gennaio - Accademia dei Concordi
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«La varia e preziosa suppellettile del Museo Bocchi di Adria, ci rivela la vicenda del paese<br />
dall’epoca paleo-veneta alle mescolanze con altri popoli, alle importazioni greche; e attesta,<br />
prima di tutto - insistiamo - che Veneti furono i primi abitatori del Polesine. Le suppellettili di<br />
una tomba di Borsea presso Rovigo sono come quelle di Adria e come le altre del materiale<br />
archeologico atestino così da concludersi che i Polesani avevano fratelli veneti non solo ad<br />
Este ma, per altri documenti archeologici, anche nei territori di Verona, Vicenza, Treviso,<br />
Belluno, Udine e nella Valle dell’Isonzo, nelle Alpi Giulie e nell’Istria dove vennero in luce<br />
cimiteri di antichissimi castelli illirici, non dissimili da quelli di Caporetto, S. Lucia, Vermo,<br />
Pizzugbi, Nesazio... ».<br />
Le frasi trovano un significativo parallelo in Ghirardini 43 :<br />
«Che il basso Polesine fosse abitato ab antico dai Veneti, io ho già avuto del resto<br />
occasione di affermare e dimostrare (…), rendendo conto della suppellettile d’una tomba<br />
scoperta intorno all’anno 1716 (…), nel paesello di Borsea, poco discosto da Rovigo. Codesta<br />
suppellettile, serbata nel museo Silvestri, dov’ebbi la fortuna di ritrovarla, è caratteristica per<br />
le analogie, che offre pure col materiale archeologico atestino. (…) La scoperta di Borsea,<br />
nella zona del territorio rodigino, che, estendendosi ad oriente, prosegue e si congiunge con<br />
quello di Adria, avvalora nel modo più deciso l’opinione, che io sostengo, essere stati Veneti<br />
i remoti abitatori del Basso Polesine.<br />
Essi erano fratelli <strong>dei</strong> Veneti di Este, coi quali, confinando a nord-ovest, trovavansi in<br />
immediati rapporti agevolati dalla navigazione fluviale; fratelli di tutti quelli, che nei territori di<br />
Verona, Vicenza, Treviso, Belluno, Udine, lasciarono documento di sé nei numerosi sepolcreti<br />
scoperti in questi ultimi decenni; fratelli finalmente degli abitatori della valle dell’Isonzo,<br />
delle Alpi Giulie e dell’Istria, dove vennero in luce altri cimiteri di antichissimi castelli illirici.<br />
Notissimi quelli di S. Lucia, di Caporetto, di Vermo, de’ Pizzughi, di Nesazio (…)».<br />
Qui interessa avere “sbalzato” le citazioni non virgolettate dal poeta di alcuni<br />
passi “rapiti” al Ghirardini. Per carità, poca cosa rispetto all’insieme delle annotazioni<br />
storiche di Piva e agli incantesimi, ai maghessi, alle facìmole, agli strighessi della<br />
sua poesia.<br />
In merito non deve per nulla essere sottaciuta la formidabile capacità<br />
rielaborativa del poeta polesano: una rielaborazione non di poco conto, se si<br />
“trasfigurano” attraverso una vera e propria forzatura le parole di Ghirardini. A parte<br />
alcuni errori e sviste, di cui non vale la pena qui fare cenno, i materiali etruschi<br />
di Borsea 44 trovavano confronti – ai tempi di Piva – più a Bologna che ad Adria,<br />
perché non era stata messa in luce la necropoli arcaica della città bassopolesana 45 .<br />
Ma soprattutto quando Piva lascia trasparire «il carattere etnico della gente polesana<br />
43 GHIRARDINI 1905, pp. 19, 20.<br />
44 G. GHIRARDINI, Di una scoperta archeologica avvenuta nel Polesine intorno all’anno 1716, in<br />
“Rendiconti della R. <strong>Accademia</strong> <strong>dei</strong> Lincei”, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, vol. I, fasc.<br />
4, 1892, pp. 272-286; Carta archeologica del Veneto, III, p. 158, F. 64, n. 413.1; E. ZERBINATI, Due<br />
scoperte archeologiche nel Settecento e il rinvenimento di Balone, in Balone. Insediamento etrusco, pp.<br />
101-103, 105, 108.<br />
45 GHIRARDINI 1905, p. 28 con nota 4 e p. 44. La necropoli arcaica di VI-V secolo a.C. è stata scoperta a Ca’<br />
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