Leggi - I Cistercensi
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NOTIZIE<br />
CISTERCENSI<br />
LUGLIO - DICEMBRE<br />
1979<br />
ANNO XII<br />
Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV
NOTIZIE CISTERCENSI<br />
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S. GALGANO E SIENA. PRESENZA CISTERCENSE-FEDERI CIANA<br />
IN TOSCANA ALLA META' DEL DUECENTO*<br />
di PAOLA PUGLISI<br />
Il presente intervento si propone di analizzare alcune questioni re-<br />
lative all'esistenza ed all'entità di un rapporto tra il cantiere cistercense<br />
di S. Galgano - e la cultura che in esso si esprime verso la metà del<br />
XIII secolo - ed alcuni fenomeni artistici contemporaneamente emer-<br />
genti nella regione, il più interessante dei quali sotto questo riguardo<br />
(oltre che effettivamente il più prossimo in termini geografici e, pro-<br />
babilmente, cronologici) è senz'altro costituito dalla cattedrale di Sie-<br />
na, e in special modo da alcuni aspetti della sua decorazione plastica.<br />
Prima di affrontare l'argomento tuttavia, mi sembra necessario pro-<br />
cedere all' esposizione, per quanto possibile sintetica, dei risultati di<br />
una recente indagine relativa a S. Galgano.'<br />
Eccezion fatta per i due capitelli e le decorazioni delle finestre<br />
della sala capitolare, e per qualche resto del chiostro, le superstiti or-<br />
namentazioni plastiche degli edifici abbaziali non sono degne di ri-<br />
lievo. Converrà quindi concentrare l'attenzione sulla chiesa, che per-<br />
mette di esaminare in successione le varie tendenze manifestatesi lungo<br />
l'arco di attività del cantiere. La zona più antica è quella del transetto<br />
meridionale, fino al culmine delle arcate del primo piano.<br />
Per omogeneità di caratteri e di materiali la si può ritenere co-<br />
struita in un breve giro di anni, circoscrivibili tra il 1218, data del<br />
* Relazione fatta il 24 febbraio 1979 alla Certosa di Firenze in occasione<br />
di una giornata di studi sui cistercensi nell' ambito della mostra' fatografica<br />
sull'architettura cistercense (25 novembre 1978 - 28 febbraio 1979).<br />
1 P. PUGLISr, La scultura architettonica dell'abbazia cistercense di S. Galgano,<br />
tesi dattiloscritta, Univo di Roma anno ace. 1977-'78. Una breve comunicazione<br />
relativa alla fase preliminare del lavoro è stata pubblicata col<br />
titolo Capitelli dell'abbazia di S. Galgano. in «I <strong>Cistercensi</strong> e il Lazio », Atti<br />
delle giornate di studio dell'Istituto di storia dell'arte dell'Università di Roma<br />
17-21 maggio 1977, Roma 1978, pp. 177-181; per altri risultati del medesimo<br />
studio. cfr. Componenti federiciane in S. Galgano, negli Atti del convegno su<br />
«Federico II e l'arte del Duecento italiano », Roma 15-20 maggio 1978, in corso<br />
di stampa, a cui rimando, oltre che alle note che seguono, per indicazioni di<br />
carattere bibliografico.
114 -<br />
primo documento che testimonia un'attività costruttiva.' e la fine del<br />
terzo decennio del secolo. Preciso che la determinazione della cronologia,<br />
per la fase in esame e le successive, è affidata quasi esclusivamente<br />
ad un'indagine stilistica e tipologica sostenuta per via di confronti;<br />
i risultati così ottenuti vanno sovrapposti, fin dove è possibile,<br />
alle notizie trasmesse dai documenti, in particolari quelli costituenti<br />
il cosiddetto Cartulario dell' Archivio di Stato di Siena; nella<br />
maggior parte dei casi però l'ausilio dei dati documentari ha fornito<br />
un supporto, se non incerto, senz'altro un po' troppo generico. Ciò premesso,<br />
passiamo all'esame dei capitelli più antichi.<br />
I capitelli del transetto sud sono riconducibili ad una forma-base<br />
molto semplice, un solo ordine di rigide foglie nervate, di cui la frontale<br />
più corta, ornate in cima da composizioni di fiorellini, talvolta<br />
da un'unica rosa composta di più dischi lobati concentrici sovrapposti.<br />
Spesso alla base si nota un giro di piccole foglie stilizzate, a rilievo<br />
piatto, raccordate l'una all'altra da un gestone (fig. 1). A volte dalle<br />
nervature delle foglie principali nascono rametti e foglioline più piccole<br />
(fig. 2). Si tratta in sostanza di una struttura di base non estranea<br />
al rigore delle manifestazioni di scultura architettonica cistercense risalenti<br />
al XII secolo, con un preciso riferimento al gruppo provenzale<br />
di Sénanque, Silvacane, Le Thoronet," su cui vengono ad innestar si<br />
forme, come la corona di foglie alla base, o le rose, tratte per lo più<br />
direttamente dal ricco quanto particolarissimo repertorio decorativo<br />
di Casamari, abbazia-madre di S. Galgano; ed è verosimile pensare in<br />
questo momento a maestranze che almeno in parte ne provengano, si<br />
dia credito o meno all'ipotesi che l'ultimo architetto o amministratore<br />
di Casamari ed il primo di S. Galgano siano la stessa persona." Ma è<br />
rilevante anche la denuncia, in qualche caso, di un tentativo di aggiornamento<br />
su soluzioni da tempo manifestatesi in ambito gotico francese<br />
(per es. a Chartres: le nervature che generano rametti)," tentativo con-<br />
2 C. ENLART, L'abbaye de S. Galgano, près Sienne, au XIIIème siècle,<br />
«Mélanges d'archéologie et d'histoire », XI, 1891, p. 211. Per una recente rassegna<br />
critica e bibliografica di alcune fonti documentarie relative a S. Galgano<br />
cfr. P. G. VITI, A proposito di una monografia su S. Galgano, «Notizie <strong>Cistercensi</strong><br />
», X, 1977, 4, pp. 1-28.<br />
3 Cfr. F. CALI, L'Drdre Cistercien, d'après les trois soeurs prouençales,<br />
Sénanque, Silvacane, Le Thoronet, Arthaud 1972, fig. 47.<br />
4 C. ENLART, L'abbaye, p. 212.<br />
5 Cfr. W. SCHLINK, Die Kathedralen Frankreichs, Miìnchen 19,78, fig. p. 107.
(Fig. 2)<br />
S. GALGANO<br />
capitello del transetto meridionale<br />
- 115-<br />
«Fig. 1)<br />
S. GALGANO<br />
capìtello del transetto meridionale
-116 -<br />
temporaneamente riecheggiato almeno in un'altra abbazia cistercense<br />
italiana, S. Martino al Cimino.<br />
Non molto dissonanti con queste scelte iniziali sono i termini di riferimento<br />
tipologico e stilistico deducibili dall' esame della fase successiva,<br />
rappresentata dai capitelli delle semicolonne addossate ai muri<br />
perimetrali della chiesa, e da quelli delle cappelle orientali del transetto<br />
nord: capitelli che, più monotona mente dei precedenti, alternano<br />
due motivi decorativi fondamentali (un giglio rovesciato, o un grappolo<br />
di grossi grani in parte coperto da una foglia) su una struttura a<br />
due ordini di larghe foglie tondeggianti (fig. 3). Il ricambio di motivi<br />
è dovuto certo all'arrivo di nuovi lapicidi, in parte forse ancora provenienti<br />
da Casamari - dove è piuttosto frequente il motivo a giglio,<br />
già borgognone" - ma anche al corrente di soluzioni altrettanti borgognone<br />
di stampo più arcaico, la cui ripresa nel XIII secolo si avvale<br />
eventualmente di forme e proporzioni alquanto mutate: mi riferisco<br />
al grosso grappolo, riscontrabile per es., alla metà del secolo precedente,<br />
a Vézelay," lapicidi comunque di formazione non distante da<br />
quella di altri operanti più o meno contemporaneamente in ambito<br />
cistercense italiano: si veda S. Maria Arabona (fig. 4). L'inizio di questa<br />
seconda campagna di lavori si può supporre - indicativamente -<br />
poco dopo il 1230, e la sua conclusione forse intorno al 1245, data alla<br />
quale si menziona per la prima volta una porta della chiesa, verosimilmente<br />
da identificarsi col portale principale."<br />
Quasi tutti i restanti capitelli possono essere accomunati invece da<br />
riferimenti che si pongono improvvisi ed inediti rispetto alla plastica<br />
del secolo. Non si può parlare di un momento unitario fino all'esaurirsi<br />
6 C. ENLART, Origines irançaises de l'architecture gothique en ltalie,<br />
Paris 1894, p. 291 e fig. 128.<br />
7 Cfr. E. VIOLLET-LE-DUG, Dictionnaire raisonné de l'architecture irançaise,<br />
Paris 1854-1868,VIII, voce 'Sculpture', fig. 47.<br />
8 C'. ENLART, L'abbaye, p. 214; Id., Origines, p. 54; P. PUGLISI, La scultura<br />
architettonica, p. 181 n. 5, in cui prospettavo l'ipotesi (già implicita in<br />
R. WAGNER-RIEGER, Die italienische Baukunst zu Beginn der Gotik, Graz-<br />
Kòln 1956-'57, II, p. 227) che al 1245 la navata, nella sua parte inferiore, si<br />
stendesse già finn alla facciata. Da un esame più approfondito risulta invece<br />
che con ogni probabilità dopo aver iniziato la costruzione della chiesa dal<br />
transetto meridionale, si elevarono i muri perimetrali, e successivamente l'alzato<br />
interno, procedendo dalle due cappelle a sinistra del coro e dal transetto<br />
settentrionale verso la facciata, lungo l'interO' arco di attività del cantiere.
(Fig. 4)<br />
S. MARIA ARABONA,<br />
capitello dell'esterno<br />
della sala capitolare<br />
-117 -<br />
(F'Jg. 3)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello della controfacciata
118 ~<br />
dei lavori, i quali protraendosi per altri quattro decenni almeno comprendono<br />
in realtà un periodico ricambio di maestranze, documentato<br />
dal susseguirsi all'interno del monumento di almeno altre quattro fasi;<br />
tali fasi si staccano una dall'altra per diversa intensità di modulazione<br />
stilistica, ma con variazioni tipologiche quasi sempre di non rilevante<br />
entità, e soprattutto nel senso di uno sviluppo che rimane coerente ai<br />
suoi presupposti." Per non perdere il filo del discorso nell'inoltrarsi in<br />
questioni troppo esclusivamente legate all'evoluzione interna della Bauplastik<br />
di S. Galgano per discuterne in questa sede, mi pare perciò sufficiente<br />
fermarsi in particolare a cogliere il primo manifestarvisi delle<br />
nuove tendenze, cronologicamente circoscrivibile intorno alla metà del<br />
secolo.<br />
Quasi in nessun particolare i nuovi capitelli si rifanno all'arcaizzante<br />
struttura dei precedenti: rimane pressocché invariato il profilo<br />
dell'abaco, ma cambia il tipo di raccordo tra quest'ultimo e la campana;<br />
le foglie, sempre su due ordini, sono più strette e quindi più numerose;<br />
infine, sono del tutto inedite le specifiche forme che esse assumono. Secondo<br />
un criterio tipologico, si possono distinguere quattro soluzioni<br />
principali.<br />
1) Capitelli a foglie nervate, le cui estremità si npiegano in fuori<br />
in un motivo per il quale ho coniato la denominazione a palmetta,<br />
al fine di evidenziarne il fattore non geometrizzante ma<br />
certo generalizzante rispetto a diffuse soluzioni gotiche tendenzialmente<br />
più naturalistiche (fig. 5).<br />
2) Capitelli le cui foglie nervate aderiscono al calato per un breve<br />
tratto e poi se ne distaccano stendendosi verso l'alto (fig. 6).<br />
3) Capitelli a foglie mosse dal vento (fig. 7).<br />
4) Capitelli a farfalla (fig. 8), denominazioni correntemente adottate<br />
per indicare due tipologie di provenienza bizantina.<br />
9 Cfr. la nota precedente. Mi riprometto di pubblicare in forma più dettagliata<br />
quanto concerne il progressivo svolgersi dei lavori. In breve, dalla<br />
metà del secolo, si susseguono nel seguente ordine: a) capitelli bassi del pilastro<br />
occidentale del transetto nord, dei primi cinque pilastri settentrionali da<br />
est, dei pilastri meridionali terzo e quarto da est; b) capitelli a1ti del coro,<br />
del transetto e delle prime tre coppie di pilastri da est ; c) capitelli bassi degli<br />
ultimi tre pilastri settentrionali da est; d) capitelli bassi degli ultimi quattro<br />
pilastri meridionali da est e capitelli alti delle ultime cinque coppie di pilastri<br />
da est.
(Fig. 6)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello della navata<br />
- 119-<br />
(Fig. 5)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello della navata
(Fig. 7)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello della navata<br />
-120 -<br />
(tFig. 8)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello della navata
- 121-<br />
Eccettuato qualche esempio tedesco su cui avrò modo di tornare,<br />
per queste forme non ho trovato alcun riscontro in abbazie cistercensi<br />
se non - limitatamente alla palmetta e a livello di citazione quasi incidentale<br />
- nella chiesa di S. Martino al Cimino; ancor più decisamente<br />
estranee esse risultano all'ambiente toscano fino al momento in cui<br />
le si incontrano nella nostra abbazia: non siamo quindi di fronte ad un<br />
fenomeno semplicemente spiegabile come una sorta di attrazione nei<br />
confronti dei mezzi espressivi locali, subita dai monaci costruttori nel<br />
corso della stabilizzazione del loro insediamento. Si tratta bensì del cosciente<br />
attingere ad una cultura la cui relazione con l'Ordine è stata<br />
più spesso esaminata sotto il profilo dell'apporto ad essa recato dai<br />
<strong>Cistercensi</strong>: quella fiorita nell'Italia meridionale durante il regno di<br />
Federico IJ.1°<br />
Capitelli a palmette, a foglie protese verso l'alto, mosse dal vento<br />
e a farfalla, in formulazioni stilisticamente rapportabili a quelle di S.<br />
Galgano, costituiscono infatti, insieme a non molte altre soluzioni, gli<br />
elementi costitutivi del linguaggio plastico architettonico che risulta<br />
applicato alle maggiori imprese costruttive promosse dall'Imperatore.<br />
Gli esempi più prossimi a S. Galgano sono reperibili a Castel del Monte,<br />
nei capitelli delle sale del piano terreno, dove coesistono - spesso nel<br />
medesimo capitello, come pure nell'abbazia toscana - le foglie protese<br />
verso l'alto e quelle a palmetta" (fig. 9). Le analogie - struttura e<br />
proporzioni del capitello, sagoma e modulazione plastica delle palmette<br />
nervature rese in negativo con un incavo graduato e morbido, spessore<br />
e carnosità delle foglie, e infine angolo d'inclinazione di quelle protese<br />
verso l'alto - sono tali da far pensare quasi ad una medesima mano,<br />
e senza ombra di dubbio ad un effettivo e diretto rapporto tra i due<br />
monumenti. Capitelli a palmette di stile analogo o più ricercato (su cui<br />
tornerò a discutere), e a foglie mosse dal cento non precisamente sovrapponibili<br />
a quelle di S. Galgano, sono presenti a Castel Lagopesole;12la<br />
plastica di Castel Ursino si presta a qualche confronto sul piano<br />
tipologico; alcune soluzioni di Castel Maniace, così come di una delle<br />
sale superiori di Castel del Monte, i cui riflessi non è dato di ritrovare<br />
lO Cfr. P. PUGLISI, Componenti federiciane.<br />
11 Cfr. A. CADEI, Fossanova e Castel del Monte, in corso di stampa, in «Federico<br />
II e l'arte del Duecento italiano ».<br />
12 Cfr. M. RIGHETTI, La scultura di Lag opeso le, in corso di stampa in<br />
«Federico II e l'arte del Duecento italiano ».
- 122-<br />
(FLg. 9)<br />
CASTEL<br />
DEL MONTE,<br />
capitello<br />
del pianterreno<br />
a S. Galgano, riecheggiano tuttavia in Toscana dal portale del Castello<br />
di Prato.<br />
L'analisi delle forme esclusivamente vegetali di S. Galgano, e il riconoscimento<br />
della loro sostanziale affinità con soluzioni federiciane<br />
- prospettabile, a causa di una precedenza cronologica sia pure esigua,<br />
esclusivamente nei termini di un influsso che va dal meridione alla Toscana<br />
13 - permette di estendere immediatamente la constatazione di<br />
tale carattere di referenza meridionale alla plastica della cattedrale di<br />
Siena, più precisamente ai capitelli delle navate anteriori e dell'area<br />
sottostante la cupola. I capitelli senesi, in stridente contrasto con quelli<br />
di S. Galgano, il cui programma decorativo è quasi del tutto aniconico,<br />
ostentano una ricchezza figurativa che pone in secondo piano le forme<br />
vegetali, le cui proporzioni si riducono o si estendono, di volta in volta,<br />
per fungere da proscenio e da quinta. Da soluzioni semplici e geometrizzanti,<br />
sull'orlo della rozzezza esecutiva, in cui è dato però di<br />
distinguere la tipologia a palmette (fig. lO) e di rapportarla con una<br />
certa puntualità ad esempi federiciani anch'essi non del tutto felici,<br />
come alcuni capitelli di Castel Ursino; ad altre in cui la palmetta è<br />
alquanto più vicina alla versione in cui l'abbiamo conosciuta; si passa<br />
13 A rigore, la più antica manifestazione a me nota di tre su quattro delle<br />
tipologie suddette (foglie a palmetta, protese verso l'alto e a farfalla) è costituita<br />
in ambito federiciano dai due noti capitelli presumibilmente provenienti<br />
da Troia e datati prima del 1229: cfr. P. PUGLISI, Componenti iedericiane.
(Fig. io:<br />
SIENA, duomo,<br />
capitello<br />
della navata<br />
- 123-<br />
ad accenti raffinati nella leggera torsione impressa alle foglie protese<br />
verso l'alto (fig. 11), e infine a toni più sostenuti, in cui la fermezza<br />
plastica della corona di foglie mosse dal vento o a farfalla entra in sintonia<br />
con la complessità di articolazione e con l'accentuazione in senso<br />
drammatico delle figurazioni sovrastanti, in un complesso che denuncia<br />
a prima vista una notevole discontinuità stilistica, tendente solo gradualmente<br />
a riassorbirsi dopo la prima impressione.<br />
La forza di coesione dell'insieme consiste però in una continuamente<br />
rinnovabile capacità di rimando all'area meridionale, che regge<br />
anche di fronte al primo manifestarsi, tra gli elementi figurativi, di caratteri<br />
giovannei, almeno finché essi non risultano troppo scoperti. In<br />
primo luogo, la monumentalità con cui gli elementi figurativi s'inserisco-<br />
SIENA, duomo,<br />
capitello<br />
della navata
124 -<br />
no nella struttura del capitello - pur con differenti capacità di intuizione<br />
spaziale" - mi pare un dato che precedenti romanici toscani<br />
come quelli (citando un caso che è stato messo in rapporto con Siena)<br />
di Monsano," non bastano a spiegare, e che oltretutto non si presenterà<br />
più nel tipo di capitello fogliato con inserti figurativi la cui formulazione<br />
duecentesca toscana si deve essenzialmente ai Pisano: basti pensare<br />
alla differente misura con cui piccole teste s'innestano in funzione<br />
di crochets in alcuni capitelli del pulpito di Siena o della loggia del<br />
battistero di Pisa; se in qualche successiva opera toscana trapassa questa<br />
monumentalità, è piuttosto nella sequenza di busti alla ricaduta degli<br />
archetti di tale loggia pisana, per i quali in uno studio relativamente<br />
recente" viene indicata la possibilità di un precedente nella Porta di<br />
Capua - e in qualche capitello senese è addirittura prefigurata la loro<br />
impostazione di Schulterbiisten, poco articolati e troncati subito sotto<br />
le spalle (fig. 12). Tale larghezza d'impostazione si fonde con il fattore<br />
stilistico nel rifacimento ad esempi meridionali, quali potrebbero essere,<br />
a titolo indicativo, la Capua Fidelis, o la classicheggiante testina femminile<br />
rinvenuta a Priverno," o alcune delle mensole del fianco destro<br />
(Fig. 12)<br />
SIENA, duomo,<br />
capitello<br />
della navata<br />
(foto 'Lornlbardd)<br />
14 Evidenziate da A. M. ROMANINI. Amolfo di Cambio e lo ' stil novo ' del<br />
gotico italiano, Milano 1969, pp. 147-148.<br />
15 V. LUSINI, Il duomo di Siena, Siena 1911, I, pp. 52-55.<br />
16 A. KOSEGARTEN, Die Skulpiuren der Pisani am Baptisterium vcm Pisa,<br />
«Jahrbuch der Berliner Museen », X, 1968, p. 39.<br />
17 A. KOSEGARTEN, Die Skulpturen, fig. 48.
-125 -<br />
del duomo di Ruvo. Si noti, nei capitelli senesi, la vicinanza ai pezzi<br />
suddetti nell'effetto stereometrico della testa, pur nel suo rapportarsi al<br />
piano di fondo, nella delicata modulazione del volume sferico del volto,<br />
in particolare nel mento, all'innesto sul collo cilindrico, o nel taglio<br />
della bocca carnosa e socchiusa. Limite alla validità di tali affermazioni<br />
è ad ogni modo, per ora, l'impossibilità di condurne una verifica esauriente<br />
sull'intero complesso plastico, verifica che presupporrebbe una<br />
campagna fotografica a tappeto, per quel che ne so ancora non realizzata.<br />
I termini della questione critica relativa ai capitelli senesi sono presto<br />
riassunti: eccettuati Enlart, che si limitava a rilevarne una componente<br />
classicheggiante," e Lusini che, forse tradito dalla convinzione<br />
di una data molto alta per l'intero complesso architettonico, ne fraintendeva<br />
il linguaggio decorativo, inserendolo senza soluzione di continuità<br />
nella tradizione tardo-romanica toscana di accento clunyacense," gli<br />
altri contributi critici si sono mossi uniformemente nell'ambito del riconoscimento,<br />
quasi scontato, di inflessioni riconducibili in generale<br />
alla scultura dei Pisano;" e in quest'ambito le questioni sollevate, su<br />
cui non intendo soffermarmi più di quanto il discorso lo richiederà,<br />
sono state quasi esclusivamente di carattere attributivo; soltanto Renate<br />
Wagner-Rieger, con un riferimento a Castel del Monte, introduceva in<br />
termini diretti la relazione con l'Italia meridionale." Ma pende in particolare<br />
su alcuni dei capitelli senesi un'attribuzione ad Arnolfo che<br />
per il modo in cui fu introdotta, a suo tempo, da Enzo Carli, entra direttamente<br />
nel merito del rapporto con S. Galgano, proponendo Arnol-<br />
18 C. ENLART, Origines, p. 159.<br />
19 Cfr. n. 14.<br />
20 L B. SUPINO, Arte pisana, Firenze 1904, p. 100; A. VENTURI, Storia<br />
dell'arie italiana, IV, Milano 1904, pp. 187-189; G. SWARZENSKI, Rec. a L B.<br />
SUPINO, «Repertorium ftìr Kunstwissenschaft », 1905, p. 169; P. TOESC'A,<br />
Il Medioevo, II, 1913-'27, rist. Torino 1965, p. 702 n. 12; M. SALMI, L'architettura<br />
romanica in Toscana, Milano 1927, p. 53 n. 59; Id., La scultura romanica<br />
in Toscana, Firenze 1928, p. 27; H. KELLER, Die Bauplastik des sieneser Domes,<br />
e Kunstgeschichtliches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana », I, 1937, p. 142, W.<br />
PAATZ, Werden und Wesen der Trecento-Architektur in Toskana, Burg b. M.<br />
1937, p. 30; G. NICCO-FASOLA, Induzioni su Nicola Pisano architetto, «L'arte<br />
», NS, IX, 1938, 4, p. 331; Id., Nicola Pisano, Roma 1941, pp. 170-171; A. KO-<br />
SEGARTEN, Die Skulpturen, pp. 97-98; A. M. ROMANINI, Amolfo di Cambio,<br />
pp. 147-148.<br />
21 R. WAGNER-RIEGER, Die italienische Baukunst, II, p. 207.
- 126-<br />
fo come mediatore tra la plastica dell'abbazia e quella della cattedrale,<br />
cosicché questa avrebbe piuttosto passivamente assorbito i caratteri<br />
«monastici» di quella;" Relativamente alla scultura architettonica, la<br />
tesi del Carli raccoglieva così, consapevolmente o meno, l'eredità dell'affermazione<br />
di Enlart secondo cui la chiesa cistercense sarebbe stata<br />
il modello della cattedrale, e questo, paradossalmente, nonostante allo<br />
stesso Carli si debba - pur insieme alla proposta di una terminazione<br />
rettilinea per l'antico coro senese - l'affermazione dell'indipendenza<br />
della fabbrica del duomo da quella dell'abbazia."<br />
Ma contentiamoci di mettere a fuoco ciò che riguarda la scultura;<br />
la questione di un eventuale rapporto tra i due edifici sotto il profilo<br />
architettonico - che in sostanza si riduce alla possibilità o meno di far<br />
derivare da un lessico cistercense l'ipotizzato coro a terminazione rettilinea<br />
e il tipo di pilastro composito senesi - può rimanere sullo sfondo,<br />
perché in ogni caso in tal senso alla metà del secolo i giochi erano fatti;<br />
e d'altronde ai nostri fini immediati il riconoscimento di precedenti interferenze<br />
tra i due cantieri avrebbe un peso relativamente trascurabile.<br />
Svincolata dal sospetto dell'ossequio ad un prototipo cistercense è invece<br />
la questione del ballatoio che corre all'interno della navata;" e la<br />
tralasceremo per un motivo opposto, dal momento che a causa della<br />
sua stretta connessione al momento plastico un chiarimento rispetto a<br />
quest'ultimo si pone in qualche modo come preliminare ad un'eventuale<br />
riapertura del problema.<br />
Torniamo dunque ai capitelli. Di fronte al profilato rapporto con<br />
l'ambiente federiciano, la qualificazione della scultura di S. Galgano e,<br />
di riflesso, di Siena, come monastica, introdotta dal Carli - e già in<br />
sé lievemente ambigua - accusa più che mai a mio parere il bisogno<br />
22 E. CARLI, La giovinezza di Arnoiio di Cambio, Pisa 1936. li saggio generò<br />
una polemica col De Francovich, per rispondere al quale Carli in un<br />
sucessivo articolo precisò le sue idee, sostanzialmente confermandole: cfr.<br />
G. DE FRANCOVICH. Studi recenti sulla scultura gotica toscana: ArnO'lfO'di<br />
Cambio, «Le arti », II, 1939-'40, pp. 236-251; E. CARLI, Codicillo arnO'lfiano,<br />
«Le arti », III, 1940-'41, pp. 186-192.<br />
23 E. GARLI, Vetrata duccesca, Firenze 1946, pp. 55-56.<br />
21 Cfr. W. KROENIG, Toskana und Apulien. Beitrage zum Problemkreis der<br />
Herkunit. des Nicola Pisano, «Zeitschrift fiir Kunstgeschichte », XVI, 19'53,<br />
pp. 101-104, e R. WAGNER-RIEGER, Siena und Ruvo. Ein Beitrag zur Bauqeschichte<br />
der beuien Dome, «Festschrift fiir Prof. Dr. J. Anselm Wissenhafer »,<br />
s. L, 1954.
- 127-<br />
di una verifica. In quali termini si pone dunque questa affinità S. Galgano-Siena-Italia<br />
meridionale? Più precisamente, si deve pensare ad<br />
una derivazione parallela e indipendente della plastica del duomo e<br />
di quella dell'abbazia dagli stessi (o da diversi) modelli meridionali;<br />
oppure ad una mediazione esercitata da uno dei due monumenti toscani<br />
rispetto all'altro; o magari ad un tramite esterno, che abbia svolto una<br />
funzione mediatrice nei confronti di entrambi? In quale momento ed<br />
in quale misura inoltre interviene - se interviene - in questo processo<br />
una componente qualificabile come monastica? Il problema non è<br />
del tutto fine a se stesso, visto che investe direttamente la possibilità<br />
di articolare con una certa approssimazione modi e tempi del vasto<br />
movimento di riflusso verso la Toscana che impegna la cultura artistica<br />
federiciana una volta esauritesi le condizioni storiche che ne avevano<br />
determinato il fiorire nell'Italia meridionale.<br />
In riferimento ai quesiti su formulati, la prima ipotesi - quella di<br />
una non-interferenza reciproca - è senz'altro la più improbabile. Per<br />
quanto rapporti tra la fabbrica di Siena e i <strong>Cistercensi</strong> di S. Galgano<br />
(questi ultimi, con ogni probabilità, in qualità di amministratori dell'Opera<br />
senese) siano documentati soltanto a partire dal 1259,25 non si<br />
può certo credere che prima di questa data i due cantieri si ignorassero;<br />
e che i precedenti cui si fa riferimento - pur con uno spirito<br />
così diverso - siano gli stessi, è provato dall'identità tipologica del<br />
fogliame dei capitelli. La seconda ipotesi ha attirato per più versi la<br />
mia attenzione, sembrandomi in un primo tempo possibile che il monumento<br />
senese - di cui almeno alcune volte, come testimonia un documento<br />
interpretato unanimemente, venivano chiuse nel 1259-'6026 -<br />
avesse attratto alquanto prima di questa data maestranze aggiornate<br />
sulla situazione federiciana, che avrebbe potuto in seguito spostarsi a<br />
S. Galgano. Era istintivo propendere per questa soluzione, soprattutto<br />
riguardando al forte stacco, in S. Galgano stessa, tra la scultura di accento<br />
meridionale e quella che l'aveva preceduta nel tempo, mentre,<br />
tentando un riferimento ad ambito cistercense, italiano ed europeo, non<br />
era possibile, come si è visto, reperire esaurienti riscontri per le tipologie<br />
ultimamente sopraggiuntevi. Inoltre l'intonazione essenzialmente<br />
aniconica della plastica dell'abbazia, per quanto assai più prossima in<br />
25 G. MILANESI, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854,<br />
Nr. 3.<br />
26 G. MILANESI, Documenti, I, Nr. 5, 6, 7.
-128 -<br />
questo ai modelli federiciani che non la scultura del duomo, poteva<br />
prestarsi ad essere interpretata nel senso di una programmatica operazione<br />
di depauperamento rispetto all'accezione esuberantemente figurativa<br />
attuatane a Siena.<br />
Ma il complesso plastico senese non sostiene che parzialmente il<br />
peso di una datazione troppo alta, effettivamente inadeguata di fronte<br />
ad alcuni brani la cui intensità drammatica è difficilmente separabile<br />
dal nome di Giovanni, se pure di un giovane Giovanni; ed è vero che a<br />
qualche capitello va stretta, per così dire, la datazione entro il 1260;<br />
in alcuni di questi casi oltre tutto il fogliame mostra di svincolarsi progressivamente<br />
dalle tipologie federiciane, in assonanza con soluzioni riscontrabili<br />
in S. Galgano negli anni settanta, e nello stile assumono maggior<br />
rilievo certi valori tattili che preludono in parte al senso pesante<br />
dell'ornato di quella che sarà, se non è del tutto improprio chiamarla<br />
così, la scultura architettonica dei pulpiti di Giovanni. L'esistenza di<br />
una datazione tarda - globale o parziale - non è d'altronde nuova<br />
alle vicende critiche dei capitelli senesi, e qui non posso che limitarmi<br />
a segnalare l'oggettivo imbarazzo che essa provoca (beninteso, nell'accezione<br />
parziale) a confronto con i dati documentari, ripromettendomi,<br />
se sarà possibile, di affrontare la questione in futuro.<br />
D'altra parte, è altrettanto impossibile dimostrare un'eventuale precedenza<br />
di S. Galgano su Siena. I documenti ci vengono solo relativamente<br />
in aiuto: a parte la menzione della porta della chiesa nel 1245,<br />
da un testamento del 1255 si desume che a quella data era compiuta,<br />
probabilmente da tempo, la sala capitolare;" ma la scultura di quest'ultima<br />
si allinea sulle posizioni della plastica più antica della chiesa,<br />
distinguendosene semmai per un'inflessione più rozza." Piuttosto,<br />
nel 1256, e poi nel 1261, viene menzionato il chiostro," tra gli scar-<br />
SI'SSlmlresti del quale alcuni capitelli denunciano l'avvenuto impatto<br />
con le nuove tipologie, in uno stile anch'esso all'altezza, come nella<br />
chiesa, dei modelli meridionali. Non tutti i numerosi capitelli del chiostro<br />
dovevano essere di questo tipo, perché qualcuno dei superstiti fa<br />
27 C. ENLART, L'abbaye, p. 214; Id., Origine s, p. 13.<br />
28 TI confronto più stringente per i capitelli e le basi ottagone delle due<br />
colonne della sala capitolare è quello con gli analoghi elementi delle bifore<br />
del chiostro di Le Thoronet (cfr. n. 3); cfr. anche P. PUGLISI, Capitelli, pr. 181<br />
n. 3.<br />
29 C. ENLART, L'abbaye, p. 214.
-129 -<br />
riferimento anche alle fasi precedenti; ma si può ben credere che il<br />
chiostro venisse iniziato subito dopo il compimento del muro meridionale<br />
della chiesa, cui si appoggiava, e che al 1256 fosse ormai a buon<br />
punto; tale data costituirebbe così un abbastanza solido termine ante<br />
quem per l'accoglimento di influssi federiciani nell'abbazia.<br />
Quindi tutto ciò che è possibile constatare, senza sconfinare nel<br />
campo delle illazioni, è che ad una data che si desume, per S. Galgano,<br />
dallo svolgersi delle varie fasi scultoree nonché da queste ultime considerazioni;<br />
e per Siena, dal fatto che al 1259-'60 si chiudevano le volte;<br />
e che si può fissare perciò, con un certo margine di approssimazione,<br />
intorno alla metà del secolo per entrambi gli edifici, la plastica di<br />
questi assume accenti meridionali precedentemente inediti in Toscana.<br />
In questa prospettiva, mi pare che la tesi di un'educazione di Arnolfo<br />
nel cantiere di S. Galgano, e di una sua successiva mediazione<br />
nei confronti di Siena, non trovi, a diretto confronto con i monumenti,<br />
una reale possibilità di applicazione. Non soltanto dai dati in nostro<br />
possesso non si ricava con chiarezza quello scarto cronologico, sia pure<br />
minimo, indispensabile per avvalorare una simile ipotesi; ma bisogna<br />
anche considerare che agli innegabili accenti arnolfiani di alcuni dei<br />
capitelli del duomo non corrisponde nulla di altrettanto esplicito all'interno<br />
della plastica dell'abbazia; e un capitello cui Cadi si riferiva<br />
espressamente non tanto per notarvi tracce arnolfiane, quanto per fornire<br />
in un certo senso le coordinate della presunta educazione monastica<br />
di Arnolfo'" - dopo lo studio dell'intero complesso ha trovato<br />
il suo posto in un momento tardo, all'incirca negli anni settanta.<br />
Ma prima di prospettare altre soluzioni, e in particolare prima di<br />
tentare l'individuazione di un qualunque trait-d'union tra meridione<br />
e Toscana, che correrebbe ancora il rischio di rappresentare una tardiva<br />
ed estrinseca giustificazione al fenomeno, tentiamo un ulteriore esame<br />
delle forme di scultura architettonica su cui è imperniata la questione,<br />
facendo ritorno per un momento al loro primo manifestarsi, nei<br />
castelli federiciani. Si consideri prima di tutto che l'elaborazione di<br />
tali forme implicava la ripresa in blocco di motivi di ascendenza piuttosto<br />
eterogenea: per i capitelli a foglie mosse dal vento e a farfalla<br />
i precedenti più prossimi sono nell'ambiente del cosiddetto classicismo<br />
30 E. CARLI, Codicillo, p. 190; il capitello in questione è riprodotto in G.<br />
AMANTE-A. MARTINI, L'abbazia di S. Galgano, un insediamento cistercense<br />
nel territorio senese, Firenze 1969, fig. 25.
_ 130 _.<br />
campano, a cavallo tra XII e XIII secolo," ma _ limitatamente al tipo<br />
a farfalla - non è da sottovalutarne la presenza in un folto gruppo<br />
di chiese tedesche cistercensi o comunque dovute a maestranze dell'Ordine:<br />
32 l'esempio che propongo si riferisce ad Otterberg (fig. 13) e,<br />
pur nell'adozione di un linguaggio stilistico assai diverso, il suo confronto<br />
con uno dei nostri capitelli (nel caso specifico, del duomo di<br />
Siena) (fig. 14) mi pare non privo di suggestione. Per i capitelli a fo-<br />
glie protese verso l'alto, quello che a quanto mi risulta potrebbe essere<br />
il loro primo apparire si coglie in alcuni capitelli borgognoni, in particolare<br />
della cattedrale di Langres; e credo che l'episodio non abbia<br />
seguito, fino alla ripresa e rielaborazione del motivo nell'Italia meridìonale."<br />
Quanto ai capitelli a palmette, accenno solo rapidamente all'ipotesi,<br />
da me prospettata più estesamente in altra sede, di un'elaborazione<br />
di questa tipologia con il concorso di una soluzione decorativa<br />
- appunto la palmetta - già largamente sperimentata nella statuaria<br />
monumentale d'oltralpe, e ultimamente dalla cosiddetta officina<br />
più recente che opera nel duomo di Bamberga, quale elemento ornamentale<br />
applicato alle corone."<br />
Richiamo l'attenzione sul fatto che la ripresa - o l'elaborazione<br />
ex novo - di tali tipologie si configura come loro improvviso assurgere<br />
in sintonia di accenti stilistici, a forme decorative preferenziali di un<br />
omogeneo complesso di monumenti (i su menzionati castelli federiciani)<br />
nella cui architettura è stata da tempo riconosciuta una fondamentale<br />
componente cistercense, da intendersi, come appare sempre più<br />
31 Per es. i capitelli degli amboni di Cava dei Tirreni, Ravello, Salerno,<br />
o il candelabro pasquale di Capua (per un contributo recente al riguardo<br />
rimando a V. PACE, Aspetti della scultura in Campania, in corso di stampa<br />
in «Federico II e l'arte del Duecento italiano»).<br />
32 Ebrach (cappella di S. Michele), Otterberg, Maullbronn, Heinrichau, ed<br />
altre: cfr. E. HAUSEN, Otterberq, Kaiserslautern 1936, figg. 57 e 58; H. P.<br />
EYDOUX, L'orchiteciure des eçlises cisterciennes d'Allemagne, Paris 1952, e<br />
A. SCHNEIDER, Vie Cistercienser, Geschichte. Geist. Kunst, K6ln 1974.<br />
33 Cfr. W. SCHLINK, Zwischen Clunu und Clairvaux. Die Kathedrale von<br />
Langres und die burgundische Architektur des 12. Jahrhunderts, Berlin 1970, fig.<br />
63. Ma un precoce esempio in ambito cistercense, 'se ci si riferisce esclusivamente<br />
alla tìpologia, potrebbe già riscontrarsi nella chiesa di Fiastra: cfr. A. CADEI,<br />
Chiaravalle di Fiastra, «Storia dell'arte », 1978, 34, pp. 247-248, fig. 47.<br />
34 P. PUGLISI, Componenti iedericiane.
(Fig. 14)<br />
SIENA, duomo,<br />
capitello della navata<br />
(foto Lombardi)<br />
- 131-<br />
(Fig. 13)<br />
OTTERBERG,<br />
capitello della navata<br />
laterale nord
132 -<br />
chiaro, nei termini di una presenza effettiva sul cantiere, spesso apertamente<br />
denunciata proprio dalla scultura architettonica; ci si può riferire,<br />
per un esempio, ai rapporti intercorsi tra il cantiere di Fossanova<br />
e quello di Castel del Monte, analizzati di recente da Antonio Cadei."<br />
Non sarà quindi troppo azzardato supporre che il nuovo repertorio<br />
di scultura architettonica, che si manifesta nell'Italia meridionale fra<br />
quarto e quinto decennio del XIII secolo, venga introdotto essenzialmente<br />
ad opera di maestranze dell'Ordine, dietro diretta sollecitazione<br />
dell'edilizia federiciana; tanto più che i possibili precedenti sul piano<br />
tipologico sono almeno in parte riferibili ad ambienti non estranei alla<br />
cultura architettonico-plastico dell'Ordine: sia che il riferimento sia<br />
diretto, come è per le chiese cistercensi tedesche, o mediato, nel caso<br />
della Borgogna cui tanto deve il repertorio formale cistercense, o in<br />
quello di Bamberga sul cantiere della quale intervengono con ogni<br />
probabilità maestranze di Ebrach."<br />
Tornando ora al rapporto tra S. Galgano e il duomo di Siena, si<br />
noterà che voluta mente non si è fin qui fatto cenno all'ultima delle eventualità<br />
su prospettate, quella di una mediazione in un certo senso esterna<br />
ai due monumenti; e di fatto, nel riconoscimento del particolare carattere<br />
delle forme in esame, che mi è parso di poter definire cistercense-iedericiano<br />
- non per il gusto di etichettare il fenomeno, congelandolo<br />
nell'incontro delle sue componenti più in vista, quanto per la<br />
concreta necessità di evidenziarne un aspetto finora misconosciuto a<br />
livello di scultura architettonica - in tale riconoscimento, dicevo, si<br />
risolve e si supera, al tempo stesso, la necessità di individuare una mediazione<br />
tra meridione e Toscana, risultando infatti non più estrinseca<br />
almeno ad uno dei due monumenti, l'abbazia, la natura della Bauplastik,<br />
cistercense-federi ciana appunto, che vi si manifesta intorno alla<br />
metà del secolo. Si ritorna quindi, in un certo senso, al concetto di una<br />
scultura monastica; ma nel caso specifico, direttamente commisurata<br />
alla sua capacità di affermarsi al di fuori del chiostro, riflettendo in<br />
questo uno degli aspetti più vitali della presenza cistercense nel Duecento<br />
italiano: si pensi, in parallelo, alle vicende dei cantieri di Casamari<br />
e Fossanova, o ai risultati dell'indagine sistematica condotta su<br />
35 A. CADEI, Fossanova.<br />
36 Cfr. W. WIEMER, Die Baugeschichte und Bauhutte der Ebracher Abteikirche<br />
1200 bis 1285, «Jahrbuch fiir fdinkische Landesforschung », XVII, 1957,<br />
p. 1 s'S.
133 -<br />
Ferentino, e presentata due anni fa al convegno su «I <strong>Cistercensi</strong> e<br />
il Lazio ».37<br />
Nel nostro caso, la situazione è come rovesciata, il confronto extra<br />
claustrum sembra addirittura precedere il vero e proprio insediamento;<br />
ma vi si può riconoscere lo stesso atteggiamento di fondo, portato alle<br />
conseguenze; e sia pure in seguito ad una precisa richiesta da parte<br />
imperiale."<br />
Pur delimitato il problema nei termini su esposti però, non ho<br />
potuto esimermi dal ripercorrere ugualmente quel sentiero obbligato<br />
che conduce a Nicola Pisano, e alla vexata quaestio di una sua eventuale<br />
funzione di mediatore tra meridione e Toscana; anche caduta,<br />
a rigore, la necessità di individuare il fatale tramite, il nesso con Nicola<br />
continua infatti a imporsi per forza propria.<br />
I capitelli dei pulpiti nicoliani sono fin troppo noti, né del tutto<br />
inedito è il loro collegamento, da una parte con la plastica di S. Galgano<br />
e dall'altra con qualche manifestazione di ambiente federiciano,<br />
sebbene non mi risulti che esso sia stato mai verificato sistematicamente<br />
e in forma di confronti dettagliati sull'intero corpus dell' opera nico-<br />
Iìana."<br />
Da una ricerca finalizzata in questo senso risulta un uso costante e<br />
pressoché esclusivo, da parte di Nicola, di capitelli di tipo cistercensefedericiano.<br />
A quelli a palmette, a foglie protese verso l'alto, mosse<br />
dal vento e a farfalla, si aggiunge una soluzione a foglie rammentanti<br />
in qualche modo l'acanto, che si distinguono per adagiarsi su un supporto<br />
liscio, il cui spessore rimane in vista: soluzione cui mi riferivo<br />
37 Gli interventi relativi a Ferentino sono ancora in corso di stampa.<br />
38 Citato fino alla nausea, ma pur sempre uno dei più validi appigli documentari<br />
per chi si accinga a sostenere tesi di questo genere, è il ben noto documento<br />
del 1224, attestante che conversi dell'Ordine erano regolarmente al<br />
servizio di Federico II in qualità di costruttori: Ignoti monaci cistercensi<br />
Sanctae Mariae de Ferraria Chronica, ed. Ad GAUDENZI, in «Monumenti Storici<br />
della Società Napoletana di Storia Patria », Napoli 1888, p. 88.<br />
39 TI primo collegamento con S. Galgano è di C. ENLART, Origines, p. 55;<br />
recentemente, M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe der sieneser Domkanzel,<br />
«Milnchner Jahrbuch der bildenden Kunst », XXI, 1970, pp. 53 ss.: il riferimento<br />
all'ambiente federiciano risale naturalmente a E. BERTAUX, L'art dans<br />
l'Italie méridionale, Paris 1904, V, pp. 795 S8.; rimando infine a J. POESCHKE,<br />
Die sieneser Domkanzel des Nicola Pisano, Berlin-New York 1973. pp. 71-72.
-134 -<br />
accennando a Castel Maniace e ad una delle sale superiori di Castel<br />
del Monte, nonché al superstite portale del Castello di Prato." Anche<br />
i capitellini a due ordini di foglie lisce sormontati da uno di volute, relativi<br />
ai fasci di colonnette tra una lastra e l'altra del pulpito di Pisa,<br />
per quanto non manchino di precedenti in ambito romanico toscano,<br />
rispecchiano una soluzione presente nelle sale del pianterreno di Castel<br />
del Monte (e non era sfuggito a Emile Bertaux)."<br />
Sulla base di alcuni confronti tra l'altro, ho ritenuto di poter rico-<br />
noscere un intervento diretto di Nicola in S. Galgano: forse già in<br />
qualcuno dei capitelli bassi, ma sicuramente in almeno due di quelli<br />
alti del transetto." oltretutto nulla esclude che tali capitelli, cronologicamente<br />
prossimi al pulpito senese, venissero scolpiti non in S. Galgano<br />
ma a Siena stessa.<br />
La necessità impostasi al mio studio, di privilegiare la messa a<br />
fuoco delle manifestazioni di scultura architettonica, è stata inoltre determinante<br />
in quanto questa si è rivelata, almeno cosÌ a me pare, non<br />
del tutto avara di indicazioni anche relativamente all'ambito meridionale.<br />
Mi riferisco in primo luogo all'ipotesi di attribuzione a Nicola (da<br />
me già formulata in occasione del recente convegno di studi su Federico<br />
II) di un paio di mensole di Castel Lagopesole" (fig. 15). Premetto<br />
che una tale attribuzione ad personam (come d'altronde nel caso dell'intervento<br />
in S. Galgano) presuppone che si concordi su una questione<br />
essenziale: cioè che Nicola sia effettivamente l'autore dei capitelli dei<br />
pulpiti di Pisa e di Siena - il che non è affatto certo. Ma non intendo<br />
ora addentrarmi in tale problema, e basti qui avervi accennato, avvisando<br />
dunque che mi riferisco a Nicola o a chi per lui, dal momento<br />
che anche in questo caso si tratterebbe di un collaboratore cosÌ stretto,<br />
40 Cfr. M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe, fig. 48.<br />
41 Cfr. n. 38.<br />
12 Tra i capitelli bassi: Quello occidentale del pilastro ovest del transetto<br />
nord, e Quelli settentrionale e occidentale del secondo pilastro da est della navata<br />
sul lato nord; tra i capitelli alti: quello del pilastro est del transetto<br />
sud, e quello del pilastro ovest del transetto nord (cfr. M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe,<br />
fig. 51).<br />
43 P. PUGLISI, Componenti federiciane. Mi trova ovviamente molto critica<br />
una recente attribuzione di tali mensole a Mele da Stigliano: cfr. S. JUSCQ,<br />
Mele da Stigliano, «Studi lucani e meridionali », 1978, pp. 227-233.
(Fig. 15)<br />
CASTEL<br />
LAGOPESOLE,<br />
mensole<br />
- 135-<br />
e soprattutto così costantemente presente, da poter assumere le sue<br />
esperienze come base per ricostruire, in trasparenza, quelle nicoliane.<br />
Nella possibilità, quanto alla palmetta, di una sovrapposizione quasi<br />
perfetta con quella di un capitello del pulpito di Siena (fig. 16), e<br />
quindi alquanto più tardo (ma ci sono termini di confronto anche a Pisa),<br />
la mensola di Lagopesole si individua, al pari dei capitelli nicoliani,<br />
nei confronti di altre forme di Bauplastik cistercense-federiciana,<br />
per una tendenza all'articolazione del motivo in lobi staccati e modulati<br />
uno rispetto all'altro con un prezioso traforo a goccia: un accorgimento<br />
che Nicola adopera molto spesso anche in certi passaggi di scultura a<br />
carattere figurativo, per esempio le barbe.<br />
(Flig. 16)<br />
SIENA,<br />
pulpito di<br />
Nicola Pisano,<br />
capitello
_.. 136-<br />
Mi riferivo inoltre alla possibilità di aggiungere ai reperti di Lagopesole<br />
alcune delle mensole del bel noto fregio ad archetti del fianco<br />
meridionale della navata del duomo di Ruvo: segnalo la presenza<br />
in tale fregio di due foglie a palmetta (da sinistra, undicesima e sedicesima<br />
mensola) e di una protesa verso l'alto (quindicesima mensola),<br />
stilisticamente senz'altro confrontabili con le suddette mensole di Lagopesole<br />
e con i capitelli nicoliani." Ciò non implica naturalmente<br />
una forzata attribuzione a Nicola (o chi per lui) dell'intero fregio, con<br />
le sue teste serenamente classicheggianti che si alternano alle mensole<br />
vegetali così come a teste animali e grottesche (ma segnalo almeno in<br />
una protome leonina, pur nella stilizzazione piuttosto spinta, che si<br />
nota solo da vicino, una certa aria di famiglia rispetto a quella che<br />
sarà la tipologia dei leoni nicoliani). Anche a Lagopesole d'altra parte,<br />
le mensole con caratteri affini sono inserite in un complesso plastico<br />
piuttosto eterogeneo."<br />
L'individuazione di qualche traccia _ certo modesta, ma non per<br />
questo, credo, meno indicativa _ dell'attività meridionale di Nicola<br />
contribuisce a definirla sullo sfondo della cultura artistica federiciana,<br />
e più precisamente cistercense-federiciana, elaborata nel meridione,<br />
nelle sue linee essenziali, tra il quarto e il quinto decennio del Duecento.<br />
Per le sue stesse premesse, questa doveva favorire una collaborazione,<br />
spesso fianco a fianco, tra maestranze dell'Ordine e maestranze,<br />
o singoli artisti, laici; e proprio ad un riflusso di maestranze insieme cistercensi<br />
e laiche _ tra queste ultime emerge la personalità di Nicola<br />
e di qualche suo futuro collaboratore _ si dovrà lo spostamento in Toscana<br />
del suo centro di gravità, intorno alla metà del secolo. La plastica<br />
di S. Galgano e quella del duomo di Siena - l'abbazia e la cattedrale<br />
_ oltre ad essere tra i primi frutti del fecondo riflusso di tale<br />
cultura, ne ripropongono a vista, quasi paradigmaticamente, questa<br />
duplicità di componenti, al tempo stesso che le rimescolano al loro interno:<br />
Nicola lavora senz'altro per l'abbazia, né c'è ragione di escludere<br />
che i <strong>Cistercensi</strong> abbiano in qualche modo fornito mano d'opera<br />
alla fabbrica del duomo, anche prima di diventarne gli amministratori.<br />
In questo senso si pronunciano, oltre alle ragioni fin qui esposte,<br />
questioni particolari: per esempio, uno dei rarissimi inserti a carattere<br />
44 Sono dolente di non poter allegare alcuna riproduzione a sostegno delle<br />
mie affermazioni.<br />
45 Cfr. M. RIGHETTI, La scultura.
-137 -<br />
figurativo che è dato incontrare nella plastica di S. Galgano, il tema<br />
(di chiara allusione eucaristica) degli uccelli che beccano un grappolo<br />
seminascosto dalla palmetta (fig. 17), spesso indicato a dimostrazione<br />
dell'affinità della scultura dell'abbazia con quella del pulpito senese,"<br />
(fig. 16), è con ogni probabilità un motivo simbolico fatto proprio<br />
dai <strong>Cistercensi</strong>, per questa via entrato a far parte del repertorio nicoliano,<br />
e non viceversa; lo si riscontra infatti da S. Galgano a Wachock"<br />
(Fig. 17)<br />
S. GALGANO,<br />
capitello<br />
del coro<br />
a S. Maria Arabona (fig. 18) a Chiaravalle della Colomba; e furono<br />
forse proprio lapicidi cistercensi a scolpirlo sui capitelli del duomo di<br />
Siena (fig. 10); dai quali lo avrebbe derivato Nicola, che nel pulpito<br />
del battistero di Pisa non dimostra di essere a conoscenza del motivo;<br />
l'analogo capitello - uno solo - di S. Galgano è fuori discussione,<br />
perché quasi certamente un poco più tardo di quelli del pulpito senese.<br />
Ma d'altra parte tutto ciò tende a confermare l'originaria impressione,<br />
che l'ampilificazione in chiave figurativa che si verifica nei capitelli senesi<br />
rispecchi un'esperienza articolata dall'arte meridionale, mentre a<br />
S. Galgano questa viene accolta solo nella misura in cui se ne riconosce<br />
l'originaria matrice cistercense.<br />
46 Ultimamente anche da chi scrive, con un giudizio un poco affrettato:<br />
cfr. Capitelli, pp. 179-180.<br />
47 Cfr. K. BIALOSKORSKA, L'abbaye cistercienne de Wackock, «Cahiers<br />
de Civilisation Médiévale », V, 1962, pp. 335-350, fig. 9.
- 138-<br />
(Fig. 18)<br />
s. MARIA ARABONA,<br />
capitello di una delle<br />
cappelle settentrionali<br />
Con questo concludo, non senza la speranza di poter riprendere<br />
più approfonditamente, un confronto che sarebbe però essenziale riproporre<br />
a livello di architettura; e mi limito a ricordare questioni come<br />
quella del rapporto Siena-Ruvo, che la constatazione di affinità di linguaggio<br />
plastico-decorativo invita in qualche modo a riaprire.
LE DECORAZIONI A RACEMI NELLE<br />
ARCHITETTURE CISTERCENSI<br />
di JESELITA RASPI SERRA - Università di Salerno<br />
La tematica naturalistica della decorazione a racemi che negli esempi<br />
plastici da una interpretazione vitalistica, di classico contenuto, diviene<br />
già, nel primo linguaggio paleocristiano, tema simbolico - uno<br />
dei più conosciuti esempi la decorazione di San Salvatore di Spoleto<br />
e del più tardo tempietto del Clitunno - è, com'è noto, alla base di<br />
ogni aspetto decorativo futuro anche se ben presto il contenuto scade<br />
ad iterante tessuto ornamentale. Su quest'ultimo aspetto, che volge in<br />
« maniera» dilagante soprattutto a partire dalla seconda metà dell'VIII<br />
secolo, legato ad una astratta interpretazione del tema, indubbiamente<br />
conferiscono contenuti del lessico «barbarico ».1<br />
In effetti la simbiosi tra mondo romano e cristiano sembra verifi-<br />
carsi soltanto nella prima felice interpretazione, corrispondente, del re-<br />
sto, alla « &xjl~ romana - civile - cristiana» registrata da Paolo Dia-<br />
cono: 2 infatti nell'evoluzione successiva, ad esempio romanica, il problema<br />
della ripresa classica riappare spesso focalizzata sia nell'aspetto<br />
culturale che naturalistico, mentre sfugge alla sottile ideologia paleocristiana<br />
nel suo più profondo contenuto di recupero tematico del lessico<br />
pagano.<br />
Nel profilo evolutivo della cultura figurativa del XII-XIII secolo va,<br />
tuttavia, sottolineato un momento, considerato in senso decorativo un<br />
«non evento ». E cioè il valore che assume la decorazione a racemi negli<br />
edifici cistercensi.<br />
E' nota l'interdizione ad ogni forma decorativa nella strutturazione<br />
cistercense, viva ancora in molti esempi fino al XIII-XIV secolo. La realizzazione<br />
del programma di S. Bernardo nella «Apologia ad Guillelmum<br />
»3 veniva attuata in senso ampio con una stretta sobrietà di elementi,<br />
pari, quasi sempre, all'assenza di effetti ornamentali sia all'in-<br />
l Si rimanda a J. RASPI SERRA, Le Diocesi dell'Alto Lazio, Spoleto,<br />
1974, pg. 5 e sgg.<br />
2 L. ALFONSI, Romani e Barbari in Paolo Diacono, in Romano Barbarica,<br />
1, Roma, 1976, pgg. 7-23.<br />
3 MIGNE, Patrologia Latina, t. 182, col. 916.
-140 -<br />
temo che all'esterno. A questa tematica ideologica si devono quindi<br />
riportare le lastre non decorate usate come architravi dei portali, il<br />
timpano, quando presente, generalmente nudo, l'uso di semplici modanature<br />
a sottolineare le aperture come, attentamente, per gli esempi<br />
francesi, ci segnala l'Aubert.'<br />
Tuttavia non ci sembra totalmente da accettare l'ipotesi di una<br />
completa astensione figurativa o meglio non ci sembra che l'indicazione<br />
bernardina sia solo interpretata in senso limitante. La possibile ipotesi<br />
che la tematica di base possa a volte essere posta in senso allusivo potrebbe<br />
essere confortata dal fatto che le identità icnografiche sono riferite<br />
a rapporti modulati." In senso più aperto la presenza in alcuni<br />
architravi, in Francia ed in Italia, di decorazioni a racemi ci sembra<br />
non deviante rispetto alla stretta impostazione ma riferibile ad un rimando<br />
trascendente che riporta, tramite il valore simbolico, ad un credo<br />
ideologico.<br />
Una serie di decorazioni a racemi imperniate sul motivo della croce<br />
e dei tralci rompe, infatti, insieme a motivi più strettamente geometrici,<br />
trasformazione di elementi vegetali, la nuda progressione delle facciate.<br />
Non siamo ancora alla contaminazione di contenuti provenienti<br />
dalle decorazioni dell'Ile de France che apparirà negli esempi cronologicamente<br />
più avanzati. Qui, e intendiamo, ad esempio, a La Bénissons-Dieu<br />
(Loire) - fine XII secolo - dove il portale è sormontato da<br />
una architrave con una croce e da un timpano con stilizzazioni vegetali<br />
od a S. Martino al Cimino, Viterbo, inizi XIII secolo, dove il portale<br />
laterale presenta una croce con racemi (fig. 1), fino al portale laterale<br />
di San Galgano (Siena) con racemi di classica memoria, all'intrico stupendo<br />
di pampini della lunetta di Casamari (fig. 2), dove anche il portale dell'atrio<br />
è decorato da stilizzazioni vegetali che ricordano quelle di transenne<br />
del medesimo edificio, elenco ancora sicuramente amplia bile, si<br />
denuncia una scelta formale ben delineata. La tematica appare sempre<br />
la medesima fin nelle sottili variazioni interpretative: un rimando alle<br />
impostazioni iconografiche paleocristiane. La croce, spesso paImata, i<br />
racemi, le stilizzazioni floreali, complicate da ricordi formali della pla-<br />
4 M. AUBERT, L'Architecture cistercienne en France, Paris, 1947, I,<br />
pg. 356.<br />
s Sulla questione: A. M. ROMANINI, «Povertà» e Razionalità nell'architettura<br />
cistercense del XII secolo, in Povertà e ricchezza nella Spiritualità<br />
dei secoli XI e XII, Todi 15-18 ottobre 1967, Todi, 1969, pgg. 191-225.
- 141-<br />
S. MARTINO AL CIMINO, ABBAZIA - Portale laterale, lunetta
-142 -<br />
CASAMARI, ABBAZIA - Atrio, portale
- 143-<br />
stica altomedioevale, quale l'insistenza verso astratte interpretazioni di<br />
schemi vegetali. Già abbiamo indicato come questo ritorno a posizioni<br />
tipologiche precedenti sia da leggersi non come una continuazione di<br />
schemi in uso quanto come un voluto, intellettualistico riferimento a<br />
tipologie decorative accettate solo per il loro valore simbolico assunto<br />
come rimando al principio della «spiritualis effiges» bernardina."<br />
In effetti, sembrerebbe assurda la continuazione di stilemi comuni<br />
ad un lessico. ormai diffuso a tutti i livelli" proprio per la selezionata<br />
società cluniacense, mentre invece un tentativo di allusione iconogra-<br />
fica parrebbe verosimile in quanto lo stesso rimando tematico servireb-<br />
be a trascendere dal dato immediato per risalire all'assunto. In questo<br />
senso appaiono recuperate le più sottili radici cristiane: al program-<br />
matico rinvio all'idea superiore si giungeva attraverso un palese ri-<br />
chiamo a quella utilizzazione dell'immagine quale elemento per per-<br />
venire, trapassando la realtà immanente, alla visione da meditare.<br />
Un tema ed un recupero contenutistico che potrebbe ancora in-<br />
tendersi come un nuovo voluto programma di astrazione ad ogni forma<br />
contingente, altrove illustrata.<br />
In questo senso la decorazione non viene più ad avere un valore<br />
reale, ma assurge a negazione di se stessa divenendo indirizzo ideolo-<br />
gico immanente, non discostandosi da quanto verificabile in clima pa-<br />
leocristiano.<br />
Da sottolineare, tuttavia, come su questo terreno ben presto la si-<br />
tuazione si evolva. In effetti la tematica, una volta programmata, as-<br />
sume nella realizzazione un accento nuovo legato sempre più spesso<br />
alle più aggiornate tendenze artistiche. Saranno i racemi di San Gal-<br />
gano ad essere rivelatori delle espressioni classicistiche pisane" o il lus-<br />
sureggiante groviglio di fogliami di Casamari (fig. 3) ad indicare innegabili<br />
richiami ai nuovi interessi vegetali che venivano dalla Francia."<br />
6 Si rimanda a J. RASPI SERRA, La, Tuscia Romana, Milano 1972, P6. 116.<br />
7 Sulla diffusione della corrente decorativa «comasco-lombarda» che mantiene<br />
nel lessico anche caratteri ri matrice paleocristiana: G. DE FRANCOVICH,<br />
La corrente comasca nella scultura romanica europea, in Rivista del R. Istituto<br />
di Archeologia e Storia dell'Arte, VI (19'37), pgg. 225-294.<br />
8 Per le quali si rimanda a M. SALMI, La scultura romanica in Toscana,<br />
Firenze, 1928.<br />
9 Sull'argomento: R. DE LASTEYRIE, L'Architecture Religeuse è l'époque<br />
gothique en France, Paris. 1929, II, pg. 276 e sgg.
-144 -<br />
CASAMARI - Chiesa abbaziale, portale della facciata
-145 -<br />
Su questo piano sembra palesemente sottile il divisorio con il dilagare<br />
del nuovo programma decorativo che si diffonderà nelle espressioni<br />
francesi fin dalla fine del XII secolo. Indubbia è, dunque, l'immanente<br />
realtà delle forme derivate dall'Ile de France tese verso un<br />
naturalismo che è recupero classico, come provano i turgidi racemi,<br />
i vivi fogliami, i ricchi intrighi vegetali complicati dall'inserto di animali<br />
ormai lontano dal profondo recupero ideologico dei primi esempi<br />
cistercensi.<br />
In questo terreno che in Francia rimanda, tra l'altro, ai montanti<br />
della collegiale di Mantes o del1a cattedrale di Reims o all'architrave<br />
della cattedrale di Bruges," rimane nel territorio italiano possibile il<br />
recupero di locali esemplificazioni classiche su suggestione francese,<br />
non diversamente da quanto avveniva in Francia. 11<br />
L'apparente groviglio di interessi formali denuncia in realtà nuove<br />
intenzioni tematiche. Contrariamente a quanto potrebbe apparire, il<br />
fenomeno si deve intendere non come un esaurimento della proposta<br />
cistercense ma bensì come una nuova trasformazione dell'assunto verso<br />
meno meditati contenuti che nel rifarsi al mondo classico, assumono<br />
valore di «revival» al di là di ogni aspetto formale.<br />
Da segnalare, anche a questo proposito, la serie di decorazioni in<br />
edifici francescani o ristrutturati in epoca francescana nella Tuscia, che<br />
richiama le antiche matrici paleocristiane realizzate con turgido carattere.<br />
Non ci sembra ciò da attribuire solo ad un recupero di correnti<br />
culturali diffuse, ma piuttosto ad una deviazione degli schemi cistercensi,<br />
secondo la tipicità degli ordini minori di appropriarsene, privandoli<br />
dei contenuti ideologici, sfruttandone solo l'aspetto tematico e la conseguente<br />
possibilità di divulgazione."<br />
Riappare, dunque, parimenti a quanto registrabile nelle scelte<br />
strutturali, la snaturazione delle tematiche cistercensi che i minoriti operavano<br />
proprio per giungere a quel «popolo carnale» che essi non rifiutavano<br />
ma anzi nel quale e per il quale esistevano.<br />
Ne deriva un compromesso che denuncia un nuovo linguaggio in<br />
cui le matrici paleocristiane, liberate da ogni impegno tematico crescono<br />
nella loro radice classica affine alle nuove esigenze del mondo<br />
lO R. DE LASTEYRIE, op. cit., f'igg. 863, 864, 865.<br />
11 R. DE LASTEYRIE, op. cit., pg. 279.<br />
12 Si rimanda a J. RASPI SERRA, op. cit., pg. 192.
-146 -<br />
del XIII secolo che, proprio tramite gli ordini minori, si volge a grandi<br />
fascie di popolazione.<br />
In questo senso i citati esempi dell'ambito viterbese sono saggi notevoli<br />
a livello di indice di diffusione di elementi in sé accessibili, proprio<br />
per la matrice figurativa da tempo familiare. Esempi come il pluteo<br />
di S. Francesco a Tarquinia (fig. 4), o la lastra, già XIV secolo" del Museo<br />
di Viterbo" (fig. 5), quasi evoluzione rinascimentale, provano la nuova<br />
divulgazione a cui aggiungeremo le lunette dell' ospedale di Capranica o di<br />
S. Francesco di Vetralle," in cui i suggerimenti «comasco-Iombardi »,<br />
imperniati sulle esemplificazioni cistercensi, sembrano subire un aggiornamento<br />
in senso classico registrando anche le nuove tendenze naturalistiche<br />
«gotiche».<br />
In effetti, da questi esempi rimasti in un breve ambito territoriale,<br />
sembra evidente che, anche se snaturato, non appare in perdita il primo<br />
linguaggio cistercense che riesce sempre ad assurgere, anche nella<br />
incomprensione del valore ideologico, a proposta formale cosÌ per la<br />
decorazione come per le tematiche strutturali, aprendo nuovi corsi proprio<br />
nell'apparente uniforme e tradizionale linguaggio, mentre si realizza<br />
come un «unicum» nel campo medioevale per il trasleto ideologico<br />
classico che assume.<br />
13 Il rilievo di S. Francesco di Tarquinia è citato da P. Toesca, il Medioevo,<br />
Torino, 1927, pg. 902 n. 56, che indica come «romanica» la lunetta del Museo<br />
Civico di Viterbo (op. cit., pg. 903 n. 57). Per i Salmi (La basilica di S. Salvatore<br />
presso Spoleto, Firenze, 1951, pgg. 63, 68) è opera dei primi del secolo<br />
XIII, già «gotica », «la piccola stupenda lunetta del Museo di Viterbo ».<br />
14 Per il Francovich (op. cit.) la lunetta dell'Ospedale di Capranica rientra<br />
nella corrente comasco-lombarda: da sottolineare la favolosa capacità fantastica<br />
dell'autore che interpreta il classicismo anche come un ritorno alle<br />
antiche fonti iconografiche locali.<br />
La chiesa di S. Francesco di Vetralla apparteneva nel 1297ai <strong>Cistercensi</strong>.
-147 -<br />
TARQUINIA - Chiesa di S. Francesco, interno, cappella a sinistra dell'abside,<br />
altare, fronte<br />
VITERBO - Museo Civico, lunetta.
FLORILEGIO CISTERCENSE<br />
a cura di P. GOFFREDOVITI<br />
Il dono dell'Avvento<br />
Dai Discorsi di san Bernardo, abate. Disc. 4 sull'Avv ..<br />
Fratelli, celebrate come si conviene, con grande fervore di spirito,<br />
l'Avvento del Signore, con viva gioia per il dono che vi viene fatto<br />
e con profonda riconoscenza per l'amore che vi viene dimostrato.<br />
Non meditate però solo sulla prima venuta del Signore, quando<br />
egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma<br />
anche sulla seconda, quando ritornerà per unirei a sé per sempre.<br />
Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo<br />
su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso<br />
per la seconda.<br />
«E' giunto infatti il momento », fratelli, «in cui ha inizio il giudizio<br />
a partire dalla casa di Dio» (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte<br />
di coloro che attualmente rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae<br />
al giudizio presente in cui il principe di questo mondo viene cacciato<br />
fuori, aspetti, o piuttosto, tema il Giudice futuro dal quale sarà<br />
cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo<br />
già ora a un giusto giudizio, siamo sicuri, e «aspettiamo come salvatore<br />
il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo<br />
per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 20-21). «Allora i giusti<br />
splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43).<br />
«Il Salvatore trasfigurerà» con la sua venuta «il nostro misero<br />
corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» solo se già prima troverà<br />
rinnovato e conformato nell'umiltà al suo il nostro cuore. Per questo<br />
dice: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11, 29).<br />
Considera in queste parole la doppia specie di umiltà, di conoscenza<br />
e quella di volontà. Quest'ultima qui viene chiamata umiltà di cuore.<br />
Con la prima conosciamo il nostro niente, come deduciamo dall' esperienza<br />
di noi stessi e della nostra debolezza. Con la seconda rifiutiamo<br />
la gloria fatua del mondo. Noi impariamo l'umiltà del cuore da colui<br />
che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7),<br />
da colui che quando fu cercato per essere fatto re, fuggì; invece quando<br />
fu ricercato per essere coperto di oltraggi e condannato all'ignominia<br />
- e al supplizio della croce, si offrì di sua spontanea volontà.
_. 150<br />
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio<br />
Dai Discorsi di san Bernardo, abate. Disc. 1 per l'Avv.:<br />
Riflettiamo sul tempo in cui venne il Salvatore. Penso che non lo<br />
ignoriate: venne non all'inizio dei tempi, né verso la metà, ma alla<br />
fine. Non senza ragione la divina sapienza sapientemente dispose di<br />
portare il suo aiuto quando era più necessario: non ignorava che i<br />
figli di Adamo sono facili all'ingratitudine.<br />
Scendeva la sera e il giorno già volgeva alla fine: il Sole di giustizia<br />
era quasi scomparso, tanto che il suo splendore e il suo calore<br />
erano molto deboli sulla terra. La luce della conoscenza di Dio era<br />
esigua e, per il dilagare dell'iniquità, il fervore della carità si era raffreddato.<br />
Nessun angelo più appariva, non un profeta che parlasse: desistevano<br />
come vinti dalla delusione, per l'eccessiva durezza d'animo e<br />
caparbietà degli uomini. «Allora ho detto: parola del Figlio, "Ecco,<br />
io vengo" (Sal. 39, 8) ».<br />
Nell'ora più adatta scese l'Eterno, quando più gravemente prevaleva<br />
nel mondo la cura delle cose temporali. Anche la pace politica<br />
in quel tempo era così quieta, che per il censimento di tutto il mondo<br />
bastò l'editto di un sol uomo.<br />
Voi conoscete già la persona di Colui che viene, il luogo di provenienza,<br />
la destinazione: non ignorate la causa e il tempo della sua<br />
venuta. Rimane da cercare per quale via egli venga, e dobbiamo informarcene<br />
con diligenza, per potergli andare incontro in modo conveniente.<br />
In realtà, come è venuto una volta, visibile nella carne, a operare<br />
la salvezza sulla terra, ora viene ogni giorno in modo spirituale e invisibile,<br />
a salvare le singole anime, come sta scritto: «Il nostro respiro<br />
è l'Unto del Signore» (Lam 4,20). E perché tu comprenda che questa<br />
venuta è nascosta e spirituale, dice: «Alla sua ombra vivremo fra<br />
le nazioni».<br />
Perciò è giusto che se il malato non può andare molto lontano incontro<br />
al medico, cerchi almeno di alzare il capo e di sollevarsi alquanto<br />
verso colui che viene. Non ti è chiesto, o uomo, di varcare i<br />
mari; non è necessario salire sulle nubi o valicare le montagne. Ti è<br />
indicata una strada non lunga: va incontro al tuo Dio dentro te stesso.<br />
«Poiché vicina a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore» (Rm
-151-<br />
lO, 8). Va incontro a lui con la compunzione del cuore e la confessione<br />
sulle labbra, per uscire almeno dal letamaio della tua coscienza miserabile;<br />
sarebbe cosa indegna che vi entrasse l'Autore della santità.<br />
Maria e la Chiesa<br />
Dai Discorsi del beato Isacco della Stella, abate. Disc. 51:<br />
Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; unico per natura,<br />
mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con<br />
lui. Infatti «a quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli<br />
di Dio» (Cv. 1, 12). Divenuto perciò figlio dell'uomo, ha fatto diventare<br />
figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico<br />
nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione<br />
carnale, sono con lui uno solo per la rigenerazione divina.<br />
Il Cristo è unico, perché Capo e corpo formano un tutt'uno:<br />
Il Cristo è unico perché è figlio di un unico Dio in cielo e di<br />
un'unica madre in terra.<br />
Si hanno contemporaneamente molti figli e un solo figlio. Come<br />
infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così<br />
Maria e la Chiesa sono una sola e più madri, una sola e più vergini.<br />
Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera<br />
dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli<br />
senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo,<br />
la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il<br />
corpo.<br />
Tutt' e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il<br />
tutto senza l'altra.<br />
Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch'è<br />
detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente<br />
della vergine madre Maria e quel che si dice in modo speciale della<br />
vergine madre Maria va riferito in generale alla vergine madre Chiesa;<br />
e quanto si dice di una delle due, può essere inteso indifferentemente<br />
dell'una e dell'altra.<br />
Anche la singola anima fedele può essere considerata come sposa<br />
del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda.<br />
Vien detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per<br />
Maria, in particolare anche per l'anima fedele, dalla stessa Sapienza<br />
di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di
152 -<br />
riposo e nell'eredità del Signore mi stabilii (cfr. Siro 24, 7.12). Eredità<br />
del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria,<br />
in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di<br />
Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa<br />
sino alla fine del mondo; nella conoscenza e nell'amore dell'anima<br />
fedele per l'eternità.<br />
Ecco viene il Re!<br />
Dai Discorsi del beato Guerrico, abate. Disc. 2 per l'Avv.:<br />
Ecco viene il Re, corriamo incontro al nostro Salvatore! Dice bene<br />
Salomone: «Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia<br />
da un paese lontano» (Prr 25, 25). Buona notizia è quella che<br />
annunzia la venuta del Salvatore, la riconciliazione del mondo, i beni<br />
della vita futura.<br />
Notizie di tal genere sono acqua refrigerante, bevanda di salutare<br />
sapienza, per l'anima che ha sete di Dio: e in verità, chi annunzia a<br />
qualcuno la venuta o altri misteri del Salvatore, attinge per lui «acqua<br />
con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12, 3) e gliela dona da bere.<br />
E l'anima che ha ricevuto l'annunzio, da Isaia o da qualche altro<br />
profeta, sembra rispondere con le parole di Elisabetta: A che debbo<br />
che il mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è<br />
giunta ai miei orecchi, ha esultato di gioia (cfr. Le 1, 43-44) il mio spirito<br />
per il desiderio ardente di correre incontro al suo Salvatore.<br />
Si levi dunque il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro<br />
al suo Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora<br />
sta venendo da lontano: Vieni, o Signore «salvami e io sarò salvato»<br />
(Ger 17, 14); vieni, «fa' risplendere il tuo volto, e noi saremo salvi»<br />
(Sal 79,4). «In te speriamo: sii la nostra salvezza nel tempo dell'ango-<br />
scia» (Is 33, 2). Così i profeti e i giusti, col desiderio e l'amore, correvano<br />
molto tempo prima incontro al Cristo che doveva venire, bramando,<br />
se fosse stato possibile, vedere coi propri occhi colui che antivedevano<br />
con lo spirito. La Scrittura sembra esigere da noi un gaudio<br />
tale, che anche il nostro spirito, elevandosi al di sopra di sé, brami<br />
di andare incontro in qualche modo a Cristo che viene, si protenda<br />
col desiderio e, non sopportando indugi, si sforzi di vedere già l'evento<br />
promesso. Penso che l'esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli<br />
incontro si riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche
-153 -<br />
alla prima. In che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo<br />
incontro esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo<br />
andargli incontro con l'amore e l'esultanza del cuore.<br />
E certamente, a seconda del merito e dell'amore, tale visita del<br />
Signore in ogni anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra<br />
la prima e l'ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima<br />
e ci prepara all'ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana<br />
per noi la sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi<br />
nella seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità<br />
superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò venendo<br />
la prima volta; e lo fa per poi «trasfigurare il nostro misero corpo e<br />
conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 21), che ci manifesterà al<br />
suo ritorno.<br />
Noi però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime esperienza:<br />
perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del Signore,<br />
ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che con gioia<br />
possa dire fedelmente con Paolo: «So a chi ho creduto, e son convinto<br />
che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno»<br />
(2 Tm 1, 12), cioè «alla manifestazione della gloria del nostro grande<br />
Dio e salvatore, Gesù Cristo» (Tt 2, 13),al quale sia gloria nei secoli<br />
eterni. Amen.<br />
Tutto il mondo attende la risposta di Maria<br />
Dalle Omelie sulla Madonna di san Bernardo, abate. Om. 4:<br />
Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito<br />
che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello<br />
Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta: deve far ritorno a Dio che<br />
l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche<br />
noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione.<br />
Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti,<br />
saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno<br />
di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: con la tua breve risposta<br />
possiamo essere rinnovati e richiamati in vita.<br />
Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso<br />
con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e Davide;<br />
te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati,<br />
i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte.
-154 -<br />
Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca<br />
dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione<br />
dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto<br />
il genere umano.<br />
O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo,<br />
anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli<br />
la Parola: di' la tua parola umana e concepisci la Parola divina,<br />
emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna.<br />
Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, da' il tuo<br />
assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua<br />
verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità<br />
verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine<br />
prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio<br />
è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà nella parola.<br />
Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo<br />
al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti,<br />
batte fuori alla porta. Non sia che mentre tu sei titubante, egli passi<br />
oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Lèvati<br />
su, corri, apri! Lèvati con la fede, corri con la devozione, apri con<br />
il tuo assenso.<br />
« Eccomi» dice, «sono la serva del Signore, avvenga di me quello<br />
che hai detto» (Lc 1, 38).
PRIMO CONTRIBUTO PER UNA BIBLIOGRAFIA<br />
SULL' ARCHITETTURA CISTERCENSE<br />
di P. GOFFREDO VITI<br />
Introduzione<br />
La mostra Certosa Libri 1978 è stata senza dubbio la circostanza<br />
piu favorevole del mio interessamento in senso specifico alla architettura<br />
cistercense. Certosa Libri 1978 infatti ha rivolto il proprio interesse<br />
all' Architettura Cistercense: origine, sviluppo, spiritualità.<br />
La mostra presentava due aspetti distinti, ma in ultima analisi<br />
complementari: uno fotografico e l'altro bibliografìco.' Il settore foto-<br />
grafico illustrava, con pannelli fotografici, grafici e didascalici, la na-<br />
scita, lo sviluppo e la diffusione dell'architettura cistercense consideran-<br />
do tutti i locali di una tipica abbazia cistercense. Il settore bibliografico<br />
era riservato all'esposizione della produzione libraria riguardante pre-<br />
valentemente l'architettura, non trascurando tuttavia la spiritualità e la<br />
storia dell' ordine.<br />
Le maggiori difficoltà furono incontrate proprio nella ricerca della<br />
bibliografia recente, per cui avvertii la necessità o almeno l'opportunità<br />
di provvedere in un immediato futuro a tentare un contributo biblio-<br />
grafico aggiornato sull'architettura cistercense.<br />
I primi risultati mi hanno dimostrato un vastissimo interesse degli<br />
studiosi al problema architettonico dell' ordine tale da giustificare am-<br />
piamente la pubblicazione di questo primo contributo. Il presente la-<br />
voro non può avere la pretesa di essere esauriente, ma ha solo lo scopo<br />
di offrire ai lettori una opportunità di essere messi al corrente dell'atten-<br />
zione riservata al mondo cistercense da parte degli studiosi. Il presente<br />
lavoro potrà servire eventualmente anche come stimolo a coloro che<br />
desidereranno un maggiore contatto per un approfondimento scientifi-<br />
co di questa architettura che ancor oggi ha molti cultori e studiosi.<br />
Nonostante la recentissima pubblicazione della bibliografia riguar-<br />
dante in modo specifico l'arte e l'architettura cistercense curata da Ro-<br />
1 Per ulteriori informazioni su Certosa Libri 1978, Cfr. Notizie <strong>Cistercensi</strong>,<br />
XII (1979), fase. 1-2, pp. 100-112.
- 156-<br />
chais e Manning," i volumi di Anselmo Dimier" rappresentano fino ad<br />
oggi, a mio giudizio, la migliore raccolta bibliografica per l'architettura<br />
cistercense.<br />
Un esame anche sommario -della pubblicazione di Rochais-Manning<br />
rivela tutti i limiti e le insufficienze di un lavoro eseguito troppo superficialmente<br />
e quindi di scarsissimo interesse scientifico.<br />
I volumi del Dimier cominciano ad essere non facilmente reperibili<br />
ed inoltre hanno bisogno di essere aggiornati.<br />
Questo primo contributo e gli altri che a scadenza più o meno lunga<br />
saranno pubblicati, avranno come punto di riferimento i validissimi<br />
volumi del compianto P. Anselmo Dimier.<br />
Criteri di pubblicazione<br />
Questo primo contributo è riservato alla bibliografia generale dell'architettura<br />
cistercense. Non ho trascurato però alcune opere tra le più<br />
significative della spiritualità e della storia dell'ordine.<br />
Gli altri contributi che seguiranno saranno riservati alle singole<br />
nazioni e prevedono due sezioni, una per le opere a carattere nazionale,<br />
l'altra per le monografie delle singole abbazie delle rispettive nazioni,<br />
sempre in riferimento all'architettura, spiritualità e storia.<br />
Ogni schematismo presenta difficoltà concrete. Infatti è spesso difficile<br />
catalogare una pubblicazione in modo assoluto nel contesto bibliografico<br />
generale, nazionale o monografico. E' stata questa la difficoltà<br />
più ricorrente nella compilazione del presente articolo.<br />
Il criterio che ho scelto è stato il seguente: pubblicare tutte le opere<br />
e gli articoli reperiti riguardanti l'architettura in senso generale, diverse<br />
opere a carattere nazionale, plurinazionale e infine alcune monografie,<br />
purché avessero riservato uno spazio più o meno ampio all'aspetto<br />
archi tettonico.<br />
Nei contributi successivi, nazionali e monografici, onde evitare ripetizioni,<br />
saranno usati rimandi alle pubblicazioni precedenti. Questo<br />
modo di procedere giustifica l'adozione delle sigle che precedono i singoli<br />
autori. Quando, ad esempio, si parlerà dell'architettura in Germa-<br />
2 ROCHAIS H.-MANNING E., Bibliographie générale de l'Ordre cistercien,<br />
VoI. 21, ARTS, fasc. 3-5 della Documentation Cistercienne, Rochefort 1978.<br />
3 DIMIER A., Recueil de plans d'églises cisterciennes, I, Paris 1949; II,<br />
(Supplément), Paris 1967.
-157 -<br />
nia e dovrà essere inserita un'opera citata nella bibliografia generale,<br />
si procederà come segue: A-1236bis, vd. A-193 e bisognerà leggerI o<br />
cosÌ: dopo un ipotetico numero A-1236 (== Architettura, numero progressivo<br />
1236) si ripeterà il numero aggiungendo un «bis» e si opererà<br />
il rimando ad A-193 che vuoI indicare l'inserimento dell'opera corrispondente<br />
ad A-193 che nel caso specifico è la pubblicazione di EY-<br />
DOUX H. K., L'architecture des églises cisterciennes d'Allemagne, Paris<br />
1952. L'adozione del «bis» nelle occasioni dei rimandi è un modo<br />
per non alterare il numero progressivo rispetto alle effettive opere citate.<br />
CosÌ pure quando si parlerà della monografia sull'architettura dell'abbazia<br />
di Casamari e dovrà essere inserita l'opera già citata nella bibliografia<br />
generale, si procederà nel medesimo modo: A-758bis, vd.<br />
A-198 e bisognerà leggerlo in modo analogo: dopo l'ipotetica pubblicazione<br />
A-758, si ripeterà il numero aggiungendovi un «bis» e il rimando<br />
ad A-198 vuoI indicare che in quel punto deve essere inserita<br />
l'opera corrispondente ad A-198 e cioè FARINA-F. - FORNARI B.,<br />
L'architettura cistercense e l'obbazia di Casamari, Firenze 1978.<br />
L'elenco degli autori procede in ordine alfabetico e non cronologico,<br />
perché ritengo l'ordine alfabetico di più immediata e facile consultazione.<br />
L'incompletezza metodologica di alcune opere o articoli citati è dipesa<br />
dal fatto che alle volte ho dovuto far ricorso, per impossibilità di<br />
consultare direttamente l'opera o l'articolo, a citazioni di seconda mano,<br />
E' questo molto probabilmente il limite più grave del presente contributo.<br />
Per ogni contributo sono previsti dei Supplementi. I Supplementi<br />
raccoglieranno le opere attualmente non elencate, ma che certamente<br />
le indagini future porteranno alla mia conoscenza. Sarei profondamente<br />
grato a quei lettori e studiosi che vorranno segnalarmi le inevitabili<br />
omissioni. Ho sempre considerato gli elenchi bibliografici essenzialmente<br />
un servizio offerto agli altri. Il contributo di molti renderà questo servizio<br />
sempre più dignitoso, ed esauriente.<br />
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f ,-' ,<br />
SANTA MARIA MAGGIORE IN FERENTINO:<br />
NOTE STORICO-STILISTICHE<br />
di BENEDETTO FORNARI<br />
La chiesa di S. Maria Maggiore in Ferentino, monumento che presenta<br />
una impostazione e moduli costruttivi di evidente derivazione cistercense,<br />
suscita dei problemi circa l'epoca dell'origine e delle trasformazioni<br />
strutturali.<br />
Per quanto riguarda il primo problema, sono state proposte varie<br />
ipotesi. Vorrei notare subito però che l'interesse per il monumento degli<br />
storici della città di Ferentino, e di riflesso degli studiosi di architettura<br />
cistercense nel Lazio, è stato sempre vivo, ma spesso campanilistico e<br />
polemico, deformando, a mio parere, l'obiettività degli stessi documenti.<br />
L'ipotesi che più spiccatamente rispecchia questo amore di paese è<br />
quella proposta da Luigi De Castris, parroco della chiesa, il quale in un<br />
articolo su «La Gazzetta Ciociara »,' pretendendo d'aver dimostrato che<br />
l'edificio era già terminato nel 1150, afferma che S. Maria Maggiore<br />
è «la prima chiesa cistercense d'Italia », dimenticando tra l'altro che<br />
i <strong>Cistercensi</strong>, prima del 1150, avevano fondato parecchie abbazie come<br />
Tiglieto in Liguria (1120), Locedio in Piemonte (1124), Chiaravalle di<br />
Milano (1135), Cerreto lodigiano (1136), Chiaravalle della Colomba (1137),<br />
Chiaravalle di Castagnola presso Ancona (1147).2<br />
Il De Castris fonda la sua asserzione su un documento della seconda<br />
metà del '700 conservato nell'archivio vescovile di Ferentino:<br />
«Hac in civitate, in ecclesia Sanctae Mariae Majoris Eugenius III, anno<br />
MCL nonnullos creavit episcopos, ut videre est in Chronicon Fossae<br />
novae et a Card. Baronie" in suis annalibus confirmatum »,4 che concorda<br />
con la notizia del Chronicon Fossae novae: «Eugenius Papa III anno<br />
l L. DE CASTRIS, Santa Maria Maggiore, prima chiesa cistercense costruita<br />
in Italia, in «La Gazzetta Ciociara» del 30-X-1974.<br />
2 Cfr. B. G. BEDINI, Le abazie cistercensi d'Italia (sec. XII-XIV), Casamari,<br />
1964.<br />
3 Cfr. C. BARONIO, Annales eccelsiastici, Lucca, 1746, T. XIX, p. 48.<br />
1 Arch. Vesc. Fer., voI. A-IV, follo 311.
- 192-<br />
S. MARIA MAGGIORE (Sec. XIII)<br />
L'abside, rivolta ad oriente - come quasi in tutte le chiese medievali - ri-<br />
corda con molta evidenza le basiliche di Fossanova e Casamari. I tipici con-<br />
trafforti, le cornici del timpano e degli spioventi, i beccatelli, le finestre allun-<br />
gate, il cornicione, sono tutti elementi tipici dell' architettura cistercense borgognona.<br />
Il rosone centrale e la grande bifora si presentano in forme molto più<br />
elaborate rispetto a quelli di Fossanova - se si eccettua il rosone della fac-<br />
ciata, del resto realizzato posteriormente alla chiesa - e soprattutto di Casamari.<br />
MCL Florentinum venit infra mens. Octob. et multos Archiepiscopos et<br />
Episcopos ordinavit ».5<br />
Da queste scarne indicazioni, di cui la prima molto lontana dalle<br />
origini, il De Castris deduce, indebitamente, che S. Maria Maggiore già<br />
nel l1S0 fosse quale noi oggi l'ammiriamo.<br />
" JOANNES DE CECCANO, Chronicon Fossae nooae, in F. Ughelli, Italia<br />
Sacra. vol. X. Venezia, 1722, ad annum 1150.
193 -<br />
Una seconda ipotesi è quella di Cesare Bianchi il quale in un articolo<br />
su «La Gazzetta Ciociara »6 esamina gli « Statuta Civitatis Ferentini»<br />
in una copia che il notaio pubblico di Ferentino Marco Cavalli<br />
aveva tratto, nel 1782, da un originale del secolo XIII - in pergamena<br />
e a caratteri gotici conservato nella biblioteca della Camera del Senato."<br />
Il palinsesto, con numerose abbreviazioni, dice, nella rubrica 81 del<br />
libro V, che Ferentino doveva dare ogni anno 100 soldi per la costruzione<br />
di S. Maria Maggiore e che tale edificio doveva essere costruito<br />
a cura del podestà e di altri notabili della città: «De elemosina faciendo<br />
Ecclesiae Sanctae Mariae Majori. Statuerem quod omni anno ad honorem<br />
Beatae Mariae Virginis et quod ipsa Virgo Maria quae est mater<br />
pietatis liberet civitatem Ferentini ab omnibus oppressionibus; quod<br />
de proventi bus comunitatis veniunt pro aedificio ecclesiae Sanctae Mariae<br />
Majoris S C J centum.<br />
Et dictum edificium fieri debet per potestatem et officiales Civitatis<br />
predictae ubi fuerit plus necesse. Et Cammerarius dictae Comunitatis<br />
teneatur, et cogere possit ad dandum et solvendum de pecunia dictae Comunitatis<br />
anno quolibet in festo Pascatis Majoris resurrexionis Domini,<br />
pro opere supradicta. Et potestas dicti Comunitatis decretavimus statutum<br />
faciat inviolabiliter observari ad penam centum S c j ».8<br />
6 C. BIANCHI, La controversa questione sul tempo della costruzione della<br />
chiesa di S. Maria Maggiore di Ferentino, in «La Gazzetta Ciociara» del 3-II-<br />
1978.<br />
7 Un sommario di Questo Statuto fu pubblicato da Giuspepe Zaccardi di Ferentino<br />
nel 1919con una premessa nella quale lo studioso afferma che il documento<br />
è del secolo XIII, sia per il tipo di caratteri, sia perché contiene disposizioni<br />
relative alla costruzione di S. Maria Maggiore che sorgeva nel secolo XIII.<br />
Cfr. G. ZACCARDI, Le leggi dei Comuni nel secolo XIII (Statuta Civitatis Eerentini<br />
da un vecchio codice), Ferentino, MCMXIX, pp. 2-3.<br />
B Questa disposizione è tratta da un lungo manoscritto dell'Ottocento già<br />
proprietà del ferentinate Alfonso Giorgi ed attualmente degli eredi Roffi-Isabelli.<br />
TI manoscritto, che citeremo come «Fonte G», dal cognome del primo proprietario,<br />
consta di una raccolta di documenti storici in 14 cartelle di 667 pagine<br />
che narrano la storia di Ferentino dallo secolo dopo Cristo al 1818. Per utilità<br />
degli studiosi di storia locale facciamo presente che l'archivio dei Roffi-Isabelli<br />
contiene anche, in un codice manoscritto non datato, una «Compendiosa relazione<br />
della città di Ferentino negli Emici del Lazio di Campagna» del Dottore<br />
Carlo Stefani della terra di Acuto, cittadino di Ferentino e di esso medico,<br />
nella stampa della penna in Ferentino l'anno 1675; una «Lstoria dell' Antichità
-194 -<br />
Siccome questa disposizione è posta nel documento dopo un'altra<br />
relativa ai frati di San Francesco - fratribus Sancti Francisci - con<br />
cui si ordina al Camerlengo di Ferentino di versare ogni anno 12 libbre<br />
di denari al convento dei frati minori della città e nella quale Fran-<br />
cesco è nominato con l'appelaltivo di "santo" e "beato ", ne consegue<br />
che, essendo egli stato canonizzato nel 1228, lo "Statuto" sia posteriore<br />
a questa data."<br />
Da queste considerazioni il Bianchi conclude che la sistemazione<br />
definitiva della chiesa risalga alla fine del secolo XIII.<br />
La posizione del Bianchi, fondata esclusivamente su argomenti sto-<br />
rici, concorda sostanzialmente con la tesi già enunciata da Camille En-<br />
lart alla fine dell'Ottocento e basata non solo su considerazioni di ordine<br />
storico ma soprattutto su raffronti di ordine stilistico. Nell'opera infatti<br />
« Origines françaises de l'architecture gothique en Italie », dopo aver<br />
fatto notare che il Chronicon Fossae novae - in cui sono narrati avve-<br />
nimenti fino al 1217 e in cui si parla ripetutamente di Ferentino -<br />
non fa il minimo accenno a S. Maria Maggiore, in un confronto stilisti-<br />
co con Casamari osserva che la chiesa di Ferentino presenta le caratte-<br />
ristiche dell'abbaziale di Casamari e che « le style s'y montre plus avan-<br />
cé ».10 L'Enlart quindi fa risalire la sistemazione attuale di S. Maria<br />
e nobiltà della città di Ferentino aggiunta a quella che ne scrisse il Signore<br />
Dottore Carlo Stefani dal P. Ambrogio Cialino da Ferentino, Lettore Teologo del<br />
serafico Ordine dei Cappuccini di San Francesco nell'anno della Redenzione<br />
umana 1697. Un esemplare di Questa «Istoria» è conservato nella Biblioteca<br />
Vaticana, nel Museo Borgìano, cod. 315.<br />
Facciamo notare che gli «Statuta Civitatis Ferentini» furono fatti esaminare<br />
dal Municipio di Ferentino già nel 1763 e che il paleografo abate Galletti,<br />
dopo averlo esaminato vi appose il seguente certificato: «lo qui sotto<br />
avendo osservato il Codice membranaceo in foglio di pagine 43 contenente lo<br />
Statuto della città di Ferentino in Campagna diviso in 5 libri e scritto a due<br />
colonne coll'iniziali e titoli coloriti di minio, lo giudico scritto verso la fine<br />
del secolo XIII o sul principiare del susseguente. In fede. San Calisto questo dì<br />
9 luglio 1763. Don Pier Luigi Galletti Cap. Abate dei SS. Salvatore e Cirino<br />
mppa », cfr. Fonte G, pp. 457-458.<br />
9 Statuta Civitatis Ferentini, lib. V, n. 21: «De heleemosina fienda per<br />
Commune Ferentini Fratribus S. Franciscì. Item quod ad honorem Dei et beati<br />
Francisci, sub cuius vocabulo locus et conventus fratruum Minorum est... costructus<br />
».<br />
lO C. ENLART. Origines françaises de l'architecture gothique en Italie,<br />
Parigi, 1894, p. 125.
- 195-<br />
S. MARIA MAGGIORE<br />
(sec. XIII)<br />
L'armonioso portale,<br />
molto simile a quello<br />
della chiesa coeva di S.<br />
Pietro a Fondi, è a sesto<br />
acuto ed è sormontato da<br />
un attico sporgente,<br />
adorno di cinque pannelli<br />
quadrati, contenenti<br />
medaglioni circolari<br />
con i simboli dei quattro<br />
Evangelisti e dell' Agnello<br />
pasquale.<br />
Tutta questa parte è<br />
sorretta insieme all' arco<br />
agivale - di gusto raffinatissimo<br />
- che incornicia<br />
la lunetta, da colonne<br />
poggianti su leoni<br />
stilofori.<br />
Maggiore ad un'epoca certamente posteriore al 1217 e la considera tra<br />
i monumenti della «scuola» di Fossanova insieme a San Lorenzo di<br />
Amaseno, Santa Maria a Fiume e San Nicola di Ceccano, San Francesco<br />
in Ferentino, la cattedrale e le chiese di San Lorenzo e di San Tommaso<br />
d'Aquino in Priverno, Santa Maria e San Nicola di Sermoneta, la cat-<br />
tedrale e la chiesa di San Lorenzo in Sezze."<br />
11 ENLART, op. cit., pp. 111-157.
s. MARIA MAGGIORE<br />
(se'c. XIII)<br />
Portale laterale sinistro<br />
della facciata. Il<br />
capitello che sorregge<br />
l'arco esterno rappresenta<br />
l'imperatore Federico<br />
II che in punto di<br />
morte, chiese di indossare<br />
l'abito cistercense.<br />
- 196-<br />
Noi pensiamo che la pOSIZIOne del Bianchi e dell'Enlart sia confermata<br />
anche dalla fonte "G". Il manoscritto infatti parla dell'arrivo<br />
dei <strong>Cistercensi</strong> nella città e della costruzione di un monastero adiacente<br />
alla chiesa," della riedificazione della stessa chiesa, nel 1230, dopo la<br />
12 Cfr. Fonte G., pp. 455-456: «Nell'anno 1161, sotto il vescovado di Rodolfo,<br />
sortito dall'Ordine cistercense ed eletto vescovo di Ferentino da Papa<br />
Alessandro III, questo vescovo, che era superiore di Casamari, non appena<br />
venuto a Questa sua sede, introdusse l'Ordine monastico suddetto con l'aver fatto<br />
erigere presso la chiesa di S. Maria Maggiore, un convento di sufficiente<br />
ampiezza ».
-197 -<br />
distruzione da parte dei Chibellini" e di un successivo ampliamento ope-<br />
rato dai monaci, dopo una seconda distruzione ancora da parte dei<br />
Ghibellini, nel 1241,14 con il contributo del Comune e dei monasteri di<br />
Fossanova e di Casamari," al termine però dei lavori della chiesa di<br />
San Francesco," sotto il vescovo minorita Giacomo II. 17<br />
Dalle notizie riportate dal manoscritto 'G' risulta certo che l'ini-<br />
zio di ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore risale alla metà<br />
del secolo XIII, dopo le splendide realizzazioni architettoniche monasti-<br />
che di Fossanova e di Casamari, da cui è partito non solo il contributo<br />
economico, secondo il documento sopra citato," ma probabilmente an-<br />
che la direzione dei lavori.<br />
13 Cfr. Fonte G, pp. 354-377: «In Questo medesimo tempo (anno 1229),<br />
...il partito ghibellino e la sua fazione armata ... attaccarono' armata mano'<br />
il partito dei Guelfi che era difeso da poche milizie pontificie; infine queste sopraffatte<br />
rimasero vinte ed i signorotti cittadini della parte imperiale scacciarono<br />
fuori della città tutti i Padri Benedettini i quali dovettero evadere insieme<br />
ai <strong>Cistercensi</strong>, rifugiandosi in alcuni conventi fuori di diocesi... ».<br />
14 Cfr. Fonte G, pp. 388: «Era sul finire dell'anno 1241.. i faziosi Ghibellini...<br />
appiccarono il fuoco tanto ai casamenti dei Signori Guelfi come ai due<br />
Conventi e di loro chiese annesse dei <strong>Cistercensi</strong> presso l'antica chiesa di<br />
S. Maria Maggiore, e l'altro dei Benedettini e di loro chiesa di San Sebastiano<br />
presso la porta 'Porterula '... ».<br />
15 Fonte G, p. 456: «Pertanto il vescovo unitamente al Municipio ferentinate<br />
approvarono l'ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore, con nuovo<br />
disegno consimile alle due basiliche di Casamari e Fossanova, da dove i Superiori<br />
di Quei monasteri, in tal circostanza contribuirono vistose somme a<br />
questi di loro monaci correligionari per le spese della nuova fabbrica della<br />
chiesa suddetta che poco dopo di quest'epoca dovette essere incominciata e composta<br />
in pochi anni di quel celebre disegno come tuttora si osserva ».<br />
16 Cfr. Fonte G, p. 456: «Il Vescovo Giacomo II, dopo che vide sistemata<br />
la famiglia dei Padri Francescani nel nuovo convento e chiesa di San Francesco,<br />
ove aveva contribuito alle spese anche il Municipio Ierentinate, conservandosi<br />
in detta chiesa il titolo di San Sebastiano ... unitamente al Municipio<br />
ferentinate approvarono l'ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore ».<br />
17 Cfr. Fonte G, pp. 404-406:«Ma se però si addimostrava il vescovo desideroso<br />
di beneficare questi antichi religiosi [<strong>Cistercensi</strong>] che da più secoli<br />
dimoravano in Ferentino, non fu minore il desiderio di essere proc1ive a beneficare<br />
la novella religione francescana di cui egli stesso era figlio e compagno<br />
del santo fondatore ».<br />
1R Cfr. Fonte G, p. 456, in nota 15.
- 198 _'<br />
A questo proposito inoltre bisogna tener presente che S. Maria Maggiore<br />
non risulta da alcun documento con il titolo di abbazia, per cui,<br />
secondo gli ordinamenti dell'Ordine, era da considerare come una grangia<br />
urbana di una abbazia autonoma. Tenendo poi presente che i Ci-<br />
stercensi furono introdotti, nel 1161, dal vescovo Rodolfo, già abate<br />
di Casamari, 19 si può dedurre che detta grangia dipendesse da Casamari.<br />
Una conferma a questa nostra ipotesi potrebbe risultare anche dalla<br />
denominazione della porta sud della città, chiamata, secondo l'uso del<br />
tempo, di indicare le porte con il nome del luogo che in quella direzione<br />
rivestiva una importanza particolare per la stessa città, «porta Ca-<br />
samari », a sottolineare l'importanza sia economica, sia sociale che questa<br />
abbazia esercitava nella zona.<br />
Una conferma ai documenti storici citati ci viene anche dall'esame<br />
di carattere strutturale e stilistico delle varie parti del monumento. Dopo<br />
la seconda devastazione della chiesa da parte dei Ghibellini nel 1241<br />
fu elaborato un piano di ristrutturazione e di ampliamento di comune<br />
accordo tra la comunità locale, gli abati di Fosanova e di Casamari, del<br />
vescovo Giacomo II e del municipio di Ferentino. L'intervento doveva<br />
essere quindi di una certa consistenza e comportava una spesa notevole.<br />
Partendo sempre dai documenti, risulta che la chiesa non fu distrutta<br />
e riedificata «ex novo» ma modificata e ingrandita.<br />
Da uno sguardo attento appare chiaro che l'intervento dei cistercensi<br />
si ebbe soprattutto nell'abside e nel transetto dove risaltano elementi<br />
architettonici gotico-borgognoni, quali lo slancio verticale delle<br />
pareti appena attenuato dal cornicione, i lunghi contrafforti terminanti<br />
a cappuccio, il rosone, la bifora e le monofore ogivali impreziositi da<br />
elementi decorativi più elaborati che a Fossanova e a Casamari.<br />
Una sostanziale modifica fu apportata anche alla facciata che, rialzata<br />
nella parte centrale, mediante l'aggiunta di. due spioventi, perse<br />
la primitiva forma a capanna propria delle più antiche chiese romaniche,<br />
quale si presenta ancora la chiesa di S. Francesco della stessa<br />
Ferentino. La superficie, divisa a zone da linee orizzontali poco aggen-<br />
tanti, è arricchita dall'armonico portale a sesto acuto, da due oculi<br />
diversamente disegnati che sovrastano le sobrie porte laterali e dal rosone<br />
vivacemente intrecciato come a Fossanova.<br />
19 Cfr. Fonte G, pp. 455-4,56, in nota 12.
~ 199-<br />
Archi di «PORTA CASAMARI»<br />
A sinistra di S. Maria Maggiore, a circa duecento metri dalla chiesa, si<br />
elevano due snelli archi che risalgono al tempo di Silla. E' evidente che il nome<br />
«Porta Casamari» deriva dal monastero cistercense del basso Lazio a cui<br />
S. Maria Maggiore dipendeva.
~ 200 ~<br />
L'interno risulta distinto in due blocchi fondamentali: quello anteriore,<br />
molto sobrio e di linea sicuramente romanica, con volte a capriate,<br />
sorrette da pilastri a base rettangolare, sormontati da archi ogivali;<br />
quello posteriore - abside e transetto -, tipicamente cistercense,<br />
coperto con volte costolonate a crociere, poggianti su slanciati pilastri<br />
polistili, ornati da gruppi di capitelli di svariate forme.<br />
Le due parti, pur presentando caratteristiche strutturali diverse, sono<br />
fuse in una unità tanto armonica ed equilibrata da fare di Santa<br />
Maria Maggiore un esempio di sapiente ristrutturazione che testimonia<br />
le eccezionali capacità costruttive della scuola architettonica cistercense.<br />
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CONVEGNO MONASTICO INTERCONGREGAZIONALE<br />
DI PARMA<br />
di P. MALACHIA FALLETTI<br />
Il tema di questo convegno che ha visto radunati a Parma monaci<br />
e monache di tutte le famiglie religiose monastiche presenti nella chiesa<br />
italiana (mancavano solo i Certosini che non partecipano mai a nessuna<br />
riunione), era molto importante non solo, né principalmente, sul piano<br />
culturale, ma soprattutto sul piano esistenziale. Si trattava infatti di<br />
un esame della condizione della vita monastica nel dopo Concilio. Sarebbe<br />
impossibile riportare anche solo brevemente quanto è stato detto<br />
dai partecipanti, circa la vitalità, le difficoltà, le remare, i freni al rinnovamento,<br />
le esperienze, i coraggiosi tentativi, le chiusure in se stessi<br />
e il tran-tran di una vita che non è vita, la passione degli anziani e le<br />
impazienze dei giovani. Solo gli atti che verranno pubblicati potranno<br />
essere esaurienti al riguardo.<br />
Riporterò appena per accenni quel1a che è l'esperienza di rinnovamento<br />
In atto molto vivace e fruttuosa di Camaldoli, e alcune osservazioni<br />
finali molto sommarie.<br />
I - Camaldoli<br />
Alcuni punti hanno caratterizzato il rinnovamento di vita a Camaldoli.<br />
Innanzitutto un allargamento degli orizzonti: si sono fatti sacrifici<br />
per dare ai monaci un'apertura mentale culturale sufficientemente va-<br />
sta da renderla idonea ad affrontare i problemi con consapevolezza e<br />
nella conoscenza della tradizione autentica del mondo monastico. Que-<br />
sto lavoro di formazione ha permesso loro di passare a una prima fa-<br />
se di impegno di accoglienza nel monastero ad una posizione di proposta<br />
derivante da un arricchimento dovuto alla vita monastica.<br />
Si sono seguite alcune piste di rinnovamento interno segnate dal<br />
Concilio: rapporti interpersonali anche informali ispirati ad una forte<br />
fraternità e corresponsabilità. Questo ha richiesto una vita interna con<br />
molti incontri a vari livelli e per gli scopi più diversi. Tra questi incontri<br />
sono privilegiati quelli liturgici.<br />
La liturgia diventa una vera vita: le celebrazioni sono meno teatrali<br />
ma più vive, espressione di una vita interiore dei partecipanti e<br />
anche servizio e animazione per tutti coloro che vogliono associarsi alla
- 202-<br />
preghiera monastica. Di tutto questo il centro è la parola di Dio.<br />
Essa viene letta, commentata e approfondita continuamente; la si vede<br />
realizzata nella regola monastica essendo fedeli alla quale si è fedeli<br />
alla parola; la si approfondisce serenamente in una lettura spirituale<br />
che presuppone una formazione tecnica; la si fa centro di revisione<br />
di vita nella celebrazione della penitenza comunitaria, la si attualizza<br />
con l'omelia dialogata in comunità specie nei mesi invernali in<br />
cui c'è maggior disponibilità di tempo.<br />
La comunità cosÌ confrontata e rafforzata dal contatto con la Parola<br />
si dedica ad un lavoro di apostolato interno con l'accoglienza: pic-<br />
coli gruppi integrati con la comunità all'Eremo, gruppi più grandi e<br />
con modalità diverse nel Cenobio. Il lavoro si protende anche al di<br />
fuori del monastero nel vivo della chiesa locale, sempre con una forte<br />
caratterizzazione monastica. E' una comunità in cammino non immune<br />
dai difetti e da limiti ma alla ricerca di un equilibrio nella scia delle<br />
propulsioni date dal Concilio.<br />
II - Conclusioni<br />
Si è notato un clima di disagio e di tensione per lo stimolo rice-<br />
vuto dal Concilio ma non ancora recepito dalla vita; sono ancora troppe<br />
le affermazioni del Concilio che non trovano riscontro nella vita delle<br />
comunità. Si è lamentato un'abbandono della vita monastica da<br />
parte di alcuni membri. Perché se ne sono andati? Ma forse è meglio<br />
chiedersi: perché noi siamo rimasti? Con convinzione e animati dal desiderio<br />
di viverla fino in fondo, questa vita, oppure per forza d'inerzia<br />
magari riducendo le comunità a pensionati tranquilli? Il rapporto comunitario<br />
va vivificato e interiorizzato. Va ricuperato un discorso di<br />
amicizia ritenuto troppo spesso sospetto.<br />
Non si può avere un vero rapporto con Dio se non si sa avere un<br />
vero rapporto umano di amicizia di comprensione tra fratelli. Si deve<br />
esigere dagli abati di avere delle idee, delle certezze sulla scia della<br />
Parola di Dio e della Tradizione, tali da andare contro corrente, se<br />
necessario, per ricuperare valori autentici. Stessa autenticità va richiesta<br />
ai monaci, che non devono cedere alla tentazione dell'adulazione che<br />
blocca il superiore nello stato attuale di stasi, con il coraggio di dire<br />
no e non per disobbedienza: senza cadere però neppure alla tentazione<br />
di boicottaggio di tutti i suggerimenti e delle intraprese dell'abate.
- 203-<br />
Una preoccupazione è quella delle giovani leve. E' necessario non<br />
lasciarsi impressionare dalla crisi delle vocazioni e dalle contestazioni.<br />
Spesso ciò è causato dal fatto che in teoria si fa un quadro ideale della<br />
vita monastica che non trova riscontro nella realtà di ogni giorno. E'<br />
necessario che l'abate dia una formazione austera, realizzabile nell'attualità<br />
della vita. Non bisogna assolutamente inginocchiarsi davanti ai<br />
giovani. Solo una formazione robusta e autenticamente monastica ovvierà<br />
agli inconvenienti.<br />
I monasteri devono diventare scuola di preghiera con dei maestri<br />
di preghiera. Come mai i giovani oggi vanno anche in oriente a cercare<br />
un «Guru» per imparare da lui il rapporto con l'assoluto?<br />
Il monastero deve avere i suoi ritmi di preghiera di giorno e di<br />
notte. Oggi che si riscopre il valore della preghiera notturna sarebbe strano<br />
che non venisse recuperata dai monaci. La liturgia dovrebbe essere<br />
nel suo vario rinnovarsi, una liturgia monastica autentica nella quale<br />
confluiscono tutti i ruscelli della vita quotidiana, dalla preghiera personale,<br />
dagli incontri comunitari con la Parola di Dio, dalla lectio divina<br />
privata.<br />
Questa lectio divina di cui tanto si parla ma di cui tanto poco si<br />
tiene conto! Si fa la lectio divina nei nostri monasteri? Essa non è studio<br />
né preparazione dell' omelia o delle conferenze ma confronto personale<br />
e vivenzìale con la Parola di Dio. Dove non c'è quotidianamente<br />
questo lavoro la vita si diluisce in mille altri interessi e si snervano tutte<br />
le strutture della convivenza monastica anche del lavoro comunitario.<br />
Quel lavoro comunitario che non può avere come fine primo la remunerazione,<br />
ma la promozione dell'uomo nella sua dimensione personale,<br />
nella libertà di ogni bramosia di possedere, nella ricerca del lavoro<br />
che maggiormente permette una vita di preghiera a costo di guadagnare<br />
meno e vivere poveramente.<br />
La povertà: clima in cui si può respirare Dio e testimoniare ai fratelli<br />
che Dio è colui che ha il nostro primo interesse.<br />
Per il rapporto monaco-Chiesa non è sufficiente l'ospitalità, l'accoglienza<br />
e la condivisione nella preghiera. Si deve recuperare la sacramentalità<br />
della nostra situazione: la dimensione battesimale, la dimensione<br />
di segno nel mondo d'oggi in cui manca in modo troppo evidente.<br />
La crisi e le varie crisi del mondo monastico vengono dalla crisi<br />
nella linea del segno nella Chiesa. Non significa perché non è e non<br />
essendo non si significa.<br />
Non ci si deve spaventare: la vita monastica oggi è di estrema<br />
attualità, è moderna nel senso migliore della parola. E' necessario che
_. 204-<br />
i monaci si liberino dal senso di inferiorità e di colpa per riprendere<br />
fede nella propria vocazione e nel carisma proprio speciale. Carisma<br />
può non essere elemento da scrivere nei testi costituzionali o capitolari,<br />
ma una vita da rinnovare e ringiovanire ogni giorno.<br />
Relazione tenuta al III Convegno monastico intercongregazionale<br />
di Parma dal P. Malachia Falletti Priore conventuale della<br />
Certosa di Firenze<br />
I CISTERCENSI DELLA CONREGAZIONE DI CASAMARI<br />
Il tema della mia relazione è più ristretto di quanto non apparisse<br />
nel programma: essa si limiterà, infatti, ad una sola delle Congregazioni<br />
monastiche cistercensi esistenti in Italia: quella di Casamari. Non sono<br />
infatti in possesso di elementi sufficienti per presentare un panorama<br />
della Congregazione di San Bernardo in Italia.<br />
La Congregazione di Casamari è relativamente recente, poiché<br />
la sua costituzione risale solo al 1929 quando, con il breve «Beati Petri<br />
apostoli» del 14 dicembre, venne aggregata alle altre Congregazioni<br />
dell'Ordine cistercense. Essa è sorta dalla Trappa di Casamari che non<br />
entrò nell'Ordine Cistercense della stretta osservanza quando questi si<br />
formò nel 1892 dall'unione di tutte le case che seguivano la riforma<br />
della Trappa. Essa restò dapprima direttamente dipendente dalla S.<br />
Sede, poi entrò nell'allora Sacro Ordine cistercense (ora semplicemente<br />
Ordine Cistercense) come Congregazione monastica di Casamari.<br />
In questi anni essa è andata espandendosi con una certa rapidità<br />
anche se a scapito della solidità delle fondazioni; infatti nei primi<br />
quarant'anni, nonostante le Costituzioni prevedessero l'esistenza di case<br />
sui iuris, onde realizzare il concetto giuridico di Congregazione monastica<br />
ad norma m iuris, si continuarono a fondare case dipendenti strettamente<br />
dall'unica casa sui iuris, per cui fino a dieci anni fa essa era<br />
una Congregazione più de iure che de facto.<br />
In questi cinquant'anni di vita essa è passata da 30 a 230 membri,<br />
e le case da 3 sono passate a 18 con una estensione geografica che va<br />
dall'Italia al Brasile, agli Stati Uniti e all'Etiopia.<br />
In Etiopia si è realizzata la maggior espansione all'estero: in essa<br />
c'è attualmente una casa autonoma con quattro case dipendenti e circa<br />
90 monaci indigeni.
- 205-<br />
In questi ultimi anni anche Casamari ha risentito della crisi delle<br />
vocazioni, ma fin'ora non in maniera drammatica. Attualmente al numero<br />
dei monaci già ricordato, si devono aggiungere 13 professi di voti<br />
temporanei e 7 novizi, più alcuni postulanti.<br />
Quando il Concilio Vaticano II spalancò le finestre per far entrare<br />
nella Chiesa nuova aria ossigenata, anche la Congregazione di Casamari<br />
ha sentito il bisogno di aria nuova, di rinnovare la propria<br />
vita, di rivedere le proprie usanze, di operare un aggiornamento pur<br />
restando fedele ai principi fondamentali della vita monastica e delle<br />
sue tradizioni cistercensi.<br />
Se guardiamo l'imponente lavoro dei Capitoli Generali che si susseguirono<br />
a ritmo accelerato dal 1968 al 1979, e soprattutto la qualità<br />
delle decisioni prese e dei provvedimenti adottati, dobbiamo dire che<br />
il Concilio ha messo in moto un organismo i cui ingranaggi si erano<br />
alquanto arrugginiti. Negli ultimi tempi difficilmente si affrontavano i<br />
temi fondamentali e per lo più ci si limita va a decisioni di secondaria<br />
importanza. Nei testi dei vari document varati in questi anni, come la<br />
Dichiarazione e i vari Deliberati (in grado minore le Costituzioni che<br />
talvolta presentano una involuzione in confronto colle precedenti) si<br />
nota una certa vitalità e il desiderio di lavorare per una vita migliore<br />
nella Congregazione.<br />
Mi soffermerò solo su alcuni punti di maggior rilievo:<br />
1. - Vita di preghiera. Constatando alcune deficienze in questo campo,<br />
soprattutto per la preghiera comunitaria, a causa dei vari impegni e<br />
per la scarsezza del personale, specialmente in alcune case, il Capitolo<br />
Generale, dopo aver ricordato che non ci può essere vera preghiera comunitaria<br />
se manca una profonda vita di preghiera individuale, ribadisce<br />
la centralità della vita di preghiera, senza la quale non si è<br />
fedeli alla propria vocazione. Pone per questo alcuni capisaldi dicendo:<br />
«la celebrazione in coro dell'Ufficio divino, Opera di Dio, è il compito<br />
precipuo delle nostre comunità », «la celebrazione dell'Eucarestia<br />
ha il posto preponderante» e raccomanda come mezzo per la costruzione<br />
della vita comunitaria «la Messa concelebrata alla quale tutta la<br />
comunità partecipa ». E perché tutta la comunità, nessuno escluso, possa<br />
attuare il principio della Regola «il vostro cuore sia in assonanza<br />
con quello che pronunciate» permette l'uso della lingua corrente sia per<br />
la Messa che per l'Ufficio divino.<br />
2. - Vita di comunità. Benché le Costituzioni gIa prima prevedessero la<br />
esistenza delle case autonome, esse non furono mai erette, per cui di
- 206-<br />
fatto esisteva una sola casa sui iuris con tante case strettamente dipendenti,<br />
colla conseguenza che i monaci venivano continuamente e con<br />
facilità spostati da una casa all'altra, senza la possibilità di formare<br />
delle vere famiglie monastiche con legami duraturi e conseguenti impegni<br />
a largo respiro. Il Capitolo ordinò l'attuazione delle case sui iuris<br />
con famiglia stabile, con diritto di eleggersi il Superiore e la possibilità<br />
di assumere quelle attività più consentanee alle necessità del luogo<br />
dove la casa sorgeva.<br />
Per una maggior coesione nella famiglia monastica, ha unificato le<br />
classi creando la categoria unica dei coristi sia sacerdoti che non sacerdoti.<br />
Ha tuttavia mantenuto la categoria dei conversi, come categoria<br />
in evidente estinzione, perché senza una propria caratteristica in quanto<br />
i conversi hanno praticamente tutti i diritti e doveri dei coristi non<br />
sacerdoti.<br />
3. - Povertà. C'è stata una riflessione su questo tema di grande importanza<br />
per costituire una vita veramente religiosa di testimonianza<br />
nel mondo attuale, e si è ribadita la necessità del distacco affettivo<br />
ed effettivo dei beni non solo per i singoli ma anche per le comunità,<br />
rendendo illegale l'accumulamento dei beni al di sopra di quella che<br />
è la stretta necessità per l'immediato futuro della comunità.<br />
4. - Formazione dei giovani. E' il campo in cui si sono fatte molte<br />
innovazioni positive per lo sviluppo della personalità dei giovani in<br />
formazione: autorizzazione ad aprire il periodo chiuso della formazione<br />
del noviziato con uno o più periodi di attività formativa onde saggiare<br />
e scoprire le attitudini dei giovani al genere di vita nella Congregazione;<br />
invito ai religiosi di altri istituti, preferibilmente monastici,<br />
particolarmente esperti nella direzione dei giovani, ad aver colloqui<br />
con i giovani monaci; possibilità di trascorrere dei periodi di tempo<br />
con i giovani di altri istituti monastici; possibilità di diventare attivi<br />
nella vita di comunità per quanto riguarda l'animazione della vita<br />
liturgica.<br />
5. - Ringiovanimento della Congregazione per il gruppo direttivo. E'<br />
stato preso atto della difficoltà di mantenersi a lungo nella capacità e<br />
disponibilità di recepire tutte le istanze di rinnovamento che la vita<br />
oggi richiede. Si è cercato di venire incontro a due esigenze: quella di<br />
una certa tranquillità nella famiglia monastica che non deve venire
- 207-<br />
turbata da un cambiamento troppo frequente di superiori, con quella<br />
della necessità di un ricambio.<br />
Si sono stabiliti tre punti fondamentali:<br />
- riduzione della durata dell'incarico del superiore a 9 anni;<br />
P ,', •• ~ e: .. i<br />
- impossibilità di rieleggere più di due volte la medesima persona<br />
(quindi impossibilità di durare in carica più di 18 anni);<br />
in ogni caso dovere di dare le dimissioni al 70° anno di età.<br />
Scorrendo questo elenco di realizzazioni giuridiche, che si potrebbe<br />
ancora allungare, si può avere l'impressione di essere caduti nel<br />
pericolo del trionfalismo paventato nella sua introduzione dall'abate<br />
Bovo.<br />
Ma devo subito osservare, per equilibrare la mia esposizione, che<br />
ho parlato di lavoro di riflessione e legislativo. Non sempre i progetti<br />
beni ed ambiziosi sono stati tradotti nella realtà.<br />
Quello che l'organismo supremo di governo, cioè il Capitolo Generale,<br />
ha recepito e proposto come convinzione intellettuale, non è<br />
passato in un vero convincimento esistenziale sia individuale che collettivo.<br />
Certi programmi sono belli nel momento in cui si decide, ma<br />
cominciano a far paura quando si tratta di passare alla fase operativa.<br />
Riprendendo in esame i punti visti possiamo vedere quanto realmente<br />
è stato attuato o in via di attuazione.<br />
1. - Vita di preghiera. Al principio del primato della preghiera, centro<br />
e perno di tutta l'attività comunitaria si è preposto un « ma» o un<br />
« a meno che ». Ci sono impegni svariati che tengono impegnata talvolta<br />
la maggior parte della comunità e non come eccezione, ma come<br />
regola, per cui il coro viene sostenuto nelle case più grandi, dove<br />
c'è la casa di formazione, proprio dai giovani con una sparuta rappre-<br />
sentanza dei religiosi. Ci sono poi case che non hanno la recita corale<br />
dell'Ufficio o l'hanno in maniera veramente insufficiente sia riguardo<br />
alla percentuale dei partecipanti, sia al modo di celebrazione. Alcune<br />
case che non corrispondono alle esigenze minime previste dai docu-<br />
menti, anche costituzionali, non vengono soppresse, ma tollerate e<br />
riconosciute: siamo pochi..., si fa quello che si può ...<br />
2. - Vita di comunità. Sono state realizzate tre case autonome con<br />
famiglia che dovrebbe essere stabile. A parte la casa di Etiopia che
- 208-<br />
abbraccia tutti i monasteri in terra africana, le altre case sono state<br />
erette più giuridicamente che esistenzialmente, in quanto non si è pensato<br />
a costituirle con tutto il personale occorrente per lo svolgimento<br />
delle attività essenziali (si pensi che nelle due case italiane autonome<br />
non si è pensato mandarvi un monaco conoscitore della musica e del<br />
canto, eppure esse hanno l'obbligo di cantare gran parte dell'Ufficio<br />
ogni giorno!). Non si è tenuto conto che esse devono avere un abate<br />
(o Priore) un vice priore, un amministratore, un maestro dei novizi.<br />
E questo appare tanto più stridente quando di pensi che dei 140 monaci<br />
italiani solo 25 costituiscono due case sui iuris e 115 la restante<br />
casa autonoma di Casamari.<br />
3. - Povertà. E' il discorso restato maggiormente nella teoria, senza alcuna<br />
presa nella realizzazione pratica, anzi con indicazioni contrastanti<br />
al dettato legislativo.<br />
4. - Formazione dei giovani. Non mi consta si sia realizzato alcunché<br />
di quanto previsto, al di fuori del ritiro mensile con un incontro con un<br />
padre che viene dall'esterno.<br />
5. - Ringiovanimento dei «quadri ». E' stato uno dei punti più temuti<br />
e quindi negato nella realizzazione. Il caso più significativo, che resta<br />
emblematico, del Capitolo Speciale del l'O agosto di quest'anno chiamato<br />
ad eleggere l'abate di Casamari e Preside della Congregazione.<br />
Dei tre principi posti dal Capitolo Generale neppure uno è stato attuato:<br />
è stato infatti rieletto per la terza volta l'abate che ha già governato<br />
per 38 anni e che ha superato i 70 anni di età!<br />
Conclusione. La Congregazione di Casamari è una Congregazione giovane<br />
non solo per la sua istituzione, ma anche per l'età media die suoi<br />
monaci (non raggiunge i 50 anni!). Il P. Abate Preside diceva nel 1970:<br />
«Non possiamo fare a meno di essere solidali con lo smarrimento dei<br />
più anziani e nello stesso tempo con le legittime aspirazioni dei più<br />
giovani» (Allocuzione ai PP. Capitolari).<br />
Per adesso sembra che lo smarrimento dei più anziani abbia avuto<br />
più influsso frenante. C'è da augurarsi che nel prossimo futuro si tengano<br />
presenti anche le legittime aspirazioni dei più giovani, già per<br />
altro sancite dal Capitolo Generale, per fare camminare la Congregazione<br />
di Casamari in una via di reale rinnovamento.
LETTERA PASTORALE<br />
di FR. SIGHARDO KLEINER Abate Generale <strong>Cistercensi</strong> agli Abati,<br />
alle Abadesse, ai Priori ed alle Priore conventuali e a tutti i fratelli<br />
e le sorelle nel Signore - salute e benedizione.<br />
Fratelli dilettissimi,<br />
il Signore ci radunò, affinché fossimo per Lui il popolo eletto, il popolo<br />
che lo serve all'unanimità e i convitati alla mensa della Sua grazia.<br />
Egli ci ha chiamati ad essa affinché siamo i Suoi testimoni nella fede e<br />
nella gioia; perché molti altri ancora siano chiamati per opera nostra a<br />
partecipare alla medesima grazia. Tale è infatti la forza che inerisce alla<br />
grazia della nostra vocazione; essa è forza atta ad impedire che in noi<br />
la grazia sia inutile, trasformandola invece in luce per altri, indirizzandoli<br />
a intraprendere la stessa via. Di tale grazia vocazionale che dobbiamo<br />
trasmettere fedelmente ad altri fratelli, vorrò ora parlare in questa<br />
lettera pastorale.<br />
Sebbene ai giovani non manchino le buone disposzioni, la loro fede<br />
e i loro costumi appaiono tuttavia ben spesso talmente contagiati dall'ambiente<br />
mondano, che non possiamo fare a meno di turbarci ed angustiarci<br />
pensando all'avvenire. Non spetta a noi di indagare le cause del<br />
loro stato psicologico e religioso. Ne conosciamo il fatto. Ma sappiamo<br />
anche che senza di loro né l'Ordine né i nostri monasteri potranno sussistere<br />
in futuro. Sarebbe troppo ingenuo credere che l'evoluzione del mondo<br />
odierno possa ritornare sui suoi passi. E' certo che coloro che oggi<br />
sono giovani, quando saranno maturi, infonderanno non poca acqua nel<br />
vino ribollente delle loro opinioni giovanili, ma ad un tempo è anche sicuro<br />
che non ritorneranno alla fede nella Chiesa e nel suo Magistero ed<br />
istituzioni - che in molti è fortemente scossa -, per amore verso le tradizioni<br />
dei loro padri, ma solamente se vedranno nella Chiesa i segni e<br />
la forza dello Spirito Santo. Non vogliono parole, ma vive testimonianze<br />
di fede. Non li convincerà la professione di fede dei tempi passati, ma<br />
soltanto lo Spirito nuovo, operante. Abbiamo già imparato per esperienza<br />
che i giovani non si possono attrarre mutando le vesti e i movimenti,<br />
o un modo di vivere che suscita più la curiosità che la pietà. I giovani<br />
moderni, che spesso si contraddicono nelle loro opinioni, rigettano per<br />
principio quanto produce un senso di vacuità o di formalismo e non contiene<br />
una genuina testimonianza di fede. E sappiamo quanto possano<br />
essere sagaci e perfino ingiusti nei loro giudizi!<br />
Nell'ultimo tempo si è potuto notare un certo aumento di coloro che<br />
desiderano condividere la nostra vita. Ma ognuno di noi sa che Dio non<br />
può chiamare gli uomini, là dove a causa del decrescente numero delle
- 210'-<br />
nascite mancano ormai le vocazioni. Perciò non ci è permesso di rimanere<br />
inerti, a mani inabili di fronte a tale fenomeno.<br />
S'avvicina il Centenario di S. Benedetto. Non è forse il tempo della<br />
salvezza per tutta la famiglia monastica che milita sotto la sua Regola?<br />
E' il tempo di pensare, di meditare sui segni di Dio, è il tempo di pregare.<br />
Tale lavoro di aggiornamento non indebolisce in sostanza i valori<br />
monastici, ma li fa nuovamente risplendere nella luce del verbo di Dio<br />
e li rafforza in modo nuovo.<br />
Il trapianto dei valori eterni in terra nuova richiede lo studio dei<br />
segni dei tempi cioè dei mutamenti nel modo di pensare e di agire degli<br />
uomini, specialmente nei riguardi della scala o gerarchia dei valori.<br />
In tal modo si saprà quali sono le disposizioni di cuore più adatte ad accogliere<br />
il buon seme. Infatti la mente e l'opinione dei giovani sono come<br />
il termometro che misura e stima i valori umani. E' anzitutto necessaria<br />
un'accurata conoscenza di tali valori per poter avvicinare e guadagnare il<br />
giovane mediante i valori che stima altamente, anche se questi si debbano<br />
gradatamente purificare e santificare. Detti valori dunque in lui non<br />
si devono né distruggere, né disprezzare, ma dobbiamo mostrargli il loro<br />
pregio genuino.<br />
Molti giovani vivono diffidando di quei genitori e maestri che non<br />
sanno riconoscere in loro i veri valori; sono valori che non mancano nemmeno<br />
agli indisciplinati ed inquieti ma che li fanno maggiormente ribelli.<br />
Nell'intimo del loro cuore questi giovani soffrono e sono perplessi<br />
se da un lato devono mostrare l'affetto filiale verso i genitori e dall'altro<br />
il legame con cui sono uniti ai loro coetanei che condividono le loro<br />
idee.<br />
Da ciò deriva la necessità di studiare, - con grande amore per il<br />
problema -, le disposizioni dei giovani in generale. In tempi pasasti la<br />
evoluzione della vita economica, della situazione tecnica, sociale e morale<br />
procedeva con sviluppo relativamente lento, in modo che il passaggio<br />
da una generazione all'altra avveniva in maniera molto più organica<br />
e fra le generazioni non mancavano le comuni basi di principio, così necessarie<br />
per l'educazione. Oggi al contrario si avverte molto spesso la<br />
mancanza di coerenza nel modo di pensare e giudicare, anche se tale difetto<br />
non appare sempre manifestamente. Il giovane infatti spesso non<br />
sa dare adeguata espressione alla sua esperienza; ciò aumenta in lui una<br />
crescente resistenza; ma anche la solitudine e la perdita di sicurezza.<br />
Una mancanza di organica comprensione delle generazioni e la carenza<br />
di dialogo producono una vicendevole incomprensione in modo che,<br />
trattandosi d'una nascente vocazione religiosa nel giovane, questa non<br />
può giungere alla sua maturità, o se fu già accettata, essa può degenera-
- 211-<br />
re in crisi. Essa presenta un ostacolo nel diverso modo di concepire la<br />
propria vita e la sua piena e gioiosa integrazione nella comunità.<br />
Però da quanto è stato detto, non dobbiamo concludere che le<br />
osservanze monastiche si devono conformare ai desideri dei giovani in<br />
modo che questi possano continuare nella loro solita vita. Sarebbe<br />
erroneo credere di poter guadagnare i giovani togliendo di mezzo<br />
tutte le spine pungenti adeguando le usanze monastiche in modo<br />
da far apparire la vita monastica conforme alle abitudini del mondo. Un<br />
giovane che viene al monastero per vera vocazione, cacciato da tali<br />
metodi di proselitismo, se ne partirà insoddisfatto. Anche se il giovane<br />
proveniente dal mondo, entrando in monastero a motivo del grande<br />
mutamento di vita, dev'essere introdotto con pazienza e prudenza nel<br />
nuovo modo di comportarsi, circa le cose essenziali, S. Benedetto da buon<br />
psicologo, richiede: «Gli si predirà ogni durezza ed asprezza per cui si<br />
giunge a Dio (Reg. c..58) affinché non ritragga il suo collo dal giogo della<br />
Regola, se un giorno si. sentirà illuso. Del resto è evidente che biosgna usare<br />
pazienza anche per il fatto che i giovani, educati in una società che non<br />
solo riconosce per principio indiscutibile la scissione fra Chiesa e Stato,<br />
ma che tende anche ad una sempre maggior separazione fra la vita sociale<br />
e quella privata, considerando> la sfera di vita personale intangibile<br />
da parte dei Superiori e nel primo tempo sopportano a fatica una totale<br />
dedizione della propria vita ed un perenne sforzo di conversione.<br />
D'altra parte non c'è dubbio che 1. giovani, entrando in un monastero,<br />
cerchino Dio ancorché in modo meno chiaro ed esplicito. Sono chiamati<br />
da Dio, si sentono chiamati da Lui. Li ha provocati il Vangelo, specialmente<br />
la persona di Gesù Cristo. Ancorché altri abbiano steso loro<br />
una mano amica nel discernere la loro vocazione, l'influsso di costoro<br />
non supera mai il limite d'un servizio. I giovani vogliono udire la parola<br />
di Dio molto più che le parole degli uomini. Essi cercano quella espansione<br />
contemplativa che inerisce essenzialmente alla vita monastica che<br />
del resto viene salutata e considerata nuovamente connaturale anche<br />
dalle stesse Congregazioni d'età più recente. Nel monastero i giovani<br />
sperano di trovare Gesù Cristo che ci ha inculcato: «La mia casa è casa<br />
di orazione» (Lc. 19,46), dalla quale non è certamente esclusa l'azione<br />
fino a quando Dio vi è adorato in Spirito e verità.<br />
Da quanto abbiamo detto, si rende evidente quale e quanto sia lo<br />
sforzo di spirituale energia richiesta ad integrare i giovani nella vita monasteriale.<br />
Affinché i giovani presso di noi trovino una situazione consona<br />
al loro intimo desiderio e alla loro ispirazione, dobbiamo mostrar loro<br />
i valori della vita monastica in modo sincero, con purezza e persuasione<br />
e cioè più coi fatti e cogli esempi che con le parole. I monaci, persuasi del
- 212-<br />
valore della propria vita, potranno procreare monaci persuasi di quel<br />
valore, monaci che saranno felici nella loro vita, bene integrati, senza<br />
corruzione d'identità, monaci, come si dice, rettilinei e tesi verso la<br />
virtù, monaci equilibrati.<br />
Dobbiamo confessare che il passaggio dalle consuete abitudini di pensare<br />
ed agire non è facile. Il corso della nostra vita fino ad ora si svolgeva<br />
con una certa semplicità e sembrava cosÌ promettere un pacifico<br />
possesso dell'avvenire. Tuttavia, a testimonianza di molti, l'umanità si trova<br />
di una profonda trasformazione ideologica. Ciò però non deve incuterei<br />
affatto del timore. Quando seguiamo Cristo, Cristo è con noi e i giovani<br />
Lo troveranno presso di noi. Anche se nel mondo si fa sera, Cristo rimane<br />
con noi ed abita nella nostra casa - e così la vostra casa non sarà<br />
abbandonata e deserta (cf. Mt. 23, 38).<br />
Il centenario del nostro Santo Padre San Benedetto con la grazia<br />
dello Spirito Santo ci porti a riconoscere con nuovo slancio i valori della<br />
Regola, a comprendere la loro interna armonia e a viverli con rettitudine<br />
e sincerità, senza deflessioni opportunistiche; ci porti a predicare questi<br />
valori al mondo, ogni monastero secondo le proprie condizioni. Non c'è<br />
dubbio che l'avvenire dei nostri monasteri dipenderà dal modo in cui<br />
saremo i portatori dello spirito nuovo, cioè del Vangelo, quando saremo<br />
sinceri annunciatori della Regola ed interamente consacrati a Cristo.<br />
Ci è dunque necessario considerare la celebrazione del centenario<br />
benedettino come il tempo di salvezza per l'Ordine nostro. Con la stessa<br />
speranza ci prepariamo al prossimo Capitolo Generale che dovrà essere<br />
veramente la nostra comune adunanza con lo Spirito Santo per il progresso<br />
e l'utilità dell'Ordine e specialmente degli abati che sono i maestri<br />
responsabili della propria comunità. In quest'ufficio non possono essere<br />
sostituiti da altri.<br />
Lo Spirito del Signore susciti perciò nei nostri cuori l'aumento dei<br />
suoi doni; accresca in noi il dono dell'intelletto, per penetrare con maggior<br />
chiarezza tutta la verità; accresca in noi il dono della scienza per<br />
spiegare esaurientemente la verità che abbiamo conosciuto; il dono della<br />
sapienza per accogliere con gioia la verità e poterla godere; accresca in<br />
noi il dono del consiglio per addivenire con serenità e prudenza a pratiche<br />
conclusioni.<br />
Vogliamo perciò attingere specialmente ai tesori della santa Regola<br />
quelle verità e quei valori con il cui aiuto, noi, nuova stirpe di monaci<br />
istruiti dalJa virtù delJo Spirito Santo, sapremo trasmettere, agli uomini<br />
di domani, intatta la grazia della nostra vocazione, di cui Dio, nella Sua<br />
infinita misericordia ci ha ricolmati.
JEANDE LA CROIXBOUTON O.C.S.O.<br />
STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />
(trentesima puntata)<br />
Le fondazioni della "v alsainte "<br />
Si dovrebbe indubbiamente risalire all'epoca di S. Bernardo per<br />
riscontrare una copiosità di vocazioni simile a quella che, fin dall'inizio,<br />
si verificò alla Valsainte. Dalle località più disparate si chiedeva a Dom<br />
Augustin il favore di essere ammessi al noviziato. Un tale appello proveniva<br />
da laici, da religiosi di altri Ordini, non meno che da preti diocesani<br />
immigrati. E Dom Augustin accoglieva tutti. E «nonostante che<br />
il numero di coloro che perseveravano non fosse grande, era tuttavia<br />
tale da raddoppiare e perfino triplicare ogni anno in breve tempo il<br />
contingente fissato dal Governo ».<br />
CosÌ scriveva il prete Dargniès. D'altronde il Governo non si dimostrava<br />
affatto meticoloso al riguardo, mentre, dal canto suo, Dom Augustin<br />
si guardava bene dal fornire all'Autorità dei dati troppo precisi.<br />
Tuttavia una Dichiarazione del 1 maggio 1794 stabilì che non si doveva<br />
eccedere il numero di 17 professi solenni, Superiore compreso, di 15<br />
fra novizi e postulanti e di 13 fratelli conversi o donati. Inoltre, sia allo<br />
scopo di ridurre il numero dei religiosi, sia al fine di predisporre<br />
un rifugio nell'ipotesi che il Governo di Friburgo ritirasse il suo appog-<br />
gio, si orientò decisamente verso la realizzazione di nuove fondazioni<br />
da effettuarsi particolarmente nei Paesi cattolici. Di queste appunto<br />
seguiremo l'ordine cronologico, rimandando a più tardi di parlare di<br />
quelle che si riallacciano alla cosidetta «Odissea Monastica ».<br />
La fondazione di "Sainte-Suzanne"<br />
L'inizio della fondazione della Valsainte fu testimonio di una povertà,<br />
anzi di una miseria, estrema, per cui Dom Augustin si determinò<br />
a stendere la mano per chiedere soccorsi. Ne ebbe dalla Spagna, e,<br />
fra gli altri, dai monasteri di Poblet, Las Huelgas ecc., che gli fecero<br />
pervenire non solo delle elemosine ma anche delle lettere così incoraggianti<br />
che lo indussero a mettere gli occhi su uno dei suoi religiosi.<br />
Si tratta di Dom Gerasimo di Alcantara, nato a Mons, nel Bergio,<br />
da una famiglia di origine spagnola. Di quest'ultimo si servì per eri-
- 214-<br />
gere una filiale in quel paese così profondamente cattolico. Dom Gerasimo<br />
lasciò la Valsainte con un solo compagno di viaggio, Dom Giovanni<br />
De Coanus, il 15 aprile del 1793. Il movimento itinerante dei<br />
due Fondatori è raccontato in «Odissea Monastica », come pure in<br />
«Los primeros Trapenses en le Cìster espafiol » (vd. «Cistercium» 1956,<br />
n. 48 e «Un grande Monaco: Dom Gerasimo di Alcantara », ib. 1957,<br />
n. 50).<br />
C'è da dire che non fu una fondazione facile. Una lunga catena<br />
di trattative e di dilazioni mise a dura prova la pazienza dei due Trappisti,<br />
al punto che solo il 4 gennaio del 1796 Dom Gerasimo e Dom<br />
Giovanni, ai quali Dom Agostino aveva aggiunto altri religiosi, furono<br />
in grado di prendere possesso della Casa loro destinata: il Priorato di<br />
S. Susanna, dipendente dall' Abbazia di Escarp. Dom Gerasimo ricevette<br />
la benedizione abbaziale a Madrid il 25 marzo del 1798.<br />
Carlo De Chateaubriand, fratello dell'illustre scrittore, cacciato dalla<br />
Francia a causa la Rivoluzione, trovò rifugio in questo monastero di<br />
S. Susanna dove indossò l'abito di fratello converso prendendo il nome<br />
di Climaco. Nelle lettere da lui indirizzate ai fratelli ed alle sorelle<br />
rimasti in Francia, Fra' Climaco descrive la vita edificante ed austera<br />
dei Trappisti di S. Susanna. Il celebre Chateaubriand inserì queste lettere<br />
del fratello Climaco nell' Appendice della sua opera «Il Genio del<br />
Cristianesimo », della quale costituiscono dei brani giustificativi indubbiamente<br />
adatti al soggetto.<br />
La Comunità di S. Susanna ebbe a soffrire a motivo dell'invasione<br />
della Spagna ad opera di Napoleone, per cui fu costretta ad andare<br />
in esilio a Majorca. La ritroveremo peraltro allorché avremo occasione<br />
di esporre un quadro generale sullo stato dell'Ordine di Citeaux nel 1815.<br />
Istituzione del terz' ordine della Trappa e delle Trappistine<br />
La dichiarazione del I" maggio 1794 fa cenno, oltrecché dei religiosi,<br />
dei novizi, dei conversi e dei domestici «di un giovanetto che ospitiamo<br />
curandone l'educazione ». E' senz'altro di lui che parla il prete<br />
Dargniès, diventato poi il P. Francesco di Paola, allorché scrive: «restammo<br />
fortemente sorpresi di vedere nel monastero un ragazzetto di<br />
6 o 7 anni che partecipava agli Esercizi unitamente ai fratelli donati ».<br />
Evidentemente si trattava di un orfanello raccolto per carità. Ben presto<br />
altri ne furono ospitati, perché Dom Augustin si mise a disposizione
- 215-<br />
per istruire ed allevare i ragazzi dai 6 ai lO anni che le famiglie gli<br />
avessero voluto affidare. Le domande di accettazione furono talmente<br />
numerose che, a far data dal 1794, fu necessario di organizzarli in una<br />
comunità distinta ed autonoma, assegnandole quali professori quei religiosi<br />
che a motivo della loro precaria salute non erano in grado di<br />
seguire la Regola nella sua integrale austerità. Dom Augustin raggruppò<br />
questi religiosi ed i ragazzi, il cui numero sorpassava il centinaio,<br />
in un'istituzione che fu chiamata «Il Terz'Ordine della Trappa »,<br />
L'originale Regola trappista vi fu sensibilmente raddolcita. L'abito<br />
era quello dei religiosi, ad eccezione della cocolla, mentre sullo scapolare<br />
di colore bruno spiccava un cuore confezionato con della stoffa<br />
rossa recante l'iscrizione: «La Santa Volontà di Dio ».<br />
Questi giovani aderenti al Terz'Ordine erano completamente separati<br />
dalla Comunità, alla quale si univano solo per il canto della e Salve<br />
Regina », Al Governo che gli chiedeva quali fossero i suoi intenti<br />
a seguito del raggruppamento di questi ragazzi nel suo monastero, il<br />
Reverendo Padre D. Augustin rispose «che era per farne dei cittadini<br />
capaci di assolvere i loro doveri di padri di famiglia o di istitutori. Aggiungeva<br />
poi che se vi fosse stato qualche settore del commercio verso<br />
il quale orientare in special modo la gioventù del Paese, pregava che<br />
gli venisse indicato» (citazione contenuto in «Emigrazione francese »,<br />
op. cito p. 323).<br />
Nello stesso 1796 fondò a Sembrancher, nel Valais, il monastero<br />
della «Santa Volontà di Dio », nel quale riunÌ un certo numero di religiose<br />
di Ordini diversi, di canonichesse e di ragazze, e dove entrarono<br />
a far parte anche due sorelle di P. Agostino. Infine a Romont istituì<br />
un Terz'Ordine di Trappistine alle quali affidò il compito dell'educazione<br />
delle ragazze del luogo.<br />
Nonostante la consistente mortalità, da attribuire all'eccessiva austerità<br />
di quel regime di vita, (infatti fra il 1792 ed il 1798 si verificarono<br />
ben 34 decessi, e precisamente 22 professi, 9 novizi e 3 ragazzi) l'afflusso<br />
di nuove vocazioni acconsentì a Dom Augustin di effettuare nuove<br />
fondazioni.<br />
E' vero peraltro che egli non si preoccupò mai né d'inviare, a norma<br />
delle prescrizioni della Regola e dei Primi Capitoli Generali di<br />
Citeaux, dodici religiosi ed un Abate, né di attendere che le singole<br />
Case religiose fossero organizzate. In proposito Dom Antonio di Memmerey<br />
scriverà più tardi riguardo alla fondazione di «La Sainte-Baume<br />
»: «Il Reverendo P. Dom Augustin, trascinato dal suo zelo e dal<br />
suo desiderio di procurare nuove fondazioni alla Riforma, accettava
- 216-<br />
senza indugi tutto ciò che gli veniva offerto: pur di realizzare qualche<br />
nuova fondazione avrebbe preso, per così dire, anche una capanna<br />
posta sulla cima di una roccia» (« Annales d'Aiguebelle », II, p. 204).<br />
Nonostante tutto però non poche di queste «domuncule », come le<br />
chiama Don Antoine, hanno la loro storia.<br />
Fondazioni di Westmalle, Lulworth, Darfeld e del Piemonte<br />
Fin dal 1793, venuto a conoscenza dei rapidi progressi del Cattolicesimo<br />
nel Canada, Dom Augustin concepì 1'«audace progetto» di stabilirvi<br />
un monastero dell'Ordine. Il 28 agosto del 1793, due religiosi,<br />
il cellerario P. }ean-Baptiste ed il P. Eugenio De Laprade unitamente<br />
ad un fratello donato, lasciarono la Valsainte per trasferirsi nel Canada.<br />
Non avendo potuto imparcarsi ad Amsterdam, si recarono ad Anversa<br />
dove il vescovo fece loro la proposta di stabilirsi nella sua diocesi.<br />
Dom Augustin, consultato nel merito di tale richiesta, accettò ed in<br />
seguito ad una sottoscrizione fu possibile acquistare una fattoria presso<br />
Westmalle non lungi da Anversa. Nel frattempo Dom Augustin non<br />
aveva perduto di vista il Canada. Fin dall'aprile del 1794 alcuni religiosi,<br />
sotto la direzione di Dom Arsène, avevano lasciato la Valsainte, con<br />
l'incarico a Dom Arsène di fermarsi a Westmalle allo scopo di acconsentire<br />
a P. }ean-Baptiste di proseguire il suo viaggio verso il Canada.<br />
I pionieri del Nuovo Mondo passarono quindi in Inghilterra dove<br />
avevano già trovato chi li avrebbe favoriti al fine della traversata dell'Oceano,<br />
allorché una fortuita circostanza fece loro perdere la nave<br />
per l'America. A questo punto D. Baptiste prese la decisione di rimanere<br />
in Inghilterra e ad accettare l'offerta di un ricco proprietario, tale<br />
Thomas Weld, che gratuitamente mise a disposizione una sua tenuta<br />
nei pressi di Lulworth e situata in riva al mare. Era il mese di ottobre<br />
del 1794.<br />
Dom Augustin adorò, al pari di Dom }ean-Baptiste, la Santa Volontà<br />
di Dio, e non gli dispiacque ovviamente di veder rifiorire la vita<br />
cistercense in Inghilterra da dove era scomparsa da più di due secoli.<br />
Al contrario, nel momento stesso in cui veniva fondata la Casa di Lulworth,<br />
quella di Westmalle cessava di esistere in quanto il 17 luglio di<br />
quel 1794 le armate francesi invadevano il Belgio. Dopo di aver trovato<br />
rifugio prima a Miinster e successivamente a Marienfeld, presso i Bernardini,<br />
i Trappisti di Westmalle s'insediarono a Darfeld in Westfalia,<br />
dove nell'ottobre del 1795 diedero mano alla costruzione di un monastero<br />
del quale fu nominato Superiore Dom Eugenio De Laprade.
- 217-<br />
Rapidamente seguirono altre fondazioni. La prima in ordine di<br />
tempo fu quella di Mont-Brac presso Saluzzo in Piemonte. Dom François<br />
De Sales accompagnato da due altri religiosi giunse a Torino il 21<br />
marzo del 1794 e venne ospitato dalla Comunità di S. Filippo Neri.<br />
Ebbero quindi inizio delle trattative presso la Corte piemontese.<br />
Maria-Clotilde di Francia, sorella di Luigi XVI e Principessa di Piemonte,<br />
diede il suo benevolo appoggio di modo che la cosa andò rapidamente<br />
a buon fine. L'8 aprile Dom Francesco di Sales poteva scrivere:<br />
«Abbiamo incominciato per ultimi, ed il Cielo consente che finiamo<br />
per essere i primi».<br />
La solitaria località che veniva loro offerta era stata in precedenza<br />
occupata dai Certosini. Questa Comunità di Mont-Brac si accrebbe con<br />
tanta rapidità da vedersi costretta a fare una nuova fondazione: quella<br />
di Sordevolo, in Diocesi di Biella, eretta nel 1796. Verso la fine del<br />
mese di settembre del 1794, Don Augustin scelse Dom Francesco di<br />
Paola Dargniès per inviarlo a fondare una Casa in Russia. Gli mostrò<br />
su di una carta geografica il Paese che gli veniva assegnato e la via da<br />
seguire per raggiungerlo, raccomandandogli di affrettarsi di arrivare<br />
prima che sopravvenisse l'inverno.<br />
«Si pensi, scriverà Dom François di Paola nelle sue "Memorie",<br />
che ci si avvicinava al mese di ottobre e che dalla Svizzera a S. Pietroburgo<br />
vi sono da coprire 200 leghe ». Ma questo particolare non valse<br />
a frenare Dom Augustin che associò alla comitiva P. Urbano ed un<br />
novizio.<br />
Contemporaneamente erano in partenza per l'Ungheria altri due<br />
religiosi ed un novizio. Dovevano tutti fare il viaggio assieme fino a<br />
Vienna. La partenza avvenne il 7 ottobre del 1974. Dom Augustin aveva<br />
ottenuto delle «Lettere commendatizie », ma ciò si dimostrò insufficiente<br />
per intraprendere un viaggio di questo genere ed in condizioni cosÌ<br />
precarie.<br />
I viaggiatori si smarrirono sulle montagne, la mula che portava il<br />
pur modesto carico di bagagli, forse perché mal nutrita, si rifiutò di<br />
proseguire benché fosse stata allegerita di una parte del peso impostole.<br />
Inoltre Dom François de Pau l cadde ammalato per cui si dovette ricondurlo<br />
alla Valsainte, e dal canto loro i religiosi che avevano avuto<br />
in consegna le commendatizie le fecero cadere inavvertitamente nel<br />
fuoco che le ridusse in cenere. A questo punto, Dom Augustin fece richiamare<br />
i viaggiatori che erano da poco entrati in Germania. CosÌ si<br />
concluse il tentativo di fondazione sia in Russia che in Ungheria.
- 218-<br />
Dom Augustin non si scoraggiò tuttavia per sì poco, benché avesse<br />
deciso di restringere il suo orizzonte apostolico. Prima della fine del<br />
1795 egli rivolse al Senato del Vallese la richiesta di una benevola autorizzazione<br />
ad acquistare un terreno in quel Cantone per fondarvi<br />
un monastero maschile ed un convento femminile. Numerosi religiosi<br />
cistercensi nel 1792, e per lo spazio di 3 anni, avevano trovato rifugio<br />
nel Cantone di Soleure dove era stato loro affittata una Casa-asilo.<br />
Costoro però nel 1794 si trasferirono nel Vallese. Ma la località<br />
era quanto mai malsana tanto che in breve tempo non pochi religiosi<br />
vi morirono. Il Superiore Dom Gèrard, prima di soccombere anche lui,<br />
Scrisse a Dom Augustin dicendosi disposto a fare la cessione di queste<br />
due residenze. Dom Augustin si recò nel Vallese. Vi trovò solo<br />
alcuni religiosi quasi tutti in precarie condizioni di salute. Li fece trasferire<br />
altrove, e, associando a loro tre monaci della Valsainte, li sistemò<br />
dapprima in una piccola Casa presso Sion, e successivamente a<br />
Sembrancher dove si trovavano due Case libere. Di queste, una fu<br />
destinata ai religiosi di Soleure e di Saint-Pierre des-Clès, l'altra alla<br />
fondazione delle Trappistine che abbiamo menzionato più sopra.<br />
In tal modo allorché all'inizio del 1798 la Comunità della Valsainte<br />
fu costretta a fuggire per l'avanzata delle truppe francesi che invadevano<br />
la Svizzera, Dom Augustin si trovò alla testa di una vera e propria<br />
Congregazione che comprendeva, oltre alla Valsainte, sette monasteri<br />
maschili: Sainte-Suzanne in Spagna, Lulworth in Inghilterra,<br />
Darfeld nella Westfalia, Mont-Brac e Sordevolo in Piemonte, Sembrancher<br />
nel Vallese e \Vestmalle nel Brabante, provvisoriamente abbandonato.<br />
Inoltre era stata eretta una Casa di Trappistine, quella della «Santa<br />
Volontà di Dio» a Sembrancher ed infine due Comunità di ragazzi<br />
del Terz'Ordine alla Valsainte e a Romont.<br />
«L'ODISSEA MONASTICA»<br />
L'incessante va-e-vieni di visitatori e di postulanti intorno alla Valsainte,<br />
non meno che il consistente numero di ragazzi che vi erano<br />
ammessi finirono con l'impensierire il Governo di Friburgo, non solo<br />
ma anche col dare fastidio allo stesso Governo francese, il quale «avendo<br />
appreso che dei ragazzi di genitori francesi vengono allevati<br />
nella Casa dei religiosi Trappisti della Valsainte, nel Cantone di Friburgo,<br />
dove non solo sono obbligati a portare l'abito monastico, ma<br />
anche a subire un'educazione affatto contraria ai principi repubblicani,
- 219-<br />
diede ordine che l'Abate della Valsainte avvertisse immediatamente<br />
i genitori di ritirare i loro figlioli dal monastero e che il Governo di<br />
Friburgo vigilasse sull'esecuzione di tale prescrizione» (lettera del 5<br />
febbraio 1798).<br />
"Ma Dom Augustin non si era lasciato prendere alla sprovvista.<br />
Infatti fino dal 7 febbraio un inviato del Piccolo Consiglio raggiunse<br />
Dom Augustin in casa di un amico, dove il Rev. Padre poté dichiarare<br />
che' alla Valsainte non vi erano ormai più che 5 o 6 padri ed un solo<br />
ragazzo straniero, mentre tutti gli altri erano partiti, e che non avendo<br />
seco i suoi registri non era in grado di poterne indicare i nomi né<br />
di fornire più precisi ragguagli. Allora il Piccolo Consiglio intimò a<br />
Dom Augustin di fornire indicazioni esaurienti su tutte le persone che<br />
si trovavano nel suo monastero specificandone nome e cognome ed il<br />
luogo in cui si erano ritirate, col divieto di partire dalla città prima<br />
di avere esattamente risposto a tutte queste domande.<br />
Ma Dom Augustin non soddisfece ad alcuna di esse, e notificò<br />
semplicemente che la Valsainte stava per essere totalmente evacuata,<br />
come in effetti lo era, dato che non ci risiedevano se non alcuni religiosi.<br />
Sempre ben informato, egli aveva previsto quanto stava per succedere<br />
ed aveva preso una risoluzione non solo audace ma anche umanamente<br />
temeraria ed irrealizzabile: « Giacché siamo costretti a fuggire, fuggiremo<br />
ma fuggiremo in comunità ». Si era nel mese di gennaio. Fece<br />
il computo dei componenti del suo piccolo mondo: 254 persone, di cui<br />
60 ragazzi ed una quarantina di figliole che ostinatamente si rifiutavano<br />
di separarsi dai loro maestri. Aveva gettato gli occhi sulla Russia<br />
impetrando la protezione dello zar tramite la Principessa di Condé,<br />
diventata Suor Maria Giuseppina. Ma fu necessario accelerare la partenza<br />
senza attendere risposta: ancora una volta aveva ragione. I religiosi,<br />
i ragazzi del Terz'Ordine e le Trappistine con le loro ragazze<br />
furono naturalmente suddivisi in tre categorie. Il primo contingente<br />
partì il 17 gennaio, il secondo il 19. Ci si ricordò allora che la lettera<br />
del Direttorio repubblicano era del 5 febbraio. Gli ultimi religiosi lasciarono<br />
la Valsainte il lO.<br />
Attraverso l'Europa<br />
Non descriveremo gli episodi di questo autentico romanzo di avventure,<br />
costituito dalle peregrinazioni attraverso l'Europa di questi<br />
drappelli di religiosi, religiose e ragazzi, che fu giustamente definito
-- 220 -<br />
«Odissea monastica». Il viaggio fu effettuato talvolta via terra, tal'altra<br />
per via fluviale.<br />
Le notizie descrittive differiscono le une dalle altre perché i diversi<br />
gruppi seguirono numerosi itinerari. E' necessario dire che uno studio<br />
critico di questa «Odissea» resta ancora da fare. Le prime tappe furono<br />
le abbazie cistercensi di Klosterwald in Svezia, e quelle di Kaiserheim,<br />
Augsburg e Passau di dove i viaggiatori s'imbarcarono sul<br />
Danubio diretti a Vienna. Lo zar aveva concesso due monasteri nella<br />
Russia Bianca a Orscha, nella provincia di Mohilev. Poco dopo acconsentì<br />
ad altre tre fondazioni in Volinia e precisamente a Zidichine,<br />
presso Lusk e a Derman ed una a Podolie. Dom Augustin si vide costretto<br />
a formare numerosi distaccamenti la cui presenza è segnalata a<br />
Krems, a Vienna, a Praga, a Brno, a Cracovia, a Varsavia a Terespol,<br />
all'abazia cistercense di Wistic, a Lemberg e a Radziwilov. Di quest'ultima<br />
Città sono conservati dei libri che portano il sigillo della censura<br />
urbana. Finalmente agli esordi del 1800 la Trappa poteva vantare<br />
almeno 6 insediamenti in Russia, fra i quali quello di Brest-Litovsk.<br />
Tuttavia questa presenza monastica trappista non ebbe lunga durata<br />
perché quasi all'improvviso lo Zar sospese le sue buone grazie<br />
verso i religiosi intimando loro di abbandonare i suoi Stati. Ciò avvenne<br />
nel marzo del 1800. Di questo mutamento da parte del Sovrano russo<br />
si danno due diverse spiegazioni: la prima è che la Principessa di<br />
Condé, Suor Maria-Giuseppina, abbandonò la Trappa per passare in<br />
una Comunità di Benedettine dedite all' Adorazione Perpetua, per cui<br />
i Trappisti cessarono d'interessare l'Imperatore russo; la seconda sta<br />
nel fatto che Dom Augustin aveva da tempo altre mire, ed in particolare<br />
il progetto da lungo accarezzato di erigere delle fondazioni in<br />
America, ed in seguito ad atteggiamenti importuni e premeditati era<br />
riuscito a rendersi indesiderabile in terra russa. Comunque stiano le<br />
cose, nell'aprile del 1800, e quasi simultaneamente, Religiosi, religiose<br />
e ragazzi disseminati per le diverse Case, lasciarono la Russia. L'America<br />
resta va comunque una destinazione ben lontana poiché il primo<br />
obiettivo assegnato ai partenti era Danzica, da raggiungere attraverso<br />
la Vistola.<br />
Dom Augustin riuscì a far imbarcare tutti a Danzica, senonché<br />
una furiosa tempesta gettò le imbarcazioni sulla costa tedesca presso<br />
Lubecca. Allora si fecero diversi tentativi di insediarsi in terra germanica,<br />
almeno provvisoriamente, scegliendo varie località fra cui Bour-<br />
100 presso Darfeld, e a Paderborn. Quando poi le armate francesi evacuarono<br />
la Svizzera, Dom Augustin non esitò un momento a rivolgersi
- 221-<br />
di nuovo, il 5 marzo del 1802, al Governo di Friburgo, che gli concesse<br />
l'autorizzazione di rientrare alla Valsainte.<br />
Il secondo soggiorno alla "V alsainte ".<br />
Trappisti, Trappistine e ragazzi del Terz'Ordine fecero ritorno alla<br />
Valsainte a piccoli gruppi fra il luglio-agosto del 1802 e nel maggio del<br />
1803. Dato che il convento delle Trappistine nel Vallese nel frattempo<br />
era stato alienato, Dom Augustin sistemò le religiose prima a Villarvolard<br />
e successivamente alla Grande Riedera. Fondò pure in località<br />
diverse numerosi collegi dove ospitò i ragazzi con i loro istitutori ed<br />
istitutrici del Terz'Ordine. C'è peraltro da dire che la maggior parte<br />
di questi collegi declinò rapidamente. Il P. Francesco di Paola scriveva:<br />
«A capo di questi istituti necessitavano dei maestri istruiti e adatti<br />
all'insegnamento, mentre in realtà quelli non lo erano ...<br />
Non sopravvisse che quello di Estavayer-Ie-Lac in quanto era<br />
diretto da un Fratello adatto a tale incarico. Dopo un anno il Rev.<br />
P. Augustin fu dunque costretto a richiamare maestri ed allievi che<br />
aveva dislocato nelle varie sedi, ed a concentrare tutti nell'unica Casa<br />
della Valsainte che venne a contare da sola più di ISO' ragazzi. Le<br />
risorse economiche del monastero non erano tuttavia adeguate al mantenimento<br />
di tanta gente, tanto più che P. De Lestrange continuava<br />
ad ammettere tutti i soggetti che si presentavano. E' evidente che un<br />
tale stato di cose fu causa di nuove preoccupazioni. Fin dall'8 novembre<br />
del 1803, vale a dire un anno e mezzo dopo il ritorno, il «landemanno<br />
» (specie di prefetto) della Svizzera «attirava l'attenzione del<br />
Piccolo Consiglio sull'insediamento trappista della Valsainte, che, pur<br />
essendo infinitamente rispettabile sotto l'aspetto religioso, presenta delle<br />
gravi carenze sotto quello politico dato che l'Ordine dei Trappisti<br />
accoglie ed invita a soggiornare alla Valsainte gente che proviene da<br />
tutti i paesi e delle quali si ignorano sia le generalità che il tipo di<br />
estrazione sociale ».<br />
Da notare che lamentele di tal genere si rinnovarono a più riprese.<br />
Il 24 dicembre del 1805 il Piccolo Consiglio scriveva a Dom Augustin:<br />
«Abbiamo ricevuto da S. E. l'Ambasciatore di Francia, tramite il Landemanno<br />
della Svizzera, vivissime lamentanze circa l'inamissibile leggerezza<br />
con la quale dei coscritti francesi che tentano di disertare la<br />
chiamata alle armi, sono tollerati in varie zone della Svizzera e addirittura<br />
ricevuti nei vostri conventi ».
~ 222-<br />
Come al solito, Dom Augustin Lestrange non tenne in alcun conto<br />
tali accuse, con un disprezzo che avrebbe finito di indisporre non<br />
solo il Governo di Friburgo ma lo stesso Napoleone, a quel tempo ben<br />
disposto verso i Trappisti, e che soprattutto gettava forse il discredito<br />
sul monastero della Valsainte che veniva considerato il rifugio dei disertori<br />
e dei coscritti refrattari agli obblighi di leva. Frattanto, al fine<br />
di sollevare la Casa-Madre, aveva intrapreso la fondazione di nuovi<br />
monasteri: A Géronde nel Vallese (1803), a Cervara sul Golfo di Rapallo<br />
(1804), a Monte Soratte in prossimità di Roma, e, su richiesta<br />
personale di Napoleone che se ne accollava le spese, a Mont-Genèvre<br />
(1805), infine a Mont-Valérien, alle porte di Parigi (1806). Ma Dom Augustin<br />
sognava sempre l'America, dove fin dal 1803 vivevano, sotto la direzione<br />
di P. Urbano, alcuni Trappisti che si erano imbarcati ad Amsterdam<br />
d'i ritorno dalla Russia e che appunto ora si trovavano in un monastero<br />
nella Luisiana. P. Augustin si trovava a Bordeaux, per predisporre una<br />
nuova partenza di tre religiosi e di alcune trappistine, allorché fu arrestato<br />
per ordine di Napoleone e gettato in prigione (1811).<br />
Un provvedimento così clamoroso si può spiegare col fatto che la<br />
situazione politico-religiosa dell'Impero era profondamente mutata. A<br />
motivo del blocco continentale l'Imperatore era entrato in conflitto con<br />
il Papa Pio VII. Il 2 febbraio del 1808 le truppe francesi erano entrate<br />
in Roma, il 7 aprile fu violato lo stesso palazzo papale, il 16 maggio<br />
del 1809 gli Stati Pontifici furono aggregati all'Impero d'Occidente, ed<br />
infine nella notte fra il 5 ed il 6 luglio del 1809, Pio VII fu arrestato<br />
e deportato prima a Savona (6 luglio 1809) e quindi in Francia 9 giugno<br />
1811).<br />
Nel 1810 i Trappisti del monastero di Cervara, su richiesta del Prefetto<br />
del Dipartimento degli Appennini, avevano prestato giuramento di fedeltà<br />
all'Imperatore. Dom Augustin ingiunse ai religiosi di ritrattare il<br />
giuramento, ciò avvenne il 4 maggio del 1811. La reazione di Napoleone<br />
non si fece attendere: Dom Lestrange fu arrestato, dopo di che fu pubblicato<br />
un fulmineo decreto in data 28 luglio, in cui si faceva noto che<br />
« i monasteri della Trappa sono soppressi in tutto il territorio del Nostro<br />
Impero compreso lo stesso convento di Mont-Genèvre ».<br />
Nuova diaspora.<br />
Grazie all'intervento di certi amici, Dom Augustin poté uscire di<br />
prigione dopo alcuni giorni e persino abbandonare la Francia. Giunse
- 223-<br />
alla Valsainte il I" agosto 1811 ma non vi si fermò. Il Governo francese<br />
aveva dato ordine di sequestrarlo là dove lo si fosse trovato e<br />
quindi di condurlo a Ginevra per esservi fucilato. La Valsainte., che<br />
si trovava in Svizzera, non faceva parte dell'Impero, ma il 23 novembre<br />
del 1811 Napoleone ne chiese la soppressione «con la motivazione<br />
che questo monastero, composto per la quasi totalità da religiosi francesi,<br />
poteva considerarsi francese con l'aggravante di costituire un<br />
rifugio per quei giovani che cercavano di sottrarsi alla coscrizione militare<br />
».<br />
Cedendo alle istanze imperiali, il Gran Consiglio di Friburgo consegnò<br />
il decreto di soppressione il .gO novembre senza peraltro urgerne<br />
l'applicazione. Allora alcuni religiosi decisero di partire, ma l'esodo<br />
generale non ebbe luogo che nel mese di aprile del 1812. Le Trappistine<br />
del monastero della Riedera furono invece autorizzate a restare provvisoriamente<br />
nel loro convento, vi si trovavano ancora al momento<br />
della caduta dell'Impero.<br />
A questo punto la situazione era molto più critica di quella del<br />
1798 perché allora Napoleone era padrone di quasi tutta l'Europa. Il<br />
14 settembmre del 1812 egli faceva la sua entrata in Mosca. I successi<br />
militari dell'Imperatore ebbero come contraccolpo una vera e propria<br />
dispersione dei figli spirituali di Dom Augustin. Ed infatti i ragazzi<br />
furono rinviati alle rispettive famiglie ed i religiosi-preti si ritirarono<br />
presso delle parrocchie.<br />
Solo P. Stefano Malmy poté rimanere alla Valsainte in qualità di<br />
cappellano per sovrintendere ai bisogni spirituali della popolazione di<br />
quella zona, assistito da due fratelli conversi in abiti secolari. Nel frattempo<br />
Dom Augustin si spinse fino a Riga e di lì, attraverso la Svezia<br />
la Danimarca, passò in Inghilterra. Visitò il monastero di Lulworth,<br />
s'imbarcò di nuovo e fece sosta alla Martinica ed infine giunse a New<br />
Jork.<br />
Vi trovò i fratelli e le sorelle ch'egli aveva fatto imbarcare a Bordeaux<br />
al momento della sua cattura. Per loro diede vita a due collegi<br />
anche perché l'istruzione era sempre stata una delle idee a lui care,<br />
quindi si trasferÌ nella Luisiana dove dimoravano alcuni Trappisti.<br />
All'epoca dell'abdicazione di Fontainebleau (6 aprile 1814), la<br />
Trappa era ridotta a tre Comunità: Lulworth, Majorca e Betfage negli<br />
Stati Uniti. Vi erano per di più piccoli collegi, sempre in quest'ultimo<br />
Paese. Alle predette Comunità maschili è da aggiungere il monastero<br />
femminile delle Trappistine di Riedera.<br />
(Traduzione dal Francese di P. FULVIO ANDREOTTI, o.c.)
IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE<br />
DI CASAMARI<br />
di P. MALACHIA F ALLETTI<br />
Iniziato il 13 luglio, il Capitolo Generale triennale della Congregazione<br />
di Casa mari, si è protratto fino al 7 agosto.<br />
I 34 Padri Capitolari erano nella quasi totalità sacerdoti essendoci<br />
un solo fratello, fra Mariano, delegato della comunità di Martano. Le<br />
sessioni sono state 30 con una interruzione, per permettere ad<br />
un altro capitolo, quello detto speciale, al quale partecipavano<br />
di diritto alcuni Padri Capitolari, di eleggere l'Abate Preside.<br />
Il Capitolo presieduto dall'Abate Preside ebbe come moderatori il<br />
P. Abate Don Cregorio Battista e P. Emilio Papadia. Il primo lavoro<br />
del capitolo fu quello di ascoltare le relazioni dei superiori, sull'andamento<br />
delle singole case, dell' Abate Preside sullo stato della Congregazione<br />
c dell'amministratore generale sulla :situazione Hnauz.iar ia dl?He<br />
varie case e della Congregazione. E' questo un lavoro che porta via<br />
molto tempo al Capitolo senza una utilità che faccia da contrappeso<br />
poiché da una parte generalmente i superiori non mettono sul tappeto<br />
i veri problemi delle singole case, e dall'altra il Capitolo non può far<br />
nulla, a parte le raccomandazioni che non sono mai di grande aiuto<br />
pratico, per aiutare le case a risolvere i propri problemi. Seguono poi<br />
le relazioni del Segretario della Commissione Generale degli studi e<br />
del Presidente della Commissione Liturgica. Ci sarebbe dovuto essere<br />
la relazione del Presidente della Commisisone per il direttorio, ma siccome<br />
questa commisisone non si è mai riunita ... non aveva neppure un<br />
presidente.<br />
Il lavoro più impegnativo del Capitolo fu la revisione dei deliberati<br />
che erano stati approvati dal precedente Capitolo, e di quelli rimaneggiati<br />
da apposite commisisoni come i due direttori della Formazione<br />
e dell'Opus Dei. Per il primo si è convenuto di affidare alla<br />
prossima commissione generale degli studi di rivederla secondo alcuni<br />
principi posti e di preparare il testo da presentare al Consiglio Maggiore.<br />
Il Direttore dell'Opus Dei invece già approvato e mandato ad<br />
esecuzione del Consiglio dell' Abate Preside venne rivisto e corretto e<br />
approvato in forma definitiva fino al prossimo Capitolo. Si tratta di<br />
un testo brevissimo in cui si pongono alcuni principi fondamentali che<br />
devono animare la celebrazione dignitosa dell'Opus Dei. In una seconda<br />
patre si propongono alcune cerimonie molto semplici che permet-.<br />
tano però una celebrazione comunitaria uniforme e dignitosa.
- 226-<br />
I deliberati non presentarono grosse difficoltà anche se il tempo per<br />
la loro revisione è sempre molto lungo perché tutti possono esprimere<br />
il loro parere al riguardo. Molto tempo viene pure portato via dalle<br />
questioni di procedura per l'applicazione del Regolamento che viene in-<br />
terpretato in diversi modi.<br />
Problema abbastanza difficile fu quello dell'adeguamento dei tributi<br />
per le case di Africa dal momento che a causa dei noti avvenimenti<br />
in quelle regioni, il costo della vita è aumentato paurosamente e la<br />
vecchia somma stabilita non era più sufficiente.<br />
Non ci fu mai dubbio nei Padri Capitolari sull'obbligo di aumentare<br />
questo tributo, ma su come reperire l'ingente somma richiesta.<br />
Si è concluso con la decisione di tassare anche Casa mari che fino ad<br />
allora era esclusa dal tributo e con l'aumento proporzionale della somma<br />
che le varie case già versavano. Si è poi raccomandato alle varie<br />
case CIiavere iniziative varie per la raccolta dei fondi da versare direttamente<br />
e unicamente al P. Abate Preside che avrebbe pensato per<br />
tutti gli eventuali bisogni delle case in terra di missione.<br />
Il Capitolo ha poi dato alcune autorizzazioni: per lo stanziamento<br />
della somma necessaria al completamento del Santuario in costruzione<br />
a Cotrino; della donazione di un appezzamento di terreno del Monastero<br />
di N. Signora di Fatima alla diocesi per la costruzione della chiesa e<br />
delle opere parrocchiali affidate ai nostri Padri.<br />
Al capitolo sono state indirizzate tre lettere di vario tenore: la<br />
prima del confratello ammalato P. Flaviano Conte (ora deceduto) per<br />
chiedere preghiere per la sua guarigione; una del Rettore del Seminario<br />
e di Cotrino una dei giovani in formazione di Casamari con alcu-<br />
ne richieste loro.<br />
Il Capitolo Generale ha letto la prima esprimendo affetto e com-<br />
prensione al confratello sofferente; ha pure letto e commentato la se-<br />
conda mentre non è stata né letta né commentata la terza. A nessuna<br />
lettera però è stata data una risposta.<br />
Durante il Capitolo è stato pure comunicato che la Santa Sede<br />
aveva approvato le Costituzioni della Congregazione per dieci anni.<br />
Al testo presentato sono state richieste dalla Santa Sede pochissime<br />
e non sostanziali correzioni. L'unica richiesta di grande rilievo è stata<br />
quella di ritenere la Dichiarazione della Congregazione sulla fisiono-<br />
mia e funzione della Congregazione come parte integrante del testo costituzionale.
CAPITOLO SPECIALE<br />
- 227-<br />
Come è già stato riferito il giorno I" agosto è stato convocato il Capitolo<br />
Speciale previsto dalla Costituzione per l'elezione dell' Abate Preside.<br />
Vi partecipavano 80 Capitolari provenienti da tutte le case della<br />
Congregazione di Casamari: delle case dipendenti erano presenti<br />
con quasi tutti i monaci (restarono a casa solo quelli indispensabili per<br />
il normale disbrigo degli affari indilazionabili) e delle case autonome<br />
superiori e due delegati per ogni casa.<br />
Dopo la S. Messa per chiedere l'aiuto dello Spirito Santo,<br />
Padri si sono riuniti sotto la presidenza del Vicario Generale della<br />
Congregazione che ha esortato i Padri a scegliere la persona che in coscienza<br />
ritenevano più adatta nel momento presente a guidare la Congregazione.<br />
Al primo scrutinio risultò eletto il Padre Nivardo Buttarazzi,<br />
già Abate Preside per 38 anni della nostra Congregazione.<br />
A mezzogiorno terminava i suoi lavori il Capitolo Speciale con<br />
il canto del Te Deum, l'abbraccio di pace a tutta la comunità da parte<br />
del neo-eletto e il suo insediamento.
CRONACA<br />
CELEBRAZIONI PER IL XII CENTENARIO DELLA<br />
FONDAZIONE DEL MONASTERO DELLE BENEDETTINE<br />
DI ROSANO<br />
In coincidenza col XV Centenario della nascita di San Benedetto,<br />
il Monastero di S. Maria di Rosano (Pontassieve-Firenze), si appresta<br />
a celebrare il XII centenario della sua fondazione.<br />
Nel desiderio di far conoscere lo spirito di San Benedetto e la<br />
vita di un cenobio che risale ad un' epoca ancor vicina alle origini del<br />
monachesimo benedettino, vengono organizzate delle manifestazioni ce-<br />
lebrative che avranno un aspetto liturgico con solenni concelebrazioni<br />
nella chiesa del monastero e uno culturale con conferenze pubbliche in<br />
Firenze, nell'antico refettorio di S. Croce, e manifestazioni varie, non<br />
esclusa una mostra fotografica e di realizzazioni artistiche, presso lo<br />
stesso Monastero di S. Maria di Rosano.<br />
CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI:<br />
MO'NASTERO' BENEDETTINE DI RO'SANO'<br />
780-1980: XII CENTENARIO DI FO'NDAZIONE<br />
Febbraio 1980- 1981<br />
ROSANO E SANTA CROCE<br />
a cura delle Benedettine e dello Studio di S. Croce.<br />
lO Febbraio 1980: Monastero di Rosano (domenica ore 10):<br />
Festa di S. Scolastica: Liturgia presieduta dal Cardinale Gio-<br />
vanni Benelli.<br />
25 Marzo 1980: Monastero di Rosano (martedì ore 10):<br />
Festa dell' Annunciazione: Liturgia presieduta da Mons. Simone<br />
Scatizzi.<br />
26 Marzo 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />
P. Bartolomeo Sorge: La vita contemplativa nella Chiesa. Be-<br />
nedettini di Gricigliano: canti gregoriani.
- 230-<br />
16 Aprile 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />
Prof. Arnaldo D'Addario: La presenza del monachesimo benedettino<br />
nella civiltà europea.<br />
Corale Cappetti di S. Giovanni Valdarno, gruppo maschile:<br />
canti gregoriani.<br />
20-27 Aprile 1980: Monastero di Rosano:<br />
Mostra fotografica ed esposizione di realizzazioni artistiche e artigianali<br />
della Comunità monastica.<br />
23 Aprile 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />
Prof. Piero Bargellini: Il monastero di S. Maria di Rosano nella<br />
storia fiorentina.<br />
Benedettini di Gricigliano: canti Gregorumi.<br />
27 Aprile 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 17):<br />
Mons. Arialdo Beni: Storia e spiritualità del Monastero di<br />
S. Maria di Rosano.<br />
Canti gregoriani eseguiti dalla Comunità Monastica.<br />
18 Maggio 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 10):<br />
Festa dell' Ascensione: Liturgia presieduta dal Card. Eduardo<br />
Pironio,<br />
21 Maggio 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,25):<br />
Rev.mo P. Egidio Zaramella OSB: La preghiera e il lavoro<br />
nella Regola di San Benedetto.<br />
Corale Cappetti, gruppo femminile: canti gregoriani.<br />
1 Giugno 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 10):<br />
Festa della SS. Trinità: Liturgia presieduta da Mons. Martino<br />
Matronola OSB.<br />
4 Giugno 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />
Prof. Salvatore Accardo: San Benedetto nel Paradiso di Dante.<br />
Corale Cappetti al completo: canti medievali.<br />
18 Giugno 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />
Rev.mo P. Sighard Kleiner, O. Cist.: La teologia della paternità<br />
nella Regola di San Benedetto.<br />
Benedettini di Gricigliano: canti gregoriani.<br />
14 Settembre 1980: Monastero di Rasano (Domenica ore 10):<br />
Festa dell'Esaltazione della Croce: Liturgia presieduta da Mons.<br />
Agostino M ayer OSB.
- 231-<br />
15 Ottobre 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />
Prof. Claudio Leonardi: Storia e spiritualità della Regola di<br />
San Benedetto.<br />
19-26 Ottobre 1980: Monastero di Rosano:<br />
Mostra fotografica ed esposizione di realizzazioni artistiche e<br />
artigianali della comunità monastica.<br />
26 Ottobre 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 17):<br />
Prof. Paolo Grossi: Monastero e società civile: una costante presenza<br />
incisiva.<br />
Canti gregoriani eseguiti dalla Comunità monastica.<br />
21 Novembre 1980: Cenacolo di S. Croce (Venerdì ore 18,15):<br />
Prof. Luigi Lombardi Vallauri: Attualità della Regola di San<br />
Benedetto.<br />
Coro del Duomo di Firenze.<br />
lO Febbraio 1981: Monastero di Rosano (Lunedì ore 10):<br />
Festa di S. Scolastica: Liturgia presieduta d'al Card. Giuseppe<br />
Siri.<br />
-0-0-0-<br />
CELEBRAZIONI IN TOSCANA PER IL XV CENTENARIO<br />
DELLA NASCITA DI SAN BENEDETTO<br />
A - Iniziative comuni dei benedettini in Toscana. Anticipiamo il programma<br />
di massima che dovrebbe svolgersi a Firenze per commemorare<br />
il XV centenario della nascita di San Benedetto.<br />
1 - MOMENTO CULTURALE: sede: Certosa di Firenze: 30 maggio 1980,<br />
ore 15,30:<br />
- Incidenza spirituale delle Congregazioni monastiche di Vallombrosa,<br />
Camaldoli, Monte Oliveto sorte in Toscana.<br />
- Presenza religiosa e culturale dei Benedettini e delle Benedettine<br />
in Toscana.<br />
- Comunione ecclesiale e carisma monastico.<br />
I tre temi saranno svolti da due professori universitari e da un<br />
monaco.
~. 232-<br />
In occasione di questa prima giornata saranno presentate le pubblicazioni<br />
(lìbri, riviste ...) edite dalle varie comunità monastiche Toscane.<br />
Infine dovrebbe essere pubblicato un volume che illustrerà tutti i<br />
singoli i monasteri benedettini operanti in Toscana.<br />
2 - MOMENTO ARTISTICO: sede: Basilica di S. Miniato al Monte: 31<br />
Maggio 1980, ore 21:<br />
- Concerto di Canti Gregoriani e di ispirazione gregoriana.<br />
Il Concerto sarà eseguito da rappresentanti di tutte le comunità maschili<br />
della Toscana.<br />
3 - MOMENTO REUGIOSO: sede: Chiesa di Santa Trinità: Martedì 3<br />
giugno 1980, ore Il:<br />
- Messa votiva di San Benedetto. Solenne concelebrazione presieduta<br />
dal Cardinale Arcivescovo di Firenze Giovanni Benelli.<br />
- Concelebranti: tutti gli abati e Priori delle comunità monastiche<br />
della Toscana.<br />
B - Centro di Incontro della Certosa di Firenze. I Monaci cistercensi<br />
della Certosa di Firenze e gli Amici della Certosa, con la collaborazione<br />
delle altre famiglie monastiche, delle Soprintendenze della Toscana, delle<br />
Biblioteche e archivi Toscani, degli Enti locali e ministeriali stanno<br />
studiando la realizzazione di un programma culturale di estremo interesse.<br />
Col prossimo numero della rivista saremo in grado di poter<br />
offrire il programma definitivo e dettagliato.<br />
Per ora anticipiamo solo che questo programma culturale prevede:<br />
- L'ICONOGRAFIA DI SAN BENEDETTO NELL'ARTE DELLA TOSCANA. (Mostra<br />
di opere d'arte, provenienti da tutte le Gallerie e pinacoteche<br />
della Toscana). Dovrebbe essere pubblicato anche un Volume<br />
sulla Iconografia di San Benedetto in Toscana.<br />
- I CODICI MINIATI BENEDETTINI ESISTENTI ÌN TOSCANA. (Mostra dei<br />
codici miniati più significativi di produzione monastica nel territorio<br />
toscano).<br />
- GIORNATE DI STUDIO. (Diverse giornate di studio per offrire un<br />
contributo culturale sull' opera, sulla spiritualità, sulla cultura,<br />
sull' arte, sulla società del monachesimo benedettino in Europa,
- 233-<br />
ma soprattutto nella Toscana. Previsto un volume che raccoglierà<br />
tutti i contributi che i vari studiosi porteranno in occasione<br />
delle giornate di studio.<br />
-0-0-0-<br />
A - DALL'ORDINE CISTERCENSE<br />
a cura di P. GOFFREDO VITI<br />
1. IL SINODO DELL'ORDINE<br />
Dal 27 al 29 Giugno 1979 si è celebrato alla casa Generalizia il<br />
Sinodo dell'Ordine. Ai lavori del Sinodo mancavano quattro abati presidi<br />
e cioè: l'abate Wendelin Endrédy di Zirc, rappresentato dall' abate<br />
di Dallas Anselmo Nagy; l'abate Preside della Congregazione austriaca<br />
Ferdinand Giessauf di Zwettl, che per motivi di salute non. ha potuto<br />
intraprendere il viaggio fino a Roma, rappresentato da P. Policarpo<br />
Zakar; l'abate preside della Congregazione brasiliana Anton Moser di<br />
Jequitibà, che per motivi economici non ha potuto intraprendere il<br />
viaggio, rappresentato dall'obate Generale Sighard Kleiner; l'abate preside<br />
del Viet-nam Giovanni Vuong-dinh-lam. Per il Viet-nam non c'era<br />
neppure il delegato.<br />
Quindi erano presenti al Sinodo 14 membri, di cui due (t abate<br />
Generale e P. Policarpo) avevano due voti a disposizione. Durante il<br />
Sinodo però è avvenuta la sostituzione di un membro: durante la prima<br />
seduta P. Norberto Cools di Marienkroon è dovuto tornare a casa per<br />
l'improvvisa morte del fratello. Al suo posto è subentrato l'abate Famiano<br />
Bianchi di S. Croce.<br />
Hanno assolto il compito di notaio, P. Malachia Falletti, Priore<br />
della Certosa di Firenze, P. Guido Gibert dalla Generalizia e P. Bernardo<br />
Vosicky di H eiligenkreuz.<br />
Il tema principale del Sinodo è stato la preparazione del Capitolo<br />
generale dell' ordine del 1980.<br />
Il Capitolo si celebrerà a Roma, nella casa generalizia dei Fratelli<br />
delle scuole cristiane, sulla via Aurelia.<br />
Questo capitolo generale sarà preceduto da alcune manifestazioni<br />
in concomitanza del XV centenario. della nascita di San Benedetto e<br />
precisamente:
- 234-<br />
- Il 16 Settembre 1980 è prevista una giornata di fraternità con<br />
Padri Capitolari. Trappisti da celebrarsi sempre nella casa generalizia<br />
dei fratelli delle scuole cristiane.<br />
Dal 17 al 21 Settembre 1980 si celebrerà il Simposio con i membri<br />
del Congresso dei Benedettini e dei Trappisti. Il Simposio<br />
si svolgerà all' Agostinianum nelle vicinanze di Piazza San Pietro.<br />
Questo incontro si concluderà il 21 Settembre con un pellegrinaggio<br />
a Montecaseino, dove sarà presente anche il Papa<br />
Giovanni Paolo Il.<br />
Ecco l'elenco delle materie da trattare nel prossimo capitolo generale<br />
(vd. lo Statuto 4 in Acta Curiae):<br />
l) a) Relazione dell' abate generale sulla situazione dell' ordine.<br />
b) Relazioni dei singoli Abati presidi sulla situazione delle rispettive<br />
Congregazioni.<br />
c) Relazione del Procuratore generale dell' Ordine.<br />
2) Elezione del Procuratore generale.<br />
3) Elezione dei 5 padri Sinodali.<br />
4) Elezione dei 4 membri del Consiglio dell' Abate generale.<br />
5) Elezione dei membri della Commissione per la revisione delle costituzioni.<br />
6) Revisione della Dichiarazione del Capitolo generale fatta negli anni<br />
1968-69 sopra gli elementi della vita cistercense odierna.<br />
7) Problemi relativi alle Costituzioni dell'Ordine.<br />
8) Le monache cistercensi.<br />
9) Liturgia: il Direttorio.<br />
lO) Proposte per l'incremento delle vocazioni.<br />
11) Riflessioni per quanto riguarda la Formazione permanente nell'Or-<br />
dine (anche per la formazione sacerdotale).<br />
12) Relazione sulla situazione economica della casa generalizia e votazione<br />
per il contributo economico alla generalizia.
- 235-<br />
Al prossimo capitolo generale sono state invitate anche 8 Abbadesse,<br />
e precisamente la medesima soluzione adottata in occasione del capitolo<br />
generale del 1974 celebrato a Casamari.<br />
Il Sinodo ha eletto anche la commisisone preparatoria del Capitolo<br />
generale che è risultata così composta:<br />
- P. Gabriele Lobendanz, Priore di Stams;<br />
- P. Bernardo Vosicly, da Heiligenkreuz;<br />
- P. Malachia Falletti, Priore della Certosa di Firenze;<br />
- P. Policarpo Zakar, Roma;<br />
- P. Guido Gibert, Roma.<br />
2. IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DI MEHRERAU.<br />
Il Capitolo generale della Congregazione di Mehrerau si è celebrato<br />
nel collegio di Wurmsbach dal 18 al 19 Aprile 1979. Vi hanno preso<br />
parte tutti gli abati della Congregazione ad eccezione dell' abate Raffaele<br />
Asic di Sticna e dell' abate Giuseppe van Grevenbroek di Spring<br />
Bank. l Rappresentanti dei due abati assenti erano rispettivamente<br />
P. Thomas Kurent e il Priore di Spring Bank P. Biagio Fiiz,<br />
Come delegati vi hanno preso parte i Padri: Colombano Spahr<br />
(Priore di Mehrerau), Gabriele Lobendanz (Priore di Stams), P.<br />
Alberto Kloth (Marienstatt), P. Antonio Nadrah (Sticna), P. Alberico Altermatt<br />
(Hauterive) e P. Ludger Dinkelborg (Himmerod). Le nove abbadesse<br />
della Congregazione erano tutte presenti. Erano presenti inoltre<br />
come ospiti le abbadesse di Seligenthal e di Waldsassen e le Priore di<br />
Sostrup e Marienkron. Era assente per motivi di salute l'ab badessa di<br />
Mariengarten. Fungeva da notaio Suor M. Immacolata Kronpass, coadiuvata<br />
da Il' abate Thomas Denter.<br />
Alle relazioni sopra la situazione delle singole abbazie hanno fatto<br />
seguito le trattazioni vere e proprie.<br />
La questione delle vocazioni ha rappresentato il punto chiave di<br />
questo capitolo. Sul tema "come possiamo reclutare i giovani per il futuro<br />
del nostro ordine?" si sono avute tre relazioni e precisamente di<br />
P. Gabriele Lobendanz, Priore di Stams, dell' abadessa Lucia Reiss di<br />
Lichtenthal, della badessa Clara Romer di Wurmsbach. Si discusse anche<br />
sulla possibilità di una appropriata informazione della vita del-
- 236-<br />
l'Ordine e fu deciso di realizzare una specie di opuscolo con informazioni<br />
sui singoli monasteri; I'introduzione di giovani nei nostri monasteri<br />
per giornate monastiche; il dovere di un responsabile - in genere potrà<br />
essere il maestro dei novizi - Che tramite la corrispondenza si occupi<br />
degli interessati alla nostra vita. Su questi punti i padri capitolari presero<br />
la seguente decisione:<br />
In ricordo delle parole di Cristo: " Pregate il Padrone della messe,<br />
che mandi operai nella sua n'lesse", deve sorgere nella nostra Congregazione<br />
un tempo di preghiera, in cui particolarmente si preghi per i<br />
sacerdoti e per le vocazioni monastiche come pure per la fedeltà alla<br />
vocazione. In un ciclo di 14 giorni, prima della festa di tutti i Santi,<br />
e in un giorno stabilito si preghi in ogni monastero per questa precisa<br />
intenzione. Quanto detto sopra deve essere discusso in comunità per<br />
organizzare adeguatamente questo tempo di preghiera.<br />
Quindi si procedette a trattare la questione delle osservanze all' interno<br />
della Congregazione. I Padri Capitolari dichiarano che le norme<br />
imposte dallo stesso Capitolo circa la povertà e i contatti con Tamhiente<br />
(la Clausura) siano rispettati in tutti i monasteri della Congregazione.<br />
I singoli monasteri tuttavia possono deliberare disposizioni più<br />
severe.<br />
I Padri Capitolari dichiarano che anche per il futura dovranno essere<br />
prese decisiani in riierimentc alle osservanze.<br />
Si è parlato anche del XV Centenaria della nascita di S. Benedetta,<br />
ed è stata lasciata ad ogni monastero la possibilità di organizzare le<br />
celebrazioni nel migliore dei modi.<br />
-0-0-0-<br />
B - CRONACA DELLA CONGREGAZIONE<br />
A) GIUBILEO SACERDOTALE<br />
Il giorno 8 ottobre hanno ricordato il loro giubileo sacerdotale quattro<br />
conjratelli: tre di Casamari e una della Certosa di Firenze: Padre<br />
Alberico Fusciardi, che è anche il decano della Congregazione, P. Bernardo<br />
Puels, P. Albertino Parente e P. Stanislao Vana. La celebrazione<br />
esterna di questa ricorrenza è stata fatta a Casamari il 27 ottobre con la<br />
solenne celebrazione, inspiegabilmente presieduta dall' Abate Preside, con<br />
la partecipazione dei festeggiati (mancava solo pr motivi di salute P. Bernardo<br />
Puels) e di numerosi amici, parenti e conoscenti. Fu presente con
- 237-<br />
la sua benedizione il Santo Padre. Nel refettorio monastico i confratelli<br />
si sono stretti attorno ai festeggiati, veterani della Congregazione,<br />
ricordando il cammino fatto in questi cinquanta anni, e il lavoro da essi<br />
svolto per il bene delle anime, nel servizio della Congregazione, nella<br />
fedeltà allo spirito cistercense.<br />
La domenica seguente nella Certosa di Firenze la comunità e gli<br />
Amici della Certosa hanno voluto festeggiare in famiglia la lieta ricorrenza<br />
per il P. Alberico Fusciardi membro di questa comunità con la<br />
concelebrazione presieduta dal festeggiato colla presenza di tutti i confratelli<br />
unanimi nel ringraziare il Signore assieme a Padre Alberico " pro<br />
universis beneficiis suis ",<br />
NECROLOGIO<br />
1) Piona<br />
E' mancato il 4 ottobre 1979 P. Flaviano Conte (P. Guido). Aveva<br />
appena 50 anni e fino a qualche anno addietro era pieno di vitalità e<br />
di zelo che aveva riversato nei vari incarichi nell' insegnamento e nella<br />
pastorale parrocchiale. Da alcuni anni era parroco nella parrocchia annessa<br />
al Monastero dell' abbasia di Piana, Olgiasca, dove ha profuso<br />
tutte le doti che il signore gli aveva dato. Fu colpito da una malattia inesorabile<br />
che lo andò lentamente paralizzando inchiodandolo su una carrozzina.<br />
Non disperò mai di guarire: una fiducia illimitata nel servo di<br />
Dio don Felice Amlak gli infondeva la speranza che non venne mai meno<br />
in un suo intervento miracoloso. Nel settembre aveva partecipato ad<br />
un pellegrinaggio a Lourdes; al ritorno si aggravò. Morì con una piena<br />
conoscenza delle sue condizioni e in una offerta della sua vita a Dio.<br />
E' stato riportato a Casamari e la sua salma riposa in quel cimitero.<br />
2) Casamari<br />
Altra morte repentina è stata quella di P. Giacomo Verrelli, avvenuta<br />
il 14 ottobre 1979. Aveva 63 anni e nulla lasciava presagire la sua fine.<br />
Fu per lunghissimi anni il titolare della farmacia di Casamari e il direttore<br />
della fabbrica dei liquori. Aveva della capacità particolari per fare<br />
delle medicine per certe malattie e per la preparazione di infusi di erbe<br />
che venivano richieste da tutta Italia. Nonostante il suo lavoro molto<br />
impegnativo fu sempre uno dei fedelissimi alla preghiera corale. Era andato<br />
come tutti gli anni qualche giorno nel monastero di Chiaravalle
- 238-<br />
della Colomba per un breve riposo. Là lo colse la morte improvvisa per<br />
embolia cerebrale. l funerali con grande concorsa di popolo vennero celebrati<br />
a Casa mari e la sua salma è stata tumulata in quel cimitero.<br />
3) Asmara<br />
E' morto, nel monastero cistercense di Asmara, Fra Giorgio Atzbeha<br />
all' età di 69 anni.<br />
Era uno dei primi giovani etiopici che seguì il Servo di Dio Don<br />
Felice Ghebre-Amlak e' Don Frumenzio Ghebremariam. Arrivato a Casamari<br />
nel 1931, vestì rabito monastico nel settembre del 1933, un anno<br />
dopo fece la Proiessione Semplice e dopo sei anni di tirocinio, 1'8 settembre<br />
1939, si consacrò definitivamente al Signore.<br />
Nel 1940 fu inoiato da Casamari con il primo gruppo di monaci<br />
cistercensi etiopici, con a capo Don Anselmo Vitale, di venerata memoria,<br />
a fondare una Comunità di Religiosi, secondo la Regola benedettina<br />
cistercense, nella propria terra. La prima casa fu Belesa. Nel 1948, la Comunità<br />
si trasferì definitivamente all' Asmara, all' attuale Monastero di<br />
S. M. Assunta in Cielo, dooe Fra Giorgio si prodigà con intenso lavoro: di<br />
sarto, pollicoltore e varie attività monastiche, sempre fedele al motto benedettino<br />
" ora et labora ",<br />
Fu ammirevole per la sua bontà e comunicabilità con i confratelli e<br />
con gli estranei, sempre con il sorriso sulla bocca.<br />
Il 27 Novembre 1979 moriva placidamente assistito, confortato e compianto<br />
da tutti, in modo particolare dai giovani monaci, che in lui vedevano<br />
e oeneraoano una vita vissuta al Servizio del Signore. La sua<br />
salma riposa nel cimitero di Asmara.<br />
4) Piana<br />
Il 5 dicembre ci lasciava improooisamente P. Alacrino Velocci dell'abbazia<br />
di Piona. Aveva 56 anni. Giovane sacerdote era andato nella<br />
missione dell' Etiopia dove aveva profuso i primi frutti del suo apostolato<br />
sacerdotale. Fu poi Priore a Cotrino e a Martano. Passato all'abbazia<br />
di Piona divenne l'animatore di tutta la pastorale interna al monastero<br />
di cui si occupaoa personalmente. Suo grande amore era ancora<br />
sempre l'opera missionaria in Etiopia e si adoperava con ogni mezzo<br />
per venire in aiuto alle necessità anche materiali di quei confratelli. M0rì<br />
all' ospedale di Gravedona dove era stato ricoverato per alcuni disturbi<br />
che però non facevano presagire la sua fine. E' stato portato a Casamari<br />
e tumulato nel cimitero monastico.
N. 1-2:<br />
SOMMARIO DELL'ANNATA 1979:<br />
GUIDOTTI ALESSANDRO, Il ciclo iconografico di un gruppo di codici<br />
del trecento provenienti da Badia a Settimo . Pago 1<br />
Florilegio cistercense, a cura di P. VITTORINO ZANNI:<br />
1. Non giudicate e non sarete giudicati .<br />
2. Sermone XVII di Elredo: Nel giorno dell'ASSUnzione<br />
B. V. Maria, a cura di P. GERARDO CONSIGLIO<br />
P. PENNINGTON BASIL. Il Padre - La Madre spirituale<br />
Una necessità<br />
Paternità spirituale cristiana oggi<br />
Luce dall'oriente .<br />
Bisogno universale<br />
Verso un rinnovamento<br />
CHIARELLI CATERINA, Gli affreschi della Certosa del '300 .<br />
della<br />
P. CALIANDRO TOMMASO, Notizie cistercensi, indice generale delle<br />
materie dal 1968 al 1978<br />
JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(ventinovesima puntata)<br />
Un appello dell'abate di Citeaux<br />
L'Epoca contemporanea (dal 1791 ai nostri giorni)<br />
La soppressione degli Ordini religiosi in Francia<br />
La dispersione dei beni ecclesiastici temporali<br />
La secolarizzazione dei religiosi<br />
La fondazione della Valsainte<br />
La partenza per la Svizzera<br />
La Val-Sainte<br />
Le Regole della Val-Sainte<br />
CRONACA:<br />
A - Monastero di Cotrino:<br />
1. La posa della prima pietra della nuova chiesa del Santuario<br />
di Cotrino<br />
» 19<br />
» 21<br />
» 29<br />
» 29<br />
» 31<br />
» 32<br />
» 33<br />
» 35<br />
» 37<br />
» 53<br />
» 77<br />
» 77<br />
» 82<br />
» 82<br />
» 83<br />
» 85<br />
» 88<br />
» 89<br />
» 90<br />
» 91<br />
» 95
N. 3-4:<br />
- 240-<br />
2. ORONZO E LUIGI STICCHI, Struttura della nuova chiesa<br />
del santuario<br />
Relazione tecnica - Ubicazione<br />
Caratteristiche costruttive e dimensionali<br />
Concetti architettonici<br />
B - Certosa di Firenze:<br />
» 96<br />
» 97<br />
» fY7<br />
» 99<br />
1. Architettura dei monaci sabato in mostra (Dal Paese sera,<br />
giovedì 23 novembre 1978) » 100<br />
2. Una rassegna sull'architettura cistercense. Mostra in Certosa<br />
per festeggiare un «compleanno» (Da L'unità, giovedi 23<br />
novembre 1978) » 101<br />
3. Architettura cistercense nel mondo (Da Avvenire, Venerdi<br />
24 novembre 1978) » 103<br />
4. Mostre d'arte. Le Pietre dei cistercensi (Da Paese Sera,<br />
Venerdi 5 Gennaio 1979) R. Federici . » 104<br />
5. Architettura cistercense. Una mostra alla Certosa (Da Osservatore<br />
Toscano, 10 Gennaio 1979) G. Di Marco . » 106<br />
6. Le abbazie cistercensi in mostra a Firenze (Da La Nazione,<br />
Venerdi 2 Febbraio 1979) » 107<br />
7. Architettura cistercense alla Certosa fiorentina (Da Osservatore<br />
Romano, lO Marzo 1979) G. Viti . » 108<br />
8. Attività culturale e spirituale dei cistercensi a Firenze. I monaci<br />
costruttori (Da Settimana del Clero, 18 Marzo 1979). » 110<br />
PUGLISI PAOLA. S. Galgano e Siena. Presenza cistercense-federiciana<br />
in Toscana alla metà del duecento » 113<br />
RASPI SERRA JOSELITA, Le decorazioni a racemi nelle architetture<br />
cistercensi » 139<br />
Florilegio cistercense, a cura di P. GOFFREDO VITI:<br />
- Il dono dell'Avvento (S. Bernardo) .<br />
- Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (S. Bemardo)<br />
- Maria e La chiesa (Isacco della Stella)<br />
- Ecco viene il Re! (Beato Guerrico)<br />
- Tutto il mondo attende la risposta di Maria (S. Bernardo)<br />
» 149<br />
» 150<br />
» 151<br />
» 152<br />
» 153
- 241 -<br />
P. VITI GOFFREDO, Primo contributo per una bibliografia sull'architettura<br />
cistercense<br />
Introduzione<br />
Criteri di pubblicazione<br />
Bibliografia generale<br />
P. FORNARI BENEDETTO, Considerazioni storiche e stili'Stiche<br />
sulla chiesa di Santa Maria Maggiore in Ferentino<br />
P. FALLETTI MALACHIA, Convegno monastico intercongregazionale<br />
di Parma:<br />
I - Camaldoli<br />
II - Conclusioni<br />
I <strong>Cistercensi</strong> della Congregazione di Casamari<br />
FR. KLEINER SIGHARD, Lettera Pastorale<br />
BOUTON JEAN DE LA CROIX, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(trentesima puntata) .<br />
La fondazione della Valsainte<br />
La fondazione di Sainte-Suzanne<br />
Istituzione del terz'ordine della Trappa e delle trappiste<br />
Fondazioni di Westmalle, Lulworth, Darfeld e del Piemonte<br />
L'Odissea monastica<br />
Attraverso l'Europa<br />
Il secondo soggiorno alla Valsainte<br />
Nuova diaspora<br />
P. FALLETTI MALACHIA, Il capitolo generale della Congregazione<br />
di Casamari<br />
CRONACA:<br />
- Celebrazioni per il XII centenario della fondazione del monastero<br />
delle benedettine di Rasano<br />
- Celebrazioni in Toscana per il XV Centenario della nascita<br />
di San Benedetto<br />
A - Dall' Ordine:<br />
1. Il sinodo dell'Ordine<br />
2. Il Capitolo generale della Congregazione di Mehrerau<br />
B - Dalla Congregazione:<br />
- Giubileo sacerdotale<br />
- Necrologio .<br />
Sommario dell' annata 1979<br />
» 155<br />
» 155<br />
» 156<br />
» 157<br />
» 191<br />
» 201<br />
» 201<br />
» 202<br />
» 204<br />
» 209<br />
» 213<br />
» 213<br />
» 213<br />
» 214<br />
» 2,16<br />
» 218<br />
» 219<br />
» 221<br />
» 222<br />
» 224<br />
» 229<br />
» 231<br />
» 233<br />
» 235<br />
» 236<br />
» 237<br />
» 239