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La modellistica di evento quale elemento di ... - Agriligurianet

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Allegato 3- progetto SPIRL II<br />

<strong>La</strong> <strong>modellistica</strong> <strong>di</strong> <strong>evento</strong> <strong>quale</strong> <strong>elemento</strong> <strong>di</strong><br />

valutazione previsionale del rischio e <strong>di</strong><br />

simulazione degli incen<strong>di</strong> boschivi.<br />

INDICE<br />

1 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DI CLASSI DI COMBUSTIBILE IN RELAZIONE<br />

AL TERRITORIO DELLA REGIONE LIGURIA.<br />

1.1 Introduzione<br />

1.2 <strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile<br />

1.3 <strong>La</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo<br />

1.4 <strong>La</strong> combustione della necromassa<br />

1.4.1 I fattori che regolano la combustione della necromassa<br />

1.4.2 L’umi<strong>di</strong>tà della necromassa<br />

1.5 <strong>La</strong> combustione della fitomassa<br />

1.5.1 Fattori che regolano la combustione della fitomassa.<br />

1.5.2 Umi<strong>di</strong>tà della fitomassa<br />

1.6 Criteri <strong>di</strong> classificazione dei consorzi vegetali.<br />

1.6.1 Introduzione<br />

1.6.2 L'esempio del National Fire Danger Rating System USDA<br />

1.6.3 L'esempio della classificazione del CEMAGREF (Francia)<br />

2 MAPPE GIORNALIERE DI RISCHIO PER LA PROPAGAZIONE<br />

DEGLI INCENDI BOSCHIVI.<br />

2.1 Introduzione<br />

2.2 Il Sistema Informativo Geografico<br />

2.3 <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno<br />

2.3.1 <strong>La</strong> classificazione del territorio secondo la carta CORINE <strong>La</strong>nd Cover<br />

2.3.2 L'Assetto Vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento<br />

Paesistico della Regione Liguria<br />

2.4 l Modello Digitale del Terreno<br />

2.5 Il modello LILAM<br />

2.6 Il modello BOLAM 99<br />

2.7 Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi.<br />

2.8 Funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong><br />

della Regione Liguria (S.P.I.R.L.).<br />

3 MODELLO DI SIMULAZIONE DI UN SINGOLO INCENDIO BOSCHIVO<br />

3.1 Introduzione<br />

3.1.1 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo stocastico<br />

3.1.2 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo statistico<br />

3.1.3 I modelli empirici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

3.1.4 I modelli fisici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

3.2 I modelli proposti al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria (S.P.I.R.L.)<br />

3.2.1 Il modello francese mo<strong>di</strong>ficato per il territorio ligure (Drouet)<br />

3.2.2 Il sistema FARSITE Fire Area Simulator<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

APPENDICE A: Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />

Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />

Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />

APPENDICE B: Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />

Formula per il calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione Vps:<br />

Formula <strong>di</strong> Blaney e Criddle per il calcolo dell'evapotraspirazione potenziale:<br />

Calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione in funzione dell'esposizione del terreno rispetto alla <strong>di</strong>rezione<br />

del vento:<br />

Coefficiente <strong>di</strong> vegetazione<br />

Procedura <strong>di</strong> assegnazione delle risorse <strong>di</strong>sponibili<br />

APPENDICE C: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo stocastico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

boschivo<br />

APPENDICE D: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o boschivo<br />

APPENDICE E: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo empirico per la propagazione d’incen<strong>di</strong>o boschivo<br />

APPENDICE F: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo fisico <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

70


1 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DI CLASSI DI COMBUSTIBILE IN<br />

RELAZIONE AL TERRITORIO DELLA REGIONE LIGURIA.<br />

1.1 Introduzione<br />

Le informazioni necessarie alla messa in funzione <strong>di</strong> una <strong>modellistica</strong> numerica della<br />

propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi, nell’ambito del funzionamento <strong>di</strong> un servizio <strong>di</strong> previsione,<br />

sono costituite essenzialmente dalla <strong>di</strong>stribuzione e dalla natura della vegetazione sul territorio.<br />

Infatti ogni <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> vegetazione rappresenta un <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> combustibile, che è un<br />

parametro fondamentale per il modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong>.<br />

Le variabili spazio-temporali che determinano la qualità e la quantità <strong>di</strong> combustibile vivo<br />

(fitomassa) o morto (necromassa) <strong>di</strong>sponibile in un’area geografica sono <strong>di</strong>rettamente legate<br />

alle caratteristiche proprie del sito in grado <strong>di</strong> influenzare la crescita vegetale. Esse quin<strong>di</strong><br />

comprendono: la quota sul livello del mare, l’esposizione rispetto al Nord geografico, la<br />

posizione geografica rispetto alla latitu<strong>di</strong>ne e alla longitu<strong>di</strong>ne e le caratteristiche fisiche e<br />

chimiche del suolo. Le variabili temporali sono invece costituite: dalla variazione nel tempo delle<br />

con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e dallo sta<strong>di</strong>o vegetativo della vegetazione stu<strong>di</strong>ata. Nei paragrafi<br />

seguenti verrà descritta la reazione <strong>di</strong> combustione del materiale vegetale in funzione delle<br />

caratteristiche del combustibile e, successivamente, verranno analizzati i fattori che influenzano<br />

la <strong>di</strong>sponibilità e le caratteristiche fisiche della necromassa e della fitomassa.<br />

1.2 <strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile<br />

Il materiale vegetale, sia esso nel pieno dello stato vegetativo (fitomassa), oppure già morto e<br />

depositatosi a terra (necromassa), rappresenta il combustibile in grado <strong>di</strong> alimentare il fuoco. Le<br />

sue caratteristiche fisiche, quali l’umi<strong>di</strong>tà, il contenuto in sostanza organica, in resine, cellulosa 1 ,<br />

lignina ed in altri composti ossidabili, sono i fattori che regolano la qualità della combustione, la<br />

cui evoluzione nello spazio e nel tempo <strong>di</strong>fferisce in maniera sostanziale al variare del materiale<br />

che il fuoco incontra lungo la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione.<br />

<strong>La</strong> reazione <strong>di</strong> ossidazione del combustibile che provoca l’innesco del fuoco e la susseguente<br />

propagazione, <strong>di</strong>pende, oltre che dalla quantità e qualità del combustibile (che ad esempio<br />

determina la temperatura <strong>di</strong> accensione), anche dalla presenza del comburente (ossigeno).<br />

Si tenga presente che per bruciare una mole <strong>di</strong> cellulosa, pari a 162 grammi, sono necessari<br />

192 grammi <strong>di</strong> ossigeno. Visto che l’aria atmosferica contiene una percentuale <strong>di</strong> ossigeno pari<br />

al 21% in volume (23% in massa), ne <strong>di</strong>scende che un chilogrammo <strong>di</strong> cellulosa richiede, per<br />

potere essere completamente combusto, 4.3 m 3 <strong>di</strong> aria al livello del mare. Quest’osservazione<br />

può fare intuire l’enorme influenza che ha il movimento delle masse d’aria, e quin<strong>di</strong> il vento,<br />

nella <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo.<br />

<strong>La</strong> produzione <strong>di</strong> gas in seguito alla combustione della cellulosa e delle altre sostanze<br />

contenute nel combustibile vegetale è stata analizzata e stu<strong>di</strong>ata in numerosi lavori (Ohlemiller,<br />

1987), le numerose reazioni e le sostanze chimiche prodotte durante tale processo sono state<br />

isolate per alcuni tipi <strong>di</strong> combustibile, ricavando per ognuno <strong>di</strong> essi l’energia richiesta per alzare<br />

l’entalpia dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali <strong>di</strong> temperatura ed umi<strong>di</strong>tà fino all’accensione della massa<br />

vegetale.<br />

Le caratteristiche termo<strong>di</strong>namiche dei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> combustibile risultano <strong>di</strong>scriminanti nel<br />

comportamento del fuoco. Infatti, conoscendo la conducibilità e la capacità termica del<br />

materiale vegetale, si può ricavare l’entalpia dell’intera massa <strong>di</strong> combustibile, o <strong>di</strong> porzioni <strong>di</strong><br />

esso, in funzione della temperatura. Da essa <strong>di</strong>scende il “calore <strong>di</strong> reazione”, il “grado <strong>di</strong><br />

avanzamento della reazione” e la “energia <strong>di</strong> attivazione” necessaria all’accensione della<br />

massa.<br />

Un ruolo molto importante è assunto dal “calore massico” del combustibile, vale a <strong>di</strong>re dalla<br />

quantità <strong>di</strong> calore che esso è in grado <strong>di</strong> rilasciare per unità <strong>di</strong> massa. Considerando ad<br />

esempio un sistema alimentato da vegetazione viva lignea con un’umi<strong>di</strong>tà del 12 - 15%, è<br />

possibile riscontrare un potere calorico che varia me<strong>di</strong>amente dalle 3800 - 4500 kcal/kg per le<br />

conifere resinose alle 3500 - 3700 kcal/kg delle latifoglie.<br />

<strong>La</strong> temperatura a cui ha inizio il processo <strong>di</strong> ossidazione del materiale vegetale varia a seconda<br />

della composizione considerata e della sua umi<strong>di</strong>tà, come vedremo più in dettaglio nel seguito:<br />

convenzionalmente si assume la temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 320°C come il valore a cui corrisponde<br />

la decomposizione per pirolisi della cellulosa.<br />

1.3 <strong>La</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo<br />

Il meccanismo <strong>di</strong> propagazione del fuoco può essere semplificato secondo tre successive<br />

fasi:<br />

1. Una fonte <strong>di</strong> calore posta a contatto con il combustibile ne causa il riscaldamento,<br />

l'essiccazione e la parziale <strong>di</strong>stillazione delle sostanze contenute nel vegetale. In seguito allo<br />

1 <strong>La</strong> cellulosa è la componente principale del tessuto legnoso, e quin<strong>di</strong> del combustibile<br />

vegetale: essa si presenta come una struttura polimerica del glucosio del tipo (C6 H10 O5)n, con<br />

n numero elevato ma non definito. <strong>La</strong> combustione della cellulosa, ipotizzando una reazione<br />

completa, è descritta da: C6 H10 O5 + 6O2 → 6CO2 + 5 H2O<br />

71


sviluppo <strong>di</strong> gas infiammabili si ha l’accensione del combustibile. Durante questa prima fase, i<br />

gas prodotti in maggiore percentuale sono: vapore acqueo; anidride carbonica (CO2);<br />

monossido <strong>di</strong> carbonio (CO), quest’ultimo facilmente infiammabile. I prodotti condensabili<br />

contenuti nel combustibile, che verranno <strong>di</strong>stillati in una successiva fase, sono rappresentati<br />

da: vapore acqueo; acido etanoico o acetico (CH3-COOH); acido metanoico o formico (H-<br />

COOH), quest’ultimo presente in quantità considerevoli nel legno e negli aghi delle conifere;<br />

acido propionico (CH3-CH2-COOH) ed aci<strong>di</strong> grassi superiori, ovvero aci<strong>di</strong> con più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />

atomi <strong>di</strong> Carbonio: l’insieme delle frazioni condensabili è denominato “succo pirolegnoso”.<br />

2. Il calore prodotto dalla combustione è trasferito al combustibile non ancora innescato dai<br />

processi <strong>di</strong> convezione ed irraggiamento.<br />

3. L’assorbimento d’energia da parte del combustibile a<strong>di</strong>acente, non ancora interessato dal<br />

fuoco, alza l’entalpia della massa vegetale fino al punto in cui si ha l’inizio della<br />

decomposizione termica, come descritto nel punto 1 precedente: il fronte dell’incen<strong>di</strong>o avanza<br />

consumando il combustibile.<br />

<strong>La</strong> realtà fisica del meccanismo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo (definito in modo<br />

significativo in Nord America epidemic, “epidemico”) <strong>di</strong>pende fortemente dalle caratteristiche<br />

botaniche della vegetazione e dalla struttura effettiva del bosco.<br />

Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi può essere ricondotta, nella sua veste più<br />

schematica, a tre tipologie principali (Brown A.A., Davis K.P., 1973):<br />

• incen<strong>di</strong> sotterranei;<br />

• incen<strong>di</strong> radenti;<br />

• incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma.<br />

Le tipologie elencate vengono <strong>di</strong> seguito brevemente descritte: maggiori dettagli sono riportati<br />

nell’Appen<strong>di</strong>ce A.<br />

Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />

Sono caratterizzati dall’assenza <strong>di</strong> fiamma viva, bensì dalla lenta combustione degli strati<br />

organici del terreno. <strong>La</strong> reazione procede molto lentamente con valori <strong>di</strong> avanzamento del<br />

fronte dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0.1 – 0.15 m/ora, ed il calore viene per lo più trasmesso per conduzione. Il<br />

combustibile non reagisce completamente con lo scarso comburente (ossigeno) presente e la<br />

reazione non sia mai accompagnata da fiamma viva.<br />

Questo genere <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, in grado <strong>di</strong> propagarsi anche sotto un manto nevoso, non risulta<br />

particolarmente frequente nella casistica nazionale. Esso generalmente si verifica in<br />

concomitanza con un incen<strong>di</strong>o radente (si veda il successivo paragrafo) e richiede la presenza<br />

<strong>di</strong> un substrato torboso, o apparati ra<strong>di</strong>cali molto fitti. Le operazioni <strong>di</strong> spegnimento possono<br />

essere <strong>di</strong>fficili e <strong>di</strong> esito incerto: si è verificato infatti che incen<strong>di</strong> ritenuti spenti in realtà si siano<br />

propagati sottoterra per riprendere successivamente vigore molte ore dopo e a decine <strong>di</strong> metri<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />

E’ la tipologia più frequente <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o che si può riscontrare: essa consiste sia nella<br />

combustione della vegetazione posta al suolo, ovvero lo strato erbaceo e la lettiera, sia degli<br />

arbusti e dei cespugli.<br />

<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione può raggiungere valori notevoli dovuti all’elevato rapporto<br />

superficie/volume presentato da una lettiera composta da foglie secche, ramoscelli, strobili,<br />

cortecce ed altri residui vegetali.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> fuoco radente è quello che si sviluppa sullo strato erbaceo: gli steli d’erba<br />

presentano un notevole rapporto superficie/volume e secondo la loro maggiore o minore<br />

umi<strong>di</strong>tà sono in grado <strong>di</strong> imprimere una violenta accelerazione alla velocità <strong>di</strong> propagazione del<br />

fuoco.<br />

Il fuoco radente che interessa i cespugli, il sottobosco e la macchia arbustiva è particolarmente<br />

insi<strong>di</strong>oso ed è generalmente riscontrabile durante le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minima umi<strong>di</strong>tà della<br />

vegetazione e dell’atmosfera, ovvero durante il riposo vegetativo invernale e nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

maggiore siccità estivi.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />

Questi incen<strong>di</strong> interessano solo le chiome della vegetazione arborea, e possono propagarsi<br />

<strong>di</strong>rettamente da un albero ad un altro senza colpire le zone a contatto con il terreno.<br />

Sono caratteristici <strong>di</strong> alcuni climax, composti per lo più da Conifere, particolarmente ricche <strong>di</strong><br />

resine ed oli essenziali. Esse sono le prime sostanze ad essere estratte per <strong>di</strong>stillazione nella<br />

pirolisi, liberando gas infiammabili e miscele <strong>di</strong> vapori che poste a contatto con le fiamme<br />

esplodono pericolosamente.<br />

<strong>La</strong> classificazione data da Van Wagner nel 1977 <strong>di</strong>stingue tre principali tipi d’incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma:<br />

1) fuoco <strong>di</strong> chioma passivo; 2) fuoco <strong>di</strong> chioma attivo e 3) fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente.<br />

1. Fuoco <strong>di</strong> chioma passivo: definito in inglese torching, è tipico delle zone pianeggianti popolate<br />

da essenze resinose rade: si presenta in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> calma <strong>di</strong> vento ed in concomitanza con<br />

un incen<strong>di</strong>o radente.<br />

2. Fuoco <strong>di</strong> chioma attivo: in questa fase l’avanzamento del fuoco non è strettamente legato<br />

all’incen<strong>di</strong>o radente presente a terra, anche se l’energia sviluppata dal fuoco in chioma non è<br />

sufficiente ad autoalimentare la combustione. In effetti, si registra un’azione sinergica tra le due<br />

zone interessate dal fuoco: l’incen<strong>di</strong>o radente che si sviluppa a livello del terreno permette una<br />

continuità delle fiamme garantita dalle forti correnti convettive che lambiscono i palchi degli<br />

alberi; mentre il fuoco <strong>di</strong> chioma garantisce il preriscaldamento del combustibile al suolo dovuto<br />

all’alta emanazione termica dei palchi incen<strong>di</strong>ati degli alberi.<br />

3. Fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente: è tipico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vento teso ed è estremamente<br />

pericoloso perché caratterizzato da forti velocità d’avanzamento. Le intensità sono molto<br />

elevate e rendono in pratica impossibile l’avvicinamento al fronte da parte delle squadre addette<br />

allo spegnimento: il flusso <strong>di</strong> calore è, infatti, notevole ed è altresì riscontrabile il fenomeno dello<br />

72


spotting, ossia la proiezione <strong>di</strong> tizzoni o parti <strong>di</strong> chioma incen<strong>di</strong>ate verso le zone non ancora<br />

interessate dal fuoco, con una propagazione molto veloce dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

Per quanto visto nei paragrafi precedenti, risulta evidente il ruolo giuocato<br />

dai combustibili costituiti da materiale vegetale morto deposto a terra e dalle<br />

parti <strong>di</strong> pianta <strong>di</strong>ssecate (necromassa), rispetto ai combustibili composti da<br />

tessuti vascolarizzati e nel pieno dello stato vegetativo (fitomassa). Per<br />

questa ragione esaminiamo separatamente le due tipologie <strong>di</strong> combustibile<br />

nei due prossimi paragrafi.<br />

1.4 <strong>La</strong> combustione della necromassa<br />

1.4.1 I fattori che regolano la combustione della necromassa<br />

I fattori che regolano la combustione della necromassa sono:<br />

1. L’umi<strong>di</strong>tà;<br />

2. Il calore massico;<br />

3. <strong>La</strong> continuità;<br />

4. Le <strong>di</strong>mensioni<br />

Questi fattori sono esaminati singolarmente nel seguito in maggiore<br />

dettaglio:<br />

1. U<br />

mi<strong>di</strong>tà. Il consumo del materiale combustibile è legato al suo contenuto<br />

d’acqua. Questo è particolarmente vero per le classi <strong>di</strong> combustibile <strong>di</strong><br />

grande <strong>di</strong>ametro, mentre per i combustibili fini il passaggio del fuoco<br />

determina il consumo <strong>di</strong> quasi tutta la massa vegetale, con scarsa influenza<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà contenuta (Reinhard, 1991). Vista l’importanza <strong>di</strong> questo<br />

parametro, esso sarà trattato singolarmente nel paragrafo 1.4.2<br />

2. C<br />

alore massico o potere calorico. E’ così definito il calore prodotto dalla<br />

combustione completa <strong>di</strong> un chilogrammo <strong>di</strong> combustibile vegetale. Ad<br />

esempio, il calore massico me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un combustibile ligneo <strong>di</strong> una latifoglia è<br />

<strong>di</strong> circa 4500 kcal/kg (Albini, 1976), mentre le essenze resinose possono<br />

arrivare ad un valore <strong>di</strong> 7500 kcal/kg (Byram, 1959); questa caratteristica<br />

rende possibile la propagazione del fuoco in consorzi vegetali ricchi <strong>di</strong><br />

resinose, anche in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà molto elevate generalmente non<br />

giu<strong>di</strong>cate pre<strong>di</strong>sponenti per altre essenze.<br />

3. C<br />

ontinuità. Il comportamento del fuoco, in relazione alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

propagazione e al consumo <strong>di</strong> materiale, è strettamente legato alla<br />

<strong>di</strong>sposizione nello spazio del combustibile. Se la <strong>di</strong>sposizione della<br />

vegetazione presenta delle zone <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità, l’influenza del vento può<br />

non essere sufficiente a propagare il fuoco, limitando la quantità <strong>di</strong><br />

combustibile che viene consumata.<br />

4. D<br />

imensioni. I combustibili deposti a terra con <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>e<br />

inferiori a 0.5 cm ed alcuni tipi <strong>di</strong> combustibile fino a 6 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro sono<br />

completamente consumati dal passaggio del fuoco in quasi tutte le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o riscontrabili (Martin, 1979). Il materiale combustibile <strong>di</strong><br />

grande <strong>di</strong>ametro, quali tronchi d’albero o rami <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni,<br />

rappresenta una fonte <strong>di</strong> propagazione molto pericolosa, se la <strong>di</strong>stanza tra<br />

gli elementi che lo compongono è inferiore a 1.5 metri; per <strong>di</strong>stanze<br />

superiori, anche in presenza <strong>di</strong> forte vento, è assai <strong>di</strong>fficile che si possa<br />

verificare una propagazione del fuoco.<br />

1.4.2 L’umi<strong>di</strong>tà della necromassa<br />

L’umi<strong>di</strong>tà ha un effetto preponderante sulla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> materiale vegetale<br />

combustibile, com’è logico aspettarsi. Infatti buona parte del calore prodotto<br />

73


dalla combustione è utilizzato per cambiare lo stato dell’acqua (da liquido a<br />

gassoso) che viene allontanata dalla massa vegetale appunto sotto forma <strong>di</strong><br />

vapore, come visto nel paragrafo 1.2. Se l’umi<strong>di</strong>tà presente nel combustibile<br />

è elevata, il calore generato dalla combustione può quin<strong>di</strong> essere<br />

insufficiente ad allontanare tutta l’acqua e la temperatura <strong>di</strong> accensione della<br />

fiamma può non essere più raggiunta dagli strati <strong>di</strong> combustibile a<strong>di</strong>acenti<br />

alle zone infiammate: questo può determinare il rallentamento o lo<br />

spegnimento della fiamma.<br />

Nel seguito esaminiamo in maggiore dettaglio: quant’acqua allo stato liquido<br />

può essere contenuta nei vegetali (1); il ruolo del vapore d’acqua<br />

nell’atmosfera in cui il vegetale si trova (2); la definizione <strong>di</strong> contenuto<br />

d’umi<strong>di</strong>tà d’equilibrio (3); e la classificazione dei combustibili morti secondo il<br />

principio del “tempo <strong>di</strong> ritardo” (4); il ruolo della temperatura dell’aria (5); il<br />

ruolo della temperatura del combustibile (6); il ruolo del vento (7).<br />

1. Acqua nella necromassa. L’acqua meteorica può essere presente sia sulla superficie che<br />

nelle cellule del materiale vegetale (Schroeder, 1970). Infatti l’acqua allo stato liquido è<br />

assorbita velocemente dai combustibili attraverso la superficie esposta all’atmosfera e al<br />

suolo, riempiendo le cavità cellulari e gli spazi intracellulari. <strong>La</strong> durata delle precipitazioni<br />

è fondamentale nella determinazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà, il legno infatti è in grado<br />

<strong>di</strong> assorbire acqua fino a quando la superficie esterna del combustibile è bagnata: per<br />

questo motivo, la durata della precipitazione è un dato più significativo dell’altezza <strong>di</strong><br />

pioggia per determinare il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà della vegetazione. <strong>La</strong> quantità d’acqua<br />

precipitata è invece un dato fondamentale qualora si debba calcolare il tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

strati <strong>di</strong> combustibile organico (Simard, 1968; Simard, 1982) Al punto <strong>di</strong> saturazione delle<br />

fibre, cioè quando le pareti cellulari racchiudono quanta più acqua possibile, l’acqua<br />

generalmente rappresenta il 30 –35% del peso secco del combustibile (Mc Cammon,<br />

1976).<br />

2. Acqua nell’atmosfera. L’acqua presente in atmosfera sotto forma gassosa è chiamata<br />

vapore acqueo. Il massimo contenuto <strong>di</strong> vapore che un’unità <strong>di</strong> volume <strong>di</strong> atmosfera può<br />

contenere, <strong>di</strong>pende quasi esclusivamente dalla temperatura dell’aria e in modo<br />

trascurabile dalla pressione atmosferica. Le molecole d’acqua in un combustibile possono<br />

essere adsorbite dalla cellulosa o trattenute per capillarità attraverso le pareti cellulari; se<br />

la pressione <strong>di</strong> vapore sulla superficie delle pareti cellulari è minore della pressione <strong>di</strong><br />

vapore nell’atmosfera, il combustibile è in grado <strong>di</strong> acquisire acqua dall’atmosfera<br />

aumentando la propria umi<strong>di</strong>tà (Simard, 1968).<br />

3. Contenuto d’umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> equilibrio (Equilibrium Moisture Con<strong>di</strong>tion: EMC). Viene<br />

definito così "il valore <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà registrabile nel combustibile se questo venisse esposto a<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura e umi<strong>di</strong>tà relativa costanti per un tempo infinito" (Schroeder,<br />

1970). L'EMC determina quin<strong>di</strong> l'ammontare d’acqua che uno specifico tipo <strong>di</strong> vegetale<br />

può contenere se in equilibrio con l’ambiente esterno in date con<strong>di</strong>zioni (Simard, 1968).<br />

Esiste un unico EMC per ciascuna combinazione <strong>di</strong> temperatura atmosferica e umi<strong>di</strong>tà<br />

relativa, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> pressione <strong>di</strong> vapore associata (Schroeder, 1970). Se il contenuto <strong>di</strong><br />

umi<strong>di</strong>tà del combustibile è più grande <strong>di</strong> EMC, il vapore si <strong>di</strong>ffonde all'esterno del<br />

combustibile ed esso <strong>di</strong>viene più secco. Se il contenuto <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà del combustibile è<br />

inferiore all'EMC, si hanno dei trasferimenti <strong>di</strong> vapore d'acqua nelle cellule del<br />

combustibile ed il combustibile <strong>di</strong>viene più umido. Va però tenuto presente che la velocità<br />

con cui il combustibile scambia il vapore acqueo con l'atmosfera è inferiore alla velocità<br />

con cui variano la temperatura e l'umi<strong>di</strong>tà dell'aria: per questo motivo il contenuto <strong>di</strong><br />

umi<strong>di</strong>tà del combustibile nei fatti non raggiunge mai un equilibrio stabile.<br />

4. Classificazione dei combustibili morti. Le necromasse sono solitamente sud<strong>di</strong>vise in<br />

classi <strong>di</strong>mensionali definite attraverso il cosiddetto time lag o “tempo <strong>di</strong> ritardo”, definito<br />

come il periodo <strong>di</strong> tempo necessario, ad ogni <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> combustibile, per perdere il<br />

63% dell’umi<strong>di</strong>tà originale, alle con<strong>di</strong>zioni EMC e nelle con<strong>di</strong>zioni standard <strong>di</strong> 80 F (26.7<br />

°C) e al 20% <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà relativa (Schroeder, 1970). Esiste una correlazione <strong>di</strong>retta tra il<br />

time lag e le <strong>di</strong>mensioni del combustibile (il <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o): i vegetali che presentano<br />

<strong>di</strong>ametri piccoli hanno un alto rapporto tra la superficie esposta ed il volume e sono quin<strong>di</strong><br />

caratterizzati da una rapida variazione del livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà in essi contenuta in relazione<br />

alla variazione della temperatura e dell'umi<strong>di</strong>tà atmosferica (time lag breve). I combustibili<br />

<strong>di</strong> grande <strong>di</strong>ametro invece hanno una piccola superficie rispetto al volume e il loro<br />

contenuto d'umi<strong>di</strong>tà cambia molto più lentamente in risposta ai cambiamenti delle variabili<br />

meteorologiche. Vengono solitamente definite le seguenti quattro classi <strong>di</strong>mensionali in<br />

funzione del time lag (<strong>La</strong>ncaster, 1970):<br />

1 ora: combustibile <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, con <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o φ ≤ 5 mm: a questa<br />

classe appartengono le piante erbacee <strong>di</strong>sseccate e le parti più fini della lettiera del<br />

bosco, cioè lo strato <strong>di</strong> vegetazione che si forma ai pie<strong>di</strong> della vegetazione d’alto<br />

fusto;<br />

10 ore: combustibile <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>o-piccole con 6 mm ≤ φ ≤ 25 mm e lettiera con<br />

profon<strong>di</strong>tà che può arrivare ai 20 -25 mm;<br />

100 ore: combustibile <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni con 25 mm < φ ≤ 75 mm e lettiera con<br />

profon<strong>di</strong>tà massima che può raggiungere i 75 - 80 mm;<br />

74


1000 ore: combustibile <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni con <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o 75 mm < φ ≤ 200<br />

mm e lettiera con profon<strong>di</strong>tà massima oltre gli 80 mm.<br />

5. Temperatura dell’aria. <strong>La</strong> temperatura dell’aria influenza l’umi<strong>di</strong>tà atmosferica e quin<strong>di</strong> la<br />

pressione <strong>di</strong> vapore e <strong>di</strong> conseguenza, per quanto visto, il contenuto d’acqua d’equilibrio<br />

dei combustibili.<br />

6. Temperatura del combustibile. L’aumento della temperatura del combustibile, a parità <strong>di</strong><br />

temperatura esterna, <strong>di</strong>minuisce l’EMC e l’umi<strong>di</strong>tà relativa nella zona <strong>di</strong> microclima che si<br />

forma a contatto con il materiale (Rothermel, 1986). <strong>La</strong> temperatura del combustibile è<br />

influenzata dall’acclività, dal tipo <strong>di</strong> combustibile, dall’ora del giorno, dalla copertura<br />

nuvolosa, dalla copertura vegetale viva, dalla ra<strong>di</strong>azione solare e dall’albedo del materiale<br />

vegetale.<br />

7. Vento. Il vento ha un effetto importante sui combustibili lignei, specie se <strong>di</strong> piccolo<br />

<strong>di</strong>ametro, in quanto il vento è in grado <strong>di</strong> allontanare dai combustibili una grande quantità<br />

<strong>di</strong> vapore acqueo. Quando il combustibile è al <strong>di</strong> sotto del punto <strong>di</strong> saturazione delle fibre,<br />

l’acqua <strong>di</strong>ffonde dalle fibre più interne verso l’esterno, fino al punto <strong>di</strong> completo<br />

<strong>di</strong>seccamento delle fibre (Schroeder, 1970).<br />

1.5 <strong>La</strong> combustione della fitomassa<br />

1.5.1 Fattori che regolano la combustione della fitomassa.<br />

I combustibili vivi possono rappresentare sia una risorsa in grado <strong>di</strong><br />

aumentare la quantità <strong>di</strong> calore prodotta dall'incen<strong>di</strong>o che una ‘pompa’ in<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire il contributo calorico <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo. Il<br />

comportamento della fitomassa nella reazione <strong>di</strong> combustione è<br />

<strong>di</strong>rettamente legato al suo contenuto in umi<strong>di</strong>tà: un basso tenore <strong>di</strong> acqua<br />

permette ai combustibili morti <strong>di</strong> propagare le fiamme anche a quelli vivi<br />

assommandone il calore prodotto, viceversa se il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà è<br />

elevato essi sono in grado <strong>di</strong> assorbire gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> calore senza<br />

propagare le fiamme (Burgan, 1984).<br />

1.5.2 Umi<strong>di</strong>tà della fitomassa<br />

I fattori che regolano l’umi<strong>di</strong>tà dei combustibili vivi sono sia <strong>di</strong> origine<br />

morfologica, cioè propri delle caratteristiche <strong>di</strong> forma e del tipo <strong>di</strong> portamento<br />

del vegetale, che fisiologica, cioè legati al ciclo vegetativo stagionale delle<br />

piante e, quin<strong>di</strong>, alle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche locali. Generalmente le<br />

piante decidue tendono ad avere un alto contenuto d’umi<strong>di</strong>tà rispetto alle<br />

piante semprever<strong>di</strong> e presentano una variazione stagionale molto marcata.<br />

Di seguito vengono elencate alcune tipologie <strong>di</strong> vegetazione in relazione al<br />

loro comportamento nella variazione del contenuto in acqua.<br />

1. Vegetazione erbacea: l’umi<strong>di</strong>tà varia in modo significativo a seconda della specie. In ogni<br />

caso durante la fase <strong>di</strong> crescita il livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà è elevato perché sono presenti nuovi<br />

tessuti. Nelle aree contrad<strong>di</strong>stinte da stagioni estive molto calde e siccitose, in primavera<br />

è osservabile un livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà molto maggiore (anche fino al 150%) dell’umi<strong>di</strong>tà estiva.<br />

2. Vegetazione arborea decidua: il comportamento generale <strong>di</strong> questi combustibili consiste<br />

in un rapido incremento dell’umi<strong>di</strong>tà durante la germogliazione al risveglio vegetativo ed<br />

una lenta <strong>di</strong>minuzione dell’umi<strong>di</strong>tà fino alla per<strong>di</strong>ta delle foglie.<br />

3. Vegetazione arborea sempreverde: il comportamento <strong>di</strong> questa vegetazione è più<br />

complesso <strong>di</strong> quella decidua; la tendenza generale è quella <strong>di</strong> avere valori massimi <strong>di</strong><br />

umi<strong>di</strong>tà nel periodo primaverile e minimi in quello invernale; il tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà decresce<br />

significativamente dopo la fase <strong>di</strong> ricrescita post invernale.<br />

4. Vegetazione arborea resinosa (conifere): il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà delle conifere è<br />

strettamente legato allo sta<strong>di</strong>o vegetativo delle specie; durante il risveglio vegetativo, alla<br />

crescita delle gemme, la richiesta d’acqua è notevole e la vascolarizzazione dei tessuti<br />

fogliari è massima. Il contenuto d’umi<strong>di</strong>tà è anche funzione dell’età della pianta, ma<br />

generalmente il range <strong>di</strong> variazione è compreso in un intervallo del 20–40 %. Le<br />

osservazioni sperimentali hanno evidenziato la capacità delle resinose <strong>di</strong> trasportare<br />

rapidamente l’acqua verso le foglie quando la temperatura dell’aria cresce<br />

repentinamente, ad esempio durante un incen<strong>di</strong>o boschivo: questo permette alle essenze<br />

resinose <strong>di</strong> rallentare (per quanto è possibile) il <strong>di</strong>seccamento dei rami e degli aghi ed<br />

inibire l’accensione <strong>di</strong> un fuoco <strong>di</strong> chioma (crown fire): si vedano il Paragrafo 1.3 e<br />

l’Appen<strong>di</strong>ce A. Nelle stagioni siccitose questo meccanismo non è così efficiente ed anche<br />

per questo motivo le conifere risultano particolarmente infiammabili.<br />

75


1.6 Criteri <strong>di</strong> classificazione dei consorzi vegetali.<br />

1.6.1 Introduzione<br />

L’esigenza <strong>di</strong> riassumere in un limitato numero <strong>di</strong> “modelli <strong>di</strong> combustibile” le<br />

caratteristiche vegetative e <strong>di</strong> comportamento al fuoco dei <strong>di</strong>versi consorzi<br />

vegetali che ricoprono il territorio, rende necessaria una classificazione<br />

sistematica <strong>di</strong> questi ultimi in funzione delle loro caratteristiche morfologiche<br />

e fisiologiche. I modelli <strong>di</strong> combustibile devono essere in grado <strong>di</strong> definire<br />

una classificazione <strong>di</strong> sintesi delle specie presenti che riesca a descrivere,<br />

con un numero ridotto <strong>di</strong> parametri, il comportamento della vegetazione in<br />

relazione al passaggio del fuoco.<br />

1.6.2 L'esempio del National Fire Danger Rating System USDA<br />

Un esempio molto noto <strong>di</strong> classificazione dei combustibili in funzione del loro<br />

comportamento all’attraversamento e alla permanenza del fuoco è lo<br />

schema procedurale <strong>di</strong> Anderson utilizzato per la determinazione .delle<br />

classi <strong>di</strong> combustibile del National Fire Danger Rating System in uso dal<br />

1978 presso il Forest Service dello United States Departement of Agriculture<br />

(USDA) (Deeming, 1977). A partire dai primi anni sessanta il Forest Service<br />

ha iniziato un’intensa attività <strong>di</strong> ricerca per la definizione <strong>di</strong> un Sistema <strong>di</strong><br />

Classificazione della copertura vegetale utile al funzionamento del National<br />

Fire Danger Rating System; questa attività portò alla definizione <strong>di</strong> due<br />

modelli <strong>di</strong> combustibile nel 1964, aumentati a nove nel 1972 (Deeming,<br />

1972), <strong>di</strong>ventati successivamente 20 nel 1978 (Deeming, 1978) e mo<strong>di</strong>ficati<br />

da Burgan nel 1988. Durante questi anni, parallelamente alle attività <strong>di</strong><br />

ricerca del National Fire Danger Rating System, si svilupparono le tecniche<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>zione del comportamento del fuoco, soprattutto grazie<br />

all’introduzione dei modelli <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> (Rothermel, 1972),<br />

che richiedono in input la descrizione vegetale delle aree oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. I<br />

modelli <strong>di</strong> vegetazione utilizzati dall’USDA Forest Service per il<br />

funzionamento dei modelli <strong>di</strong> propagazione sono 13 e sono stati ricavati, per<br />

questo fine, da Rothermel (1972) e Albini (1976); esiste una relazione in<br />

grado <strong>di</strong> definire una corrispondenza tra i 13 modelli <strong>di</strong> combustibile utilizzati<br />

per la simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> ed i 20 modelli <strong>di</strong><br />

combustibile utilizzati dal National Fire Danger Rating System<br />

<strong>La</strong> metodologia generale, dovuta ad Anderson (1982), utilizzata per la<br />

descrizione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> combustibile deve necessariamente contenere<br />

le seguenti informazioni:<br />

1. il carico <strong>di</strong> combustibile [kg/m 2 ], ovvero la quantità <strong>di</strong> vegetazione viva o morta <strong>di</strong>sponibile<br />

per unità <strong>di</strong> superficie;<br />

2. <strong>La</strong> profon<strong>di</strong>tà della lettiera [cm], ovvero l’altezza me<strong>di</strong>a della necromassa deposta sul<br />

terreno e composta dalle foglie cadute nella stagione autunnale, dai ramoscelli e dal<br />

materiale arbustivo ed erbaceo morto depositatosi ai pie<strong>di</strong> della vegetazione d’alto fusto;<br />

3. Il rapporto tra superficie e volume della lettiera [m 2 /m 3 ];<br />

4. il calore massico [kcal/kg], ovvero la quantità <strong>di</strong> calore sviluppata dalla ossidazione<br />

completa <strong>di</strong> un’unita <strong>di</strong> combustibile;<br />

5. l'umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> estinzione [%], ovvero la percentuale in peso <strong>di</strong> acqua contenuta nel<br />

combustibile oltre la <strong>quale</strong> non è più possibile la combustione;<br />

6. il contenuto in sostanze infiammabili [%], espresso in percentuale sul peso secco della<br />

massa <strong>di</strong> vegetale.<br />

Il “carico <strong>di</strong> combustibile” e la “profon<strong>di</strong>tà della lettiera”, sono le caratteristiche più importanti<br />

nella pre<strong>di</strong>zione del comportamento del fuoco, sia in relazione alle cause <strong>di</strong> accensione che alla<br />

velocità <strong>di</strong> avanzamento del fronte [m/s] ed alla sua intensità lineare [kW/m].<br />

Una prima macroscopica classificazione dei combustibili prevede l’utilizzo <strong>di</strong> soli quattro<br />

“modelli <strong>di</strong> combustione” chiamati da Anderson (1982) “gruppi generali <strong>di</strong> combustibile”, essi<br />

sono:<br />

1. vegetazione erbacea;<br />

2. vegetazione <strong>di</strong> sottobosco;<br />

3. vegetazione arborea;<br />

4. materiale d’accumulo <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni.<br />

76


<strong>La</strong> <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> comportamento dei <strong>di</strong>versi gruppi in relazione al fuoco è fondamentalmente<br />

legata al carico <strong>di</strong> combustibile e alla profon<strong>di</strong>tà della lettiera, queste caratteristiche <strong>di</strong>vidono i<br />

possibili modelli in due <strong>di</strong>stinte categorie aventi al loro interno due gruppi <strong>di</strong> combustibile<br />

ciascheduno (si veda la Figura 1 tratta da Anderson, 1982).<br />

In tale <strong>di</strong>agramma in ascissa è descritto il carico del combustibile (in<br />

tons/acro pari a 0.22 kg/m 2 ) ed in or<strong>di</strong>nata la profon<strong>di</strong>tà della lettiera (in pie<strong>di</strong><br />

pari a 30.48 cm).<br />

I gruppi <strong>di</strong> vegetazione erbacea e <strong>di</strong> sottobosco sono caratterizzati da un<br />

“orientamento verticale”, nel senso che un limitato aumento del carico<br />

implica un rapido aumento della profon<strong>di</strong>tà della lettiera. I gruppi <strong>di</strong><br />

vegetazione boschiva ed arbustiva sono invece caratterizzati da un<br />

“orientamento orizzontale”, nel senso che lo spessore della lettiera aumenta<br />

relativamente poco all'aumentare del carico <strong>di</strong> combustibile.<br />

Nella Figura 2 (tratta da Anderson, 1982) è invece riportato un grafico in cui,<br />

per ognuno dei quattro gruppi generali <strong>di</strong> combustibile, è definita la massima<br />

frazione percentuale <strong>di</strong> materiale vegetale costituente il gruppo, sud<strong>di</strong>visa in<br />

classi <strong>di</strong> grandezza misurate in pollici (1 pollice, inch in inglese, è pari a 2.54<br />

cm). <strong>La</strong> ripartizione del carico <strong>di</strong> combustibile, per i quattro gruppi generali,<br />

sud<strong>di</strong>viso in classi <strong>di</strong> grandezza, definisce la capacità <strong>di</strong> innesco e <strong>di</strong><br />

propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o forestale: la presenza <strong>di</strong> un’elevata percentuale<br />

<strong>di</strong> materiale fine rende più facilmente propagabile il fuoco ma, in caso <strong>di</strong> una<br />

forte compattazione della lettiera rende minore la possibilità <strong>di</strong> scambio con<br />

l’atmosfera <strong>di</strong> vapore acqueo e, <strong>di</strong> conseguenza, minore è la velocità <strong>di</strong><br />

accensione e propagazione del combustibile.<br />

77<br />

Figura 1. Classificazione<br />

dei quattro “gruppi<br />

generali <strong>di</strong> combustibile”<br />

in relazione alla<br />

“profon<strong>di</strong>tà della lettiera”<br />

(in or<strong>di</strong>nata) ed il “carico <strong>di</strong><br />

combustibile” (in ascissa).<br />

Figura 2. Distribuzione<br />

del carico, per le<br />

quattro classi generali<br />

<strong>di</strong> vegetazione, in<br />

funzione della frazione<br />

massima del carico <strong>di</strong><br />

combustibile sud<strong>di</strong>viso<br />

per classi <strong>di</strong><br />

grandezza.


A partire dai quattro gruppi generali è possibile costruire numerosi modelli <strong>di</strong><br />

combustibile più particolareggiati, in grado <strong>di</strong> definire con maggiore dettaglio<br />

la copertura vegetale del territorio.<br />

Un esempio particolarmente interessante in questa <strong>di</strong>rezione sono i 13<br />

modelli <strong>di</strong> combustibile usati dallo USDA Forest Service Per la simulazione<br />

numerica della propagazione del fuoco (Albini, 1976). Nella Tabella 1 viene<br />

riportata, a titolo <strong>di</strong> esempio, la classificazione <strong>di</strong> Albini e le caratteristiche<br />

principali dei combustibili vivi e morti.<br />

Mod.<br />

Tipo <strong>di</strong> vegetazione ed<br />

altezza me<strong>di</strong>a [cm]<br />

78<br />

Carico <strong>di</strong> Combust.<br />

1 h 10h 100h Vivo<br />

Praterie kg m -2<br />

1 Erba bassa (fino a 30<br />

cm)<br />

Prof.<br />

Lettier<br />

a [cm]<br />

Umi<strong>di</strong>tà<br />

estinzion<br />

e [%]<br />

0.17 - - - 30 12<br />

2 Erba e sottobosco 0.45 0.22 0.11 0.11 30 15<br />

3 Erba alta (fino a 75 cm) 0.68 - - - 75 25<br />

Arbusteti e macchia kg m -2<br />

4 Arbusteto (180 cm) 1.12 0.9 0.45 1.12 180 20<br />

5 Boscaglia (60 cm) 0.22 0.11 - 0.45 60 20<br />

6 Boscaglia caducifolia,<br />

cortecce<br />

0.34 0.56 0.45 - 75 25<br />

7 Macchia 0.25 0.42 0.34 0.08 75 40<br />

Lettiera boschiva kg m -2<br />

8 Lettiera <strong>di</strong> bosco ceduo<br />

fitto<br />

9 Lettiera <strong>di</strong> bosco <strong>di</strong><br />

latifoglia<br />

10 Lettiera <strong>di</strong> bosco e<br />

sottobosco<br />

Materiale <strong>di</strong><br />

sottobosco<br />

0.34 0.22 0.56 - 6 30<br />

0.66 0.1 0.03 - 6 25<br />

0.68 0.45 1.12 0.45 30 25<br />

kg m -2<br />

11 Leggero 0.34 1 1.24 - 30 15<br />

12 Me<strong>di</strong>o 0.9 3.15 3.71 - 70 20<br />

13 Pesante 1.54 5.07 6.2 - 90 25<br />

Tabella 1: Classificazione dei combustibili secondo Albini (1976)<br />

1.6.3 L'esempio della classificazione del CEMAGREF (Francia)<br />

Un esempio <strong>di</strong> classificazione della vegetazione particolarmente<br />

interessante, per la stretta analogia territoriale, climatica e vegetazionale con<br />

la regione Liguria, è quello della classificazione della vegetazione operata<br />

dal CEMAGREF (Centre National du Machinisme Agricole du Génie Rural<br />

des Eaux e des Forets - Centre pour la recherche pour l’ingenierie de<br />

l’agriculture et de l’environnement) in Francia sudorientale, per un progetto<br />

<strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> cartografia degli incen<strong>di</strong> boschivi (Jappiot e Mariel, 1998)<br />

L’obiettivo che si era posto il lavoro era quello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare delle classi <strong>di</strong><br />

combustibile sud<strong>di</strong>vise per chiavi <strong>di</strong> struttura (altezza dal suolo) e <strong>di</strong><br />

composizione botanica (specie arboree e arbustive). Le specie arboree sono<br />

state considerate come classi dominanti, nel senso che la loro presenza è<br />

preponderante per il comportamento del fuoco; sono stati definiti quattro<br />

gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile (A, B, C, D) classificati secondo l’altezza<br />

delle chiome da terra, l’altezza della vegetazione arbustiva <strong>di</strong> sottobosco (in<br />

francese maquis: macchia) e la continuità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sul terreno. I<br />

consorzi vegetali isolati sull'area in esame (una zona della Provenza) sono<br />

15 e rappresentano le <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> combustibile arboreo ricadenti, nella<br />

loro varia composizione, nei quattro gruppi <strong>di</strong> combustibile sopra visti. Nella<br />

Tabella 2 viene presentato uno schema delle chiavi <strong>di</strong> classificazione dei


quattro gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile, mentre in Tabella 3 è riportata<br />

la classificazione dei quin<strong>di</strong>ci modelli <strong>di</strong> consorzi vegetali presenti nella zona<br />

in esame<br />

79<br />

A B C D<br />

Alberi (m) > 6 > 6 > 6 3-6<br />

Macchia continua (m) NO NO > 3 < 3<br />

Macchia<br />

(m)<br />

<strong>di</strong>scontinua < 3 NO NO NO<br />

Erba NO SI NO NO<br />

Tabella 2. Chiavi <strong>di</strong> classificazione dei 4 gruppi fondamentali <strong>di</strong> combustibile<br />

TIPO DESCRIZIONE GRUPPO<br />

1 Pineta alta con macchia alta (Arbutus unedo) C<br />

2 Pineta alta (Pinus pinaster, P. alepensis + Quecus ilex) con macchia<br />

bassa<br />

3 Pineta bassa (Pinus pinaster + Quecus ilex, Q. suber) con macchia<br />

bassa<br />

4 Pineta alta (Pinus pinaster, P. alepensis) su , Quercus suber D<br />

5 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex, Pinus alepensis) su<br />

macchia alta (Phyllaria latifolia, Phyllaria angustifolia)<br />

6–7 Querceto basso (Quercus pubescens, Q: ilex) su bassa macchia<br />

(Cytisus triflorus)<br />

8 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex, Pinus alepensis) su<br />

macchia me<strong>di</strong>o bassa (Cytisus triflorus e Calicotomo)<br />

9 Querceto alto (Quercus pubescens, Q: ilex,Pinus alepensis) su<br />

macchia bassa (Cytisus triflorus, Erica arborea, E. scoparia)<br />

10 Arbusteto + Quercus suber +Pinus alepensis su macchia alta<br />

(Phyllaria latifolia, Phyllaria angustifolia)<br />

11 Noccioli, Olmi, Ornielli B<br />

12 Castagneti B<br />

13 Bosco misto <strong>di</strong> castagno B<br />

14 Quercia pura B<br />

15 Bosco misto B<br />

Tabella 3. I quin<strong>di</strong>ci modelli <strong>di</strong> consorzi vegetali ed il relativo gruppo <strong>di</strong> combustibile<br />

A<br />

D<br />

C<br />

D<br />

A<br />

A<br />

C


2 MAPPE GIORNALIERE DI RISCHIO PER LA<br />

PROPAGAZIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI.<br />

2.1 Introduzione<br />

<strong>La</strong> finalità che si propone il sistema descritto in questo documento è quella<br />

<strong>di</strong> produrre delle mappe giornaliere della potenziale propagazione degli<br />

incen<strong>di</strong> boschivi, le grandezze che devono essere valutate in relazione a<br />

questo obiettivo sono: la velocità <strong>di</strong> avanzamento potenziale [km/ora] degli<br />

incen<strong>di</strong> e la sua intensità lineare [kW/m]. Questi dati saranno resi <strong>di</strong>sponibili<br />

per l'intero territorio regionale su <strong>di</strong> una griglia composta da celle regolari.<br />

I dati necessari al funzionamento del sistema che viene proposto per il<br />

Servizio <strong>di</strong> Previsione degli Incen<strong>di</strong> boschivi della Regione Liguria<br />

(S.P.I.R.L.) sono:<br />

1. C<br />

opertura vegetale del territorio;<br />

2. A<br />

cclività ed esposizione dei versanti;<br />

3. U<br />

: <strong>di</strong>rezione me<strong>di</strong>a del vento, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />

4. V<br />

: intensità me<strong>di</strong>a del vento, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato, a due metri <strong>di</strong> quota dal<br />

suolo;<br />

5. T<br />

: temperatura me<strong>di</strong>a dell’aria, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />

6. R<br />

H: umi<strong>di</strong>tà relativa percentuale me<strong>di</strong>a dell’aria, nell'intervallo <strong>di</strong> tempo considerato;<br />

7. H<br />

: numero <strong>di</strong> ore trascorse dall’ultima precipitazione atmosferica;<br />

Nei paragrafi a seguire verranno descritti gli strumenti con cui è possibile ricavare i dati<br />

sopra elencati. <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno verrà ricavata da una modellazione dei<br />

combustibili; l’orografia della Regione verrà ottenuta da un modello <strong>di</strong>gitale del terreno<br />

(Digital Terrain Model DTM), mentre i dati meteorologici saranno implementati nel sistema<br />

grazie alle uscite dei modelli in uso presso il Centro Meteo-Idrologico della Regione<br />

Liguria (CMIRL); lo strumento che permetterà l'acquisizione <strong>di</strong> questi dati, provenienti da<br />

fonti <strong>di</strong>verse ed eterogenee, la loro esatta localizzazione geografica, le successive<br />

elaborazioni algoritmiche necessarie alla simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong><br />

boschivi e la successiva visualizzazione, è il Sistema Informativo Geografico (Geographic<br />

Information System GIS), nel paragrafo seguente si descrive brevemente il suo<br />

funzionamento.<br />

2.2 Il Sistema Informativo Geografico<br />

Un Sistema Informativo Geografico (Geographic Information System GIS) è uno strumento<br />

software in grado <strong>di</strong> relazionare oggetti grafici georeferenziati contenuti in una base <strong>di</strong> dati,<br />

in<strong>di</strong>viduati univocamente sulla superficie terrestre dalle loro coor<strong>di</strong>nate geografiche, attraverso<br />

algoritmi che ne descrivano il comportamento nello spazio e nel tempo. <strong>La</strong> possibilità <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficare le proprietà degli oggetti grafici utilizzando un linguaggio <strong>di</strong> programmazione e la<br />

possibilità <strong>di</strong> interrogare le basi <strong>di</strong> dati <strong>di</strong>sponibili con un linguaggio SQL, (Structured Query<br />

<strong>La</strong>nguage, linguaggio standard relazionale per basi <strong>di</strong> dati ideato nel 1986 dall’ANSI) permette<br />

ad un sistema GIS <strong>di</strong> essere uno strumento estremamente versatile ed utile per lo scopo<br />

prefisso dal progetto S.P.I.R.L.<br />

L'algoritmo <strong>di</strong> simulazione della propagazione dell’incen<strong>di</strong>o, grazie al sistema informativo<br />

geografico permette <strong>di</strong> ottenere una rappresentazione molto particolareggiata del territorio, in<br />

relazione alle zone che presentano un più elevato livello <strong>di</strong> attenzione per la propagazione <strong>di</strong><br />

incen<strong>di</strong>o boschivo. Con esso è possibile descrivere il territorio in relazione alla potenziale<br />

propagazione degli incen<strong>di</strong> nonché riportare graficamente i confini amministrativi, la viabilità<br />

secondaria, principale, le linee ferroviarie, i punti <strong>di</strong> approvvigionamento idrico e le risorse<br />

<strong>di</strong>sponibili, il reticolo idrografico e le zone lacuali, le curve <strong>di</strong> livello a cento metri, la<br />

zonizzazione urbana, la toponomastica, la vegetazione e l'uso del suolo.<br />

80


2.3 <strong>La</strong> copertura vegetale del terreno<br />

Nel capitolo precedente sono stati introdotti i criteri relativi alla definizione delle classi <strong>di</strong><br />

combustibile con cui descrivere la copertura vegetale del territorio. In Italia non è <strong>di</strong>sponibile, ad<br />

oggi, una classificazione <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> combustibile e gli unici passi compiuti in questa <strong>di</strong>rezione<br />

sono rappresentati da degli stu<strong>di</strong> sperimentali su aree molto limitate, con caratteristiche <strong>di</strong><br />

vegetazione endemica non generalizzabile ad altri climax italiani (Marchetti, Lozupone, 1995)<br />

Il Servizio <strong>di</strong> Previsione degli Incen<strong>di</strong> Boschivi per la Regione Liguria (S.P.I.R.L.) prevede per le<br />

proprie esigenze operative l’utilizzo <strong>di</strong> una cartografia numerica descrivente la copertura<br />

vegetale del territorio; essa sarà ottenuta dalle elaborazioni del personale del Corpo Forestale a<br />

livello provinciale. In attesa <strong>di</strong> tale prezioso strumento, per giungere ad una prima<br />

implementazione del modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> vengono can<strong>di</strong>date due possibili<br />

fonti <strong>di</strong> informazione (provvisorie) da cui trarre i dati necessari alla conoscenza della copertura<br />

del terreno, esse sono:<br />

• <strong>La</strong> Carta CORIINE <strong>La</strong>nd Cover della regione Liguria;<br />

• L’assetto vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento Paesistico della Regione<br />

Liguria.<br />

2.3.1 <strong>La</strong> classificazione del territorio secondo la carta CORINE <strong>La</strong>nd<br />

Cover<br />

<strong>La</strong> carta CORINE <strong>La</strong>nd Cover della Regione Liguria è costituita da una Carta dell’Uso e della<br />

Copertura del Suolo e rappresenta un elaborato tematico redatto secondo le specifiche del<br />

progetto CEE European Environmental Agency - CORINE <strong>La</strong>nd Cover che, per la Liguria,<br />

prevede la caratterizzazione del territorio secondo quarantaquattro classi d’uso e copertura del<br />

suolo. Le informazioni tematiche sono state ottenute dalla elaborazione cromatica delle<br />

immagini trasmesse dal satellite <strong>La</strong>ndasat 5 TM, il limite inferiore dei poligoni cartografati è <strong>di</strong><br />

25 ha e la scala nominale della carta è 1:100.000.<br />

<strong>La</strong> classificazione CORINE <strong>La</strong>nd Cover della Regione Liguria è costituita da 25 tematismi.<br />

I 13 <strong>di</strong>versi tematismi riguardanti le aree vegetate sono:<br />

1. oliveti<br />

2. prati stabili<br />

3. colture complesse<br />

4. aree con colture e spazi naturali<br />

5. boschi <strong>di</strong> latifoglie<br />

6. boschi <strong>di</strong> conifere<br />

7. boschi misti<br />

8. aree a pascolo e praterie naturali<br />

9. brughiere e cespuglieti<br />

10. vegetazione sclerofilla<br />

11. vegetazione boschiva ed arbustiva incolta<br />

12. vegetazione rada<br />

13. aree già percorse da incen<strong>di</strong> boschivi.<br />

Esistono poi delle zone non antropizzate ma caratterizzate dalla assenza <strong>di</strong><br />

copertura vegetale; esse sono:<br />

1. rocce nude;<br />

2. bacini d’acqua;<br />

3. mari;<br />

4. spiagge, dune e zone litoranee sabbiose;<br />

I tematismi riguardanti le aree antropizzate, non vegetate e non combustibili,<br />

considerati dalla classificazione adottata dalla Regione Liguria sono invece:<br />

1. tessuto urbano continuo;<br />

2. tessuto urbano <strong>di</strong>scontinuo;<br />

3. aree industriali e commerciali;<br />

4. reti stradali e ferroviarie accessorie;<br />

5. aree portuali;<br />

6. aeroporti;<br />

7. aree estrattive;<br />

8. <strong>di</strong>scariche.<br />

<strong>La</strong> figura seguente mostra la <strong>di</strong>stribuzione tematica, secondo la<br />

classificazione CORINE, della vegetazione in un’area della provincia <strong>di</strong><br />

Genova.<br />

81


2.3.2 L'Assetto Vegetazionale del Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento<br />

Paesistico della Regione Liguria<br />

I parametri propri dei <strong>di</strong>versi modelli <strong>di</strong> combustibile utilizzati dal sistema per la previsione della<br />

propagazione degli incen<strong>di</strong>, possono essere desunti, in attesa della cartografia specificamente<br />

prodotta per i fini del progetto S.P.I.R.L., dalla descrizione botanica delle fitocenosi e dei generi<br />

che compongono i consorzi vegetali liguri. Un documento interessante in tale <strong>di</strong>rezione fa parte<br />

della relazione allegata agli Stu<strong>di</strong> Propedeutici al Piano Territoriale <strong>di</strong> Coor<strong>di</strong>namento Paesistico<br />

della Regione Liguria del Luglio 1989 ed è l'Assetto vegetazionale della Liguria - Cartografia <strong>di</strong><br />

analisi, tipologia delle fitocenosi, problematiche ecologiche redatto dal prof. Enrico Martini<br />

dell'Università <strong>di</strong> Genova. E' necessario evidenziare il fatto che l'utilizzo operativo <strong>di</strong> tale<br />

documentazione rende necessaria l'acquisizione su base numerica della cartografia della<br />

vegetazione reale della Regione Liguria e<strong>di</strong>ta alla scala 1:25.000, o a colori alla scala 1:50.000.<br />

<strong>La</strong> cartografia è <strong>di</strong>sponibile solo in formato cartaceo ed è quin<strong>di</strong> necessaria un'operazione <strong>di</strong><br />

acquisizione con tavolo <strong>di</strong>gitalizzatore e successiva restituzione nel formato necessario al<br />

sistema, per ognuno dei 62 fogli coprenti l'intero territorio regionale. Vista la procedura<br />

complicata e la scarsa precisione ottenibile da questo documento, nato per scopi e finalità molto<br />

<strong>di</strong>verse da quelle proposte dallo S.P.I.R.L., se ne sconsiglia l'utilizzo in questa sede.<br />

2.4 Il Modello Digitale del Terreno<br />

Un modello <strong>di</strong>gitale del terreno, (da Digital Terrain Model, DTM) è una rappresentazione <strong>di</strong>gitale<br />

della morfologia del suolo. Il DTM è utile, oltre che per conoscere la quota <strong>di</strong> un certo punto,<br />

anche per la produzione <strong>di</strong> carte derivate, come ad esempio la carta delle pendenze, la carta<br />

dell'esposizione, la carta dell'insolazione ecc.<br />

<strong>La</strong> costruzione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong>gitale del terreno avviene a partire un campione <strong>di</strong> quote note,<br />

generalmente ottenute dalla <strong>di</strong>gitalizzazione delle isoipse <strong>di</strong> una carta tra<strong>di</strong>zionale, oppure da<br />

rilievi <strong>di</strong>retti, dati da fotorestituzione <strong>di</strong>gitale o dalla cartografia numerica. Da questo campione <strong>di</strong><br />

quote, attraverso algoritmi <strong>di</strong> interpolazione che sono numerosi e <strong>di</strong>versificati, s7i giunge alla<br />

generazione del DTM, che può essere <strong>di</strong> tipo raster oppure vettoriale.<br />

Per un'analisi geomorfologica del territorio, I dati <strong>di</strong> base relativi alle altimetrie possono essere<br />

elaborati per la generazione <strong>di</strong> un modello tri<strong>di</strong>mensionale del terreno, tale da consentire analisi<br />

sulla morfologia della superficie. Tramite elaborazioni basate sulle informazioni altimetriche<br />

correlate con la loro posizione nello spazio si ottiene un set <strong>di</strong> dati georiferiti che costituiscono<br />

un tematismo <strong>di</strong> base utilizzabile tramite un Sistema Informativo Geografico (Geographic<br />

Information System GIS).<br />

Nella figura seguente (Figura 4) viene riportata la rappresentazione <strong>di</strong> una porzione del territorio<br />

ligure descritta da un Modello Digitale del Terreno avente una risoluzione <strong>di</strong> 200 metri. Il<br />

territorio della regione Liguria viene rappresentato tramite una griglia regolare <strong>di</strong> celle <strong>di</strong><br />

duecento metri <strong>di</strong> lato, ad ogni cella è associato un vertice riportante la misurazione me<strong>di</strong>a della<br />

quota sul livello del mare.<br />

82<br />

Figura 3.<br />

Esempio <strong>di</strong><br />

rappresentazio<br />

ne su base GIS<br />

(Geographic<br />

Information<br />

System) della<br />

tematizzazione<br />

vegetale del<br />

territorio della<br />

provincia <strong>di</strong><br />

Genova<br />

Figura 4.<br />

Rappresentazione<br />

tri<strong>di</strong>mensionale del<br />

profilo altimetrico <strong>di</strong><br />

una porzione <strong>di</strong><br />

territorio della<br />

provincia <strong>di</strong> Genova<br />

ottenuta tramite DTM


In ultimo, a titolo <strong>di</strong> informazione, si cita l'esistenza <strong>di</strong> un'altra base <strong>di</strong> dati cartografata,<br />

<strong>di</strong>sponibile per l'intero territorio della regione Liguria: la Carta in Formato Numerico della<br />

Regione Liguria, e<strong>di</strong>ta nel 1978. Per essa sono riportati su celle quadrate elementari aventi<br />

cento metri <strong>di</strong> lato i <strong>di</strong>versi tematismi <strong>di</strong>sponibili per tutto il territorio ligure. Ogni cella è<br />

identificata dalle coor<strong>di</strong>nate Gauss - Boaga del suo vertice superiore destro.<br />

2.5 Il modello LILAM<br />

Viene definito Modello ad Area Limitata (Limited Area Model, LAM) un modello meteorologico<br />

che risolve le equazioni della <strong>di</strong>namica e della fisica atmosferica al <strong>di</strong> sopra un dominio limitato,<br />

<strong>di</strong>versamente dai Modelli a Circolazione Globale (General Ciculation Models, GCM) che<br />

risolvono tali equazioni su tutta la superficie terrestre con una risoluzione più bassa e con<br />

<strong>di</strong>verse approssimazioni. Tali equazioni sono quelle relative ai principi <strong>di</strong> conservazione della<br />

<strong>di</strong>namica (quantità <strong>di</strong> moto, massa ed energia); ad esse si aggiungono le equazioni che<br />

riguardano i complessi scambi <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> acqua fra l'atmosfera e le superfici terrestre e<br />

marina, nonché le parametrizzazioni che consentono <strong>di</strong> valutare le grandezze non risolte dal<br />

reticolo computazionale (cosiddette <strong>di</strong> sottogriglia).<br />

Le equazioni del modello si possono <strong>di</strong>videre in equazioni prognostiche e <strong>di</strong>agnostiche: le prime<br />

descrivono l'evoluzione dei campi <strong>di</strong> velocità orizzontale, temperatura potenziale, pressione al<br />

suolo e umi<strong>di</strong>tà specifica; le relazioni <strong>di</strong>agnostiche sono l'equazione idrostatica e l'equazione<br />

per la velocità verticale. Queste equazioni rappresentano la parte a<strong>di</strong>abatica o <strong>di</strong>namica del<br />

modello. Invece la parte <strong>di</strong>abatica è descritta tramite schemi <strong>di</strong> parametrizzazione.<br />

I LAM usano come con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno quelle fornite dai GCM e sono quin<strong>di</strong> da<br />

considerarsi "ni<strong>di</strong>ficati", in inglese nested, nei GCM.<br />

Il modello usato al CMIRL si chiama LILAM (Liguria Limited Area Model) ed è una versione ad<br />

alta risoluzione del modello noto internazionalmente come BOLAM (Buzzi et al., 1994),<br />

realizzato da un gruppo <strong>di</strong> ricercatori dell’Istituto delle Scienze dell’Atmosfera e dell’Oceano<br />

I.S.A.O. - Consiglio Nazionale delle Ricerche <strong>di</strong> Bologna.<br />

Il LILAM è un modello ad area limitata alla β - mesoscala (in accordo con la definizione <strong>di</strong><br />

Pielke, 1984), lavora nelle coor<strong>di</strong>nate sigma con una risoluzione orizzontale <strong>di</strong> 10 km ed utilizza<br />

una maglia sfalsata (staggered) <strong>di</strong> tipo C secondo la classificazione <strong>di</strong> Arakawa.<br />

Occorre sottolineare che la risoluzione <strong>di</strong> 10 km è molto vicina al limite inferiore<br />

dell'approssimazione idrostatica ed è attualmente la risoluzione più alta alla <strong>quale</strong> vengono fatti<br />

girare dei LAM operativi. Questi sono: la <strong>di</strong>ffusione verticale e orizzontale, il trasferimento<br />

ra<strong>di</strong>ativo (schema <strong>di</strong> Ritter e Geleyn), il riaggiustamento convettivo secco, la precipitazione a<br />

grande scala e i processi convettivi umi<strong>di</strong> (schema <strong>di</strong> Emanuel, 1991).<br />

Il LILAM usa le con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno <strong>di</strong> un modello della stessa famiglia denominato<br />

DALAM (Data Assimilation Limited Area Model), avente una risoluzione <strong>di</strong> 30 km <strong>di</strong> proprietà<br />

dell'Ufficio Centrale <strong>di</strong> Ecologia Agraria (UCEA), organo del Ministero delle Politiche Agricole<br />

(MIPA).<br />

Le previsioni del modello DALAM sono generate usando le analisi e le con<strong>di</strong>zioni al contorno<br />

del modello a circolazione globale dello European Center for Me<strong>di</strong>um Range Weather Forecast<br />

(ECWMF, Rea<strong>di</strong>ng - UK).<br />

Figura 5. Mappa generata dal modello LILAM<br />

83


2.6 Il modello BOLAM 99<br />

In alternativa al modello LILAM, modello in uso per le previsioni del Centro Meteo-Idrologico<br />

della Regione Liguria, viene proposto l’utilizzo del modello BOLAM 99, una versione più recente<br />

dello stesso co<strong>di</strong>ce BOLAM da cui LILAM fu tratto, ed attualmente utilizzato come modello <strong>di</strong><br />

ricerca presso il Dipartimento <strong>di</strong> Fisica (DIFI) dell’Università <strong>di</strong> Genova.<br />

I run del modello BOLAM (versione 99) sono stati resi possibili grazie alla collaborazione tra<br />

l’Istituto <strong>di</strong> Scienze dell’Atmosfera e dell’Oceano (ISAO-CNR) <strong>di</strong> Bologna e il Dipartimento <strong>di</strong><br />

Fisica dell’Università <strong>di</strong> Genova.<br />

In base all’accordo <strong>di</strong> collaborazione fra i due Enti, L’ISAO ha fornito il modello BOLAM<br />

(versione 99) e l’assistenza tecnico-scientifica per la realizzazione delle simulazioni. Il DIFI ha<br />

messo a <strong>di</strong>sposizione le risorse <strong>di</strong> calcolo e il personale necessario per la costruzione della<br />

catena operativa e dell'elaborazione grafica nell’ambito della struttura del Centro Meteo<br />

Idrologico della Regione Liguria (CMIRL) che rende possibile l'utilizzo dei campi dell’ECMWF<br />

(tramite l'Aeronautica Militare Italiana, l'autorizzazione della Regione Liguria e la collaborazione<br />

con PICODATA).<br />

Questa realizzazione è stata consentita anche grazie al finanziamento del progetto europeo<br />

TELEFLEUR al Dipartimento <strong>di</strong> Fisica dell'Università <strong>di</strong> Genova.<br />

Le uscite grafiche <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi run del modello sono <strong>di</strong>sponibili quoti<strong>di</strong>anamente in<br />

concomitanza alla fase intensiva del Mesoscale Alpine Programme (MAP SOP).<br />

Sono <strong>di</strong>sponibili due <strong>di</strong>verse risoluzioni <strong>di</strong> dettaglio per le uscite <strong>di</strong> BOLAM 99:<br />

1. Risoluzione <strong>di</strong> 21 km, dati <strong>di</strong>sponibili:<br />

• con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno fornite ogni 6 ore dai campi su livelli s dell’ECMWF (analisi<br />

delle 00 UTC);<br />

• run <strong>di</strong> 72 ore (dalle 00 alle 72 UTC);<br />

griglia orizzontale ruotata <strong>di</strong> 140 x 120 punti con risoluzione <strong>di</strong> 0.20 gra<strong>di</strong>; 30 livelli verticali;<br />

2. Risoluzione <strong>di</strong> 6,5 km, dati <strong>di</strong>sponibili:<br />

• con<strong>di</strong>zioni iniziali e al contorno fornite dal BOLAM 21 km ogni 90 minuti;<br />

• run <strong>di</strong> 36 ore (dalle 12 alle 48 UTC);<br />

• griglia orizzontale ruotata <strong>di</strong> 140 x 130 punti con risoluzione <strong>di</strong> 0.06 gra<strong>di</strong>;<br />

40 livelli verticali.<br />

I campi prodotti dal BOLAM a più alta risoluzione, appositamente forniti con cadenza oraria,<br />

sono anche utilizzati al fine <strong>di</strong> fornire le con<strong>di</strong>zioni iniziali per le simulazioni sull’area del Ticino-<br />

Toce del modello idrologico sviluppato presso il Dipartimento <strong>di</strong> Ingegneria Civile dell’Università<br />

<strong>di</strong> Brescia (DICbs) e <strong>di</strong> altri modelli idrologici implementati nell'ambito dell'HYDrology Working<br />

Group del MAP (WG-HYD).<br />

Nelle figure seguenti vengono presentate le visualizzazioni grafiche <strong>di</strong> due uscite in grado <strong>di</strong><br />

fornire dei dati meteorologici utili al funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione<br />

Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria, la prima alla risoluzione <strong>di</strong> 21 km e la seconda alla risoluzione <strong>di</strong><br />

6.5 km.<br />

84<br />

Figura 6. Modello<br />

BOLAM 99:<br />

visualizzazione<br />

alla risoluzione <strong>di</strong><br />

21 km dell’umi<strong>di</strong>tà<br />

relativa<br />

percentuale e della<br />

temperatura<br />

dell’aria [°C]<br />

Figura 7. Modello<br />

BOLAM 99:<br />

visualizzazione<br />

alla risoluzione <strong>di</strong><br />

6.5 km della<br />

vorticità<br />

potenziale [K kg -1<br />

m s -1 ] e della<br />

<strong>di</strong>rezione e<br />

velocità del vento<br />

[m s -1 ]


2.7 Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong><br />

boschivi.<br />

Stu<strong>di</strong>are il comportamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo significa considerare gli effetti <strong>di</strong> una<br />

reazione esotermica autosostenuta che avviene all’interno <strong>di</strong> un combustibile poroso, composto<br />

d’elementi <strong>di</strong>screti, aventi eterogenee caratteristiche fisiche. <strong>La</strong> simulazione <strong>di</strong> tale processo<br />

presenta notevoli complicazioni che rendono necessarie delle semplificazioni sulla sua<br />

modellazione. Per questo motivo la letteratura scientifica internazionale considera quasi<br />

prevalentemente modelli empirici o semi empirici <strong>di</strong> simulazione del fuoco. Alla base <strong>di</strong> questi<br />

modelli vi è il principio <strong>di</strong> conservazione dell’energia, che viene analizzato senza però<br />

considerare dettagliatamente i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasporto del calore (convezione, conduzione ed<br />

irraggiamento).<br />

Per questi motivi ci si propone <strong>di</strong> utilizzare un algoritmo che deriva <strong>di</strong>rettamente dal modello<br />

empirico proposto da Drouet (1974, 1995) successivamente adottato, in una versione<br />

mo<strong>di</strong>ficata, in un progetto <strong>di</strong> ricerca finanziato dall’Unione Europea (CARICA, Esprit 20401)<br />

(Hummel, 1997). <strong>La</strong> ragione <strong>di</strong> tale scelta è da ricercarsi nella continuità climatica, botanica ed<br />

orografica della zona comprendente la Liguria e la Regione francese PACA (Provence, Alpes e<br />

Còte d’Azure) dove il progetto CARICA è stato sviluppato ed applicato sul campo.<br />

Il primo passo compiuto dal modello è il calcolo della velocità del fronte su una superficie piana<br />

con vegetazione uniforme, , essa è data da una formula (si veda l'Appen<strong>di</strong>ce B) in cui<br />

compaiono esclusivamente parametri legati alle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche ed<br />

evapotraspirazionali. Vps, è espressa in funzione dei seguenti parametri:<br />

• T, temperatura dell’aria;<br />

• V, velocità del vento a 10 m sul suolo;<br />

• ris, evapotraspirazione potenziale giornaliera;<br />

• k, coefficiente a<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> esposizione solare;<br />

• b1,…,b5 sono coefficienti a<strong>di</strong>mensionali funzione della velocità del vento.<br />

dove Vps è espressa in m/h e<br />

L'evapotraspirazione potenziale giornaliera, può essere ricavata da numerose formule<br />

presenti in letteratura. In Appen<strong>di</strong>ce B viene ricavata dalla formula dovuta a Blaney e<br />

Criddle, che considera il valore dell’evapotraspirazione in funzione della temperatura<br />

dell’aria, dell’umi<strong>di</strong>tà relativa, della ra<strong>di</strong>azione solare e del vento, dove:<br />

• p = rapporto percentuale tra le ore <strong>di</strong> luce me<strong>di</strong>e giornaliere e quelle me<strong>di</strong>e annuali;<br />

• T = temperatura dell’aria;<br />

• n/N = rapporto tra le ore <strong>di</strong> luce già trascorse e quelle me<strong>di</strong>e giornaliere;<br />

• Ud =modulo della velocità del vento a due metri dal suolo;<br />

• RH min = umi<strong>di</strong>tà relativa minima della giornata.<br />

•<br />

Il coefficiente k varia da un valore massimo <strong>di</strong> 1, nelle ore <strong>di</strong> massima luce in assenza <strong>di</strong><br />

copertura nuvolosa ad un minimo <strong>di</strong> 0 durante le ore <strong>di</strong> buio della giornata. Il suo valore può<br />

essere ricavato da delle misurazioni dell'intensità luminosa.<br />

I coefficienti b1,…, b5 sono stati introdotti nella formula per limitare la velocità <strong>di</strong> propagazione<br />

del fuoco in presenza <strong>di</strong> vento con velocità superiore agli 80 km/h. Questo valore <strong>di</strong> velocità è<br />

considerato il limite superiore della velocità del vento.<br />

Abbiamo visto che la velocità <strong>di</strong> propagazione delle fiamme Vps si riferisce ad un terreno<br />

orizzontale. <strong>La</strong> corrispondente velocità <strong>di</strong> propagazione su <strong>di</strong> un terreno inclinato <strong>di</strong>pende sia<br />

dalla pendenza dei tale terreno sia dall'angolo fra la <strong>di</strong>rezione del vento e l'esposizione del<br />

terreno considerato. <strong>La</strong> formula viene riportata in Appen<strong>di</strong>ce B.<br />

<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione risente ovviamente della zona <strong>di</strong> vegetazione effettivamente<br />

incontrata dal fuoco nell’avanzamento del fronte attraverso un "coefficiente <strong>di</strong> calore C1".<br />

Esso è ricavabile dalla formula riportata in Appen<strong>di</strong>ce B, che <strong>di</strong>pende dai seguenti parametri:<br />

calore massico: quantità <strong>di</strong> calore rilasciata da un chilogrammo <strong>di</strong> combustibile per essere<br />

completamente combusto;<br />

• densità vegetazione o carico <strong>di</strong> combustibile: massa <strong>di</strong> combustibile, sud<strong>di</strong>visa in necromassa e<br />

fitomassa, per unità <strong>di</strong> superficie;<br />

• calore standard = 3500 kcal/kg, valore lievemente inferiore al calore massico <strong>di</strong> un bosco <strong>di</strong><br />

latifoglie (3600 kcal/kg) e viene assunto come il combustibile standard su cui si calcola la<br />

propagazione del fuoco. Per esso si fissa un coefficiente <strong>di</strong> calore pari ad uno, tutti gli altri<br />

coefficienti <strong>di</strong> calore sono quin<strong>di</strong> espressi come frazioni <strong>di</strong> questo valore;<br />

• parametro vegetazione = parametro empirico a<strong>di</strong>mensionale che serve a limitare l’effetto della<br />

densità della vegetazione sulla velocità <strong>di</strong> propagazione.<br />

Per considerare la pendenza del terreno il modello ricava per ogni cella del DTM in cui è<br />

sud<strong>di</strong>viso il territorio l’acclività del terreno. Viene calcolato un coefficiente moltiplicativo della<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione, C2 che verrà moltiplicato o <strong>di</strong>viso per la velocità <strong>di</strong> propagazione Vps,<br />

a seconda che il fuoco si muova in <strong>di</strong>scesa o in salita, ovvero a seconda che la <strong>di</strong>fferenza tra la<br />

<strong>di</strong>rezione del vento e la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> esposizione della cella sia maggiore o minore <strong>di</strong> zero:<br />

C2 = ( 1 + coefficiente pendenza • p 2 )<br />

• coefficiente pendenza = 2 se in salita, 5 se in <strong>di</strong>scesa;<br />

• p = valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> acclività percentuale.<br />

In ultimo l’effettiva velocità dell’incen<strong>di</strong>o per ognuna delle celle è data da:<br />

~<br />

Vpi =<br />

Vpi<br />

⋅C1i<br />

⋅C<br />

2i<br />

85


L’intensità lineare del fronte del fuoco, intesa come la potenza <strong>di</strong>ssipata per unità <strong>di</strong> lunghezza<br />

può essere stimata dall’equazione (Byram, 1959):<br />

I = q w Vp [W m -1 ]<br />

dove<br />

• q: calore rilasciato dalla combustione <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> combustibile anidro;<br />

• w: peso del combustibile per unità d’area, in<strong>di</strong>cato anche come "carico superficiale del<br />

combustibile";<br />

• Vp: velocità <strong>di</strong> avanzamento del fuoco in <strong>di</strong>rezione normale al perimetro incen<strong>di</strong>ato. Secondo<br />

Chandler (1983) l'intensità lineare I è calcolabile anche come:<br />

I = 300 L 2<br />

[kW m -1 ]<br />

Dove:<br />

• L: altezza della fiamma che può essere ottenuta dall’osservazione o calcolata, in funzione<br />

dell’intensità lineare, come L = 0.45 I b, essendo b un coefficiente a<strong>di</strong>mensionale che può<br />

assumere valori compresi in un range che va da 0.46 a 0.49 (Nelson e Adkins, 1986).<br />

Il tempo <strong>di</strong> permanenza delle fiamme è definito da:<br />

τ = D/V [secon<strong>di</strong>]<br />

dove:<br />

• D: profon<strong>di</strong>tà della fiamma;<br />

• V: velocità del fuoco [m/s].<br />

Anderson (1969) stabilì che τ è funzione solo delle caratteristiche del combustibile e propose la<br />

seguente formula:<br />

τ = c/s [secon<strong>di</strong>]<br />

dove:<br />

• c: coefficiente <strong>di</strong> conversione in unità SI;<br />

• s: rapporto tra l’area esposta ed il volume del combustibile.<br />

2.8 Funzionamento del sistema proposto al Servizio Previsione<br />

Incen<strong>di</strong> della Regione Liguria (S.P.I.R.L.).<br />

Nei paragrafi precedenti si sono descritti i vari moduli costituenti il sistema.<br />

Questi moduli, esterni ed in<strong>di</strong>pendenti, sono in grado <strong>di</strong> fornire, per ogni<br />

unità <strong>di</strong> superficie in cui verrà <strong>di</strong>scretizzato il territorio regionale, le variabili<br />

utilizzate dall’algoritmo <strong>di</strong> propagazione per ricavare la potenziale velocità <strong>di</strong><br />

avanzamento del fuoco e l’intensità lineare. Nel seguito vengono descritte le<br />

caratteristiche proprie del sistema ed il suo funzionamento complessivo<br />

Le informazioni meteorologiche necessarie al funzionamento del sistema<br />

vengono ottenute dalle uscite del modello LILAM del Centro Meteo<br />

Idrologico della Regione Liguria (CMIRL), il flusso <strong>di</strong> dati viene trasferito via<br />

FTP (dall’inglese File Transfer Protocol: un protocollo <strong>di</strong> trasferimento per<br />

reti TCP/IP) da il remote system, nel caso in esame un’Alpha Station 500<br />

(ID: cmirl2.ge.infn.it) ad un local system, un Personal Computer in grado <strong>di</strong><br />

supportare le caratteristiche tecniche del GIS.<br />

Il sistema richiede in ingresso cinque variabili <strong>di</strong> natura meteorologica, esse sono:<br />

• U [°], <strong>di</strong>rezione del vento;<br />

• V [km/h], velocità del vento;<br />

• T [°C], temperatura dell’aria;<br />

• RH [%], umi<strong>di</strong>tà relativa dell’aria;<br />

• D[ore], numero <strong>di</strong> ore dall’ultima precipitazione<br />

I dati, sud<strong>di</strong>visi in files, vengono scaricati automaticamente in una cartella<br />

del local system e rinominati con riferimento all’ora e alla data cui si<br />

riferiscono, essi devono essere convertiti dal formato originale GRIB,<br />

standard europeo per i dati meteorologici, al formato ASCII, questo si rende<br />

necessario affinché possano essere aperti e georeferenziati dal GIS.<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>stribuzione spaziale dei dati prevede l’utilizzo della griglia <strong>di</strong> riferimento<br />

originale del modello LILAM, essa è composta da 273 celle, 21 in longitu<strong>di</strong>ne<br />

per 13 in latitu<strong>di</strong>ne, in grado <strong>di</strong> ricoprire l'intera superficie della Regione<br />

Liguria.<br />

<strong>La</strong> griglia <strong>di</strong> georeferenziazione del modello LILAM ha le seguenti<br />

caratteristiche:<br />

1. s<br />

superficie <strong>di</strong> copertura totale della griglia: 33.379,2 km 2 ;<br />

86


2. e<br />

estensione in longitu<strong>di</strong>ne della griglia: da 7, 23° W a 10,23° W, pari a 231,8<br />

km; estensione in latitu<strong>di</strong>ne da 43° N a 44,5° N, pari a 144 km;<br />

3. d<br />

<strong>di</strong>mensioni superficiali minime della cella: 122,9 km 2 con perimetro <strong>di</strong> 44,35<br />

km; <strong>di</strong>mensioni superficiali massime della cella: 125,5 km 2 con perimetro <strong>di</strong><br />

44,8 km;<br />

4. d<br />

<strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a delle celle in longitu<strong>di</strong>ne: circa 11192 m pari a circa<br />

0,138°; <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a delle celle in latitu<strong>di</strong>ne: circa 10000 m pari a circa<br />

0.1°.<br />

<strong>La</strong> zona il progetto su cui deve essere realizzato è l’intero territorio della<br />

regione Liguria, <strong>di</strong> seguito vengono elencate le estensioni dei limiti<br />

amministrativa delle provincie:<br />

1. superficie amministrativa ligure: 5417,95 km 2 <strong>di</strong> cui boschiva 3744 km 2 .<br />

• Imperia: 1155, 4 km 2<br />

• Savona: 1544,54 km 2<br />

• Genova: 1835,91 km 2<br />

• <strong>La</strong> Spezia: 882,1 km 2<br />

Le variabili meteorologiche, definite sulla griglia <strong>di</strong> LILAM, vengono utilizzate<br />

dal sistema per il primo passo dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong>: il<br />

calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione su suolo non acclive Vps senza<br />

l’influenza della vegetazione e della pendenza (ve<strong>di</strong> paragrafo 2.7). Per tutto<br />

il territorio regionale vengono definite 273 velocità Vps, una per ogni cella <strong>di</strong><br />

LILAM, <strong>di</strong>pendenti esclusivamente dalle variabili meteorologiche.<br />

Nelle Figure 8 e 9 viene presentata la corografia della zona in esame e<br />

l'area <strong>di</strong> copertura della griglia.<br />

Figura 9. Esempio <strong>di</strong><br />

georeferenziazione della griglia <strong>di</strong><br />

LILAM<br />

Figura 8.<br />

Corografia della zona d'applicazione<br />

del sistema proposto<br />

Una volta definite le informazioni meteorologiche locali ascrivibili all’intera<br />

superficie della regione Liguria, è necessario acquisire le variabili in grado <strong>di</strong><br />

descrivere l’orografia e la vegetazione dell’area in esame.<br />

L’orografia del territorio ligure è completamente descritta da un modello<br />

<strong>di</strong>gitale del terreno (DTM) (si veda il paragrafo 2.4), i dati relativi alle quote<br />

sono georeferenziati su <strong>di</strong> un reticolo <strong>di</strong> celle regolari, <strong>di</strong> 200 o 400 m <strong>di</strong> lato,<br />

avente un passo ed un sistema <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong>verso da quello visto<br />

precedentemente (LILAM). Per ogni cella in cui viene sud<strong>di</strong>viso il territorio<br />

regionale è calcolata una velocità <strong>di</strong> propagazione, ottenuta dalla velocità<br />

Vps (si veda paragrafo 2.7) che tiene conto della <strong>di</strong>rezione del vento e<br />

dell’esposizione del versante (cella) considerato, successivamente viene<br />

calcolato, per ogni cella del DTM, un coefficiente <strong>di</strong> acclività C1 che serve a<br />

simulare l’influenza della pendenza sulla velocità <strong>di</strong> propagazione (v.<br />

paragrafo 2.7).<br />

Le classi <strong>di</strong> combustibile della regione Liguria sono rappresentate da delle<br />

superfici non regolari in grado <strong>di</strong> perimetrare le zone <strong>di</strong> combustibile<br />

87


considerate a comportamento omogeneo nei confronti del fuoco. Le<br />

informazioni riguardanti la vegetazione vengono quin<strong>di</strong> acquisite in<br />

riferimento alla griglia più fine presente sul territorio (DTM), in questo modo<br />

è possibile calcolare un coefficiente <strong>di</strong> vegetazione C2 (v. paragrafo 2.7) in<br />

grado <strong>di</strong> influenzare il comportamento del fuoco in relazione alla vegetazione<br />

presente. Le classi <strong>di</strong> combustibile risentono <strong>di</strong>rettamente anche delle<br />

con<strong>di</strong>zioni meteorologiche, infatti il calore massico (Si veda il paragrafo 1.6)<br />

è calcolato in funzione dell’umi<strong>di</strong>tà atmosferica relativa.<br />

Il passo finale dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione è il calcolo della velocità <strong>di</strong><br />

propagazione su terreno acclive in presenza <strong>di</strong> vegetazione; essa è ottenuta<br />

dal prodotto dei coefficienti C1, C2 per la velocità Vps ed il calcolo<br />

dell’intensità lineare secondo la formula <strong>di</strong> Byram (si veda il paragrafo 2.7).<br />

Nella figura seguente viene presentata la sovrapposizione <strong>di</strong> alcune tavole<br />

utilizzabili dal sistema: il rettangolo più grande è la cella dei dati<br />

meteorologici del LILAM, i poligoni irregolari rappresentano le aree a<br />

vegetazione omogenea della carta CORINE (utilizzata provvisoriamente<br />

come carta dei combustibili) mentre le celle più piccole rappresentano la<br />

sud<strong>di</strong>visione del territorio del DTM.<br />

Figura 10. Vista d'insieme delle<br />

cartografie utilizzate dal sistema.<br />

Nella Figura 11 viene dato un<br />

esempio delle potenzialità del<br />

sistema nella previsione delle<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione.<br />

88


3 MODELLO DI SIMULAZIONE DI UN SINGOLO<br />

INCENDIO BOSCHIVO<br />

3.1 Introduzione<br />

<strong>La</strong> simulazione del comportamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo e più in generale <strong>di</strong> un fuoco libero<br />

<strong>di</strong> propagarsi su <strong>di</strong> una superficie composta <strong>di</strong> combustibile eterogeneo, può essere affrontata<br />

secondo quattro principali meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> modellazione, elencati <strong>di</strong> seguito in or<strong>di</strong>ne crescente<br />

d’aderenza alla realtà del fenomeno:<br />

• modelli stocastici<br />

• modelli statistici;<br />

• modelli empirici;<br />

• modelli fisici.<br />

3.1.1 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo stocastico<br />

L’avanzamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o attraverso una superficie composta da combustibili eterogenei<br />

risulta <strong>di</strong>fficilmente modellabile in termini deterministici, d'altra parte i modelli stocastici non<br />

considerano i meccanismi fisici e chimici del fenomeno considerato, ma forniscono solo una<br />

descrizione probabilistica della <strong>di</strong>namica dell’incen<strong>di</strong>o. In Appen<strong>di</strong>ce C viene riportato un<br />

contributo <strong>di</strong> Fujioka (1994) riguardo alla propagazione degli incen<strong>di</strong> come processo spaziale<br />

stocastico.<br />

3.1.2 <strong>La</strong> propagazione del fuoco come processo statistico<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> modellazione che viene effettuata senza indagare sulla reale <strong>di</strong>namica del<br />

fenomeno fisico, è quella statistica. Con essa si cerca <strong>di</strong> ottenere delle relazioni tra le con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali, le caratteristiche del combustibile e la velocità <strong>di</strong> propagazione del fuoco, ricavando<br />

gli algoritmi necessari al funzionamento del modello semplicemente dalle osservazioni<br />

statistiche effettuate sugli incen<strong>di</strong> e sulle prove <strong>di</strong> laboratorio. Un semplice esempio <strong>di</strong><br />

modellazione statistica <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o è riportato in Appen<strong>di</strong>ce D (Nobel, 1984).<br />

3.1.3 I modelli empirici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

<strong>La</strong> letteratura scientifica internazionale considera quasi prevalentemente modelli empirici o semi<br />

empirici <strong>di</strong> simulazione del fuoco. Alla base <strong>di</strong> questi modelli vi è il principio <strong>di</strong> conservazione<br />

dell’energia, senza però considerare dettagliatamente i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasporto del calore. In<br />

Appen<strong>di</strong>ce E è riportato il modello <strong>di</strong> propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi proposto da<br />

Rothermel nel 1972. Gli algoritmi alla base <strong>di</strong> questo modello costituiscono il riferimento<br />

universalmente utilizzato nella simulazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o boschivo: la quasi totalità dei sistemi<br />

<strong>di</strong> simulazione della propagazione del fuoco esistenti al mondo, soprattutto in America ed<br />

Oceania, basa il proprio funzionamento sul modello <strong>di</strong> Rothermel.<br />

3.1.4 I modelli fisici <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

Questi modelli, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto visto fino ad ora, considerano i tre <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

trasporto del calore (irraggiamento, convezione, conduzione) e sono in grado <strong>di</strong> ricavare la<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione (ROS) <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o grazie ad un formalismo matematico rigoroso<br />

che considera tutte le possibili variabili atte a descrivere la fisica del problema, che si traduce<br />

nel valutare e quantificare il calore trasmesso per irraggiamento, convezione e conduzione dalle<br />

zone incen<strong>di</strong>ate a quelle non ancora interessate dal fuoco.<br />

3.2 I modelli proposti al Servizio Previsione Incen<strong>di</strong> della<br />

Regione Liguria (S.P.I.R.L.)<br />

Per la simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo si propone l'utilizzo del medesimo algoritmo<br />

visto per la determinazione dei livelli <strong>di</strong> attenzione relativi alla propagazione degli incen<strong>di</strong><br />

boschivi e/o, in alternativa, un prodotto commerciale <strong>di</strong> provata vali<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>ffusione<br />

presso le Agenzie antincen<strong>di</strong>o boschivo del mondo intero, <strong>quale</strong> FIRESITE del Forest Service -<br />

Dipartimento Americano dell'Agricoltura (USDA). Di seguito vengono riportati due paragrafi in<br />

cui i due sistemi vengono descritti.<br />

89


3.2.1 Il modello francese mo<strong>di</strong>ficato per il territorio ligure (Drouet)<br />

Si è visto al Paragrafo 2.7 l’utilizzo del modello <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> Drouet per la determinazione<br />

dei livelli <strong>di</strong> attenzione per il pericolo d’incen<strong>di</strong>o, in questo paragrafo verrà invece analizzato<br />

l’utilizzo del modello <strong>di</strong> propagazione nella simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo; a<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto visto precedentemente, nel caso ora in esame, è necessario giungere ad<br />

una precisa perimetrazione dell’incen<strong>di</strong>o che viene considerato secondo la propria evoluzione<br />

nello spazio e nel tempo. L’applicazione dell’algoritmo <strong>di</strong> propagazione non è più definita su <strong>di</strong><br />

una generica cella del territorio ligure, bensì viene simulato un incen<strong>di</strong>o a partire dal punto <strong>di</strong><br />

avvistamento dell’incen<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> cui è necessario conoscere l’esatta posizione in coor<strong>di</strong>nate UTM<br />

o Gauss – Boaga, o a partire dalle <strong>di</strong>mensioni segnalate dell’incen<strong>di</strong>o già attivo. Per definire<br />

l’area incen<strong>di</strong>ata e la sua evoluzione nel tempo viene utilizzata una regione delimitata da una<br />

polilinea a 16 vertici, per ognuno <strong>di</strong> tali vertici Pi, definiti da una coppia <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate Pi: (xi , yi),<br />

viene applicato l’algoritmo <strong>di</strong> propagazione visto al Paragrafo 2.7, calcolando in analogia a<br />

quanto visto per i livelli <strong>di</strong> attenzione ed in funzione delle caratteristiche meteorologiche<br />

(LILAM), orografiche (DTM) e vegetazionali (Carta della Vegetazione), dapprima la velocità Vpsi<br />

e quin<strong>di</strong> i coefficienti C1i e C2i.<br />

<strong>La</strong> descrizione dell’avanzamento dell’incen<strong>di</strong>o tramite i vertici Pi rende necessaria l’introduzione<br />

della “<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione”, ovvero la <strong>di</strong>rezione, rispetto al Nord, lungo cui si muove il<br />

vertice dell’incen<strong>di</strong>o; essa è sia funzione della posizione relativa dei vertici contigui al vertice<br />

considerato che della lunghezza dei lati congiunti ad esso. <strong>La</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> ogni<br />

vertice Pi, espressa in funzione del Nord geografico, è utilizzata nel calcolo della velocità<br />

effettiva Vi dell’incen<strong>di</strong>o considerando l’angolo formato tra <strong>di</strong> essa e la <strong>di</strong>rezione del vento, per<br />

giungere al calcolo <strong>di</strong> Vi viene utilizzata la velocità Vpsi, e la velocità Vp0i in assenza <strong>di</strong> vento.<br />

L’avanzamento del fronte del fuoco è dato, per ognuno dei se<strong>di</strong>ci vertici, per ogni iterazione<br />

interna, da una coppia <strong>di</strong> nuove coor<strong>di</strong>nate Pi’ (xi’, yi’):<br />

x ' = x + vp ( ∆T<br />

− T<br />

i<br />

y ' = y + vp ( ∆T<br />

− T<br />

i<br />

Dove:<br />

i<br />

i<br />

i<br />

i<br />

delay obstacle<br />

delay obstacle<br />

90<br />

) ⋅ sen ( <strong>di</strong>r of propagation)<br />

) ⋅ cos ( <strong>di</strong>r of propagation)<br />

• Dir of propagation: <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione;<br />

• ∆T: intervallo <strong>di</strong> durata fissato per ogni iterazione dell’algoritmo, pari a 15 minuti <strong>di</strong><br />

simulazione;<br />

• Tdelay obstacle : frazione <strong>di</strong> tempo sottratta a ∆T per simulare l’azione <strong>di</strong> rallentamento<br />

dovuta alla presenza <strong>di</strong> ostacoli.<br />

Figura 11.<br />

Simulazione <strong>di</strong> un<br />

incen<strong>di</strong>o. <strong>La</strong> zona<br />

evidenziata<br />

rappresenta lo<br />

sviluppo<br />

superficiale<br />

dell’incen<strong>di</strong>o<br />

dopo due ore <strong>di</strong><br />

propagazione.<br />

3.1.2.1 Il co<strong>di</strong>ce WINDS<br />

<strong>La</strong> simulazione <strong>di</strong> un singolo incen<strong>di</strong>o boschivo richiede una notevole precisione nella<br />

definizione dei dati utili al funzionamento dell’algoritmo. Tra le variabili meteorologiche il vento<br />

è, senza dubbio, la più importante; per questo motivo si propone l’utilizzo <strong>di</strong> un modello<br />

de<strong>di</strong>cato ala simulazione dei campi <strong>di</strong> vento su superfici complesse quali WINDS, in vece delle<br />

uscite <strong>di</strong>sponibili da LILAM definite su <strong>di</strong> un reticolo eccessivamente largo per gli scopi in<br />

esame.<br />

WINDS (Wind-field Interpolation by Non Divergent Schemes) è un modello <strong>di</strong> vento massconsistent<br />

(Ratto, 1994; Ratto et al., 1996) messo a punto presso il Dipartimento <strong>di</strong> Fisica<br />

dell'Università <strong>di</strong> Genova.<br />

Tale modello è una evoluzione dei co<strong>di</strong>ci NOABL e AIOLOS. WINDS, così come altri modelli<br />

mass-consistent, costruisce un campo <strong>di</strong> vento iniziale tri<strong>di</strong>mensionale su orografia complessa,<br />

a partire da misure <strong>di</strong> vento in prossimità e/o al <strong>di</strong> sopra del terreno. Tale campo viene corretto<br />

in modo da produrre un campo <strong>di</strong> vento finale che sod<strong>di</strong>sfi, su ogni punto del reticolo<br />

computazionale, la conservazione della massa.<br />

Un parametro permette <strong>di</strong> introdurre nel modello alcuni degli effetti della stratificazione<br />

atmosferica, al fine <strong>di</strong> avere una migliore risoluzione vicino al terreno, WINDS utilizza un<br />

sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate conformi (terrain following vicino al suolo).


Nella presente applicazione, WINDS è ni<strong>di</strong>ficato nel LILAM : i campi <strong>di</strong> vento iniziali provengono<br />

cioè da una previsione del LILAM a 72 ore (campionata ogni 12 ore) a partire dall'analisi.<br />

L'area su cui presentiamo la procedura <strong>di</strong> ni<strong>di</strong>ficazione, corrispondente alla cosiddetta Grande<br />

Genova, è situata nella Provincia <strong>di</strong> Genova. Il campo iniziale è costruito utilizzando 4 x 5 no<strong>di</strong><br />

del LILAM, relativi ad un'area <strong>di</strong> circa 34 km x 45 km, da 8° 37' a 9° 2' in longitu<strong>di</strong>ne e da 44° 15'<br />

a 44° 39' in latitu<strong>di</strong>ne.<br />

<strong>La</strong> risoluzione spaziale dei campi è <strong>di</strong> 400 m in entrambe le <strong>di</strong>rezioni, per un totale <strong>di</strong> 86 x 113<br />

no<strong>di</strong> in orizzontale. In verticale, il volume simulato, circa 4000 m <strong>di</strong> elevazione, è descritto da 10<br />

superfici conformi.<br />

3.2.2 Il sistema FARSITE Fire Area Simulator<br />

E’ un sistema sviluppato da Finnay nel 1993 (si veda la bibliografia) per conto del Systems for<br />

Environmental Management, National Interagency Fire Center (National Park Service), ed in<br />

cooperazione con il Fire Behavior Research Work Unit dell’USDA Forest Service. Il software è<br />

scritto in linguaggio C++, gira in ambiente Microsoft Windows (3.1x, 95, NT) e basa il proprio<br />

funzionamento sulle informazioni tratte da un Supporto Informativo Geografico (GIS), quali<br />

GRASS, ARC/INFO, o files in formato LCP. Questo sistema è attualmente utilizzato dalle<br />

Agenzie Federali antincen<strong>di</strong>o boschivo <strong>di</strong> alcuni Stati nordamericani, ma è anche presente in<br />

Europa ed in Sud America, soprattutto nei laboratori <strong>di</strong> ricerca universitari e nei centri che si<br />

occupano <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> boschivi. FARSITE utilizza un algoritmo <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> tipo ellittico con<br />

un avanzamento a moto d’onda del fronte dell’incen<strong>di</strong>o (Anderson, 1982)<br />

Il suo utilizzo è finalizzato a due obiettivi principali:<br />

1. proiezioni a lungo termine sul comportamento dei focolai attivi, analizzando l’avanzamento del<br />

fronte del fuoco al variare dei <strong>di</strong>fferenti scenari meteorologici.<br />

2. pianificazione delle azioni antincen<strong>di</strong>o, ovvero analisi del comportamento al fuoco <strong>di</strong> particolari<br />

essenze e simulazione <strong>di</strong> scenari operativi in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni ambientali.<br />

<strong>La</strong> versione 3.0 <strong>di</strong> FARSITE rende possibile il considerare le azioni antincen<strong>di</strong>o associate<br />

all’<strong>evento</strong> simulato. E’ possibile scegliere tra tre <strong>di</strong>verse metodologie <strong>di</strong> attacco alle fiamme:<br />

1) attacco <strong>di</strong>retto terrestre, specificando gli uomini ed i mezzi impiegati e costruendo una linea<br />

impermeabile <strong>di</strong>rettamente sul fronte delle fiamme;<br />

2) attacco in<strong>di</strong>retto, ottenuto costruendo una pista tagliafuoco non a <strong>di</strong>retto contatto con le fiamme;<br />

3) attacco parallelo, costruendo delle piste tagliafuoco anche sui fianchi dell’incen<strong>di</strong>o. E’ possibile<br />

aggiornare in tempo reale il tipo <strong>di</strong> tattica utilizzata per l’estinzione delle fiamme. Anche l’attacco<br />

aereo è considerato in FARSITE: una tool specifica permette <strong>di</strong> specificare il tipo <strong>di</strong> mezzi aerei<br />

<strong>di</strong>sponibili e le loro caratteristiche tecniche; l’azione <strong>di</strong> attacco aereo sulle fiamme può essere<br />

ottenuta con il lancio <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> acqua o con l’uso <strong>di</strong> ritardanti.<br />

FARSITE utilizza le informazioni <strong>di</strong>sponibili sulla topografia, sul tipo <strong>di</strong> combustibile e sulle<br />

con<strong>di</strong>zioni meteorologiche della zona in esame, esso è utilizzabile per tutti i tipi <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>, siano<br />

essi superficiali o <strong>di</strong> chioma.<br />

I tematismi su base GIS necessari alla simulazione sono:<br />

1. Elevazione del terreno sul livello del mare;<br />

2. Acclività del terreno;<br />

3. Esposizione del versante;<br />

4. Tipo <strong>di</strong> combustibile vegetale presente; [class. NFFL o altra a <strong>di</strong>scr. dell’utente]<br />

5. Grado <strong>di</strong> copertura arborea;<br />

Il sistema FARSITE nasce, evidentemente, come complemento al sistema <strong>di</strong> classificazione<br />

della vegetazione <strong>di</strong> Albini (NFFL) <strong>di</strong> cui si è parlato nel primo Capitolo, ma rende possibile<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> un proprio sistema <strong>di</strong> classificazione dei combustibili vegetali. Un grande pregio <strong>di</strong><br />

questo sistema è dato dalla possibilità <strong>di</strong> utilizzare parallelamente ed in<strong>di</strong>pendentemente <strong>di</strong>versi<br />

algoritmi <strong>di</strong> propagazione, in questo modo è possibile simulare simultaneamente <strong>di</strong>versi incen<strong>di</strong><br />

91<br />

Figura 12.<br />

Mappa<br />

generata dal<br />

co<strong>di</strong>ce<br />

WINDS


attivi sul territorio e, soprattutto, <strong>di</strong>stinguere tra le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o riscontrabili (Ve<strong>di</strong><br />

Appen<strong>di</strong>ce A).<br />

In particolare per gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma sono utilizzati tre tematismi su base GIS:<br />

6. Altezza me<strong>di</strong>a da terra delle prime impalcature degli alberi;<br />

7. Altezza me<strong>di</strong>a degli alberi;<br />

8. Densità me<strong>di</strong>a delle chiome.<br />

Grazie a queste informazioni aggiuntive è possibile ottenere un buon livello <strong>di</strong> simulazione per<br />

gli incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma ed i fenomeni <strong>di</strong> torching e spotting. (ve<strong>di</strong> Appen<strong>di</strong>ce A)<br />

Nella figura seguente viene riportata la finestra <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo utilizzata per configurare i files<br />

provenienti dal GIS in ingresso al sistema.<br />

Le con<strong>di</strong>zioni meteorologiche sono riprodotte inserendo la temperatura e l’umi<strong>di</strong>tà massima e<br />

minima giornaliera dell’aria, nonché la <strong>di</strong>rezione e l’intensità del vento, con un intervallo minimo<br />

<strong>di</strong> un minuto, tramite esse è ricavata l’umi<strong>di</strong>tà del combustibile durante la simulazione.<br />

Le informazioni che si ottengono dal sistema in uscita sono:<br />

1. Mappe a colori BMP in 2D o 3D rappresentanti l’avanzamento del fronte su <strong>di</strong>versi passi<br />

temporali<br />

2. Grafico dell’area bruciata [ha] e del perimetro [km] nel tempo;<br />

3. Velocità <strong>di</strong> avanzamento [m/h] e intensità [kJ/m2] dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

4. Possibilità <strong>di</strong> effettuare ingran<strong>di</strong>menti delle immagini in 2D o 3D;<br />

I dati meteorologici ed anemometrici utilizzati dal sistema vengono inseriti, prima della<br />

simulazione, con il passo temporale prescelto, ma non possono, per lo meno da una prima<br />

valutazione sul prodotto, essere attinti “on line” da stazioni automatiche <strong>di</strong> rilevamento poste a<br />

terra. <strong>La</strong> compatibilità del sistema con i modelli WINDS e LILAM è giu<strong>di</strong>cata possibile, ma per<br />

poter utilizzare i dati dei due modelli si renderà necessario mo<strong>di</strong>ficare il file sorgente <strong>di</strong><br />

FARSITE creando una procedura in grado <strong>di</strong> leggere i files <strong>di</strong> output <strong>di</strong> WINDS e <strong>di</strong> LILAM. Il<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Fisica dell’Università <strong>di</strong> Genova, <strong>di</strong>spone della versione 3.0 <strong>di</strong> FARSITE ed il<br />

manuale d’uso per l’utente. Il sistema FARSITE, così come tutti i programmi <strong>di</strong><br />

ricerca federali americani finanziati da denaro pubblico, è gratuito e può<br />

essere duplicato e <strong>di</strong>stribuito in un numero illimitato <strong>di</strong> copie. Perio<strong>di</strong>camente<br />

viene fornita una versione aggiornata del software.<br />

92<br />

FARSITE<br />

Weather e<strong>di</strong>tor<br />

FARSITE<br />

Isocrone<br />

dell’incen<strong>di</strong>


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<strong>La</strong>boratory, Fire Behavior Research Work Unit, Missoula Montana, USDA Forest Service, Fire<br />

and Aviation Management, Washington Office Washington, D.C. FARSITE Mark A. Finney,<br />

Systems for Environmental Management PO BOX 8868 Missoula – Montana U.S.<br />

mfinney@montana.com. mfinney/rmrs_missoula@fs.fed.us<br />

94


APPENDICE A: Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />

Una possibile classificazione degli incen<strong>di</strong> boschivi può essere ricondotta, nella sua veste più<br />

schematica, a tre tipologie principali (Brown, Davis., 1973):<br />

• incen<strong>di</strong> sotterranei;<br />

• incen<strong>di</strong> radenti;<br />

• incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma.<br />

Incen<strong>di</strong> sotterranei (Ground Fires)<br />

Sono caratterizzati dall’assenza <strong>di</strong> fiamma viva, o bensì dalla lenta combustione degli strati<br />

organici del terreno. Il processo consiste nella <strong>di</strong>sidratazione e successiva ossidazione della<br />

cellulosa contenuta nel substrato organico con liberazione <strong>di</strong> vapore acqueo, anidride carbonica<br />

(CO2), monossido <strong>di</strong> carbonio (CO) e metano (CH4). <strong>La</strong> reazione procede molto lentamente con<br />

valori <strong>di</strong> avanzamento del fronte dell’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0.1 – 0.15 m/ora (Wein, 1983), ed il calore<br />

viene per lo più trasmesso per conduzione. I gas prodotti durante il processo, siano essi<br />

combustibili o non combustibili (vapore acqueo ed anidride carbonica) non riescono a defluire in<br />

superficie, a causa dell’accumulo <strong>di</strong> ceneri particolarmente impermeabili allo scambio gassoso,<br />

ma rimangono negli strati sotterranei: questo fa sì che il combustibile non reagisca<br />

completamente con lo scarso comburente (Ossigeno) presente e la reazione non sia mai<br />

accompagnata da fiamma viva. Inoltre il vapore acqueo e l’anidride carbonica addensandosi<br />

verso lo strato non ancora combusto rallentano ulteriormente l’avanzamento del fronte,<br />

richiedendo una maggiore quantità <strong>di</strong> calore per portare il combustibile nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

accensione (Wein, 1983).<br />

Questo genere <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o, in grado <strong>di</strong> propagarsi anche sotto un manto nevoso, non risulta<br />

particolarmente frequente nella casistica nazionale. Esso generalmente si verifica in<br />

concomitanza con un incen<strong>di</strong>o radente (si veda il successivo paragrafo) e richiede la presenza<br />

<strong>di</strong> un substrato torboso, o apparati ra<strong>di</strong>cali molto fitti. Le temperature che si registrano durante<br />

l’avanzamento del fuoco possono variare da un intervallo massimo <strong>di</strong> 250° C - 500° C ad una<br />

profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> circa 50 cm dal piano <strong>di</strong> campagna, fino ai 70° C - 80° C registrabili negli strati più<br />

profon<strong>di</strong> (>100 cm). L’intensità lineare, cioè la potenza per metro lineare <strong>di</strong> fronte, è poco<br />

significativa attestandosi sui 10 kW m -1 (Van Wagner, 1977) raggiungendo i valori maggiori<br />

nelle zone più vicine alla superficie. Le operazioni <strong>di</strong> spegnimento possono essere <strong>di</strong>fficili e <strong>di</strong><br />

esito incerto: si è verificato infatti che incen<strong>di</strong> ritenuti spenti in realtà si siano propagati sottoterra<br />

per riprendere successivamente vigore molte ore dopo e a decine <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

Incen<strong>di</strong> radenti (Surface Fires)<br />

E’ la tipologia più frequente <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o che si può riscontrare: essa consiste sia nella<br />

combustione della vegetazione posta al suolo, ovvero lo strato erbaceo e la lettiera, sia degli<br />

arbusti e dei cespugli.<br />

Le caratteristiche dell’incen<strong>di</strong>o radente su lettiera variano a seconda delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà<br />

e del carico <strong>di</strong> combustibile per superficie: quest’ultimo può infatti variare in<strong>di</strong>cativamente dalle<br />

12 – 15,6 t / ha delle foreste <strong>di</strong> conifere agli 8,7 t / ha per latifoglie (Anderson H.E., 1982 ;<br />

Trabaud L., 1989). <strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione può raggiungere valori notevoli dovuti all’elevato<br />

rapporto superficie/volume presentato da una lettiera composta da foglie secche, ramoscelli,<br />

strobili, cortecce ed altri residui vegetali, ma generalmente si attesta su valori <strong>di</strong> alcuni metri al<br />

minuto portandosi, in presenza <strong>di</strong> forte vento, fino ai 20-30 m/min. L’intensità lineare è me<strong>di</strong>obassa,<br />

compresa tra i 200 e gli 800 kW m -1 (Van Wagner C.E., 1977) con una lunghezza <strong>di</strong><br />

fiamma che non supera i due metri.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> fuoco radente è quello che si sviluppa sullo strato erbaceo: gli steli d’erba<br />

presentano un notevole rapporto superficie/volume e secondo la loro maggiore o minore<br />

umi<strong>di</strong>tà sono in grado <strong>di</strong> imprimere una violenta accelerazione alla velocità <strong>di</strong> propagazione del<br />

fuoco. Il carico <strong>di</strong> combustibile per unità <strong>di</strong> superficie [t/ha], varia notevolmente a seconda del<br />

tipo <strong>di</strong> specie erbacea considerata e dello stato vegetativo in cui essa si viene a trovare: esiste<br />

una letteratura molto ampia in materia in grado <strong>di</strong> classificare sistematicamente le <strong>di</strong>verse<br />

fitocenosi che caratterizzano lo strato erbaceo, per ognuna delle quali viene riportato il valore<br />

me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> carico per superficie (Anderson H.E., 1982). In termini molto generali, si può <strong>di</strong>re che i<br />

valori variano da un minimo <strong>di</strong> 1,8 t/ha per erba bassa fino ad un massimo <strong>di</strong> 7,5 t/ha per erba<br />

alta. Le altezze <strong>di</strong> fiamma sono contenute in uno o due metri, ma crescono al <strong>di</strong>minuire<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà e possono arrivare fino ad un massimo <strong>di</strong> nove metri. L’intensità lineare del fronte<br />

varia dalle poche decine <strong>di</strong> kW/m per basso valore <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> combustibile, fino ad un picco <strong>di</strong><br />

9000 kW/m nelle fasi deflagranti.<br />

Il fuoco radente che interessa i cespugli, il sottobosco e la macchia arbustiva è particolarmente<br />

insi<strong>di</strong>oso ed è generalmente riscontrabile durante le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minima umi<strong>di</strong>tà della<br />

vegetazione e dell’atmosfera, ovvero durante il riposo vegetativo invernale e nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

maggiore siccità estivi. L’altezza delle fiamme varia dal doppio dell’altezza dei cespugli fino a<br />

valori massimi <strong>di</strong> sette - otto metri, l’intensità lineare varia dai valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> 2000 – 3000 kW/m<br />

fino a dei picchi <strong>di</strong> 10000 kW/m. E’ opportuno sottolineare la notevole pericolosità <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o<br />

che si propaga attraverso una vegetazione arbustiva, tipica ad esempio della cosiddetta<br />

macchia me<strong>di</strong>terranea, le caratteristiche <strong>di</strong> questo combustibile, composto da piante xeroterme<br />

95


icche <strong>di</strong> oli essenziali, donano a questi vegetali un potere calorico quasi doppio rispetto alla<br />

cellulosa che può arrivare fino a 7720 kcal/kg.<br />

Incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma (Crown Fires)<br />

Questi incen<strong>di</strong> interessano solo le chiome della vegetazione arborea, e possono propagarsi<br />

<strong>di</strong>rettamente da un albero ad un altro senza colpire le zone a contatto con il terreno.<br />

Sono caratteristici <strong>di</strong> alcuni climax, composti per lo più da Conifere, particolarmente ricche <strong>di</strong><br />

resine ed oli essenziali il cui contenuto in percentuale espresso in riferimento al peso anidro del<br />

legno raggiunge il 15 – 20% (Chandler C. et al., 1983). Tali sostanze, ricche <strong>di</strong> idrocarburi<br />

terpenici, alcoli ed aci<strong>di</strong>, sono caratterizzate da un basso peso molecolare e quin<strong>di</strong> da una<br />

temperatura <strong>di</strong> ebollizione relativamente bassa rispetto alla temperatura della fiamma. Esse<br />

sono le prime sostanze ad essere estratte per <strong>di</strong>stillazione nella pirolisi, liberando gas<br />

infiammabili e miscele <strong>di</strong> vapori che poste a contatto con le fiamme esplodono pericolosamente.<br />

Tra le sostanze più importanti nei fenomeni <strong>di</strong> combustione vi sono i terpeni. Essi sono degli<br />

idrocarburi aventi struttura generale (C2 H8)2, costituiti dall’unione <strong>di</strong> più unità elementari <strong>di</strong><br />

isoprene C5 H8, altrimenti detto emiterpene. I terpeni sono i componenti fondamentali degli oli<br />

essenziali estraibili dalle piante, e presentano caratteristiche d’estrema infiammabilità.<br />

Considerando in particolare il genere Pinus, albero che popola comunemente la costa tirrenica,<br />

è possibile isolare in esso sostanze quali terpeni monociclici, ad esempio: limonene, C10 H16,<br />

contenuto anche nelle Rutacee; α - fellondrene, contenuto anche nell’olio <strong>di</strong> eucalipto e nel<br />

genere Juniperus; silvestrene, C10H18, contenuto nell’essenza <strong>di</strong> trementina estraibile dalle<br />

Conifere; terpindene; e terpeni biciclici quali il carene, l’α - pinene, il β - pinene ed i<br />

sesquiperteni. Sono inoltre presenti alcoli, aldei<strong>di</strong> (furfurolo), chetoni, aci<strong>di</strong>, esteri e fenoli. Nelle<br />

resine, invece, si isolano soprattutto aci<strong>di</strong> e alcoli nonché idrocarburi C5 H8, costituiti dalla<br />

polimerizzazione dell’isoprene (Giordano G., 1974; Vidrich, 1988).<br />

<strong>La</strong> classificazione data da Van Wagner nel 1977 <strong>di</strong>stingue tre principali tipi d’incen<strong>di</strong> <strong>di</strong> chioma:<br />

1) fuoco <strong>di</strong> chioma passivo; 2) fuoco <strong>di</strong> chioma attivo e 3) fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente.<br />

Fuoco <strong>di</strong> chioma passivo: definito in inglese torching, è tipico delle zone pianeggianti popolate<br />

da essenze resinose rade: si presenta in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> calma <strong>di</strong> vento ed in concomitanza con<br />

un incen<strong>di</strong>o radente. Le velocità d’avanzamento non superano i 20 metri il minuto, e l’altezza<br />

delle fiamme non eccede i 10 metri sopra il livello della chioma. Quando i moti convettivi dovuti<br />

al fuoco radente portano la temperatura della chioma vicino ai valori d’accensione, si ha<br />

l’innesco dell’incen<strong>di</strong>o, la cui intensità è proporzionale alla densità del combustibile ed alla sua<br />

umi<strong>di</strong>tà, ed è quin<strong>di</strong> rapportabile al periodo vegetativo corrente.<br />

Fuoco <strong>di</strong> chioma attivo: in questa fase l’avanzamento del fuoco non è strettamente legato<br />

all’incen<strong>di</strong>o radente presente a terra, anche se l’energia sviluppata dal fuoco in chioma non è<br />

sufficiente ad autoalimentare la combustione. In effetti, si registra un’azione sinergica tra le due<br />

zone interessate dal fuoco: l’incen<strong>di</strong>o radente che si sviluppa a livello del terreno permette una<br />

continuità delle fiamme garantita dalle forti correnti convettive che lambiscono i palchi degli<br />

alberi; mentre il fuoco <strong>di</strong> chioma garantisce il preriscaldamento del combustibile al suolo dovuto<br />

all’alta emanazione termica dei palchi incen<strong>di</strong>ati degli alberi. Sono state misurate velocità<br />

variabili tra i 10 ed i 20 m/min., ed altezze <strong>di</strong> fiamma che superano i 20 m.<br />

Fuoco <strong>di</strong> chioma in<strong>di</strong>pendente: è tipico in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vento teso ed è estremamente<br />

pericoloso perché caratterizzato da forti velocità d’avanzamento con me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> 50 – 60 m/min.<br />

(ad es. Sundace Fire, Idaho 1/9/1967) e punte estreme <strong>di</strong> 100 m/min. (ad es. Greater<br />

Yellowstone Area, 1988) con altezze massime del fuoco <strong>di</strong> 100 m dal suolo. Le intensità sono<br />

molto elevate e rendono in pratica impossibile l’avvicinamento al fronte da parte delle squadre<br />

addette allo spegnimento: il flusso <strong>di</strong> calore è, infatti, notevole ed è altresì riscontrabile il<br />

fenomeno dello spotting, ossia la proiezione <strong>di</strong> tizzoni o parti <strong>di</strong> chioma incen<strong>di</strong>ate verso le zone<br />

non ancora interessate dal fuoco, con una propagazione molto veloce dell’incen<strong>di</strong>o.<br />

96


APPENDICE B: Il modello <strong>di</strong> simulazione della propagazione degli incen<strong>di</strong> boschivi<br />

Formula per il calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione Vps:<br />

⎝ Vp = b ⋅e<br />

s<br />

1<br />

97<br />

⎛ ⎛ k ⎞<br />

0.<br />

035⋅<br />

T⋅⎜1+<br />

⎟ ⎞<br />

⎜ ⎝ 1.<br />

4⎠<br />

⎟<br />

⎜ ⎟<br />

⎜ ⎟<br />

⎠<br />

⎡ ⎛ ⎛ V ⎞⎞⎤<br />

⎢ ⎜ ⎜ 1+<br />

−1.<br />

25⎟⎟<br />

⎛100− ris⎞<br />

⎥<br />

⋅Tanhyp⎜<br />

⎟⋅<br />

⎢b<br />

⎜ ⎜ ⎟⎟<br />

2 + 2⋅<br />

b3<br />

+ b4⋅Tanhyp<br />

30<br />

⎥<br />

⎝ 150 ⎠ ⎢ ⎜ ⎜ b5<br />

⎟⎟<br />

⎜ ⎜ ⎟⎟<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

⎝ ⎝ ⎠⎠⎥⎦<br />

Formula <strong>di</strong> Blaney e Criddle per il calcolo dell'evapotraspirazione potenziale:<br />

ris = (0.0043 RHmin – (n/N) – 1.41)+ (0.82 – 0.0041 RHmin +1.07 (n/N) + +0.066 Ud – 0.006 RHmin<br />

(n/N) –0.0006 RHmin Ud) • p (0.46 T + 8.13)<br />

Calcolo della velocità <strong>di</strong> propagazione in funzione dell'esposizione del terreno rispetto alla<br />

<strong>di</strong>rezione del vento:<br />

<strong>La</strong> velocità <strong>di</strong> propagazione, viene ottenuta considerando il valore Vps, visto sopra, ed il valore<br />

della velocità <strong>di</strong> propagazione in assenza <strong>di</strong> vento Vp0, ottenuto ponendo v = 0 nella formula <strong>di</strong><br />

Vps. Detto ∆ il valore assoluto dell’angolo ottenuto dalla <strong>di</strong>fferenza tra la <strong>di</strong>rezione del vento e<br />

quella dell'esposizione del terreno, si riporta il suo valore da un intervallo <strong>di</strong> variazione da 0 a π<br />

ad un intervallo da 0 a 1: ∆1 = 1− ⎛ ∆⎞<br />

⎜ ⎟<br />

⎝ π ⎠<br />

, si considera inoltre l’angolo ∆2 ottenuto deformando ∆1<br />

con dei parametri <strong>di</strong> aggiustamento che vengono introdotti per considerare la presenza <strong>di</strong> vento<br />

⎛ 1 ⎞<br />

⎜<br />

⎟<br />

molto debole: ∆2 = ∆ 1+ ⋅ 1<br />

1<br />

⎝ vp param ⎠ , il passo successivo consiste nel riportare l’intervallo <strong>di</strong><br />

variazione dell’angolo tra 0 e π: ∆3 = (1-∆2) π<br />

Vps<br />

Vp Vps<br />

Vp<br />

) 1 ( +<br />

2<br />

2 2 ⎛1 + cos ∆ ⎞ 3<br />

0 + ( − 0 ) ⋅ ⎜ ⎟<br />

Vp<br />

=<br />

i<br />

Vps<br />

Dove Vpi è espresso in m/h; ∆3i ∈ [0, π] è l’angolo formato dalla <strong>di</strong>rezione del vento e<br />

l'esposizione del terreno; Vp0 è la velocità Vps calcolata per V=0.<br />

Coefficiente <strong>di</strong> vegetazione<br />

caloremassico<br />

densitàvegetazione<br />

C i<br />

calores<br />

dard<br />

⎟ ⎛<br />

⋅<br />

⎞<br />

1 = ⎜<br />

⎝ 10 ⋅ tan<br />

⎠<br />

Procedura <strong>di</strong> assegnazione delle risorse <strong>di</strong>sponibili<br />

Funzione <strong>di</strong> costo:<br />

min<br />

N<br />

∑<br />

M<br />

i∑<br />

i=<br />

1 m=<br />

1<br />

⎜<br />

⎝<br />

2<br />

parametro<strong>di</strong>vegetazione<br />

⎟<br />

⎠<br />

* { S S , 0}<br />

r max −<br />

Vincoli del problema sono:<br />

Le risorse antincen<strong>di</strong>o mobilitate sij sono costituite dall’insieme dei mezzi e degli equipaggi che<br />

possono raggiungere il teatro delle operazioni in una soglia <strong>di</strong> tempo che ne giustifichi l’utilizzo:<br />

1)<br />

∑<br />

0<br />

∑<br />

1<br />

∑ 1<br />

0<br />

=<br />

m<br />

s j<br />

j<br />

ξik<br />

⎛ m−<br />

⎞<br />

k = ⎜ s ⎟+<br />

⎜ j ⎟<br />

⎝ j=<br />

⎠<br />

= S<br />

i m<br />

i m<br />

i m<br />

i = 1, …..<br />

, N; m = 1, …..<br />

, M<br />

Il livello <strong>di</strong> intervento pre<strong>di</strong>sposto deve essere maggiore o al più eguale al minimo stabilito:


2)<br />

S<br />

i m<br />

98<br />

≥ S<br />

min<br />

i m<br />

i = 1, …..<br />

, N; m = 1, …..<br />

, M<br />

Non è possibile utilizzare la stessa risorsa nello stesso tempo per <strong>di</strong>versi incen<strong>di</strong>:<br />

N<br />

M<br />

∑ ik<br />

≤1<br />

k = 1,......,<br />

∑<br />

3) ξ<br />

k = 1 m=<br />

1<br />

APPENDICE C: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo stocastico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

boschivo<br />

Nel 1989 Catchpole, Hatton e Catchpole per ricavare il grado <strong>di</strong> propagazione <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o,<br />

considerano la <strong>di</strong>ffusione del fuoco attraverso un substrato eterogeneo, come un processo <strong>di</strong><br />

Markov. Dato un vettore <strong>di</strong> lunghezza n composto da n celle, ciascuna della stessa <strong>di</strong>mensione<br />

ma non necessariamente dello stesso combustibile, Catchpole, Hatton e Catchpole<br />

considerano il caso in cui il combustibile vari casualmente con una generazione random da<br />

cella a cella. <strong>La</strong> matrice dei combustibili così generata è rappresentata da un processo <strong>di</strong><br />

Markov uni<strong>di</strong>mensionale, che può essere scritto come:<br />

p (x i ⏐x1, x2, … , x i-1) = p (x i⏐ x i-1) (C.1)<br />

Per k > 1 tipi <strong>di</strong> combustibile la probabilità scritta a destra nella formula (C.1) corrisponde ad un<br />

<strong>elemento</strong> della matrice P ( k x k ):<br />

⎡p11p12<br />

.... p<br />

⎢<br />

⎢<br />

p21p<br />

22...<br />

. p2k<br />

= ⎢.......<br />

.......... ...<br />

⎢<br />

⎢.<br />

.......... .....<br />

⎢<br />

⎣pk1<br />

pk<br />

2...<br />

. pkk<br />

1k<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎦<br />

P (C.2)<br />

dove l'<strong>elemento</strong> pij della matrice P descrive la probabilità che il fuoco si propaghi da una cella <strong>di</strong><br />

combustibile <strong>di</strong> tipo i ad un'altra <strong>di</strong> combustibile <strong>di</strong> tipo j.<br />

Catchpole, Hatton e Catchpole usarono questa probabilità per calcolare il tempo <strong>di</strong><br />

combustione attraverso una cella o una stringa <strong>di</strong> celle e da questo ottennero il grado <strong>di</strong><br />

propagazione del fuoco e la sua varianza. Come caso applicativo essi ricavarono un valore<br />

me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> propagazione (Rate Of Spread, ROS) usando un tipo <strong>di</strong> combustibile composto da una<br />

vegetazione <strong>di</strong> arbusti ed erba, me<strong>di</strong>ante le equazioni <strong>di</strong> Rothermel (1972).<br />

<strong>La</strong> estensione del problema dal caso mono<strong>di</strong>mensionale a quello bi<strong>di</strong>mensionale si deve al<br />

lavoro <strong>di</strong> F. M. Fujioka (1997) del Pacific Southwest Research Station, USDA Forest Service,<br />

sulla base della teoria spaziale del processo <strong>di</strong> Markov dovuta a Cressie (1991) e Besag<br />

(1974).<br />

Egli considera una griglia regolare composta da n celle quadrate, ognuna identificata dal proprio<br />

centro (si) definito dalle coor<strong>di</strong>nate cartesiane (xi , yi). Una cella è considerata bruciante, o<br />

attiva, quando su <strong>di</strong> essa è in corso un incen<strong>di</strong>o e da essa si può incen<strong>di</strong>are qualsiasi altra cella<br />

confinante attraverso un lato in comune, una cella già bruciata, o inattiva, è invece una cella su<br />

cui è già passato il fuoco e che non è in grado <strong>di</strong> propagare il fuoco ad altre celle, in quanto<br />

circondata da tutti i lati da altre celle inattive o da celle in cui è in corso un incen<strong>di</strong>o.<br />

Si definisce la variabile <strong>di</strong>screta Z (si) come una variabile che vale 0 se la cella (si) non è ancora<br />

bruciata, 1 se è già bruciata. Cressie (1991) definisce un campo <strong>di</strong> variabilità markoviana la cui<br />

<strong>di</strong>stribuzione con<strong>di</strong>zionata definisce una struttura <strong>di</strong> vicinato Ni sulla griglia, considerando come<br />

celle confinanti con si solo le quattro ad essa unite con un intero lato, numerate in senso orario<br />

partendo da una cella arbitraria.<br />

Sia pjk(si) la probabilità che la cella si parta da uno stato z = j e finisca con z = k in una singola<br />

iterazione.<br />

Si assume che in ogni caso una cella già bruciata non possa essere ripercorsa dal fuoco, ma<br />

debba rimanere inattiva per tutta la durata della simulazione, ovvero:<br />

p10 (si) = 0, p11 (si) = 1 ∀i<br />

<strong>La</strong> probabilità che determina se c’è o no il fuoco su una cella e data da:<br />

p (s ) = ∑ p (s ) ⋅ z(s<br />

01 i<br />

m m<br />

s ∈N<br />

m i<br />

p (s ) = 1 − p (s )<br />

00 i 01 i<br />

)<br />

m<br />

+ a<br />

i<br />

(C.3)<br />

dove con p m si in<strong>di</strong>ca la probabilità che la cella (si ) sia accesa da una cella contigua (sm), e<br />

con ai si in<strong>di</strong>ca la probabilità <strong>di</strong> autoinnesco in assenza <strong>di</strong> celle attive confinanti, dovuta ad<br />

esempio alla caduta <strong>di</strong> un fulmine. <strong>La</strong> formula (C.3) rende evidente che il fenomeno viene<br />

s<br />

m


considerato come un processo <strong>di</strong> Markov, la probabilità <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una cella è infatti funzione<br />

solo dello stato delle celle confinanti e non <strong>di</strong> quelle poste più lontane; pm <strong>di</strong>pende<br />

essenzialmente dal combustibile, dalle con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e dalla topografia, ma è<br />

anche legata alle <strong>di</strong>mensioni della cella e alla durata della singola iterazione. Il passo temporale<br />

t è riferito al periodo <strong>di</strong> osservazione trascorso tra l’incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una cella ed il contagio <strong>di</strong> una<br />

cella vicina, esso è in genere un multiplo <strong>di</strong> un valore <strong>di</strong> riferimento che può essere variato<br />

secondo le esigenze della simulazione.<br />

pm determina la forma del perimetro del fuoco: infatti, se le quattro probabilità sono eguali il<br />

perimetro si espande approssimativamente della stessa <strong>di</strong>stanza nelle quattro possibili<br />

<strong>di</strong>rezioni, se pm non è uguale per tutte le celle confinanti allora il perimetro risulterà<br />

maggiormente allungato nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> maggiore probabilità; pm e t sono i parametri che<br />

definiscono l’intervallo <strong>di</strong> confidenza delle realizzazioni.<br />

Il modello definito da Cressie, sviluppato da Fujioka (1997), è in grado <strong>di</strong> fornire dei risultati utili,<br />

ma l’esigenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni omogenee ed il numero elevato <strong>di</strong> parametri necessari ne limitano<br />

l’impiego.<br />

APPENDICE D: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico per la propagazione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

boschivo<br />

Viene presentato un semplice esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo statistico, dato dalla relazione <strong>di</strong><br />

Nobel et al.(1980) tra la velocità <strong>di</strong> propagazione in metri al secondo (V) e l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pericolosità<br />

per l'insorgenza degli incen<strong>di</strong> boschivi australiano (F), nel caso <strong>di</strong> combustibile erboso <strong>di</strong> classe<br />

Mark 4, secondo la classificazione ufficiale australiana <strong>di</strong> Mc Arthur, in con<strong>di</strong>zioni invernali nella<br />

regione del New South Wales (Sud Est dell’Australia):<br />

[<br />

F = 2⋅<br />

e<br />

V<br />

=<br />

0.<br />

036<br />

F<br />

99<br />

0.<br />

5<br />

−23.<br />

6 + 5.<br />

01ln<br />

Cd + 0.<br />

0281TA<br />

− 0.<br />

226 H R +<br />

0.<br />

663<br />

dove:<br />

F = in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pericolosità <strong>di</strong> Mc Arthur [numero puro];<br />

V = grado <strong>di</strong> propagazione stimato [m/s].<br />

Cd = grado <strong>di</strong> copertura della vegetazione [%];<br />

TA = temperatura dell’aria [°C];<br />

HR = umi<strong>di</strong>tà relativa dell’aria [%];<br />

U10 = velocità del vento a 10 metri dal suolo [m/s];<br />

I coefficienti numerici che moltiplicano le variabili sopra descritte sono propri della zona<br />

geografica e della vegetazione locale. Essi sono stati ricavati per ogni <strong>di</strong>versa zona omogenea<br />

<strong>di</strong> vegetazione e <strong>di</strong> clima in cui è stata sud<strong>di</strong>visa l’area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. <strong>La</strong> loro determinazione è<br />

possibile con un’analisi statistica fenomenologica della storia degli incen<strong>di</strong> boschivi occorsi nella<br />

zona e tramite analisi e misure <strong>di</strong> laboratorio effettuate in con<strong>di</strong>zioni meteorologiche e<br />

vegetazionali specifiche per il caso in esame.<br />

APPENDICE E: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo empirico per la propagazione d’incen<strong>di</strong>o<br />

boschivo<br />

Williams nel 1985 descrisse in termini generali la conservazione dell’energia in una massa <strong>di</strong><br />

combustibile percorsa da incen<strong>di</strong>o:<br />

Q = ρ ⋅ ht ⋅ ROS (E.11)<br />

dove:<br />

Q = energia netta trasferita per unità d’area [W m -2 ];<br />

ρ = densità del combustibile<br />

[kg m -3 ];<br />

ht = entalpia per unità <strong>di</strong> massa richiesta per l’accensione del combustibile [J kg -1 ];<br />

ROS = Rate Of Spread, grado <strong>di</strong> avanzamento del fuoco [m s -1 ].<br />

Rothermel (1972) sviluppò un modello empirico in cui non è descritto analiticamente il termine<br />

Q, che venne invece misurato sperimentalmente da prove <strong>di</strong> laboratorio, condotte in <strong>di</strong>verse<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà e temperatura per <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> combustibile, in funzione dell’intensità <strong>di</strong><br />

reazione IR, la relazione empirica che Rothermel riuscì ad ottenere è:<br />

Q/IR = (192 + 7.894 s)-1 exp [(0.792+3.760 s0.5) (β +0.1)] (E.12)<br />

Dove:<br />

s = rapporto tra area esposta e volume del combustibile [m 2 /m 3 ]<br />

β = rapporto tra la densità del combustibile deposto a terra e la densità del combustibile vegeto.<br />

U<br />

0.<br />

5<br />

10<br />

]


A sua volta IR, è esprimibile in funzione della variazione <strong>di</strong> massa del combustibile (dw) per<br />

unità d’area nel tempo (dt) attraverso l’entalpia ht:<br />

I R = - ht<br />

dw<br />

dt<br />

[J m 2 / s]<br />

(E.13)<br />

Sostituendo l’equazione (E.13) e la (E.12) nell’equazione (E.11) si ottiene il grado <strong>di</strong><br />

propagazione, ROS (Rate Of Spread), in metri al secondo:<br />

ROS = (192 + 7.894 s)-1 EXP [(0.792+3.760 s0.5) (β +0.1)]<br />

100<br />

dw<br />

dt<br />

ρ-1 [m s-1] (E.14)<br />

Per considerare il contributo dato all’avanzamento del fronte dalla pendenza e dal vento<br />

Rothermel (1972) propose le seguenti due espressioni ottenute anch’esse da osservazioni<br />

empiriche:<br />

ΦW = CW U10Bw (β/β0)-Ew contributo del vento;<br />

ΦS = 5.275 β-0.3 tang2(θs) contributo della pendenza;<br />

dove con CW, Bw ed EW si intendono funzioni <strong>di</strong> s e β e con θs si misura l’angolo <strong>di</strong> pendenza<br />

letto sul piano orizzontale, considerando questi termini la (E.14) si riscrive come:<br />

ROS = f (s, β) (dw/dt) ρ-1 (1 + ΦW + ΦS) (E.15)<br />

Dove con f (s, β) si è in<strong>di</strong>cato il termine a destra nell’equazione (E.12).<br />

I termini ΦW e ΦS possono essere riscritti come segue:<br />

ΦW = A UB contributo del vento;<br />

ΦS = E tang2(θs) contributo della pendenza;<br />

Il valore dei coefficienti A, B ed E è funzione dei termini s [cm-1] e β e può essere ricavato,<br />

considerando U espresso in metri al secondo, dalla tabella seguente dovuta a Rothermel (1972,<br />

1983):<br />

s [cm-1] A B E β<br />

285 1.46 3.38 34.03 0.0020<br />

154 2.52 2.43 29.29 0.0033<br />

69 3.97 1.57 24.01 0.0064<br />

40 4.77 1.17 21.03 0.0099<br />

L'effetto della pendenza sull'avanzamento del fuoco può essere anche valutato calcolando per<br />

ogni punto Pi i gra<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello gx e gy, ed applicando successivamente per le due<br />

<strong>di</strong>rezioni ortogonali la seguente formula empirica:<br />

Φs= e 3.535 g 1.2 (Van Wagner C.E., 1977) (E.16)<br />

APPENDICE F: esempio <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> tipo fisico <strong>di</strong> propagazione del fuoco<br />

Il grado <strong>di</strong> propagazione può essere calcolato con un’equazione <strong>di</strong>fferenziale che consideri il<br />

bilancio energetico <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> combustibile, scritta in funzione dell’entalpia che a sua volta è<br />

funzione del tempo e della posizione delle fiamme nonché dell’energia <strong>di</strong>spersa nell’ambiente.<br />

2<br />

∂ τ ∂ τ<br />

ρc ⋅ = D ⋅ + A ⋅ f ( x,<br />

R(<br />

t))<br />

− H τ<br />

2<br />

∂ t<br />

∂ x<br />

Il termine a sinistra nell’equazione rappresenta l’incremento <strong>di</strong> temperatura per unità <strong>di</strong> volume<br />

del combustibile, misurato sul fronte dell’incen<strong>di</strong>o, essendo τ (x, t) la temperatura del<br />

combustibile al tempo t nella posizione x, ed assumendo che il combustibile sia completamente<br />

descritto da un termine costante dato dal prodotto dei valori me<strong>di</strong> della densità del combustibile<br />

ρ e del suo carico superficiale c.<br />

Il termine D in<strong>di</strong>ca il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusività, ovvero il trasporto <strong>di</strong> calore per conduzione o<br />

<strong>di</strong>ffusione, mentre A f (x, R(t)) rappresenta il termine che rappresenta l’irraggiamento dovuto ad<br />

un <strong>elemento</strong> <strong>di</strong> combustibile in posizione x con il fronte delle fiamme in posizione R(t), essendo<br />

t il tempo trascorso dall’accensione, ed assumendo che la posizione del fronte sia funzione del<br />

solo tempo t. <strong>La</strong> costante A è data dal coefficiente <strong>di</strong> assorbimento per irraggiamento del<br />

combustibile (α) e dall’intensità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione della sorgente. Il termine H τ è detto<br />

raffreddamento newtoniano, e considera la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> calore per convezione dovuta alla<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura tra il combustibile e l’aria circostante, dove la costante H è data dal<br />

rapporto tra il volume e l’area esposta (s) ed un coefficiente convettivo.<br />

L’equazione scritta sopra è un’equazione <strong>di</strong>fferenziale alle derivate parziali, lineare del secondo<br />

or<strong>di</strong>ne nelle due variabili x e t e con due funzioni incognite τ(x, t) e R(t).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni al contorno da imporre all’equazione sono:<br />

τ (x ⇒ R(t), t) = τ1<br />

τ (x ⇒ ∞ , t) = 0<br />

R(0) = 0


<strong>La</strong> prima con<strong>di</strong>zione esprime l’assunzione, suggerita da osservazioni sperimentali, che<br />

l’<strong>elemento</strong> riscaldato fino alla temperatura <strong>di</strong> accensione del fuoco è imme<strong>di</strong>atamente raggiunto<br />

dalle fiamme.<br />

Berlad (1971), interpreta matematicamente il problema dell’avanzamento <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o su <strong>di</strong><br />

una superficie combustibile, considerando la propagazione del fuoco in analogia con<br />

l’avanzamento <strong>di</strong> un fronte d’onda. Quest’assunzione è fisicamente corretta e non è in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con le con<strong>di</strong>zioni al contorno riportate sopra.<br />

Assumendo la posizione: τ(x, t) = τ(x - R(t)), è possibile scrivere la seguente equazione:<br />

∂τ • ∂x<br />

+ R = 0<br />

∂t<br />

∂x<br />

(F.32)<br />

Sostituendo la (F.26) nella (F.32) si ottiene<br />

2<br />

∂ τ • ∂τ<br />

D + ρc<br />

R − Hτ+<br />

Af<br />

( x,<br />

R(<br />

t)<br />

) = 0<br />

2<br />

∂x<br />

∂x<br />

(F.33)<br />

In cui si nota che l’unica variabile <strong>di</strong>pendente dal tempo è la R(t), ed è quin<strong>di</strong> possibile trattare<br />

l’equazione come un’or<strong>di</strong>naria equazione <strong>di</strong>fferenziale del secondo or<strong>di</strong>ne.<br />

L’equazione caratteristica, ottenuta sostituendo eλ x nella parte omogenea della (F.33), è:<br />

Dλ2 + ρc R •<br />

λ - H = 0<br />

che fornisce le due ra<strong>di</strong>ci:<br />

• ⎛ ⎞<br />

• ⎜ρc<br />

R ⎟ + 4DH<br />

ρc<br />

R ⎝ ⎠<br />

λ1<br />

= − +<br />

> 0<br />

2D<br />

2D<br />

2<br />

2<br />

• ⎛ ⎞<br />

• ⎜ρc<br />

R ⎟ + 4DH<br />

ρc<br />

R ⎝ ⎠<br />

λ 2 = − −<br />

< 0<br />

2D<br />

2D<br />

<strong>La</strong> soluzione della parte omogenea della (F.33) è data da c1 eλ1x + c2 eλ2x , che può essere<br />

verificata calcolando il wronskiano W(eλ1x , eλ2x ) = (λ2 - λ1) e(λ2 - λ1) x , non nullo per tutti i<br />

valori <strong>di</strong> x.<br />

<strong>La</strong> soluzione generale della (F.33) può essere trovata me<strong>di</strong>ante il metodo <strong>di</strong> variazione dei<br />

parametri, scegliendo come limite inferiore <strong>di</strong> integrazione R(t), si ricava:<br />

⎡<br />

x<br />

⎤ ⎡<br />

x<br />

⎤<br />

λ A<br />

−λ<br />

ε<br />

λ A<br />

1x<br />

1<br />

2x<br />

−λ<br />

2ε<br />

τ( x − R(<br />

t)<br />

) = e ⎢c1<br />

+ ⋅ ⋅ ( ε ) ε⎥<br />

+ ⎢ − ⋅ ⋅ ( ε ) ε⎥<br />

⎢⎣<br />

( λ − λ ) ∫ e f , R(<br />

t)<br />

d e c2<br />

⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

( λ − λ ) ∫ e f , R(<br />

t)<br />

d<br />

2 1 R(<br />

t)<br />

2 1 R(<br />

t)<br />

⎥⎦<br />

<strong>La</strong> prima con<strong>di</strong>zione al contorno (F.29) è sod<strong>di</strong>sfatta dall’equazione:<br />

∞<br />

A −λ1ε<br />

c1<br />

+ e f ( ε,<br />

R(<br />

t)<br />

) dε<br />

= 0<br />

λ − λ ∫<br />

( )<br />

2 1 R(<br />

t)<br />

mentre la con<strong>di</strong>zione τ(0) = τ1 è data da:<br />

⎡<br />

x<br />

−λ1R<br />

( t)<br />

A<br />

−λ1ε<br />

λ2R<br />

( t)<br />

τ1 = −e<br />

⎢ e f ( ε,<br />

R(<br />

t)<br />

) dε⎥<br />

+ c 2e<br />

⎢⎣<br />

( λ 2 − λ1<br />

) ∫<br />

R(<br />

t)<br />

⎥⎦<br />

(F.34)<br />

E’ ora possibile descrivere la soluzione completa per il profilo <strong>di</strong> temperatura:<br />

λ1x<br />

∞<br />

⎡<br />

−(<br />

λ2<br />

−λ1)<br />

R(<br />

t)<br />

x<br />

x<br />

Ae −λ<br />

ε<br />

λ −λ<br />

Ae<br />

−λ<br />

ε<br />

A<br />

1<br />

2x<br />

2R(<br />

t)<br />

1<br />

τ( x −R(<br />

t)<br />

) = − ⋅ ⋅ ( ε ) ε + ⎢τ<br />

+ ⋅ ⋅ ( ε ) ε + ⋅<br />

( λ −λ<br />

) ∫e<br />

f , R(<br />

t)<br />

d e 1e<br />

⎢⎣<br />

( λ −λ<br />

) ∫e<br />

f , R(<br />

t)<br />

d<br />

( λ −λ<br />

) ∫e<br />

2 1 x<br />

2 1 R(<br />

t)<br />

2 1 R(<br />

t)<br />

Quest’espressione presenta un oneroso numero <strong>di</strong> calcoli per essere risolta ed inoltre non è in<br />

grado <strong>di</strong> definire <strong>di</strong>rettamente il grado <strong>di</strong> propagazione del fuoco (ROS), se non dopo avere<br />

imposto ulteriori con<strong>di</strong>zioni cui deve soggiacere il profilo delle temperature.<br />

101<br />

⎤<br />

−λ1ε<br />

⋅f<br />

( ε,<br />

R(<br />

t)<br />

)<br />

⎤<br />

dε⎥<br />

⎥⎦

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