'Assetto Vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento<br />
Paesistico della Regione Liguria<br />
I parametri propri dei <strong>di</strong>versi modelli <strong>di</strong> combustibile utilizzati dal sistema per la previsione della<br />
propagazione degli incen<strong>di</strong>, possono essere desunti, in attesa della cartografia specificamente<br />
prodotta per i fini del progetto S.P.I.R.L., dalla descrizione botanica delle fitocenosi e dei generi<br />
che compongono i consorzi vegetali liguri. Un documento interessante in tale <strong>di</strong>rezione fa parte<br />
della relazione allegata agli Stu<strong>di</strong> Propedeutici al Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento Paesistico<br />
della Regione Liguria del Luglio 1989 ed è l'Assetto vegetazionale della Liguria - Cartografia <strong>di</strong><br />
analisi, tipologia delle fitocenosi, problematiche ecologiche redatto dal prof. Enrico Martini<br />
dell'Università <strong>di</strong> Genova. E' necessario evidenziare il fatto che l'utilizzo operativo <strong>di</strong> tale<br />
documentazione rende necessaria l'acquisizione su base numerica della cartografia della<br />
vegetazione reale della Regione Liguria e<strong>di</strong>ta alla scala 1:25.000, o a colori alla scala 1:50.000.<br />
<strong>La</strong> cartografia è <strong>di</strong>sponibile solo in formato cartaceo ed è quin<strong>di</strong> necessaria un'operazione <strong>di</strong><br />
acquisizione con tavolo <strong>di</strong>gitalizzatore e successiva restituzione nel formato necessario al<br />
sistema, per ognuno dei 62 fogli coprenti l'intero territorio regionale. Vista la procedura<br />
complicata e la scarsa precisione ottenibile da questo documento, nato per scopi e finalità molto<br />
<strong>di</strong>verse da quelle proposte dallo S.P.I.R.L., se ne sconsiglia l'utilizzo in questa sede.<br />
2.4 Il Modello Digitale del Terreno<br />
Un modello <strong>di</strong>gitale del terreno, (da Digital Terrain Model, DTM) è una rappresentazione <strong>di</strong>gitale<br />
della morfologia del suolo. Il DTM è utile, oltre che per conoscere la quota <strong>di</strong> un certo punto,<br />
anche per la produzione <strong>di</strong> carte derivate, come ad esempio la carta delle pendenze, la carta<br />
dell'esposizione, la carta dell'insolazione ecc.<br />
<strong>La</strong> costruzione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong>gitale del terreno avviene a partire un campione <strong>di</strong> quote note,<br />
generalmente ottenute dalla <strong>di</strong>gitalizzazione delle isoipse <strong>di</strong> una carta tra<strong>di</strong>zionale, oppure da<br />
rilievi <strong>di</strong>retti, dati da fotorestituzione <strong>di</strong>gitale o dalla cartografia numerica. Da questo campione <strong>di</strong><br />
quote, attraverso algoritmi <strong>di</strong> interpolazione che sono numerosi e <strong>di</strong>versificati, s7i giunge alla<br />
generazione del DTM, che può essere <strong>di</strong> tipo raster oppure vettoriale.<br />
Per un'analisi geomorfologica del territorio, I dati <strong>di</strong> base relativi alle altimetrie possono essere<br />
elaborati per la generazione <strong>di</strong> un modello tri<strong>di</strong>mensionale del terreno, tale da consentire analisi<br />
sulla morfologia della superficie. Tramite elaborazioni basate sulle informazioni altimetriche<br />
correlate con la loro posizione nello spazio si ottiene un set <strong>di</strong> dati georiferiti che costituiscono<br />
un tematismo <strong>di</strong> base utilizzabile tramite un Sistema Informativo Geografico (Geographic<br />
Information System GIS).<br />
Nella figura seguente (Figura 4) viene riportata la rappresentazione <strong>di</strong> una porzione del territorio<br />
ligure descritta da un Modello Digitale del Terreno avente una risoluzione <strong>di</strong> 200 metri. Il<br />
territorio della regione Liguria viene rappresentato tramite una griglia regolare <strong>di</strong> celle <strong>di</strong><br />
duecento metri <strong>di</strong> lato, ad ogni cella è associato un vertice riportante la misurazione me<strong>di</strong>a della<br />
quota sul livello del mare.<br />
82<br />
Figura 3.<br />
Esempio <strong>di</strong><br />
rappresentazio<br />
ne su base GIS<br />
(Geographic<br />
Information<br />
System) della<br />
tematizzazione<br />
vegetale del<br />
territorio della<br />
provincia <strong>di</strong><br />
Genova<br />
Figura 4.<br />
Rappresentazione<br />
tri<strong>di</strong>mensionale del<br />
profilo altimetrico <strong>di</strong><br />
una porzione <strong>di</strong><br />
territorio della<br />
provincia <strong>di</strong> Genova<br />
ottenuta tramite DTM
In ultimo, a titolo <strong>di</strong> informazione, si cita l'esistenza <strong>di</strong> un'altra base <strong>di</strong> dati cartografata,<br />
<strong>di</strong>sponibile per l'intero territorio della regione Liguria: la Carta in Formato Numerico della<br />
Regione Liguria, e<strong>di</strong>ta nel 1978. Per essa sono riportati su celle quadrate elementari aventi<br />
cento metri <strong>di</strong> lato i <strong>di</strong>versi tematismi <strong>di</strong>sponibili per tutto il territorio ligure. Ogni cella è<br />
identificata dalle coor<strong>di</strong>nate Gauss - Boaga del suo vertice superiore destro.<br />
2.5 Il modello LILAM<br />
Viene definito Modello ad Area Limitata (Limited Area Model, LAM) un modello meteorologico<br />
che risolve le equazioni della <strong>di</strong>namica e della fisica atmosferica al <strong>di</strong> sopra un dominio limitato,<br />
<strong>di</strong>versamente dai Modelli a Circolazione Globale (General Ciculation Models, GCM) che<br />
risolvono tali equazioni su tutta la superficie terrestre con una risoluzione più bassa e con<br />
<strong>di</strong>verse approssimazioni. Tali equazioni sono quelle relative ai principi <strong>di</strong> conservazione della<br />
<strong>di</strong>namica (quantità <strong>di</strong> moto, massa ed energia); ad esse si aggiungono le equazioni che<br />
riguardano i complessi scambi <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> acqua fra l'atmosfera e le superfici terrestre e<br />
marina, nonché le parametrizzazioni che consentono <strong>di</strong> valutare le grandezze non risolte dal<br />
reticolo computazionale (cosiddette <strong>di</strong> sottogriglia).<br />
Le equazioni del modello si possono <strong>di</strong>videre in equazioni prognostiche e <strong>di</strong>agnostiche: le prime<br />
descrivono l'evoluzione dei campi <strong>di</strong> velocità orizzontale, temperatura potenziale, pressione al<br />
suolo e umi<strong>di</strong>tà specifica; le relazioni <strong>di</strong>agnostiche sono l'equazione idrostatica e l'equazione<br />
per la velocità verticale. Queste equazioni rappresentano la parte a<strong>di</strong>abatica o <strong>di</strong>namica del<br />
modello. Invece la parte <strong>di</strong>abatica è descritta tramite schemi <strong>di</strong> parametrizzazione.<br />
I LAM usano come con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno quelle fornite dai GCM e sono quin<strong>di</strong> da<br />
considerarsi "ni<strong>di</strong>ficati", in inglese nested, nei GCM.<br />
Il modello usato al CMIRL si chiama LILAM (Liguria Limited Area Model) ed è una versione ad<br />
alta risoluzione del modello noto internazionalmente come BOLAM (Buzzi et al., 1994),<br />
realizzato da un gruppo <strong>di</strong> ricercatori dell’Istituto delle Scienze dell’Atmosfera e dell’Oceano<br />
I.S.A.O. - Consiglio Nazionale delle Ricerche <strong>di</strong> Bologna.<br />
Il LILAM è un modello ad area limitata alla β - mesoscala (in accordo con la definizione <strong>di</strong><br />
Pielke, 1984), lavora nelle coor<strong>di</strong>nate sigma con una risoluzione orizzontale <strong>di</strong> 10 km ed utilizza<br />
una maglia sfalsata (staggered) <strong>di</strong> tipo C secondo la classificazione <strong>di</strong> Arakawa.<br />
Occorre sottolineare che la risoluzione <strong>di</strong> 10 km è molto vicina al limite inferiore<br />
dell'approssimazione idrostatica ed è attualmente la risoluzione più alta alla <strong>quale</strong> vengono fatti<br />
girare dei LAM operativi. Questi sono: la <strong>di</strong>ffusione verticale e orizzontale, il trasferimento<br />
ra<strong>di</strong>ativo (schema <strong>di</strong> Ritter e Geleyn), il riaggiustamento convettivo secco, la precipitazione a<br />
grande scala e i processi convettivi umi<strong>di</strong> (schema <strong>di</strong> Emanuel, 1991).<br />
Il LILAM usa le con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno <strong>di</strong> un modello della stessa famiglia denominato<br />
DALAM (Data Assimilation Limited Area Model), avente una risoluzione <strong>di</strong> 30 km <strong>di</strong> proprietà<br />
dell'Ufficio Centrale <strong>di</strong> Ecologia Agraria (UCEA), organo del Ministero delle Politiche Agricole<br />
(MIPA).<br />
Le previsioni del modello DALAM sono generate usando le analisi e le con<strong>di</strong>zioni al contorno<br />
del modello a circolazione globale dello European Center for Me<strong>di</strong>um Range Weather Forecast<br />
(ECWMF, Rea<strong>di</strong>ng - UK).<br />
Figura 5. Mappa generata dal modello LILAM<br />
83
2.6 Il modello BOLAM 99<br />
In alternativa al modello LILAM, modello in uso per le previsioni del Centro Meteo-Idrologico<br />
della Regione Liguria, viene proposto l’utilizzo del modello BOLAM 99, una versione più recente<br />
dello stesso co<strong>di</strong>ce BOLAM da cui LILAM fu tratto, ed attualmente utilizzato come modello <strong>di</strong><br />
ricerca presso il Dipartimento <strong>di</strong> Fisica (DIFI) dell’Università <strong>di</strong> Genova.<br />
I run del modello BOLAM (versione 99) sono stati resi possibili grazie alla collaborazione tra<br />
l’Istituto <strong>di</strong> Scienze dell’Atmosfera e dell’Oceano (ISAO-CNR) <strong>di</strong> Bologna e il Dipartimento <strong>di</strong><br />
Fisica dell’Università <strong>di</strong> Genova.<br />
In base all’accordo <strong>di</strong> collaborazione fra i due Enti, L’ISAO ha fornito il modello BOLAM<br />
(versione 99) e l’assistenza tecnico-scientifica per la realizzazione delle simulazioni. Il DIFI ha<br />
messo a <strong>di</strong>sposizione le risorse <strong>di</strong> calcolo e il personale necessario per la costruzione della<br />
catena operativa e dell'elaborazione grafica nell’ambito della struttura del Centro Meteo<br />
Idrologico della Regione Liguria (CMIRL) che rende possibile l'utilizzo dei campi dell’ECMWF<br />
(tramite l'Aeronautica Militare Italiana, l'autorizzazione della Regione Liguria e la collaborazione<br />
con PICODATA).<br />
Questa realizzazione è stata consentita anche grazie al finanziamento del progetto europeo<br />
TELEFLEUR al Dipartimento <strong>di</strong> Fisica dell'Università <strong>di</strong> Genova.<br />
Le uscite grafiche <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi run del modello sono <strong>di</strong>sponibili quoti<strong>di</strong>anamente in<br />
concomitanza alla fase intensiva del Mesoscale Alpine Programme (MAP SOP).<br />
Sono <strong>di</strong>sponibili due <strong>di</strong>verse risoluzioni <strong>di</strong> dettaglio per le uscite <strong>di</strong> BOLAM 99:<br />
1. Risoluzione <strong>di</strong> 21 km, dati <strong>di</strong>sponibili:<br />
• con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno fornite ogni 6 ore dai campi su livelli s dell’ECMWF (analisi<br />
delle 00 UTC);<br />
• run <strong>di</strong> 72 ore (dalle 00 alle 72 UTC);<br />
griglia orizzontale ruotata <strong>di</strong> 140 x 120 punti con risoluzione <strong>di</strong> 0.20 gra<strong>di</strong>; 30 livelli verticali;<br />
2. Risoluzione <strong>di</strong> 6,5 km, dati <strong>di</strong>sponibili:<br />
• con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno fornite dal BOLAM 21 km ogni 90 minuti;<br />
• run <strong>di</strong> 36 ore (dalle 12 alle 48 UTC);<br />
• griglia orizzontale ruotata <strong>di</strong> 140 x 130 punti con risoluzione <strong>di</strong> 0.06 gra<strong>di</strong>;<br />
40 livelli verticali.<br />
I campi prodotti dal BOLAM a più alta risoluzione, appositamente forniti con cadenza oraria,<br />
sono anche utilizzati al fine <strong>di</strong> fornire le con<strong>di</strong>zioni iniziali per le simulazioni sull’area del Ticino-<br />
Toce del modello idrologico sviluppato presso il Dipartimento <strong>di</strong> Ingegneria Civile dell’Università<br />
<strong>di</strong> Brescia (DICbs) e <strong>di</strong> altri modelli idrologici implementati nell'ambito dell'HYDrology Working<br />
Group del MAP (WG-HYD).<br />
Nelle figure seguenti vengono presentate le visualizzazioni grafiche <strong>di</strong> due uscite in grado <strong>di</strong><br />
fornire dei dati meteorologici utili al funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione<br />
Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria, la prima alla risoluzione <strong>di</strong> 21 km e la seconda alla risoluzione <strong>di</strong><br />
6.5 km.<br />
84<br />
Figura 6. Modello<br />
BOLAM 99:<br />
visualizzazione<br />
alla risoluzione <strong>di</strong><br />
21 km dell’umi<strong>di</strong>tà<br />
relativa<br />
percentuale e della<br />
temperatura<br />
dell’aria [°C]<br />
Figura 7. Modello<br />
BOLAM 99:<br />
visualizzazione<br />
alla risoluzione <strong>di</strong><br />
6.5 km della<br />
vorticità<br />
potenziale [K kg -1<br />
m s -1 ] e della<br />
<strong>di</strong>rezione e<br />
velocità del vento<br />
[m s -1 ]
2.7 Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong><br />
boschivi.<br />
Stu<strong>di</strong>are il comportamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo significa considerare gli effetti <strong>di</strong> una<br />
reazione esotermica autosostenuta che avviene all’interno <strong>di</strong> un combustibile poroso, composto<br />
d’elementi <strong>di</strong>screti, aventi eterogenee caratteristiche fisiche. <strong>La</strong> simulazione <strong>di</strong> tale processo<br />
presenta notevoli complicazioni che rendono necessarie delle semplificazioni sulla sua<br />
modellazione. Per questo motivo la letteratura scientifica internazionale considera quasi<br />
prevalentemente modelli empirici o semi empirici <strong>di</strong> simulazione del fuoco. Alla base <strong>di</strong> questi<br />
modelli vi è il principio <strong>di</strong> conservazione dell’energia, che viene analizzato senza però<br />
considerare dettagliatamente i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasporto del calore (convezione, conduzione ed<br />
irraggiamento).<br />
Per questi motivi ci si propone <strong>di</strong> utilizzare un algoritmo che deriva <strong>di</strong>rettamente dal modello<br />
empirico proposto da Drouet (1974, 1995) successivamente adottato, in una versione<br />
mo<strong>di</strong>ficata, in un progetto <strong>di</strong> ricerca finanziato dall’Unione Europea (CARICA, Esprit 20401)<br />
(Hummel, 1997). <strong>La</strong> ragione <strong>di</strong> tale scelta è da ricercarsi nella continuità climatica, botanica ed<br />
orografica della zona comprendente la Liguria e la Regione francese PACA (Provence, Alpes e<br />
Còte d’Azure) dove il progetto CARICA è stato sviluppato ed applicato sul campo.<br />
Il primo passo compiuto dal modello è il calcolo della velocità del fronte su una superficie piana<br />
con vegetazione uniforme, , essa è data da una formula (si veda l'Appen<strong>di</strong>ce B) in cui<br />
compaiono esclusivamente parametri legati alle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche ed<br />
evapotraspirazionali. Vps, è espressa in funzione dei seguenti parametri:<br />
• T, temperatura dell’aria;<br />
• V, velocità del vento a 10 m sul suolo;<br />
• ris, evapotraspirazione potenziale giornaliera;<br />
• k, coefficiente a<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> esposizione solare;<br />
• b1,…,b5 sono coefficienti a<strong>di</strong>mensionali funzione della velocità del vento.<br />
dove Vps è espressa in m/h e<br />
L'evapotraspirazione potenziale giornaliera, può essere ricavata da numerose formule<br />
presenti in letteratura. In Appen<strong>di</strong>ce B viene ricavata dalla formula dovuta a Blaney e<br />
Criddle, che considera il valore dell’evapotraspirazione in funzione della temperatura<br />
dell’aria, dell’umi<strong>di</strong>tà relativa, della ra<strong>di</strong>azione solare e del vento, dove:<br />
• p = rapporto percentuale tra le ore <strong>di</strong> luce me<strong>di</strong>e giornaliere e quelle me<strong>di</strong>e annuali;<br />
• T = temperatura dell’aria;<br />
• n/N = rapporto tra le ore <strong>di</strong> luce già trascorse e quelle me<strong>di</strong>e giornaliere;<br />
• Ud =modulo della velocità del vento a due metri dal suolo;<br />
• RH min = umi<strong>di</strong>tà relativa minima della giornata.<br />
•<br />
Il coefficiente k varia da un valore massimo <strong>di</strong> 1, nelle ore <strong>di</strong> massima luce in assenza <strong>di</strong><br />
copertura nuvolosa ad un minimo <strong>di</strong> 0 durante le ore <strong>di</strong> buio della giornata. Il suo valore può<br />
essere ricavato da delle misurazioni dell'intensità luminosa.<br />
I coefficienti b1,…, b5 sono stati introdotti nella formula per limitare la velocità <strong>di</strong> propagazione<br />
del fuoco in presenza <strong>di</strong> vento con velocità superiore agli 80 km/h. Questo valore <strong>di</strong> velocità è<br />
considerato il limite superiore della velocità del vento.<br />
Abbiamo visto che la velocità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme Vps si riferisce ad un terreno<br />
orizzontale. <strong>La</strong> corrispondente velocità <strong>di</strong> propagazione su <strong>di</strong> un terreno inclinato <strong>di</strong>pende sia<br />
dalla pendenza dei tale terreno sia dall'angolo fra la <strong>di</strong>rezione del vento e l'esposizione del<br />
terreno considerato. <strong>La</strong> formula viene riportata in Appen<strong>di</strong>ce B.<br />
<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione risente ovviamente della zona <strong>di</strong> vegetazione effettivamente<br />
incontrata dal fuoco nell’avanzamento del fronte attraverso un "coefficiente <strong>di</strong> calore C1".<br />
Esso è ricavabile dalla formula riportata in Appen<strong>di</strong>ce B, che <strong>di</strong>pende dai seguenti parametri:<br />
calore massico: quantità <strong>di</strong> calore rilasciata da un chilogrammo <strong>di</strong> combustibile per essere<br />
completamente combusto;<br />
• densità vegetazione o carico <strong>di</strong> combustibile: massa <strong>di</strong> combustibile, sud<strong>di</strong>visa in necromassa e<br />
fitomassa, per unità <strong>di</strong> superficie;<br />
• calore standard = 3500 kcal/kg, valore lievemente inferiore al calore massico <strong>di</strong> un bosco <strong>di</strong><br />
latifoglie (3600 kcal/kg) e viene assunto come il combustibile standard su cui si calcola la<br />
propagazione del fuoco. Per esso si fissa un coefficiente <strong>di</strong> calore pari ad uno, tutti gli altri<br />
coefficienti <strong>di</strong> calore sono quin<strong>di</strong> espressi come frazioni <strong>di</strong> questo valore;<br />
• parametro vegetazione = parametro empirico a<strong>di</strong>mensionale che serve a limitare l’effetto della<br />
densità della vegetazione sulla velocità <strong>di</strong> propagazione.<br />
Per considerare la pendenza del terreno il modello ricava per ogni cella del DTM in cui è<br />
sud<strong>di</strong>viso il territorio l’acclività del terreno. Viene calcolato un coefficiente moltiplicativo della<br />
velocità <strong>di</strong> propagazione, C2 che verrà moltiplicato o <strong>di</strong>viso per la velocità <strong>di</strong> propagazione Vps,<br />
a seconda che il fuoco si muova in <strong>di</strong>scesa o in salita, ovvero a seconda che la <strong>di</strong>fferenza tra la<br />
<strong>di</strong>rezione del vento e la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> esposizione della cella sia maggiore o minore <strong>di</strong> zero:<br />
C2 = ( 1 + coefficiente pendenza • p 2 )<br />
• coefficiente pendenza = 2 se in salita, 5 se in <strong>di</strong>scesa;<br />
• p = valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> acclività percentuale.<br />
In ultimo l’effettiva velocità dell’incen<strong>di</strong>o per ognuna delle celle è data da:<br />
~<br />
Vpi =<br />
Vpi<br />
⋅C1i<br />
⋅C<br />
2i<br />
85
L’intensità lineare del fronte del fuoco, intesa come la potenza <strong>di</strong>ssipata per unità <strong>di</strong> lunghezza<br />
può essere stimata dall’equazione (Byram, 1959):<br />
I = q w Vp [W m -1 ]<br />
dove<br />
• q: calore rilasciato dalla combustione <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> combustibile anidro;<br />
• w: peso del combustibile per unità d’area, in<strong>di</strong>cato anche come "carico superficiale del<br />
combustibile";<br />
• Vp: velocità <strong>di</strong> avanzamento del fuoco in <strong>di</strong>rezione normale al perimetro incen<strong>di</strong>ato. Secondo<br />
Chandler (1983) l'intensità lineare I è calcolabile anche come:<br />
I = 300 L 2<br />
[kW m -1 ]<br />
Dove:<br />
• L: altezza della fiamma che può essere ottenuta dall’osservazione o calcolata, in funzione<br />
dell’intensità lineare, come L = 0.45 I b, essendo b un coefficiente a<strong>di</strong>mensionale che può<br />
assumere valori compresi in un range che va da 0.46 a 0.49 (Nelson e Adkins, 1986).<br />
Il tempo <strong>di</strong> permanenza delle fiamme è definito da:<br />
τ = D/V [secon<strong>di</strong>]<br />
dove:<br />
• D: profon<strong>di</strong>tà della fiamma;<br />
• V: velocità del fuoco [m/s].<br />
Anderson (1969) stabilì che τ è funzione solo delle caratteristiche del combustibile e propose la<br />
seguente formula:<br />
τ = c/s [secon<strong>di</strong>]<br />
dove:<br />
• c: coefficiente <strong>di</strong> conversione in unità SI;<br />
• s: rapporto tra l’area esposta ed il volume del combustibile.<br />
2.8 Funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione<br />
Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria (S.P.I.R.L.).<br />
Nei paragrafi precedenti si sono descritti i vari moduli costituenti il sistema.<br />
Questi moduli, esterni ed in<strong>di</strong>pendenti, sono in grado <strong>di</strong> fornire, per ogni<br />
unità <strong>di</strong> superficie in cui verrà <strong>di</strong>scretizzato il territorio regionale, le variabili<br />
utilizzate dall’algoritmo <strong>di</strong> propagazione per ricavare la potenziale velocità <strong>di</strong><br />
avanzamento del fuoco e l’intensità lineare. Nel seguito vengono descritte le<br />
caratteristiche proprie del sistema ed il suo funzionamento complessivo<br />
Le informazioni meteorologiche necessarie al funzionamento del sistema<br />
vengono ottenute dalle uscite del modello LILAM del Centro Meteo<br />
Idrologico della Regione Liguria (CMIRL), il flusso <strong>di</strong> dati viene trasferito via<br />
FTP (dall’inglese File Transfer Protocol: un protocollo <strong>di</strong> trasferimento per<br />
reti TCP/IP) da il remote system, nel caso in esame un’Alpha Station 500<br />
(ID: cmirl2.ge.infn.it) ad un local system, un Personal Computer in grado <strong>di</strong><br />
supportare le caratteristiche tecniche del GIS.<br />
Il sistema richiede in ingresso cinque variabili <strong>di</strong> natura meteorologica, esse sono:<br />
• U [°], <strong>di</strong>rezione del vento;<br />
• V [km/h], velocità del vento;<br />
• T [°C], temperatura dell’aria;<br />
• RH [%], umi<strong>di</strong>tà relativa dell’aria;<br />
• D[ore], numero <strong>di</strong> ore dall’ultima precipitazione<br />
I dati, sud<strong>di</strong>visi in files, vengono scaricati automaticamente in una cartella<br />
del local system e rinominati con riferimento all’ora e alla data cui si<br />
riferiscono, essi devono essere convertiti dal formato originale GRIB,<br />
standard europeo per i dati meteorologici, al formato ASCII, questo si rende<br />
necessario affinché possano essere aperti e georeferenziati dal GIS.<br />
<strong>La</strong> <strong>di</strong>stribuzione spaziale dei dati prevede l’utilizzo della griglia <strong>di</strong> riferimento<br />
originale del modello LILAM, essa è composta da 273 celle, 21 in longitu<strong>di</strong>ne<br />
per 13 in latitu<strong>di</strong>ne, in grado <strong>di</strong> ricoprire l'intera superficie della Regione<br />
Liguria.<br />
<strong>La</strong> griglia <strong>di</strong> georeferenziazione del modello LILAM ha le seguenti<br />
caratteristiche:<br />
1. s<br />
superficie <strong>di</strong> copertura totale della griglia: 33.379,2 km 2 ;<br />
86
2. e<br />
estensione in longitu<strong>di</strong>ne della griglia: da 7, 23° W a 10,23° W, pari a 231,8<br />
km; estensione in latitu<strong>di</strong>ne da 43° N a 44,5° N, pari a 144 km;<br />
3. d<br />
<strong>di</strong>mensioni superficiali minime della cella: 122,9 km 2 con perimetro <strong>di</strong> 44,35<br />
km; <strong>di</strong>mensioni superficiali massime della cella: 125,5 km 2 con perimetro <strong>di</strong><br />
44,8 km;<br />
4. d<br />
<strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a delle celle in longitu<strong>di</strong>ne: circa 11192 m pari a circa<br />
0,138°; <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a delle celle in latitu<strong>di</strong>ne: circa 10000 m pari a circa<br />
0.1°.<br />
<strong>La</strong> zona il progetto su cui deve essere realizzato è l’intero territorio della<br />
regione Liguria, <strong>di</strong> seguito vengono elencate le estensioni dei limiti<br />
amministrativa delle provincie:<br />
1. superficie amministrativa ligure: 5417,95 km 2 <strong>di</strong> cui boschiva 3744 km 2 .<br />
• Imperia: 1155, 4 km 2<br />
• Savona: 1544,54 km 2<br />
• Genova: 1835,91 km 2<br />
• <strong>La</strong> Spezia: 882,1 km 2<br />
Le variabili meteorologiche, definite sulla griglia <strong>di</strong> LILAM, vengono utilizzate<br />
dal sistema per il primo passo dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong>: il<br />
calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione su suolo non acclive Vps senza<br />
l’influenza della vegetazione e della pendenza (ve<strong>di</strong> paragrafo 2.7). Per tutto<br />
il territorio regionale vengono definite 273 velocità Vps, una per ogni cella <strong>di</strong><br />
LILAM, <strong>di</strong>pendenti esclusivamente dalle variabili meteorologiche.<br />
Nelle Figure 8 e 9 viene presentata la corografia della zona in esame e<br />
l'area <strong>di</strong> copertura della griglia.<br />
Figura 9. Esempio <strong>di</strong><br />
georeferenziazione della griglia <strong>di</strong><br />
LILAM<br />
Figura 8.<br />
Corografia della zona d'applicazione<br />
del sistema proposto<br />
Una volta definite le informazioni meteorologiche locali ascrivibili all’intera<br />
superficie della regione Liguria, è necessario acquisire le variabili in grado <strong>di</strong><br />
descrivere l’orografia e la vegetazione dell’area in esame.<br />
L’orografia del territorio ligure è completamente descritta da un modello<br />
<strong>di</strong>gitale del terreno (DTM) (si veda il paragrafo 2.4), i dati relativi alle quote<br />
sono georeferenziati su <strong>di</strong> un reticolo <strong>di</strong> celle regolari, <strong>di</strong> 200 o 400 m <strong>di</strong> lato,<br />
avente un passo ed un sistema <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong>verso da quello visto<br />
precedentemente (LILAM). Per ogni cella in cui viene sud<strong>di</strong>viso il territorio<br />
regionale è calcolata una velocità <strong>di</strong> propagazione, ottenuta dalla velocità<br />
Vps (si veda paragrafo 2.7) che tiene conto della <strong>di</strong>rezione del vento e<br />
dell’esposizione del versante (cella) considerato, successivamente viene<br />
calcolato, per ogni cella del DTM, un coefficiente <strong>di</strong> acclività C1 che serve a<br />
simulare l’influenza della pendenza sulla velocità <strong>di</strong> propagazione (v.<br />
paragrafo 2.7).<br />
Le classi <strong>di</strong> combustibile della regione Liguria sono rappresentate da delle<br />
superfici non regolari in grado <strong>di</strong> perimetrare le zone <strong>di</strong> combustibile<br />
87
considerate a comportamento omogeneo nei confronti del fuoco. Le<br />
informazioni riguardanti la vegetazione vengono quin<strong>di</strong> acquisite in<br />
riferimento alla griglia più fine presente sul territorio (DTM), in questo modo<br />
è possibile calcolare un coefficiente <strong>di</strong> vegetazione C2 (v. paragrafo 2.7) in<br />
grado <strong>di</strong> influenzare il comportamento del fuoco in relazione alla vegetazione<br />
presente. Le classi <strong>di</strong> combustibile risentono <strong>di</strong>rettamente anche delle<br />
con<strong>di</strong>zioni meteorologiche, infatti il calore massico (Si veda il paragrafo 1.6)<br />
è calcolato in funzione dell’umi<strong>di</strong>tà atmosferica relativa.<br />
Il passo finale dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione è il calcolo della velocità <strong>di</strong><br />
propagazione su terreno acclive in presenza <strong>di</strong> vegetazione; essa è ottenuta<br />
dal prodotto dei coefficienti C1, C2 per la velocità Vps ed il calcolo<br />
dell’intensità lineare secondo la formula <strong>di</strong> Byram (si veda il paragrafo 2.7).<br />
Nella figura seguente viene presentata la sovrapposizione <strong>di</strong> alcune tavole<br />
utilizzabili dal sistema: il rettangolo più grande è la cella dei dati<br />
meteorologici del LILAM, i poligoni irregolari rappresentano le aree a<br />
vegetazione omogenea della carta CORINE (utilizzata provvisoriamente<br />
come carta dei combustibili) mentre le celle più piccole rappresentano la<br />
sud<strong>di</strong>visione del territorio del DTM.<br />
Figura 10. Vista d'insieme delle<br />
cartografie utilizzate dal sistema.<br />
Nella Figura 11 viene dato un<br />
esempio delle potenzialità del<br />
sistema nella previsione delle<br />
velocità <strong>di</strong> propagazione.<br />
88
3 MODELLO DI SIMULAZIONE DI UN SINGOLO<br />
INCENDIO BOSCHIVO<br />
3.1 Introduzione<br />
<strong>La</strong> simulazione del comportamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo e più in generale <strong>di</strong> un fuoco libero<br />
<strong>di</strong> propagarsi su <strong>di</strong> una superficie composta <strong>di</strong> combustibile eterogeneo, può essere affrontata<br />
secondo quattro principali meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> modellazione, elencati <strong>di</strong> seguito in or<strong>di</strong>ne crescente<br />
d’aderenza alla realtà del fenomeno:<br />
• modelli stocastici<br />
• modelli statistici;<br />
• modelli empirici;<br />
• modelli fisici.<br />
3.1.1 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo stocastico<br />
L’avanzamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o attraverso una superficie composta da combustibili eterogenei<br />
risulta <strong>di</strong>fficilmente modellabile in termini deterministici, d'altra parte i modelli stocastici non<br />
considerano i meccanismi fisici e chimici del fenomeno considerato, ma forniscono solo una<br />
descrizione probabilistica della <strong>di</strong>namica dell’incen<strong>di</strong>o. In Appen<strong>di</strong>ce C viene riportato un<br />
contributo <strong>di</strong> Fujioka (1994) riguardo alla propagazione degli incen<strong>di</strong> come processo spaziale<br />
stocastico.<br />
3.1.2 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo statistico<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> modellazione che viene effettuata senza indagare sulla reale <strong>di</strong>namica del<br />
fenomeno fisico, è quella statistica. Con essa si cerca <strong>di</strong> ottenere delle relazioni tra le con<strong>di</strong>zioni<br />
ambientali, le caratteristiche del combustibile e la velocità <strong>di</strong> propagazione del fuoco, ricavando<br />
gli algoritmi necessari al funzionamento del modello semplicemente dalle osservazioni<br />
statistiche effettuate sugli incen<strong>di</strong> e sulle prove <strong>di</strong> laboratorio. Un semplice esempio <strong>di</strong><br />
modellazione statistica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è riportato in Appen<strong>di</strong>ce D (Nobel, 1984).<br />
3.1.3 I modelli empirici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
<strong>La</strong> letteratura scientifica internazionale considera quasi prevalentemente modelli empirici o semi<br />
empirici <strong>di</strong> simulazione del fuoco. Alla base <strong>di</strong> questi modelli vi è il principio <strong>di</strong> conservazione<br />
dell’energia, senza però considerare dettagliatamente i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasporto del calore. In<br />
Appen<strong>di</strong>ce E è riportato il modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi proposto da<br />
Rothermel nel 1972. Gli algoritmi alla base <strong>di</strong> questo modello costituiscono il riferimento<br />
universalmente utilizzato nella simulazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo: la quasi totalità dei sistemi<br />
<strong>di</strong> simulazione della propagazione del fuoco esistenti al mondo, soprattutto in America ed<br />
Oceania, basa il proprio funzionamento sul modello <strong>di</strong> Rothermel.<br />
3.1.4 I modelli fisici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
Questi modelli, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto visto fino ad ora, considerano i tre <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
trasporto del calore (irraggiamento, convezione, conduzione) e sono in grado <strong>di</strong> ricavare la<br />
velocità <strong>di</strong> propagazione (ROS) <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o grazie ad un formalismo matematico rigoroso<br />
che considera tutte le possibili variabili atte a descrivere la fisica del problema, che si traduce<br />
nel valutare e quantificare il calore trasmesso per irraggiamento, convezione e conduzione dalle<br />
zone incen<strong>di</strong>ate a quelle non ancora interessate dal fuoco.<br />
3.2 I modelli proposti al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong> della<br />
Regione Liguria (S.P.I.R.L.)<br />
Per la simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo si propone l'utilizzo del medesimo algoritmo<br />
visto per la determinazione dei livelli <strong>di</strong> attenzione relativi alla propagazione degli incen<strong>di</strong><br />
boschivi e/o, in alternativa, un prodotto commerciale <strong>di</strong> provata vali<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>ffusione<br />
presso le Agenzie antincen<strong>di</strong>o boschivo del mondo intero, <strong>quale</strong> FIRESITE del Forest Service -<br />
Dipartimento Americano dell'Agricoltura (USDA). Di seguito vengono riportati due paragrafi in<br />
cui i due sistemi vengono descritti.<br />
89
3.2.1 Il modello francese mo<strong>di</strong>ficato per il territorio ligure (Drouet)<br />
Si è visto al Paragrafo 2.7 l’utilizzo del modello <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> Drouet per la determinazione<br />
dei livelli <strong>di</strong> attenzione per il pericolo d’incen<strong>di</strong>o, in questo paragrafo verrà invece analizzato<br />
l’utilizzo del modello <strong>di</strong> propagazione nella simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo; a<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto visto precedentemente, nel caso ora in esame, è necessario giungere ad<br />
una precisa perimetrazione dell’incen<strong>di</strong>o che viene considerato secondo la propria evoluzione<br />
nello spazio e nel tempo. L’applicazione dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione non è più definita su <strong>di</strong><br />
una generica cella del territorio ligure, bensì viene simulato un incen<strong>di</strong>o a partire dal punto <strong>di</strong><br />
avvistamento dell’incen<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> cui è necessario conoscere l’esatta posizione in coor<strong>di</strong>nate UTM<br />
o Gauss – Boaga, o a partire dalle <strong>di</strong>mensioni segnalate dell’incen<strong>di</strong>o già attivo. Per definire<br />
l’area incen<strong>di</strong>ata e la sua evoluzione nel tempo viene utilizzata una regione delimitata da una<br />
polilinea a 16 vertici, per ognuno <strong>di</strong> tali vertici Pi, definiti da una coppia <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate Pi: (xi , yi),<br />
viene applicato l’algoritmo <strong>di</strong> propagazione visto al Paragrafo 2.7, calcolando in analogia a<br />
quanto visto per i livelli <strong>di</strong> attenzione ed in funzione delle caratteristiche meteorologiche<br />
(LILAM), orografiche (DTM) e vegetazionali (Carta della Vegetazione), dapprima la velocità Vpsi<br />
e quin<strong>di</strong> i coefficienti C1i e C2i.<br />
<strong>La</strong> descrizione dell’avanzamento dell’incen<strong>di</strong>o tramite i vertici Pi rende necessaria l’introduzione<br />
della “<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione”, ovvero la <strong>di</strong>rezione, rispetto al Nord, lungo cui si muove il<br />
vertice dell’incen<strong>di</strong>o; essa è sia funzione della posizione relativa dei vertici contigui al vertice<br />
considerato che della lunghezza dei lati congiunti ad esso. <strong>La</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> ogni<br />
vertice Pi, espressa in funzione del Nord geografico, è utilizzata nel calcolo della velocità<br />
effettiva Vi dell’incen<strong>di</strong>o considerando l’angolo formato tra <strong>di</strong> essa e la <strong>di</strong>rezione del vento, per<br />
giungere al calcolo <strong>di</strong> Vi viene utilizzata la velocità Vpsi, e la velocità Vp0i in assenza <strong>di</strong> vento.<br />
L’avanzamento del fronte del fuoco è dato, per ognuno dei se<strong>di</strong>ci vertici, per ogni iterazione<br />
interna, da una coppia <strong>di</strong> nuove coor<strong>di</strong>nate Pi’ (xi’, yi’):<br />
x ' = x + vp ( ∆T<br />
− T<br />
i<br />
y ' = y + vp ( ∆T<br />
− T<br />
i<br />
Dove:<br />
i<br />
i<br />
i<br />
i<br />
delay obstacle<br />
delay obstacle<br />
90<br />
) ⋅ sen ( <strong>di</strong>r of propagation)<br />
) ⋅ cos ( <strong>di</strong>r of propagation)<br />
• Dir of propagation: <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione;<br />
• ∆T: intervallo <strong>di</strong> durata fissato per ogni iterazione dell’algoritmo, pari a 15 minuti <strong>di</strong><br />
simulazione;<br />
• Tdelay obstacle : frazione <strong>di</strong> tempo sottratta a ∆T per simulare l’azione <strong>di</strong> rallentamento<br />
dovuta alla presenza <strong>di</strong> ostacoli.<br />
Figura 11.<br />
Simulazione <strong>di</strong> un<br />
incen<strong>di</strong>o. <strong>La</strong> zona<br />
evidenziata<br />
rappresenta lo<br />
sviluppo<br />
superficiale<br />
dell’incen<strong>di</strong>o<br />
dopo due ore <strong>di</strong><br />
propagazione.<br />
3.1.2.1 Il co<strong>di</strong>ce WINDS<br />
<strong>La</strong> simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo richiede una notevole precisione nella<br />
definizione dei dati utili al funzionamento dell’algoritmo. Tra le variabili meteorologiche il vento<br />
è, senza dubbio, la più importante; per questo motivo si propone l’utilizzo <strong>di</strong> un modello<br />
de<strong>di</strong>cato ala simulazione dei campi <strong>di</strong> vento su superfici complesse quali WINDS, in vece delle<br />
uscite <strong>di</strong>sponibili da LILAM definite su <strong>di</strong> un reticolo eccessivamente largo per gli scopi in<br />
esame.<br />
WINDS (Wind-field Interpolation by Non Divergent Schemes) è un modello <strong>di</strong> vento massconsistent<br />
(Ratto, 1994; Ratto et al., 1996) messo a punto presso il Dipartimento <strong>di</strong> Fisica<br />
dell'Università <strong>di</strong> Genova.<br />
Tale modello è una evoluzione dei co<strong>di</strong>ci NOABL e AIOLOS. WINDS, così come altri modelli<br />
mass-consistent, costruisce un campo <strong>di</strong> vento iniziale tri<strong>di</strong>mensionale su orografia complessa,<br />
a partire da misure <strong>di</strong> vento in prossimità e/o al <strong>di</strong> sopra del terreno. Tale campo viene corretto<br />
in modo da produrre un campo <strong>di</strong> vento finale che sod<strong>di</strong>sfi, su ogni punto del reticolo<br />
computazionale, la conservazione della massa.<br />
Un parametro permette <strong>di</strong> introdurre nel modello alcuni degli effetti della stratificazione<br />
atmosferica, al fine <strong>di</strong> avere una migliore risoluzione vicino al terreno, WINDS utilizza un<br />
sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate conformi (terrain following vicino al suolo).
Nella presente applicazione, WINDS è ni<strong>di</strong>ficato nel LILAM : i campi <strong>di</strong> vento iniziali provengono<br />
cioè da una previsione del LILAM a 72 ore (campionata ogni 12 ore) a partire dall'analisi.<br />
L'area su cui presentiamo la procedura <strong>di</strong> ni<strong>di</strong>ficazione, corrispondente alla cosiddetta Grande<br />
Genova, è situata nella Provincia <strong>di</strong> Genova. Il campo iniziale è costruito utilizzando 4 x 5 no<strong>di</strong><br />
del LILAM, relativi ad un'area <strong>di</strong> circa 34 km x 45 km, da 8° 37' a 9° 2' in longitu<strong>di</strong>ne e da 44° 15'<br />
a 44° 39' in latitu<strong>di</strong>ne.<br />
<strong>La</strong> risoluzione spaziale dei campi è <strong>di</strong> 400 m in entrambe le <strong>di</strong>rezioni, per un totale <strong>di</strong> 86 x 113<br />
no<strong>di</strong> in orizzontale. In verticale, il volume simulato, circa 4000 m <strong>di</strong> elevazione, è descritto da 10<br />
superfici conformi.<br />
3.2.2 Il sistema FARSITE Fire Area Simulator<br />
E’ un sistema sviluppato da Finnay nel 1993 (si veda la bibliografia) per conto del Systems for<br />
Environmental Management, National Interagency Fire Center (National Park Service), ed in<br />
cooperazione con il Fire Behavior Research Work Unit dell’USDA Forest Service. Il software è<br />
scritto in linguaggio C++, gira in ambiente Microsoft Windows (3.1x, 95, NT) e basa il proprio<br />
funzionamento sulle informazioni tratte da un Supporto Informativo Geografico (GIS), quali<br />
GRASS, ARC/INFO, o files in formato LCP. Questo sistema è attualmente utilizzato dalle<br />
Agenzie Federali antincen<strong>di</strong>o boschivo <strong>di</strong> alcuni Stati nordamericani, ma è anche presente in<br />
Europa ed in Sud America, soprattutto nei laboratori <strong>di</strong> ricerca universitari e nei centri che si<br />
occupano <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> boschivi. FARSITE utilizza un algoritmo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> tipo ellittico con<br />
un avanzamento a moto d’onda del fronte dell’incen<strong>di</strong>o (Anderson, 1982)<br />
Il suo utilizzo è finalizzato a due obiettivi principali:<br />
1. proiezioni a lungo termine sul comportamento dei focolai attivi, analizzando l’avanzamento del<br />
fronte del fuoco al variare dei <strong>di</strong>fferenti scenari meteorologici.<br />
2. pianificazione delle azioni antincen<strong>di</strong>o, ovvero analisi del comportamento al fuoco <strong>di</strong> particolari<br />
essenze e simulazione <strong>di</strong> scenari operativi in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni ambientali.<br />
<strong>La</strong> versione 3.0 <strong>di</strong> FARSITE rende possibile il considerare le azioni antincen<strong>di</strong>o associate<br />
all’<strong>evento</strong> simulato. E’ possibile scegliere tra tre <strong>di</strong>verse metodologie <strong>di</strong> attacco alle fiamme:<br />
1) attacco <strong>di</strong>retto terrestre, specificando gli uomini ed i mezzi impiegati e costruendo una linea<br />
impermeabile <strong>di</strong>rettamente sul fronte delle fiamme;<br />
2) attacco in<strong>di</strong>retto, ottenuto costruendo una pista tagliafuoco non a <strong>di</strong>retto contatto con le fiamme;<br />
3) attacco parallelo, costruendo delle piste tagliafuoco anche sui fianchi dell’incen<strong>di</strong>o. E’ possibile<br />
aggiornare in tempo reale il tipo <strong>di</strong> tattica utilizzata per l’estinzione delle fiamme. Anche l’attacco<br />
aereo è considerato in FARSITE: una tool specifica permette <strong>di</strong> specificare il tipo <strong>di</strong> mezzi aerei<br />
<strong>di</strong>sponibili e le loro caratteristiche tecniche; l’azione <strong>di</strong> attacco aereo sulle fiamme può essere<br />
ottenuta con il lancio <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> acqua o con l’uso <strong>di</strong> ritardanti.<br />
FARSITE utilizza le informazioni <strong>di</strong>sponibili sulla topografia, sul tipo <strong>di</strong> combustibile e sulle<br />
con<strong>di</strong>zioni meteorologiche della zona in esame, esso è utilizzabile per tutti i tipi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>, siano<br />
essi superficiali o <strong>di</strong> chioma.<br />
I tematismi su base GIS necessari alla simulazione sono:<br />
1. Elevazione del terreno sul livello del mare;<br />
2. Acclività del terreno;<br />
3. Esposizione del versante;<br />
4. Tipo <strong>di</strong> combustibile vegetale presente; [class. NFFL o altra a <strong>di</strong>scr. dell’utente]<br />
5. Grado <strong>di</strong> copertura arborea;<br />
Il sistema FARSITE nasce, evidentemente, come complemento al sistema <strong>di</strong> classificazione<br />
della vegetazione <strong>di</strong> Albini (NFFL) <strong>di</strong> cui si è parlato nel primo Capitolo, ma rende possibile<br />
l’utilizzo <strong>di</strong> un proprio sistema <strong>di</strong> classificazione dei combustibili vegetali. Un grande pregio <strong>di</strong><br />
questo sistema è dato dalla possibilità <strong>di</strong> utilizzare parallelamente ed in<strong>di</strong>pendentemente <strong>di</strong>versi<br />
algoritmi <strong>di</strong> propagazione, in questo modo è possibile simulare simultaneamente <strong>di</strong>versi incen<strong>di</strong><br />
91<br />
Figura 12.<br />
Mappa<br />
generata dal<br />
co<strong>di</strong>ce<br />
WINDS
attivi sul territorio e, soprattutto, <strong>di</strong>stinguere tra le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o riscontrabili (Ve<strong>di</strong><br />
Appen<strong>di</strong>ce A).<br />
In particolare per gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma sono utilizzati tre tematismi su base GIS:<br />
6. Altezza me<strong>di</strong>a da terra delle prime impalcature degli alberi;<br />
7. Altezza me<strong>di</strong>a degli alberi;<br />
8. Densità me<strong>di</strong>a delle chiome.<br />
Grazie a queste informazioni aggiuntive è possibile ottenere un buon livello <strong>di</strong> simulazione per<br />
gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma ed i fenomeni <strong>di</strong> torching e spotting. (ve<strong>di</strong> Appen<strong>di</strong>ce A)<br />
Nella figura seguente viene riportata la finestra <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo utilizzata per configurare i files<br />
provenienti dal GIS in ingresso al sistema.<br />
Le con<strong>di</strong>zioni meteorologiche sono riprodotte inserendo la temperatura e l’umi<strong>di</strong>tà massima e<br />
minima giornaliera dell’aria, nonché la <strong>di</strong>rezione e l’intensità del vento, con un intervallo minimo<br />
<strong>di</strong> un minuto, tramite esse è ricavata l’umi<strong>di</strong>tà del combustibile durante la simulazione.<br />
Le informazioni che si ottengono dal sistema in uscita sono:<br />
1. Mappe a colori BMP in 2D o 3D rappresentanti l’avanzamento del fronte su <strong>di</strong>versi passi<br />
temporali<br />
2. Grafico dell’area bruciata [ha] e del perimetro [km] nel tempo;<br />
3. Velocità <strong>di</strong> avanzamento [m/h] e intensità [kJ/m2] dell’incen<strong>di</strong>o.<br />
4. Possibilità <strong>di</strong> effettuare ingran<strong>di</strong>menti delle immagini in 2D o 3D;<br />
I dati meteorologici ed anemometrici utilizzati dal sistema vengono inseriti, prima della<br />
simulazione, con il passo temporale prescelto, ma non possono, per lo meno da una prima<br />
valutazione sul prodotto, essere attinti “on line” da stazioni automatiche <strong>di</strong> rilevamento poste a<br />
terra. <strong>La</strong> compatibilità del sistema con i modelli WINDS e LILAM è giu<strong>di</strong>cata possibile, ma per<br />
poter utilizzare i dati dei due modelli si renderà necessario mo<strong>di</strong>ficare il file sorgente <strong>di</strong><br />
FARSITE creando una procedura in grado <strong>di</strong> leggere i files <strong>di</strong> output <strong>di</strong> WINDS e <strong>di</strong> LILAM. Il<br />
Dipartimento <strong>di</strong> Fisica dell’Università <strong>di</strong> Genova, <strong>di</strong>spone della versione 3.0 <strong>di</strong> FARSITE ed il<br />
manuale d’uso per l’utente. Il sistema FARSITE, così come tutti i programmi <strong>di</strong><br />
ricerca federali americani finanziati da denaro pubblico, è gratuito e può<br />
essere duplicato e <strong>di</strong>stribuito in un numero illimitato <strong>di</strong> copie. Perio<strong>di</strong>camente<br />
viene fornita una versione aggiornata del software.<br />
92<br />
FARSITE<br />
Weather e<strong>di</strong>tor<br />
FARSITE<br />
Isocrone<br />
dell’incen<strong>di</strong>
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<strong>La</strong>boratory, Fire Behavior Research Work Unit, Missoula Montana, USDA Forest Service, Fire<br />
and Aviation Management, Washington Office Washington, D.C. FARSITE Mark A. Finney,<br />
Systems for Environmental Management PO BOX 8868 Missoula – Montana U.S.<br />
mfinney@montana.com. mfinney/rmrs_missoula@fs.fed.us<br />
94
APPENDICE A: Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />
Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi può essere ricondotta, nella sua veste più<br />
schematica, a tre tipologie principali (Brown, Davis., 1973):<br />
• incen<strong>di</strong> sotterranei;<br />
• incen<strong>di</strong> radenti;<br />
• incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma.<br />
Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />
Sono caratterizzati dall’assenza <strong>di</strong> fiamma viva, o bensì dalla lenta combustione degli strati<br />
organici del terreno. Il processo consiste nella <strong>di</strong>sidratazione e successiva ossidazione della<br />
cellulosa contenuta nel substrato organico con liberazione <strong>di</strong> vapore acqueo, anidride carbonica<br />
(CO2), monossido <strong>di</strong> carbonio (CO) e metano (CH4). <strong>La</strong> reazione procede molto lentamente con<br />
valori <strong>di</strong> avanzamento del fronte dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0.1 – 0.15 m/ora (Wein, 1983), ed il calore<br />
viene per lo più trasmesso per conduzione. I gas prodotti durante il processo, siano essi<br />
combustibili o non combustibili (vapore acqueo ed anidride carbonica) non riescono a defluire in<br />
superficie, a causa dell’accumulo <strong>di</strong> ceneri particolarmente impermeabili allo scambio gassoso,<br />
ma rimangono negli strati sotterranei: questo fa sì che il combustibile non reagisca<br />
completamente con lo scarso comburente (Ossigeno) presente e la reazione non sia mai<br />
accompagnata da fiamma viva. Inoltre il vapore acqueo e l’anidride carbonica addensandosi<br />
verso lo strato non ancora combusto rallentano ulteriormente l’avanzamento del fronte,<br />
richiedendo una maggiore quantità <strong>di</strong> calore per portare il combustibile nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
accensione (Wein, 1983).<br />
Questo genere <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, in grado <strong>di</strong> propagarsi anche sotto un manto nevoso, non risulta<br />
particolarmente frequente nella casistica nazionale. Esso generalmente si verifica in<br />
concomitanza con un incen<strong>di</strong>o radente (si veda il successivo paragrafo) e richiede la presenza<br />
<strong>di</strong> un substrato torboso, o apparati ra<strong>di</strong>cali molto fitti. Le temperature che si registrano durante<br />
l’avanzamento del fuoco possono variare da un intervallo massimo <strong>di</strong> 250° C - 500° C ad una<br />
profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> circa 50 cm dal piano <strong>di</strong> campagna, fino ai 70° C - 80° C registrabili negli strati più<br />
profon<strong>di</strong> (>100 cm). L’intensità lineare, cioè la potenza per metro lineare <strong>di</strong> fronte, è poco<br />
significativa attestandosi sui 10 kW m -1 (Van Wagner, 1977) raggiungendo i valori maggiori<br />
nelle zone più vicine alla superficie. Le operazioni <strong>di</strong> spegnimento possono essere <strong>di</strong>fficili e <strong>di</strong><br />
esito incerto: si è verificato infatti che incen<strong>di</strong> ritenuti spenti in realtà si siano propagati sottoterra<br />
per riprendere successivamente vigore molte ore dopo e a decine <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />
Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />
E’ la tipologia più frequente <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o che si può riscontrare: essa consiste sia nella<br />
combustione della vegetazione posta al suolo, ovvero lo strato erbaceo e la lettiera, sia degli<br />
arbusti e dei cespugli.<br />
Le caratteristiche dell’incen<strong>di</strong>o radente su lettiera variano a seconda delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà<br />
e del carico <strong>di</strong> combustibile per superficie: quest’ultimo può infatti variare in<strong>di</strong>cativamente dalle<br />
12 – 15,6 t / ha delle foreste <strong>di</strong> conifere agli 8,7 t / ha per latifoglie (Anderson H.E., 1982 ;<br />
Trabaud L., 1989). <strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione può raggiungere valori notevoli dovuti all’elevato<br />
rapporto superficie/volume presentato da una lettiera composta da foglie secche, ramoscelli,<br />
strobili, cortecce ed altri residui vegetali, ma generalmente si attesta su valori <strong>di</strong> alcuni metri al<br />
minuto portandosi, in presenza <strong>di</strong> forte vento, fino ai 20-30 m/min. L’intensità lineare è me<strong>di</strong>obassa,<br />
compresa tra i 200 e gli 800 kW m -1 (Van Wagner C.E., 1977) con una lunghezza <strong>di</strong><br />
fiamma che non supera i due metri.<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> fuoco radente è quello che si sviluppa sullo strato erbaceo: gli steli d’erba<br />
presentano un notevole rapporto superficie/volume e secondo la loro maggiore o minore<br />
umi<strong>di</strong>tà sono in grado <strong>di</strong> imprimere una violenta accelerazione alla velocità <strong>di</strong> propagazione del<br />
fuoco. Il carico <strong>di</strong> combustibile per unità <strong>di</strong> superficie [t/ha], varia notevolmente a seconda del<br />
tipo <strong>di</strong> specie erbacea considerata e dello stato vegetativo in cui essa si viene a trovare: esiste<br />
una letteratura molto ampia in materia in grado <strong>di</strong> classificare sistematicamente le <strong>di</strong>verse<br />
fitocenosi che caratterizzano lo strato erbaceo, per ognuna delle quali viene riportato il valore<br />
me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> carico per superficie (Anderson H.E., 1982). In termini molto generali, si può <strong>di</strong>re che i<br />
valori variano da un minimo <strong>di</strong> 1,8 t/ha per erba bassa fino ad un massimo <strong>di</strong> 7,5 t/ha per erba<br />
alta. Le altezze <strong>di</strong> fiamma sono contenute in uno o due metri, ma crescono al <strong>di</strong>minuire<br />
dell’umi<strong>di</strong>tà e possono arrivare fino ad un massimo <strong>di</strong> nove metri. L’intensità lineare del fronte<br />
varia dalle poche decine <strong>di</strong> kW/m per basso valore <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> combustibile, fino ad un picco <strong>di</strong><br />
9000 kW/m nelle fasi deflagranti.<br />
Il fuoco radente che interessa i cespugli, il sottobosco e la macchia arbustiva è particolarmente<br />
insi<strong>di</strong>oso ed è generalmente riscontrabile durante le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minima umi<strong>di</strong>tà della<br />
vegetazione e dell’atmosfera, ovvero durante il riposo vegetativo invernale e nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
maggiore siccità estivi. L’altezza delle fiamme varia dal doppio dell’altezza dei cespugli fino a<br />
valori massimi <strong>di</strong> sette - otto metri, l’intensità lineare varia dai valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> 2000 – 3000 kW/m<br />
fino a dei picchi <strong>di</strong> 10000 kW/m. E’ opportuno sottolineare la notevole pericolosità <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o<br />
che si propaga attraverso una vegetazione arbustiva, tipica ad esempio della cosiddetta<br />
macchia me<strong>di</strong>terranea, le caratteristiche <strong>di</strong> questo combustibile, composto da piante xeroterme<br />
95
icche <strong>di</strong> oli essenziali, donano a questi vegetali un potere calorico quasi doppio rispetto alla<br />
cellulosa che può arrivare fino a 7720 kcal/kg.<br />
Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />
Questi incen<strong>di</strong> interessano solo le chiome della vegetazione arborea, e possono propagarsi<br />
<strong>di</strong>rettamente da un albero ad un altro senza colpire le zone a contatto con il terreno.<br />
Sono caratteristici <strong>di</strong> alcuni climax, composti per lo più da Conifere, particolarmente ricche <strong>di</strong><br />
resine ed oli essenziali il cui contenuto in percentuale espresso in riferimento al peso anidro del<br />
legno raggiunge il 15 – 20% (Chandler C. et al., 1983). Tali sostanze, ricche <strong>di</strong> idrocarburi<br />
terpenici, alcoli ed aci<strong>di</strong>, sono caratterizzate da un basso peso molecolare e quin<strong>di</strong> da una<br />
temperatura <strong>di</strong> ebollizione relativamente bassa rispetto alla temperatura della fiamma. Esse<br />
sono le prime sostanze ad essere estratte per <strong>di</strong>stillazione nella pirolisi, liberando gas<br />
infiammabili e miscele <strong>di</strong> vapori che poste a contatto con le fiamme esplodono pericolosamente.<br />
Tra le sostanze più importanti nei fenomeni <strong>di</strong> combustione vi sono i terpeni. Essi sono degli<br />
idrocarburi aventi struttura generale (C2 H8)2, costituiti dall’unione <strong>di</strong> più unità elementari <strong>di</strong><br />
isoprene C5 H8, altrimenti detto emiterpene. I terpeni sono i componenti fondamentali degli oli<br />
essenziali estraibili dalle piante, e presentano caratteristiche d’estrema infiammabilità.<br />
Considerando in particolare il genere Pinus, albero che popola comunemente la costa tirrenica,<br />
è possibile isolare in esso sostanze quali terpeni monociclici, ad esempio: limonene, C10 H16,<br />
contenuto anche nelle Rutacee; α - fellondrene, contenuto anche nell’olio <strong>di</strong> eucalipto e nel<br />
genere Juniperus; silvestrene, C10H18, contenuto nell’essenza <strong>di</strong> trementina estraibile dalle<br />
Conifere; terpindene; e terpeni biciclici quali il carene, l’α - pinene, il β - pinene ed i<br />
sesquiperteni. Sono inoltre presenti alcoli, aldei<strong>di</strong> (furfurolo), chetoni, aci<strong>di</strong>, esteri e fenoli. Nelle<br />
resine, invece, si isolano soprattutto aci<strong>di</strong> e alcoli nonché idrocarburi C5 H8, costituiti dalla<br />
polimerizzazione dell’isoprene (Giordano G., 1974; Vidrich, 1988).<br />
<strong>La</strong> classificazione data da Van Wagner nel 1977 <strong>di</strong>stingue tre principali tipi d’incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma:<br />
1) fuoco <strong>di</strong> chioma passivo; 2) fuoco <strong>di</strong> chioma attivo e 3) fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente.<br />
Fuoco <strong>di</strong> chioma passivo: definito in inglese torching, è tipico delle zone pianeggianti popolate<br />
da essenze resinose rade: si presenta in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> calma <strong>di</strong> vento ed in concomitanza con<br />
un incen<strong>di</strong>o radente. Le velocità d’avanzamento non superano i 20 metri il minuto, e l’altezza<br />
delle fiamme non eccede i 10 metri sopra il livello della chioma. Quando i moti convettivi dovuti<br />
al fuoco radente portano la temperatura della chioma vicino ai valori d’accensione, si ha<br />
l’innesco dell’incen<strong>di</strong>o, la cui intensità è proporzionale alla densità del combustibile ed alla sua<br />
umi<strong>di</strong>tà, ed è quin<strong>di</strong> rapportabile al periodo vegetativo corrente.<br />
Fuoco <strong>di</strong> chioma attivo: in questa fase l’avanzamento del fuoco non è strettamente legato<br />
all’incen<strong>di</strong>o radente presente a terra, anche se l’energia sviluppata dal fuoco in chioma non è<br />
sufficiente ad autoalimentare la combustione. In effetti, si registra un’azione sinergica tra le due<br />
zone interessate dal fuoco: l’incen<strong>di</strong>o radente che si sviluppa a livello del terreno permette una<br />
continuità delle fiamme garantita dalle forti correnti convettive che lambiscono i palchi degli<br />
alberi; mentre il fuoco <strong>di</strong> chioma garantisce il preriscaldamento del combustibile al suolo dovuto<br />
all’alta emanazione termica dei palchi incen<strong>di</strong>ati degli alberi. Sono state misurate velocità<br />
variabili tra i 10 ed i 20 m/min., ed altezze <strong>di</strong> fiamma che superano i 20 m.<br />
Fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente: è tipico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vento teso ed è estremamente<br />
pericoloso perché caratterizzato da forti velocità d’avanzamento con me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> 50 – 60 m/min.<br />
(ad es. Sundace Fire, Idaho 1/9/1967) e punte estreme <strong>di</strong> 100 m/min. (ad es. Greater<br />
Yellowstone Area, 1988) con altezze massime del fuoco <strong>di</strong> 100 m dal suolo. Le intensità sono<br />
molto elevate e rendono in pratica impossibile l’avvicinamento al fronte da parte delle squadre<br />
addette allo spegnimento: il flusso <strong>di</strong> calore è, infatti, notevole ed è altresì riscontrabile il<br />
fenomeno dello spotting, ossia la proiezione <strong>di</strong> tizzoni o parti <strong>di</strong> chioma incen<strong>di</strong>ate verso le zone<br />
non ancora interessate dal fuoco, con una propagazione molto veloce dell’incen<strong>di</strong>o.<br />
96
APPENDICE B: Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />
Formula per il calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione Vps:<br />
⎝ Vp = b ⋅e<br />
s<br />
1<br />
97<br />
⎛ ⎛ k ⎞<br />
0.<br />
035⋅<br />
T⋅⎜1+<br />
⎟ ⎞<br />
⎜ ⎝ 1.<br />
4⎠<br />
⎟<br />
⎜ ⎟<br />
⎜ ⎟<br />
⎠<br />
⎡ ⎛ ⎛ V ⎞⎞⎤<br />
⎢ ⎜ ⎜ 1+<br />
−1.<br />
25⎟⎟<br />
⎛100− ris⎞<br />
⎥<br />
⋅Tanhyp⎜<br />
⎟⋅<br />
⎢b<br />
⎜ ⎜ ⎟⎟<br />
2 + 2⋅<br />
b3<br />
+ b4⋅Tanhyp<br />
30<br />
⎥<br />
⎝ 150 ⎠ ⎢ ⎜ ⎜ b5<br />
⎟⎟<br />
⎜ ⎜ ⎟⎟<br />
⎥<br />
⎢⎣<br />
⎝ ⎝ ⎠⎠⎥⎦<br />
Formula <strong>di</strong> Blaney e Criddle per il calcolo dell'evapotraspirazione potenziale:<br />
ris = (0.0043 RHmin – (n/N) – 1.41)+ (0.82 – 0.0041 RHmin +1.07 (n/N) + +0.066 Ud – 0.006 RHmin<br />
(n/N) –0.0006 RHmin Ud) • p (0.46 T + 8.13)<br />
Calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione in funzione dell'esposizione del terreno rispetto alla<br />
<strong>di</strong>rezione del vento:<br />
<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione, viene ottenuta considerando il valore Vps, visto sopra, ed il valore<br />
della velocità <strong>di</strong> propagazione in assenza <strong>di</strong> vento Vp0, ottenuto ponendo v = 0 nella formula <strong>di</strong><br />
Vps. Detto ∆ il valore assoluto dell’angolo ottenuto dalla <strong>di</strong>fferenza tra la <strong>di</strong>rezione del vento e<br />
quella dell'esposizione del terreno, si riporta il suo valore da un intervallo <strong>di</strong> variazione da 0 a π<br />
ad un intervallo da 0 a 1: ∆1 = 1− ⎛ ∆⎞<br />
⎜ ⎟<br />
⎝ π ⎠<br />
, si considera inoltre l’angolo ∆2 ottenuto deformando ∆1<br />
con dei parametri <strong>di</strong> aggiustamento che vengono introdotti per considerare la presenza <strong>di</strong> vento<br />
⎛ 1 ⎞<br />
⎜<br />
⎟<br />
molto debole: ∆2 = ∆ 1+ ⋅ 1<br />
1<br />
⎝ vp param ⎠ , il passo successivo consiste nel riportare l’intervallo <strong>di</strong><br />
variazione dell’angolo tra 0 e π: ∆3 = (1-∆2) π<br />
Vps<br />
Vp Vps<br />
Vp<br />
) 1 ( +<br />
2<br />
2 2 ⎛1 + cos ∆ ⎞ 3<br />
0 + ( − 0 ) ⋅ ⎜ ⎟<br />
Vp<br />
=<br />
i<br />
Vps<br />
Dove Vpi è espresso in m/h; ∆3i ∈ [0, π] è l’angolo formato dalla <strong>di</strong>rezione del vento e<br />
l'esposizione del terreno; Vp0 è la velocità Vps calcolata per V=0.<br />
Coefficiente <strong>di</strong> vegetazione<br />
caloremassico<br />
densitàvegetazione<br />
C i<br />
calores<br />
dard<br />
⎟ ⎛<br />
⋅<br />
⎞<br />
1 = ⎜<br />
⎝ 10 ⋅ tan<br />
⎠<br />
Procedura <strong>di</strong> assegnazione delle risorse <strong>di</strong>sponibili<br />
Funzione <strong>di</strong> costo:<br />
min<br />
N<br />
∑<br />
M<br />
i∑<br />
i=<br />
1 m=<br />
1<br />
⎜<br />
⎝<br />
2<br />
parametro<strong>di</strong>vegetazione<br />
⎟<br />
⎠<br />
* { S S , 0}<br />
r max −<br />
Vincoli del problema sono:<br />
Le risorse antincen<strong>di</strong>o mobilitate sij sono costituite dall’insieme dei mezzi e degli equipaggi che<br />
possono raggiungere il teatro delle operazioni in una soglia <strong>di</strong> tempo che ne giustifichi l’utilizzo:<br />
1)<br />
∑<br />
0<br />
∑<br />
1<br />
∑ 1<br />
0<br />
=<br />
m<br />
s j<br />
j<br />
ξik<br />
⎛ m−<br />
⎞<br />
k = ⎜ s ⎟+<br />
⎜ j ⎟<br />
⎝ j=<br />
⎠<br />
= S<br />
i m<br />
i m<br />
i m<br />
i = 1, …..<br />
, N; m = 1, …..<br />
, M<br />
Il livello <strong>di</strong> intervento pre<strong>di</strong>sposto deve essere maggiore o al più eguale al minimo stabilito:
2)<br />
S<br />
i m<br />
98<br />
≥ S<br />
min<br />
i m<br />
i = 1, …..<br />
, N; m = 1, …..<br />
, M<br />
Non è possibile utilizzare la stessa risorsa nello stesso tempo per <strong>di</strong>versi incen<strong>di</strong>:<br />
N<br />
M<br />
∑ ik<br />
≤1<br />
k = 1,......,<br />
∑<br />
3) ξ<br />
k = 1 m=<br />
1<br />
APPENDICE C: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo stocastico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />
boschivo<br />
Nel 1989 Catchpole, Hatton e Catchpole per ricavare il grado <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o,<br />
considerano la <strong>di</strong>ffusione del fuoco attraverso un substrato eterogeneo, come un processo <strong>di</strong><br />
Markov. Dato un vettore <strong>di</strong> lunghezza n composto da n celle, ciascuna della stessa <strong>di</strong>mensione<br />
ma non necessariamente dello stesso combustibile, Catchpole, Hatton e Catchpole<br />
considerano il caso in cui il combustibile vari casualmente con una generazione random da<br />
cella a cella. <strong>La</strong> matrice dei combustibili così generata è rappresentata da un processo <strong>di</strong><br />
Markov uni<strong>di</strong>mensionale, che può essere scritto come:<br />
p (x i ⏐x1, x2, … , x i-1) = p (x i⏐ x i-1) (C.1)<br />
Per k > 1 tipi <strong>di</strong> combustibile la probabilità scritta a destra nella formula (C.1) corrisponde ad un<br />
<strong>elemento</strong> della matrice P ( k x k ):<br />
⎡p11p12<br />
.... p<br />
⎢<br />
⎢<br />
p21p<br />
22...<br />
. p2k<br />
= ⎢.......<br />
.......... ...<br />
⎢<br />
⎢.<br />
.......... .....<br />
⎢<br />
⎣pk1<br />
pk<br />
2...<br />
. pkk<br />
1k<br />
⎤<br />
⎥<br />
⎥<br />
⎥<br />
⎥<br />
⎥<br />
⎥<br />
⎦<br />
P (C.2)<br />
dove l'<strong>elemento</strong> pij della matrice P descrive la probabilità che il fuoco si propaghi da una cella <strong>di</strong><br />
combustibile <strong>di</strong> tipo i ad un'altra <strong>di</strong> combustibile <strong>di</strong> tipo j.<br />
Catchpole, Hatton e Catchpole usarono questa probabilità per calcolare il tempo <strong>di</strong><br />
combustione attraverso una cella o una stringa <strong>di</strong> celle e da questo ottennero il grado <strong>di</strong><br />
propagazione del fuoco e la sua varianza. Come caso applicativo essi ricavarono un valore<br />
me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> propagazione (Rate Of Spread, ROS) usando un tipo <strong>di</strong> combustibile composto da una<br />
vegetazione <strong>di</strong> arbusti ed erba, me<strong>di</strong>ante le equazioni <strong>di</strong> Rothermel (1972).<br />
<strong>La</strong> estensione del problema dal caso mono<strong>di</strong>mensionale a quello bi<strong>di</strong>mensionale si deve al<br />
lavoro <strong>di</strong> F. M. Fujioka (1997) del Pacific Southwest Research Station, USDA Forest Service,<br />
sulla base della teoria spaziale del processo <strong>di</strong> Markov dovuta a Cressie (1991) e Besag<br />
(1974).<br />
Egli considera una griglia regolare composta da n celle quadrate, ognuna identificata dal proprio<br />
centro (si) definito dalle coor<strong>di</strong>nate cartesiane (xi , yi). Una cella è considerata bruciante, o<br />
attiva, quando su <strong>di</strong> essa è in corso un incen<strong>di</strong>o e da essa si può incen<strong>di</strong>are qualsiasi altra cella<br />
confinante attraverso un lato in comune, una cella già bruciata, o inattiva, è invece una cella su<br />
cui è già passato il fuoco e che non è in grado <strong>di</strong> propagare il fuoco ad altre celle, in quanto<br />
circondata da tutti i lati da altre celle inattive o da celle in cui è in corso un incen<strong>di</strong>o.<br />
Si definisce la variabile <strong>di</strong>screta Z (si) come una variabile che vale 0 se la cella (si) non è ancora<br />
bruciata, 1 se è già bruciata. Cressie (1991) definisce un campo <strong>di</strong> variabilità markoviana la cui<br />
<strong>di</strong>stribuzione con<strong>di</strong>zionata definisce una struttura <strong>di</strong> vicinato Ni sulla griglia, considerando come<br />
celle confinanti con si solo le quattro ad essa unite con un intero lato, numerate in senso orario<br />
partendo da una cella arbitraria.<br />
Sia pjk(si) la probabilità che la cella si parta da uno stato z = j e finisca con z = k in una singola<br />
iterazione.<br />
Si assume che in ogni caso una cella già bruciata non possa essere ripercorsa dal fuoco, ma<br />
debba rimanere inattiva per tutta la durata della simulazione, ovvero:<br />
p10 (si) = 0, p11 (si) = 1 ∀i<br />
<strong>La</strong> probabilità che determina se c’è o no il fuoco su una cella e data da:<br />
p (s ) = ∑ p (s ) ⋅ z(s<br />
01 i<br />
m m<br />
s ∈N<br />
m i<br />
p (s ) = 1 − p (s )<br />
00 i 01 i<br />
)<br />
m<br />
+ a<br />
i<br />
(C.3)<br />
dove con p m si in<strong>di</strong>ca la probabilità che la cella (si ) sia accesa da una cella contigua (sm), e<br />
con ai si in<strong>di</strong>ca la probabilità <strong>di</strong> autoinnesco in assenza <strong>di</strong> celle attive confinanti, dovuta ad<br />
esempio alla caduta <strong>di</strong> un fulmine. <strong>La</strong> formula (C.3) rende evidente che il fenomeno viene<br />
s<br />
m
considerato come un processo <strong>di</strong> Markov, la probabilità <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una cella è infatti funzione<br />
solo dello stato delle celle confinanti e non <strong>di</strong> quelle poste più lontane; pm <strong>di</strong>pende<br />
essenzialmente dal combustibile, dalle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e dalla topografia, ma è<br />
anche legata alle <strong>di</strong>mensioni della cella e alla durata della singola iterazione. Il passo temporale<br />
t è riferito al periodo <strong>di</strong> osservazione trascorso tra l’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una cella ed il contagio <strong>di</strong> una<br />
cella vicina, esso è in genere un multiplo <strong>di</strong> un valore <strong>di</strong> riferimento che può essere variato<br />
secondo le esigenze della simulazione.<br />
pm determina la forma del perimetro del fuoco: infatti, se le quattro probabilità sono eguali il<br />
perimetro si espande approssimativamente della stessa <strong>di</strong>stanza nelle quattro possibili<br />
<strong>di</strong>rezioni, se pm non è uguale per tutte le celle confinanti allora il perimetro risulterà<br />
maggiormente allungato nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> maggiore probabilità; pm e t sono i parametri che<br />
definiscono l’intervallo <strong>di</strong> confidenza delle realizzazioni.<br />
Il modello definito da Cressie, sviluppato da Fujioka (1997), è in grado <strong>di</strong> fornire dei risultati utili,<br />
ma l’esigenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni omogenee ed il numero elevato <strong>di</strong> parametri necessari ne limitano<br />
l’impiego.<br />
APPENDICE D: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />
boschivo<br />
Viene presentato un semplice esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico, dato dalla relazione <strong>di</strong><br />
Nobel et al.(1980) tra la velocità <strong>di</strong> propagazione in metri al secondo (V) e l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pericolosità<br />
per l'insorgenza degli incen<strong>di</strong> boschivi australiano (F), nel caso <strong>di</strong> combustibile erboso <strong>di</strong> classe<br />
Mark 4, secondo la classificazione ufficiale australiana <strong>di</strong> Mc Arthur, in con<strong>di</strong>zioni invernali nella<br />
regione del New South Wales (Sud Est dell’Australia):<br />
[<br />
F = 2⋅<br />
e<br />
V<br />
=<br />
0.<br />
036<br />
F<br />
99<br />
0.<br />
5<br />
−23.<br />
6 + 5.<br />
01ln<br />
Cd + 0.<br />
0281TA<br />
− 0.<br />
226 H R +<br />
0.<br />
663<br />
dove:<br />
F = in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pericolosità <strong>di</strong> Mc Arthur [numero puro];<br />
V = grado <strong>di</strong> propagazione stimato [m/s].<br />
Cd = grado <strong>di</strong> copertura della vegetazione [%];<br />
TA = temperatura dell’aria [°C];<br />
HR = umi<strong>di</strong>tà relativa dell’aria [%];<br />
U10 = velocità del vento a 10 metri dal suolo [m/s];<br />
I coefficienti numerici che moltiplicano le variabili sopra descritte sono propri della zona<br />
geografica e della vegetazione locale. Essi sono stati ricavati per ogni <strong>di</strong>versa zona omogenea<br />
<strong>di</strong> vegetazione e <strong>di</strong> clima in cui è stata sud<strong>di</strong>visa l’area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. <strong>La</strong> loro determinazione è<br />
possibile con un’analisi statistica fenomenologica della storia degli incen<strong>di</strong> boschivi occorsi nella<br />
zona e tramite analisi e misure <strong>di</strong> laboratorio effettuate in con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e<br />
vegetazionali specifiche per il caso in esame.<br />
APPENDICE E: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo empirico per la propagazione d’incen<strong>di</strong>o<br />
boschivo<br />
Williams nel 1985 descrisse in termini generali la conservazione dell’energia in una massa <strong>di</strong><br />
combustibile percorsa da incen<strong>di</strong>o:<br />
Q = ρ ⋅ ht ⋅ ROS (E.11)<br />
dove:<br />
Q = energia netta trasferita per unità d’area [W m -2 ];<br />
ρ = densità del combustibile<br />
[kg m -3 ];<br />
ht = entalpia per unità <strong>di</strong> massa richiesta per l’accensione del combustibile [J kg -1 ];<br />
ROS = Rate Of Spread, grado <strong>di</strong> avanzamento del fuoco [m s -1 ].<br />
Rothermel (1972) sviluppò un modello empirico in cui non è descritto analiticamente il termine<br />
Q, che venne invece misurato sperimentalmente da prove <strong>di</strong> laboratorio, condotte in <strong>di</strong>verse<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà e temperatura per <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> combustibile, in funzione dell’intensità <strong>di</strong><br />
reazione IR, la relazione empirica che Rothermel riuscì ad ottenere è:<br />
Q/IR = (192 + 7.894 s)-1 exp [(0.792+3.760 s0.5) (β +0.1)] (E.12)<br />
Dove:<br />
s = rapporto tra area esposta e volume del combustibile [m 2 /m 3 ]<br />
β = rapporto tra la densità del combustibile deposto a terra e la densità del combustibile vegeto.<br />
U<br />
0.<br />
5<br />
10<br />
]
A sua volta IR, è esprimibile in funzione della variazione <strong>di</strong> massa del combustibile (dw) per<br />
unità d’area nel tempo (dt) attraverso l’entalpia ht:<br />
I R = - ht<br />
dw<br />
dt<br />
[J m 2 / s]<br />
(E.13)<br />
Sostituendo l’equazione (E.13) e la (E.12) nell’equazione (E.11) si ottiene il grado <strong>di</strong><br />
propagazione, ROS (Rate Of Spread), in metri al secondo:<br />
ROS = (192 + 7.894 s)-1 EXP [(0.792+3.760 s0.5) (β +0.1)]<br />
100<br />
dw<br />
dt<br />
ρ-1 [m s-1] (E.14)<br />
Per considerare il contributo dato all’avanzamento del fronte dalla pendenza e dal vento<br />
Rothermel (1972) propose le seguenti due espressioni ottenute anch’esse da osservazioni<br />
empiriche:<br />
ΦW = CW U10Bw (β/β0)-Ew contributo del vento;<br />
ΦS = 5.275 β-0.3 tang2(θs) contributo della pendenza;<br />
dove con CW, Bw ed EW si intendono funzioni <strong>di</strong> s e β e con θs si misura l’angolo <strong>di</strong> pendenza<br />
letto sul piano orizzontale, considerando questi termini la (E.14) si riscrive come:<br />
ROS = f (s, β) (dw/dt) ρ-1 (1 + ΦW + ΦS) (E.15)<br />
Dove con f (s, β) si è in<strong>di</strong>cato il termine a destra nell’equazione (E.12).<br />
I termini ΦW e ΦS possono essere riscritti come segue:<br />
ΦW = A UB contributo del vento;<br />
ΦS = E tang2(θs) contributo della pendenza;<br />
Il valore dei coefficienti A, B ed E è funzione dei termini s [cm-1] e β e può essere ricavato,<br />
considerando U espresso in metri al secondo, dalla tabella seguente dovuta a Rothermel (1972,<br />
1983):<br />
s [cm-1] A B E β<br />
285 1.46 3.38 34.03 0.0020<br />
154 2.52 2.43 29.29 0.0033<br />
69 3.97 1.57 24.01 0.0064<br />
40 4.77 1.17 21.03 0.0099<br />
L'effetto della pendenza sull'avanzamento del fuoco può essere anche valutato calcolando per<br />
ogni punto Pi i gra<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello gx e gy, ed applicando successivamente per le due<br />
<strong>di</strong>rezioni ortogonali la seguente formula empirica:<br />
Φs= e 3.535 g 1.2 (Van Wagner C.E., 1977) (E.16)<br />
APPENDICE F: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo fisico <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />
Il grado <strong>di</strong> propagazione può essere calcolato con un’equazione <strong>di</strong>fferenziale che consideri il<br />
bilancio energetico <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> combustibile, scritta in funzione dell’entalpia che a sua volta è<br />
funzione del tempo e della posizione delle fiamme nonché dell’energia <strong>di</strong>spersa nell’ambiente.<br />
2<br />
∂ τ ∂ τ<br />
ρc ⋅ = D ⋅ + A ⋅ f ( x,<br />
R(<br />
t))<br />
− H τ<br />
2<br />
∂ t<br />
∂ x<br />
Il termine a sinistra nell’equazione rappresenta l’incremento <strong>di</strong> temperatura per unità <strong>di</strong> volume<br />
del combustibile, misurato sul fronte dell’incen<strong>di</strong>o, essendo τ (x, t) la temperatura del<br />
combustibile al tempo t nella posizione x, ed assumendo che il combustibile sia completamente<br />
descritto da un termine costante dato dal prodotto dei valori me<strong>di</strong> della densità del combustibile<br />
ρ e del suo carico superficiale c.<br />
Il termine D in<strong>di</strong>ca il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusività, ovvero il trasporto <strong>di</strong> calore per conduzione o<br />
<strong>di</strong>ffusione, mentre A f (x, R(t)) rappresenta il termine che rappresenta l’irraggiamento dovuto ad<br />
un <strong>elemento</strong> <strong>di</strong> combustibile in posizione x con il fronte delle fiamme in posizione R(t), essendo<br />
t il tempo trascorso dall’accensione, ed assumendo che la posizione del fronte sia funzione del<br />
solo tempo t. <strong>La</strong> costante A è data dal coefficiente <strong>di</strong> assorbimento per irraggiamento del<br />
combustibile (α) e dall’intensità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione della sorgente. Il termine H τ è detto<br />
raffreddamento newtoniano, e considera la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> calore per convezione dovuta alla<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura tra il combustibile e l’aria circostante, dove la costante H è data dal<br />
rapporto tra il volume e l’area esposta (s) ed un coefficiente convettivo.<br />
L’equazione scritta sopra è un’equazione <strong>di</strong>fferenziale alle derivate parziali, lineare del secondo<br />
or<strong>di</strong>ne nelle due variabili x e t e con due funzioni incognite τ(x, t) e R(t).<br />
Le con<strong>di</strong>zioni al contorno da imporre all’equazione sono:<br />
τ (x ⇒ R(t), t) = τ1<br />
τ (x ⇒ ∞ , t) = 0<br />
R(0) = 0
<strong>La</strong> prima con<strong>di</strong>zione esprime l’assunzione, suggerita da osservazioni sperimentali, che<br />
l’<strong>elemento</strong> riscaldato fino alla temperatura <strong>di</strong> accensione del fuoco è imme<strong>di</strong>atamente raggiunto<br />
dalle fiamme.<br />
Berlad (1971), interpreta matematicamente il problema dell’avanzamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o su <strong>di</strong><br />
una superficie combustibile, considerando la propagazione del fuoco in analogia con<br />
l’avanzamento <strong>di</strong> un fronte d’onda. Quest’assunzione è fisicamente corretta e non è in<br />
contrad<strong>di</strong>zione con le con<strong>di</strong>zioni al contorno riportate sopra.<br />
Assumendo la posizione: τ(x, t) = τ(x - R(t)), è possibile scrivere la seguente equazione:<br />
∂τ • ∂x<br />
+ R = 0<br />
∂t<br />
∂x<br />
(F.32)<br />
Sostituendo la (F.26) nella (F.32) si ottiene<br />
2<br />
∂ τ • ∂τ<br />
D + ρc<br />
R − Hτ+<br />
Af<br />
( x,<br />
R(<br />
t)<br />
) = 0<br />
2<br />
∂x<br />
∂x<br />
(F.33)<br />
In cui si nota che l’unica variabile <strong>di</strong>pendente dal tempo è la R(t), ed è quin<strong>di</strong> possibile trattare<br />
l’equazione come un’or<strong>di</strong>naria equazione <strong>di</strong>fferenziale del secondo or<strong>di</strong>ne.<br />
L’equazione caratteristica, ottenuta sostituendo eλ x nella parte omogenea della (F.33), è:<br />
Dλ2 + ρc R •<br />
λ - H = 0<br />
che fornisce le due ra<strong>di</strong>ci:<br />
• ⎛ ⎞<br />
• ⎜ρc<br />
R ⎟ + 4DH<br />
ρc<br />
R ⎝ ⎠<br />
λ1<br />
= − +<br />
> 0<br />
2D<br />
2D<br />
2<br />
2<br />
• ⎛ ⎞<br />
• ⎜ρc<br />
R ⎟ + 4DH<br />
ρc<br />
R ⎝ ⎠<br />
λ 2 = − −<br />
< 0<br />
2D<br />
2D<br />
<strong>La</strong> soluzione della parte omogenea della (F.33) è data da c1 eλ1x + c2 eλ2x , che può essere<br />
verificata calcolando il wronskiano W(eλ1x , eλ2x ) = (λ2 - λ1) e(λ2 - λ1) x , non nullo per tutti i<br />
valori <strong>di</strong> x.<br />
<strong>La</strong> soluzione generale della (F.33) può essere trovata me<strong>di</strong>ante il metodo <strong>di</strong> variazione dei<br />
parametri, scegliendo come limite inferiore <strong>di</strong> integrazione R(t), si ricava:<br />
⎡<br />
x<br />
⎤ ⎡<br />
x<br />
⎤<br />
λ A<br />
−λ<br />
ε<br />
λ A<br />
1x<br />
1<br />
2x<br />
−λ<br />
2ε<br />
τ( x − R(<br />
t)<br />
) = e ⎢c1<br />
+ ⋅ ⋅ ( ε ) ε⎥<br />
+ ⎢ − ⋅ ⋅ ( ε ) ε⎥<br />
⎢⎣<br />
( λ − λ ) ∫ e f , R(<br />
t)<br />
d e c2<br />
⎥⎦<br />
⎢⎣<br />
( λ − λ ) ∫ e f , R(<br />
t)<br />
d<br />
2 1 R(<br />
t)<br />
2 1 R(<br />
t)<br />
⎥⎦<br />
<strong>La</strong> prima con<strong>di</strong>zione al contorno (F.29) è sod<strong>di</strong>sfatta dall’equazione:<br />
∞<br />
A −λ1ε<br />
c1<br />
+ e f ( ε,<br />
R(<br />
t)<br />
) dε<br />
= 0<br />
λ − λ ∫<br />
( )<br />
2 1 R(<br />
t)<br />
mentre la con<strong>di</strong>zione τ(0) = τ1 è data da:<br />
⎡<br />
x<br />
−λ1R<br />
( t)<br />
A<br />
−λ1ε<br />
λ2R<br />
( t)<br />
τ1 = −e<br />
⎢ e f ( ε,<br />
R(<br />
t)<br />
) dε⎥<br />
+ c 2e<br />
⎢⎣<br />
( λ 2 − λ1<br />
) ∫<br />
R(<br />
t)<br />
⎥⎦<br />
(F.34)<br />
E’ ora possibile descrivere la soluzione completa per il profilo <strong>di</strong> temperatura:<br />
λ1x<br />
∞<br />
⎡<br />
−(<br />
λ2<br />
−λ1)<br />
R(<br />
t)<br />
x<br />
x<br />
Ae −λ<br />
ε<br />
λ −λ<br />
Ae<br />
−λ<br />
ε<br />
A<br />
1<br />
2x<br />
2R(<br />
t)<br />
1<br />
τ( x −R(<br />
t)<br />
) = − ⋅ ⋅ ( ε ) ε + ⎢τ<br />
+ ⋅ ⋅ ( ε ) ε + ⋅<br />
( λ −λ<br />
) ∫e<br />
f , R(<br />
t)<br />
d e 1e<br />
⎢⎣<br />
( λ −λ<br />
) ∫e<br />
f , R(<br />
t)<br />
d<br />
( λ −λ<br />
) ∫e<br />
2 1 x<br />
2 1 R(<br />
t)<br />
2 1 R(<br />
t)<br />
Quest’espressione presenta un oneroso numero <strong>di</strong> calcoli per essere risolta ed inoltre non è in<br />
grado <strong>di</strong> definire <strong>di</strong>rettamente il grado <strong>di</strong> propagazione del fuoco (ROS), se non dopo avere<br />
imposto ulteriori con<strong>di</strong>zioni cui deve soggiacere il profilo delle temperature.<br />
101<br />
⎤<br />
−λ1ε<br />
⋅f<br />
( ε,<br />
R(<br />
t)<br />
)<br />
⎤<br />
dε⎥<br />
⎥⎦