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Leggi - I Cistercensi

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NOTIZIE<br />

CISTERCENSI<br />

LUGLIO - DICEMBRE<br />

1979<br />

ANNO XII<br />

Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV


NOTIZIE CISTERCENSI<br />

Direttore:<br />

P. GoFFREDO Vm<br />

Redazione:<br />

PP. CERTOSA DI FIRBNZB<br />

Consiglio di Redazione:<br />

P. PLACIDO CAPUTO<br />

P. Mu.A.CBL\ FALLETTI<br />

P. VrrroRINO ZANNI<br />

Re8ponsabUe:<br />

AOOSTlNI CABLOMAGNO<br />

Conto corrente 16450504<br />

Periodico trimestrale di vita cistercense<br />

Abbonamento annuo: Italia L. 5.000<br />

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Amministrazione: CERTOSA DJ!L GALLUZZO - 50124 Firenze<br />

• (055) 2049226


S. GALGANO E SIENA. PRESENZA CISTERCENSE-FEDERI CIANA<br />

IN TOSCANA ALLA META' DEL DUECENTO*<br />

di PAOLA PUGLISI<br />

Il presente intervento si propone di analizzare alcune questioni re-<br />

lative all'esistenza ed all'entità di un rapporto tra il cantiere cistercense<br />

di S. Galgano - e la cultura che in esso si esprime verso la metà del<br />

XIII secolo - ed alcuni fenomeni artistici contemporaneamente emer-<br />

genti nella regione, il più interessante dei quali sotto questo riguardo<br />

(oltre che effettivamente il più prossimo in termini geografici e, pro-<br />

babilmente, cronologici) è senz'altro costituito dalla cattedrale di Sie-<br />

na, e in special modo da alcuni aspetti della sua decorazione plastica.<br />

Prima di affrontare l'argomento tuttavia, mi sembra necessario pro-<br />

cedere all' esposizione, per quanto possibile sintetica, dei risultati di<br />

una recente indagine relativa a S. Galgano.'<br />

Eccezion fatta per i due capitelli e le decorazioni delle finestre<br />

della sala capitolare, e per qualche resto del chiostro, le superstiti or-<br />

namentazioni plastiche degli edifici abbaziali non sono degne di ri-<br />

lievo. Converrà quindi concentrare l'attenzione sulla chiesa, che per-<br />

mette di esaminare in successione le varie tendenze manifestatesi lungo<br />

l'arco di attività del cantiere. La zona più antica è quella del transetto<br />

meridionale, fino al culmine delle arcate del primo piano.<br />

Per omogeneità di caratteri e di materiali la si può ritenere co-<br />

struita in un breve giro di anni, circoscrivibili tra il 1218, data del<br />

* Relazione fatta il 24 febbraio 1979 alla Certosa di Firenze in occasione<br />

di una giornata di studi sui cistercensi nell' ambito della mostra' fatografica<br />

sull'architettura cistercense (25 novembre 1978 - 28 febbraio 1979).<br />

1 P. PUGLISr, La scultura architettonica dell'abbazia cistercense di S. Galgano,<br />

tesi dattiloscritta, Univo di Roma anno ace. 1977-'78. Una breve comunicazione<br />

relativa alla fase preliminare del lavoro è stata pubblicata col<br />

titolo Capitelli dell'abbazia di S. Galgano. in «I <strong>Cistercensi</strong> e il Lazio », Atti<br />

delle giornate di studio dell'Istituto di storia dell'arte dell'Università di Roma<br />

17-21 maggio 1977, Roma 1978, pp. 177-181; per altri risultati del medesimo<br />

studio. cfr. Componenti federiciane in S. Galgano, negli Atti del convegno su<br />

«Federico II e l'arte del Duecento italiano », Roma 15-20 maggio 1978, in corso<br />

di stampa, a cui rimando, oltre che alle note che seguono, per indicazioni di<br />

carattere bibliografico.


114 -<br />

primo documento che testimonia un'attività costruttiva.' e la fine del<br />

terzo decennio del secolo. Preciso che la determinazione della cronologia,<br />

per la fase in esame e le successive, è affidata quasi esclusivamente<br />

ad un'indagine stilistica e tipologica sostenuta per via di confronti;<br />

i risultati così ottenuti vanno sovrapposti, fin dove è possibile,<br />

alle notizie trasmesse dai documenti, in particolari quelli costituenti<br />

il cosiddetto Cartulario dell' Archivio di Stato di Siena; nella<br />

maggior parte dei casi però l'ausilio dei dati documentari ha fornito<br />

un supporto, se non incerto, senz'altro un po' troppo generico. Ciò premesso,<br />

passiamo all'esame dei capitelli più antichi.<br />

I capitelli del transetto sud sono riconducibili ad una forma-base<br />

molto semplice, un solo ordine di rigide foglie nervate, di cui la frontale<br />

più corta, ornate in cima da composizioni di fiorellini, talvolta<br />

da un'unica rosa composta di più dischi lobati concentrici sovrapposti.<br />

Spesso alla base si nota un giro di piccole foglie stilizzate, a rilievo<br />

piatto, raccordate l'una all'altra da un gestone (fig. 1). A volte dalle<br />

nervature delle foglie principali nascono rametti e foglioline più piccole<br />

(fig. 2). Si tratta in sostanza di una struttura di base non estranea<br />

al rigore delle manifestazioni di scultura architettonica cistercense risalenti<br />

al XII secolo, con un preciso riferimento al gruppo provenzale<br />

di Sénanque, Silvacane, Le Thoronet," su cui vengono ad innestar si<br />

forme, come la corona di foglie alla base, o le rose, tratte per lo più<br />

direttamente dal ricco quanto particolarissimo repertorio decorativo<br />

di Casamari, abbazia-madre di S. Galgano; ed è verosimile pensare in<br />

questo momento a maestranze che almeno in parte ne provengano, si<br />

dia credito o meno all'ipotesi che l'ultimo architetto o amministratore<br />

di Casamari ed il primo di S. Galgano siano la stessa persona." Ma è<br />

rilevante anche la denuncia, in qualche caso, di un tentativo di aggiornamento<br />

su soluzioni da tempo manifestatesi in ambito gotico francese<br />

(per es. a Chartres: le nervature che generano rametti)," tentativo con-<br />

2 C. ENLART, L'abbaye de S. Galgano, près Sienne, au XIIIème siècle,<br />

«Mélanges d'archéologie et d'histoire », XI, 1891, p. 211. Per una recente rassegna<br />

critica e bibliografica di alcune fonti documentarie relative a S. Galgano<br />

cfr. P. G. VITI, A proposito di una monografia su S. Galgano, «Notizie <strong>Cistercensi</strong><br />

», X, 1977, 4, pp. 1-28.<br />

3 Cfr. F. CALI, L'Drdre Cistercien, d'après les trois soeurs prouençales,<br />

Sénanque, Silvacane, Le Thoronet, Arthaud 1972, fig. 47.<br />

4 C. ENLART, L'abbaye, p. 212.<br />

5 Cfr. W. SCHLINK, Die Kathedralen Frankreichs, Miìnchen 19,78, fig. p. 107.


(Fig. 2)<br />

S. GALGANO<br />

capitello del transetto meridionale<br />

- 115-<br />

«Fig. 1)<br />

S. GALGANO<br />

capìtello del transetto meridionale


-116 -<br />

temporaneamente riecheggiato almeno in un'altra abbazia cistercense<br />

italiana, S. Martino al Cimino.<br />

Non molto dissonanti con queste scelte iniziali sono i termini di riferimento<br />

tipologico e stilistico deducibili dall' esame della fase successiva,<br />

rappresentata dai capitelli delle semicolonne addossate ai muri<br />

perimetrali della chiesa, e da quelli delle cappelle orientali del transetto<br />

nord: capitelli che, più monotona mente dei precedenti, alternano<br />

due motivi decorativi fondamentali (un giglio rovesciato, o un grappolo<br />

di grossi grani in parte coperto da una foglia) su una struttura a<br />

due ordini di larghe foglie tondeggianti (fig. 3). Il ricambio di motivi<br />

è dovuto certo all'arrivo di nuovi lapicidi, in parte forse ancora provenienti<br />

da Casamari - dove è piuttosto frequente il motivo a giglio,<br />

già borgognone" - ma anche al corrente di soluzioni altrettanti borgognone<br />

di stampo più arcaico, la cui ripresa nel XIII secolo si avvale<br />

eventualmente di forme e proporzioni alquanto mutate: mi riferisco<br />

al grosso grappolo, riscontrabile per es., alla metà del secolo precedente,<br />

a Vézelay," lapicidi comunque di formazione non distante da<br />

quella di altri operanti più o meno contemporaneamente in ambito<br />

cistercense italiano: si veda S. Maria Arabona (fig. 4). L'inizio di questa<br />

seconda campagna di lavori si può supporre - indicativamente -<br />

poco dopo il 1230, e la sua conclusione forse intorno al 1245, data alla<br />

quale si menziona per la prima volta una porta della chiesa, verosimilmente<br />

da identificarsi col portale principale."<br />

Quasi tutti i restanti capitelli possono essere accomunati invece da<br />

riferimenti che si pongono improvvisi ed inediti rispetto alla plastica<br />

del secolo. Non si può parlare di un momento unitario fino all'esaurirsi<br />

6 C. ENLART, Origines irançaises de l'architecture gothique en ltalie,<br />

Paris 1894, p. 291 e fig. 128.<br />

7 Cfr. E. VIOLLET-LE-DUG, Dictionnaire raisonné de l'architecture irançaise,<br />

Paris 1854-1868,VIII, voce 'Sculpture', fig. 47.<br />

8 C'. ENLART, L'abbaye, p. 214; Id., Origines, p. 54; P. PUGLISI, La scultura<br />

architettonica, p. 181 n. 5, in cui prospettavo l'ipotesi (già implicita in<br />

R. WAGNER-RIEGER, Die italienische Baukunst zu Beginn der Gotik, Graz-<br />

Kòln 1956-'57, II, p. 227) che al 1245 la navata, nella sua parte inferiore, si<br />

stendesse già finn alla facciata. Da un esame più approfondito risulta invece<br />

che con ogni probabilità dopo aver iniziato la costruzione della chiesa dal<br />

transetto meridionale, si elevarono i muri perimetrali, e successivamente l'alzato<br />

interno, procedendo dalle due cappelle a sinistra del coro e dal transetto<br />

settentrionale verso la facciata, lungo l'interO' arco di attività del cantiere.


(Fig. 4)<br />

S. MARIA ARABONA,<br />

capitello dell'esterno<br />

della sala capitolare<br />

-117 -<br />

(F'Jg. 3)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello della controfacciata


118 ~<br />

dei lavori, i quali protraendosi per altri quattro decenni almeno comprendono<br />

in realtà un periodico ricambio di maestranze, documentato<br />

dal susseguirsi all'interno del monumento di almeno altre quattro fasi;<br />

tali fasi si staccano una dall'altra per diversa intensità di modulazione<br />

stilistica, ma con variazioni tipologiche quasi sempre di non rilevante<br />

entità, e soprattutto nel senso di uno sviluppo che rimane coerente ai<br />

suoi presupposti." Per non perdere il filo del discorso nell'inoltrarsi in<br />

questioni troppo esclusivamente legate all'evoluzione interna della Bauplastik<br />

di S. Galgano per discuterne in questa sede, mi pare perciò sufficiente<br />

fermarsi in particolare a cogliere il primo manifestarvisi delle<br />

nuove tendenze, cronologicamente circoscrivibile intorno alla metà del<br />

secolo.<br />

Quasi in nessun particolare i nuovi capitelli si rifanno all'arcaizzante<br />

struttura dei precedenti: rimane pressocché invariato il profilo<br />

dell'abaco, ma cambia il tipo di raccordo tra quest'ultimo e la campana;<br />

le foglie, sempre su due ordini, sono più strette e quindi più numerose;<br />

infine, sono del tutto inedite le specifiche forme che esse assumono. Secondo<br />

un criterio tipologico, si possono distinguere quattro soluzioni<br />

principali.<br />

1) Capitelli a foglie nervate, le cui estremità si npiegano in fuori<br />

in un motivo per il quale ho coniato la denominazione a palmetta,<br />

al fine di evidenziarne il fattore non geometrizzante ma<br />

certo generalizzante rispetto a diffuse soluzioni gotiche tendenzialmente<br />

più naturalistiche (fig. 5).<br />

2) Capitelli le cui foglie nervate aderiscono al calato per un breve<br />

tratto e poi se ne distaccano stendendosi verso l'alto (fig. 6).<br />

3) Capitelli a foglie mosse dal vento (fig. 7).<br />

4) Capitelli a farfalla (fig. 8), denominazioni correntemente adottate<br />

per indicare due tipologie di provenienza bizantina.<br />

9 Cfr. la nota precedente. Mi riprometto di pubblicare in forma più dettagliata<br />

quanto concerne il progressivo svolgersi dei lavori. In breve, dalla<br />

metà del secolo, si susseguono nel seguente ordine: a) capitelli bassi del pilastro<br />

occidentale del transetto nord, dei primi cinque pilastri settentrionali da<br />

est, dei pilastri meridionali terzo e quarto da est; b) capitelli a1ti del coro,<br />

del transetto e delle prime tre coppie di pilastri da est ; c) capitelli bassi degli<br />

ultimi tre pilastri settentrionali da est; d) capitelli bassi degli ultimi quattro<br />

pilastri meridionali da est e capitelli alti delle ultime cinque coppie di pilastri<br />

da est.


(Fig. 6)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello della navata<br />

- 119-<br />

(Fig. 5)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello della navata


(Fig. 7)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello della navata<br />

-120 -<br />

(tFig. 8)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello della navata


- 121-<br />

Eccettuato qualche esempio tedesco su cui avrò modo di tornare,<br />

per queste forme non ho trovato alcun riscontro in abbazie cistercensi<br />

se non - limitatamente alla palmetta e a livello di citazione quasi incidentale<br />

- nella chiesa di S. Martino al Cimino; ancor più decisamente<br />

estranee esse risultano all'ambiente toscano fino al momento in cui<br />

le si incontrano nella nostra abbazia: non siamo quindi di fronte ad un<br />

fenomeno semplicemente spiegabile come una sorta di attrazione nei<br />

confronti dei mezzi espressivi locali, subita dai monaci costruttori nel<br />

corso della stabilizzazione del loro insediamento. Si tratta bensì del cosciente<br />

attingere ad una cultura la cui relazione con l'Ordine è stata<br />

più spesso esaminata sotto il profilo dell'apporto ad essa recato dai<br />

<strong>Cistercensi</strong>: quella fiorita nell'Italia meridionale durante il regno di<br />

Federico IJ.1°<br />

Capitelli a palmette, a foglie protese verso l'alto, mosse dal vento<br />

e a farfalla, in formulazioni stilisticamente rapportabili a quelle di S.<br />

Galgano, costituiscono infatti, insieme a non molte altre soluzioni, gli<br />

elementi costitutivi del linguaggio plastico architettonico che risulta<br />

applicato alle maggiori imprese costruttive promosse dall'Imperatore.<br />

Gli esempi più prossimi a S. Galgano sono reperibili a Castel del Monte,<br />

nei capitelli delle sale del piano terreno, dove coesistono - spesso nel<br />

medesimo capitello, come pure nell'abbazia toscana - le foglie protese<br />

verso l'alto e quelle a palmetta" (fig. 9). Le analogie - struttura e<br />

proporzioni del capitello, sagoma e modulazione plastica delle palmette<br />

nervature rese in negativo con un incavo graduato e morbido, spessore<br />

e carnosità delle foglie, e infine angolo d'inclinazione di quelle protese<br />

verso l'alto - sono tali da far pensare quasi ad una medesima mano,<br />

e senza ombra di dubbio ad un effettivo e diretto rapporto tra i due<br />

monumenti. Capitelli a palmette di stile analogo o più ricercato (su cui<br />

tornerò a discutere), e a foglie mosse dal cento non precisamente sovrapponibili<br />

a quelle di S. Galgano, sono presenti a Castel Lagopesole;12la<br />

plastica di Castel Ursino si presta a qualche confronto sul piano<br />

tipologico; alcune soluzioni di Castel Maniace, così come di una delle<br />

sale superiori di Castel del Monte, i cui riflessi non è dato di ritrovare<br />

lO Cfr. P. PUGLISI, Componenti federiciane.<br />

11 Cfr. A. CADEI, Fossanova e Castel del Monte, in corso di stampa, in «Federico<br />

II e l'arte del Duecento italiano ».<br />

12 Cfr. M. RIGHETTI, La scultura di Lag opeso le, in corso di stampa in<br />

«Federico II e l'arte del Duecento italiano ».


- 122-<br />

(FLg. 9)<br />

CASTEL<br />

DEL MONTE,<br />

capitello<br />

del pianterreno<br />

a S. Galgano, riecheggiano tuttavia in Toscana dal portale del Castello<br />

di Prato.<br />

L'analisi delle forme esclusivamente vegetali di S. Galgano, e il riconoscimento<br />

della loro sostanziale affinità con soluzioni federiciane<br />

- prospettabile, a causa di una precedenza cronologica sia pure esigua,<br />

esclusivamente nei termini di un influsso che va dal meridione alla Toscana<br />

13 - permette di estendere immediatamente la constatazione di<br />

tale carattere di referenza meridionale alla plastica della cattedrale di<br />

Siena, più precisamente ai capitelli delle navate anteriori e dell'area<br />

sottostante la cupola. I capitelli senesi, in stridente contrasto con quelli<br />

di S. Galgano, il cui programma decorativo è quasi del tutto aniconico,<br />

ostentano una ricchezza figurativa che pone in secondo piano le forme<br />

vegetali, le cui proporzioni si riducono o si estendono, di volta in volta,<br />

per fungere da proscenio e da quinta. Da soluzioni semplici e geometrizzanti,<br />

sull'orlo della rozzezza esecutiva, in cui è dato però di<br />

distinguere la tipologia a palmette (fig. lO) e di rapportarla con una<br />

certa puntualità ad esempi federiciani anch'essi non del tutto felici,<br />

come alcuni capitelli di Castel Ursino; ad altre in cui la palmetta è<br />

alquanto più vicina alla versione in cui l'abbiamo conosciuta; si passa<br />

13 A rigore, la più antica manifestazione a me nota di tre su quattro delle<br />

tipologie suddette (foglie a palmetta, protese verso l'alto e a farfalla) è costituita<br />

in ambito federiciano dai due noti capitelli presumibilmente provenienti<br />

da Troia e datati prima del 1229: cfr. P. PUGLISI, Componenti iedericiane.


(Fig. io:<br />

SIENA, duomo,<br />

capitello<br />

della navata<br />

- 123-<br />

ad accenti raffinati nella leggera torsione impressa alle foglie protese<br />

verso l'alto (fig. 11), e infine a toni più sostenuti, in cui la fermezza<br />

plastica della corona di foglie mosse dal vento o a farfalla entra in sintonia<br />

con la complessità di articolazione e con l'accentuazione in senso<br />

drammatico delle figurazioni sovrastanti, in un complesso che denuncia<br />

a prima vista una notevole discontinuità stilistica, tendente solo gradualmente<br />

a riassorbirsi dopo la prima impressione.<br />

La forza di coesione dell'insieme consiste però in una continuamente<br />

rinnovabile capacità di rimando all'area meridionale, che regge<br />

anche di fronte al primo manifestarsi, tra gli elementi figurativi, di caratteri<br />

giovannei, almeno finché essi non risultano troppo scoperti. In<br />

primo luogo, la monumentalità con cui gli elementi figurativi s'inserisco-<br />

SIENA, duomo,<br />

capitello<br />

della navata


124 -<br />

no nella struttura del capitello - pur con differenti capacità di intuizione<br />

spaziale" - mi pare un dato che precedenti romanici toscani<br />

come quelli (citando un caso che è stato messo in rapporto con Siena)<br />

di Monsano," non bastano a spiegare, e che oltretutto non si presenterà<br />

più nel tipo di capitello fogliato con inserti figurativi la cui formulazione<br />

duecentesca toscana si deve essenzialmente ai Pisano: basti pensare<br />

alla differente misura con cui piccole teste s'innestano in funzione<br />

di crochets in alcuni capitelli del pulpito di Siena o della loggia del<br />

battistero di Pisa; se in qualche successiva opera toscana trapassa questa<br />

monumentalità, è piuttosto nella sequenza di busti alla ricaduta degli<br />

archetti di tale loggia pisana, per i quali in uno studio relativamente<br />

recente" viene indicata la possibilità di un precedente nella Porta di<br />

Capua - e in qualche capitello senese è addirittura prefigurata la loro<br />

impostazione di Schulterbiisten, poco articolati e troncati subito sotto<br />

le spalle (fig. 12). Tale larghezza d'impostazione si fonde con il fattore<br />

stilistico nel rifacimento ad esempi meridionali, quali potrebbero essere,<br />

a titolo indicativo, la Capua Fidelis, o la classicheggiante testina femminile<br />

rinvenuta a Priverno," o alcune delle mensole del fianco destro<br />

(Fig. 12)<br />

SIENA, duomo,<br />

capitello<br />

della navata<br />

(foto 'Lornlbardd)<br />

14 Evidenziate da A. M. ROMANINI. Amolfo di Cambio e lo ' stil novo ' del<br />

gotico italiano, Milano 1969, pp. 147-148.<br />

15 V. LUSINI, Il duomo di Siena, Siena 1911, I, pp. 52-55.<br />

16 A. KOSEGARTEN, Die Skulpiuren der Pisani am Baptisterium vcm Pisa,<br />

«Jahrbuch der Berliner Museen », X, 1968, p. 39.<br />

17 A. KOSEGARTEN, Die Skulpturen, fig. 48.


-125 -<br />

del duomo di Ruvo. Si noti, nei capitelli senesi, la vicinanza ai pezzi<br />

suddetti nell'effetto stereometrico della testa, pur nel suo rapportarsi al<br />

piano di fondo, nella delicata modulazione del volume sferico del volto,<br />

in particolare nel mento, all'innesto sul collo cilindrico, o nel taglio<br />

della bocca carnosa e socchiusa. Limite alla validità di tali affermazioni<br />

è ad ogni modo, per ora, l'impossibilità di condurne una verifica esauriente<br />

sull'intero complesso plastico, verifica che presupporrebbe una<br />

campagna fotografica a tappeto, per quel che ne so ancora non realizzata.<br />

I termini della questione critica relativa ai capitelli senesi sono presto<br />

riassunti: eccettuati Enlart, che si limitava a rilevarne una componente<br />

classicheggiante," e Lusini che, forse tradito dalla convinzione<br />

di una data molto alta per l'intero complesso architettonico, ne fraintendeva<br />

il linguaggio decorativo, inserendolo senza soluzione di continuità<br />

nella tradizione tardo-romanica toscana di accento clunyacense," gli<br />

altri contributi critici si sono mossi uniformemente nell'ambito del riconoscimento,<br />

quasi scontato, di inflessioni riconducibili in generale<br />

alla scultura dei Pisano;" e in quest'ambito le questioni sollevate, su<br />

cui non intendo soffermarmi più di quanto il discorso lo richiederà,<br />

sono state quasi esclusivamente di carattere attributivo; soltanto Renate<br />

Wagner-Rieger, con un riferimento a Castel del Monte, introduceva in<br />

termini diretti la relazione con l'Italia meridionale." Ma pende in particolare<br />

su alcuni dei capitelli senesi un'attribuzione ad Arnolfo che<br />

per il modo in cui fu introdotta, a suo tempo, da Enzo Carli, entra direttamente<br />

nel merito del rapporto con S. Galgano, proponendo Arnol-<br />

18 C. ENLART, Origines, p. 159.<br />

19 Cfr. n. 14.<br />

20 L B. SUPINO, Arte pisana, Firenze 1904, p. 100; A. VENTURI, Storia<br />

dell'arie italiana, IV, Milano 1904, pp. 187-189; G. SWARZENSKI, Rec. a L B.<br />

SUPINO, «Repertorium ftìr Kunstwissenschaft », 1905, p. 169; P. TOESC'A,<br />

Il Medioevo, II, 1913-'27, rist. Torino 1965, p. 702 n. 12; M. SALMI, L'architettura<br />

romanica in Toscana, Milano 1927, p. 53 n. 59; Id., La scultura romanica<br />

in Toscana, Firenze 1928, p. 27; H. KELLER, Die Bauplastik des sieneser Domes,<br />

e Kunstgeschichtliches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana », I, 1937, p. 142, W.<br />

PAATZ, Werden und Wesen der Trecento-Architektur in Toskana, Burg b. M.<br />

1937, p. 30; G. NICCO-FASOLA, Induzioni su Nicola Pisano architetto, «L'arte<br />

», NS, IX, 1938, 4, p. 331; Id., Nicola Pisano, Roma 1941, pp. 170-171; A. KO-<br />

SEGARTEN, Die Skulpturen, pp. 97-98; A. M. ROMANINI, Amolfo di Cambio,<br />

pp. 147-148.<br />

21 R. WAGNER-RIEGER, Die italienische Baukunst, II, p. 207.


- 126-<br />

fo come mediatore tra la plastica dell'abbazia e quella della cattedrale,<br />

cosicché questa avrebbe piuttosto passivamente assorbito i caratteri<br />

«monastici» di quella;" Relativamente alla scultura architettonica, la<br />

tesi del Carli raccoglieva così, consapevolmente o meno, l'eredità dell'affermazione<br />

di Enlart secondo cui la chiesa cistercense sarebbe stata<br />

il modello della cattedrale, e questo, paradossalmente, nonostante allo<br />

stesso Carli si debba - pur insieme alla proposta di una terminazione<br />

rettilinea per l'antico coro senese - l'affermazione dell'indipendenza<br />

della fabbrica del duomo da quella dell'abbazia."<br />

Ma contentiamoci di mettere a fuoco ciò che riguarda la scultura;<br />

la questione di un eventuale rapporto tra i due edifici sotto il profilo<br />

architettonico - che in sostanza si riduce alla possibilità o meno di far<br />

derivare da un lessico cistercense l'ipotizzato coro a terminazione rettilinea<br />

e il tipo di pilastro composito senesi - può rimanere sullo sfondo,<br />

perché in ogni caso in tal senso alla metà del secolo i giochi erano fatti;<br />

e d'altronde ai nostri fini immediati il riconoscimento di precedenti interferenze<br />

tra i due cantieri avrebbe un peso relativamente trascurabile.<br />

Svincolata dal sospetto dell'ossequio ad un prototipo cistercense è invece<br />

la questione del ballatoio che corre all'interno della navata;" e la<br />

tralasceremo per un motivo opposto, dal momento che a causa della<br />

sua stretta connessione al momento plastico un chiarimento rispetto a<br />

quest'ultimo si pone in qualche modo come preliminare ad un'eventuale<br />

riapertura del problema.<br />

Torniamo dunque ai capitelli. Di fronte al profilato rapporto con<br />

l'ambiente federiciano, la qualificazione della scultura di S. Galgano e,<br />

di riflesso, di Siena, come monastica, introdotta dal Carli - e già in<br />

sé lievemente ambigua - accusa più che mai a mio parere il bisogno<br />

22 E. CARLI, La giovinezza di Arnoiio di Cambio, Pisa 1936. li saggio generò<br />

una polemica col De Francovich, per rispondere al quale Carli in un<br />

sucessivo articolo precisò le sue idee, sostanzialmente confermandole: cfr.<br />

G. DE FRANCOVICH. Studi recenti sulla scultura gotica toscana: ArnO'lfO'di<br />

Cambio, «Le arti », II, 1939-'40, pp. 236-251; E. CARLI, Codicillo arnO'lfiano,<br />

«Le arti », III, 1940-'41, pp. 186-192.<br />

23 E. GARLI, Vetrata duccesca, Firenze 1946, pp. 55-56.<br />

21 Cfr. W. KROENIG, Toskana und Apulien. Beitrage zum Problemkreis der<br />

Herkunit. des Nicola Pisano, «Zeitschrift fiir Kunstgeschichte », XVI, 19'53,<br />

pp. 101-104, e R. WAGNER-RIEGER, Siena und Ruvo. Ein Beitrag zur Bauqeschichte<br />

der beuien Dome, «Festschrift fiir Prof. Dr. J. Anselm Wissenhafer »,<br />

s. L, 1954.


- 127-<br />

di una verifica. In quali termini si pone dunque questa affinità S. Galgano-Siena-Italia<br />

meridionale? Più precisamente, si deve pensare ad<br />

una derivazione parallela e indipendente della plastica del duomo e<br />

di quella dell'abbazia dagli stessi (o da diversi) modelli meridionali;<br />

oppure ad una mediazione esercitata da uno dei due monumenti toscani<br />

rispetto all'altro; o magari ad un tramite esterno, che abbia svolto una<br />

funzione mediatrice nei confronti di entrambi? In quale momento ed<br />

in quale misura inoltre interviene - se interviene - in questo processo<br />

una componente qualificabile come monastica? Il problema non è<br />

del tutto fine a se stesso, visto che investe direttamente la possibilità<br />

di articolare con una certa approssimazione modi e tempi del vasto<br />

movimento di riflusso verso la Toscana che impegna la cultura artistica<br />

federiciana una volta esauritesi le condizioni storiche che ne avevano<br />

determinato il fiorire nell'Italia meridionale.<br />

In riferimento ai quesiti su formulati, la prima ipotesi - quella di<br />

una non-interferenza reciproca - è senz'altro la più improbabile. Per<br />

quanto rapporti tra la fabbrica di Siena e i <strong>Cistercensi</strong> di S. Galgano<br />

(questi ultimi, con ogni probabilità, in qualità di amministratori dell'Opera<br />

senese) siano documentati soltanto a partire dal 1259,25 non si<br />

può certo credere che prima di questa data i due cantieri si ignorassero;<br />

e che i precedenti cui si fa riferimento - pur con uno spirito<br />

così diverso - siano gli stessi, è provato dall'identità tipologica del<br />

fogliame dei capitelli. La seconda ipotesi ha attirato per più versi la<br />

mia attenzione, sembrandomi in un primo tempo possibile che il monumento<br />

senese - di cui almeno alcune volte, come testimonia un documento<br />

interpretato unanimemente, venivano chiuse nel 1259-'6026 -<br />

avesse attratto alquanto prima di questa data maestranze aggiornate<br />

sulla situazione federiciana, che avrebbe potuto in seguito spostarsi a<br />

S. Galgano. Era istintivo propendere per questa soluzione, soprattutto<br />

riguardando al forte stacco, in S. Galgano stessa, tra la scultura di accento<br />

meridionale e quella che l'aveva preceduta nel tempo, mentre,<br />

tentando un riferimento ad ambito cistercense, italiano ed europeo, non<br />

era possibile, come si è visto, reperire esaurienti riscontri per le tipologie<br />

ultimamente sopraggiuntevi. Inoltre l'intonazione essenzialmente<br />

aniconica della plastica dell'abbazia, per quanto assai più prossima in<br />

25 G. MILANESI, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854,<br />

Nr. 3.<br />

26 G. MILANESI, Documenti, I, Nr. 5, 6, 7.


-128 -<br />

questo ai modelli federiciani che non la scultura del duomo, poteva<br />

prestarsi ad essere interpretata nel senso di una programmatica operazione<br />

di depauperamento rispetto all'accezione esuberantemente figurativa<br />

attuatane a Siena.<br />

Ma il complesso plastico senese non sostiene che parzialmente il<br />

peso di una datazione troppo alta, effettivamente inadeguata di fronte<br />

ad alcuni brani la cui intensità drammatica è difficilmente separabile<br />

dal nome di Giovanni, se pure di un giovane Giovanni; ed è vero che a<br />

qualche capitello va stretta, per così dire, la datazione entro il 1260;<br />

in alcuni di questi casi oltre tutto il fogliame mostra di svincolarsi progressivamente<br />

dalle tipologie federiciane, in assonanza con soluzioni riscontrabili<br />

in S. Galgano negli anni settanta, e nello stile assumono maggior<br />

rilievo certi valori tattili che preludono in parte al senso pesante<br />

dell'ornato di quella che sarà, se non è del tutto improprio chiamarla<br />

così, la scultura architettonica dei pulpiti di Giovanni. L'esistenza di<br />

una datazione tarda - globale o parziale - non è d'altronde nuova<br />

alle vicende critiche dei capitelli senesi, e qui non posso che limitarmi<br />

a segnalare l'oggettivo imbarazzo che essa provoca (beninteso, nell'accezione<br />

parziale) a confronto con i dati documentari, ripromettendomi,<br />

se sarà possibile, di affrontare la questione in futuro.<br />

D'altra parte, è altrettanto impossibile dimostrare un'eventuale precedenza<br />

di S. Galgano su Siena. I documenti ci vengono solo relativamente<br />

in aiuto: a parte la menzione della porta della chiesa nel 1245,<br />

da un testamento del 1255 si desume che a quella data era compiuta,<br />

probabilmente da tempo, la sala capitolare;" ma la scultura di quest'ultima<br />

si allinea sulle posizioni della plastica più antica della chiesa,<br />

distinguendosene semmai per un'inflessione più rozza." Piuttosto,<br />

nel 1256, e poi nel 1261, viene menzionato il chiostro," tra gli scar-<br />

SI'SSlmlresti del quale alcuni capitelli denunciano l'avvenuto impatto<br />

con le nuove tipologie, in uno stile anch'esso all'altezza, come nella<br />

chiesa, dei modelli meridionali. Non tutti i numerosi capitelli del chiostro<br />

dovevano essere di questo tipo, perché qualcuno dei superstiti fa<br />

27 C. ENLART, L'abbaye, p. 214; Id., Origine s, p. 13.<br />

28 TI confronto più stringente per i capitelli e le basi ottagone delle due<br />

colonne della sala capitolare è quello con gli analoghi elementi delle bifore<br />

del chiostro di Le Thoronet (cfr. n. 3); cfr. anche P. PUGLISI, Capitelli, pr. 181<br />

n. 3.<br />

29 C. ENLART, L'abbaye, p. 214.


-129 -<br />

riferimento anche alle fasi precedenti; ma si può ben credere che il<br />

chiostro venisse iniziato subito dopo il compimento del muro meridionale<br />

della chiesa, cui si appoggiava, e che al 1256 fosse ormai a buon<br />

punto; tale data costituirebbe così un abbastanza solido termine ante<br />

quem per l'accoglimento di influssi federiciani nell'abbazia.<br />

Quindi tutto ciò che è possibile constatare, senza sconfinare nel<br />

campo delle illazioni, è che ad una data che si desume, per S. Galgano,<br />

dallo svolgersi delle varie fasi scultoree nonché da queste ultime considerazioni;<br />

e per Siena, dal fatto che al 1259-'60 si chiudevano le volte;<br />

e che si può fissare perciò, con un certo margine di approssimazione,<br />

intorno alla metà del secolo per entrambi gli edifici, la plastica di<br />

questi assume accenti meridionali precedentemente inediti in Toscana.<br />

In questa prospettiva, mi pare che la tesi di un'educazione di Arnolfo<br />

nel cantiere di S. Galgano, e di una sua successiva mediazione<br />

nei confronti di Siena, non trovi, a diretto confronto con i monumenti,<br />

una reale possibilità di applicazione. Non soltanto dai dati in nostro<br />

possesso non si ricava con chiarezza quello scarto cronologico, sia pure<br />

minimo, indispensabile per avvalorare una simile ipotesi; ma bisogna<br />

anche considerare che agli innegabili accenti arnolfiani di alcuni dei<br />

capitelli del duomo non corrisponde nulla di altrettanto esplicito all'interno<br />

della plastica dell'abbazia; e un capitello cui Cadi si riferiva<br />

espressamente non tanto per notarvi tracce arnolfiane, quanto per fornire<br />

in un certo senso le coordinate della presunta educazione monastica<br />

di Arnolfo'" - dopo lo studio dell'intero complesso ha trovato<br />

il suo posto in un momento tardo, all'incirca negli anni settanta.<br />

Ma prima di prospettare altre soluzioni, e in particolare prima di<br />

tentare l'individuazione di un qualunque trait-d'union tra meridione<br />

e Toscana, che correrebbe ancora il rischio di rappresentare una tardiva<br />

ed estrinseca giustificazione al fenomeno, tentiamo un ulteriore esame<br />

delle forme di scultura architettonica su cui è imperniata la questione,<br />

facendo ritorno per un momento al loro primo manifestarsi, nei<br />

castelli federiciani. Si consideri prima di tutto che l'elaborazione di<br />

tali forme implicava la ripresa in blocco di motivi di ascendenza piuttosto<br />

eterogenea: per i capitelli a foglie mosse dal vento e a farfalla<br />

i precedenti più prossimi sono nell'ambiente del cosiddetto classicismo<br />

30 E. CARLI, Codicillo, p. 190; il capitello in questione è riprodotto in G.<br />

AMANTE-A. MARTINI, L'abbazia di S. Galgano, un insediamento cistercense<br />

nel territorio senese, Firenze 1969, fig. 25.


_ 130 _.<br />

campano, a cavallo tra XII e XIII secolo," ma _ limitatamente al tipo<br />

a farfalla - non è da sottovalutarne la presenza in un folto gruppo<br />

di chiese tedesche cistercensi o comunque dovute a maestranze dell'Ordine:<br />

32 l'esempio che propongo si riferisce ad Otterberg (fig. 13) e,<br />

pur nell'adozione di un linguaggio stilistico assai diverso, il suo confronto<br />

con uno dei nostri capitelli (nel caso specifico, del duomo di<br />

Siena) (fig. 14) mi pare non privo di suggestione. Per i capitelli a fo-<br />

glie protese verso l'alto, quello che a quanto mi risulta potrebbe essere<br />

il loro primo apparire si coglie in alcuni capitelli borgognoni, in particolare<br />

della cattedrale di Langres; e credo che l'episodio non abbia<br />

seguito, fino alla ripresa e rielaborazione del motivo nell'Italia meridìonale."<br />

Quanto ai capitelli a palmette, accenno solo rapidamente all'ipotesi,<br />

da me prospettata più estesamente in altra sede, di un'elaborazione<br />

di questa tipologia con il concorso di una soluzione decorativa<br />

- appunto la palmetta - già largamente sperimentata nella statuaria<br />

monumentale d'oltralpe, e ultimamente dalla cosiddetta officina<br />

più recente che opera nel duomo di Bamberga, quale elemento ornamentale<br />

applicato alle corone."<br />

Richiamo l'attenzione sul fatto che la ripresa - o l'elaborazione<br />

ex novo - di tali tipologie si configura come loro improvviso assurgere<br />

in sintonia di accenti stilistici, a forme decorative preferenziali di un<br />

omogeneo complesso di monumenti (i su menzionati castelli federiciani)<br />

nella cui architettura è stata da tempo riconosciuta una fondamentale<br />

componente cistercense, da intendersi, come appare sempre più<br />

31 Per es. i capitelli degli amboni di Cava dei Tirreni, Ravello, Salerno,<br />

o il candelabro pasquale di Capua (per un contributo recente al riguardo<br />

rimando a V. PACE, Aspetti della scultura in Campania, in corso di stampa<br />

in «Federico II e l'arte del Duecento italiano»).<br />

32 Ebrach (cappella di S. Michele), Otterberg, Maullbronn, Heinrichau, ed<br />

altre: cfr. E. HAUSEN, Otterberq, Kaiserslautern 1936, figg. 57 e 58; H. P.<br />

EYDOUX, L'orchiteciure des eçlises cisterciennes d'Allemagne, Paris 1952, e<br />

A. SCHNEIDER, Vie Cistercienser, Geschichte. Geist. Kunst, K6ln 1974.<br />

33 Cfr. W. SCHLINK, Zwischen Clunu und Clairvaux. Die Kathedrale von<br />

Langres und die burgundische Architektur des 12. Jahrhunderts, Berlin 1970, fig.<br />

63. Ma un precoce esempio in ambito cistercense, 'se ci si riferisce esclusivamente<br />

alla tìpologia, potrebbe già riscontrarsi nella chiesa di Fiastra: cfr. A. CADEI,<br />

Chiaravalle di Fiastra, «Storia dell'arte », 1978, 34, pp. 247-248, fig. 47.<br />

34 P. PUGLISI, Componenti iedericiane.


(Fig. 14)<br />

SIENA, duomo,<br />

capitello della navata<br />

(foto Lombardi)<br />

- 131-<br />

(Fig. 13)<br />

OTTERBERG,<br />

capitello della navata<br />

laterale nord


132 -<br />

chiaro, nei termini di una presenza effettiva sul cantiere, spesso apertamente<br />

denunciata proprio dalla scultura architettonica; ci si può riferire,<br />

per un esempio, ai rapporti intercorsi tra il cantiere di Fossanova<br />

e quello di Castel del Monte, analizzati di recente da Antonio Cadei."<br />

Non sarà quindi troppo azzardato supporre che il nuovo repertorio<br />

di scultura architettonica, che si manifesta nell'Italia meridionale fra<br />

quarto e quinto decennio del XIII secolo, venga introdotto essenzialmente<br />

ad opera di maestranze dell'Ordine, dietro diretta sollecitazione<br />

dell'edilizia federiciana; tanto più che i possibili precedenti sul piano<br />

tipologico sono almeno in parte riferibili ad ambienti non estranei alla<br />

cultura architettonico-plastico dell'Ordine: sia che il riferimento sia<br />

diretto, come è per le chiese cistercensi tedesche, o mediato, nel caso<br />

della Borgogna cui tanto deve il repertorio formale cistercense, o in<br />

quello di Bamberga sul cantiere della quale intervengono con ogni<br />

probabilità maestranze di Ebrach."<br />

Tornando ora al rapporto tra S. Galgano e il duomo di Siena, si<br />

noterà che voluta mente non si è fin qui fatto cenno all'ultima delle eventualità<br />

su prospettate, quella di una mediazione in un certo senso esterna<br />

ai due monumenti; e di fatto, nel riconoscimento del particolare carattere<br />

delle forme in esame, che mi è parso di poter definire cistercense-iedericiano<br />

- non per il gusto di etichettare il fenomeno, congelandolo<br />

nell'incontro delle sue componenti più in vista, quanto per la<br />

concreta necessità di evidenziarne un aspetto finora misconosciuto a<br />

livello di scultura architettonica - in tale riconoscimento, dicevo, si<br />

risolve e si supera, al tempo stesso, la necessità di individuare una mediazione<br />

tra meridione e Toscana, risultando infatti non più estrinseca<br />

almeno ad uno dei due monumenti, l'abbazia, la natura della Bauplastik,<br />

cistercense-federi ciana appunto, che vi si manifesta intorno alla<br />

metà del secolo. Si ritorna quindi, in un certo senso, al concetto di una<br />

scultura monastica; ma nel caso specifico, direttamente commisurata<br />

alla sua capacità di affermarsi al di fuori del chiostro, riflettendo in<br />

questo uno degli aspetti più vitali della presenza cistercense nel Duecento<br />

italiano: si pensi, in parallelo, alle vicende dei cantieri di Casamari<br />

e Fossanova, o ai risultati dell'indagine sistematica condotta su<br />

35 A. CADEI, Fossanova.<br />

36 Cfr. W. WIEMER, Die Baugeschichte und Bauhutte der Ebracher Abteikirche<br />

1200 bis 1285, «Jahrbuch fiir fdinkische Landesforschung », XVII, 1957,<br />

p. 1 s'S.


133 -<br />

Ferentino, e presentata due anni fa al convegno su «I <strong>Cistercensi</strong> e<br />

il Lazio ».37<br />

Nel nostro caso, la situazione è come rovesciata, il confronto extra<br />

claustrum sembra addirittura precedere il vero e proprio insediamento;<br />

ma vi si può riconoscere lo stesso atteggiamento di fondo, portato alle<br />

conseguenze; e sia pure in seguito ad una precisa richiesta da parte<br />

imperiale."<br />

Pur delimitato il problema nei termini su esposti però, non ho<br />

potuto esimermi dal ripercorrere ugualmente quel sentiero obbligato<br />

che conduce a Nicola Pisano, e alla vexata quaestio di una sua eventuale<br />

funzione di mediatore tra meridione e Toscana; anche caduta,<br />

a rigore, la necessità di individuare il fatale tramite, il nesso con Nicola<br />

continua infatti a imporsi per forza propria.<br />

I capitelli dei pulpiti nicoliani sono fin troppo noti, né del tutto<br />

inedito è il loro collegamento, da una parte con la plastica di S. Galgano<br />

e dall'altra con qualche manifestazione di ambiente federiciano,<br />

sebbene non mi risulti che esso sia stato mai verificato sistematicamente<br />

e in forma di confronti dettagliati sull'intero corpus dell' opera nico-<br />

Iìana."<br />

Da una ricerca finalizzata in questo senso risulta un uso costante e<br />

pressoché esclusivo, da parte di Nicola, di capitelli di tipo cistercensefedericiano.<br />

A quelli a palmette, a foglie protese verso l'alto, mosse<br />

dal vento e a farfalla, si aggiunge una soluzione a foglie rammentanti<br />

in qualche modo l'acanto, che si distinguono per adagiarsi su un supporto<br />

liscio, il cui spessore rimane in vista: soluzione cui mi riferivo<br />

37 Gli interventi relativi a Ferentino sono ancora in corso di stampa.<br />

38 Citato fino alla nausea, ma pur sempre uno dei più validi appigli documentari<br />

per chi si accinga a sostenere tesi di questo genere, è il ben noto documento<br />

del 1224, attestante che conversi dell'Ordine erano regolarmente al<br />

servizio di Federico II in qualità di costruttori: Ignoti monaci cistercensi<br />

Sanctae Mariae de Ferraria Chronica, ed. Ad GAUDENZI, in «Monumenti Storici<br />

della Società Napoletana di Storia Patria », Napoli 1888, p. 88.<br />

39 TI primo collegamento con S. Galgano è di C. ENLART, Origines, p. 55;<br />

recentemente, M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe der sieneser Domkanzel,<br />

«Milnchner Jahrbuch der bildenden Kunst », XXI, 1970, pp. 53 ss.: il riferimento<br />

all'ambiente federiciano risale naturalmente a E. BERTAUX, L'art dans<br />

l'Italie méridionale, Paris 1904, V, pp. 795 S8.; rimando infine a J. POESCHKE,<br />

Die sieneser Domkanzel des Nicola Pisano, Berlin-New York 1973. pp. 71-72.


-134 -<br />

accennando a Castel Maniace e ad una delle sale superiori di Castel<br />

del Monte, nonché al superstite portale del Castello di Prato." Anche<br />

i capitellini a due ordini di foglie lisce sormontati da uno di volute, relativi<br />

ai fasci di colonnette tra una lastra e l'altra del pulpito di Pisa,<br />

per quanto non manchino di precedenti in ambito romanico toscano,<br />

rispecchiano una soluzione presente nelle sale del pianterreno di Castel<br />

del Monte (e non era sfuggito a Emile Bertaux)."<br />

Sulla base di alcuni confronti tra l'altro, ho ritenuto di poter rico-<br />

noscere un intervento diretto di Nicola in S. Galgano: forse già in<br />

qualcuno dei capitelli bassi, ma sicuramente in almeno due di quelli<br />

alti del transetto." oltretutto nulla esclude che tali capitelli, cronologicamente<br />

prossimi al pulpito senese, venissero scolpiti non in S. Galgano<br />

ma a Siena stessa.<br />

La necessità impostasi al mio studio, di privilegiare la messa a<br />

fuoco delle manifestazioni di scultura architettonica, è stata inoltre determinante<br />

in quanto questa si è rivelata, almeno cosÌ a me pare, non<br />

del tutto avara di indicazioni anche relativamente all'ambito meridionale.<br />

Mi riferisco in primo luogo all'ipotesi di attribuzione a Nicola (da<br />

me già formulata in occasione del recente convegno di studi su Federico<br />

II) di un paio di mensole di Castel Lagopesole" (fig. 15). Premetto<br />

che una tale attribuzione ad personam (come d'altronde nel caso dell'intervento<br />

in S. Galgano) presuppone che si concordi su una questione<br />

essenziale: cioè che Nicola sia effettivamente l'autore dei capitelli dei<br />

pulpiti di Pisa e di Siena - il che non è affatto certo. Ma non intendo<br />

ora addentrarmi in tale problema, e basti qui avervi accennato, avvisando<br />

dunque che mi riferisco a Nicola o a chi per lui, dal momento<br />

che anche in questo caso si tratterebbe di un collaboratore cosÌ stretto,<br />

40 Cfr. M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe, fig. 48.<br />

41 Cfr. n. 38.<br />

12 Tra i capitelli bassi: Quello occidentale del pilastro ovest del transetto<br />

nord, e Quelli settentrionale e occidentale del secondo pilastro da est della navata<br />

sul lato nord; tra i capitelli alti: quello del pilastro est del transetto<br />

sud, e quello del pilastro ovest del transetto nord (cfr. M. SEIDEL, Die Verkundigungsgruppe,<br />

fig. 51).<br />

43 P. PUGLISI, Componenti federiciane. Mi trova ovviamente molto critica<br />

una recente attribuzione di tali mensole a Mele da Stigliano: cfr. S. JUSCQ,<br />

Mele da Stigliano, «Studi lucani e meridionali », 1978, pp. 227-233.


(Fig. 15)<br />

CASTEL<br />

LAGOPESOLE,<br />

mensole<br />

- 135-<br />

e soprattutto così costantemente presente, da poter assumere le sue<br />

esperienze come base per ricostruire, in trasparenza, quelle nicoliane.<br />

Nella possibilità, quanto alla palmetta, di una sovrapposizione quasi<br />

perfetta con quella di un capitello del pulpito di Siena (fig. 16), e<br />

quindi alquanto più tardo (ma ci sono termini di confronto anche a Pisa),<br />

la mensola di Lagopesole si individua, al pari dei capitelli nicoliani,<br />

nei confronti di altre forme di Bauplastik cistercense-federiciana,<br />

per una tendenza all'articolazione del motivo in lobi staccati e modulati<br />

uno rispetto all'altro con un prezioso traforo a goccia: un accorgimento<br />

che Nicola adopera molto spesso anche in certi passaggi di scultura a<br />

carattere figurativo, per esempio le barbe.<br />

(Flig. 16)<br />

SIENA,<br />

pulpito di<br />

Nicola Pisano,<br />

capitello


_.. 136-<br />

Mi riferivo inoltre alla possibilità di aggiungere ai reperti di Lagopesole<br />

alcune delle mensole del bel noto fregio ad archetti del fianco<br />

meridionale della navata del duomo di Ruvo: segnalo la presenza<br />

in tale fregio di due foglie a palmetta (da sinistra, undicesima e sedicesima<br />

mensola) e di una protesa verso l'alto (quindicesima mensola),<br />

stilisticamente senz'altro confrontabili con le suddette mensole di Lagopesole<br />

e con i capitelli nicoliani." Ciò non implica naturalmente<br />

una forzata attribuzione a Nicola (o chi per lui) dell'intero fregio, con<br />

le sue teste serenamente classicheggianti che si alternano alle mensole<br />

vegetali così come a teste animali e grottesche (ma segnalo almeno in<br />

una protome leonina, pur nella stilizzazione piuttosto spinta, che si<br />

nota solo da vicino, una certa aria di famiglia rispetto a quella che<br />

sarà la tipologia dei leoni nicoliani). Anche a Lagopesole d'altra parte,<br />

le mensole con caratteri affini sono inserite in un complesso plastico<br />

piuttosto eterogeneo."<br />

L'individuazione di qualche traccia _ certo modesta, ma non per<br />

questo, credo, meno indicativa _ dell'attività meridionale di Nicola<br />

contribuisce a definirla sullo sfondo della cultura artistica federiciana,<br />

e più precisamente cistercense-federiciana, elaborata nel meridione,<br />

nelle sue linee essenziali, tra il quarto e il quinto decennio del Duecento.<br />

Per le sue stesse premesse, questa doveva favorire una collaborazione,<br />

spesso fianco a fianco, tra maestranze dell'Ordine e maestranze,<br />

o singoli artisti, laici; e proprio ad un riflusso di maestranze insieme cistercensi<br />

e laiche _ tra queste ultime emerge la personalità di Nicola<br />

e di qualche suo futuro collaboratore _ si dovrà lo spostamento in Toscana<br />

del suo centro di gravità, intorno alla metà del secolo. La plastica<br />

di S. Galgano e quella del duomo di Siena - l'abbazia e la cattedrale<br />

_ oltre ad essere tra i primi frutti del fecondo riflusso di tale<br />

cultura, ne ripropongono a vista, quasi paradigmaticamente, questa<br />

duplicità di componenti, al tempo stesso che le rimescolano al loro interno:<br />

Nicola lavora senz'altro per l'abbazia, né c'è ragione di escludere<br />

che i <strong>Cistercensi</strong> abbiano in qualche modo fornito mano d'opera<br />

alla fabbrica del duomo, anche prima di diventarne gli amministratori.<br />

In questo senso si pronunciano, oltre alle ragioni fin qui esposte,<br />

questioni particolari: per esempio, uno dei rarissimi inserti a carattere<br />

44 Sono dolente di non poter allegare alcuna riproduzione a sostegno delle<br />

mie affermazioni.<br />

45 Cfr. M. RIGHETTI, La scultura.


-137 -<br />

figurativo che è dato incontrare nella plastica di S. Galgano, il tema<br />

(di chiara allusione eucaristica) degli uccelli che beccano un grappolo<br />

seminascosto dalla palmetta (fig. 17), spesso indicato a dimostrazione<br />

dell'affinità della scultura dell'abbazia con quella del pulpito senese,"<br />

(fig. 16), è con ogni probabilità un motivo simbolico fatto proprio<br />

dai <strong>Cistercensi</strong>, per questa via entrato a far parte del repertorio nicoliano,<br />

e non viceversa; lo si riscontra infatti da S. Galgano a Wachock"<br />

(Fig. 17)<br />

S. GALGANO,<br />

capitello<br />

del coro<br />

a S. Maria Arabona (fig. 18) a Chiaravalle della Colomba; e furono<br />

forse proprio lapicidi cistercensi a scolpirlo sui capitelli del duomo di<br />

Siena (fig. 10); dai quali lo avrebbe derivato Nicola, che nel pulpito<br />

del battistero di Pisa non dimostra di essere a conoscenza del motivo;<br />

l'analogo capitello - uno solo - di S. Galgano è fuori discussione,<br />

perché quasi certamente un poco più tardo di quelli del pulpito senese.<br />

Ma d'altra parte tutto ciò tende a confermare l'originaria impressione,<br />

che l'ampilificazione in chiave figurativa che si verifica nei capitelli senesi<br />

rispecchi un'esperienza articolata dall'arte meridionale, mentre a<br />

S. Galgano questa viene accolta solo nella misura in cui se ne riconosce<br />

l'originaria matrice cistercense.<br />

46 Ultimamente anche da chi scrive, con un giudizio un poco affrettato:<br />

cfr. Capitelli, pp. 179-180.<br />

47 Cfr. K. BIALOSKORSKA, L'abbaye cistercienne de Wackock, «Cahiers<br />

de Civilisation Médiévale », V, 1962, pp. 335-350, fig. 9.


- 138-<br />

(Fig. 18)<br />

s. MARIA ARABONA,<br />

capitello di una delle<br />

cappelle settentrionali<br />

Con questo concludo, non senza la speranza di poter riprendere<br />

più approfonditamente, un confronto che sarebbe però essenziale riproporre<br />

a livello di architettura; e mi limito a ricordare questioni come<br />

quella del rapporto Siena-Ruvo, che la constatazione di affinità di linguaggio<br />

plastico-decorativo invita in qualche modo a riaprire.


LE DECORAZIONI A RACEMI NELLE<br />

ARCHITETTURE CISTERCENSI<br />

di JESELITA RASPI SERRA - Università di Salerno<br />

La tematica naturalistica della decorazione a racemi che negli esempi<br />

plastici da una interpretazione vitalistica, di classico contenuto, diviene<br />

già, nel primo linguaggio paleocristiano, tema simbolico - uno<br />

dei più conosciuti esempi la decorazione di San Salvatore di Spoleto<br />

e del più tardo tempietto del Clitunno - è, com'è noto, alla base di<br />

ogni aspetto decorativo futuro anche se ben presto il contenuto scade<br />

ad iterante tessuto ornamentale. Su quest'ultimo aspetto, che volge in<br />

« maniera» dilagante soprattutto a partire dalla seconda metà dell'VIII<br />

secolo, legato ad una astratta interpretazione del tema, indubbiamente<br />

conferiscono contenuti del lessico «barbarico ».1<br />

In effetti la simbiosi tra mondo romano e cristiano sembra verifi-<br />

carsi soltanto nella prima felice interpretazione, corrispondente, del re-<br />

sto, alla « &xjl~ romana - civile - cristiana» registrata da Paolo Dia-<br />

cono: 2 infatti nell'evoluzione successiva, ad esempio romanica, il problema<br />

della ripresa classica riappare spesso focalizzata sia nell'aspetto<br />

culturale che naturalistico, mentre sfugge alla sottile ideologia paleocristiana<br />

nel suo più profondo contenuto di recupero tematico del lessico<br />

pagano.<br />

Nel profilo evolutivo della cultura figurativa del XII-XIII secolo va,<br />

tuttavia, sottolineato un momento, considerato in senso decorativo un<br />

«non evento ». E cioè il valore che assume la decorazione a racemi negli<br />

edifici cistercensi.<br />

E' nota l'interdizione ad ogni forma decorativa nella strutturazione<br />

cistercense, viva ancora in molti esempi fino al XIII-XIV secolo. La realizzazione<br />

del programma di S. Bernardo nella «Apologia ad Guillelmum<br />

»3 veniva attuata in senso ampio con una stretta sobrietà di elementi,<br />

pari, quasi sempre, all'assenza di effetti ornamentali sia all'in-<br />

l Si rimanda a J. RASPI SERRA, Le Diocesi dell'Alto Lazio, Spoleto,<br />

1974, pg. 5 e sgg.<br />

2 L. ALFONSI, Romani e Barbari in Paolo Diacono, in Romano Barbarica,<br />

1, Roma, 1976, pgg. 7-23.<br />

3 MIGNE, Patrologia Latina, t. 182, col. 916.


-140 -<br />

temo che all'esterno. A questa tematica ideologica si devono quindi<br />

riportare le lastre non decorate usate come architravi dei portali, il<br />

timpano, quando presente, generalmente nudo, l'uso di semplici modanature<br />

a sottolineare le aperture come, attentamente, per gli esempi<br />

francesi, ci segnala l'Aubert.'<br />

Tuttavia non ci sembra totalmente da accettare l'ipotesi di una<br />

completa astensione figurativa o meglio non ci sembra che l'indicazione<br />

bernardina sia solo interpretata in senso limitante. La possibile ipotesi<br />

che la tematica di base possa a volte essere posta in senso allusivo potrebbe<br />

essere confortata dal fatto che le identità icnografiche sono riferite<br />

a rapporti modulati." In senso più aperto la presenza in alcuni<br />

architravi, in Francia ed in Italia, di decorazioni a racemi ci sembra<br />

non deviante rispetto alla stretta impostazione ma riferibile ad un rimando<br />

trascendente che riporta, tramite il valore simbolico, ad un credo<br />

ideologico.<br />

Una serie di decorazioni a racemi imperniate sul motivo della croce<br />

e dei tralci rompe, infatti, insieme a motivi più strettamente geometrici,<br />

trasformazione di elementi vegetali, la nuda progressione delle facciate.<br />

Non siamo ancora alla contaminazione di contenuti provenienti<br />

dalle decorazioni dell'Ile de France che apparirà negli esempi cronologicamente<br />

più avanzati. Qui, e intendiamo, ad esempio, a La Bénissons-Dieu<br />

(Loire) - fine XII secolo - dove il portale è sormontato da<br />

una architrave con una croce e da un timpano con stilizzazioni vegetali<br />

od a S. Martino al Cimino, Viterbo, inizi XIII secolo, dove il portale<br />

laterale presenta una croce con racemi (fig. 1), fino al portale laterale<br />

di San Galgano (Siena) con racemi di classica memoria, all'intrico stupendo<br />

di pampini della lunetta di Casamari (fig. 2), dove anche il portale dell'atrio<br />

è decorato da stilizzazioni vegetali che ricordano quelle di transenne<br />

del medesimo edificio, elenco ancora sicuramente amplia bile, si<br />

denuncia una scelta formale ben delineata. La tematica appare sempre<br />

la medesima fin nelle sottili variazioni interpretative: un rimando alle<br />

impostazioni iconografiche paleocristiane. La croce, spesso paImata, i<br />

racemi, le stilizzazioni floreali, complicate da ricordi formali della pla-<br />

4 M. AUBERT, L'Architecture cistercienne en France, Paris, 1947, I,<br />

pg. 356.<br />

s Sulla questione: A. M. ROMANINI, «Povertà» e Razionalità nell'architettura<br />

cistercense del XII secolo, in Povertà e ricchezza nella Spiritualità<br />

dei secoli XI e XII, Todi 15-18 ottobre 1967, Todi, 1969, pgg. 191-225.


- 141-<br />

S. MARTINO AL CIMINO, ABBAZIA - Portale laterale, lunetta


-142 -<br />

CASAMARI, ABBAZIA - Atrio, portale


- 143-<br />

stica altomedioevale, quale l'insistenza verso astratte interpretazioni di<br />

schemi vegetali. Già abbiamo indicato come questo ritorno a posizioni<br />

tipologiche precedenti sia da leggersi non come una continuazione di<br />

schemi in uso quanto come un voluto, intellettualistico riferimento a<br />

tipologie decorative accettate solo per il loro valore simbolico assunto<br />

come rimando al principio della «spiritualis effiges» bernardina."<br />

In effetti, sembrerebbe assurda la continuazione di stilemi comuni<br />

ad un lessico. ormai diffuso a tutti i livelli" proprio per la selezionata<br />

società cluniacense, mentre invece un tentativo di allusione iconogra-<br />

fica parrebbe verosimile in quanto lo stesso rimando tematico servireb-<br />

be a trascendere dal dato immediato per risalire all'assunto. In questo<br />

senso appaiono recuperate le più sottili radici cristiane: al program-<br />

matico rinvio all'idea superiore si giungeva attraverso un palese ri-<br />

chiamo a quella utilizzazione dell'immagine quale elemento per per-<br />

venire, trapassando la realtà immanente, alla visione da meditare.<br />

Un tema ed un recupero contenutistico che potrebbe ancora in-<br />

tendersi come un nuovo voluto programma di astrazione ad ogni forma<br />

contingente, altrove illustrata.<br />

In questo senso la decorazione non viene più ad avere un valore<br />

reale, ma assurge a negazione di se stessa divenendo indirizzo ideolo-<br />

gico immanente, non discostandosi da quanto verificabile in clima pa-<br />

leocristiano.<br />

Da sottolineare, tuttavia, come su questo terreno ben presto la si-<br />

tuazione si evolva. In effetti la tematica, una volta programmata, as-<br />

sume nella realizzazione un accento nuovo legato sempre più spesso<br />

alle più aggiornate tendenze artistiche. Saranno i racemi di San Gal-<br />

gano ad essere rivelatori delle espressioni classicistiche pisane" o il lus-<br />

sureggiante groviglio di fogliami di Casamari (fig. 3) ad indicare innegabili<br />

richiami ai nuovi interessi vegetali che venivano dalla Francia."<br />

6 Si rimanda a J. RASPI SERRA, La, Tuscia Romana, Milano 1972, P6. 116.<br />

7 Sulla diffusione della corrente decorativa «comasco-lombarda» che mantiene<br />

nel lessico anche caratteri ri matrice paleocristiana: G. DE FRANCOVICH,<br />

La corrente comasca nella scultura romanica europea, in Rivista del R. Istituto<br />

di Archeologia e Storia dell'Arte, VI (19'37), pgg. 225-294.<br />

8 Per le quali si rimanda a M. SALMI, La scultura romanica in Toscana,<br />

Firenze, 1928.<br />

9 Sull'argomento: R. DE LASTEYRIE, L'Architecture Religeuse è l'époque<br />

gothique en France, Paris. 1929, II, pg. 276 e sgg.


-144 -<br />

CASAMARI - Chiesa abbaziale, portale della facciata


-145 -<br />

Su questo piano sembra palesemente sottile il divisorio con il dilagare<br />

del nuovo programma decorativo che si diffonderà nelle espressioni<br />

francesi fin dalla fine del XII secolo. Indubbia è, dunque, l'immanente<br />

realtà delle forme derivate dall'Ile de France tese verso un<br />

naturalismo che è recupero classico, come provano i turgidi racemi,<br />

i vivi fogliami, i ricchi intrighi vegetali complicati dall'inserto di animali<br />

ormai lontano dal profondo recupero ideologico dei primi esempi<br />

cistercensi.<br />

In questo terreno che in Francia rimanda, tra l'altro, ai montanti<br />

della collegiale di Mantes o del1a cattedrale di Reims o all'architrave<br />

della cattedrale di Bruges," rimane nel territorio italiano possibile il<br />

recupero di locali esemplificazioni classiche su suggestione francese,<br />

non diversamente da quanto avveniva in Francia. 11<br />

L'apparente groviglio di interessi formali denuncia in realtà nuove<br />

intenzioni tematiche. Contrariamente a quanto potrebbe apparire, il<br />

fenomeno si deve intendere non come un esaurimento della proposta<br />

cistercense ma bensì come una nuova trasformazione dell'assunto verso<br />

meno meditati contenuti che nel rifarsi al mondo classico, assumono<br />

valore di «revival» al di là di ogni aspetto formale.<br />

Da segnalare, anche a questo proposito, la serie di decorazioni in<br />

edifici francescani o ristrutturati in epoca francescana nella Tuscia, che<br />

richiama le antiche matrici paleocristiane realizzate con turgido carattere.<br />

Non ci sembra ciò da attribuire solo ad un recupero di correnti<br />

culturali diffuse, ma piuttosto ad una deviazione degli schemi cistercensi,<br />

secondo la tipicità degli ordini minori di appropriarsene, privandoli<br />

dei contenuti ideologici, sfruttandone solo l'aspetto tematico e la conseguente<br />

possibilità di divulgazione."<br />

Riappare, dunque, parimenti a quanto registrabile nelle scelte<br />

strutturali, la snaturazione delle tematiche cistercensi che i minoriti operavano<br />

proprio per giungere a quel «popolo carnale» che essi non rifiutavano<br />

ma anzi nel quale e per il quale esistevano.<br />

Ne deriva un compromesso che denuncia un nuovo linguaggio in<br />

cui le matrici paleocristiane, liberate da ogni impegno tematico crescono<br />

nella loro radice classica affine alle nuove esigenze del mondo<br />

lO R. DE LASTEYRIE, op. cit., f'igg. 863, 864, 865.<br />

11 R. DE LASTEYRIE, op. cit., pg. 279.<br />

12 Si rimanda a J. RASPI SERRA, op. cit., pg. 192.


-146 -<br />

del XIII secolo che, proprio tramite gli ordini minori, si volge a grandi<br />

fascie di popolazione.<br />

In questo senso i citati esempi dell'ambito viterbese sono saggi notevoli<br />

a livello di indice di diffusione di elementi in sé accessibili, proprio<br />

per la matrice figurativa da tempo familiare. Esempi come il pluteo<br />

di S. Francesco a Tarquinia (fig. 4), o la lastra, già XIV secolo" del Museo<br />

di Viterbo" (fig. 5), quasi evoluzione rinascimentale, provano la nuova<br />

divulgazione a cui aggiungeremo le lunette dell' ospedale di Capranica o di<br />

S. Francesco di Vetralle," in cui i suggerimenti «comasco-Iombardi »,<br />

imperniati sulle esemplificazioni cistercensi, sembrano subire un aggiornamento<br />

in senso classico registrando anche le nuove tendenze naturalistiche<br />

«gotiche».<br />

In effetti, da questi esempi rimasti in un breve ambito territoriale,<br />

sembra evidente che, anche se snaturato, non appare in perdita il primo<br />

linguaggio cistercense che riesce sempre ad assurgere, anche nella<br />

incomprensione del valore ideologico, a proposta formale cosÌ per la<br />

decorazione come per le tematiche strutturali, aprendo nuovi corsi proprio<br />

nell'apparente uniforme e tradizionale linguaggio, mentre si realizza<br />

come un «unicum» nel campo medioevale per il trasleto ideologico<br />

classico che assume.<br />

13 Il rilievo di S. Francesco di Tarquinia è citato da P. Toesca, il Medioevo,<br />

Torino, 1927, pg. 902 n. 56, che indica come «romanica» la lunetta del Museo<br />

Civico di Viterbo (op. cit., pg. 903 n. 57). Per i Salmi (La basilica di S. Salvatore<br />

presso Spoleto, Firenze, 1951, pgg. 63, 68) è opera dei primi del secolo<br />

XIII, già «gotica », «la piccola stupenda lunetta del Museo di Viterbo ».<br />

14 Per il Francovich (op. cit.) la lunetta dell'Ospedale di Capranica rientra<br />

nella corrente comasco-lombarda: da sottolineare la favolosa capacità fantastica<br />

dell'autore che interpreta il classicismo anche come un ritorno alle<br />

antiche fonti iconografiche locali.<br />

La chiesa di S. Francesco di Vetralla apparteneva nel 1297ai <strong>Cistercensi</strong>.


-147 -<br />

TARQUINIA - Chiesa di S. Francesco, interno, cappella a sinistra dell'abside,<br />

altare, fronte<br />

VITERBO - Museo Civico, lunetta.


FLORILEGIO CISTERCENSE<br />

a cura di P. GOFFREDOVITI<br />

Il dono dell'Avvento<br />

Dai Discorsi di san Bernardo, abate. Disc. 4 sull'Avv ..<br />

Fratelli, celebrate come si conviene, con grande fervore di spirito,<br />

l'Avvento del Signore, con viva gioia per il dono che vi viene fatto<br />

e con profonda riconoscenza per l'amore che vi viene dimostrato.<br />

Non meditate però solo sulla prima venuta del Signore, quando<br />

egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma<br />

anche sulla seconda, quando ritornerà per unirei a sé per sempre.<br />

Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo<br />

su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso<br />

per la seconda.<br />

«E' giunto infatti il momento », fratelli, «in cui ha inizio il giudizio<br />

a partire dalla casa di Dio» (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte<br />

di coloro che attualmente rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae<br />

al giudizio presente in cui il principe di questo mondo viene cacciato<br />

fuori, aspetti, o piuttosto, tema il Giudice futuro dal quale sarà<br />

cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo<br />

già ora a un giusto giudizio, siamo sicuri, e «aspettiamo come salvatore<br />

il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo<br />

per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 20-21). «Allora i giusti<br />

splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43).<br />

«Il Salvatore trasfigurerà» con la sua venuta «il nostro misero<br />

corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» solo se già prima troverà<br />

rinnovato e conformato nell'umiltà al suo il nostro cuore. Per questo<br />

dice: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11, 29).<br />

Considera in queste parole la doppia specie di umiltà, di conoscenza<br />

e quella di volontà. Quest'ultima qui viene chiamata umiltà di cuore.<br />

Con la prima conosciamo il nostro niente, come deduciamo dall' esperienza<br />

di noi stessi e della nostra debolezza. Con la seconda rifiutiamo<br />

la gloria fatua del mondo. Noi impariamo l'umiltà del cuore da colui<br />

che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7),<br />

da colui che quando fu cercato per essere fatto re, fuggì; invece quando<br />

fu ricercato per essere coperto di oltraggi e condannato all'ignominia<br />

- e al supplizio della croce, si offrì di sua spontanea volontà.


_. 150<br />

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio<br />

Dai Discorsi di san Bernardo, abate. Disc. 1 per l'Avv.:<br />

Riflettiamo sul tempo in cui venne il Salvatore. Penso che non lo<br />

ignoriate: venne non all'inizio dei tempi, né verso la metà, ma alla<br />

fine. Non senza ragione la divina sapienza sapientemente dispose di<br />

portare il suo aiuto quando era più necessario: non ignorava che i<br />

figli di Adamo sono facili all'ingratitudine.<br />

Scendeva la sera e il giorno già volgeva alla fine: il Sole di giustizia<br />

era quasi scomparso, tanto che il suo splendore e il suo calore<br />

erano molto deboli sulla terra. La luce della conoscenza di Dio era<br />

esigua e, per il dilagare dell'iniquità, il fervore della carità si era raffreddato.<br />

Nessun angelo più appariva, non un profeta che parlasse: desistevano<br />

come vinti dalla delusione, per l'eccessiva durezza d'animo e<br />

caparbietà degli uomini. «Allora ho detto: parola del Figlio, "Ecco,<br />

io vengo" (Sal. 39, 8) ».<br />

Nell'ora più adatta scese l'Eterno, quando più gravemente prevaleva<br />

nel mondo la cura delle cose temporali. Anche la pace politica<br />

in quel tempo era così quieta, che per il censimento di tutto il mondo<br />

bastò l'editto di un sol uomo.<br />

Voi conoscete già la persona di Colui che viene, il luogo di provenienza,<br />

la destinazione: non ignorate la causa e il tempo della sua<br />

venuta. Rimane da cercare per quale via egli venga, e dobbiamo informarcene<br />

con diligenza, per potergli andare incontro in modo conveniente.<br />

In realtà, come è venuto una volta, visibile nella carne, a operare<br />

la salvezza sulla terra, ora viene ogni giorno in modo spirituale e invisibile,<br />

a salvare le singole anime, come sta scritto: «Il nostro respiro<br />

è l'Unto del Signore» (Lam 4,20). E perché tu comprenda che questa<br />

venuta è nascosta e spirituale, dice: «Alla sua ombra vivremo fra<br />

le nazioni».<br />

Perciò è giusto che se il malato non può andare molto lontano incontro<br />

al medico, cerchi almeno di alzare il capo e di sollevarsi alquanto<br />

verso colui che viene. Non ti è chiesto, o uomo, di varcare i<br />

mari; non è necessario salire sulle nubi o valicare le montagne. Ti è<br />

indicata una strada non lunga: va incontro al tuo Dio dentro te stesso.<br />

«Poiché vicina a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore» (Rm


-151-<br />

lO, 8). Va incontro a lui con la compunzione del cuore e la confessione<br />

sulle labbra, per uscire almeno dal letamaio della tua coscienza miserabile;<br />

sarebbe cosa indegna che vi entrasse l'Autore della santità.<br />

Maria e la Chiesa<br />

Dai Discorsi del beato Isacco della Stella, abate. Disc. 51:<br />

Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; unico per natura,<br />

mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con<br />

lui. Infatti «a quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli<br />

di Dio» (Cv. 1, 12). Divenuto perciò figlio dell'uomo, ha fatto diventare<br />

figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico<br />

nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione<br />

carnale, sono con lui uno solo per la rigenerazione divina.<br />

Il Cristo è unico, perché Capo e corpo formano un tutt'uno:<br />

Il Cristo è unico perché è figlio di un unico Dio in cielo e di<br />

un'unica madre in terra.<br />

Si hanno contemporaneamente molti figli e un solo figlio. Come<br />

infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così<br />

Maria e la Chiesa sono una sola e più madri, una sola e più vergini.<br />

Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera<br />

dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli<br />

senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo,<br />

la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il<br />

corpo.<br />

Tutt' e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il<br />

tutto senza l'altra.<br />

Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch'è<br />

detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente<br />

della vergine madre Maria e quel che si dice in modo speciale della<br />

vergine madre Maria va riferito in generale alla vergine madre Chiesa;<br />

e quanto si dice di una delle due, può essere inteso indifferentemente<br />

dell'una e dell'altra.<br />

Anche la singola anima fedele può essere considerata come sposa<br />

del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda.<br />

Vien detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per<br />

Maria, in particolare anche per l'anima fedele, dalla stessa Sapienza<br />

di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di


152 -<br />

riposo e nell'eredità del Signore mi stabilii (cfr. Siro 24, 7.12). Eredità<br />

del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria,<br />

in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di<br />

Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa<br />

sino alla fine del mondo; nella conoscenza e nell'amore dell'anima<br />

fedele per l'eternità.<br />

Ecco viene il Re!<br />

Dai Discorsi del beato Guerrico, abate. Disc. 2 per l'Avv.:<br />

Ecco viene il Re, corriamo incontro al nostro Salvatore! Dice bene<br />

Salomone: «Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia<br />

da un paese lontano» (Prr 25, 25). Buona notizia è quella che<br />

annunzia la venuta del Salvatore, la riconciliazione del mondo, i beni<br />

della vita futura.<br />

Notizie di tal genere sono acqua refrigerante, bevanda di salutare<br />

sapienza, per l'anima che ha sete di Dio: e in verità, chi annunzia a<br />

qualcuno la venuta o altri misteri del Salvatore, attinge per lui «acqua<br />

con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12, 3) e gliela dona da bere.<br />

E l'anima che ha ricevuto l'annunzio, da Isaia o da qualche altro<br />

profeta, sembra rispondere con le parole di Elisabetta: A che debbo<br />

che il mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è<br />

giunta ai miei orecchi, ha esultato di gioia (cfr. Le 1, 43-44) il mio spirito<br />

per il desiderio ardente di correre incontro al suo Salvatore.<br />

Si levi dunque il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro<br />

al suo Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora<br />

sta venendo da lontano: Vieni, o Signore «salvami e io sarò salvato»<br />

(Ger 17, 14); vieni, «fa' risplendere il tuo volto, e noi saremo salvi»<br />

(Sal 79,4). «In te speriamo: sii la nostra salvezza nel tempo dell'ango-<br />

scia» (Is 33, 2). Così i profeti e i giusti, col desiderio e l'amore, correvano<br />

molto tempo prima incontro al Cristo che doveva venire, bramando,<br />

se fosse stato possibile, vedere coi propri occhi colui che antivedevano<br />

con lo spirito. La Scrittura sembra esigere da noi un gaudio<br />

tale, che anche il nostro spirito, elevandosi al di sopra di sé, brami<br />

di andare incontro in qualche modo a Cristo che viene, si protenda<br />

col desiderio e, non sopportando indugi, si sforzi di vedere già l'evento<br />

promesso. Penso che l'esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli<br />

incontro si riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche


-153 -<br />

alla prima. In che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo<br />

incontro esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo<br />

andargli incontro con l'amore e l'esultanza del cuore.<br />

E certamente, a seconda del merito e dell'amore, tale visita del<br />

Signore in ogni anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra<br />

la prima e l'ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima<br />

e ci prepara all'ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana<br />

per noi la sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi<br />

nella seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità<br />

superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò venendo<br />

la prima volta; e lo fa per poi «trasfigurare il nostro misero corpo e<br />

conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 21), che ci manifesterà al<br />

suo ritorno.<br />

Noi però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime esperienza:<br />

perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del Signore,<br />

ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che con gioia<br />

possa dire fedelmente con Paolo: «So a chi ho creduto, e son convinto<br />

che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno»<br />

(2 Tm 1, 12), cioè «alla manifestazione della gloria del nostro grande<br />

Dio e salvatore, Gesù Cristo» (Tt 2, 13),al quale sia gloria nei secoli<br />

eterni. Amen.<br />

Tutto il mondo attende la risposta di Maria<br />

Dalle Omelie sulla Madonna di san Bernardo, abate. Om. 4:<br />

Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito<br />

che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello<br />

Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta: deve far ritorno a Dio che<br />

l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche<br />

noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione.<br />

Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti,<br />

saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno<br />

di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: con la tua breve risposta<br />

possiamo essere rinnovati e richiamati in vita.<br />

Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso<br />

con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e Davide;<br />

te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati,<br />

i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte.


-154 -<br />

Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca<br />

dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione<br />

dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto<br />

il genere umano.<br />

O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo,<br />

anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli<br />

la Parola: di' la tua parola umana e concepisci la Parola divina,<br />

emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna.<br />

Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, da' il tuo<br />

assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua<br />

verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità<br />

verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine<br />

prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio<br />

è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà nella parola.<br />

Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo<br />

al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti,<br />

batte fuori alla porta. Non sia che mentre tu sei titubante, egli passi<br />

oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Lèvati<br />

su, corri, apri! Lèvati con la fede, corri con la devozione, apri con<br />

il tuo assenso.<br />

« Eccomi» dice, «sono la serva del Signore, avvenga di me quello<br />

che hai detto» (Lc 1, 38).


PRIMO CONTRIBUTO PER UNA BIBLIOGRAFIA<br />

SULL' ARCHITETTURA CISTERCENSE<br />

di P. GOFFREDO VITI<br />

Introduzione<br />

La mostra Certosa Libri 1978 è stata senza dubbio la circostanza<br />

piu favorevole del mio interessamento in senso specifico alla architettura<br />

cistercense. Certosa Libri 1978 infatti ha rivolto il proprio interesse<br />

all' Architettura Cistercense: origine, sviluppo, spiritualità.<br />

La mostra presentava due aspetti distinti, ma in ultima analisi<br />

complementari: uno fotografico e l'altro bibliografìco.' Il settore foto-<br />

grafico illustrava, con pannelli fotografici, grafici e didascalici, la na-<br />

scita, lo sviluppo e la diffusione dell'architettura cistercense consideran-<br />

do tutti i locali di una tipica abbazia cistercense. Il settore bibliografico<br />

era riservato all'esposizione della produzione libraria riguardante pre-<br />

valentemente l'architettura, non trascurando tuttavia la spiritualità e la<br />

storia dell' ordine.<br />

Le maggiori difficoltà furono incontrate proprio nella ricerca della<br />

bibliografia recente, per cui avvertii la necessità o almeno l'opportunità<br />

di provvedere in un immediato futuro a tentare un contributo biblio-<br />

grafico aggiornato sull'architettura cistercense.<br />

I primi risultati mi hanno dimostrato un vastissimo interesse degli<br />

studiosi al problema architettonico dell' ordine tale da giustificare am-<br />

piamente la pubblicazione di questo primo contributo. Il presente la-<br />

voro non può avere la pretesa di essere esauriente, ma ha solo lo scopo<br />

di offrire ai lettori una opportunità di essere messi al corrente dell'atten-<br />

zione riservata al mondo cistercense da parte degli studiosi. Il presente<br />

lavoro potrà servire eventualmente anche come stimolo a coloro che<br />

desidereranno un maggiore contatto per un approfondimento scientifi-<br />

co di questa architettura che ancor oggi ha molti cultori e studiosi.<br />

Nonostante la recentissima pubblicazione della bibliografia riguar-<br />

dante in modo specifico l'arte e l'architettura cistercense curata da Ro-<br />

1 Per ulteriori informazioni su Certosa Libri 1978, Cfr. Notizie <strong>Cistercensi</strong>,<br />

XII (1979), fase. 1-2, pp. 100-112.


- 156-<br />

chais e Manning," i volumi di Anselmo Dimier" rappresentano fino ad<br />

oggi, a mio giudizio, la migliore raccolta bibliografica per l'architettura<br />

cistercense.<br />

Un esame anche sommario -della pubblicazione di Rochais-Manning<br />

rivela tutti i limiti e le insufficienze di un lavoro eseguito troppo superficialmente<br />

e quindi di scarsissimo interesse scientifico.<br />

I volumi del Dimier cominciano ad essere non facilmente reperibili<br />

ed inoltre hanno bisogno di essere aggiornati.<br />

Questo primo contributo e gli altri che a scadenza più o meno lunga<br />

saranno pubblicati, avranno come punto di riferimento i validissimi<br />

volumi del compianto P. Anselmo Dimier.<br />

Criteri di pubblicazione<br />

Questo primo contributo è riservato alla bibliografia generale dell'architettura<br />

cistercense. Non ho trascurato però alcune opere tra le più<br />

significative della spiritualità e della storia dell'ordine.<br />

Gli altri contributi che seguiranno saranno riservati alle singole<br />

nazioni e prevedono due sezioni, una per le opere a carattere nazionale,<br />

l'altra per le monografie delle singole abbazie delle rispettive nazioni,<br />

sempre in riferimento all'architettura, spiritualità e storia.<br />

Ogni schematismo presenta difficoltà concrete. Infatti è spesso difficile<br />

catalogare una pubblicazione in modo assoluto nel contesto bibliografico<br />

generale, nazionale o monografico. E' stata questa la difficoltà<br />

più ricorrente nella compilazione del presente articolo.<br />

Il criterio che ho scelto è stato il seguente: pubblicare tutte le opere<br />

e gli articoli reperiti riguardanti l'architettura in senso generale, diverse<br />

opere a carattere nazionale, plurinazionale e infine alcune monografie,<br />

purché avessero riservato uno spazio più o meno ampio all'aspetto<br />

archi tettonico.<br />

Nei contributi successivi, nazionali e monografici, onde evitare ripetizioni,<br />

saranno usati rimandi alle pubblicazioni precedenti. Questo<br />

modo di procedere giustifica l'adozione delle sigle che precedono i singoli<br />

autori. Quando, ad esempio, si parlerà dell'architettura in Germa-<br />

2 ROCHAIS H.-MANNING E., Bibliographie générale de l'Ordre cistercien,<br />

VoI. 21, ARTS, fasc. 3-5 della Documentation Cistercienne, Rochefort 1978.<br />

3 DIMIER A., Recueil de plans d'églises cisterciennes, I, Paris 1949; II,<br />

(Supplément), Paris 1967.


-157 -<br />

nia e dovrà essere inserita un'opera citata nella bibliografia generale,<br />

si procederà come segue: A-1236bis, vd. A-193 e bisognerà leggerI o<br />

cosÌ: dopo un ipotetico numero A-1236 (== Architettura, numero progressivo<br />

1236) si ripeterà il numero aggiungendo un «bis» e si opererà<br />

il rimando ad A-193 che vuoI indicare l'inserimento dell'opera corrispondente<br />

ad A-193 che nel caso specifico è la pubblicazione di EY-<br />

DOUX H. K., L'architecture des églises cisterciennes d'Allemagne, Paris<br />

1952. L'adozione del «bis» nelle occasioni dei rimandi è un modo<br />

per non alterare il numero progressivo rispetto alle effettive opere citate.<br />

CosÌ pure quando si parlerà della monografia sull'architettura dell'abbazia<br />

di Casamari e dovrà essere inserita l'opera già citata nella bibliografia<br />

generale, si procederà nel medesimo modo: A-758bis, vd.<br />

A-198 e bisognerà leggerlo in modo analogo: dopo l'ipotetica pubblicazione<br />

A-758, si ripeterà il numero aggiungendovi un «bis» e il rimando<br />

ad A-198 vuoI indicare che in quel punto deve essere inserita<br />

l'opera corrispondente ad A-198 e cioè FARINA-F. - FORNARI B.,<br />

L'architettura cistercense e l'obbazia di Casamari, Firenze 1978.<br />

L'elenco degli autori procede in ordine alfabetico e non cronologico,<br />

perché ritengo l'ordine alfabetico di più immediata e facile consultazione.<br />

L'incompletezza metodologica di alcune opere o articoli citati è dipesa<br />

dal fatto che alle volte ho dovuto far ricorso, per impossibilità di<br />

consultare direttamente l'opera o l'articolo, a citazioni di seconda mano,<br />

E' questo molto probabilmente il limite più grave del presente contributo.<br />

Per ogni contributo sono previsti dei Supplementi. I Supplementi<br />

raccoglieranno le opere attualmente non elencate, ma che certamente<br />

le indagini future porteranno alla mia conoscenza. Sarei profondamente<br />

grato a quei lettori e studiosi che vorranno segnalarmi le inevitabili<br />

omissioni. Ho sempre considerato gli elenchi bibliografici essenzialmente<br />

un servizio offerto agli altri. Il contributo di molti renderà questo servizio<br />

sempre più dignitoso, ed esauriente.<br />

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f ,-' ,<br />

SANTA MARIA MAGGIORE IN FERENTINO:<br />

NOTE STORICO-STILISTICHE<br />

di BENEDETTO FORNARI<br />

La chiesa di S. Maria Maggiore in Ferentino, monumento che presenta<br />

una impostazione e moduli costruttivi di evidente derivazione cistercense,<br />

suscita dei problemi circa l'epoca dell'origine e delle trasformazioni<br />

strutturali.<br />

Per quanto riguarda il primo problema, sono state proposte varie<br />

ipotesi. Vorrei notare subito però che l'interesse per il monumento degli<br />

storici della città di Ferentino, e di riflesso degli studiosi di architettura<br />

cistercense nel Lazio, è stato sempre vivo, ma spesso campanilistico e<br />

polemico, deformando, a mio parere, l'obiettività degli stessi documenti.<br />

L'ipotesi che più spiccatamente rispecchia questo amore di paese è<br />

quella proposta da Luigi De Castris, parroco della chiesa, il quale in un<br />

articolo su «La Gazzetta Ciociara »,' pretendendo d'aver dimostrato che<br />

l'edificio era già terminato nel 1150, afferma che S. Maria Maggiore<br />

è «la prima chiesa cistercense d'Italia », dimenticando tra l'altro che<br />

i <strong>Cistercensi</strong>, prima del 1150, avevano fondato parecchie abbazie come<br />

Tiglieto in Liguria (1120), Locedio in Piemonte (1124), Chiaravalle di<br />

Milano (1135), Cerreto lodigiano (1136), Chiaravalle della Colomba (1137),<br />

Chiaravalle di Castagnola presso Ancona (1147).2<br />

Il De Castris fonda la sua asserzione su un documento della seconda<br />

metà del '700 conservato nell'archivio vescovile di Ferentino:<br />

«Hac in civitate, in ecclesia Sanctae Mariae Majoris Eugenius III, anno<br />

MCL nonnullos creavit episcopos, ut videre est in Chronicon Fossae<br />

novae et a Card. Baronie" in suis annalibus confirmatum »,4 che concorda<br />

con la notizia del Chronicon Fossae novae: «Eugenius Papa III anno<br />

l L. DE CASTRIS, Santa Maria Maggiore, prima chiesa cistercense costruita<br />

in Italia, in «La Gazzetta Ciociara» del 30-X-1974.<br />

2 Cfr. B. G. BEDINI, Le abazie cistercensi d'Italia (sec. XII-XIV), Casamari,<br />

1964.<br />

3 Cfr. C. BARONIO, Annales eccelsiastici, Lucca, 1746, T. XIX, p. 48.<br />

1 Arch. Vesc. Fer., voI. A-IV, follo 311.


- 192-<br />

S. MARIA MAGGIORE (Sec. XIII)<br />

L'abside, rivolta ad oriente - come quasi in tutte le chiese medievali - ri-<br />

corda con molta evidenza le basiliche di Fossanova e Casamari. I tipici con-<br />

trafforti, le cornici del timpano e degli spioventi, i beccatelli, le finestre allun-<br />

gate, il cornicione, sono tutti elementi tipici dell' architettura cistercense borgognona.<br />

Il rosone centrale e la grande bifora si presentano in forme molto più<br />

elaborate rispetto a quelli di Fossanova - se si eccettua il rosone della fac-<br />

ciata, del resto realizzato posteriormente alla chiesa - e soprattutto di Casamari.<br />

MCL Florentinum venit infra mens. Octob. et multos Archiepiscopos et<br />

Episcopos ordinavit ».5<br />

Da queste scarne indicazioni, di cui la prima molto lontana dalle<br />

origini, il De Castris deduce, indebitamente, che S. Maria Maggiore già<br />

nel l1S0 fosse quale noi oggi l'ammiriamo.<br />

" JOANNES DE CECCANO, Chronicon Fossae nooae, in F. Ughelli, Italia<br />

Sacra. vol. X. Venezia, 1722, ad annum 1150.


193 -<br />

Una seconda ipotesi è quella di Cesare Bianchi il quale in un articolo<br />

su «La Gazzetta Ciociara »6 esamina gli « Statuta Civitatis Ferentini»<br />

in una copia che il notaio pubblico di Ferentino Marco Cavalli<br />

aveva tratto, nel 1782, da un originale del secolo XIII - in pergamena<br />

e a caratteri gotici conservato nella biblioteca della Camera del Senato."<br />

Il palinsesto, con numerose abbreviazioni, dice, nella rubrica 81 del<br />

libro V, che Ferentino doveva dare ogni anno 100 soldi per la costruzione<br />

di S. Maria Maggiore e che tale edificio doveva essere costruito<br />

a cura del podestà e di altri notabili della città: «De elemosina faciendo<br />

Ecclesiae Sanctae Mariae Majori. Statuerem quod omni anno ad honorem<br />

Beatae Mariae Virginis et quod ipsa Virgo Maria quae est mater<br />

pietatis liberet civitatem Ferentini ab omnibus oppressionibus; quod<br />

de proventi bus comunitatis veniunt pro aedificio ecclesiae Sanctae Mariae<br />

Majoris S C J centum.<br />

Et dictum edificium fieri debet per potestatem et officiales Civitatis<br />

predictae ubi fuerit plus necesse. Et Cammerarius dictae Comunitatis<br />

teneatur, et cogere possit ad dandum et solvendum de pecunia dictae Comunitatis<br />

anno quolibet in festo Pascatis Majoris resurrexionis Domini,<br />

pro opere supradicta. Et potestas dicti Comunitatis decretavimus statutum<br />

faciat inviolabiliter observari ad penam centum S c j ».8<br />

6 C. BIANCHI, La controversa questione sul tempo della costruzione della<br />

chiesa di S. Maria Maggiore di Ferentino, in «La Gazzetta Ciociara» del 3-II-<br />

1978.<br />

7 Un sommario di Questo Statuto fu pubblicato da Giuspepe Zaccardi di Ferentino<br />

nel 1919con una premessa nella quale lo studioso afferma che il documento<br />

è del secolo XIII, sia per il tipo di caratteri, sia perché contiene disposizioni<br />

relative alla costruzione di S. Maria Maggiore che sorgeva nel secolo XIII.<br />

Cfr. G. ZACCARDI, Le leggi dei Comuni nel secolo XIII (Statuta Civitatis Eerentini<br />

da un vecchio codice), Ferentino, MCMXIX, pp. 2-3.<br />

B Questa disposizione è tratta da un lungo manoscritto dell'Ottocento già<br />

proprietà del ferentinate Alfonso Giorgi ed attualmente degli eredi Roffi-Isabelli.<br />

TI manoscritto, che citeremo come «Fonte G», dal cognome del primo proprietario,<br />

consta di una raccolta di documenti storici in 14 cartelle di 667 pagine<br />

che narrano la storia di Ferentino dallo secolo dopo Cristo al 1818. Per utilità<br />

degli studiosi di storia locale facciamo presente che l'archivio dei Roffi-Isabelli<br />

contiene anche, in un codice manoscritto non datato, una «Compendiosa relazione<br />

della città di Ferentino negli Emici del Lazio di Campagna» del Dottore<br />

Carlo Stefani della terra di Acuto, cittadino di Ferentino e di esso medico,<br />

nella stampa della penna in Ferentino l'anno 1675; una «Lstoria dell' Antichità


-194 -<br />

Siccome questa disposizione è posta nel documento dopo un'altra<br />

relativa ai frati di San Francesco - fratribus Sancti Francisci - con<br />

cui si ordina al Camerlengo di Ferentino di versare ogni anno 12 libbre<br />

di denari al convento dei frati minori della città e nella quale Fran-<br />

cesco è nominato con l'appelaltivo di "santo" e "beato ", ne consegue<br />

che, essendo egli stato canonizzato nel 1228, lo "Statuto" sia posteriore<br />

a questa data."<br />

Da queste considerazioni il Bianchi conclude che la sistemazione<br />

definitiva della chiesa risalga alla fine del secolo XIII.<br />

La posizione del Bianchi, fondata esclusivamente su argomenti sto-<br />

rici, concorda sostanzialmente con la tesi già enunciata da Camille En-<br />

lart alla fine dell'Ottocento e basata non solo su considerazioni di ordine<br />

storico ma soprattutto su raffronti di ordine stilistico. Nell'opera infatti<br />

« Origines françaises de l'architecture gothique en Italie », dopo aver<br />

fatto notare che il Chronicon Fossae novae - in cui sono narrati avve-<br />

nimenti fino al 1217 e in cui si parla ripetutamente di Ferentino -<br />

non fa il minimo accenno a S. Maria Maggiore, in un confronto stilisti-<br />

co con Casamari osserva che la chiesa di Ferentino presenta le caratte-<br />

ristiche dell'abbaziale di Casamari e che « le style s'y montre plus avan-<br />

cé ».10 L'Enlart quindi fa risalire la sistemazione attuale di S. Maria<br />

e nobiltà della città di Ferentino aggiunta a quella che ne scrisse il Signore<br />

Dottore Carlo Stefani dal P. Ambrogio Cialino da Ferentino, Lettore Teologo del<br />

serafico Ordine dei Cappuccini di San Francesco nell'anno della Redenzione<br />

umana 1697. Un esemplare di Questa «Istoria» è conservato nella Biblioteca<br />

Vaticana, nel Museo Borgìano, cod. 315.<br />

Facciamo notare che gli «Statuta Civitatis Ferentini» furono fatti esaminare<br />

dal Municipio di Ferentino già nel 1763 e che il paleografo abate Galletti,<br />

dopo averlo esaminato vi appose il seguente certificato: «lo qui sotto<br />

avendo osservato il Codice membranaceo in foglio di pagine 43 contenente lo<br />

Statuto della città di Ferentino in Campagna diviso in 5 libri e scritto a due<br />

colonne coll'iniziali e titoli coloriti di minio, lo giudico scritto verso la fine<br />

del secolo XIII o sul principiare del susseguente. In fede. San Calisto questo dì<br />

9 luglio 1763. Don Pier Luigi Galletti Cap. Abate dei SS. Salvatore e Cirino<br />

mppa », cfr. Fonte G, pp. 457-458.<br />

9 Statuta Civitatis Ferentini, lib. V, n. 21: «De heleemosina fienda per<br />

Commune Ferentini Fratribus S. Franciscì. Item quod ad honorem Dei et beati<br />

Francisci, sub cuius vocabulo locus et conventus fratruum Minorum est... costructus<br />

».<br />

lO C. ENLART. Origines françaises de l'architecture gothique en Italie,<br />

Parigi, 1894, p. 125.


- 195-<br />

S. MARIA MAGGIORE<br />

(sec. XIII)<br />

L'armonioso portale,<br />

molto simile a quello<br />

della chiesa coeva di S.<br />

Pietro a Fondi, è a sesto<br />

acuto ed è sormontato da<br />

un attico sporgente,<br />

adorno di cinque pannelli<br />

quadrati, contenenti<br />

medaglioni circolari<br />

con i simboli dei quattro<br />

Evangelisti e dell' Agnello<br />

pasquale.<br />

Tutta questa parte è<br />

sorretta insieme all' arco<br />

agivale - di gusto raffinatissimo<br />

- che incornicia<br />

la lunetta, da colonne<br />

poggianti su leoni<br />

stilofori.<br />

Maggiore ad un'epoca certamente posteriore al 1217 e la considera tra<br />

i monumenti della «scuola» di Fossanova insieme a San Lorenzo di<br />

Amaseno, Santa Maria a Fiume e San Nicola di Ceccano, San Francesco<br />

in Ferentino, la cattedrale e le chiese di San Lorenzo e di San Tommaso<br />

d'Aquino in Priverno, Santa Maria e San Nicola di Sermoneta, la cat-<br />

tedrale e la chiesa di San Lorenzo in Sezze."<br />

11 ENLART, op. cit., pp. 111-157.


s. MARIA MAGGIORE<br />

(se'c. XIII)<br />

Portale laterale sinistro<br />

della facciata. Il<br />

capitello che sorregge<br />

l'arco esterno rappresenta<br />

l'imperatore Federico<br />

II che in punto di<br />

morte, chiese di indossare<br />

l'abito cistercense.<br />

- 196-<br />

Noi pensiamo che la pOSIZIOne del Bianchi e dell'Enlart sia confermata<br />

anche dalla fonte "G". Il manoscritto infatti parla dell'arrivo<br />

dei <strong>Cistercensi</strong> nella città e della costruzione di un monastero adiacente<br />

alla chiesa," della riedificazione della stessa chiesa, nel 1230, dopo la<br />

12 Cfr. Fonte G., pp. 455-456: «Nell'anno 1161, sotto il vescovado di Rodolfo,<br />

sortito dall'Ordine cistercense ed eletto vescovo di Ferentino da Papa<br />

Alessandro III, questo vescovo, che era superiore di Casamari, non appena<br />

venuto a Questa sua sede, introdusse l'Ordine monastico suddetto con l'aver fatto<br />

erigere presso la chiesa di S. Maria Maggiore, un convento di sufficiente<br />

ampiezza ».


-197 -<br />

distruzione da parte dei Chibellini" e di un successivo ampliamento ope-<br />

rato dai monaci, dopo una seconda distruzione ancora da parte dei<br />

Ghibellini, nel 1241,14 con il contributo del Comune e dei monasteri di<br />

Fossanova e di Casamari," al termine però dei lavori della chiesa di<br />

San Francesco," sotto il vescovo minorita Giacomo II. 17<br />

Dalle notizie riportate dal manoscritto 'G' risulta certo che l'ini-<br />

zio di ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore risale alla metà<br />

del secolo XIII, dopo le splendide realizzazioni architettoniche monasti-<br />

che di Fossanova e di Casamari, da cui è partito non solo il contributo<br />

economico, secondo il documento sopra citato," ma probabilmente an-<br />

che la direzione dei lavori.<br />

13 Cfr. Fonte G, pp. 354-377: «In Questo medesimo tempo (anno 1229),<br />

...il partito ghibellino e la sua fazione armata ... attaccarono' armata mano'<br />

il partito dei Guelfi che era difeso da poche milizie pontificie; infine queste sopraffatte<br />

rimasero vinte ed i signorotti cittadini della parte imperiale scacciarono<br />

fuori della città tutti i Padri Benedettini i quali dovettero evadere insieme<br />

ai <strong>Cistercensi</strong>, rifugiandosi in alcuni conventi fuori di diocesi... ».<br />

14 Cfr. Fonte G, pp. 388: «Era sul finire dell'anno 1241.. i faziosi Ghibellini...<br />

appiccarono il fuoco tanto ai casamenti dei Signori Guelfi come ai due<br />

Conventi e di loro chiese annesse dei <strong>Cistercensi</strong> presso l'antica chiesa di<br />

S. Maria Maggiore, e l'altro dei Benedettini e di loro chiesa di San Sebastiano<br />

presso la porta 'Porterula '... ».<br />

15 Fonte G, p. 456: «Pertanto il vescovo unitamente al Municipio ferentinate<br />

approvarono l'ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore, con nuovo<br />

disegno consimile alle due basiliche di Casamari e Fossanova, da dove i Superiori<br />

di Quei monasteri, in tal circostanza contribuirono vistose somme a<br />

questi di loro monaci correligionari per le spese della nuova fabbrica della<br />

chiesa suddetta che poco dopo di quest'epoca dovette essere incominciata e composta<br />

in pochi anni di quel celebre disegno come tuttora si osserva ».<br />

16 Cfr. Fonte G, p. 456: «Il Vescovo Giacomo II, dopo che vide sistemata<br />

la famiglia dei Padri Francescani nel nuovo convento e chiesa di San Francesco,<br />

ove aveva contribuito alle spese anche il Municipio Ierentinate, conservandosi<br />

in detta chiesa il titolo di San Sebastiano ... unitamente al Municipio<br />

ferentinate approvarono l'ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore ».<br />

17 Cfr. Fonte G, pp. 404-406:«Ma se però si addimostrava il vescovo desideroso<br />

di beneficare questi antichi religiosi [<strong>Cistercensi</strong>] che da più secoli<br />

dimoravano in Ferentino, non fu minore il desiderio di essere proc1ive a beneficare<br />

la novella religione francescana di cui egli stesso era figlio e compagno<br />

del santo fondatore ».<br />

1R Cfr. Fonte G, p. 456, in nota 15.


- 198 _'<br />

A questo proposito inoltre bisogna tener presente che S. Maria Maggiore<br />

non risulta da alcun documento con il titolo di abbazia, per cui,<br />

secondo gli ordinamenti dell'Ordine, era da considerare come una grangia<br />

urbana di una abbazia autonoma. Tenendo poi presente che i Ci-<br />

stercensi furono introdotti, nel 1161, dal vescovo Rodolfo, già abate<br />

di Casamari, 19 si può dedurre che detta grangia dipendesse da Casamari.<br />

Una conferma a questa nostra ipotesi potrebbe risultare anche dalla<br />

denominazione della porta sud della città, chiamata, secondo l'uso del<br />

tempo, di indicare le porte con il nome del luogo che in quella direzione<br />

rivestiva una importanza particolare per la stessa città, «porta Ca-<br />

samari », a sottolineare l'importanza sia economica, sia sociale che questa<br />

abbazia esercitava nella zona.<br />

Una conferma ai documenti storici citati ci viene anche dall'esame<br />

di carattere strutturale e stilistico delle varie parti del monumento. Dopo<br />

la seconda devastazione della chiesa da parte dei Ghibellini nel 1241<br />

fu elaborato un piano di ristrutturazione e di ampliamento di comune<br />

accordo tra la comunità locale, gli abati di Fosanova e di Casamari, del<br />

vescovo Giacomo II e del municipio di Ferentino. L'intervento doveva<br />

essere quindi di una certa consistenza e comportava una spesa notevole.<br />

Partendo sempre dai documenti, risulta che la chiesa non fu distrutta<br />

e riedificata «ex novo» ma modificata e ingrandita.<br />

Da uno sguardo attento appare chiaro che l'intervento dei cistercensi<br />

si ebbe soprattutto nell'abside e nel transetto dove risaltano elementi<br />

architettonici gotico-borgognoni, quali lo slancio verticale delle<br />

pareti appena attenuato dal cornicione, i lunghi contrafforti terminanti<br />

a cappuccio, il rosone, la bifora e le monofore ogivali impreziositi da<br />

elementi decorativi più elaborati che a Fossanova e a Casamari.<br />

Una sostanziale modifica fu apportata anche alla facciata che, rialzata<br />

nella parte centrale, mediante l'aggiunta di. due spioventi, perse<br />

la primitiva forma a capanna propria delle più antiche chiese romaniche,<br />

quale si presenta ancora la chiesa di S. Francesco della stessa<br />

Ferentino. La superficie, divisa a zone da linee orizzontali poco aggen-<br />

tanti, è arricchita dall'armonico portale a sesto acuto, da due oculi<br />

diversamente disegnati che sovrastano le sobrie porte laterali e dal rosone<br />

vivacemente intrecciato come a Fossanova.<br />

19 Cfr. Fonte G, pp. 455-4,56, in nota 12.


~ 199-<br />

Archi di «PORTA CASAMARI»<br />

A sinistra di S. Maria Maggiore, a circa duecento metri dalla chiesa, si<br />

elevano due snelli archi che risalgono al tempo di Silla. E' evidente che il nome<br />

«Porta Casamari» deriva dal monastero cistercense del basso Lazio a cui<br />

S. Maria Maggiore dipendeva.


~ 200 ~<br />

L'interno risulta distinto in due blocchi fondamentali: quello anteriore,<br />

molto sobrio e di linea sicuramente romanica, con volte a capriate,<br />

sorrette da pilastri a base rettangolare, sormontati da archi ogivali;<br />

quello posteriore - abside e transetto -, tipicamente cistercense,<br />

coperto con volte costolonate a crociere, poggianti su slanciati pilastri<br />

polistili, ornati da gruppi di capitelli di svariate forme.<br />

Le due parti, pur presentando caratteristiche strutturali diverse, sono<br />

fuse in una unità tanto armonica ed equilibrata da fare di Santa<br />

Maria Maggiore un esempio di sapiente ristrutturazione che testimonia<br />

le eccezionali capacità costruttive della scuola architettonica cistercense.<br />

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CONVEGNO MONASTICO INTERCONGREGAZIONALE<br />

DI PARMA<br />

di P. MALACHIA FALLETTI<br />

Il tema di questo convegno che ha visto radunati a Parma monaci<br />

e monache di tutte le famiglie religiose monastiche presenti nella chiesa<br />

italiana (mancavano solo i Certosini che non partecipano mai a nessuna<br />

riunione), era molto importante non solo, né principalmente, sul piano<br />

culturale, ma soprattutto sul piano esistenziale. Si trattava infatti di<br />

un esame della condizione della vita monastica nel dopo Concilio. Sarebbe<br />

impossibile riportare anche solo brevemente quanto è stato detto<br />

dai partecipanti, circa la vitalità, le difficoltà, le remare, i freni al rinnovamento,<br />

le esperienze, i coraggiosi tentativi, le chiusure in se stessi<br />

e il tran-tran di una vita che non è vita, la passione degli anziani e le<br />

impazienze dei giovani. Solo gli atti che verranno pubblicati potranno<br />

essere esaurienti al riguardo.<br />

Riporterò appena per accenni quel1a che è l'esperienza di rinnovamento<br />

In atto molto vivace e fruttuosa di Camaldoli, e alcune osservazioni<br />

finali molto sommarie.<br />

I - Camaldoli<br />

Alcuni punti hanno caratterizzato il rinnovamento di vita a Camaldoli.<br />

Innanzitutto un allargamento degli orizzonti: si sono fatti sacrifici<br />

per dare ai monaci un'apertura mentale culturale sufficientemente va-<br />

sta da renderla idonea ad affrontare i problemi con consapevolezza e<br />

nella conoscenza della tradizione autentica del mondo monastico. Que-<br />

sto lavoro di formazione ha permesso loro di passare a una prima fa-<br />

se di impegno di accoglienza nel monastero ad una posizione di proposta<br />

derivante da un arricchimento dovuto alla vita monastica.<br />

Si sono seguite alcune piste di rinnovamento interno segnate dal<br />

Concilio: rapporti interpersonali anche informali ispirati ad una forte<br />

fraternità e corresponsabilità. Questo ha richiesto una vita interna con<br />

molti incontri a vari livelli e per gli scopi più diversi. Tra questi incontri<br />

sono privilegiati quelli liturgici.<br />

La liturgia diventa una vera vita: le celebrazioni sono meno teatrali<br />

ma più vive, espressione di una vita interiore dei partecipanti e<br />

anche servizio e animazione per tutti coloro che vogliono associarsi alla


- 202-<br />

preghiera monastica. Di tutto questo il centro è la parola di Dio.<br />

Essa viene letta, commentata e approfondita continuamente; la si vede<br />

realizzata nella regola monastica essendo fedeli alla quale si è fedeli<br />

alla parola; la si approfondisce serenamente in una lettura spirituale<br />

che presuppone una formazione tecnica; la si fa centro di revisione<br />

di vita nella celebrazione della penitenza comunitaria, la si attualizza<br />

con l'omelia dialogata in comunità specie nei mesi invernali in<br />

cui c'è maggior disponibilità di tempo.<br />

La comunità cosÌ confrontata e rafforzata dal contatto con la Parola<br />

si dedica ad un lavoro di apostolato interno con l'accoglienza: pic-<br />

coli gruppi integrati con la comunità all'Eremo, gruppi più grandi e<br />

con modalità diverse nel Cenobio. Il lavoro si protende anche al di<br />

fuori del monastero nel vivo della chiesa locale, sempre con una forte<br />

caratterizzazione monastica. E' una comunità in cammino non immune<br />

dai difetti e da limiti ma alla ricerca di un equilibrio nella scia delle<br />

propulsioni date dal Concilio.<br />

II - Conclusioni<br />

Si è notato un clima di disagio e di tensione per lo stimolo rice-<br />

vuto dal Concilio ma non ancora recepito dalla vita; sono ancora troppe<br />

le affermazioni del Concilio che non trovano riscontro nella vita delle<br />

comunità. Si è lamentato un'abbandono della vita monastica da<br />

parte di alcuni membri. Perché se ne sono andati? Ma forse è meglio<br />

chiedersi: perché noi siamo rimasti? Con convinzione e animati dal desiderio<br />

di viverla fino in fondo, questa vita, oppure per forza d'inerzia<br />

magari riducendo le comunità a pensionati tranquilli? Il rapporto comunitario<br />

va vivificato e interiorizzato. Va ricuperato un discorso di<br />

amicizia ritenuto troppo spesso sospetto.<br />

Non si può avere un vero rapporto con Dio se non si sa avere un<br />

vero rapporto umano di amicizia di comprensione tra fratelli. Si deve<br />

esigere dagli abati di avere delle idee, delle certezze sulla scia della<br />

Parola di Dio e della Tradizione, tali da andare contro corrente, se<br />

necessario, per ricuperare valori autentici. Stessa autenticità va richiesta<br />

ai monaci, che non devono cedere alla tentazione dell'adulazione che<br />

blocca il superiore nello stato attuale di stasi, con il coraggio di dire<br />

no e non per disobbedienza: senza cadere però neppure alla tentazione<br />

di boicottaggio di tutti i suggerimenti e delle intraprese dell'abate.


- 203-<br />

Una preoccupazione è quella delle giovani leve. E' necessario non<br />

lasciarsi impressionare dalla crisi delle vocazioni e dalle contestazioni.<br />

Spesso ciò è causato dal fatto che in teoria si fa un quadro ideale della<br />

vita monastica che non trova riscontro nella realtà di ogni giorno. E'<br />

necessario che l'abate dia una formazione austera, realizzabile nell'attualità<br />

della vita. Non bisogna assolutamente inginocchiarsi davanti ai<br />

giovani. Solo una formazione robusta e autenticamente monastica ovvierà<br />

agli inconvenienti.<br />

I monasteri devono diventare scuola di preghiera con dei maestri<br />

di preghiera. Come mai i giovani oggi vanno anche in oriente a cercare<br />

un «Guru» per imparare da lui il rapporto con l'assoluto?<br />

Il monastero deve avere i suoi ritmi di preghiera di giorno e di<br />

notte. Oggi che si riscopre il valore della preghiera notturna sarebbe strano<br />

che non venisse recuperata dai monaci. La liturgia dovrebbe essere<br />

nel suo vario rinnovarsi, una liturgia monastica autentica nella quale<br />

confluiscono tutti i ruscelli della vita quotidiana, dalla preghiera personale,<br />

dagli incontri comunitari con la Parola di Dio, dalla lectio divina<br />

privata.<br />

Questa lectio divina di cui tanto si parla ma di cui tanto poco si<br />

tiene conto! Si fa la lectio divina nei nostri monasteri? Essa non è studio<br />

né preparazione dell' omelia o delle conferenze ma confronto personale<br />

e vivenzìale con la Parola di Dio. Dove non c'è quotidianamente<br />

questo lavoro la vita si diluisce in mille altri interessi e si snervano tutte<br />

le strutture della convivenza monastica anche del lavoro comunitario.<br />

Quel lavoro comunitario che non può avere come fine primo la remunerazione,<br />

ma la promozione dell'uomo nella sua dimensione personale,<br />

nella libertà di ogni bramosia di possedere, nella ricerca del lavoro<br />

che maggiormente permette una vita di preghiera a costo di guadagnare<br />

meno e vivere poveramente.<br />

La povertà: clima in cui si può respirare Dio e testimoniare ai fratelli<br />

che Dio è colui che ha il nostro primo interesse.<br />

Per il rapporto monaco-Chiesa non è sufficiente l'ospitalità, l'accoglienza<br />

e la condivisione nella preghiera. Si deve recuperare la sacramentalità<br />

della nostra situazione: la dimensione battesimale, la dimensione<br />

di segno nel mondo d'oggi in cui manca in modo troppo evidente.<br />

La crisi e le varie crisi del mondo monastico vengono dalla crisi<br />

nella linea del segno nella Chiesa. Non significa perché non è e non<br />

essendo non si significa.<br />

Non ci si deve spaventare: la vita monastica oggi è di estrema<br />

attualità, è moderna nel senso migliore della parola. E' necessario che


_. 204-<br />

i monaci si liberino dal senso di inferiorità e di colpa per riprendere<br />

fede nella propria vocazione e nel carisma proprio speciale. Carisma<br />

può non essere elemento da scrivere nei testi costituzionali o capitolari,<br />

ma una vita da rinnovare e ringiovanire ogni giorno.<br />

Relazione tenuta al III Convegno monastico intercongregazionale<br />

di Parma dal P. Malachia Falletti Priore conventuale della<br />

Certosa di Firenze<br />

I CISTERCENSI DELLA CONREGAZIONE DI CASAMARI<br />

Il tema della mia relazione è più ristretto di quanto non apparisse<br />

nel programma: essa si limiterà, infatti, ad una sola delle Congregazioni<br />

monastiche cistercensi esistenti in Italia: quella di Casamari. Non sono<br />

infatti in possesso di elementi sufficienti per presentare un panorama<br />

della Congregazione di San Bernardo in Italia.<br />

La Congregazione di Casamari è relativamente recente, poiché<br />

la sua costituzione risale solo al 1929 quando, con il breve «Beati Petri<br />

apostoli» del 14 dicembre, venne aggregata alle altre Congregazioni<br />

dell'Ordine cistercense. Essa è sorta dalla Trappa di Casamari che non<br />

entrò nell'Ordine Cistercense della stretta osservanza quando questi si<br />

formò nel 1892 dall'unione di tutte le case che seguivano la riforma<br />

della Trappa. Essa restò dapprima direttamente dipendente dalla S.<br />

Sede, poi entrò nell'allora Sacro Ordine cistercense (ora semplicemente<br />

Ordine Cistercense) come Congregazione monastica di Casamari.<br />

In questi anni essa è andata espandendosi con una certa rapidità<br />

anche se a scapito della solidità delle fondazioni; infatti nei primi<br />

quarant'anni, nonostante le Costituzioni prevedessero l'esistenza di case<br />

sui iuris, onde realizzare il concetto giuridico di Congregazione monastica<br />

ad norma m iuris, si continuarono a fondare case dipendenti strettamente<br />

dall'unica casa sui iuris, per cui fino a dieci anni fa essa era<br />

una Congregazione più de iure che de facto.<br />

In questi cinquant'anni di vita essa è passata da 30 a 230 membri,<br />

e le case da 3 sono passate a 18 con una estensione geografica che va<br />

dall'Italia al Brasile, agli Stati Uniti e all'Etiopia.<br />

In Etiopia si è realizzata la maggior espansione all'estero: in essa<br />

c'è attualmente una casa autonoma con quattro case dipendenti e circa<br />

90 monaci indigeni.


- 205-<br />

In questi ultimi anni anche Casamari ha risentito della crisi delle<br />

vocazioni, ma fin'ora non in maniera drammatica. Attualmente al numero<br />

dei monaci già ricordato, si devono aggiungere 13 professi di voti<br />

temporanei e 7 novizi, più alcuni postulanti.<br />

Quando il Concilio Vaticano II spalancò le finestre per far entrare<br />

nella Chiesa nuova aria ossigenata, anche la Congregazione di Casamari<br />

ha sentito il bisogno di aria nuova, di rinnovare la propria<br />

vita, di rivedere le proprie usanze, di operare un aggiornamento pur<br />

restando fedele ai principi fondamentali della vita monastica e delle<br />

sue tradizioni cistercensi.<br />

Se guardiamo l'imponente lavoro dei Capitoli Generali che si susseguirono<br />

a ritmo accelerato dal 1968 al 1979, e soprattutto la qualità<br />

delle decisioni prese e dei provvedimenti adottati, dobbiamo dire che<br />

il Concilio ha messo in moto un organismo i cui ingranaggi si erano<br />

alquanto arrugginiti. Negli ultimi tempi difficilmente si affrontavano i<br />

temi fondamentali e per lo più ci si limita va a decisioni di secondaria<br />

importanza. Nei testi dei vari document varati in questi anni, come la<br />

Dichiarazione e i vari Deliberati (in grado minore le Costituzioni che<br />

talvolta presentano una involuzione in confronto colle precedenti) si<br />

nota una certa vitalità e il desiderio di lavorare per una vita migliore<br />

nella Congregazione.<br />

Mi soffermerò solo su alcuni punti di maggior rilievo:<br />

1. - Vita di preghiera. Constatando alcune deficienze in questo campo,<br />

soprattutto per la preghiera comunitaria, a causa dei vari impegni e<br />

per la scarsezza del personale, specialmente in alcune case, il Capitolo<br />

Generale, dopo aver ricordato che non ci può essere vera preghiera comunitaria<br />

se manca una profonda vita di preghiera individuale, ribadisce<br />

la centralità della vita di preghiera, senza la quale non si è<br />

fedeli alla propria vocazione. Pone per questo alcuni capisaldi dicendo:<br />

«la celebrazione in coro dell'Ufficio divino, Opera di Dio, è il compito<br />

precipuo delle nostre comunità », «la celebrazione dell'Eucarestia<br />

ha il posto preponderante» e raccomanda come mezzo per la costruzione<br />

della vita comunitaria «la Messa concelebrata alla quale tutta la<br />

comunità partecipa ». E perché tutta la comunità, nessuno escluso, possa<br />

attuare il principio della Regola «il vostro cuore sia in assonanza<br />

con quello che pronunciate» permette l'uso della lingua corrente sia per<br />

la Messa che per l'Ufficio divino.<br />

2. - Vita di comunità. Benché le Costituzioni gIa prima prevedessero la<br />

esistenza delle case autonome, esse non furono mai erette, per cui di


- 206-<br />

fatto esisteva una sola casa sui iuris con tante case strettamente dipendenti,<br />

colla conseguenza che i monaci venivano continuamente e con<br />

facilità spostati da una casa all'altra, senza la possibilità di formare<br />

delle vere famiglie monastiche con legami duraturi e conseguenti impegni<br />

a largo respiro. Il Capitolo ordinò l'attuazione delle case sui iuris<br />

con famiglia stabile, con diritto di eleggersi il Superiore e la possibilità<br />

di assumere quelle attività più consentanee alle necessità del luogo<br />

dove la casa sorgeva.<br />

Per una maggior coesione nella famiglia monastica, ha unificato le<br />

classi creando la categoria unica dei coristi sia sacerdoti che non sacerdoti.<br />

Ha tuttavia mantenuto la categoria dei conversi, come categoria<br />

in evidente estinzione, perché senza una propria caratteristica in quanto<br />

i conversi hanno praticamente tutti i diritti e doveri dei coristi non<br />

sacerdoti.<br />

3. - Povertà. C'è stata una riflessione su questo tema di grande importanza<br />

per costituire una vita veramente religiosa di testimonianza<br />

nel mondo attuale, e si è ribadita la necessità del distacco affettivo<br />

ed effettivo dei beni non solo per i singoli ma anche per le comunità,<br />

rendendo illegale l'accumulamento dei beni al di sopra di quella che<br />

è la stretta necessità per l'immediato futuro della comunità.<br />

4. - Formazione dei giovani. E' il campo in cui si sono fatte molte<br />

innovazioni positive per lo sviluppo della personalità dei giovani in<br />

formazione: autorizzazione ad aprire il periodo chiuso della formazione<br />

del noviziato con uno o più periodi di attività formativa onde saggiare<br />

e scoprire le attitudini dei giovani al genere di vita nella Congregazione;<br />

invito ai religiosi di altri istituti, preferibilmente monastici,<br />

particolarmente esperti nella direzione dei giovani, ad aver colloqui<br />

con i giovani monaci; possibilità di trascorrere dei periodi di tempo<br />

con i giovani di altri istituti monastici; possibilità di diventare attivi<br />

nella vita di comunità per quanto riguarda l'animazione della vita<br />

liturgica.<br />

5. - Ringiovanimento della Congregazione per il gruppo direttivo. E'<br />

stato preso atto della difficoltà di mantenersi a lungo nella capacità e<br />

disponibilità di recepire tutte le istanze di rinnovamento che la vita<br />

oggi richiede. Si è cercato di venire incontro a due esigenze: quella di<br />

una certa tranquillità nella famiglia monastica che non deve venire


- 207-<br />

turbata da un cambiamento troppo frequente di superiori, con quella<br />

della necessità di un ricambio.<br />

Si sono stabiliti tre punti fondamentali:<br />

- riduzione della durata dell'incarico del superiore a 9 anni;<br />

P ,', •• ~ e: .. i<br />

- impossibilità di rieleggere più di due volte la medesima persona<br />

(quindi impossibilità di durare in carica più di 18 anni);<br />

in ogni caso dovere di dare le dimissioni al 70° anno di età.<br />

Scorrendo questo elenco di realizzazioni giuridiche, che si potrebbe<br />

ancora allungare, si può avere l'impressione di essere caduti nel<br />

pericolo del trionfalismo paventato nella sua introduzione dall'abate<br />

Bovo.<br />

Ma devo subito osservare, per equilibrare la mia esposizione, che<br />

ho parlato di lavoro di riflessione e legislativo. Non sempre i progetti<br />

beni ed ambiziosi sono stati tradotti nella realtà.<br />

Quello che l'organismo supremo di governo, cioè il Capitolo Generale,<br />

ha recepito e proposto come convinzione intellettuale, non è<br />

passato in un vero convincimento esistenziale sia individuale che collettivo.<br />

Certi programmi sono belli nel momento in cui si decide, ma<br />

cominciano a far paura quando si tratta di passare alla fase operativa.<br />

Riprendendo in esame i punti visti possiamo vedere quanto realmente<br />

è stato attuato o in via di attuazione.<br />

1. - Vita di preghiera. Al principio del primato della preghiera, centro<br />

e perno di tutta l'attività comunitaria si è preposto un « ma» o un<br />

« a meno che ». Ci sono impegni svariati che tengono impegnata talvolta<br />

la maggior parte della comunità e non come eccezione, ma come<br />

regola, per cui il coro viene sostenuto nelle case più grandi, dove<br />

c'è la casa di formazione, proprio dai giovani con una sparuta rappre-<br />

sentanza dei religiosi. Ci sono poi case che non hanno la recita corale<br />

dell'Ufficio o l'hanno in maniera veramente insufficiente sia riguardo<br />

alla percentuale dei partecipanti, sia al modo di celebrazione. Alcune<br />

case che non corrispondono alle esigenze minime previste dai docu-<br />

menti, anche costituzionali, non vengono soppresse, ma tollerate e<br />

riconosciute: siamo pochi..., si fa quello che si può ...<br />

2. - Vita di comunità. Sono state realizzate tre case autonome con<br />

famiglia che dovrebbe essere stabile. A parte la casa di Etiopia che


- 208-<br />

abbraccia tutti i monasteri in terra africana, le altre case sono state<br />

erette più giuridicamente che esistenzialmente, in quanto non si è pensato<br />

a costituirle con tutto il personale occorrente per lo svolgimento<br />

delle attività essenziali (si pensi che nelle due case italiane autonome<br />

non si è pensato mandarvi un monaco conoscitore della musica e del<br />

canto, eppure esse hanno l'obbligo di cantare gran parte dell'Ufficio<br />

ogni giorno!). Non si è tenuto conto che esse devono avere un abate<br />

(o Priore) un vice priore, un amministratore, un maestro dei novizi.<br />

E questo appare tanto più stridente quando di pensi che dei 140 monaci<br />

italiani solo 25 costituiscono due case sui iuris e 115 la restante<br />

casa autonoma di Casamari.<br />

3. - Povertà. E' il discorso restato maggiormente nella teoria, senza alcuna<br />

presa nella realizzazione pratica, anzi con indicazioni contrastanti<br />

al dettato legislativo.<br />

4. - Formazione dei giovani. Non mi consta si sia realizzato alcunché<br />

di quanto previsto, al di fuori del ritiro mensile con un incontro con un<br />

padre che viene dall'esterno.<br />

5. - Ringiovanimento dei «quadri ». E' stato uno dei punti più temuti<br />

e quindi negato nella realizzazione. Il caso più significativo, che resta<br />

emblematico, del Capitolo Speciale del l'O agosto di quest'anno chiamato<br />

ad eleggere l'abate di Casamari e Preside della Congregazione.<br />

Dei tre principi posti dal Capitolo Generale neppure uno è stato attuato:<br />

è stato infatti rieletto per la terza volta l'abate che ha già governato<br />

per 38 anni e che ha superato i 70 anni di età!<br />

Conclusione. La Congregazione di Casamari è una Congregazione giovane<br />

non solo per la sua istituzione, ma anche per l'età media die suoi<br />

monaci (non raggiunge i 50 anni!). Il P. Abate Preside diceva nel 1970:<br />

«Non possiamo fare a meno di essere solidali con lo smarrimento dei<br />

più anziani e nello stesso tempo con le legittime aspirazioni dei più<br />

giovani» (Allocuzione ai PP. Capitolari).<br />

Per adesso sembra che lo smarrimento dei più anziani abbia avuto<br />

più influsso frenante. C'è da augurarsi che nel prossimo futuro si tengano<br />

presenti anche le legittime aspirazioni dei più giovani, già per<br />

altro sancite dal Capitolo Generale, per fare camminare la Congregazione<br />

di Casamari in una via di reale rinnovamento.


LETTERA PASTORALE<br />

di FR. SIGHARDO KLEINER Abate Generale <strong>Cistercensi</strong> agli Abati,<br />

alle Abadesse, ai Priori ed alle Priore conventuali e a tutti i fratelli<br />

e le sorelle nel Signore - salute e benedizione.<br />

Fratelli dilettissimi,<br />

il Signore ci radunò, affinché fossimo per Lui il popolo eletto, il popolo<br />

che lo serve all'unanimità e i convitati alla mensa della Sua grazia.<br />

Egli ci ha chiamati ad essa affinché siamo i Suoi testimoni nella fede e<br />

nella gioia; perché molti altri ancora siano chiamati per opera nostra a<br />

partecipare alla medesima grazia. Tale è infatti la forza che inerisce alla<br />

grazia della nostra vocazione; essa è forza atta ad impedire che in noi<br />

la grazia sia inutile, trasformandola invece in luce per altri, indirizzandoli<br />

a intraprendere la stessa via. Di tale grazia vocazionale che dobbiamo<br />

trasmettere fedelmente ad altri fratelli, vorrò ora parlare in questa<br />

lettera pastorale.<br />

Sebbene ai giovani non manchino le buone disposzioni, la loro fede<br />

e i loro costumi appaiono tuttavia ben spesso talmente contagiati dall'ambiente<br />

mondano, che non possiamo fare a meno di turbarci ed angustiarci<br />

pensando all'avvenire. Non spetta a noi di indagare le cause del<br />

loro stato psicologico e religioso. Ne conosciamo il fatto. Ma sappiamo<br />

anche che senza di loro né l'Ordine né i nostri monasteri potranno sussistere<br />

in futuro. Sarebbe troppo ingenuo credere che l'evoluzione del mondo<br />

odierno possa ritornare sui suoi passi. E' certo che coloro che oggi<br />

sono giovani, quando saranno maturi, infonderanno non poca acqua nel<br />

vino ribollente delle loro opinioni giovanili, ma ad un tempo è anche sicuro<br />

che non ritorneranno alla fede nella Chiesa e nel suo Magistero ed<br />

istituzioni - che in molti è fortemente scossa -, per amore verso le tradizioni<br />

dei loro padri, ma solamente se vedranno nella Chiesa i segni e<br />

la forza dello Spirito Santo. Non vogliono parole, ma vive testimonianze<br />

di fede. Non li convincerà la professione di fede dei tempi passati, ma<br />

soltanto lo Spirito nuovo, operante. Abbiamo già imparato per esperienza<br />

che i giovani non si possono attrarre mutando le vesti e i movimenti,<br />

o un modo di vivere che suscita più la curiosità che la pietà. I giovani<br />

moderni, che spesso si contraddicono nelle loro opinioni, rigettano per<br />

principio quanto produce un senso di vacuità o di formalismo e non contiene<br />

una genuina testimonianza di fede. E sappiamo quanto possano<br />

essere sagaci e perfino ingiusti nei loro giudizi!<br />

Nell'ultimo tempo si è potuto notare un certo aumento di coloro che<br />

desiderano condividere la nostra vita. Ma ognuno di noi sa che Dio non<br />

può chiamare gli uomini, là dove a causa del decrescente numero delle


- 210'-<br />

nascite mancano ormai le vocazioni. Perciò non ci è permesso di rimanere<br />

inerti, a mani inabili di fronte a tale fenomeno.<br />

S'avvicina il Centenario di S. Benedetto. Non è forse il tempo della<br />

salvezza per tutta la famiglia monastica che milita sotto la sua Regola?<br />

E' il tempo di pensare, di meditare sui segni di Dio, è il tempo di pregare.<br />

Tale lavoro di aggiornamento non indebolisce in sostanza i valori<br />

monastici, ma li fa nuovamente risplendere nella luce del verbo di Dio<br />

e li rafforza in modo nuovo.<br />

Il trapianto dei valori eterni in terra nuova richiede lo studio dei<br />

segni dei tempi cioè dei mutamenti nel modo di pensare e di agire degli<br />

uomini, specialmente nei riguardi della scala o gerarchia dei valori.<br />

In tal modo si saprà quali sono le disposizioni di cuore più adatte ad accogliere<br />

il buon seme. Infatti la mente e l'opinione dei giovani sono come<br />

il termometro che misura e stima i valori umani. E' anzitutto necessaria<br />

un'accurata conoscenza di tali valori per poter avvicinare e guadagnare il<br />

giovane mediante i valori che stima altamente, anche se questi si debbano<br />

gradatamente purificare e santificare. Detti valori dunque in lui non<br />

si devono né distruggere, né disprezzare, ma dobbiamo mostrargli il loro<br />

pregio genuino.<br />

Molti giovani vivono diffidando di quei genitori e maestri che non<br />

sanno riconoscere in loro i veri valori; sono valori che non mancano nemmeno<br />

agli indisciplinati ed inquieti ma che li fanno maggiormente ribelli.<br />

Nell'intimo del loro cuore questi giovani soffrono e sono perplessi<br />

se da un lato devono mostrare l'affetto filiale verso i genitori e dall'altro<br />

il legame con cui sono uniti ai loro coetanei che condividono le loro<br />

idee.<br />

Da ciò deriva la necessità di studiare, - con grande amore per il<br />

problema -, le disposizioni dei giovani in generale. In tempi pasasti la<br />

evoluzione della vita economica, della situazione tecnica, sociale e morale<br />

procedeva con sviluppo relativamente lento, in modo che il passaggio<br />

da una generazione all'altra avveniva in maniera molto più organica<br />

e fra le generazioni non mancavano le comuni basi di principio, così necessarie<br />

per l'educazione. Oggi al contrario si avverte molto spesso la<br />

mancanza di coerenza nel modo di pensare e giudicare, anche se tale difetto<br />

non appare sempre manifestamente. Il giovane infatti spesso non<br />

sa dare adeguata espressione alla sua esperienza; ciò aumenta in lui una<br />

crescente resistenza; ma anche la solitudine e la perdita di sicurezza.<br />

Una mancanza di organica comprensione delle generazioni e la carenza<br />

di dialogo producono una vicendevole incomprensione in modo che,<br />

trattandosi d'una nascente vocazione religiosa nel giovane, questa non<br />

può giungere alla sua maturità, o se fu già accettata, essa può degenera-


- 211-<br />

re in crisi. Essa presenta un ostacolo nel diverso modo di concepire la<br />

propria vita e la sua piena e gioiosa integrazione nella comunità.<br />

Però da quanto è stato detto, non dobbiamo concludere che le<br />

osservanze monastiche si devono conformare ai desideri dei giovani in<br />

modo che questi possano continuare nella loro solita vita. Sarebbe<br />

erroneo credere di poter guadagnare i giovani togliendo di mezzo<br />

tutte le spine pungenti adeguando le usanze monastiche in modo<br />

da far apparire la vita monastica conforme alle abitudini del mondo. Un<br />

giovane che viene al monastero per vera vocazione, cacciato da tali<br />

metodi di proselitismo, se ne partirà insoddisfatto. Anche se il giovane<br />

proveniente dal mondo, entrando in monastero a motivo del grande<br />

mutamento di vita, dev'essere introdotto con pazienza e prudenza nel<br />

nuovo modo di comportarsi, circa le cose essenziali, S. Benedetto da buon<br />

psicologo, richiede: «Gli si predirà ogni durezza ed asprezza per cui si<br />

giunge a Dio (Reg. c..58) affinché non ritragga il suo collo dal giogo della<br />

Regola, se un giorno si. sentirà illuso. Del resto è evidente che biosgna usare<br />

pazienza anche per il fatto che i giovani, educati in una società che non<br />

solo riconosce per principio indiscutibile la scissione fra Chiesa e Stato,<br />

ma che tende anche ad una sempre maggior separazione fra la vita sociale<br />

e quella privata, considerando> la sfera di vita personale intangibile<br />

da parte dei Superiori e nel primo tempo sopportano a fatica una totale<br />

dedizione della propria vita ed un perenne sforzo di conversione.<br />

D'altra parte non c'è dubbio che 1. giovani, entrando in un monastero,<br />

cerchino Dio ancorché in modo meno chiaro ed esplicito. Sono chiamati<br />

da Dio, si sentono chiamati da Lui. Li ha provocati il Vangelo, specialmente<br />

la persona di Gesù Cristo. Ancorché altri abbiano steso loro<br />

una mano amica nel discernere la loro vocazione, l'influsso di costoro<br />

non supera mai il limite d'un servizio. I giovani vogliono udire la parola<br />

di Dio molto più che le parole degli uomini. Essi cercano quella espansione<br />

contemplativa che inerisce essenzialmente alla vita monastica che<br />

del resto viene salutata e considerata nuovamente connaturale anche<br />

dalle stesse Congregazioni d'età più recente. Nel monastero i giovani<br />

sperano di trovare Gesù Cristo che ci ha inculcato: «La mia casa è casa<br />

di orazione» (Lc. 19,46), dalla quale non è certamente esclusa l'azione<br />

fino a quando Dio vi è adorato in Spirito e verità.<br />

Da quanto abbiamo detto, si rende evidente quale e quanto sia lo<br />

sforzo di spirituale energia richiesta ad integrare i giovani nella vita monasteriale.<br />

Affinché i giovani presso di noi trovino una situazione consona<br />

al loro intimo desiderio e alla loro ispirazione, dobbiamo mostrar loro<br />

i valori della vita monastica in modo sincero, con purezza e persuasione<br />

e cioè più coi fatti e cogli esempi che con le parole. I monaci, persuasi del


- 212-<br />

valore della propria vita, potranno procreare monaci persuasi di quel<br />

valore, monaci che saranno felici nella loro vita, bene integrati, senza<br />

corruzione d'identità, monaci, come si dice, rettilinei e tesi verso la<br />

virtù, monaci equilibrati.<br />

Dobbiamo confessare che il passaggio dalle consuete abitudini di pensare<br />

ed agire non è facile. Il corso della nostra vita fino ad ora si svolgeva<br />

con una certa semplicità e sembrava cosÌ promettere un pacifico<br />

possesso dell'avvenire. Tuttavia, a testimonianza di molti, l'umanità si trova<br />

di una profonda trasformazione ideologica. Ciò però non deve incuterei<br />

affatto del timore. Quando seguiamo Cristo, Cristo è con noi e i giovani<br />

Lo troveranno presso di noi. Anche se nel mondo si fa sera, Cristo rimane<br />

con noi ed abita nella nostra casa - e così la vostra casa non sarà<br />

abbandonata e deserta (cf. Mt. 23, 38).<br />

Il centenario del nostro Santo Padre San Benedetto con la grazia<br />

dello Spirito Santo ci porti a riconoscere con nuovo slancio i valori della<br />

Regola, a comprendere la loro interna armonia e a viverli con rettitudine<br />

e sincerità, senza deflessioni opportunistiche; ci porti a predicare questi<br />

valori al mondo, ogni monastero secondo le proprie condizioni. Non c'è<br />

dubbio che l'avvenire dei nostri monasteri dipenderà dal modo in cui<br />

saremo i portatori dello spirito nuovo, cioè del Vangelo, quando saremo<br />

sinceri annunciatori della Regola ed interamente consacrati a Cristo.<br />

Ci è dunque necessario considerare la celebrazione del centenario<br />

benedettino come il tempo di salvezza per l'Ordine nostro. Con la stessa<br />

speranza ci prepariamo al prossimo Capitolo Generale che dovrà essere<br />

veramente la nostra comune adunanza con lo Spirito Santo per il progresso<br />

e l'utilità dell'Ordine e specialmente degli abati che sono i maestri<br />

responsabili della propria comunità. In quest'ufficio non possono essere<br />

sostituiti da altri.<br />

Lo Spirito del Signore susciti perciò nei nostri cuori l'aumento dei<br />

suoi doni; accresca in noi il dono dell'intelletto, per penetrare con maggior<br />

chiarezza tutta la verità; accresca in noi il dono della scienza per<br />

spiegare esaurientemente la verità che abbiamo conosciuto; il dono della<br />

sapienza per accogliere con gioia la verità e poterla godere; accresca in<br />

noi il dono del consiglio per addivenire con serenità e prudenza a pratiche<br />

conclusioni.<br />

Vogliamo perciò attingere specialmente ai tesori della santa Regola<br />

quelle verità e quei valori con il cui aiuto, noi, nuova stirpe di monaci<br />

istruiti dalJa virtù delJo Spirito Santo, sapremo trasmettere, agli uomini<br />

di domani, intatta la grazia della nostra vocazione, di cui Dio, nella Sua<br />

infinita misericordia ci ha ricolmati.


JEANDE LA CROIXBOUTON O.C.S.O.<br />

STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />

(trentesima puntata)<br />

Le fondazioni della "v alsainte "<br />

Si dovrebbe indubbiamente risalire all'epoca di S. Bernardo per<br />

riscontrare una copiosità di vocazioni simile a quella che, fin dall'inizio,<br />

si verificò alla Valsainte. Dalle località più disparate si chiedeva a Dom<br />

Augustin il favore di essere ammessi al noviziato. Un tale appello proveniva<br />

da laici, da religiosi di altri Ordini, non meno che da preti diocesani<br />

immigrati. E Dom Augustin accoglieva tutti. E «nonostante che<br />

il numero di coloro che perseveravano non fosse grande, era tuttavia<br />

tale da raddoppiare e perfino triplicare ogni anno in breve tempo il<br />

contingente fissato dal Governo ».<br />

CosÌ scriveva il prete Dargniès. D'altronde il Governo non si dimostrava<br />

affatto meticoloso al riguardo, mentre, dal canto suo, Dom Augustin<br />

si guardava bene dal fornire all'Autorità dei dati troppo precisi.<br />

Tuttavia una Dichiarazione del 1 maggio 1794 stabilì che non si doveva<br />

eccedere il numero di 17 professi solenni, Superiore compreso, di 15<br />

fra novizi e postulanti e di 13 fratelli conversi o donati. Inoltre, sia allo<br />

scopo di ridurre il numero dei religiosi, sia al fine di predisporre<br />

un rifugio nell'ipotesi che il Governo di Friburgo ritirasse il suo appog-<br />

gio, si orientò decisamente verso la realizzazione di nuove fondazioni<br />

da effettuarsi particolarmente nei Paesi cattolici. Di queste appunto<br />

seguiremo l'ordine cronologico, rimandando a più tardi di parlare di<br />

quelle che si riallacciano alla cosidetta «Odissea Monastica ».<br />

La fondazione di "Sainte-Suzanne"<br />

L'inizio della fondazione della Valsainte fu testimonio di una povertà,<br />

anzi di una miseria, estrema, per cui Dom Augustin si determinò<br />

a stendere la mano per chiedere soccorsi. Ne ebbe dalla Spagna, e,<br />

fra gli altri, dai monasteri di Poblet, Las Huelgas ecc., che gli fecero<br />

pervenire non solo delle elemosine ma anche delle lettere così incoraggianti<br />

che lo indussero a mettere gli occhi su uno dei suoi religiosi.<br />

Si tratta di Dom Gerasimo di Alcantara, nato a Mons, nel Bergio,<br />

da una famiglia di origine spagnola. Di quest'ultimo si servì per eri-


- 214-<br />

gere una filiale in quel paese così profondamente cattolico. Dom Gerasimo<br />

lasciò la Valsainte con un solo compagno di viaggio, Dom Giovanni<br />

De Coanus, il 15 aprile del 1793. Il movimento itinerante dei<br />

due Fondatori è raccontato in «Odissea Monastica », come pure in<br />

«Los primeros Trapenses en le Cìster espafiol » (vd. «Cistercium» 1956,<br />

n. 48 e «Un grande Monaco: Dom Gerasimo di Alcantara », ib. 1957,<br />

n. 50).<br />

C'è da dire che non fu una fondazione facile. Una lunga catena<br />

di trattative e di dilazioni mise a dura prova la pazienza dei due Trappisti,<br />

al punto che solo il 4 gennaio del 1796 Dom Gerasimo e Dom<br />

Giovanni, ai quali Dom Agostino aveva aggiunto altri religiosi, furono<br />

in grado di prendere possesso della Casa loro destinata: il Priorato di<br />

S. Susanna, dipendente dall' Abbazia di Escarp. Dom Gerasimo ricevette<br />

la benedizione abbaziale a Madrid il 25 marzo del 1798.<br />

Carlo De Chateaubriand, fratello dell'illustre scrittore, cacciato dalla<br />

Francia a causa la Rivoluzione, trovò rifugio in questo monastero di<br />

S. Susanna dove indossò l'abito di fratello converso prendendo il nome<br />

di Climaco. Nelle lettere da lui indirizzate ai fratelli ed alle sorelle<br />

rimasti in Francia, Fra' Climaco descrive la vita edificante ed austera<br />

dei Trappisti di S. Susanna. Il celebre Chateaubriand inserì queste lettere<br />

del fratello Climaco nell' Appendice della sua opera «Il Genio del<br />

Cristianesimo », della quale costituiscono dei brani giustificativi indubbiamente<br />

adatti al soggetto.<br />

La Comunità di S. Susanna ebbe a soffrire a motivo dell'invasione<br />

della Spagna ad opera di Napoleone, per cui fu costretta ad andare<br />

in esilio a Majorca. La ritroveremo peraltro allorché avremo occasione<br />

di esporre un quadro generale sullo stato dell'Ordine di Citeaux nel 1815.<br />

Istituzione del terz' ordine della Trappa e delle Trappistine<br />

La dichiarazione del I" maggio 1794 fa cenno, oltrecché dei religiosi,<br />

dei novizi, dei conversi e dei domestici «di un giovanetto che ospitiamo<br />

curandone l'educazione ». E' senz'altro di lui che parla il prete<br />

Dargniès, diventato poi il P. Francesco di Paola, allorché scrive: «restammo<br />

fortemente sorpresi di vedere nel monastero un ragazzetto di<br />

6 o 7 anni che partecipava agli Esercizi unitamente ai fratelli donati ».<br />

Evidentemente si trattava di un orfanello raccolto per carità. Ben presto<br />

altri ne furono ospitati, perché Dom Augustin si mise a disposizione


- 215-<br />

per istruire ed allevare i ragazzi dai 6 ai lO anni che le famiglie gli<br />

avessero voluto affidare. Le domande di accettazione furono talmente<br />

numerose che, a far data dal 1794, fu necessario di organizzarli in una<br />

comunità distinta ed autonoma, assegnandole quali professori quei religiosi<br />

che a motivo della loro precaria salute non erano in grado di<br />

seguire la Regola nella sua integrale austerità. Dom Augustin raggruppò<br />

questi religiosi ed i ragazzi, il cui numero sorpassava il centinaio,<br />

in un'istituzione che fu chiamata «Il Terz'Ordine della Trappa »,<br />

L'originale Regola trappista vi fu sensibilmente raddolcita. L'abito<br />

era quello dei religiosi, ad eccezione della cocolla, mentre sullo scapolare<br />

di colore bruno spiccava un cuore confezionato con della stoffa<br />

rossa recante l'iscrizione: «La Santa Volontà di Dio ».<br />

Questi giovani aderenti al Terz'Ordine erano completamente separati<br />

dalla Comunità, alla quale si univano solo per il canto della e Salve<br />

Regina », Al Governo che gli chiedeva quali fossero i suoi intenti<br />

a seguito del raggruppamento di questi ragazzi nel suo monastero, il<br />

Reverendo Padre D. Augustin rispose «che era per farne dei cittadini<br />

capaci di assolvere i loro doveri di padri di famiglia o di istitutori. Aggiungeva<br />

poi che se vi fosse stato qualche settore del commercio verso<br />

il quale orientare in special modo la gioventù del Paese, pregava che<br />

gli venisse indicato» (citazione contenuto in «Emigrazione francese »,<br />

op. cito p. 323).<br />

Nello stesso 1796 fondò a Sembrancher, nel Valais, il monastero<br />

della «Santa Volontà di Dio », nel quale riunÌ un certo numero di religiose<br />

di Ordini diversi, di canonichesse e di ragazze, e dove entrarono<br />

a far parte anche due sorelle di P. Agostino. Infine a Romont istituì<br />

un Terz'Ordine di Trappistine alle quali affidò il compito dell'educazione<br />

delle ragazze del luogo.<br />

Nonostante la consistente mortalità, da attribuire all'eccessiva austerità<br />

di quel regime di vita, (infatti fra il 1792 ed il 1798 si verificarono<br />

ben 34 decessi, e precisamente 22 professi, 9 novizi e 3 ragazzi) l'afflusso<br />

di nuove vocazioni acconsentì a Dom Augustin di effettuare nuove<br />

fondazioni.<br />

E' vero peraltro che egli non si preoccupò mai né d'inviare, a norma<br />

delle prescrizioni della Regola e dei Primi Capitoli Generali di<br />

Citeaux, dodici religiosi ed un Abate, né di attendere che le singole<br />

Case religiose fossero organizzate. In proposito Dom Antonio di Memmerey<br />

scriverà più tardi riguardo alla fondazione di «La Sainte-Baume<br />

»: «Il Reverendo P. Dom Augustin, trascinato dal suo zelo e dal<br />

suo desiderio di procurare nuove fondazioni alla Riforma, accettava


- 216-<br />

senza indugi tutto ciò che gli veniva offerto: pur di realizzare qualche<br />

nuova fondazione avrebbe preso, per così dire, anche una capanna<br />

posta sulla cima di una roccia» (« Annales d'Aiguebelle », II, p. 204).<br />

Nonostante tutto però non poche di queste «domuncule », come le<br />

chiama Don Antoine, hanno la loro storia.<br />

Fondazioni di Westmalle, Lulworth, Darfeld e del Piemonte<br />

Fin dal 1793, venuto a conoscenza dei rapidi progressi del Cattolicesimo<br />

nel Canada, Dom Augustin concepì 1'«audace progetto» di stabilirvi<br />

un monastero dell'Ordine. Il 28 agosto del 1793, due religiosi,<br />

il cellerario P. }ean-Baptiste ed il P. Eugenio De Laprade unitamente<br />

ad un fratello donato, lasciarono la Valsainte per trasferirsi nel Canada.<br />

Non avendo potuto imparcarsi ad Amsterdam, si recarono ad Anversa<br />

dove il vescovo fece loro la proposta di stabilirsi nella sua diocesi.<br />

Dom Augustin, consultato nel merito di tale richiesta, accettò ed in<br />

seguito ad una sottoscrizione fu possibile acquistare una fattoria presso<br />

Westmalle non lungi da Anversa. Nel frattempo Dom Augustin non<br />

aveva perduto di vista il Canada. Fin dall'aprile del 1794 alcuni religiosi,<br />

sotto la direzione di Dom Arsène, avevano lasciato la Valsainte, con<br />

l'incarico a Dom Arsène di fermarsi a Westmalle allo scopo di acconsentire<br />

a P. }ean-Baptiste di proseguire il suo viaggio verso il Canada.<br />

I pionieri del Nuovo Mondo passarono quindi in Inghilterra dove<br />

avevano già trovato chi li avrebbe favoriti al fine della traversata dell'Oceano,<br />

allorché una fortuita circostanza fece loro perdere la nave<br />

per l'America. A questo punto D. Baptiste prese la decisione di rimanere<br />

in Inghilterra e ad accettare l'offerta di un ricco proprietario, tale<br />

Thomas Weld, che gratuitamente mise a disposizione una sua tenuta<br />

nei pressi di Lulworth e situata in riva al mare. Era il mese di ottobre<br />

del 1794.<br />

Dom Augustin adorò, al pari di Dom }ean-Baptiste, la Santa Volontà<br />

di Dio, e non gli dispiacque ovviamente di veder rifiorire la vita<br />

cistercense in Inghilterra da dove era scomparsa da più di due secoli.<br />

Al contrario, nel momento stesso in cui veniva fondata la Casa di Lulworth,<br />

quella di Westmalle cessava di esistere in quanto il 17 luglio di<br />

quel 1794 le armate francesi invadevano il Belgio. Dopo di aver trovato<br />

rifugio prima a Miinster e successivamente a Marienfeld, presso i Bernardini,<br />

i Trappisti di Westmalle s'insediarono a Darfeld in Westfalia,<br />

dove nell'ottobre del 1795 diedero mano alla costruzione di un monastero<br />

del quale fu nominato Superiore Dom Eugenio De Laprade.


- 217-<br />

Rapidamente seguirono altre fondazioni. La prima in ordine di<br />

tempo fu quella di Mont-Brac presso Saluzzo in Piemonte. Dom François<br />

De Sales accompagnato da due altri religiosi giunse a Torino il 21<br />

marzo del 1794 e venne ospitato dalla Comunità di S. Filippo Neri.<br />

Ebbero quindi inizio delle trattative presso la Corte piemontese.<br />

Maria-Clotilde di Francia, sorella di Luigi XVI e Principessa di Piemonte,<br />

diede il suo benevolo appoggio di modo che la cosa andò rapidamente<br />

a buon fine. L'8 aprile Dom Francesco di Sales poteva scrivere:<br />

«Abbiamo incominciato per ultimi, ed il Cielo consente che finiamo<br />

per essere i primi».<br />

La solitaria località che veniva loro offerta era stata in precedenza<br />

occupata dai Certosini. Questa Comunità di Mont-Brac si accrebbe con<br />

tanta rapidità da vedersi costretta a fare una nuova fondazione: quella<br />

di Sordevolo, in Diocesi di Biella, eretta nel 1796. Verso la fine del<br />

mese di settembre del 1794, Don Augustin scelse Dom Francesco di<br />

Paola Dargniès per inviarlo a fondare una Casa in Russia. Gli mostrò<br />

su di una carta geografica il Paese che gli veniva assegnato e la via da<br />

seguire per raggiungerlo, raccomandandogli di affrettarsi di arrivare<br />

prima che sopravvenisse l'inverno.<br />

«Si pensi, scriverà Dom François di Paola nelle sue "Memorie",<br />

che ci si avvicinava al mese di ottobre e che dalla Svizzera a S. Pietroburgo<br />

vi sono da coprire 200 leghe ». Ma questo particolare non valse<br />

a frenare Dom Augustin che associò alla comitiva P. Urbano ed un<br />

novizio.<br />

Contemporaneamente erano in partenza per l'Ungheria altri due<br />

religiosi ed un novizio. Dovevano tutti fare il viaggio assieme fino a<br />

Vienna. La partenza avvenne il 7 ottobre del 1974. Dom Augustin aveva<br />

ottenuto delle «Lettere commendatizie », ma ciò si dimostrò insufficiente<br />

per intraprendere un viaggio di questo genere ed in condizioni cosÌ<br />

precarie.<br />

I viaggiatori si smarrirono sulle montagne, la mula che portava il<br />

pur modesto carico di bagagli, forse perché mal nutrita, si rifiutò di<br />

proseguire benché fosse stata allegerita di una parte del peso impostole.<br />

Inoltre Dom François de Pau l cadde ammalato per cui si dovette ricondurlo<br />

alla Valsainte, e dal canto loro i religiosi che avevano avuto<br />

in consegna le commendatizie le fecero cadere inavvertitamente nel<br />

fuoco che le ridusse in cenere. A questo punto, Dom Augustin fece richiamare<br />

i viaggiatori che erano da poco entrati in Germania. CosÌ si<br />

concluse il tentativo di fondazione sia in Russia che in Ungheria.


- 218-<br />

Dom Augustin non si scoraggiò tuttavia per sì poco, benché avesse<br />

deciso di restringere il suo orizzonte apostolico. Prima della fine del<br />

1795 egli rivolse al Senato del Vallese la richiesta di una benevola autorizzazione<br />

ad acquistare un terreno in quel Cantone per fondarvi<br />

un monastero maschile ed un convento femminile. Numerosi religiosi<br />

cistercensi nel 1792, e per lo spazio di 3 anni, avevano trovato rifugio<br />

nel Cantone di Soleure dove era stato loro affittata una Casa-asilo.<br />

Costoro però nel 1794 si trasferirono nel Vallese. Ma la località<br />

era quanto mai malsana tanto che in breve tempo non pochi religiosi<br />

vi morirono. Il Superiore Dom Gèrard, prima di soccombere anche lui,<br />

Scrisse a Dom Augustin dicendosi disposto a fare la cessione di queste<br />

due residenze. Dom Augustin si recò nel Vallese. Vi trovò solo<br />

alcuni religiosi quasi tutti in precarie condizioni di salute. Li fece trasferire<br />

altrove, e, associando a loro tre monaci della Valsainte, li sistemò<br />

dapprima in una piccola Casa presso Sion, e successivamente a<br />

Sembrancher dove si trovavano due Case libere. Di queste, una fu<br />

destinata ai religiosi di Soleure e di Saint-Pierre des-Clès, l'altra alla<br />

fondazione delle Trappistine che abbiamo menzionato più sopra.<br />

In tal modo allorché all'inizio del 1798 la Comunità della Valsainte<br />

fu costretta a fuggire per l'avanzata delle truppe francesi che invadevano<br />

la Svizzera, Dom Augustin si trovò alla testa di una vera e propria<br />

Congregazione che comprendeva, oltre alla Valsainte, sette monasteri<br />

maschili: Sainte-Suzanne in Spagna, Lulworth in Inghilterra,<br />

Darfeld nella Westfalia, Mont-Brac e Sordevolo in Piemonte, Sembrancher<br />

nel Vallese e \Vestmalle nel Brabante, provvisoriamente abbandonato.<br />

Inoltre era stata eretta una Casa di Trappistine, quella della «Santa<br />

Volontà di Dio» a Sembrancher ed infine due Comunità di ragazzi<br />

del Terz'Ordine alla Valsainte e a Romont.<br />

«L'ODISSEA MONASTICA»<br />

L'incessante va-e-vieni di visitatori e di postulanti intorno alla Valsainte,<br />

non meno che il consistente numero di ragazzi che vi erano<br />

ammessi finirono con l'impensierire il Governo di Friburgo, non solo<br />

ma anche col dare fastidio allo stesso Governo francese, il quale «avendo<br />

appreso che dei ragazzi di genitori francesi vengono allevati<br />

nella Casa dei religiosi Trappisti della Valsainte, nel Cantone di Friburgo,<br />

dove non solo sono obbligati a portare l'abito monastico, ma<br />

anche a subire un'educazione affatto contraria ai principi repubblicani,


- 219-<br />

diede ordine che l'Abate della Valsainte avvertisse immediatamente<br />

i genitori di ritirare i loro figlioli dal monastero e che il Governo di<br />

Friburgo vigilasse sull'esecuzione di tale prescrizione» (lettera del 5<br />

febbraio 1798).<br />

"Ma Dom Augustin non si era lasciato prendere alla sprovvista.<br />

Infatti fino dal 7 febbraio un inviato del Piccolo Consiglio raggiunse<br />

Dom Augustin in casa di un amico, dove il Rev. Padre poté dichiarare<br />

che' alla Valsainte non vi erano ormai più che 5 o 6 padri ed un solo<br />

ragazzo straniero, mentre tutti gli altri erano partiti, e che non avendo<br />

seco i suoi registri non era in grado di poterne indicare i nomi né<br />

di fornire più precisi ragguagli. Allora il Piccolo Consiglio intimò a<br />

Dom Augustin di fornire indicazioni esaurienti su tutte le persone che<br />

si trovavano nel suo monastero specificandone nome e cognome ed il<br />

luogo in cui si erano ritirate, col divieto di partire dalla città prima<br />

di avere esattamente risposto a tutte queste domande.<br />

Ma Dom Augustin non soddisfece ad alcuna di esse, e notificò<br />

semplicemente che la Valsainte stava per essere totalmente evacuata,<br />

come in effetti lo era, dato che non ci risiedevano se non alcuni religiosi.<br />

Sempre ben informato, egli aveva previsto quanto stava per succedere<br />

ed aveva preso una risoluzione non solo audace ma anche umanamente<br />

temeraria ed irrealizzabile: « Giacché siamo costretti a fuggire, fuggiremo<br />

ma fuggiremo in comunità ». Si era nel mese di gennaio. Fece<br />

il computo dei componenti del suo piccolo mondo: 254 persone, di cui<br />

60 ragazzi ed una quarantina di figliole che ostinatamente si rifiutavano<br />

di separarsi dai loro maestri. Aveva gettato gli occhi sulla Russia<br />

impetrando la protezione dello zar tramite la Principessa di Condé,<br />

diventata Suor Maria Giuseppina. Ma fu necessario accelerare la partenza<br />

senza attendere risposta: ancora una volta aveva ragione. I religiosi,<br />

i ragazzi del Terz'Ordine e le Trappistine con le loro ragazze<br />

furono naturalmente suddivisi in tre categorie. Il primo contingente<br />

partì il 17 gennaio, il secondo il 19. Ci si ricordò allora che la lettera<br />

del Direttorio repubblicano era del 5 febbraio. Gli ultimi religiosi lasciarono<br />

la Valsainte il lO.<br />

Attraverso l'Europa<br />

Non descriveremo gli episodi di questo autentico romanzo di avventure,<br />

costituito dalle peregrinazioni attraverso l'Europa di questi<br />

drappelli di religiosi, religiose e ragazzi, che fu giustamente definito


-- 220 -<br />

«Odissea monastica». Il viaggio fu effettuato talvolta via terra, tal'altra<br />

per via fluviale.<br />

Le notizie descrittive differiscono le une dalle altre perché i diversi<br />

gruppi seguirono numerosi itinerari. E' necessario dire che uno studio<br />

critico di questa «Odissea» resta ancora da fare. Le prime tappe furono<br />

le abbazie cistercensi di Klosterwald in Svezia, e quelle di Kaiserheim,<br />

Augsburg e Passau di dove i viaggiatori s'imbarcarono sul<br />

Danubio diretti a Vienna. Lo zar aveva concesso due monasteri nella<br />

Russia Bianca a Orscha, nella provincia di Mohilev. Poco dopo acconsentì<br />

ad altre tre fondazioni in Volinia e precisamente a Zidichine,<br />

presso Lusk e a Derman ed una a Podolie. Dom Augustin si vide costretto<br />

a formare numerosi distaccamenti la cui presenza è segnalata a<br />

Krems, a Vienna, a Praga, a Brno, a Cracovia, a Varsavia a Terespol,<br />

all'abazia cistercense di Wistic, a Lemberg e a Radziwilov. Di quest'ultima<br />

Città sono conservati dei libri che portano il sigillo della censura<br />

urbana. Finalmente agli esordi del 1800 la Trappa poteva vantare<br />

almeno 6 insediamenti in Russia, fra i quali quello di Brest-Litovsk.<br />

Tuttavia questa presenza monastica trappista non ebbe lunga durata<br />

perché quasi all'improvviso lo Zar sospese le sue buone grazie<br />

verso i religiosi intimando loro di abbandonare i suoi Stati. Ciò avvenne<br />

nel marzo del 1800. Di questo mutamento da parte del Sovrano russo<br />

si danno due diverse spiegazioni: la prima è che la Principessa di<br />

Condé, Suor Maria-Giuseppina, abbandonò la Trappa per passare in<br />

una Comunità di Benedettine dedite all' Adorazione Perpetua, per cui<br />

i Trappisti cessarono d'interessare l'Imperatore russo; la seconda sta<br />

nel fatto che Dom Augustin aveva da tempo altre mire, ed in particolare<br />

il progetto da lungo accarezzato di erigere delle fondazioni in<br />

America, ed in seguito ad atteggiamenti importuni e premeditati era<br />

riuscito a rendersi indesiderabile in terra russa. Comunque stiano le<br />

cose, nell'aprile del 1800, e quasi simultaneamente, Religiosi, religiose<br />

e ragazzi disseminati per le diverse Case, lasciarono la Russia. L'America<br />

resta va comunque una destinazione ben lontana poiché il primo<br />

obiettivo assegnato ai partenti era Danzica, da raggiungere attraverso<br />

la Vistola.<br />

Dom Augustin riuscì a far imbarcare tutti a Danzica, senonché<br />

una furiosa tempesta gettò le imbarcazioni sulla costa tedesca presso<br />

Lubecca. Allora si fecero diversi tentativi di insediarsi in terra germanica,<br />

almeno provvisoriamente, scegliendo varie località fra cui Bour-<br />

100 presso Darfeld, e a Paderborn. Quando poi le armate francesi evacuarono<br />

la Svizzera, Dom Augustin non esitò un momento a rivolgersi


- 221-<br />

di nuovo, il 5 marzo del 1802, al Governo di Friburgo, che gli concesse<br />

l'autorizzazione di rientrare alla Valsainte.<br />

Il secondo soggiorno alla "V alsainte ".<br />

Trappisti, Trappistine e ragazzi del Terz'Ordine fecero ritorno alla<br />

Valsainte a piccoli gruppi fra il luglio-agosto del 1802 e nel maggio del<br />

1803. Dato che il convento delle Trappistine nel Vallese nel frattempo<br />

era stato alienato, Dom Augustin sistemò le religiose prima a Villarvolard<br />

e successivamente alla Grande Riedera. Fondò pure in località<br />

diverse numerosi collegi dove ospitò i ragazzi con i loro istitutori ed<br />

istitutrici del Terz'Ordine. C'è peraltro da dire che la maggior parte<br />

di questi collegi declinò rapidamente. Il P. Francesco di Paola scriveva:<br />

«A capo di questi istituti necessitavano dei maestri istruiti e adatti<br />

all'insegnamento, mentre in realtà quelli non lo erano ...<br />

Non sopravvisse che quello di Estavayer-Ie-Lac in quanto era<br />

diretto da un Fratello adatto a tale incarico. Dopo un anno il Rev.<br />

P. Augustin fu dunque costretto a richiamare maestri ed allievi che<br />

aveva dislocato nelle varie sedi, ed a concentrare tutti nell'unica Casa<br />

della Valsainte che venne a contare da sola più di ISO' ragazzi. Le<br />

risorse economiche del monastero non erano tuttavia adeguate al mantenimento<br />

di tanta gente, tanto più che P. De Lestrange continuava<br />

ad ammettere tutti i soggetti che si presentavano. E' evidente che un<br />

tale stato di cose fu causa di nuove preoccupazioni. Fin dall'8 novembre<br />

del 1803, vale a dire un anno e mezzo dopo il ritorno, il «landemanno<br />

» (specie di prefetto) della Svizzera «attirava l'attenzione del<br />

Piccolo Consiglio sull'insediamento trappista della Valsainte, che, pur<br />

essendo infinitamente rispettabile sotto l'aspetto religioso, presenta delle<br />

gravi carenze sotto quello politico dato che l'Ordine dei Trappisti<br />

accoglie ed invita a soggiornare alla Valsainte gente che proviene da<br />

tutti i paesi e delle quali si ignorano sia le generalità che il tipo di<br />

estrazione sociale ».<br />

Da notare che lamentele di tal genere si rinnovarono a più riprese.<br />

Il 24 dicembre del 1805 il Piccolo Consiglio scriveva a Dom Augustin:<br />

«Abbiamo ricevuto da S. E. l'Ambasciatore di Francia, tramite il Landemanno<br />

della Svizzera, vivissime lamentanze circa l'inamissibile leggerezza<br />

con la quale dei coscritti francesi che tentano di disertare la<br />

chiamata alle armi, sono tollerati in varie zone della Svizzera e addirittura<br />

ricevuti nei vostri conventi ».


~ 222-<br />

Come al solito, Dom Augustin Lestrange non tenne in alcun conto<br />

tali accuse, con un disprezzo che avrebbe finito di indisporre non<br />

solo il Governo di Friburgo ma lo stesso Napoleone, a quel tempo ben<br />

disposto verso i Trappisti, e che soprattutto gettava forse il discredito<br />

sul monastero della Valsainte che veniva considerato il rifugio dei disertori<br />

e dei coscritti refrattari agli obblighi di leva. Frattanto, al fine<br />

di sollevare la Casa-Madre, aveva intrapreso la fondazione di nuovi<br />

monasteri: A Géronde nel Vallese (1803), a Cervara sul Golfo di Rapallo<br />

(1804), a Monte Soratte in prossimità di Roma, e, su richiesta<br />

personale di Napoleone che se ne accollava le spese, a Mont-Genèvre<br />

(1805), infine a Mont-Valérien, alle porte di Parigi (1806). Ma Dom Augustin<br />

sognava sempre l'America, dove fin dal 1803 vivevano, sotto la direzione<br />

di P. Urbano, alcuni Trappisti che si erano imbarcati ad Amsterdam<br />

d'i ritorno dalla Russia e che appunto ora si trovavano in un monastero<br />

nella Luisiana. P. Augustin si trovava a Bordeaux, per predisporre una<br />

nuova partenza di tre religiosi e di alcune trappistine, allorché fu arrestato<br />

per ordine di Napoleone e gettato in prigione (1811).<br />

Un provvedimento così clamoroso si può spiegare col fatto che la<br />

situazione politico-religiosa dell'Impero era profondamente mutata. A<br />

motivo del blocco continentale l'Imperatore era entrato in conflitto con<br />

il Papa Pio VII. Il 2 febbraio del 1808 le truppe francesi erano entrate<br />

in Roma, il 7 aprile fu violato lo stesso palazzo papale, il 16 maggio<br />

del 1809 gli Stati Pontifici furono aggregati all'Impero d'Occidente, ed<br />

infine nella notte fra il 5 ed il 6 luglio del 1809, Pio VII fu arrestato<br />

e deportato prima a Savona (6 luglio 1809) e quindi in Francia 9 giugno<br />

1811).<br />

Nel 1810 i Trappisti del monastero di Cervara, su richiesta del Prefetto<br />

del Dipartimento degli Appennini, avevano prestato giuramento di fedeltà<br />

all'Imperatore. Dom Augustin ingiunse ai religiosi di ritrattare il<br />

giuramento, ciò avvenne il 4 maggio del 1811. La reazione di Napoleone<br />

non si fece attendere: Dom Lestrange fu arrestato, dopo di che fu pubblicato<br />

un fulmineo decreto in data 28 luglio, in cui si faceva noto che<br />

« i monasteri della Trappa sono soppressi in tutto il territorio del Nostro<br />

Impero compreso lo stesso convento di Mont-Genèvre ».<br />

Nuova diaspora.<br />

Grazie all'intervento di certi amici, Dom Augustin poté uscire di<br />

prigione dopo alcuni giorni e persino abbandonare la Francia. Giunse


- 223-<br />

alla Valsainte il I" agosto 1811 ma non vi si fermò. Il Governo francese<br />

aveva dato ordine di sequestrarlo là dove lo si fosse trovato e<br />

quindi di condurlo a Ginevra per esservi fucilato. La Valsainte., che<br />

si trovava in Svizzera, non faceva parte dell'Impero, ma il 23 novembre<br />

del 1811 Napoleone ne chiese la soppressione «con la motivazione<br />

che questo monastero, composto per la quasi totalità da religiosi francesi,<br />

poteva considerarsi francese con l'aggravante di costituire un<br />

rifugio per quei giovani che cercavano di sottrarsi alla coscrizione militare<br />

».<br />

Cedendo alle istanze imperiali, il Gran Consiglio di Friburgo consegnò<br />

il decreto di soppressione il .gO novembre senza peraltro urgerne<br />

l'applicazione. Allora alcuni religiosi decisero di partire, ma l'esodo<br />

generale non ebbe luogo che nel mese di aprile del 1812. Le Trappistine<br />

del monastero della Riedera furono invece autorizzate a restare provvisoriamente<br />

nel loro convento, vi si trovavano ancora al momento<br />

della caduta dell'Impero.<br />

A questo punto la situazione era molto più critica di quella del<br />

1798 perché allora Napoleone era padrone di quasi tutta l'Europa. Il<br />

14 settembmre del 1812 egli faceva la sua entrata in Mosca. I successi<br />

militari dell'Imperatore ebbero come contraccolpo una vera e propria<br />

dispersione dei figli spirituali di Dom Augustin. Ed infatti i ragazzi<br />

furono rinviati alle rispettive famiglie ed i religiosi-preti si ritirarono<br />

presso delle parrocchie.<br />

Solo P. Stefano Malmy poté rimanere alla Valsainte in qualità di<br />

cappellano per sovrintendere ai bisogni spirituali della popolazione di<br />

quella zona, assistito da due fratelli conversi in abiti secolari. Nel frattempo<br />

Dom Augustin si spinse fino a Riga e di lì, attraverso la Svezia<br />

la Danimarca, passò in Inghilterra. Visitò il monastero di Lulworth,<br />

s'imbarcò di nuovo e fece sosta alla Martinica ed infine giunse a New<br />

Jork.<br />

Vi trovò i fratelli e le sorelle ch'egli aveva fatto imbarcare a Bordeaux<br />

al momento della sua cattura. Per loro diede vita a due collegi<br />

anche perché l'istruzione era sempre stata una delle idee a lui care,<br />

quindi si trasferÌ nella Luisiana dove dimoravano alcuni Trappisti.<br />

All'epoca dell'abdicazione di Fontainebleau (6 aprile 1814), la<br />

Trappa era ridotta a tre Comunità: Lulworth, Majorca e Betfage negli<br />

Stati Uniti. Vi erano per di più piccoli collegi, sempre in quest'ultimo<br />

Paese. Alle predette Comunità maschili è da aggiungere il monastero<br />

femminile delle Trappistine di Riedera.<br />

(Traduzione dal Francese di P. FULVIO ANDREOTTI, o.c.)


IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE<br />

DI CASAMARI<br />

di P. MALACHIA F ALLETTI<br />

Iniziato il 13 luglio, il Capitolo Generale triennale della Congregazione<br />

di Casa mari, si è protratto fino al 7 agosto.<br />

I 34 Padri Capitolari erano nella quasi totalità sacerdoti essendoci<br />

un solo fratello, fra Mariano, delegato della comunità di Martano. Le<br />

sessioni sono state 30 con una interruzione, per permettere ad<br />

un altro capitolo, quello detto speciale, al quale partecipavano<br />

di diritto alcuni Padri Capitolari, di eleggere l'Abate Preside.<br />

Il Capitolo presieduto dall'Abate Preside ebbe come moderatori il<br />

P. Abate Don Cregorio Battista e P. Emilio Papadia. Il primo lavoro<br />

del capitolo fu quello di ascoltare le relazioni dei superiori, sull'andamento<br />

delle singole case, dell' Abate Preside sullo stato della Congregazione<br />

c dell'amministratore generale sulla :situazione Hnauz.iar ia dl?He<br />

varie case e della Congregazione. E' questo un lavoro che porta via<br />

molto tempo al Capitolo senza una utilità che faccia da contrappeso<br />

poiché da una parte generalmente i superiori non mettono sul tappeto<br />

i veri problemi delle singole case, e dall'altra il Capitolo non può far<br />

nulla, a parte le raccomandazioni che non sono mai di grande aiuto<br />

pratico, per aiutare le case a risolvere i propri problemi. Seguono poi<br />

le relazioni del Segretario della Commissione Generale degli studi e<br />

del Presidente della Commissione Liturgica. Ci sarebbe dovuto essere<br />

la relazione del Presidente della Commisisone per il direttorio, ma siccome<br />

questa commisisone non si è mai riunita ... non aveva neppure un<br />

presidente.<br />

Il lavoro più impegnativo del Capitolo fu la revisione dei deliberati<br />

che erano stati approvati dal precedente Capitolo, e di quelli rimaneggiati<br />

da apposite commisisoni come i due direttori della Formazione<br />

e dell'Opus Dei. Per il primo si è convenuto di affidare alla<br />

prossima commissione generale degli studi di rivederla secondo alcuni<br />

principi posti e di preparare il testo da presentare al Consiglio Maggiore.<br />

Il Direttore dell'Opus Dei invece già approvato e mandato ad<br />

esecuzione del Consiglio dell' Abate Preside venne rivisto e corretto e<br />

approvato in forma definitiva fino al prossimo Capitolo. Si tratta di<br />

un testo brevissimo in cui si pongono alcuni principi fondamentali che<br />

devono animare la celebrazione dignitosa dell'Opus Dei. In una seconda<br />

patre si propongono alcune cerimonie molto semplici che permet-.<br />

tano però una celebrazione comunitaria uniforme e dignitosa.


- 226-<br />

I deliberati non presentarono grosse difficoltà anche se il tempo per<br />

la loro revisione è sempre molto lungo perché tutti possono esprimere<br />

il loro parere al riguardo. Molto tempo viene pure portato via dalle<br />

questioni di procedura per l'applicazione del Regolamento che viene in-<br />

terpretato in diversi modi.<br />

Problema abbastanza difficile fu quello dell'adeguamento dei tributi<br />

per le case di Africa dal momento che a causa dei noti avvenimenti<br />

in quelle regioni, il costo della vita è aumentato paurosamente e la<br />

vecchia somma stabilita non era più sufficiente.<br />

Non ci fu mai dubbio nei Padri Capitolari sull'obbligo di aumentare<br />

questo tributo, ma su come reperire l'ingente somma richiesta.<br />

Si è concluso con la decisione di tassare anche Casa mari che fino ad<br />

allora era esclusa dal tributo e con l'aumento proporzionale della somma<br />

che le varie case già versavano. Si è poi raccomandato alle varie<br />

case CIiavere iniziative varie per la raccolta dei fondi da versare direttamente<br />

e unicamente al P. Abate Preside che avrebbe pensato per<br />

tutti gli eventuali bisogni delle case in terra di missione.<br />

Il Capitolo ha poi dato alcune autorizzazioni: per lo stanziamento<br />

della somma necessaria al completamento del Santuario in costruzione<br />

a Cotrino; della donazione di un appezzamento di terreno del Monastero<br />

di N. Signora di Fatima alla diocesi per la costruzione della chiesa e<br />

delle opere parrocchiali affidate ai nostri Padri.<br />

Al capitolo sono state indirizzate tre lettere di vario tenore: la<br />

prima del confratello ammalato P. Flaviano Conte (ora deceduto) per<br />

chiedere preghiere per la sua guarigione; una del Rettore del Seminario<br />

e di Cotrino una dei giovani in formazione di Casamari con alcu-<br />

ne richieste loro.<br />

Il Capitolo Generale ha letto la prima esprimendo affetto e com-<br />

prensione al confratello sofferente; ha pure letto e commentato la se-<br />

conda mentre non è stata né letta né commentata la terza. A nessuna<br />

lettera però è stata data una risposta.<br />

Durante il Capitolo è stato pure comunicato che la Santa Sede<br />

aveva approvato le Costituzioni della Congregazione per dieci anni.<br />

Al testo presentato sono state richieste dalla Santa Sede pochissime<br />

e non sostanziali correzioni. L'unica richiesta di grande rilievo è stata<br />

quella di ritenere la Dichiarazione della Congregazione sulla fisiono-<br />

mia e funzione della Congregazione come parte integrante del testo costituzionale.


CAPITOLO SPECIALE<br />

- 227-<br />

Come è già stato riferito il giorno I" agosto è stato convocato il Capitolo<br />

Speciale previsto dalla Costituzione per l'elezione dell' Abate Preside.<br />

Vi partecipavano 80 Capitolari provenienti da tutte le case della<br />

Congregazione di Casamari: delle case dipendenti erano presenti<br />

con quasi tutti i monaci (restarono a casa solo quelli indispensabili per<br />

il normale disbrigo degli affari indilazionabili) e delle case autonome<br />

superiori e due delegati per ogni casa.<br />

Dopo la S. Messa per chiedere l'aiuto dello Spirito Santo,<br />

Padri si sono riuniti sotto la presidenza del Vicario Generale della<br />

Congregazione che ha esortato i Padri a scegliere la persona che in coscienza<br />

ritenevano più adatta nel momento presente a guidare la Congregazione.<br />

Al primo scrutinio risultò eletto il Padre Nivardo Buttarazzi,<br />

già Abate Preside per 38 anni della nostra Congregazione.<br />

A mezzogiorno terminava i suoi lavori il Capitolo Speciale con<br />

il canto del Te Deum, l'abbraccio di pace a tutta la comunità da parte<br />

del neo-eletto e il suo insediamento.


CRONACA<br />

CELEBRAZIONI PER IL XII CENTENARIO DELLA<br />

FONDAZIONE DEL MONASTERO DELLE BENEDETTINE<br />

DI ROSANO<br />

In coincidenza col XV Centenario della nascita di San Benedetto,<br />

il Monastero di S. Maria di Rosano (Pontassieve-Firenze), si appresta<br />

a celebrare il XII centenario della sua fondazione.<br />

Nel desiderio di far conoscere lo spirito di San Benedetto e la<br />

vita di un cenobio che risale ad un' epoca ancor vicina alle origini del<br />

monachesimo benedettino, vengono organizzate delle manifestazioni ce-<br />

lebrative che avranno un aspetto liturgico con solenni concelebrazioni<br />

nella chiesa del monastero e uno culturale con conferenze pubbliche in<br />

Firenze, nell'antico refettorio di S. Croce, e manifestazioni varie, non<br />

esclusa una mostra fotografica e di realizzazioni artistiche, presso lo<br />

stesso Monastero di S. Maria di Rosano.<br />

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI:<br />

MO'NASTERO' BENEDETTINE DI RO'SANO'<br />

780-1980: XII CENTENARIO DI FO'NDAZIONE<br />

Febbraio 1980- 1981<br />

ROSANO E SANTA CROCE<br />

a cura delle Benedettine e dello Studio di S. Croce.<br />

lO Febbraio 1980: Monastero di Rosano (domenica ore 10):<br />

Festa di S. Scolastica: Liturgia presieduta dal Cardinale Gio-<br />

vanni Benelli.<br />

25 Marzo 1980: Monastero di Rosano (martedì ore 10):<br />

Festa dell' Annunciazione: Liturgia presieduta da Mons. Simone<br />

Scatizzi.<br />

26 Marzo 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />

P. Bartolomeo Sorge: La vita contemplativa nella Chiesa. Be-<br />

nedettini di Gricigliano: canti gregoriani.


- 230-<br />

16 Aprile 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />

Prof. Arnaldo D'Addario: La presenza del monachesimo benedettino<br />

nella civiltà europea.<br />

Corale Cappetti di S. Giovanni Valdarno, gruppo maschile:<br />

canti gregoriani.<br />

20-27 Aprile 1980: Monastero di Rosano:<br />

Mostra fotografica ed esposizione di realizzazioni artistiche e artigianali<br />

della Comunità monastica.<br />

23 Aprile 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,15):<br />

Prof. Piero Bargellini: Il monastero di S. Maria di Rosano nella<br />

storia fiorentina.<br />

Benedettini di Gricigliano: canti Gregorumi.<br />

27 Aprile 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 17):<br />

Mons. Arialdo Beni: Storia e spiritualità del Monastero di<br />

S. Maria di Rosano.<br />

Canti gregoriani eseguiti dalla Comunità Monastica.<br />

18 Maggio 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 10):<br />

Festa dell' Ascensione: Liturgia presieduta dal Card. Eduardo<br />

Pironio,<br />

21 Maggio 1980: Cenacolo di S. Croce (mercoledì ore 18,25):<br />

Rev.mo P. Egidio Zaramella OSB: La preghiera e il lavoro<br />

nella Regola di San Benedetto.<br />

Corale Cappetti, gruppo femminile: canti gregoriani.<br />

1 Giugno 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 10):<br />

Festa della SS. Trinità: Liturgia presieduta da Mons. Martino<br />

Matronola OSB.<br />

4 Giugno 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />

Prof. Salvatore Accardo: San Benedetto nel Paradiso di Dante.<br />

Corale Cappetti al completo: canti medievali.<br />

18 Giugno 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />

Rev.mo P. Sighard Kleiner, O. Cist.: La teologia della paternità<br />

nella Regola di San Benedetto.<br />

Benedettini di Gricigliano: canti gregoriani.<br />

14 Settembre 1980: Monastero di Rasano (Domenica ore 10):<br />

Festa dell'Esaltazione della Croce: Liturgia presieduta da Mons.<br />

Agostino M ayer OSB.


- 231-<br />

15 Ottobre 1980: Cenacolo di S. Croce (Mercoledì ore 18,15):<br />

Prof. Claudio Leonardi: Storia e spiritualità della Regola di<br />

San Benedetto.<br />

19-26 Ottobre 1980: Monastero di Rosano:<br />

Mostra fotografica ed esposizione di realizzazioni artistiche e<br />

artigianali della comunità monastica.<br />

26 Ottobre 1980: Monastero di Rosano (Domenica ore 17):<br />

Prof. Paolo Grossi: Monastero e società civile: una costante presenza<br />

incisiva.<br />

Canti gregoriani eseguiti dalla Comunità monastica.<br />

21 Novembre 1980: Cenacolo di S. Croce (Venerdì ore 18,15):<br />

Prof. Luigi Lombardi Vallauri: Attualità della Regola di San<br />

Benedetto.<br />

Coro del Duomo di Firenze.<br />

lO Febbraio 1981: Monastero di Rosano (Lunedì ore 10):<br />

Festa di S. Scolastica: Liturgia presieduta d'al Card. Giuseppe<br />

Siri.<br />

-0-0-0-<br />

CELEBRAZIONI IN TOSCANA PER IL XV CENTENARIO<br />

DELLA NASCITA DI SAN BENEDETTO<br />

A - Iniziative comuni dei benedettini in Toscana. Anticipiamo il programma<br />

di massima che dovrebbe svolgersi a Firenze per commemorare<br />

il XV centenario della nascita di San Benedetto.<br />

1 - MOMENTO CULTURALE: sede: Certosa di Firenze: 30 maggio 1980,<br />

ore 15,30:<br />

- Incidenza spirituale delle Congregazioni monastiche di Vallombrosa,<br />

Camaldoli, Monte Oliveto sorte in Toscana.<br />

- Presenza religiosa e culturale dei Benedettini e delle Benedettine<br />

in Toscana.<br />

- Comunione ecclesiale e carisma monastico.<br />

I tre temi saranno svolti da due professori universitari e da un<br />

monaco.


~. 232-<br />

In occasione di questa prima giornata saranno presentate le pubblicazioni<br />

(lìbri, riviste ...) edite dalle varie comunità monastiche Toscane.<br />

Infine dovrebbe essere pubblicato un volume che illustrerà tutti i<br />

singoli i monasteri benedettini operanti in Toscana.<br />

2 - MOMENTO ARTISTICO: sede: Basilica di S. Miniato al Monte: 31<br />

Maggio 1980, ore 21:<br />

- Concerto di Canti Gregoriani e di ispirazione gregoriana.<br />

Il Concerto sarà eseguito da rappresentanti di tutte le comunità maschili<br />

della Toscana.<br />

3 - MOMENTO REUGIOSO: sede: Chiesa di Santa Trinità: Martedì 3<br />

giugno 1980, ore Il:<br />

- Messa votiva di San Benedetto. Solenne concelebrazione presieduta<br />

dal Cardinale Arcivescovo di Firenze Giovanni Benelli.<br />

- Concelebranti: tutti gli abati e Priori delle comunità monastiche<br />

della Toscana.<br />

B - Centro di Incontro della Certosa di Firenze. I Monaci cistercensi<br />

della Certosa di Firenze e gli Amici della Certosa, con la collaborazione<br />

delle altre famiglie monastiche, delle Soprintendenze della Toscana, delle<br />

Biblioteche e archivi Toscani, degli Enti locali e ministeriali stanno<br />

studiando la realizzazione di un programma culturale di estremo interesse.<br />

Col prossimo numero della rivista saremo in grado di poter<br />

offrire il programma definitivo e dettagliato.<br />

Per ora anticipiamo solo che questo programma culturale prevede:<br />

- L'ICONOGRAFIA DI SAN BENEDETTO NELL'ARTE DELLA TOSCANA. (Mostra<br />

di opere d'arte, provenienti da tutte le Gallerie e pinacoteche<br />

della Toscana). Dovrebbe essere pubblicato anche un Volume<br />

sulla Iconografia di San Benedetto in Toscana.<br />

- I CODICI MINIATI BENEDETTINI ESISTENTI ÌN TOSCANA. (Mostra dei<br />

codici miniati più significativi di produzione monastica nel territorio<br />

toscano).<br />

- GIORNATE DI STUDIO. (Diverse giornate di studio per offrire un<br />

contributo culturale sull' opera, sulla spiritualità, sulla cultura,<br />

sull' arte, sulla società del monachesimo benedettino in Europa,


- 233-<br />

ma soprattutto nella Toscana. Previsto un volume che raccoglierà<br />

tutti i contributi che i vari studiosi porteranno in occasione<br />

delle giornate di studio.<br />

-0-0-0-<br />

A - DALL'ORDINE CISTERCENSE<br />

a cura di P. GOFFREDO VITI<br />

1. IL SINODO DELL'ORDINE<br />

Dal 27 al 29 Giugno 1979 si è celebrato alla casa Generalizia il<br />

Sinodo dell'Ordine. Ai lavori del Sinodo mancavano quattro abati presidi<br />

e cioè: l'abate Wendelin Endrédy di Zirc, rappresentato dall' abate<br />

di Dallas Anselmo Nagy; l'abate Preside della Congregazione austriaca<br />

Ferdinand Giessauf di Zwettl, che per motivi di salute non. ha potuto<br />

intraprendere il viaggio fino a Roma, rappresentato da P. Policarpo<br />

Zakar; l'abate preside della Congregazione brasiliana Anton Moser di<br />

Jequitibà, che per motivi economici non ha potuto intraprendere il<br />

viaggio, rappresentato dall'obate Generale Sighard Kleiner; l'abate preside<br />

del Viet-nam Giovanni Vuong-dinh-lam. Per il Viet-nam non c'era<br />

neppure il delegato.<br />

Quindi erano presenti al Sinodo 14 membri, di cui due (t abate<br />

Generale e P. Policarpo) avevano due voti a disposizione. Durante il<br />

Sinodo però è avvenuta la sostituzione di un membro: durante la prima<br />

seduta P. Norberto Cools di Marienkroon è dovuto tornare a casa per<br />

l'improvvisa morte del fratello. Al suo posto è subentrato l'abate Famiano<br />

Bianchi di S. Croce.<br />

Hanno assolto il compito di notaio, P. Malachia Falletti, Priore<br />

della Certosa di Firenze, P. Guido Gibert dalla Generalizia e P. Bernardo<br />

Vosicky di H eiligenkreuz.<br />

Il tema principale del Sinodo è stato la preparazione del Capitolo<br />

generale dell' ordine del 1980.<br />

Il Capitolo si celebrerà a Roma, nella casa generalizia dei Fratelli<br />

delle scuole cristiane, sulla via Aurelia.<br />

Questo capitolo generale sarà preceduto da alcune manifestazioni<br />

in concomitanza del XV centenario. della nascita di San Benedetto e<br />

precisamente:


- 234-<br />

- Il 16 Settembre 1980 è prevista una giornata di fraternità con<br />

Padri Capitolari. Trappisti da celebrarsi sempre nella casa generalizia<br />

dei fratelli delle scuole cristiane.<br />

Dal 17 al 21 Settembre 1980 si celebrerà il Simposio con i membri<br />

del Congresso dei Benedettini e dei Trappisti. Il Simposio<br />

si svolgerà all' Agostinianum nelle vicinanze di Piazza San Pietro.<br />

Questo incontro si concluderà il 21 Settembre con un pellegrinaggio<br />

a Montecaseino, dove sarà presente anche il Papa<br />

Giovanni Paolo Il.<br />

Ecco l'elenco delle materie da trattare nel prossimo capitolo generale<br />

(vd. lo Statuto 4 in Acta Curiae):<br />

l) a) Relazione dell' abate generale sulla situazione dell' ordine.<br />

b) Relazioni dei singoli Abati presidi sulla situazione delle rispettive<br />

Congregazioni.<br />

c) Relazione del Procuratore generale dell' Ordine.<br />

2) Elezione del Procuratore generale.<br />

3) Elezione dei 5 padri Sinodali.<br />

4) Elezione dei 4 membri del Consiglio dell' Abate generale.<br />

5) Elezione dei membri della Commissione per la revisione delle costituzioni.<br />

6) Revisione della Dichiarazione del Capitolo generale fatta negli anni<br />

1968-69 sopra gli elementi della vita cistercense odierna.<br />

7) Problemi relativi alle Costituzioni dell'Ordine.<br />

8) Le monache cistercensi.<br />

9) Liturgia: il Direttorio.<br />

lO) Proposte per l'incremento delle vocazioni.<br />

11) Riflessioni per quanto riguarda la Formazione permanente nell'Or-<br />

dine (anche per la formazione sacerdotale).<br />

12) Relazione sulla situazione economica della casa generalizia e votazione<br />

per il contributo economico alla generalizia.


- 235-<br />

Al prossimo capitolo generale sono state invitate anche 8 Abbadesse,<br />

e precisamente la medesima soluzione adottata in occasione del capitolo<br />

generale del 1974 celebrato a Casamari.<br />

Il Sinodo ha eletto anche la commisisone preparatoria del Capitolo<br />

generale che è risultata così composta:<br />

- P. Gabriele Lobendanz, Priore di Stams;<br />

- P. Bernardo Vosicly, da Heiligenkreuz;<br />

- P. Malachia Falletti, Priore della Certosa di Firenze;<br />

- P. Policarpo Zakar, Roma;<br />

- P. Guido Gibert, Roma.<br />

2. IL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DI MEHRERAU.<br />

Il Capitolo generale della Congregazione di Mehrerau si è celebrato<br />

nel collegio di Wurmsbach dal 18 al 19 Aprile 1979. Vi hanno preso<br />

parte tutti gli abati della Congregazione ad eccezione dell' abate Raffaele<br />

Asic di Sticna e dell' abate Giuseppe van Grevenbroek di Spring<br />

Bank. l Rappresentanti dei due abati assenti erano rispettivamente<br />

P. Thomas Kurent e il Priore di Spring Bank P. Biagio Fiiz,<br />

Come delegati vi hanno preso parte i Padri: Colombano Spahr<br />

(Priore di Mehrerau), Gabriele Lobendanz (Priore di Stams), P.<br />

Alberto Kloth (Marienstatt), P. Antonio Nadrah (Sticna), P. Alberico Altermatt<br />

(Hauterive) e P. Ludger Dinkelborg (Himmerod). Le nove abbadesse<br />

della Congregazione erano tutte presenti. Erano presenti inoltre<br />

come ospiti le abbadesse di Seligenthal e di Waldsassen e le Priore di<br />

Sostrup e Marienkron. Era assente per motivi di salute l'ab badessa di<br />

Mariengarten. Fungeva da notaio Suor M. Immacolata Kronpass, coadiuvata<br />

da Il' abate Thomas Denter.<br />

Alle relazioni sopra la situazione delle singole abbazie hanno fatto<br />

seguito le trattazioni vere e proprie.<br />

La questione delle vocazioni ha rappresentato il punto chiave di<br />

questo capitolo. Sul tema "come possiamo reclutare i giovani per il futuro<br />

del nostro ordine?" si sono avute tre relazioni e precisamente di<br />

P. Gabriele Lobendanz, Priore di Stams, dell' abadessa Lucia Reiss di<br />

Lichtenthal, della badessa Clara Romer di Wurmsbach. Si discusse anche<br />

sulla possibilità di una appropriata informazione della vita del-


- 236-<br />

l'Ordine e fu deciso di realizzare una specie di opuscolo con informazioni<br />

sui singoli monasteri; I'introduzione di giovani nei nostri monasteri<br />

per giornate monastiche; il dovere di un responsabile - in genere potrà<br />

essere il maestro dei novizi - Che tramite la corrispondenza si occupi<br />

degli interessati alla nostra vita. Su questi punti i padri capitolari presero<br />

la seguente decisione:<br />

In ricordo delle parole di Cristo: " Pregate il Padrone della messe,<br />

che mandi operai nella sua n'lesse", deve sorgere nella nostra Congregazione<br />

un tempo di preghiera, in cui particolarmente si preghi per i<br />

sacerdoti e per le vocazioni monastiche come pure per la fedeltà alla<br />

vocazione. In un ciclo di 14 giorni, prima della festa di tutti i Santi,<br />

e in un giorno stabilito si preghi in ogni monastero per questa precisa<br />

intenzione. Quanto detto sopra deve essere discusso in comunità per<br />

organizzare adeguatamente questo tempo di preghiera.<br />

Quindi si procedette a trattare la questione delle osservanze all' interno<br />

della Congregazione. I Padri Capitolari dichiarano che le norme<br />

imposte dallo stesso Capitolo circa la povertà e i contatti con Tamhiente<br />

(la Clausura) siano rispettati in tutti i monasteri della Congregazione.<br />

I singoli monasteri tuttavia possono deliberare disposizioni più<br />

severe.<br />

I Padri Capitolari dichiarano che anche per il futura dovranno essere<br />

prese decisiani in riierimentc alle osservanze.<br />

Si è parlato anche del XV Centenaria della nascita di S. Benedetta,<br />

ed è stata lasciata ad ogni monastero la possibilità di organizzare le<br />

celebrazioni nel migliore dei modi.<br />

-0-0-0-<br />

B - CRONACA DELLA CONGREGAZIONE<br />

A) GIUBILEO SACERDOTALE<br />

Il giorno 8 ottobre hanno ricordato il loro giubileo sacerdotale quattro<br />

conjratelli: tre di Casamari e una della Certosa di Firenze: Padre<br />

Alberico Fusciardi, che è anche il decano della Congregazione, P. Bernardo<br />

Puels, P. Albertino Parente e P. Stanislao Vana. La celebrazione<br />

esterna di questa ricorrenza è stata fatta a Casamari il 27 ottobre con la<br />

solenne celebrazione, inspiegabilmente presieduta dall' Abate Preside, con<br />

la partecipazione dei festeggiati (mancava solo pr motivi di salute P. Bernardo<br />

Puels) e di numerosi amici, parenti e conoscenti. Fu presente con


- 237-<br />

la sua benedizione il Santo Padre. Nel refettorio monastico i confratelli<br />

si sono stretti attorno ai festeggiati, veterani della Congregazione,<br />

ricordando il cammino fatto in questi cinquanta anni, e il lavoro da essi<br />

svolto per il bene delle anime, nel servizio della Congregazione, nella<br />

fedeltà allo spirito cistercense.<br />

La domenica seguente nella Certosa di Firenze la comunità e gli<br />

Amici della Certosa hanno voluto festeggiare in famiglia la lieta ricorrenza<br />

per il P. Alberico Fusciardi membro di questa comunità con la<br />

concelebrazione presieduta dal festeggiato colla presenza di tutti i confratelli<br />

unanimi nel ringraziare il Signore assieme a Padre Alberico " pro<br />

universis beneficiis suis ",<br />

NECROLOGIO<br />

1) Piona<br />

E' mancato il 4 ottobre 1979 P. Flaviano Conte (P. Guido). Aveva<br />

appena 50 anni e fino a qualche anno addietro era pieno di vitalità e<br />

di zelo che aveva riversato nei vari incarichi nell' insegnamento e nella<br />

pastorale parrocchiale. Da alcuni anni era parroco nella parrocchia annessa<br />

al Monastero dell' abbasia di Piana, Olgiasca, dove ha profuso<br />

tutte le doti che il signore gli aveva dato. Fu colpito da una malattia inesorabile<br />

che lo andò lentamente paralizzando inchiodandolo su una carrozzina.<br />

Non disperò mai di guarire: una fiducia illimitata nel servo di<br />

Dio don Felice Amlak gli infondeva la speranza che non venne mai meno<br />

in un suo intervento miracoloso. Nel settembre aveva partecipato ad<br />

un pellegrinaggio a Lourdes; al ritorno si aggravò. Morì con una piena<br />

conoscenza delle sue condizioni e in una offerta della sua vita a Dio.<br />

E' stato riportato a Casamari e la sua salma riposa in quel cimitero.<br />

2) Casamari<br />

Altra morte repentina è stata quella di P. Giacomo Verrelli, avvenuta<br />

il 14 ottobre 1979. Aveva 63 anni e nulla lasciava presagire la sua fine.<br />

Fu per lunghissimi anni il titolare della farmacia di Casamari e il direttore<br />

della fabbrica dei liquori. Aveva della capacità particolari per fare<br />

delle medicine per certe malattie e per la preparazione di infusi di erbe<br />

che venivano richieste da tutta Italia. Nonostante il suo lavoro molto<br />

impegnativo fu sempre uno dei fedelissimi alla preghiera corale. Era andato<br />

come tutti gli anni qualche giorno nel monastero di Chiaravalle


- 238-<br />

della Colomba per un breve riposo. Là lo colse la morte improvvisa per<br />

embolia cerebrale. l funerali con grande concorsa di popolo vennero celebrati<br />

a Casa mari e la sua salma è stata tumulata in quel cimitero.<br />

3) Asmara<br />

E' morto, nel monastero cistercense di Asmara, Fra Giorgio Atzbeha<br />

all' età di 69 anni.<br />

Era uno dei primi giovani etiopici che seguì il Servo di Dio Don<br />

Felice Ghebre-Amlak e' Don Frumenzio Ghebremariam. Arrivato a Casamari<br />

nel 1931, vestì rabito monastico nel settembre del 1933, un anno<br />

dopo fece la Proiessione Semplice e dopo sei anni di tirocinio, 1'8 settembre<br />

1939, si consacrò definitivamente al Signore.<br />

Nel 1940 fu inoiato da Casamari con il primo gruppo di monaci<br />

cistercensi etiopici, con a capo Don Anselmo Vitale, di venerata memoria,<br />

a fondare una Comunità di Religiosi, secondo la Regola benedettina<br />

cistercense, nella propria terra. La prima casa fu Belesa. Nel 1948, la Comunità<br />

si trasferì definitivamente all' Asmara, all' attuale Monastero di<br />

S. M. Assunta in Cielo, dooe Fra Giorgio si prodigà con intenso lavoro: di<br />

sarto, pollicoltore e varie attività monastiche, sempre fedele al motto benedettino<br />

" ora et labora ",<br />

Fu ammirevole per la sua bontà e comunicabilità con i confratelli e<br />

con gli estranei, sempre con il sorriso sulla bocca.<br />

Il 27 Novembre 1979 moriva placidamente assistito, confortato e compianto<br />

da tutti, in modo particolare dai giovani monaci, che in lui vedevano<br />

e oeneraoano una vita vissuta al Servizio del Signore. La sua<br />

salma riposa nel cimitero di Asmara.<br />

4) Piana<br />

Il 5 dicembre ci lasciava improooisamente P. Alacrino Velocci dell'abbazia<br />

di Piona. Aveva 56 anni. Giovane sacerdote era andato nella<br />

missione dell' Etiopia dove aveva profuso i primi frutti del suo apostolato<br />

sacerdotale. Fu poi Priore a Cotrino e a Martano. Passato all'abbazia<br />

di Piona divenne l'animatore di tutta la pastorale interna al monastero<br />

di cui si occupaoa personalmente. Suo grande amore era ancora<br />

sempre l'opera missionaria in Etiopia e si adoperava con ogni mezzo<br />

per venire in aiuto alle necessità anche materiali di quei confratelli. M0rì<br />

all' ospedale di Gravedona dove era stato ricoverato per alcuni disturbi<br />

che però non facevano presagire la sua fine. E' stato portato a Casamari<br />

e tumulato nel cimitero monastico.


N. 1-2:<br />

SOMMARIO DELL'ANNATA 1979:<br />

GUIDOTTI ALESSANDRO, Il ciclo iconografico di un gruppo di codici<br />

del trecento provenienti da Badia a Settimo . Pago 1<br />

Florilegio cistercense, a cura di P. VITTORINO ZANNI:<br />

1. Non giudicate e non sarete giudicati .<br />

2. Sermone XVII di Elredo: Nel giorno dell'ASSUnzione<br />

B. V. Maria, a cura di P. GERARDO CONSIGLIO<br />

P. PENNINGTON BASIL. Il Padre - La Madre spirituale<br />

Una necessità<br />

Paternità spirituale cristiana oggi<br />

Luce dall'oriente .<br />

Bisogno universale<br />

Verso un rinnovamento<br />

CHIARELLI CATERINA, Gli affreschi della Certosa del '300 .<br />

della<br />

P. CALIANDRO TOMMASO, Notizie cistercensi, indice generale delle<br />

materie dal 1968 al 1978<br />

JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />

(ventinovesima puntata)<br />

Un appello dell'abate di Citeaux<br />

L'Epoca contemporanea (dal 1791 ai nostri giorni)<br />

La soppressione degli Ordini religiosi in Francia<br />

La dispersione dei beni ecclesiastici temporali<br />

La secolarizzazione dei religiosi<br />

La fondazione della Valsainte<br />

La partenza per la Svizzera<br />

La Val-Sainte<br />

Le Regole della Val-Sainte<br />

CRONACA:<br />

A - Monastero di Cotrino:<br />

1. La posa della prima pietra della nuova chiesa del Santuario<br />

di Cotrino<br />

» 19<br />

» 21<br />

» 29<br />

» 29<br />

» 31<br />

» 32<br />

» 33<br />

» 35<br />

» 37<br />

» 53<br />

» 77<br />

» 77<br />

» 82<br />

» 82<br />

» 83<br />

» 85<br />

» 88<br />

» 89<br />

» 90<br />

» 91<br />

» 95


N. 3-4:<br />

- 240-<br />

2. ORONZO E LUIGI STICCHI, Struttura della nuova chiesa<br />

del santuario<br />

Relazione tecnica - Ubicazione<br />

Caratteristiche costruttive e dimensionali<br />

Concetti architettonici<br />

B - Certosa di Firenze:<br />

» 96<br />

» 97<br />

» fY7<br />

» 99<br />

1. Architettura dei monaci sabato in mostra (Dal Paese sera,<br />

giovedì 23 novembre 1978) » 100<br />

2. Una rassegna sull'architettura cistercense. Mostra in Certosa<br />

per festeggiare un «compleanno» (Da L'unità, giovedi 23<br />

novembre 1978) » 101<br />

3. Architettura cistercense nel mondo (Da Avvenire, Venerdi<br />

24 novembre 1978) » 103<br />

4. Mostre d'arte. Le Pietre dei cistercensi (Da Paese Sera,<br />

Venerdi 5 Gennaio 1979) R. Federici . » 104<br />

5. Architettura cistercense. Una mostra alla Certosa (Da Osservatore<br />

Toscano, 10 Gennaio 1979) G. Di Marco . » 106<br />

6. Le abbazie cistercensi in mostra a Firenze (Da La Nazione,<br />

Venerdi 2 Febbraio 1979) » 107<br />

7. Architettura cistercense alla Certosa fiorentina (Da Osservatore<br />

Romano, lO Marzo 1979) G. Viti . » 108<br />

8. Attività culturale e spirituale dei cistercensi a Firenze. I monaci<br />

costruttori (Da Settimana del Clero, 18 Marzo 1979). » 110<br />

PUGLISI PAOLA. S. Galgano e Siena. Presenza cistercense-federiciana<br />

in Toscana alla metà del duecento » 113<br />

RASPI SERRA JOSELITA, Le decorazioni a racemi nelle architetture<br />

cistercensi » 139<br />

Florilegio cistercense, a cura di P. GOFFREDO VITI:<br />

- Il dono dell'Avvento (S. Bernardo) .<br />

- Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (S. Bemardo)<br />

- Maria e La chiesa (Isacco della Stella)<br />

- Ecco viene il Re! (Beato Guerrico)<br />

- Tutto il mondo attende la risposta di Maria (S. Bernardo)<br />

» 149<br />

» 150<br />

» 151<br />

» 152<br />

» 153


- 241 -<br />

P. VITI GOFFREDO, Primo contributo per una bibliografia sull'architettura<br />

cistercense<br />

Introduzione<br />

Criteri di pubblicazione<br />

Bibliografia generale<br />

P. FORNARI BENEDETTO, Considerazioni storiche e stili'Stiche<br />

sulla chiesa di Santa Maria Maggiore in Ferentino<br />

P. FALLETTI MALACHIA, Convegno monastico intercongregazionale<br />

di Parma:<br />

I - Camaldoli<br />

II - Conclusioni<br />

I <strong>Cistercensi</strong> della Congregazione di Casamari<br />

FR. KLEINER SIGHARD, Lettera Pastorale<br />

BOUTON JEAN DE LA CROIX, Storia dell'Ordine Cistercense<br />

(trentesima puntata) .<br />

La fondazione della Valsainte<br />

La fondazione di Sainte-Suzanne<br />

Istituzione del terz'ordine della Trappa e delle trappiste<br />

Fondazioni di Westmalle, Lulworth, Darfeld e del Piemonte<br />

L'Odissea monastica<br />

Attraverso l'Europa<br />

Il secondo soggiorno alla Valsainte<br />

Nuova diaspora<br />

P. FALLETTI MALACHIA, Il capitolo generale della Congregazione<br />

di Casamari<br />

CRONACA:<br />

- Celebrazioni per il XII centenario della fondazione del monastero<br />

delle benedettine di Rasano<br />

- Celebrazioni in Toscana per il XV Centenario della nascita<br />

di San Benedetto<br />

A - Dall' Ordine:<br />

1. Il sinodo dell'Ordine<br />

2. Il Capitolo generale della Congregazione di Mehrerau<br />

B - Dalla Congregazione:<br />

- Giubileo sacerdotale<br />

- Necrologio .<br />

Sommario dell' annata 1979<br />

» 155<br />

» 155<br />

» 156<br />

» 157<br />

» 191<br />

» 201<br />

» 201<br />

» 202<br />

» 204<br />

» 209<br />

» 213<br />

» 213<br />

» 213<br />

» 214<br />

» 2,16<br />

» 218<br />

» 219<br />

» 221<br />

» 222<br />

» 224<br />

» 229<br />

» 231<br />

» 233<br />

» 235<br />

» 236<br />

» 237<br />

» 239

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