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gennaio - Accademia dei Concordi

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quali le pubblicazioni di Francesco Antonio Bocchi 51 e di Riccardo Schöne 52 ; ma,<br />

soprattutto, esse hanno subito il fascino derivante da una visione diretta, personale,<br />

autoptica del vasellame e <strong>dei</strong> preziosi oggetti esposti al museo di Adria, dove Piva ha<br />

ammirato i frammenti di ceramica attica a figure nere e a figure rosse. È lui stesso a<br />

confermarlo nell’ultima quartina della IV sequenza di Tra l’Àdese e ’l Po 53 :<br />

a mi che ’desso in tel più ciaro giorno<br />

ve vardo in fila drento ’na scansia,<br />

coràli e vasi co’ figure intorno,<br />

reliquie me parì de casa mia.<br />

Comunque tutto questo sta a dimostrare l’intelligenza, la competenza, la serietà<br />

con cui Piva accedeva alla documentazione e sceglieva le sue fonti che dovevano<br />

esser le più scientificamente qualificate e accreditate. La sua Spiega e le annotazioni<br />

storiche alle poesie sono un frutto maturo e una prova riuscita di “libera” sintesi<br />

storica da non relegare sprezzantemente nel campo di una banale divulgazione<br />

oppure, al contrario, di una pedante erudizione. In più esse si pongono in dinamica e<br />

pulsante correlazione con i testi poetici e li completano, li integrano, li arricchiscono,<br />

ne costituiscono un’esegesi e un’amplificazione indispensabile.<br />

Ha ragione Eugenio Ferdinando Palmieri quando recensisce le Cante d’Àdese e<br />

Po: «(…) E nei versi di Piva è tutto il Polesine (…). Il poeta esprime il suo paese e<br />

la sua gente. Libro, perciò, documentario: per la rievocazione di scenari lontani, per<br />

la precisione filologica, per la testimonianza di cose presenti. Passano, nella canora<br />

visione, i miti e le realtà, gli uomini e le opere, la storia e la cronaca (…)» 54 .<br />

Pure Paolo Pezzolo insiste su questa fondante e portante specificità di assodata<br />

attestazione, di valenza storiografica, di commentario non soltanto appiccicato a<br />

latere. Egli parla di «(…) note storico-filologiche da lui [Piva] apposte con cura<br />

alle poesie (un extratesto congegnato come supporto indispensabile alla lettura)». E<br />

ancora: «(…) tale apparato, infatti, è stato progettato dall’autore come un singolare<br />

extratesto, la cui lettura è però concepita come necessaria e, in certo modo, contestuale<br />

alle poesie» 55 .<br />

Formulo un’altra considerazione che si vuole proporre come ulteriore confronto<br />

tra Ghirardini e Piva.<br />

51 Mi limito a richiamare: F.A. BOCCHI, Il Polesine di Rovigo, in Grande Illustrazione del Lombardo-<br />

Veneto, a cura di C. CANTÙ, vol. V, parte II, Editori Corona e Caimi, Milano 1861 (riedizione anastatica,<br />

Atesa Editrice, Bologna 1974), pp. 40-44. Sui vasi attici a f. r. della collezione Bocchi vd. ora WIEL-MARIN,<br />

La ceramica attica a figure rosse di Adria (ivi ricchissima documentazione iconografica e bibliografica).<br />

52 R. SCHÖNE, Le antichità del Museo Bocchi di Adria, Istituto Archeologico Germanico, Roma 1878.<br />

53<br />

PIVA 2000, p. 18, IV, vv. 13-16.<br />

54 E.F. PALMIERI, Poeti, da L’Almanacco del Polesine [Tipografia Spighi, Lendinara 1931], in E.F. PALMIERI,<br />

Tutte le poesie, a cura di A.M. BATTIZOCCO e G.A. CIBOTTO, Marsilio, Venezia 1989, p. 291.<br />

55<br />

PEZZOLO, L’umanesimo di Gino Piva, pp. XIX, XXVII.<br />

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