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gennaio - Accademia dei Concordi

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lingua e alla tradizione italiana, Rovigo non conosceva questo tipo di costruzione<br />

prevalentemente unifamiliare, normalmente isolata e dotata di un giardino<br />

tutt’attorno.<br />

La divisione tra i ceti sociali della nobiltà e ricchi imprenditori e di quelli meno<br />

abbienti quali gli artigiani, gli operai e la piccola burocrazia aveva prodotto per<br />

i primi i palazzi e per i secondi un tessuto edilizio continuo, spesso scarsamente<br />

caratterizzato ma non mai la villa urbana.<br />

E’ la nuova borghesia abbiente costituita da professionisti, piccoli imprenditori<br />

ed esponenti della alta burocrazia che, non potendo aspirare al palazzo, cerca una<br />

residenza che concili il decoro del nuovo ceto sociale con le recenti tendenze di<br />

un’abitazione urbana che abbia i vantaggi della villa, tradizionalmente residenza al<br />

di fuori della città.<br />

Nella declinazione del villino, la casa fu dotata di ampi giardini, la cui parte<br />

retrostante era destinata a orto o brolo. Gli stili architettonici utilizzati per il decoro<br />

di questi particolari edifici sono ripresi dal grande archivio della storia dell’arte<br />

consentendo ad ogni proprietario di scegliere per sé il periodo a lui più congeniale,<br />

come se si trattasse di una personale araldica.<br />

In questi anni operano in città soprattutto gli ingegneri, essendo la figura dell’architetto<br />

considerata troppo particolare e, in ogni caso, destinata solo ad opere monumentali<br />

quali le chiese, gli edifici pubblici rappresentativi, l’edilizia funeraria.<br />

La figura dell’ingegnere aveva il vantaggio di sommare in sé le conoscenze tecniche<br />

per una corretta progettazione ed esecuzione dell’opera, quelle di quantificazione<br />

e controllo <strong>dei</strong> costi ma soprattutto aveva una maggiore duttilità ad appoggiare<br />

le richieste estetiche della committenza che, nel rapporto con questo tipo di<br />

professionista, era raramente messa in difficoltà da defatiganti contrasti su ciò che è<br />

bello e ciò che è giusto.<br />

Va detto che gli ingegneri che operavano nella Rovigo degli anni tra le due guerre<br />

hanno dimostrato con le loro opere una conoscenza perfettamente aggiornata e per<br />

nulla provinciale delle novità tecniche che andavano affacciandosi sullo scenario<br />

dell’edilizia di quei giorni.<br />

I vari ingegneri Silvestri, Stori, Bega, Casellato, Antonio Pavarin e Jorik Gasparetto,<br />

per nominare solo i più noti di quel periodo, attestano con le loro realizzazioni un<br />

livello di conoscenza del disegno edile, dell’ornato, della composizione architettonica<br />

che farebbe certamente invidia a molti architetti contemporanei e che, purtroppo,<br />

non costituisce più il naturale bagaglio della formazione dell’ingegnere civile <strong>dei</strong><br />

nostri giorni.<br />

La ricerca di archivio ha permesso di ritrovare disegni originali ad acquerello (quali<br />

professionisti sono in grado di utilizzare questa tecnica oggi?), a matita, a china,<br />

disegni di prospettive di ambientazione e di studio che danno conto di un livello<br />

professionale molto alto, senz’altro comparabile a quello delle città più ricche e alle<br />

più accreditate correnti architettoniche dell’epoca (foto 3).<br />

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