Commento al Vangelo di San Giovanni Apostolo - 'Apostolato della ...
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GIOVANNI, MAESTRO DI FEDE E DI<br />
CONTEMPLAZIONE<br />
LETTURA SIMBOLICA E MISTICA DEL IV VANGELO<br />
proposta da d. Guido Abbà<br />
Cuneo 1995-2007<br />
1
2<br />
In ricordo <strong>di</strong> Chiara Bechis<br />
che questo <strong>Vangelo</strong> ha vissuto<br />
nella sofferenza e nella speranza.<br />
Un vivo grazie <strong>al</strong>la mamma Mariuccia<br />
che ha corretto le bozze.
PRESENTAZIONE Unità introduttiva<br />
<strong>Giovanni</strong>: una narrazione da vivere<br />
Questo scritto è nato da <strong>di</strong>verse esperienze: Centri <strong>di</strong> Ascolto del <strong>Vangelo</strong>, catechesi<br />
bibliche, stu<strong>di</strong> scritturistici, riflessioni person<strong>al</strong>i, incontri per la Lectio <strong>di</strong>vina... Per questo<br />
pensiamo che abbia un carattere concreto e risponda ad una plur<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> interessi molto<br />
attu<strong>al</strong>i.<br />
In questa Unità introduttiva <strong>di</strong>amo <strong>al</strong>cune brevi informazioni sui nostri inten<strong>di</strong>menti e sul<br />
nostro metodo ed uno schema <strong>di</strong> tutto il <strong>Vangelo</strong> giovanneo.<br />
- I - CONSIDERAZIONI SPIRITUALI<br />
1. SPERIMENTARE L'EFFICACIA DELLA PAROLA<br />
In duemila anni la parola del <strong>Vangelo</strong> non ha perso nulla <strong>della</strong> sua forza, ma continua a<br />
veicolare le Parole e la Persona del Cristo che sono Spirito e Vita. La parola <strong>di</strong> Cristo non è<br />
meno efficace per noi oggi <strong>di</strong> quanto lo fosse per coloro che l'ascoltavano <strong>di</strong>rettamente e<br />
venivano portati <strong>al</strong>la fede e risanati d<strong>al</strong>la voce del Signore. La parola biblica è sempre un<br />
vero sacramento che opera nel credente (1 Tess 2,13). Chi sa mettersi in ascolto e sa<br />
perseverare nella ricerca sperimenterà l'azione benefica del Signore.<br />
2. VIVERE LA FEDE<br />
Il presente lavoro è un sussi<strong>di</strong>o pratico per la vita <strong>di</strong> fede e per l'impegno person<strong>al</strong>e e<br />
comunitario. Per questo motivo, pur tenendo presenti in sottofondo le varie problematiche<br />
critico-letterarie, privilegiamo gli aspetti spiritu<strong>al</strong>i e formativi. Abbiamo cercato <strong>di</strong> capire ed<br />
evidenziare la profonda visione simbolica e mistica del mondo proposta d<strong>al</strong> IV <strong>Vangelo</strong>, per<br />
favorire, soprattutto nei giovani, la capacità <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utare le varie situazioni <strong>di</strong> vita in vista<br />
delle scelte concrete da effettuare. Cerchiamo <strong>di</strong> perseguire t<strong>al</strong>e fin<strong>al</strong>ità in due <strong>di</strong>rezioni.<br />
La prima è in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>e: educare ad uno sguardo contemplativo <strong>di</strong> fede per una giusta<br />
interpretazione del significato e del v<strong>al</strong>ore delle cose e degli eventi, non in base ad<br />
intuizioni filosofiche, ma in base ai ben più v<strong>al</strong>i<strong>di</strong> insegnamenti del Signore. Una delle<br />
nostre esigenze fondament<strong>al</strong>i, infatti, è quella <strong>di</strong> saper in<strong>di</strong>viduare con sicurezza il senso<br />
<strong>della</strong> vita e <strong>della</strong> re<strong>al</strong>tà. Chi ha fatto questa scoperta ha avuto una vera illuminazione e può<br />
vivere in pienezza, conoscendo, amando e usando le cose secondo il loro vero v<strong>al</strong>ore.<br />
Questo significa fare la verità (Gv 3,21); in caso contrario il senso delle cose viene <strong>di</strong>storto<br />
e noi facciamo il m<strong>al</strong>e (Gv 3,20).<br />
L'<strong>al</strong>tra <strong>di</strong>rezione è comunitaria: fornire uno strumento per la nuova evangelizzazione dei<br />
giovani e degli adulti. Dunque, questo commento, già sperimentato in <strong>al</strong>cuni gruppi, anche<br />
se non può dare una risposta a tutti i problemi che sorgono leggendo il <strong>Vangelo</strong>, vuole<br />
<strong>al</strong>meno essere un aiuto per compiere in modo ecclesi<strong>al</strong>e un progresso nella fede.<br />
È quin<strong>di</strong> utile che precisiamo con maggiore chiarezza quello che più c'interessa: aiutare i<br />
lettori ad assimilare le logiche o ment<strong>al</strong>ità secondo le qu<strong>al</strong>i il Cristo Maestro vive e agisce:<br />
1°: cercheremo <strong>di</strong> scoprire l'importanza <strong>della</strong> logica simbolica e <strong>della</strong> sensibilità mistica<br />
che svelano e fanno sperimentare il senso profondo <strong>della</strong> re<strong>al</strong>tà e <strong>della</strong> vita, dando sicurezza<br />
nel <strong>di</strong>scernimento spiritu<strong>al</strong>e (questo è un aspetto fondament<strong>al</strong>e <strong>della</strong> fede);<br />
2°: metteremo in evidenza l’efficacia <strong>della</strong> volontà pratica e <strong>della</strong> ment<strong>al</strong>ità<br />
sacrament<strong>al</strong>e che traducono l'amore in segni e in gesti che lo re<strong>al</strong>izzano (questo porta<br />
<strong>al</strong>l'esercizio <strong>della</strong> carità);<br />
3
3°: ed infine, terremo in grande conto la ment<strong>al</strong>ità anticipatrice e la visione<br />
escatologica, affinché, credendo nella potenza dell'azione <strong>di</strong>vina, consideriamo la storia<br />
<strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza come già re<strong>al</strong>izzata (questo equiv<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la speranza intesa in tutta la sua forza).<br />
Se il Signore ci donerà la grazia <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re le virtù <strong>della</strong> fede, <strong>della</strong> carità e <strong>della</strong><br />
speranza saremo in grado <strong>di</strong> vivere i v<strong>al</strong>ori eterni simbolicamente, concretamente ed<br />
anticipatamente (oppure: misticamente, sacrament<strong>al</strong>mente ed escatologicamente), e<br />
insegneremo anche agli <strong>al</strong>tri a vivere in questo modo meraviglioso.<br />
Natur<strong>al</strong>mente molti <strong>al</strong>tri sono gli interessi che abbiamo nello stu<strong>di</strong>o del IV <strong>Vangelo</strong>:<br />
innumerevoli sono le tematiche teologiche che cercheremo <strong>di</strong> trattare. Lo noterete nel corso<br />
<strong>della</strong> lettura. Questo lavoro potrà dunque servire, a seconda delle varie person<strong>al</strong>i esigenze<br />
spiritu<strong>al</strong>i, come testo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione, <strong>di</strong> contemplazione o <strong>di</strong> formazione. Se il nostro testo<br />
viene utilizzato in un Centro <strong>di</strong> Ascolto o per la Lectio Divina, si consiglia <strong>di</strong> tener conto<br />
delle varie Unità, ognuna delle qu<strong>al</strong>i, a seconda <strong>della</strong> propria lunghezza e degli interessi dei<br />
presenti, può fornire materi<strong>al</strong>e per uno o due incontri. Così facendo possiamo prevedere una<br />
quarantina <strong>di</strong> riunioni, <strong>della</strong> durata <strong>di</strong> circa un'ora. L'animatore sarà facilitato d<strong>al</strong> fatto che il<br />
presente commento adotta il metodo <strong>di</strong> lettura, semplice ed efficace, utilizzato in molti<br />
Centri <strong>di</strong> Ascolto. In essi, infatti, il brano <strong>di</strong> <strong>Vangelo</strong> scelto, dopo una prima lettura<br />
completa, viene proposto, frase per frase, <strong>al</strong>la riflessione dei presenti, che sono invitati ad<br />
esprimere la propria risonanza interiore. L'incontro termina sempre con una preghiera<br />
ispirata <strong>al</strong> brano esaminato.<br />
- II - ALCUNE NOTE SUL NOSTRO METODO<br />
-1- Abbiamo <strong>di</strong>viso questo scritto in UNITÀ, basandoci sui contenuti proposti<br />
d<strong>al</strong>l'Evangelista. Di solito, ad ogni Unità verrà fatta un'introduzione, in modo da presentarla<br />
nei suoi punti qu<strong>al</strong>ificanti e nei suoi legami con il resto del <strong>Vangelo</strong>.<br />
-2- Ogni Unità, se non ci sono <strong>al</strong>tri livelli <strong>di</strong> ripartizione, è <strong>di</strong>visa in PUNTI (Primo<br />
livello).<br />
-3- Sovente, però, questi Punti sono raggruppati in PARTI (Secondo livello).<br />
-4- T<strong>al</strong>volta varie Parti, a motivo del loro contenuto, formano una SEZIONE (Terzo<br />
livello).<br />
-5- Infine, <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo l'intero <strong>Vangelo</strong> in due gran<strong>di</strong> TEMPI. Il Primo inizia con il<br />
Prologo e si conclude con la Risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro (è il Tempo dei Segni: cap. 1-11). Il<br />
Secondo è quello del grande Segno <strong>di</strong> Pasqua (cap. 12-21).<br />
-6- Il testo del <strong>Vangelo</strong> è presentato in forma strutturata per facilitare il rilevamento <strong>di</strong><br />
par<strong>al</strong>lelismi e <strong>al</strong>tre forme letterarie. La traduzione proposta è molto aderente <strong>al</strong> testo<br />
origin<strong>al</strong>e in modo da trasmettere, per quanto è possibile, tutta la ricchezza del messaggio.<br />
T<strong>al</strong>volta un unico termine greco viene tradotto in it<strong>al</strong>iano con più parole: in t<strong>al</strong> caso <strong>di</strong> solito<br />
le uniamo con una lineetta – . Questo serve, tra l’<strong>al</strong>tro, a facilitare il confronto del testo<br />
greco con quello it<strong>al</strong>iano. Le parole it<strong>al</strong>iane messe tra parentesi tonde ( ) non sono presenti<br />
nel testo greco.<br />
-7- Sovente, <strong>al</strong> termine <strong>di</strong> un Punto, vengono fatte delle citazioni bibliche che hanno lo<br />
scopo <strong>di</strong> aiutare a inserire il brano esaminato nel contesto biblico gener<strong>al</strong>e.<br />
-8- Un numero tra parentesi tonde, ad esempio (1), in<strong>di</strong>ca un versetto del capitolo<br />
giovanneo che si sta me<strong>di</strong>tando. Se invece tra parentesi tonde si trovano due numeri separati<br />
4
da una virgola, ad esempio (1,1), si tratta <strong>di</strong> un versetto del <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>. Tutte le<br />
<strong>al</strong>tre citazioni bibliche sono complete. I S<strong>al</strong>mi sono citati seguendo la numerazione<br />
Masoretica ebraica.<br />
-9- Abbiamo messo particolare attenzione nel formulare i TITOLI delle varie Unità e<br />
delle sotto<strong>di</strong>visioni. I titoli, creati utilizzando sovente le stesse parole del <strong>Vangelo</strong>,<br />
dovrebbero aiutare a comprendere meglio il contenuto del brano e l'organicità <strong>di</strong> tutta la<br />
narrazione.<br />
- III - SCHEMA DEL VANGELO<br />
I motivi <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>visione saranno forniti <strong>di</strong> volta in volta nel corso del commento.<br />
1. PRIMO TEMPO: LA PRIMA SETTIMANA E I SEGNI DELLA SALVEZZA<br />
Prologo a parte, possiamo enumerare sette momenti:<br />
1. D<strong>al</strong>la prima <strong>al</strong>la seconda testimonianza del Battista (1,19-3,36: Unità 2-6).<br />
2. La fede dei Samaritani e la guarigione del figlio del funzionario (cap. 4: Unità 7-8).<br />
3. La guarigione a Betzatà e l'auto<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gesù (cap. 5: Unità 9-10).<br />
4. Il segno dei pani ed il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Cafarnao (cap. 6: Unità 11-12).<br />
5. I <strong>di</strong><strong>al</strong>oghi durante la festa delle Capanne e il perdono dell'adultera (cap. 7-8: Unità 13-<br />
15).<br />
6. La guarigione del cieco nato e il <strong>di</strong>scorso del buon Pastore (cap. 9-10: Unità 16-18).<br />
7. La risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro e la decisione del Sinedrio (cap. 11: Unità 19-20).<br />
2. SECONDO TEMPO: L'ULTIMA SETTIMANA E IL SEGNO DI PASQUA<br />
Anche qui possiamo notare sette momenti:<br />
1. L'unzione <strong>di</strong> Betania e l'ingresso in Gerus<strong>al</strong>emme (12,1-19: Unità 21).<br />
2. Gli ultimi <strong>di</strong>scorsi pubblici (12,20-50: Unità 22).<br />
3. La lavanda dei pie<strong>di</strong> (13,1-30: Unità 23).<br />
4. I due <strong>di</strong>scorsi convivi<strong>al</strong>i (13,31-16,33: Unità 24-27).<br />
5. La preghiera dell'Ora (cap. 17: Unità 28).<br />
6. Passione e morte (cap. 18-19: Unità 29-31).<br />
7. Le apparizioni del Risorto (cap. 20-21: Unità 32-33).<br />
Abbiamo ora la gioia <strong>di</strong> dare inizio <strong>al</strong>la lettura <strong>di</strong>retta del <strong>Vangelo</strong>, dopo una breve<br />
presentazione del Primo Tempo.<br />
5
PRIMO TEMPO<br />
LA PRIMA SETTIMANA E I SEGNI DELLA<br />
SALVEZZA<br />
7
Presentazione del Primo Tempo<br />
La <strong>di</strong>visione del <strong>Vangelo</strong> giovanneo in due Tempi è motivata d<strong>al</strong>la visione teologica con<br />
cui i fatti stessi vengono narrati: il Primo Tempo è caratterizzato da una serie <strong>di</strong> SEGNI,<br />
tutti tesi a rivelare l'Inviato del Padre e a suscitare la Fede nel popolo; il Secondo Tempo ci<br />
propone gli eventi dell'ultima settimana e il grande SEGNO <strong>della</strong> Pasqua <strong>di</strong> Morte e<br />
Risurrezione (facciamo notare che i pro<strong>di</strong>gi nel IV <strong>Vangelo</strong> sono chiamati volutamente<br />
SEGNI perché sono opere che hanno un ricco significato da rivelare).<br />
Questa <strong>di</strong>visione fa emergere un messaggio basilare: la Pasqua <strong>di</strong> Cristo porta a<br />
compimento e dà senso a tutti gli <strong>al</strong>tri pro<strong>di</strong>gi operati d<strong>al</strong> Signore.<br />
Nel Primo Tempo <strong>Giovanni</strong> racconta una dozzina <strong>di</strong> Segni o Pro<strong>di</strong>gi (oltre a molti<br />
<strong>di</strong><strong>al</strong>oghi) in modo da costruire un cammino educativo <strong>al</strong>la nostra fede, il qu<strong>al</strong>e, partendo<br />
d<strong>al</strong>la testimonianza del Battista e passando attraverso varie vicende (incontri, guarigioni e<br />
pro<strong>di</strong>gi), trova il suo momento culminante nella risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro. Oggi t<strong>al</strong>e cammino,<br />
che ci porta <strong>al</strong>l'incontro vivo con il Cristo S<strong>al</strong>vatore, si re<strong>al</strong>izza in modo speci<strong>al</strong>e attraverso i<br />
segni del Battesimo e dell'Eucaristia.<br />
Tenendo conto dei vari blocchi narrativi, abbiamo in<strong>di</strong>viduato in questo Tempo sette<br />
momenti, ognuno dei qu<strong>al</strong>i è caratterizzato da uno o più Segni:<br />
1° momento: l'esperienza mistica e la testimonianza profetica del Battista circa l'Agnello<br />
battezzatore e lo Sposo messianico vengono accolte dai primi Apostoli e trovano la loro<br />
conferma e il loro approfon<strong>di</strong>mento nel Segno del banchetto nuzi<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Cana, nella profezia<br />
<strong>della</strong> Risurrezione pronunciata nel Tempio e nell'annuncio <strong>della</strong> rinascita da Acqua e Spirito<br />
fatto a Nicodemo (cap. 1-3).<br />
2° momento: il dono dell'Acqua viva, promesso <strong>al</strong>la Samaritana e garantito d<strong>al</strong>la<br />
sovrumana rivelazione circa le sue tormentate vicende person<strong>al</strong>i, consiste nel dono <strong>della</strong><br />
fede; la guarigione del figlio del funzionario regio, che ha fede nella parola, è vista come<br />
una vera vivificazione (il primo episo<strong>di</strong>o <strong>al</strong>lude <strong>al</strong> Battesimo e il secondo <strong>al</strong>la Risurrezione).<br />
3° momento: la guarigione del par<strong>al</strong>itico presso l'acqua <strong>di</strong> Betzatà, anche in base <strong>al</strong>la<br />
spiegazione che Gesù offre subito dopo, appare come Segno battesim<strong>al</strong>e <strong>di</strong> risurrezione.<br />
4° momento: il Segno del banchetto dei Pani e il chiarificatore <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Cafarnao<br />
presentano Cristo come Pane Eucaristico, sorgente <strong>di</strong> risurrezione e <strong>di</strong> vita.<br />
5° momento: i <strong>di</strong>scorsi in occasione <strong>della</strong> Festa delle Capanne, insieme <strong>al</strong> pro<strong>di</strong>gioso<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza a favore dell'adultera, rivelano Gesù come il Messia e l'Io Sono che dà<br />
vita.<br />
6° momento: l'illuminazione del cieco nato per mezzo dell'acqua <strong>di</strong> Siloe è un Segno che<br />
svela l'efficacia del Battesimo, sacramento <strong>della</strong> fede.<br />
7° momento: la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro è una prefigurazione <strong>della</strong> stessa Risurrezione<br />
del Signore e <strong>di</strong> tutti i credenti.<br />
Tutti questi fatti generano consensi e ribellioni tra i Giudei ed esigono anche da noi una<br />
risposta decisa.<br />
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UNA CHIAVE PER ENTRARE Unità 01<br />
Il Prologo (Gv 1,1-18)<br />
INTRODUZIONE: forse la prima cosa <strong>di</strong> cui sentiamo il bisogno è quella <strong>di</strong> possedere<br />
un metodo <strong>di</strong> lettura che ci aiuti a capire nel modo giusto il testo evangelico. Il PROLOGO<br />
è l'adeguata risposta a questa esigenza. Esso, infatti, fornisce una straor<strong>di</strong>naria CHIAVE DI<br />
LETTURA dell'intero <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>. In t<strong>al</strong> modo non solo saremo facilitati nella<br />
comprensione del <strong>Vangelo</strong>, ma avremo anche scoperto un modo nuovo e promettente per<br />
interpretare questo "Mistico cantico <strong>di</strong> fede <strong>della</strong> Chiesa apostolica".<br />
Definiamo così questo brano, perché <strong>al</strong>cuni stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong>cono che molti elementi del testo<br />
sono stati inizi<strong>al</strong>mente creati d<strong>al</strong>la comunità e poi rielaborati da <strong>Giovanni</strong>. Noi però, <strong>al</strong>lo<br />
scopo <strong>di</strong> semplificare il <strong>di</strong>scorso, parliamo dell'<strong>Apostolo</strong> come autore.<br />
Facendo il commento <strong>al</strong> Prologo cercheremo per ora <strong>di</strong> metterne in luce i princip<strong>al</strong>i<br />
messaggi spiritu<strong>al</strong>i. Siccome, però, si tratta <strong>di</strong> un brano oltremodo importante, lo<br />
riproporremo, in chiave più contemplativa, nell'ultima Unità intitolata: «Una porta aperta».<br />
Infatti, ci sarà possibile gustare in tutta la sua ricchezza questo cantico introduttivo solo<br />
dopo l'esperienza dell'intera lettura del IV <strong>Vangelo</strong>, che, speriamo, non mancherà <strong>di</strong> favorire<br />
un vero incontro col Cristo vivo e l'interiorizzazione <strong>della</strong> sua ment<strong>al</strong>ità.<br />
Abbiamo <strong>di</strong>viso questa Unità in due parti: nella prima l'Evangelista mette l'accento sulla<br />
<strong>di</strong>vinità del Lógos, nella seconda sulla sua umanità.<br />
- I - IL LÓGOS È VERO DIO E CI FA DIVENTARE FIGLI<br />
1. IL LÓGOS DI DIO (1,1-2)<br />
1.1 )En a)rxv= h)=n o( lo/goj,<br />
kai\ o( lo/goj h)=n pro\j to\n qeo/n,<br />
kai\ qeo\j h)=n o( lo/goj.<br />
1.2 ou(=toj h)=n e)n a)rxv= pro\j to\n qeo/n.<br />
1,1 a In principio era il Lógos ( = la Parola, il Discorso)<br />
b e il Lógos era (rivolto) verso Dio<br />
c e il Lógos era Dio;<br />
1,2 Questi era in principio, (rivolto) verso Dio.<br />
«In principio era il Lógos»: questa espressione richiama le prime parole <strong>della</strong> Genesi e ci<br />
vuol far capire che inizia una nuova Storia <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza e una nuova Sacra Scrittura (cfr. Gn<br />
1,1 In principio Dio creò il cielo e la terra...). Mentre nel libro <strong>della</strong> Genesi in principio<br />
significava <strong>al</strong>l’inizio <strong>della</strong> creazione, qui in principio vuol <strong>di</strong>re da tutta l'eternità. Infatti il<br />
Lógos, cioè la Parola <strong>di</strong>vina, esiste da sempre ed è il creatore <strong>di</strong> tutto. Nel primo versetto il<br />
Lógos, il Figlio Unigenito, è il soggetto <strong>di</strong> tre affermazioni par<strong>al</strong>lele (v. 1 abc ) che ce lo<br />
presentano: 1° come eterno (in principio), 2° in relazione con il Padre, 3° <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina.<br />
«Il Lógos era rivolto verso (prós) Dio»: qui Dio (con l'articolo) è il Padre, presso il qu<strong>al</strong>e<br />
il Lógos-Figlio vive e verso il qu<strong>al</strong>e è rivolto, in un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo <strong>di</strong> amore infinito. <strong>Giovanni</strong><br />
pertanto ci presenta subito Dio nella sua meravigliosa <strong>di</strong>namica interna (prós e acc. =<br />
verso).<br />
«Il Lógos era Dio»: qui Dio (senza articolo, per in<strong>di</strong>carne solo la natura) è il Lógos in<br />
eterna tensione verso il Padre. Il Lógos è la PAROLA per mezzo <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e il Padre esprime<br />
tutta la sua Sapienza e la sua effettiva Potenza creatrice. Il Lógos (cioè il Figlio) è<br />
l'IMMAGINE perfetta del Padre e ne manifesta tutta la Bellezza e, quin<strong>di</strong>, è Dio, ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong><br />
Padre. L'Evangelista ci rivela <strong>di</strong> avere la chiara intenzione <strong>di</strong> parlarci innanzi tutto del<br />
Lógos e, ormai, <strong>di</strong> non parlarci mai <strong>di</strong> Dio senza la sua Parola. Dobbiamo quin<strong>di</strong> intuire una<br />
9
cosa: possiamo arrivare a conoscere Dio solo attraverso la sua Parola vivente, perché essa è<br />
la definitiva Rivelazione del Padre, il Dio vivente, con il qu<strong>al</strong>e ci metterà in comunione. Il<br />
Lógos era Dio: questa affermazione è fondament<strong>al</strong>e per la nascita <strong>della</strong> dottrina trinitaria e<br />
chiarisce perché e a che livello il Lógos è rivolto verso il Padre. Essendo Dio, il Lógos ha<br />
origine d<strong>al</strong> Padre ed è con lui un solo Dio. <strong>Giovanni</strong> ci propone subito la nuova visione<br />
<strong>di</strong>namica e comunion<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Dio: si tratta <strong>di</strong> un monoteismo più evoluto e più profondo<br />
rispetto a quello anticotestamentario.<br />
«Questi era in principio, rivolto verso Dio»: il v. 2 costituisce una sintesi del primo<br />
versetto e riba<strong>di</strong>sce l'importanza del Padre come punto <strong>di</strong> riferimento per il Figlio.<br />
* Dobbiamo notare lo stile <strong>di</strong> questi versetti contrassegnato da un andamento ritmico, tipico <strong>della</strong><br />
poesia ebraica (cfr. i S<strong>al</strong>mi).<br />
2. TUTTO PER LUI (1,3)<br />
1.3 pa/nta <strong>di</strong>' au)tou= e)ge/neto,<br />
kai\ xwri\j au)tou= e)ge/neto ou)de\ e(/n, o(\ ge/gonen<br />
1,3 Tutto per–mezzo–<strong>di</strong> lui avvenne<br />
e senza–<strong>di</strong> lui non avvenne nulla <strong>di</strong>–ciò–che è–avvenuto.<br />
«Tutto per mezzo <strong>di</strong> lui avvenne»: qui tutto si riferisce <strong>al</strong>la creazione e <strong>al</strong>la redenzione<br />
che sono eventi re<strong>al</strong>izzati per mezzo del Lógos. L'AVVENIMENTO stupefacente che il<br />
<strong>Vangelo</strong> testimonierà in modo particolare è la REDENZIONE che perfeziona e completa la<br />
CREAZIONE.<br />
«Senza <strong>di</strong> lui non avvenne nulla <strong>di</strong> ciò che è avvenuto»: l'Evangelista riba<strong>di</strong>sce la sua<br />
affermazione in forma negativa: non vi è nessuna eccezione a quanto ha scritto. Pertanto la<br />
Creazione dell'universo e la Redenzione si re<strong>al</strong>izzano solo per mezzo del Lógos, che è il<br />
modello <strong>di</strong> ogni bellezza, la soli<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> ogni esistenza, il motivo <strong>di</strong> ogni re<strong>al</strong>tà (cfr. 1,10).<br />
Tutto ha una relazione con il Lógos: nulla esiste e nulla ha significato senza <strong>di</strong> lui (la ricerca<br />
dei significati delle cose ci aiuterà ad acquisire la ment<strong>al</strong>ità simbolica, che ci svela il v<strong>al</strong>ore<br />
<strong>della</strong> vita e del cosmo, e ci porterà a comprendere e a usare un nuovo linguaggio). Infatti, la<br />
Redenzione si attua in noi nella misura in cui ci porta a vivere secondo i significati ultimi,<br />
già insiti nelle creature, d<strong>al</strong> momento che non esiste creatura che non porti l'impronta <strong>della</strong><br />
Parola e che non sia, in qu<strong>al</strong>che modo, parola.<br />
S<strong>al</strong> 33,6 D<strong>al</strong>la Parola del Signore furono fatti i cieli.<br />
3. LA VITA E LA LUCE DEGLI UOMINI (1,4)<br />
1.4 e)n au)t%= zwh\ h)=n,<br />
kai\ h( zwh\ h)=n to\ fw=j tw=n a)nqrw/pwn:<br />
1,4 In Lui era vita<br />
e la vita era la luce degli uomini.<br />
«In lui era vita»: possedere la VITA <strong>di</strong>vina è la caratteristica princip<strong>al</strong>e del LÓGOS. Da<br />
t<strong>al</strong>e ricchezza deriva tutta la vit<strong>al</strong>ità presente nell'universo.<br />
«La vita era la luce degli uomini»: poiché t<strong>al</strong>e VITA è innanzi tutto pensiero, amore e<br />
<strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, ne deriva che essa è Luce per l'uomo. <strong>Giovanni</strong> reputa che non è innanzi tutto la<br />
luce (cioè la verità, il sapere) ad essere vita, ma piuttosto è la vita del Lógos ad essere luce<br />
e, quin<strong>di</strong>, verità e sapienza per gli uomini. Non vi è, quin<strong>di</strong>, autentica verità che non sia<br />
vit<strong>al</strong>e. I primi quattro vv. del Prologo ci fanno venire in mente l'esor<strong>di</strong>o <strong>della</strong> Prima lettera<br />
<strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>: 1 Gv 1 1 Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo u<strong>di</strong>to, ciò che noi<br />
abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre<br />
mani hanno toccato, ossia il Verbo <strong>della</strong> vita 2 (poiché la vita si è fatta visibile, noi<br />
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l'abbiamo veduta e <strong>di</strong> ciò ren<strong>di</strong>amo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era<br />
presso [ oppure verso] il Padre e si è resa visibile a noi). Quel che ci impressiona <strong>di</strong> più è il<br />
fatto che, nel <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, Gesù appare in modo forte come il vero datore <strong>di</strong> vita<br />
(cfr. 4,50; 11,43; ecc.). Il tema <strong>della</strong> vita ricorre più <strong>di</strong> 50 volte.<br />
* Notiamo che in <strong>Giovanni</strong> molte re<strong>al</strong>tà natur<strong>al</strong>i acquistano un significato nuovo: ad es. la LUCE<br />
fisica con il suo fulgore, i suoi colori e la sua chiarezza <strong>di</strong>venta uno splen<strong>di</strong>do simbolo del Lógos<br />
<strong>di</strong>vino. In<strong>di</strong>cheremo t<strong>al</strong>i re<strong>al</strong>tà come ICONE e cercheremo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduarle con cura, perché<br />
questa ricerca <strong>di</strong>venterà una scuola <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> poesia.<br />
Gen 1,3 Dio <strong>di</strong>sse: «Sia la luce!». E la luce fu. 1 Gv 1,5 Dio è luce.<br />
4. LA TENEBRA NON VINCE (1,5)<br />
1.5 kai\ to\ fw=j e)n tv= skoti/# fai/nei,<br />
kai\ h( skoti/a au)to\ ou) kate/laben.<br />
1,5 e la luce nella tenebra splende<br />
e la tenebra non l'ha–presa.<br />
«La luce... splende»: la luce risplende nella sua bellezza per <strong>di</strong>ssolvere le tenebre (che<br />
rappresentano il m<strong>al</strong>e, il peccato, il nonsenso). Quello che è avvenuto nella creazione (cioè<br />
che la luce fisica, prima re<strong>al</strong>tà creata, si espande vincendo le tenebre) è visto da <strong>Giovanni</strong><br />
come immagine che anticipa la vicenda <strong>della</strong> rivelazione in Cristo.<br />
«Non l'ha presa»: la tenebra (la parte m<strong>al</strong>vagia dell'umanità), invece <strong>di</strong> lasciarsi<br />
illuminare, respinge la luce, senza però riuscire a imprigionarla o a spegnerla. L'Evangelista<br />
può già anticipare questo risultato, perché ha fatto l'esperienza pasqu<strong>al</strong>e <strong>della</strong> vittoria e<br />
questa sua affermazione è per noi un grande motivo <strong>di</strong> speranza.<br />
* L'Evangelista ama anticipare i risultati fin<strong>al</strong>i. In questi casi possiamo parlare <strong>di</strong> ment<strong>al</strong>ità<br />
anticipatrice, secondo la qu<strong>al</strong>e quello che Dio promette che accadrà va considerato come già<br />
re<strong>al</strong>izzato.<br />
Gv 3,19 E il giu<strong>di</strong>zio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno<br />
preferito le tenebre <strong>al</strong>la luce, perché le loro opere erano m<strong>al</strong>vagie.<br />
5. GIOVANNI, APOSTOLO DI DIO (1,6)<br />
1.6 )Ege/neto a)/nqrwpoj<br />
a)pest<strong>al</strong>me/noj para\ qeou=,<br />
o)/noma au)t%= )Iwa/nnhj:<br />
1,6 Ci–fu (un) uomo<br />
mandato da Dio,<br />
(il) nome (dato) a–lui (era) <strong>Giovanni</strong>:<br />
«Ci fu un uomo»: l'opera <strong>di</strong> Dio si attua nella storia dell'umanità per mezzo <strong>di</strong> <strong>al</strong>cuni<br />
uomini concreti (non importa a qu<strong>al</strong>e popolo appartengono), attraverso i qu<strong>al</strong>i il Lógos<br />
comincia a farsi carne, cioè a rendersi visibile. È sufficiente un solo uomo per aiutare molti<br />
a s<strong>al</strong>varsi. È ricorrente nella storia <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza la presenza <strong>di</strong> uomini singoli investiti <strong>di</strong><br />
un compito univers<strong>al</strong>e: Abramo, Mosè, Samuele...<br />
«Mandato da Dio»: è Dio che prende l'iniziativa <strong>di</strong> inviarlo e che dona un carisma e un<br />
mandato particolare a colui che egli ha scelto per la missione <strong>di</strong> profeta. <strong>Giovanni</strong> non parte<br />
<strong>di</strong> sua iniziativa, ma viene inviato da Dio e perciò è un profeta autentico.<br />
«Il nome... era <strong>Giovanni</strong>»: questo nome era stato voluto da Dio stesso (cfr. Lc 1,13) e<br />
significa che la grazia <strong>di</strong>vina sta arrivando (<strong>Giovanni</strong> = Dio fa grazia). Ci pare che<br />
11
l'Evangelista metta in ris<strong>al</strong>to questo nome perché è anche il suo: intuiamo che egli si sente il<br />
continuatore dell'opera del Battista (cfr. Gv 19,35).<br />
* <strong>Giovanni</strong> Battista, unico profeta qui menzionato d<strong>al</strong>l'Evangelista, <strong>di</strong>venta TIPO <strong>di</strong> tutti coloro che,<br />
come lui, hanno una vera missione profetica ed educativa.<br />
Lc 1 13 Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai <strong>Giovanni</strong>... 15b Sarà pieno<br />
<strong>di</strong> Spirito <strong>San</strong>to fin d<strong>al</strong> seno <strong>di</strong> sua madre.<br />
6. LA TESTIMONIANZA PER TUTTI (1,7-8)<br />
1.7 ou(=toj h)=lqen ei)j marturi/an,<br />
i(/na marturh/sv peri\ tou= fwto/j,<br />
i(/na pa/ntej pisteu/swsin <strong>di</strong>' au)tou=.<br />
1.8 ou)k h)=n e)kei=noj to\ fw=j,<br />
a)ll' i(/na marturh/sv peri\ tou= fwto/j.<br />
1,7 a questi venne per (la) testimonianza,<br />
b affinché testimoniasse riguardo <strong>al</strong>la luce,<br />
c affinché tutti credessero per–mezzo–<strong>di</strong> lui.<br />
1,8 a Non era egli la luce,<br />
b ma affinché testimoniasse riguardo <strong>al</strong>la luce.<br />
«Venne»: per il Battista la missione ricevuta da Dio si traduce in una sua venuta in<br />
mezzo <strong>al</strong> popolo <strong>di</strong> Israele. VENIRE è uno dei tanti verbi che in<strong>di</strong>ca un'azione norm<strong>al</strong>e e,<br />
quin<strong>di</strong>, potrebbe passare inosservato. Invece, nel IV <strong>Vangelo</strong>, le azioni più semplici e<br />
quoti<strong>di</strong>ane, proprio perché fatte o viste in un contesto <strong>di</strong> fede, si caricano <strong>di</strong> significati<br />
teologici, <strong>di</strong> v<strong>al</strong>ore simbolico. Questo venire del Battista, inviato da Dio, richiama <strong>al</strong> nostro<br />
pensiero la venuta del Lógos ed è un venire in cui Dio è già <strong>al</strong>l'opera.<br />
«Per la TESTIMONIANZA (martyría) affinché TESTIMONIASSE riguardo <strong>al</strong>la luce»: la<br />
testimonianza del Battista non riguarda <strong>di</strong>rettamente la Vita, ma la Luce (cfr. 18,37).<br />
«Affinché tutti credessero»: il suo compito è RENDERE TESTIMONIANZA ALLA<br />
LUCE, AFFINCHÉ TUTTI (univers<strong>al</strong>ismo) CREDANO. La FEDE è il vero ed unico fine<br />
dell'opera e <strong>della</strong> missione del Battista e <strong>di</strong> ogni credente. Il <strong>Vangelo</strong> giovanneo si <strong>di</strong>stingue<br />
per la determinazione con la qu<strong>al</strong>e invita tutti <strong>al</strong>la fede (cfr. 20,31). Fermiamoci in<br />
me<strong>di</strong>tazione per sentire tutta la forza e la bellezza <strong>di</strong> queste parole.<br />
«Per mezzo <strong>di</strong> lui»: qui, il termine lui, da un punto <strong>di</strong> vista grammatic<strong>al</strong>e, potrebbe<br />
riferirsi <strong>al</strong> Battista o <strong>al</strong>la Luce. Da un punto <strong>di</strong> vista del senso ci pare che in<strong>di</strong>chi <strong>Giovanni</strong>.<br />
Se così è, la responsabilità del Battista è messa in grande ris<strong>al</strong>to.<br />
«Non era egli la luce...»: e tanto meno la vita. Gesù lo presenterà solo come lampada<br />
(5,35) e il Battista stesso si metterà umilmente da parte <strong>al</strong> momento opportuno (3,30).<br />
7. LA LUCE VERA C'È E VIENE (1,9)<br />
1.9 )=Hn to\ fw=j to\ a)lhqino/n,<br />
o(\ fwti/zei pa/nta a)/nqrwpon,<br />
e)rxo/menon ei)j to\n ko/smon.<br />
1,9 C'era la luce, (quel)la vera,<br />
che illumina ogni uomo,<br />
che–viene nel mondo.<br />
«La luce... vera»: <strong>Giovanni</strong> continua ad usare l'ICONA <strong>della</strong> LUCE per in<strong>di</strong>care il Lógos<br />
che viene nel mondo per illuminare ogni uomo con il dono <strong>della</strong> Vita nuova e <strong>della</strong> Verità:<br />
per questo motivo la Luce è detta vera per <strong>di</strong>stinguerla da ogni <strong>al</strong>tra limitata fonte <strong>di</strong><br />
sapienza (la legge mosaica, l'intelligenza umana...).<br />
12
«Che illumina ogni uomo»: la luce non solo splende (per sé), ma tende a <strong>di</strong>ffondersi e ad<br />
illuminare. Questa illuminazione si re<strong>al</strong>izza attraverso le opere e le parole <strong>di</strong> Cristo e, in<br />
modo particolare, con quelli che l'Evangelista chiamerà Segni (gesti profetici, miracoli,<br />
azioni simboliche e <strong>di</strong>dattiche... Cfr. ad es. l'episo<strong>di</strong>o del cieco nato: Gv 9).<br />
«Che viene nel mondo»: anche qui il senso può essere duplice: chi viene può essere ogni<br />
uomo, ma anche la Luce vera. In ogni caso, la venuta <strong>di</strong> ogni uomo è già una figura <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong> Cristo e la venuta <strong>di</strong> Cristo è il modello supremo <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi.<br />
8. IL MONDO RIFIUTA LA LUCE (1,10-11)<br />
1.10 e)n t%= ko/sm% h)=n,<br />
kai\ o( ko/smoj <strong>di</strong>' au)tou= e)ge/neto,<br />
kai\ o( ko/smoj au)to\n ou)k e)/gnw.<br />
1.11 ei)j ta\ i)/<strong>di</strong>a h)=lqen,<br />
kai\ oi( i)/<strong>di</strong>oi au)to\n ou) pare/labon.<br />
1,10 a Era nel mondo<br />
b e il mondo per–mezzo–<strong>di</strong> lui esistette<br />
c e il mondo non lo riconobbe.<br />
1,11 a Nei suoi (posse<strong>di</strong>menti) venne<br />
b e i suoi non lo hanno–accolto.<br />
«Era nel mondo e il mondo per mezzo <strong>di</strong> lui esistette»: questo versetto presenta due<br />
motivi che avrebbero dovuto facilitare la fede del mondo: 1°. Il Lógos è da sempre presente<br />
nel mondo come autore e senso ultimo <strong>di</strong> tutto. 2°. Il mondo neppure esisterebbe se non<br />
fosse creato d<strong>al</strong> Lógos. D<strong>al</strong> momento che questo Lógos è Cristo, notiamo il tentativo da<br />
parte dell'Evangelista <strong>di</strong> farci capire che l'Incarnazione fa già parte del progetto <strong>della</strong><br />
creazione.<br />
«Il mondo non lo ha conosciuto»: il mondo nel suo complesso ha, storicamente parlando,<br />
resistito <strong>al</strong> Lógos. Rifiutando <strong>di</strong> accettare d'essere espressione del vero Lógos, <strong>di</strong>venta<br />
tenebra e ignoranza (cfr. Gv 3,19).<br />
«Nei suoi posse<strong>di</strong>menti venne e i suoi non lo hanno accolto»: la Parola, non solo è già<br />
presente, ma compie anche un movimento <strong>di</strong> venuta verso il mondo, visto come propria<br />
abitazione (nei suoi posse<strong>di</strong>menti), e verso il suo popolo, considerato come un gruppo<br />
parent<strong>al</strong>e (i suoi), che però uffici<strong>al</strong>mente non lo accoglie. In questo contesto i suoi<br />
rappresentano anche l’intera umanità ovvero tutti i popoli, dei qu<strong>al</strong>i Israele, secondo lo stile<br />
giovanneo, è solo il Tipo.<br />
9. I FIGLI, GENERATI DA DIO, LO ACCOLGONO (1,12-13)<br />
1.12 o(/soi de\ e)/labon au)to/n,<br />
e)/dwken au)toi=j e)cousi/an te/kna qeou= gene/sqai,<br />
toi=j pisteu/ousin ei)j to\ o)/noma au)tou=,<br />
1.13 oi(\ ou)k [e)c ai(ma/twn ou)de]\ e)k qelh/matoj sarko\j [ou)de\ e)k qelh/matoj a)ndro\j]<br />
a)ll' e)k qeou= e)gennh/qhsan.<br />
1,12 a Quanti però l'hanno–accolto,<br />
b ha–dato ad–essi (il) potere (<strong>di</strong>) <strong>di</strong>ventare figli <strong>di</strong>–Dio,<br />
c a–quelli che–credono nel nome <strong>di</strong> lui,<br />
1,13 a i–qu<strong>al</strong>i [il qu<strong>al</strong>e] non da sangui, né da volontà <strong>di</strong>–carne, né da volontà <strong>di</strong>–uomo,<br />
b ma da Dio sono–stati–generati [è–stato–generato].<br />
«Quanti... l'hanno accolto»: non tutti i singoli in<strong>di</strong>vidui lo hanno respinto, come invece<br />
ha fatto, ad esempio, l'istituzione religiosa ebraica nel suo complesso. Chi lo ha accettato<br />
invita, col suo esempio, anche noi a rispondere <strong>al</strong>la presenza ed <strong>al</strong>la venuta del Lógos con<br />
l'accoglienza <strong>della</strong> fede.<br />
13
«Ha dato... il potere <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare figli (téknon) <strong>di</strong> Dio»: la fede ci trasforma in figli <strong>di</strong><br />
Dio Padre (téknon deriva da tíkto [partorisco] e pertanto, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> yiós [figlio], è<br />
legato <strong>al</strong>l’idea del parto; qui sta ad in<strong>di</strong>care che il nostro essere figli non è solo una finzione<br />
giuri<strong>di</strong>ca e che la paternità <strong>di</strong> Dio ha una funzione anche materna). L'Evangelista afferma:<br />
«Ha dato... potere <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare...», perché ci vuole ricordare che il <strong>di</strong>ventare figli è un<br />
potere che richiede impegno. Infatti, esso è da intendere come un DONO gratuito (ha dato)<br />
e richiede uno sforzo progressivo (<strong>di</strong>ventare) per ottenere le vere caratteristiche dei figli:<br />
l’umiltà e la <strong>di</strong>sponibilità. Questo è l’unico potere che v<strong>al</strong>e la pena <strong>di</strong> possedere.<br />
«A quelli che credono nel suo nome»: la fede ci fa figli. L'Autore non <strong>di</strong>ce: credere in lui,<br />
ma nel suo nome. T<strong>al</strong>e modo <strong>di</strong> esprimersi presenta la persona <strong>di</strong> Gesù nella sua qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong><br />
Dio che s<strong>al</strong>va (il nome Gesù vuol infatti <strong>di</strong>re: YHWH [Yahwèh] s<strong>al</strong>va). Non tanto la<br />
dottrina, ma innanzi tutto la persona del Cristo (il nome), nella sua autorevolezza <strong>di</strong>vina, è<br />
l'oggetto <strong>della</strong> nostra fede.<br />
«I qu<strong>al</strong>i non da sangui, né da volontà <strong>di</strong> carne, né da volontà <strong>di</strong> uomo, ma da Dio sono<br />
stati generati»: nel caso che questa frase sia esistita nel testo origin<strong>al</strong>e possiamo pensare<br />
che <strong>Giovanni</strong> abbia voluto mettere in luce la <strong>di</strong>fferenza che passa tra la paternità-figliolanza<br />
umana e quella <strong>di</strong>vina: la generazione da Dio è <strong>di</strong> natura ben superiore a quella umana,<br />
dovuta a fattori soci<strong>al</strong>i o trib<strong>al</strong>i (sangue o sangui), a energia fisica o a motivi passion<strong>al</strong>i<br />
(carne) o, comunque, ad una decisione puramente umana (uomo o maschio). Alcuni autori<br />
però, utilizzando una variante dei testi origin<strong>al</strong>i (Il qu<strong>al</strong>e [Lógos] non da...) riferiscono<br />
questo v. a Cristo e vedono in esso una testimonianza <strong>della</strong> sua nascita vergin<strong>al</strong>e. La stessa<br />
cosa sarebbe confermata d<strong>al</strong> fatto che <strong>al</strong>cuni co<strong>di</strong>ci aggiungono: Non da sangui. I sangui<br />
sarebbero le per<strong>di</strong>te ematiche durante il parto. Notiamo anche l'uso <strong>di</strong> ripetizioni e<br />
par<strong>al</strong>lelismi: Accogliere è sinonimo <strong>di</strong> credere (v. 12 a.c ); da Dio generati equiv<strong>al</strong>e a figli <strong>di</strong><br />
Dio (v. 12 b .13 b ). Non si tratta solo <strong>di</strong> un artificio letterario, ma <strong>di</strong> un vero approfon<strong>di</strong>mento<br />
del messaggio: la fede è vista come accoglienza, il nostro essere figli come frutto <strong>di</strong> una<br />
vera generazione <strong>di</strong>vina e non solo <strong>di</strong> un’adozione giuri<strong>di</strong>ca.<br />
1 Gv 5,1 Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio.<br />
- II - IL LÓGOS È VERO UOMO, CHE CI RIVELA IL PADRE<br />
1. IL LÓGOS DIVENTA CARNE (1,14 a-b )<br />
1.14 Kai\ o( lo/goj sa\rc e)ge/neto<br />
kai\ e)skh/nwsen e)n h(mi=n,<br />
1,14 a E il Lógos carne <strong>di</strong>venne<br />
b e si–attendò in (mezzo a) noi.<br />
«Il Lógos carne <strong>di</strong>venne»: <strong>Giovanni</strong> giunge <strong>al</strong> punto culminante del Prologo: il LÓGOS<br />
<strong>di</strong>venta UOMO, in<strong>di</strong>cato nella concretezza <strong>della</strong> sua CARNE (Incarnazione). Si uniscono<br />
gli opposti: la LUCE <strong>di</strong> VITA e l'UOMO, DIO e la CARNE (quella carne che poco prima<br />
era vista nel suo aspetto <strong>di</strong> debolezza). Il Lógos, già presente nel mondo come significato<br />
nascosto <strong>di</strong> tutto, assume la natura umana per esprimere p<strong>al</strong>esemente, attraverso il<br />
sacramento <strong>della</strong> sua Carne, l'infinito amore <strong>di</strong>vino. La Carne <strong>di</strong>venta straor<strong>di</strong>nariamente<br />
importante. L'affermazione <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> ci fa capire che ogni uomo è ed è chiamato a<br />
<strong>di</strong>ventare sempre più lógos, parola che incarna l'amore.<br />
«Si attendò»: come il Dio dell’Antica Alleanza abitava nella Tenda in mezzo <strong>al</strong> popolo<br />
itinerante, così il Signore Gesù stabilisce la sua <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> pellegrino tra <strong>di</strong> noi. Anzi, pare<br />
che l’Evangelista consideri la stessa carne <strong>di</strong> Cristo come la TENDA <strong>della</strong> rinnovata, tot<strong>al</strong>e<br />
e definitiva abitazione (shekinàh) <strong>di</strong> Dio in mezzo <strong>al</strong> suo popolo (Es 33,9; 40,34; Sir 24,8).<br />
Egli infatti è il nuovo tempio (2,21).<br />
14
«In (mezzo a) noi»: la <strong>di</strong>stanza tra Dio e l'uomo è annullata. Il Lógos non solo viene in<br />
mezzo a noi, ma in noi (come <strong>di</strong>ce letter<strong>al</strong>mente il testo). Il <strong>di</strong>scorso si fa dunque molto<br />
concreto e attu<strong>al</strong>e. L'Evangelista <strong>di</strong>ce «Noi» perché siamo tutti coinvolti come comunità e<br />
come singoli. D'ora in poi l'universo non sarà più quello <strong>di</strong> prima. L'Incarnazione ci rivela<br />
che l'umano si può misteriosamente riempire del <strong>di</strong>vino e che il visibile può <strong>di</strong>ventare segno<br />
e strumento dell'invisibile. Su questa re<strong>al</strong>tà si fonda la ment<strong>al</strong>ità simbolica e sacrament<strong>al</strong>e<br />
che avremo modo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re nel corso <strong>di</strong> questo commento (cfr. Fil 2,5-7).<br />
2. L'UNIGENITO GLORIOSO (1,14 c-e )<br />
kai\ e)qeasa/meqa th\n do/can au)tou=,<br />
do/can w(j monogenou=j para\ patro/j,<br />
plh/rhj xa/ritoj kai\ a)lhqei/aj.<br />
c e abbiamo–contemplato la gloria sua,<br />
d gloria in–quanto Unigenito da(l) Padre,<br />
e pieno <strong>di</strong>–grazia e <strong>di</strong>–verità.<br />
«Abbiamo contemplato la gloria sua»: <strong>Giovanni</strong> usa il plur<strong>al</strong>e (abbiamo) per far capire<br />
che la contemplazione <strong>della</strong> Parola fatta carne è stata l'esperienza dell'intera comunità e<br />
afferma che t<strong>al</strong>e contemplazione li ha portati a vedere la gloria e la bellezza <strong>di</strong>vina del<br />
Cristo (cfr. 2,11; 11,40...).<br />
«Gloria in quanto Unigenito d<strong>al</strong> Padre, pieno <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> verità»: Gloria, Grazia e<br />
Verità sono re<strong>al</strong>tà <strong>di</strong>vine delle qu<strong>al</strong>i è pieno il Lógos <strong>di</strong> Dio, l'Unigenito del Padre (è la<br />
prima volta che Dio in questo <strong>Vangelo</strong> è chiamato Padre: lo sarà per <strong>al</strong>tre 107 volte). La<br />
Gloria è lo splendore <strong>della</strong> bellezza <strong>di</strong> Dio, la Grazia è il suo amore gratuito e la Verità è<br />
ciò che lo rende affidabile e autenticamente lo rivela. Il tema <strong>della</strong> Gloria ritornerà ancora<br />
16 volte, con sfumature <strong>di</strong>verse, in questo <strong>Vangelo</strong> (ad es. in 17,22 per in<strong>di</strong>care l'onore e il<br />
potere <strong>di</strong>vino); quello <strong>della</strong> Grazia invece è esclusivo del Prologo. Fermiamoci ora sul<br />
binomio grazia e verità: queste possono essere intese come virtù opposte e complementari<br />
che l'Unigenito riesce ad armonizzare in modo straor<strong>di</strong>nario (opposte e complementari come<br />
lo sono, ad es., misericor<strong>di</strong>a e giustizia, oppure semplicità e prudenza). Oppure possono<br />
essere viste come un’unica qu<strong>al</strong>ità: quando la grazia è vera, la verità che la persona<br />
proclama è piena <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> amore.<br />
3. IL NUOVO GRIDO DEL TESTIMONE (1,15)<br />
1.15 )Iwa/nnhj marturei= peri\ au)tou= kai\ ke/kragen le/gwn,<br />
Ou(=toj h)=n o(\n ei)=pon, (<br />
O o)pi/sw mou e)rxo/menoj<br />
e)/mprosqe/n mou ge/gonen,<br />
o(/ti prw=to/j mou h)=n.<br />
1,15 <strong>Giovanni</strong> testimonia riguardo–a lui e grida, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Questi era colui–del–qu<strong>al</strong>e ho–detto:<br />
' Colui–che dopo–<strong>di</strong> me viene,<br />
avanti–a me è–esistito,<br />
perché era prima–<strong>di</strong> me '».<br />
«<strong>Giovanni</strong> testimonia... e grida, <strong>di</strong>cendo...: Colui che...»: per la seconda volta<br />
l'Evangelista presenta la testimonianza del Battista (andamento ciclico) e la presenta come<br />
un grido profetico ed ispirato, citandone le parole che ritroveremo nel cap. 1° ai vv. 27 e 30.<br />
<strong>Giovanni</strong> può testimoniare perché ha visto e sperimentato. Notiamo i tre verbi che in<strong>di</strong>cano<br />
<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> comunicare (testimoniare, gridare, <strong>di</strong>re...).<br />
«Era prima <strong>di</strong> me»: il Battista, mentre proclama la sua fede nell'infinita superiorità e<br />
nella preesistenza del Cristo, percepisce e <strong>di</strong>chiara la sua propria finitezza e precarietà<br />
15
(ormai lui è un prima che viene annullato da un dopo colmo <strong>di</strong> pienezza). Gesù è presentato<br />
per ora in forma misteriosa, secondo uno stile (<strong>di</strong> tipo apoc<strong>al</strong>ittico), che avremo modo <strong>di</strong><br />
constatare <strong>al</strong>tre volte in <strong>Giovanni</strong>. Infatti, solo nel v. 17 sarà svelato apertamente con<br />
l'essere chiamato per nome.<br />
4. LA PIENEZZA SI COMUNICA A NOI (1,16-17)<br />
1.16 o(/ti e)k tou= plhrw/matoj au)tou=<br />
h(mei=j pa/ntej e)la/bomen<br />
kai\ xa/rin a)nti\ xa/ritoj:<br />
1.17 o(/ti o( no/moj <strong>di</strong>a\ Mwuse/wj e)do/qh,<br />
h( xa/rij kai\ h( a)lh/qeia <strong>di</strong>a\ )Ihsou= Xristou= e)ge/neto.<br />
1,16 Poiché d<strong>al</strong>la sua pienezza<br />
noi tutti abbiamo–ricevuto<br />
e grazia contro grazia;<br />
1,17 perché la legge per–mezzo–<strong>di</strong> Mosè fu–donata,<br />
la grazia e la verità per–mezzo–<strong>di</strong> Gesù Cristo è–esistita.<br />
«D<strong>al</strong>la sua pienezza»: l'<strong>Apostolo</strong> <strong>Giovanni</strong> non teme <strong>di</strong> parlarci <strong>di</strong> PIENEZZA<br />
(dell'umanità e <strong>della</strong> <strong>di</strong>vinità) presente in Cristo, <strong>di</strong> spronarci a desiderare il MASSIMO, <strong>di</strong><br />
farci capire che Dio, per GRAZIA, ci fa doni senza limiti.<br />
«Abbiamo ricevuto... grazia contro grazia»: notiamo la meraviglia e la riconoscenza per<br />
il dono nuovo e superiore che a noi tutti (tot<strong>al</strong>ità) è stato fatto: <strong>al</strong>la grazia, portata d<strong>al</strong><br />
Battista (e da Mosè), si sostituisce quella portata d<strong>al</strong> Signore Gesù.<br />
«La legge per mezzo <strong>di</strong> Mosè fu donata»: la legge, per quanto sia stata un dono<br />
importante, viene relativizzata.<br />
«La grazia (kháris) e la verità per mezzo <strong>di</strong> Gesù Cristo è esistita»: ritorna il binomio<br />
già visto in 1,14. Questa volta esso non in<strong>di</strong>ca più le doti dell'Unigenito in sé, ma i doni del<br />
Cristo fatti a noi. La grazia vera, la verità piena <strong>di</strong> grazia e la grazia (il dono) <strong>della</strong> verità<br />
sono i doni supremi che possiamo ricevere solamente per mezzo <strong>della</strong> pienezza <strong>di</strong> Gesù<br />
Cristo. Infatti, il Lógos fatto carne è lo strumento e il sacramento primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e DONO:<br />
la parola grazia è qui usata per l'ultima volta nel IV <strong>Vangelo</strong>. Di essa troviamo solo più<br />
l'eco nelle preghiere, piene <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne, che Gesù fece in due gran<strong>di</strong> occasioni (quando<br />
rese grazie <strong>al</strong> Padre: 6,11; 11,41: ’eu-kharis-téo) e nel concetto <strong>di</strong> dono (cfr. ad es. la frase<br />
detta <strong>al</strong>la Samaritana: 4,10). Invece la parola verità ritornerà ancora <strong>al</strong>tre 24 volte con<br />
significati ora norm<strong>al</strong>i, ora speci<strong>al</strong>i (Gesù arriverà perfino ad identificare se stesso con la<br />
verità: cfr. il commento a 14,6). <strong>Giovanni</strong> vede chiaramente che due economie s<strong>al</strong>vifiche si<br />
oppongono:<br />
Grazia contro Legge: la Legge mosaica era solo anticipo e figura dell'opera dello Spirito<br />
<strong>San</strong>to compiuta in Gesù S<strong>al</strong>vatore, autore <strong>della</strong> Nuova Alleanza.<br />
È esistita contro Fu donata: Mosè fa semplicemente dono <strong>di</strong> ciò che riceve da Dio; in<br />
Cristo invece esiste da sempre la Grazia Vera, che trabocca verso <strong>di</strong> noi.<br />
Gesù Cristo contro Mosè (Gesù qui per la prima volta è chiamato per Nome ed in<strong>di</strong>cato<br />
come Messia): Mosè era solo un servo, Gesù è il Signore.<br />
5. POSSIAMO VEDERE DIO (1,18)<br />
1.18 qeo\n ou)dei\j e(w/raken pw/pote:<br />
monogenh\j qeo\j o( w)\n ei)j to\n ko/lpon tou= patro\j<br />
e)kei=noj e)chgh/sato.<br />
1,18 Dio nessuno (l’)ha–visto mai;<br />
(l')Unigenito Dio che è nel seno del Padre,<br />
egli (lo) ha–spiegato.<br />
16
«Dio nessuno l’ha mai visto»: il vedere Dio è il supremo desiderio dell'essere umano,<br />
che anela <strong>al</strong>la luce ed <strong>al</strong>la contemplazione <strong>della</strong> bellezza infinita (cfr. Es 33,18; 1 Gv 4,12).<br />
Nessuno (tot<strong>al</strong>ità, in senso negativo), però, lo può vedere con le sue sole forze.<br />
«L'Unigenito che è nel seno del Padre...»: l'Evangelista, concludendo il suo Prologo, ci<br />
annuncia che in Cristo questo desiderio si re<strong>al</strong>izza. Però, vuole prima ricordarci nuovamente<br />
che, se questo è possibile, lo è perché il rivelatore è inserito <strong>di</strong>rettamente nella <strong>di</strong>namica<br />
<strong>della</strong> vita <strong>di</strong>vina, essendo egli il Figlio Unigenito che tende, nel suo amore, verso il Padre<br />
che lo genera come principio <strong>di</strong> tutto. Qui <strong>Giovanni</strong> ripete, approfondendolo, il v. 1 b :<br />
quando uno stesso pensiero è messo <strong>al</strong>l'inizio ed <strong>al</strong>la fine <strong>di</strong> una sezione, secondo lo stile<br />
poetico semitico, la delimita come una bella cornice (detta inclusione) ed in<strong>di</strong>ca anche che<br />
proprio esso è il tema princip<strong>al</strong>e.<br />
«Verso il seno del Padre»: il PADRE, secondo questo <strong>di</strong>scorso giovanneo, ha anche le<br />
caratteristiche <strong>della</strong> MADRE (il grembo). Il <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> è quello che, più <strong>di</strong> tutti,<br />
ci svela i segreti intimi <strong>della</strong> vita <strong>di</strong>vina e del rapporto speci<strong>al</strong>e <strong>di</strong> confidenza e <strong>di</strong> amore <strong>di</strong><br />
Gesù verso il Padre suo. <strong>Giovanni</strong> ar<strong>di</strong>sce presentare Dio e il Lógos usando le FIGURE del<br />
PADRE-MADRE e del FIGLIO (figure primor<strong>di</strong><strong>al</strong>i).<br />
«Egli lo ha spiegato (’ex-eghéomai)»: l'Autore ci aiuta ad acquisire una logica nuova:<br />
l'IMPOSSIBILE è REALIZZABILE, ciò che è ECCESSIVO è NORMALE d<strong>al</strong> momento<br />
che il LÓGOS si è fatto CARNE. Il Cristo infatti è la RIVELAZIONE imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> Dio<br />
(Chi vede me, vede il Padre). La rivelazione del Padre è poi vista come una spiegazione<br />
(una esegesi o esposizione) <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e il IV <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong>venta la mirabile stesura scritta.<br />
UNA CONCLUSIONE, CHE È INTRODUZIONE<br />
Nel titolo abbiamo definito il Prologo "Una chiave" per entrare nella comprensione del<br />
<strong>Vangelo</strong> giovanneo. In effetti, nel Prologo <strong>Giovanni</strong> anticipa i temi più importanti del suo<br />
<strong>Vangelo</strong>. Tra questi spicca quello dell'IDENTITÀ DEL CRISTO: egli è il LÓGOS-DIO<br />
fatto UOMO (Incarnazione). Per questo egli è la VITA e la LUCE che, rivelando il<br />
PADRE, entra in conflitto con le Tenebre dell'incredulità. Chi lo accoglie <strong>di</strong>venta FIGLIO<br />
<strong>di</strong> Dio. Tutto il <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> ruoterà intorno a questi temi centr<strong>al</strong>i.<br />
L'Evangelista accenna anche <strong>al</strong>la TESTIMONIANZA del Battista e <strong>al</strong>la LEGGE <strong>di</strong><br />
Mosè, le qu<strong>al</strong>i si affievoliscono <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la PIENEZZA <strong>di</strong> GRAZIA e <strong>di</strong> VERITÀ del<br />
Cristo, FIGLIO UNIGENITO del PADRE.<br />
È a questa pienezza che l'Evangelista attinge la forza con cui esprime la sua esperienza:<br />
le parole si caricano <strong>di</strong> un v<strong>al</strong>ore inau<strong>di</strong>to (esse <strong>di</strong>ventano Testimonianza), le immagini<br />
acquistano un significato ed una bellezza mai vista (<strong>di</strong>ventano Icone o Immagini <strong>di</strong> re<strong>al</strong>tà<br />
spiritu<strong>al</strong>i), i gesti del Cristo <strong>di</strong>mostrano un sorprendente potere s<strong>al</strong>vifico (sono perciò Segni<br />
efficaci <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong>vina).<br />
17
UN TESTIMONE DELLA LUCE Unità 02<br />
La missione <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> Battista (1,19-34)<br />
INTRODUZIONE: inizia il primo momento del primo Tempo. L'Evangelista non<br />
presenta subito il Cristo <strong>al</strong>l'opera, ma parla <strong>della</strong> grande figura del profeta che lo ha<br />
preceduto e gli ha preparato il terreno (cfr. 1,6-8.15).<br />
Nella prima Parte <strong>di</strong> questa Unità emerge l'identità del Battista e nella seconda quella del<br />
Cristo.<br />
L'Unità, poi, si apre (19) e si chiude (34) con il tema <strong>della</strong> TESTIMONIANZA<br />
(Martyría) da parte del precursore. Questo fatto crea una inclusione in<strong>di</strong>cante la<br />
compattezza <strong>della</strong> struttura del brano.<br />
- I - UNA VOCE CHE GRIDA<br />
1. TU, CHI SEI? (1,19)<br />
1.19 Kai\ au(/th e)sti\n h( marturi/a tou= )Iwa/nnou,<br />
o(/te a)pe/steilan pro\j au)to\n oi( )Ioudai=oi e)c (Ierosolu/mwn i(erei=j kai\ Leui/taj<br />
i(/na e)rwth/swsin au)to/n, Su\ ti/j ei)=;<br />
1,19 E questa è la testimonianza <strong>di</strong>–<strong>Giovanni</strong>,<br />
quando i Giudei da Gerus<strong>al</strong>emme inviarono a lui sacerdoti e levìti,<br />
per interrogarlo: «Tu, chi sei?».<br />
«I Giudei da Gerus<strong>al</strong>emme…»: Gerus<strong>al</strong>emme era la capit<strong>al</strong>e, il centro politico e<br />
religioso. I capi dei Giudei e i farisei in particolare (cfr. 1,24), preoccupati per una<br />
situazione che sembra sfuggire loro <strong>di</strong> mano, mandano Sacerdoti e Leviti. Perché, proprio<br />
loro, inviano dei ministri del tempio? Perché vogliono che la loro volontà <strong>di</strong> dominio appaia<br />
come una lodevole preoccupazione <strong>di</strong> fede. <strong>Giovanni</strong> infatti era figlio <strong>di</strong> Zaccaria, uno<br />
stimato sacerdote del tempio, e quin<strong>di</strong> non avrebbe sospettato <strong>di</strong> quella delegazione fatta <strong>di</strong><br />
sacerdoti. Notiamo che i capi giudei mandano <strong>al</strong>tri, non vanno <strong>di</strong> persona, perdendo così<br />
l'occasione <strong>di</strong> fare un'esperienza <strong>di</strong>retta.<br />
«Per interrogarlo»: ci sono due categorie <strong>di</strong> persone: quelle che si sentono autorizzate ad<br />
interrogare, mettendo gli <strong>al</strong>tri sul banco degli imputati, e quelle che devono sempre<br />
giustificarsi; c'è chi ha il potere e non lo vuole perdere e chi non può liberamente<br />
testimoniare la novità che porta dentro.<br />
2. IO NON SONO IL CRISTO (1,20-21)<br />
1.20 kai\ w(molo/ghsen kai\ ou)k h)rnh/sato, kai\ w(molo/ghsen o(/ti<br />
)Egw\ ou)k ei)mi\ o( Xristo/j.<br />
1.21 kai\ h)rw/thsan au)to/n, Ti/ ou)=n; Su/ )Hli/aj ei)=;<br />
kai\ le/gei, Ou)k ei)mi/.<br />
(O profh/thj ei)= su/;<br />
kai\ a)pekri/qh, Ou)/.<br />
1,20 E confessò e non negò e confessò:<br />
«Io non sono il Cristo!».<br />
1,21 E lo interrogarono: «Che dunque? Tu, Elia sei?».<br />
E <strong>di</strong>sse: «Non (lo) sono!».<br />
«Il Profeta sei tu?».<br />
E rispose: «No!».<br />
19
«Confessò (‘omo-loghéo) e non negò e confessò»: usando due espressioni affermative<br />
(confessò) e la negazione del loro contrario (non negò), l'Evangelista esprime la forza (tipica<br />
<strong>di</strong> una professione <strong>di</strong> fede) con la qu<strong>al</strong>e il Battista smentisce in modo inequivocabile la<br />
convinzione <strong>di</strong> <strong>al</strong>cuni che pensavano fosse lui il Cristo (cfr. Lc 3,15).<br />
«Non sono il Cristo»: <strong>Giovanni</strong> risponde subito cogliendo la domanda <strong>di</strong> fondo (Sei tu il<br />
Cristo?) che gli inviati non avevano avuto il coraggio <strong>di</strong> fare apertamente.<br />
«Che dunque... ?»: nelle due interrogazioni del v. 21 gli investigatori sono stati costretti<br />
a scoprire le loro vere preoccupazioni. Lc 3,15 ss. ci svela l'attesa gioiosa del popolo:<br />
«Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a <strong>Giovanni</strong>, se<br />
non fosse lui il CRISTO, <strong>Giovanni</strong> rispose...». L'Evangelista <strong>Giovanni</strong> ci fa capire che i capi<br />
invece avevano paura del Messia e del Profeta. Certamente avranno tirato un sospiro <strong>di</strong><br />
sollievo nel sapere che il Battista non era quello che temevano.<br />
«Tu, Elia sei? E <strong>di</strong>sse: Non lo sono! Il Profeta sei tu? E rispose: No!»: cfr. Ml 3,22 ss. a<br />
riguardo dell'avvento <strong>di</strong> Elia e Dt 8,15 circa la venuta del grande Profeta pari a Mosè.<br />
«Io non sono...»: <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong>ce quello che non è: non è il Messia, anche se gli prepara la<br />
strada e lo imita. Non è Elia, anche se ne ha lo spirito ed il carisma. Non è il Profeta, ma<br />
solo uno dei profeti. Bisogna non essere quello che il mondo apprezza, per riuscire a<br />
testimoniare a favore <strong>di</strong> Cristo.<br />
Lc 7 26 Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi <strong>di</strong>co, e più che un<br />
profeta. 27 Egli è colui del qu<strong>al</strong>e sta scritto: «Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,<br />
egli preparerà la via davanti a te».<br />
3. COSA DICI DI TE STESSO? (1,22)<br />
1.22 ei)=pan ou)=n au)t%=, Ti/j ei)=;<br />
i(/na a)po/krisin dw=men toi=j pe/myasin h(ma=j:<br />
ti/ le/geij peri\ seautou=;<br />
1,22 Dissero dunque a–lui: «Chi sei?<br />
Affinché <strong>di</strong>amo (una) risposta ai (nostri) mandanti.<br />
Che (cosa) <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> te–stesso?».<br />
«Affinché <strong>di</strong>amo una risposta a...»: <strong>Giovanni</strong> con la sua fermezza li ha obbligati a<br />
scoprire i MANDANTI. Si sente <strong>di</strong>etro ai sacerdoti e ai leviti la pesante presenza <strong>di</strong><br />
quell'autorità che li manda a controllare e che tenta <strong>di</strong> nascondersi: si tratta dei vari detentori<br />
del potere, tra i qu<strong>al</strong>i emergono i Farisei (v. 24). I componenti <strong>di</strong> questa delegazione,<br />
dunque, non si muovono per fare una sincera ricerca person<strong>al</strong>e, ma perché incaricati da<br />
parte dei <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> fare un’inquisizione (Gesù in 5,33.35 ricorderà ai Giudei questo<br />
episo<strong>di</strong>o, rimproverandoli perché solo per poco tempo hanno voluto gioire <strong>della</strong> luce).<br />
«Chi sei?»: questa domanda viene ripetuta tre volte (19.21 a .22 a ) e, insieme <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre due<br />
interrogazioni: «... sei tu?» (21 a .21 b ), denota l’insistenza nell’investigare, dovuta certamente<br />
<strong>al</strong>le forti pressioni fatte su <strong>di</strong> loro dai mandanti e <strong>al</strong>lo sconcerto <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> modo <strong>di</strong><br />
rispondere (netto e misterioso) ed <strong>al</strong>la figura carismatica del Battista.<br />
4. LE IMMAGINI DELLA VOCE E DELLA VIA (1,23)<br />
1.23 e)/fh, )Egw\ fwnh\ bow=ntoj e)n tv= e)rh/m%,<br />
Eu)qu/nate th\n o(do\n kuri/ou,<br />
kaqw\j ei)=pen )Hsai/aj o( profh/thj.<br />
1,23 Disse: «Io (sono) voce <strong>di</strong>–(uno)–che–grida nel deserto:<br />
' Raddrizzate la via de(l)–Signore!',<br />
come <strong>di</strong>sse Isaia, il Profeta».<br />
20
«Sono voce... che grida...»: il Battista è una voce che grida: il suo è l'urlo <strong>della</strong> fede <strong>di</strong><br />
fronte <strong>al</strong>la sor<strong>di</strong>tà del mondo, <strong>di</strong>ventato un deserto. Il fatto <strong>di</strong> gridare in<strong>di</strong>ca la forza<br />
profetica <strong>di</strong> colui che ha lo spirito <strong>di</strong> Elia. T<strong>al</strong>e grido continua ancora a risuonare oggi.<br />
«Raddrizzate la via del Signore»: è <strong>al</strong> Signore che bisogna preparare la via, togliendo gli<br />
ostacoli e le storture che r<strong>al</strong>lentano o impe<strong>di</strong>scono del tutto la sua venuta (cfr. Is 40,3). Il<br />
Signore viene a noi (cfr. 1,29-30) ed <strong>al</strong>lora accogliamolo con fede e amore.<br />
«Come <strong>di</strong>sse Isaia, il Profeta»: <strong>Giovanni</strong> sa trovare in Isaia la descrizione <strong>della</strong> sua<br />
IDENTITÀ e <strong>della</strong> sua VOCAZIONE, adattando a sé una profezia che in origine si riferiva<br />
<strong>al</strong>l'annuncio <strong>della</strong> fine <strong>della</strong> schiavitù a Babilonia (Is 40, 1-10).<br />
5. PERCHÉ BATTEZZI? (1,24-25)<br />
1.24 Kai\ a)pest<strong>al</strong>me/noi h)=san e)k tw=n Farisai/wn.<br />
1.25 kai\ h)rw/thsan au)to\n kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
Ti/ ou)=n bapti/zeij<br />
ei) su\ ou)k ei)= o( Xristo\j ou)de\ )Hli/aj ou)de\ o( profh/thj;<br />
1,24 Ed erano stati–mandati dai farisei [o C'erano anche inviati da–parte dei farisei].<br />
1,25 E lo interrogarono e <strong>di</strong>ssero a–lui:<br />
«Perché dunque battezzi,<br />
se tu non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?».<br />
«Ed erano stati mandati dai farisei»: il gruppo dei farisei era quello che maggiormente<br />
aveva paura del vero profetismo, avendo fatto <strong>della</strong> Legge <strong>di</strong> Mosè lo strumento princip<strong>al</strong>e<br />
per instaurare un forte potere soci<strong>al</strong>e e religioso. Abbiamo riportato anche una traduzione<br />
<strong>al</strong>ternativa, secondo la qu<strong>al</strong>e solo il gruppo mandato dai farisei s'interessa del perché<br />
<strong>Giovanni</strong> battezzi.<br />
«Perché dunque battezzi...?»: continua l'interrogatorio, che è anche un'accusa: «Chi ti ha<br />
dato l'autorità <strong>di</strong> battezzare (= immergere, inzuppare) e quin<strong>di</strong> creare un movimento,<br />
un'aggregazione, in qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Capo e Maestro?». Temevano che egli risvegliasse nel popolo<br />
eccessive esigenze <strong>di</strong> giustizia (<strong>Giovanni</strong> infatti parlava <strong>di</strong> conversione, pentimento,<br />
giu<strong>di</strong>zio e condanna dei m<strong>al</strong>vagi...). Che le profezie <strong>di</strong> Isaia trovassero nel Battista una<br />
sorprendente conferma, per i farisei non conta. Non leggono le Scritture per fare un<br />
<strong>di</strong>scernimento e capire i segni dei tempi.<br />
«Se tu non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?»: essi si basano su citazioni scritturistiche<br />
interpretate secondo i criteri delle loro scuole <strong>di</strong> pensiero ed attendono un ritorno fisico <strong>di</strong><br />
Elia. Gesù invece identifica questo profeta con il Battista solo in un senso mor<strong>al</strong>e (cfr. Mt<br />
11,14).<br />
6. IL SIMBOLO DELL'ACQUA (1,26a)<br />
1.26 a)pekri/qh au)toi=j o( )Iwa/nnhj le/gwn,<br />
)Egw\ bapti/zw e)n u(/dati:<br />
1,26 a Rispose loro <strong>Giovanni</strong>, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Io battezzo in acqua;<br />
Il battesimo <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> è solo ACQUA se confrontato con il CRISMA del MESSIA; è<br />
solo un umile servizio <strong>di</strong> uno schiavo indegno <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> suo Signore. Egli si reputa<br />
solamente una voce che si perde nel silenzio <strong>di</strong> un deserto, <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> Lógos che invece non<br />
passa. L'Acqua, come risulterà tra poco, viene vista nella sua pochezza, in antitesi con lo<br />
Spirito (cfr. 1,33). Eppure l'Acqua è importante come simbolo e sacramento dello Spirito<br />
(cfr. 3, 5). Anche la Carne (che è <strong>di</strong> per sé inefficiente) <strong>di</strong>venta importante se assunta d<strong>al</strong><br />
Lógos (1,13-14).<br />
21
Ez 36 25 Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le<br />
vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; 26 vi darò un cuore nuovo, metterò dentro <strong>di</strong> voi uno<br />
spirito nuovo...<br />
7. TRA VOI STA UNO CHE NON CONOSCETE (1,26b-27) me/soj u(mw=n e(/sthken o(\n u(mei=j ou)k oi)/date,<br />
1.27 o( o)pi/sw mou e)rxo/menoj,<br />
ou(= ou)k ei)mi\ e)gw\ a) /cioj i(/na lu/sw au)tou= to\n i(ma/nta tou= u(podh/matoj.<br />
1,26 b in–mezzo–a voi sta uno–che voi non conoscete,<br />
1,27 che dopo–<strong>di</strong> me viene,<br />
<strong>al</strong>–qu<strong>al</strong>e non sono io degno <strong>di</strong> sciogliere i legacci del suo sand<strong>al</strong>o».<br />
«In mezzo a voi sta uno...»: adesso il Battista annuncia il Messia. Il Cristo è già una<br />
presenza (sta in mezzo…). L'uomo si trova davanti ad un fatto compiuto, ad un dono <strong>di</strong> Dio,<br />
forse scomodo, ma inevitabile.<br />
«Voi non conoscete»: <strong>Giovanni</strong> ha il coraggio <strong>di</strong> denunciare l'ignoranza dei suoi<br />
interroganti. A loro non <strong>di</strong>ce chi è esattamente il Messia e dove si trova. Li invita solo<br />
tacitamente a mettersi <strong>al</strong>la sua scuola fino a quando egli non crederà opportuno rivelare loro<br />
chi è quest'UNO grande, glorioso, che invade la storia.<br />
«Dopo <strong>di</strong> me viene»: venendo dopo, quest'uomo mette fine <strong>al</strong>l'opera <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, ma per<br />
lui è un onore e una gioia averlo preceduto e servito. Gli inviati sono andati con il timore <strong>di</strong><br />
trovarsi <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> MESSIA. Se ne vanno con un INCUBO: il Messia è presente (sta in<br />
mezzo), ma per ora è IGNOTO. Questo fatto, che dovrebbe motivarli ad una ricerca<br />
appassionata, <strong>di</strong>venta per loro un ulteriore motivo <strong>di</strong> inquietu<strong>di</strong>ne. La TESTIMONIANZA<br />
del Battista che, per l'uomo <strong>di</strong> buona volontà è bella e gioiosa, si cambia in una MINACCIA<br />
per chi è prevenuto contro la verità.<br />
«Al qu<strong>al</strong>e non sono io degno <strong>di</strong> sciogliere i legacci del suo sand<strong>al</strong>o»: il Messia c<strong>al</strong>za i<br />
sand<strong>al</strong>i del viandante. Egli viene in mezzo a noi. I suoi pie<strong>di</strong> sono degni del nostro onore<br />
(cfr. Is 52,7). Il Battista non ha l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> Betania (12,3). Per lui il Cristo è<br />
t<strong>al</strong>mente grande che non si sente <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tezza <strong>di</strong> toccargli anche solo i sand<strong>al</strong>i. I pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Dio,<br />
nel linguaggio mistico, rappresentano il punto <strong>di</strong> contatto tra noi e lui.<br />
8. AVVENNE IN BETANIA (1,28)<br />
1.28 Tau=ta e)n Bhqani/# e)ge/neto pe/ran tou= )Iorda/nou,<br />
o(/pou h)=n o( )Iwa/nnhj bapti/zwn.<br />
1,28 Questo in Betania avvenne, <strong>al</strong>–<strong>di</strong>–là del Giordano,<br />
dove <strong>Giovanni</strong> stava battezzando.<br />
Questa Betania (<strong>di</strong>fficilmente loc<strong>al</strong>izzabile), stando a quanto afferma l'Evangelista, era<br />
fuori <strong>della</strong> Terra santa e questo fatto può in<strong>di</strong>care il carattere <strong>di</strong> preparazione tipico<br />
dell'attività <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (cfr. Gv 10,40; Gios 1,14). Un luogo geografico <strong>di</strong>venta un luogo<br />
teologico, perché Dio interviene per mezzo dei suoi Profeti, anche <strong>al</strong> <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> Israele e<br />
delle sue istituzioni. Perciò in esso comincia a re<strong>al</strong>izzarsi il dramma dell'accettazione o del<br />
rifiuto <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
CONCLUSIONE INTERMEDIA<br />
Quattro immagini (l’UNTO, la VOCE, la VIA e l'ACQUA) caratterizzano questa parte<br />
del capitolo <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>. Il CRISTO ancora non si vede e già riempie l'orizzonte con la sua<br />
presenza reg<strong>al</strong>e. Per ora nessuno lo conosce oppure lo vede venire, se non il Battista con la<br />
sua fede lungimirante. Quello che il popolo può attu<strong>al</strong>mente sentire e vedere è la VOCE del<br />
22
precursore e l'ACQUA nella qu<strong>al</strong>e il Battista immerge i penitenti: SEGNI semplici, ma che<br />
in questo caso sono precisi e chiari STRUMENTI <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza che Dio comincia ad<br />
operare.<br />
ATTUALIZZAZIONE. Ancora oggi nella mia comunità i SEGNI per mezzo dei qu<strong>al</strong>i il<br />
Cristo mi chiama e mi s<strong>al</strong>va sono quelli <strong>della</strong> VOCE e dell'ACQUA: la pre<strong>di</strong>cazione del<br />
<strong>Vangelo</strong> e il Battesimo che ho ricevuto sono gli strumenti poveri ed efficaci per la mia vita<br />
<strong>di</strong> fede. Che cosa sto aspettando per decidermi a preparare dentro <strong>di</strong> me una VIA <strong>di</strong>ritta per<br />
il Signore?<br />
- II - L'AGNELLO E LA COLOMBA<br />
NOTA INTRODUTTIVA: la TESTIMONIANZA <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> si concretizza<br />
nell'in<strong>di</strong>care presenti due re<strong>al</strong>tà per mezzo <strong>di</strong> due ICONE: quella dell'AGNELLO, che è il<br />
Cristo che viene, e quella <strong>della</strong> COLOMBA, che è lo Spirito che scende d<strong>al</strong> cielo.<br />
1. L'ICONA DELL'AGNELLO (1,29)<br />
1.29 Tv= e)pau/rion ble/pei to\n )Ihsou=n e)rxo/menon pro\j au)to/n kai\ le/gei,<br />
)/Ide o( a)mno\j tou= qeou= o( ai)/rwn th\n a(marti/an tou= ko/smou.<br />
1,29 Il giorno–dopo, (<strong>Giovanni</strong>) vede Gesù che–viene verso–<strong>di</strong> lui e <strong>di</strong>ce:<br />
«Ecco [Guarda] l'Agnello <strong>di</strong>–Dio, che toglie il peccato del mondo!».<br />
«Vede (blépo) Gesù»: è un vedere in profon<strong>di</strong>tà, con gli occhi <strong>della</strong> fede (un vedere<br />
carico). Il soggetto è implicito: si tratta del Battista.<br />
«Gesù che viene»: venire è la prima azione <strong>di</strong> Gesù registrata d<strong>al</strong>l’Evangelista. È anche<br />
la prima volta che il Cristo viene chiamato solo con il suo nome (Gesù). In questo venire<br />
fisico del Cristo si può vedere ciò che in Gesù è essenzi<strong>al</strong>e: egli è colui che, inviato d<strong>al</strong><br />
Padre, viene in mezzo a noi a portare la s<strong>al</strong>vezza.<br />
«E <strong>di</strong>ce»: il Battista non tace, ma esprime la sua fede. La testimonia con la parola e con<br />
la vita.<br />
«Ecco [Guarda]...»: è un invito a vedere così come lui sa fare.<br />
«L'Agnello»: cioè la mite vittima pasqu<strong>al</strong>e che si sacrifica per togliere il peccato del<br />
mondo (Es 12,5). Peccato (<strong>al</strong> singolare), per in<strong>di</strong>care una situazione, uno stato perdurante <strong>di</strong><br />
ingiustizia e m<strong>al</strong>vagità, <strong>di</strong> chiusura <strong>al</strong>la luce e <strong>al</strong>la fede.<br />
Apc 5,6 Poi vi<strong>di</strong> ritto in mezzo <strong>al</strong> trono, circondato dai quattro esseri viventi e dai<br />
vegliar<strong>di</strong>, un Agnello, come immolato... (Cfr. anche 1 Cor 5,7; 1 Pt 1,18).<br />
2. ERA PRIMA DI ME (1,30)<br />
1.30 ou(=to/j e)stin u(pe\r ou(= e)gw\ ei)=pon,<br />
)Opi/sw mou e)/rxetai a)nh\r o(\j e)/mprosqe/n mou ge/gonen,<br />
o(/ti prw=to/j mou h)=n.<br />
1,30 Questi è (colui) del qu<strong>al</strong>e io ho–detto:<br />
'Dopo–<strong>di</strong> me viene (un) uomo che avanti–a me è–esistito,<br />
perché era prima–<strong>di</strong> me'.<br />
Gesù viene dopo nel tempo, ma esiste prima nella <strong>di</strong>mensione dell’eternità. Il Battista lo<br />
presenta come uomo (’anèr = maschio), termine con cui sovente si in<strong>di</strong>ca lo sposo.<br />
3. AFFINCHÉ FOSSE MANIFESTATO (1,31)<br />
1.31 ka)gw\ ou)k v)/dein au)to/n,<br />
a)ll' i(/na fanerwqv= t%= )Israh\l<br />
<strong>di</strong>a\ tou=to h)=lqon e)gw\ e)n u(/dati bapti/zwn.<br />
23
1,31 E–io non lo conoscevo,<br />
ma affinché fosse–manifestato a–Israele,<br />
per questo sono–venuto io (a) battezzare in acqua».<br />
«Io non lo conoscevo»: se non per sentito <strong>di</strong>re, se non per la testimonianza <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri<br />
(pensiamo a Zaccaria ed Elisabetta qu<strong>al</strong>i suoi educatori <strong>al</strong>la fede: Lc 1,67-79).<br />
«Affinché fosse manifestato a Israele… sono venuto io»: presentare il Messia è la<br />
specifica missione del Battista, prima verso Israele e poi verso tutto il mondo. T<strong>al</strong>e<br />
rivelazione avviene ad opera del Padre, soprattutto nel giorno del Battesimo <strong>di</strong> Gesù <strong>al</strong><br />
Giordano (fosse manifestato è un passivo <strong>di</strong>vino). Anche noi siamo chiamati a riconoscere il<br />
Messia.<br />
«A battezzare in acqua»: ben <strong>di</strong>versamente d<strong>al</strong> Cristo che battezza con lo Spirito <strong>San</strong>to.<br />
Ma questo è pur sempre un battesimo che aiuta a prepararsi a quello vero. Il Battista, nel suo<br />
piccolo, con l'esercizio <strong>della</strong> sua missione, imita l'opera del Messia: infatti anche <strong>Giovanni</strong><br />
viene, battezza (anche se solo con acqua) e promuove una rivelazione.<br />
4. L'ICONA DELLA COLOMBA (1,32)<br />
1.32 Kai\ e)martu/rhsen )Iwa/nnhj le/gwn o(/ti<br />
Teqe/amai to\ pneu=ma katabai=non w(j peristera\n e)c ou)ranou=<br />
kai\ e)/meinen e)p' au)to/n.<br />
1,32 E testimoniò <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong>cendo:<br />
«Ho–contemplato lo Spirito scendere come colomba da(l) Cielo<br />
e rimanere su–<strong>di</strong> lui».<br />
«Testimoniò»: perché aveva sperimentato e ammirato. Egli non ha una conoscenza<br />
nozionistica, ma <strong>di</strong>retta e vit<strong>al</strong>e.<br />
«Ho contemplato lo Spirito scendere... d<strong>al</strong> Cielo»: <strong>Giovanni</strong> ha avuto una fortissima<br />
esperienza mistica che ha rivoluzionato il suo modo <strong>di</strong> conoscere Cristo. Gesù per lui ora è<br />
l'uomo su cui si posa e rimane lo Spirito che scende da Dio (d<strong>al</strong> Cielo).<br />
«Come colomba»: fin d<strong>al</strong> racconto <strong>della</strong> Genesi la colomba è il simbolo <strong>della</strong> pace, <strong>della</strong><br />
vita e <strong>della</strong> speranza. Nel Cantico la sposa viene chiamata colomba.<br />
LA COLOMBA SCENDE E RIMANE SULL'AGNELLO. L'agnello (anim<strong>al</strong>e terrestre:<br />
simbolo dell'umanità <strong>di</strong> Cristo) e la colomba (anim<strong>al</strong>e celeste: simbolo <strong>della</strong> <strong>di</strong>vinità) si<br />
sposano in Gesù. Si tratta delle nozze messianiche: l'umanità si impregna <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità (cfr. Is<br />
11,1 ss. e 61,1 ss.).<br />
5. BATTEZZA IN SPIRITO SANTO (1,33)<br />
1.33 ka)gw\ ou)k v)/dein au)to/n,<br />
a)ll' o( pe/myaj me bapti/zein e)n u(/dati e)kei=no/j moi ei)=pen,<br />
)Ef' o(\n a)\n i)/dvj to\ pneu=ma katabai=non kai\ me/non e)p' au)to/n,<br />
ou(=to/j e)stin o( bapti/zwn e)n pneu/mati a(gi/%.<br />
1,33 «E–io non lo conoscevo,<br />
ma Colui–che mi ha–mandato (a) battezzare in acqua, lui mi <strong>di</strong>sse:<br />
'(Colui) sul qu<strong>al</strong>e vedrai lo Spirito scendere e rimanere su–<strong>di</strong> lui,<br />
questi è colui che–battezza in Spirito <strong>San</strong>to'».<br />
«E io non lo conoscevo»: il Battista ripete questa accorata ed umile confessione. Forse<br />
per manifestare un grande rimpianto; forse per chiedere scusa a Dio e <strong>al</strong>l'umanità per questa<br />
sua nescienza; forse per stimolare gli ascoltatori a non ignorare il Cristo, ma a fare una vera<br />
esperienza <strong>di</strong> lui. Il Battista, prima del Battesimo <strong>di</strong> Cristo, conosceva quest'ultimo<br />
attraverso una via or<strong>di</strong>naria, dopo lo conosce in modo mistico, in base ad un evento<br />
straor<strong>di</strong>nario.<br />
24
«Chi mi ha mandato... mi <strong>di</strong>sse...»: a <strong>Giovanni</strong> è stato dato da Dio un segno<br />
inequivocabile: avrebbe riconosciuto l'Agnello per mezzo <strong>della</strong> Colomba.<br />
«Colui sul qu<strong>al</strong>e vedrai lo Spirito scendere e rimanere... è colui che battezza in Spirito»:<br />
Gesù è presentato come la Dimora dello Spirito ed il vero Battezzatore. Scendere implica un<br />
movimento d<strong>al</strong>l’Alto verso il basso (d<strong>al</strong> Cielo verso la terra). Rimanere in<strong>di</strong>ca una presenza<br />
mistica permanente. T<strong>al</strong>e <strong>di</strong>vina presenza ha tante forme, espresse nel IV <strong>Vangelo</strong> con le<br />
frasi: rimanere su… con… in… L'azione del battezzare concretizza t<strong>al</strong>e presenza<br />
immergendo il credente nello Spirito.<br />
L'AGNELLO RICEVE, OSPITA E DONA LA COLOMBA, immergendo i <strong>di</strong>scepoli<br />
nell'acqua viva dello Spirito <strong>di</strong> santità.<br />
6. IL FIGLIO DI DIO (1,34)<br />
1.34 ka)gw\ e(w/raka, kai\ memartu/rhka<br />
o(/ti ou(=to/j e)stin o( ui(o\j tou= qeou=.<br />
1,34 «E–io vedo e testimonio [oppure ho–visto e testimoniato]<br />
che questi è il Figlio <strong>di</strong>–Dio!».<br />
«Vedo e testimonio»: il vedere, comprendendo in profon<strong>di</strong>tà, per lui è un’esperienza viva<br />
che gli è data <strong>di</strong> fare (un dono); il testimoniare ne è la natur<strong>al</strong>e conseguenza (un dovere). In<br />
pochissimi vv. (d<strong>al</strong> v. 7 <strong>al</strong> 34), l’Evangelista parla ben sette volte <strong>della</strong> testimonianza <strong>di</strong><br />
<strong>Giovanni</strong> Battista (testimone oculare <strong>della</strong> luce, del Logos Unigenito, <strong>della</strong> <strong>di</strong>scesa dello<br />
Spirito, <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la delegazione sacerdot<strong>al</strong>e e a tutti).<br />
«Il Figlio <strong>di</strong> Dio»: per esprimere chi è Gesù, il Battista usa le parole <strong>di</strong> Isaia (Is 42,12).<br />
In queste parole riecheggia anche la voce del Padre: «Tu sei il mio Figlio pre<strong>di</strong>letto, in te mi<br />
sono compiaciuto!» (Mt 3,22). Da quanto <strong>di</strong>chiarato nei vv. 33-34 intuiamo, in qu<strong>al</strong>che<br />
misura, in che cosa consiste la nuova e superiore conoscenza che il Battista ha del Cristo. In<br />
confronto ad essa, quello che egli sapeva prima ormai gli sembra un nulla (non lo<br />
conoscevo). Ricapitoliamo brevemente l’insegnamento del Precursore, invertendo l’or<strong>di</strong>ne:<br />
Gesù è il Figlio <strong>di</strong> Dio Padre, pertanto è Colui che battezza in Spirito <strong>San</strong>to e, in questo<br />
modo, toglie il peccato del mondo.<br />
Questo testo è molto adatto per una catechesi battesim<strong>al</strong>e<br />
CONCLUSIONE<br />
<strong>Giovanni</strong> Battista collabora ad una RIVELAZIONE del CRISTO a tutto Israele,<br />
rivelazione <strong>di</strong> cui egli per primo ha fatto esperienza e <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e si sente testimone, costi<br />
quello che costi. Le sue parole scendono come un <strong>Vangelo</strong> nel cuore <strong>di</strong> coloro che cercano<br />
sinceramente Dio, ma sono una provocazione inaccettabile per i farisei.<br />
Ancor oggi per noi l'esperienza e la testimonianza del Battista sono <strong>di</strong> una importanza<br />
straor<strong>di</strong>naria data la loro forza ed autenticità.<br />
La FIGURA del Cristo fin<strong>al</strong>mente si concretizza in un uomo (sposo), Gesù <strong>di</strong> Nazaret,<br />
che viene in mezzo ai peccatori penitenti, pieno <strong>di</strong> mitezza e semplicità (virtù in<strong>di</strong>cate<br />
d<strong>al</strong>l'ICONA dell'Agnello). Su <strong>di</strong> lui il PADRE d<strong>al</strong> cielo fa scendere lo SPIRITO <strong>di</strong> santità<br />
(in<strong>di</strong>cato d<strong>al</strong>la Colomba), perché egli è il FIGLIO che battezza in Spirito <strong>San</strong>to.<br />
Pochi segni, molto chiari e forti, <strong>di</strong> cui <strong>Giovanni</strong> pare l'unico testimone, e in base ai qu<strong>al</strong>i<br />
anche noi oggi, come gli uomini <strong>di</strong> <strong>al</strong>lora, siamo chiamati a cambiare il nostro modo <strong>di</strong><br />
vivere.<br />
Notiamo che a completamento dei Sinottici (che insistono subito fortemente su <strong>di</strong> un<br />
forte ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>ismo evangelico nelle opere) il <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> eccelle nel proporre un<br />
ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>ismo <strong>della</strong> fede (suscitato d<strong>al</strong>la testimonianza e d<strong>al</strong>la catechesi) da vivere innanzi<br />
tutto in un clima simbolico e liturgico (la figura dell'Agnello richiama i riti sacrific<strong>al</strong>i del<br />
25
tempio, il Battezzare è un'azione liturgica). Solo in seguito si dovrà passare <strong>al</strong> fare (cfr.<br />
13,17 Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica).<br />
26
VENITE E VEDRETE Unità 03<br />
La vocazione dei primi cinque <strong>di</strong>scepoli (1,35-51)<br />
PRESENTAZIONE: la prima cosa che Gesù fa, dopo essere venuto ed essersi<br />
manifestato, è quella <strong>di</strong> attirare a sé, senza <strong>di</strong>re neppure una parola, i primi due apostoli (I<br />
parte). A questa prima scena segue l'incontro con Simone (II) e, poi, quello con Filippo (III)<br />
e con Natanaele (IV).<br />
- I - DUE DISCEPOLI SEGUIRONO GESÙ<br />
1. FISSANDO GESÙ CHE PASSAVA (1,35-36)<br />
1.35 Tv= e)pau/rion pa/lin ei(sth/kei o( )Iwa/nnhj kai\ e)k tw=n maqhtw=n au)tou= du/o<br />
1.36 kai\ e)mble/yaj t%= )Ihsou= peripatou=nti le/gei,<br />
)/Ide o( a)mno\j tou= qeou=.<br />
1,35 Il giorno–dopo <strong>di</strong>–nuovo stava <strong>Giovanni</strong> e due dei suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
1,36 e, fissando Gesù che–passava, <strong>di</strong>ce:<br />
«Ecco [Guardate] l'Agnello <strong>di</strong>–Dio!»<br />
«Il giorno dopo»: è già il terzo giorno a cominciare d<strong>al</strong>l'incontro con la delegazione<br />
inviata dai farisei.<br />
«Stava <strong>Giovanni</strong>»: il precursore appare come figura ferma e statica (stava) e, perciò,<br />
stabile.<br />
«<strong>Giovanni</strong> e due... dei suoi <strong>di</strong>scepoli»: i profeti sono felici <strong>di</strong> stare con dei <strong>di</strong>scepoli<br />
attenti e volenterosi. E per i <strong>di</strong>scepoli è vantaggioso stare vicino ai gran<strong>di</strong> maestri: c'è<br />
sempre qu<strong>al</strong>che cosa <strong>di</strong> bello da imparare, qu<strong>al</strong>che novità da sperimentare. Il Battista ha<br />
molti <strong>di</strong>scepoli, ma pochi sono i fedelissimi.<br />
«Fissando (’em-blépo) Gesù...»: in 1,29 si parlava <strong>di</strong> vedere, qui si esprime maggiore<br />
intensità (fissare). Tenere fisso lo sguardo su Gesù è la cosa più bella ed importante che<br />
possiamo fare. Egli è il modello da guardare nella contemplazione dei suoi gesti e da imitare<br />
nel concreto <strong>della</strong> vita.<br />
«Gesù che passava...»: Gesù appare in movimento e in azione. Egli passa e non bisogna<br />
farci sfuggire l'occasione, forse irrepetibile, <strong>di</strong> incontrarlo.<br />
«Dice: Ecco (Guardate) l'Agnello <strong>di</strong> Dio!»: il Battista ripresenta Gesù utilizzando l'icona<br />
dell'AGNELLO pasqu<strong>al</strong>e, mandato da Dio. Per chi era stato istruito <strong>al</strong>la scuola del<br />
Precursore, questo breve messaggio era sufficiente per richiamare tutto il suo insegnamento<br />
che culminava con il presentarlo come il Figlio <strong>di</strong> Dio. L'invito a seguire Gesù è sottinteso,<br />
ma ben chiaro...; d'<strong>al</strong>tra parte, un Agnello non incute paura.<br />
Ebr 12 1 Anche noi, dunque, circondati da un così gran numero <strong>di</strong> testimoni, deposto<br />
tutto ciò che è <strong>di</strong> peso e il peccato che ci intr<strong>al</strong>cia, corriamo con perseveranza nella corsa,<br />
2 tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore <strong>della</strong> fede...<br />
2. CHE COSA CERCATE? (1,37-38)<br />
1.37 kai\ h)/kousan oi( du/o maqhtai\ au)tou= l<strong>al</strong>ou=ntoj kai\ h)kolou/qhsan t%= )Ihsou=.<br />
1.38 strafei\j de\ o( )Ihsou=j kai\ qeasa/menoj au)tou\j a)kolouqou=ntaj le/gei au)toi=j,<br />
Ti/ zhtei=te;<br />
oi( de\ ei)=pan au)t%=,<br />
(Rabbi/, o(\ le/getai meqermhneuo/menon Dida/sk<strong>al</strong>e, pou= me/neij;<br />
1,37 E i due <strong>di</strong>scepoli lo sentirono parlare e seguirono Gesù.<br />
1,38 Voltatosi <strong>al</strong>lora Gesù, e vedendo (che) essi (lo) seguivano, <strong>di</strong>ce loro:<br />
27
«Che (cosa) cercate?».<br />
Essi <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>ssero a–lui:<br />
«Rabbì, che tradotto vuol–<strong>di</strong>re: Maestro, dove <strong>di</strong>mori?»<br />
«Lo sentirono parlare...»: hanno imparato ad ascoltare, a capire il linguaggio dei<br />
simboli; hanno imparato a vedere, affascinati d<strong>al</strong>lo sguardo luminoso <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> che si<br />
fissa sul Cristo.<br />
«Seguirono Gesù»: non invitati da Gesù, prendono l’iniziativa <strong>di</strong> seguirlo, <strong>di</strong> avviarsi<br />
verso un'avventura senza precedenti. Essi lo seguirono subito, sapendo già, anche se solo in<br />
modo inizi<strong>al</strong>e, che era l'Agnello e il Figlio <strong>di</strong> Dio... Non una parola in più <strong>di</strong> ulteriore<br />
spiegazione. La strada la inventa lui. Il termine seguire in<strong>di</strong>ca una delle componenti<br />
essenzi<strong>al</strong>i del <strong>di</strong>scepolato: implica un cammino guidato d<strong>al</strong> Messia.<br />
«Gesù… vedendo (theáomai) che essi lo seguivano»: il Maestro per la prima volta nota il<br />
rumore dei timi<strong>di</strong> passi che lo seguono. Quasi contempla (theáomai) il movimento <strong>di</strong><br />
sequela che scatenerà nella storia.<br />
«Dice loro: Che cosa cercate?»: non ti domanda chi sei (come facevano i farisei con il<br />
Battista), ma cosa cerchi, cioè: qu<strong>al</strong>i sono i tuoi desideri, qu<strong>al</strong>e è la serietà <strong>della</strong> tua ricerca.<br />
Vuole conoscere i tuoi interessi e sapere quanto spazio hai lasciato dentro per le cose che<br />
durano. Ti aiuta a conoscere te stesso, le tue vere motivazioni. Cosa rispon<strong>di</strong>amo a questa<br />
domanda?<br />
«Rabbì, ... dove <strong>di</strong>mori (méno)?»: i due rispondono, a loro volta, con una domanda,<br />
perché non è facile per loro <strong>di</strong>re che cosa cercano. Nessuno conosce facilmente la natura<br />
delle proprie intenzioni. L'avventura spiritu<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>l'inizio, è sempre un s<strong>al</strong>to nell'ignoto.<br />
Nella loro domanda, però, è già contenuta una certa risposta <strong>al</strong>la richiesta <strong>di</strong> Gesù. Gli<br />
vogliono <strong>di</strong>re: «Abbiamo preso una decisione seria: sappiamo che sei un Maestro (una<br />
persona ragguardevole, un'autorità: Rabbì in<strong>di</strong>ca tutte queste cose), vogliamo conoscerti<br />
entrando nella tua re<strong>al</strong>tà abitu<strong>al</strong>e; noi stessi, poi, abbiamo bisogno <strong>di</strong> rimanere con te per<br />
chiarire che cosa ci sta succedendo... ». Più tar<strong>di</strong> scopriranno che egli, che è abitato d<strong>al</strong>lo<br />
Spirito, <strong>di</strong>mora nel seno del Padre (1,18) e nel cuore dei suoi amici (14,23).<br />
GIOVANNI BATTISTA LO CHIAMA AGNELLO, ESSI LO CHIAMANO MAESTRO.<br />
Che cosa impareranno <strong>al</strong>la Scuola dell'Agnello?<br />
Apc 14,4 ...Questi ... sono infatti vergini e seguono l'Agnello dovunque vada. Essi sono<br />
stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello.<br />
3. VENITE E VEDRETE (1,39)<br />
1.39 le/gei au)toi=j,<br />
)/Erxesqe kai\ o)/yesqe.<br />
h)=lqan ou)=n kai\ ei)=dan pou= me/nei<br />
kai\ par' au)t%= e)/meinan th\n h(me/ran e)kei/nhn:<br />
w(/ra h)=n w(j deka/th.<br />
1,39 <strong>di</strong>ce loro:<br />
«Venite e vedrete!»<br />
Andarono dunque e videro dove <strong>di</strong>morava<br />
e presso–<strong>di</strong> lui rimasero quel giorno.<br />
Era circa (l')ora decima.<br />
«Venite e vedrete»: prima devi muoverti, uscire d<strong>al</strong>le tue sicurezze e poi vedrai le<br />
meraviglie <strong>di</strong> Dio e farai l'esperienza person<strong>al</strong>e <strong>della</strong> vicinanza <strong>di</strong> Dio.<br />
«Andarono e videro dove <strong>di</strong>morava (méno)...»: un luogo, forse una tenda (egli che mise<br />
la tenda in mezzo a noi), il suo soggiorno austero in un luogo desertico. Ricor<strong>di</strong>amo che qui<br />
i <strong>di</strong>scepoli sono due: una piccola plur<strong>al</strong>ità. L'esperienza <strong>di</strong> fede, oltre che person<strong>al</strong>e, è<br />
sempre anche comunitaria.<br />
28
«Presso <strong>di</strong> lui rimasero (méno) quel giorno. Era circa l'ora decima»: un'ora (le quattro<br />
del pomeriggio) e un giorno preciso che cambiano la storia <strong>della</strong> loro vita e del mondo: si<br />
convincono che Gesù è il MESSIA. Il tempo acquista un <strong>al</strong>tro v<strong>al</strong>ore: <strong>di</strong>venta occasione <strong>di</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza (il khrònos <strong>di</strong>venta kairòs). Il rimanere fisico (méno: 3x) inizia ad essere il segno <strong>di</strong><br />
una intimità spiritu<strong>al</strong>e e mistica.<br />
- II - ANDREA TROVA SIMONE<br />
1. ABBIAMO TROVATO IL MESSIA (1,40-41)<br />
1.40 )=Hn )Andre/aj o( a)delfo\j Si/mwnoj Pe/trou ei(=j e)k tw=n du/o<br />
tw=n a)kousa/ntwn para\ )Iwa/nnou kai\ a)kolouqhsa/ntwn au)t%=:<br />
1.41 eu(ri/skei ou(=toj prw=ton to\n a)delfo\n to\n i)/<strong>di</strong>on Si/mwna kai\ le/gei au)t%=,<br />
Eu(rh/kamen to\n Messi/an, o(/ e)stin meqermhneuo/menon Xristo/j:<br />
1,40 Era Andrea, il fratello <strong>di</strong>–Simon Pietro, uno dei due,<br />
che avevano–ascoltato da <strong>Giovanni</strong> e lo avevano–seguito.<br />
1,41 Questi trova per–primo il proprio fratello Simone e gli <strong>di</strong>ce:<br />
«Abbiamo–trovato il Messia, che è tradotto: Cristo».<br />
«Andrea» non può contenere lo stupore per la sua scoperta (l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo era, con<br />
ogni probabilità, <strong>Giovanni</strong> stesso). E noi assistiamo <strong>al</strong> contagio <strong>di</strong> un’esperienza<br />
testimoniata con amore e con grande entusiasmo.<br />
«Avevano ascoltato da <strong>Giovanni</strong> e lo avevano seguito»: erano passati d<strong>al</strong>l'ascolto <strong>al</strong>la<br />
sequela. Da come si esprime l’Evangelista è chiaro che il Battista aveva l’intenzione <strong>di</strong><br />
indurre i suoi ascoltatori a seguire Cristo. Andrea, così come l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo innominato,<br />
sono uomini <strong>di</strong> fatti concreti e non solo <strong>di</strong> pii desideri.<br />
«Trova per primo il proprio fratello Simone»: forse lo cerca con ansia, per poter<br />
comunicare a lui (come primo <strong>di</strong> una lunga serie <strong>di</strong> fratelli) la grande novità. La loro è una<br />
fraternità anche spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«Abbiamo trovato il Messia»: non ha avuto paura del Messia, a <strong>di</strong>fferenza dei Giudei.<br />
Andrea non vede l’ora <strong>di</strong> annunciare a Simone la sua scoperta (anzi, la loro scoperta; usa<br />
infatti il plur<strong>al</strong>e: abbiamo trovato…).<br />
«È tradotto: Cristo»: ren<strong>di</strong>amoci conto <strong>di</strong> chi hanno trovato: nientemeno che il<br />
consacrato d<strong>al</strong>lo Spirito, l'Unto del Signore, l'atteso da tutto il popolo <strong>della</strong> promessa, il<br />
culmine <strong>della</strong> speranza... Questo episo<strong>di</strong>o denota che anche Pietro era <strong>al</strong>la ricerca e in<br />
aspettativa del Messia.<br />
Mt 13,44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo<br />
trova... poi va, pieno <strong>di</strong> gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.<br />
2. LO CONDUSSE DA GESÙ (1,42a )<br />
1.42 h)/gagen au)to\n pro\j to\n )Ihsou=n.<br />
1,42 a Lo condusse da Gesù.<br />
Che grazia avere qu<strong>al</strong>cuno che ti cerca per condurti da Gesù! Che bello condurre gli <strong>al</strong>tri<br />
a Gesù! Se qu<strong>al</strong>cuno ci ha condotti, siamo riconoscenti; ma adesso tocca a noi: la fede crea<br />
dei trascinatori.<br />
3. SARAI CHIAMATO KEFAS (1,42 b )<br />
e)mble/yaj au)t%= o( )Ihsou=j ei)=pen,<br />
Su\ ei)= Si/mwn o( ui(o\j )Iwa/nnou,<br />
su\ klhqh/sv Khfa=j o(\ e(rmhneu/etai Pe/troj.<br />
1,42 b Fissandolo, Gesù <strong>di</strong>sse:<br />
29
«Tu sei Simone, il figlio <strong>di</strong>–<strong>Giovanni</strong>.<br />
Tu sarai–chiamato Kefas, che si–traduce: Pietro».<br />
«Fissandolo, Gesù <strong>di</strong>sse: Tu sei Simone, il figlio <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>»: Gesù lo guarda con<br />
intensità, nel profondo. Conosce già il suo nome e quello <strong>di</strong> suo padre (<strong>al</strong>cuni <strong>di</strong>cono che<br />
forse si tratta del padre spiritu<strong>al</strong>e: il Battista). E senza interpellarlo gli dà un nome nuovo,<br />
gli profetizza una missione speci<strong>al</strong>e. In questo sguardo e in queste parole ve<strong>di</strong>amo il primo<br />
dei 12 segni del primo Tempo. Perché lo chiama Pietro (anzi Kefas, macigno, in aramaico)?<br />
Gesù non è venuto a costruire dei p<strong>al</strong>loni gonfiati, ma delle rocce. Simone tace e cambia<br />
interiormente. Egli è qui il Tipo <strong>di</strong> coloro in cui l'azione <strong>di</strong> Gesù e degli <strong>al</strong>tri è prev<strong>al</strong>ente,<br />
mentre Andrea è quello <strong>di</strong> coloro che hanno maggiore iniziativa person<strong>al</strong>e. Rifletti: Gesù ci<br />
guarda tutti intensamente, ci conosce per nome e nell'intimo e ci trasforma in rocce per<br />
un'avventura senza paure.<br />
- III - GESÙ TROVA FILIPPO<br />
1. VOLLE PARTIRE (1,43 a )<br />
1.43 Tv= e)pau/rion h)qe/lhsen e)celqei=n ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an<br />
kai\ eu(ri/skei Fi/lippon.<br />
1,43 a Il giorno–dopo volle recarsi in G<strong>al</strong>ilea<br />
e trova Filippo.<br />
«Volle recarsi in G<strong>al</strong>ilea»: Gesù non si ferma. Non si accontenta delle prime conquiste.<br />
Ha molti amici da incontrare. Tre <strong>di</strong>scepoli sono pochi. Parte per la G<strong>al</strong>ilea, patria sua e dei<br />
primi tre <strong>di</strong>scepoli: bisogna compromettersi con i propri parenti e conoscenti che forse<br />
costituiscono l'ambiente più <strong>di</strong>fficile per la testimonianza <strong>di</strong> una novità così grande.<br />
«Trova Filippo»: forse anche Filippo era nella zona in cui il Battista operava (Filippo =<br />
Amante dei cav<strong>al</strong>li: nome greco).<br />
2. SEGUIMI (1,43 b )<br />
kai\ le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
)Akolou/qei moi.<br />
1,43 b E gli <strong>di</strong>ce Gesù:<br />
«Seguimi!»<br />
«Gli <strong>di</strong>ce»: questa volta è Gesù che ha l’iniziativa e lo invita.<br />
«Seguimi»: questa parola da sola sintetizza tutta l'avventura <strong>della</strong> fede e dell'apostolato<br />
(come anche avvenne nella chiamata <strong>di</strong> Matteo: Mt 9,9). Credere, amare e servire sono visti<br />
come un camminare <strong>di</strong>etro a lui. Impariamo a non stancarci nel camminare <strong>al</strong> suo seguito;<br />
<strong>di</strong>sponiamoci ad andare dovunque lui vada, senza temere l'ignoto...<br />
3. ERA DI BETSAIDA (1,44)<br />
1.44 h)=n de\ o( Fi/lippoj a)po\ Bhqsaida/, e)k th=j po/lewj )Andre/ou kai\ Pe/trou.<br />
1,44 Filippo, ora, era da Betsaida, d<strong>al</strong>la città <strong>di</strong>–Andrea e <strong>di</strong>–Pietro.<br />
Di questo futuro apostolo l'Evangelista ci fa conoscere solo la citta<strong>di</strong>nanza (era <strong>di</strong><br />
Betsaida = Luogo <strong>della</strong> pesca). Si tratta <strong>di</strong> un aspetto molto limitato ed esteriore. Eppure<br />
questo fatto <strong>di</strong>ce già molte cose. Un paese in<strong>di</strong>ca un insieme <strong>di</strong> conoscenti e <strong>di</strong> parenti.<br />
Forse Gesù ha incontrato Filippo proprio grazie agli amici che ormai lo seguono. Per<br />
Filippo il vedere che già due dei suoi concitta<strong>di</strong>ni (Andrea e Pietro) stanno con Gesù, è stato<br />
sicuramente un incoraggiamento. Nulla per <strong>Giovanni</strong> è ban<strong>al</strong>e.<br />
30
- IV - FILIPPO CHIAMA NATANAELE<br />
1. ABBIAMO TROVATO GESÙ DI NAZARET (1,45)<br />
1.45 eu(ri/skei Fi/lippoj to\n Naqanah\l kai\ le/gei au)t%=,<br />
(\On e)/grayen Mwush=j<br />
e)n t%= no/m% kai\ oi( profh=tai eu(rh/kamen,<br />
)Ihsou=n ui(o\n tou= )Iwsh\f to\n a)po\ Nazare/t.<br />
1,45 Filippo trova Natanaele e <strong>di</strong>ce a–lui:<br />
«Colui–del–qu<strong>al</strong>e hanno–scritto Mosè<br />
nella legge e i profeti abbiamo–trovato,<br />
Gesù (il) figlio <strong>di</strong>–Giuseppe, (quel)lo da Nazaret!».<br />
«Abbiamo trovato»: l’uso del plur<strong>al</strong>e (abbiamo… cfr. 41) in<strong>di</strong>ca che la scoperta del<br />
Cristo è un’esperienza comunitaria, anche se viene person<strong>al</strong>izzata da Filippo in maniera<br />
forte, come <strong>di</strong>mostra il modo tutto suo <strong>di</strong> presentare il Cristo.<br />
«Colui del qu<strong>al</strong>e hanno scritto Mosè... e i profeti»: sicuramente Filippo è un lettore<br />
attento <strong>della</strong> Sacra Scrittura nella sua interezza (non solo <strong>di</strong> Mosè, come fanno i Giudei, ma<br />
anche dei profeti). Egli sa che anche Natanaele (= Dio ha donato) è un amante <strong>della</strong><br />
Scrittura. Egli, facendo leva su questo, invita l'amico, che è da identificare con l'apostolo<br />
Bartolomeo, a fare la sua stessa scoperta (Gesù <strong>di</strong>rà che questo invito è stato una<br />
chiamata...). Ma incontra una forte perplessità, soprattutto quando presenta il Cristo come il<br />
figlio <strong>di</strong> Giuseppe, quello da Nazaret. Filippo si esprime <strong>al</strong>l'inizio in maniera un po'<br />
enigmatica per suscitare maggiore interesse (non precisa chi è Colui che..., fa solo capire<br />
che è un personaggio importante perché profetizzato in vari testi sacri). Quando ne precisa il<br />
nome, la paternità e la loc<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> origine delude Natanaele, perché gli rende meno agevole<br />
il cogliere la vera identità e la mistica provenienza del Cristo. Filippo è ai primi passi nella<br />
sequela e non ha ancora capito bene la novità che annuncia.<br />
2. DA NAZARET COSA PUÒ VENIRE? (1,46 a )<br />
1.46 kai\ ei)=pen au)t%= Naqanah/l,<br />
)Ek Nazare\t du/natai/ ti a)gaqo\n ei)=nai;<br />
1,46 a E gli <strong>di</strong>sse Natanaele:<br />
«Da Nazaret può esserci qu<strong>al</strong>cosa (<strong>di</strong>) buono?».<br />
Per credere ad una così grande scoperta bisogna pur avere un minimo <strong>di</strong> garanzie: uno<br />
che è figlio <strong>di</strong> Giuseppe <strong>di</strong> Nazaret non suscita <strong>al</strong>cun interesse. Nella Bibbia antica (oggetto<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o da parte <strong>di</strong> Natanaele) Nazaret non viene mai nominata. Betlemme avrebbe potuto<br />
suscitare migliori reazioni. Qui è Nazaret a costituire una <strong>di</strong>fficoltà e Natanaele per un<br />
istante si fa sopraffare. Ben più spesso noi ci adagiamo in pregiu<strong>di</strong>zi, in mo<strong>di</strong> comuni <strong>di</strong><br />
pensare per non scomodarci a cercare, a verificare. Ma qu<strong>al</strong>e è il modo <strong>di</strong> agire <strong>di</strong> Dio?<br />
Ve<strong>di</strong>amo: 1 Cor 1 26 ... Fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non<br />
molti potenti... 27 Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio<br />
ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Attenzione dunque: l’agire<br />
<strong>di</strong>vino è sempre sorprendente!<br />
3. VIENI E VEDI (1,46 b )<br />
le/gei au)t%= [o(] Fi/lippoj,<br />
)/Erxou kai\ i)/de.<br />
1,46 b Dice a–lui Filippo:<br />
«Vieni e ve<strong>di</strong>!».<br />
«Vieni e ve<strong>di</strong>!»: a questo punto Filippo usa lo stesso invito fatto da Gesù ai primi due<br />
apostoli (1,39). Non si tratta più <strong>di</strong> vedere un luogo (come in 39), ma una persona. La<br />
31
sequenza è sempre la stessa: muoversi (d<strong>al</strong>la comoda posizione <strong>di</strong> chi è sdraiato <strong>al</strong>l'ombra <strong>di</strong><br />
un fico) e vedere (una fatica non tanto fisica, ma interiore, perché si tratta <strong>di</strong> vedere oltre, <strong>di</strong><br />
vedere dentro...). «Vieni <strong>di</strong> persona e ve<strong>di</strong> da te stesso»: ognuno deve fare la sua esperienza<br />
per giungere a delle convinzioni person<strong>al</strong>i che non siano frutto <strong>di</strong> una imposizione esterna.<br />
In questo caso poi la fede <strong>di</strong> Filippo è troppo immatura per poter essere convincente.<br />
4. GESÙ VIDE NATANAELE (1,47)<br />
1.47 ei)=den o( )Ihsou=j to\n Naqanah\l e)rxo/menon pro\j au)to\n kai\ le/gei peri\ au)tou=,<br />
)/Ide a)lhqw=j )Israhli/thj e)n %(= do/loj ou)k e)/stin.<br />
1,47 Gesù vide Natanaele che–veniva verso–<strong>di</strong> sé e <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lui:<br />
«Ecco [Ve<strong>di</strong>] veramente (un) israelita, nel qu<strong>al</strong>e inganno non c'è!»<br />
«Vide Gesù Natanaele che veniva verso...»: Gesù guarda (e invita a guardare) in<br />
profon<strong>di</strong>tà, non si accontenta delle apparenze, come stava per fare Natanaele.<br />
Nell'avvicinarsi fisico il Maestro intravede già in prospettiva quello interiore <strong>della</strong> fede.<br />
«Ecco veramente un israelita...»: Natanaele è visto non tanto come un in<strong>di</strong>viduo a sé, ma<br />
come il TIPO che impersona il vero Israele, quello fedele, il popolo del patriarca Giacobbe<br />
(chiamato Israele), <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e fra poco Gesù farà riferimento richiamando l'episo<strong>di</strong>o <strong>della</strong><br />
famosa sc<strong>al</strong>a. E del popolo d'Israele il futuro apostolo riconoscerà in Gesù il Re (49).<br />
«Nel qu<strong>al</strong>e inganno (dòlos) non c'è»: Gesù <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> apprezzare la sincerità delle<br />
persone. Sta insegnando a Natanaele (e a noi) un atteggiamento <strong>di</strong> correttezza. Inoltre sta<br />
per fare qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario: una rivelazione profetica (un Segno) che impressionerà il<br />
perplesso Natanaele.<br />
5. TI HO VISTO SOTTO IL FICO (1,48)<br />
1.48 le/gei au)t%= Naqanah/l, Po/qen me ginw/skeij;<br />
a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
Pro\ tou= se Fi/lippon fwnh=sai<br />
o)/nta u(po\ th\n sukh=n ei)=do/n se.<br />
1,48 Gli <strong>di</strong>ce Natanaele: «Come (mai) mi conosci?»<br />
Rispose Gesù e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Prima che Filippo ti chiamasse,<br />
mentre–eri sotto il fico, ti ho–visto!»<br />
«Come mai mi conosci?»: conoscere è, nel <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, un verbo carico <strong>di</strong> un<br />
senso speci<strong>al</strong>e (sovente significa: avere esperienza). Ora Gesù dà a Natanaele un segno che<br />
<strong>di</strong>mostra che egli lo conosce in profon<strong>di</strong>tà ed in modo sovrumano. Per capire questo<br />
episo<strong>di</strong>o bisogna accostarlo a quello <strong>della</strong> Samaritana. Anche là la donna è <strong>al</strong>l'inizio<br />
<strong>di</strong>ffidente, ma cambia atteggiamento quando il Cristo le dona un segno forte con il rivelarle<br />
il suo passato.<br />
«Prima che Filippo ti chiamasse... ti ho visto»: Gesù conosce perché vede tutto,<br />
speci<strong>al</strong>mente l'intimo. A questa rivelazione l'apostolo <strong>di</strong> Cana è stupito, come la Samaritana<br />
<strong>al</strong> pozzo <strong>di</strong> Giacobbe: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto!» (4,18-19). Prima e durante il<br />
colloquio con Filippo, Gesù era là che lo fissava, come ha fissato Simone, era là che ne<br />
ascoltava le parole piene <strong>di</strong> dubbio: è stato il suo sguardo a portarlo ora lì; è stato lui che lo<br />
ha chiamato per mezzo <strong>di</strong> Filippo il qu<strong>al</strong>e, per <strong>al</strong>tro, ha usato le sue stesse parole (39).<br />
«Mentre eri sotto il fico»: si tratta forse <strong>di</strong> un'<strong>al</strong>lusione a Os 9,10 (LXX): «Trovai Israele<br />
come uva nel deserto, guardai i vostri padri come si fa con le primizie del fico» (cfr. anche 1<br />
Re 5,5; Mi 4,4: dove lo star seduti sotto il fico esprime un senso <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> pace). Dio<br />
si <strong>di</strong>mostra contento degli Israeliti, li guarda con dolcezza e li protegge. Ora questo sguardo<br />
si concretizza in quello <strong>di</strong> Cristo su Natanaele, israelita sincero.<br />
32
S<strong>al</strong> 139 1 Signore, tu mi scruti e mi conosci, 2 tu sai quando seggo e quando mi <strong>al</strong>zo.<br />
Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note<br />
tutte le mie vie.<br />
6. TU SEI IL RE DI ISRAELE (1,49)<br />
1.49 a)pekri/qh au)t%= Naqanah/l,<br />
(Rabbi/, su\ ei)= o( ui(o\j tou= qeou=, su\ basileu\j ei)= tou= )Israh/l.<br />
1,49 Rispose a–lui Natanaele:<br />
«Rabbì, tu sei il figlio <strong>di</strong>–Dio, tu sei (il) Re d'Israele!»<br />
Natanaele esprime la sua fede nel nuovo Rabbì, specificando che cosa egli è per lui: il<br />
figlio <strong>di</strong> Dio e il Re messianico d'Israele (ad es. nel S<strong>al</strong> 2,7-8 il Re-messia è chiamato figlio<br />
<strong>di</strong> Dio, titolo messianico. Cfr. anche 2 Sam 7,14). Contrariamente <strong>al</strong> Battista che poneva il<br />
titolo <strong>di</strong> Figlio <strong>di</strong> Dio <strong>al</strong> termine <strong>della</strong> sua professione <strong>di</strong> fede, dando così a questo titolo<br />
tutto il suo v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong>vino, Natanaele riduce l'appellativo <strong>di</strong> figlio <strong>di</strong> Dio <strong>al</strong> livello <strong>di</strong><br />
semplice titolo messianico, per <strong>al</strong>tro limitato a Israele. Tuttavia queste sono parole<br />
importanti, suscettibili <strong>di</strong> essere reinterpretate nel senso giusto e pieno.<br />
7. VEDRAI IL CIELO APERTO (1,50-51)<br />
1.50 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
(/Oti ei)=po/n soi o(/ti ei)=do/n se u(poka/tw th=j sukh=j, pisteu/eij;<br />
mei/zw tou/twn o)/yv.<br />
1.51 kai\ le/gei au)t%=,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
o)/yesqe to\n ou)rano\n a)ne%go/ta<br />
kai\ tou\j a)gge/louj tou= qeou= a)nabai/nontaj<br />
kai\ katabai/nontaj e)pi\ to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou.<br />
1,50 Rispose Gesù e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Perché ti ho–detto che ti ho–visto sotto il fico, cre<strong>di</strong>?<br />
(cose) maggiori <strong>di</strong>–queste vedrai!».<br />
1,51 E <strong>di</strong>ce a lui:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
Vedrete il cielo aperto<br />
e gli angeli <strong>di</strong>–Dio che–s<strong>al</strong>gono<br />
e scendono sopra il Figlio dell'Uomo!».<br />
«Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico, cre<strong>di</strong>?»: Gesù non <strong>di</strong>sprezza la fede <strong>di</strong><br />
Natanaele, anche se solo inizi<strong>al</strong>e. Tuttavia le prove che convincono Natanaele lo fanno un<br />
po' sorridere. Egli ama provocare l'interlocutore, non accontentandosi mai delle posizioni<br />
che ha raggiunto. Lo invita ad aprirsi a sorprese maggiori. Ci vuole una fede aperta <strong>al</strong>lo stile<br />
impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> Dio.<br />
«Cose maggiori <strong>di</strong> queste vedrai... vedrete»: è annunciata la contemplazione <strong>della</strong> gloria<br />
del Cristo che si rivela <strong>al</strong> vero israelita (vedrai...), che rappresenta il nuovo Israele<br />
(vedrete).<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi»: il Maestro, usando questa espressione, che significa "In verità<br />
vi <strong>di</strong>co...", invita gli u<strong>di</strong>tori ad essere assolutamente certi <strong>di</strong> quello che afferma e promette.<br />
Nel IV <strong>Vangelo</strong> troviamo 25 volte questa formula che si avvicina, per la sua serietà, <strong>al</strong> vero<br />
e proprio giuramento.<br />
«Il cielo aperto»: Dio <strong>di</strong>venta accessibile. Per noi si apre un orizzonte più ampio del<br />
cielo (cfr. la visione <strong>di</strong> Stefano: At 7,56). Gesù è la SCALA e la nuova BETEL (Casa <strong>di</strong><br />
Dio).<br />
«Gli angeli <strong>di</strong> Dio che s<strong>al</strong>gono... sopra il Figlio dell'Uomo»: il sogno <strong>di</strong> Giacobbe-<br />
Israele si re<strong>al</strong>izza per l'israelita Natanaele e per tutto il nuovo popolo (cfr. Dan 7,13; e Mt<br />
33
26,64: la profezia sul Figlio dell'Uomo fatta davanti <strong>al</strong> Sinedrio). Gesù ci tiene a mettere in<br />
ris<strong>al</strong>to la sua umanità (Figlio dell'Uomo) in relazione con il Cielo e conferma le parole <strong>di</strong><br />
Filippo (<strong>di</strong> lui ha davvero scritto Mosè nella Legge: Gn 28,12-13).<br />
Gn 28 12 (Giacobbe) fece un sogno: una sc<strong>al</strong>a poggiava sulla terra, mentre la sua cima<br />
raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli <strong>di</strong> Dio s<strong>al</strong>ivano e scendevano su <strong>di</strong> essa. 13 Ecco il<br />
Signore gli stava davanti...<br />
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
Cinque uomini <strong>di</strong>versi incontrano il Cristo. Ognuno è chiamato person<strong>al</strong>mente e per<br />
ognuno il Maestro ha una parola <strong>di</strong>versa. Nascono così cinque esperienze <strong>di</strong>verse raccontate<br />
con estrema brevità, ma anche con grande precisione (<strong>Giovanni</strong> si premura perfino <strong>di</strong><br />
riportare i termini aramaici originari: Rabbì, Messia, Kefas). D<strong>al</strong>l'insieme dei racconti<br />
possiamo estrarre le 9 fasi s<strong>al</strong>ienti <strong>di</strong> ogni incontro con Gesù (nota i verbi che in<strong>di</strong>cano<br />
movimento o stasi e quelli che in<strong>di</strong>cano ascolto o visione):<br />
1- ascoltare i veri profeti (37 e 40)<br />
2- saper vedere il Cristo quando viene (29)<br />
3- andargli incontro (47)<br />
4- fissare lo sguardo su <strong>di</strong> lui (36)<br />
5- lasciarsi guardare (38 e 42)<br />
6- seguirlo (37)<br />
7- restare con lui (39)<br />
8- lasciarlo parlare e ascoltarlo, per scoprire la sua Umanità e la sua relazione con Dio.<br />
9- andare ad annunciare a tutti la bellissima scoperta (41 e 45).<br />
E tutto questo, sùbito! Non c'è tempo per c<strong>al</strong>colare. Lui passa e potrebbe non tornare più.<br />
<strong>Giovanni</strong> è l'Evangelista del TUTTO e SUBITO: fin dai primi momenti Gesù è riconosciuto<br />
apertamente come il Cristo e il Figlio <strong>di</strong> Dio, così come Simone fin d<strong>al</strong>l'inizio è stabilito<br />
come Pietra (ment<strong>al</strong>ità anticipatrice).<br />
Questo brano è molto adatto per una catechesi vocazion<strong>al</strong>e.<br />
34
VINO E TEMPIO NUOVI Unità 04<br />
Il segno <strong>di</strong> Cana ed il segno del tempio (Gv 2,1-22)<br />
Dopo aver presentato Gesù con il gruppo dei primi apostoli, che sembrano fin d<strong>al</strong>l'inizio<br />
ben affiatati (una vera e stabile comunità), <strong>Giovanni</strong> narra due eventi (SEGNI) che per le<br />
loro caratteristiche sono rivelatori del Cristo e anticipatori <strong>della</strong> sua vicenda.<br />
A Cana Gesù si rivela gioiosamente come lo Sposo e anticipa le nozze messianiche che<br />
celebrerà definitivamente nel giorno <strong>della</strong> sua Pasqua (infatti, d<strong>al</strong> suo fianco usciranno<br />
sangue ed acqua, simboli <strong>della</strong> Chiesa sposa). La figura dello Sposo, che egli tacitamente si<br />
attribuisce, è molto significativa d<strong>al</strong> momento che il matrimonio è un evento straor<strong>di</strong>nario<br />
che fa dell'uomo e <strong>della</strong> donna una cosa sola, <strong>al</strong> punto che <strong>di</strong>ventano una re<strong>al</strong>tà nuova,<br />
molto più grande <strong>di</strong> quella che erano prima (Mt 19,6). Perciò, assumendo il ruolo <strong>di</strong> Sposo,<br />
Cristo ci fa capire <strong>di</strong> poter e <strong>di</strong> voler formare una nuova comunità (la Chiesa).<br />
Al tempio <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme Gesù rivela <strong>di</strong> sé un aspetto complementare a quello <strong>di</strong><br />
Sposo: quello <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>ce escatologico. Inoltre, in t<strong>al</strong>e circostanza, non perde l'occasione <strong>di</strong><br />
preannunciare la sua Morte e Risurrezione (la Pasqua).<br />
- I - UN SEGNO GIOIOSO<br />
1. LE NOZZE IN CANA (2,1-2)<br />
2.1 Kai\ tv= h(me/r# tv= tri/tv ga/moj e)ge/neto e)n Kana\ th=j G<strong>al</strong>ilai/aj,<br />
kai\ h)=n h( mh/thr tou= )Ihsou= e)kei=:<br />
2.2 e)klh/qh de\ kai\ o( )Ihsou=j kai\ oi( maqhtai\ au)tou= ei)j to\n ga/mon.<br />
2,1 E il terzo giorno nozze ci–furono in Cana <strong>di</strong>–G<strong>al</strong>ilea<br />
e la madre <strong>di</strong>–Gesù era là.<br />
2,2 Fu–chiamato <strong>al</strong>lora anche Gesù e i suoi <strong>di</strong>scepoli <strong>al</strong>le nozze.<br />
«Il terzo giorno»: il c<strong>al</strong>colo del tempo, iniziato in 1,29 e continuato in 35 e 43, si<br />
conclude qui portando il numero dei giorni a sette (la prima settimana <strong>di</strong> rivelazione che<br />
<strong>al</strong>lude <strong>al</strong>la settimana <strong>della</strong> creazione). Infatti nel primo giorno c'era stata la rivelazione<br />
dell'Agnello e <strong>della</strong> Colomba (1,32) e nel settimo vi è il coronamento: rivelò la sua gloria<br />
(2,11). Il terzo giorno richiama anche l'espressione usata da Gesù per in<strong>di</strong>care il giorno <strong>della</strong><br />
sua risurrezione (cfr. 2,19). Queste Nozze e la Pasqua hanno infatti molti aspetti in comune.<br />
«Nozze ci furono in Cana»: le nozze sono una celebrazione particolarmente significativa<br />
nella vita umana perché creano una comunione perenne tra l'uomo e la donna, festeggiano la<br />
vita, esprimono gioia. Nella Bibbia il matrimonio ed il banchetto <strong>di</strong> nozze si caricano <strong>di</strong><br />
significati mistici ed escatologici. Il nome Cana, che richiama il verbo qanah (acquistare),<br />
fa pensare <strong>al</strong> nuovo popolo acquistato da Dio.<br />
«La madre <strong>di</strong> Gesù era là»: la presenza <strong>di</strong> Maria precede quella <strong>di</strong> Gesù e, sicuramente,<br />
la favorisce. Essa non è chiamata per nome, ma vista (insistentemente) nel suo ruolo <strong>di</strong><br />
MADRE, con tutta la responsabilità e l'autorevolezza che questo comporta.<br />
«Fu chiamato <strong>al</strong>lora anche Gesù e i suoi <strong>di</strong>scepoli <strong>al</strong>le nozze»: <strong>al</strong>la festa invitano Cristo<br />
(ormai in<strong>di</strong>ssociabile dai suoi <strong>di</strong>scepoli). Non immaginano la novità che arriva. Il<br />
MATRIMONIO ed il BANCHETTO sono trasformati, reinterpretati: Dio entra nel mondo<br />
dei nostri affetti, delle nostre decisioni, <strong>della</strong> sessu<strong>al</strong>ità, <strong>della</strong> gioia e del lavoro e tutta la vita<br />
acquista un v<strong>al</strong>ore nuovo in seno <strong>al</strong>la nuova comunità (la Chiesa ormai <strong>al</strong> completo: Gesù,<br />
Maria e i <strong>di</strong>scepoli).<br />
35
2. IL VINO MANCA, L'ORA ARRIVA (2,3-4)<br />
2.3 kai\ u(sterh/santoj oi)/nou le/gei h( mh/thr tou= )Ihsou= pro\j au)to/n,<br />
Oi)=non ou)k e)/xousin.<br />
2.4 kai\ le/gei au)tv= o( )Ihsou=j, Ti/ e)moi\ kai\ soi/, gu/nai;<br />
ou)/pw h(/kei h( w(/ra mou;<br />
2,3 E mancando (il) vino, <strong>di</strong>ce la madre <strong>di</strong>–Gesù verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Vino non hanno!».<br />
2,4 E <strong>di</strong>ce a–lei Gesù: «Che (significa) per–me e per–te, Donna?<br />
Non–ancora è–venuta la mia Ora? Oppure Non–ancora è–venuta la mia Ora!»<br />
«Mancando il vino»: il fatto che si esaurisca proprio il vino e con esso la gioia e<br />
l'<strong>al</strong>legria, significa che le re<strong>al</strong>tà umane, anche le più belle, passano ed hanno fine.<br />
«Dice la madre <strong>di</strong> Gesù...»: Maria, qui nuovamente vista come madre (in tutto il IV<br />
<strong>Vangelo</strong> non è mai chiamata con il suo nome proprio) avvisa Gesù <strong>di</strong> questo fatto. Tra<br />
Maria e Gesù si stabilisce un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo profondo basato sul significato simbolico <strong>della</strong><br />
situazione. A noi, a prima vista, l'affermazione <strong>di</strong> Maria può sembrare una preghiera<br />
implicita che chiede un intervento e che si apre <strong>al</strong>le sorprese <strong>di</strong>vine. Possiamo anche<br />
intravedere che la madre si preoccupa <strong>di</strong> tutti quelli che non hanno... e non si rassegna <strong>al</strong><br />
fatto che quelle nozze siano rovinate. Certo, tutto questo è vero. Ma vi è <strong>di</strong> più.<br />
«Vino non hanno!»: la situazione è interpretata da Maria in modo profetico (come farà<br />
Maria <strong>di</strong> Betania ungendo, con intuizione profetica, <strong>di</strong> olio profumato i pie<strong>di</strong> del Cristo). La<br />
mancanza <strong>di</strong> vino segna l’esaurimento delle antiche risorse e quin<strong>di</strong> rende improrogabile<br />
l'Ora del dono <strong>di</strong> un vino nuovo, v<strong>al</strong>e a <strong>di</strong>re l’Ora delle nozze messianiche, cioè l’inizio<br />
<strong>della</strong> nuova Alleanza spons<strong>al</strong>e tra Dio e il popolo.<br />
«Che significa per me e per te, Donna?»: Gesù, entrando in sintonia con il linguaggio <strong>di</strong><br />
Maria, inizia un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo <strong>di</strong> parole e gesti <strong>di</strong> grande v<strong>al</strong>ore simbolico. Egli, con due domande<br />
fatte per poter <strong>di</strong>scernere insieme i segni dei tempi, risponde a lei, che finora era presentata<br />
come MADRE, e la chiama DONNA. Le FIGURE si trasfigurano: la MADRE è vista come la<br />
DONNA (la sposa, la nuova Sion), il FIGLIO si manifesta come lo SPOSO (in<strong>di</strong>cato come<br />
UOMO <strong>al</strong> v. 2,10). Gesù interroga se stesso e la madre sul significato <strong>di</strong> questo fatto<br />
(l'esaurimento del vino) e lo interpreta come un segn<strong>al</strong>e che la sua Ora è ormai arrivata:<br />
nuove Nozze devono essere celebrate tra Dio e l'umanità, una Donna nuova sta per essere<br />
formata, una nuova Comunità nuzi<strong>al</strong>e viene fondata (il Cristo fonda la Chiesa).<br />
«Non ancora è venuta la mia Ora? Oppure Non–ancora è–venuta la mia Ora!»: l'Ora <strong>di</strong><br />
Gesù ha due aspetti che si compenetrano: uno è doloroso (si tratta <strong>della</strong> sua Passione),<br />
l’<strong>al</strong>tro è gioioso (perché la sua Croce è sempre contrassegnata da una <strong>di</strong>mensione gloriosa:<br />
cfr. 17,1). La prima traduzione (quella sotto forma <strong>di</strong> domanda e che noi preferiamo perché<br />
più propositiva) ci porta a vedere nelle parole <strong>di</strong> Gesù il messaggio che l’Ora delle nozze<br />
messianiche è già arrivata. L’esaurimento del vino materi<strong>al</strong>e in<strong>di</strong>ca dunque per Gesù la fine<br />
dell'epoca antica e l’inizio dell’ORA messianica, che qui incomincia nella gioia e che si<br />
compirà nell'offerta suprema (il banchetto dell’Eucaristia e la Pasqua <strong>di</strong> risurrezione). Se la<br />
seconda traduzione (quella tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>e, che contiene una negazione) fosse in re<strong>al</strong>tà quella<br />
giusta, <strong>al</strong>lora per Gesù l’Ora (nel suo aspetto doloroso) non è ancora giunta e quin<strong>di</strong> quello<br />
presente è il tempo <strong>della</strong> gioia, simboleggiata d<strong>al</strong> vino nuovo che egli sta per donare (cfr. Mt<br />
9,15.17).<br />
3. QUALUNQUE COSA VI DICA, FATE (2,5-6)<br />
2.5 le/gei h( mh/thr au)tou= toi=j <strong>di</strong>ako/noij,<br />
(/O ti a)\n le/gv u(mi=n poih/sate.<br />
2.6 h)=san de\ e)kei= li/qinai u(dri/ai e(\c kata\ to\n kaqarismo\n tw=n )Ioudai/wn kei/menai,<br />
xwrou=sai a)na\ metrhta\j du/o h)\ trei=j.<br />
2,5 Dice la madre <strong>di</strong>–lui ai servi:<br />
«Qu<strong>al</strong>unque cosa <strong>di</strong>ca a–voi, fate!»<br />
36
2,6 Ora erano poste là sei idrie <strong>di</strong>–pietra per la purificazione dei Giudei,<br />
contenenti ciascuna due o tre misure.<br />
«Qu<strong>al</strong>unque cosa <strong>di</strong>ca a voi, fate»: per la terza volta Maria è presentata come MADRE;<br />
una madre che ha la forza mor<strong>al</strong>e <strong>di</strong> chi pensa agli <strong>al</strong>tri, l'autorevolezza <strong>di</strong> chi ubbi<strong>di</strong>sce ed<br />
insegna ad ubbi<strong>di</strong>re, la libertà <strong>di</strong> chi è <strong>di</strong>sponibile a qu<strong>al</strong>unque cosa, la sapienza <strong>di</strong> chi<br />
accetta la novità. Qui la MADRE è la DONNA NUOVA <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tezza <strong>di</strong> comprendere e <strong>di</strong><br />
seguire l'UOMO Gesù (Visto non tanto come Figlio, ma come Sposo che ha l'iniziativa). La<br />
nuova era inizia con il FARE (opere) tutto quello che il Cristo DICE (parole). L'espressione<br />
<strong>di</strong> Maria richiama <strong>al</strong>la mente quella del popolo ebraico che si impegnò nell'Alleanza sul<br />
Sinai (Es 19,8: Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!) e ci fa capire che una nuova<br />
Alleanza sta per essere sancita.<br />
«Erano poste là sei idrie <strong>di</strong> pietra per la purificazione»: ci chie<strong>di</strong>amo perché ci fossero<br />
in quel luogo ben sei idrie <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong> grande capacità (100/150 litri). Esse non erano<br />
utilizzate per contenere liqui<strong>di</strong> comuni (ad es. vino per le nozze). <strong>Giovanni</strong> ci spiega che<br />
esse, fabbricate con la pietra (un materi<strong>al</strong>e puro), servivano per la purificazione dei Giudei<br />
(cioè <strong>di</strong> chi apparteneva <strong>al</strong> vecchio sistema religioso). Il loro essere vuote o, comunque, non<br />
piene, sta a simboleggiare l'esaurimento e l'inefficacia <strong>della</strong> Legge mosaica. Cristo introduce<br />
un <strong>al</strong>tro modo (interiore) <strong>di</strong> purificarsi: offre un vino (l'amore) che purifica veramente e<br />
trasforma il cuore <strong>di</strong> pietra (cfr. Ez 36,26).<br />
4. RIEMPITE, ATTINGETE, PORTATE (2,7-8)<br />
2.7 le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j, Gemi/sate ta\j u(dri/aj u(/datoj.<br />
kai\ e)ge/misan au)ta\j e(/wj a) /nw.<br />
2.8 kai\ le/gei au)toi=j, )Antlh/sate nu=n kai\ fe/rete t%= a)rxitrikli/n%:<br />
oi( de\ h)/negkan.<br />
2,7 Dice loro Gesù: «Riempite le idrie d'acqua!»<br />
E le riempirono <strong>al</strong> massimo.<br />
2,8 E <strong>di</strong>ce loro: «Adesso attingete e portate <strong>al</strong> capotavola!<br />
Essi <strong>al</strong>lora portarono.<br />
«Riempite le idrie... <strong>al</strong> massimo»: è il primo dei tre imperativi che Gesù pronuncia. Esige<br />
la pienezza del dono da parte nostra, per poterci donare il massimo <strong>della</strong> sua grazia. Per lui è<br />
necessario colmare i vuoti <strong>della</strong> Legge antica. Ma noi, <strong>di</strong> nostro, possiamo dare solo acqua<br />
(come faceva il Battista). Tutto quello, però, che è <strong>al</strong>la nostra portata, lo dobbiamo fare.<br />
«Adesso attingete e portate...»: è questo il momento in cui si re<strong>al</strong>izza la novità, il s<strong>al</strong>to <strong>di</strong><br />
qu<strong>al</strong>ità. Questo adesso in<strong>di</strong>ca che l'Alleanza definitiva ha inizio in quel momento (in<br />
quell'Ora). I gesti che il Signore insegna sono eucaristici: prendere e donare... (cfr. 6,11).<br />
Is 12,3 Attingerete acqua con gioia <strong>al</strong>le sorgenti <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
5. IL VINO BUONO (2,9-10)<br />
2.9 w(j de\ e)geu/sato o( a)rxitri/klinoj to\ u(/dwr oi)=non gegenhme/non<br />
kai\ ou)k v)/dei po/qen e)sti/n,<br />
oi( de\ <strong>di</strong>a/konoi v)/deisan oi( h)ntlhko/tej to\ u(/dwr,<br />
fwnei= to\n numfi/on o( a)rxitri/klinoj<br />
2.10 kai\ le/gei au)t%=, Pa=j a)/nqrwpoj prw=ton to\n k<strong>al</strong>o\n oi)=non ti/qhsin<br />
kai\ o(/tan mequsqw=sin to\n e)la/ssw:<br />
su\ teth/rhkaj to\n k<strong>al</strong>o\n oi)=non e(/wj a)/rti.<br />
2,9 Appena il capotavola assaggiò l'acqua <strong>di</strong>ventata vino,<br />
e non sapeva donde era,<br />
i servi invece (lo) sapevano, essi che–avevano–attinto l'acqua,<br />
il capotavola chiama lo sposo<br />
37
2,10 e <strong>di</strong>ce a–lui: «Ogni uomo prima mette il vino buono [bello],<br />
e quando sono–brilli, quello inferiore;<br />
tu hai–conservato il vino buono [bello] fino–ad ora!»<br />
«Appena il capotavola assaggiò l'acqua <strong>di</strong>ventata vino»: l'ICONA dell'ACQUA si<br />
cambia in quella del VINO. Confrontata con il vino (simbolo <strong>della</strong> gioia messianica e<br />
nuzi<strong>al</strong>e), l'acqua rappresenta i v<strong>al</strong>ori umani che da soli sono insufficienti e vanno<br />
trasformati. Questo vino <strong>al</strong>lude anche a quello dell'Ultima Cena che Cristo trasforma nel<br />
<strong>San</strong>gue <strong>della</strong> Nuova Alleanza nuzi<strong>al</strong>e.<br />
«Non sapeva donde era»: il <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> mensa si accorge <strong>della</strong> straor<strong>di</strong>naria bontà del<br />
vino, ma non ne sa capire il significato. <strong>Giovanni</strong> sovente fa notare che l'esperto (l'autorità<br />
giudaica, come, ad es., il Maestro Nicodemo) non sa. I servi (<strong>di</strong>aconi), cioè coloro che<br />
hanno ascoltato e obbe<strong>di</strong>to, invece sanno. Il vino buono è il dono fatto nell'Ora delle nozze<br />
messianiche (che trovano compimento nella Pasqua con il dono dello Spirito).<br />
«Ogni uomo prima mette il vino buono»: per il capotavola (che rappresenta la ment<strong>al</strong>ità<br />
antica) è buono solo quello che viene prima e non si aspetta nessuna novità importante nel<br />
presente (fino ad ora).<br />
«Quando sono brilli, quello inferiore»: il <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> tavola trova strano che non si<br />
giochi <strong>di</strong> astuzia, ingannando i convitati, rifilando loro <strong>al</strong>la fine un vino <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>ità inferiore,<br />
senza paura <strong>di</strong> farsi scoprire. Gesù, <strong>al</strong> contrario, non gioca con i convitati: per lui essi sono<br />
degni del massimo rispetto, essendo la prefigurazione degli invitati <strong>al</strong>le nozze escatologiche<br />
(cfr. Apc 19,9).<br />
«Tu hai conservato il vino buono fino ad ora»: il complimento fatto erroneamente<br />
<strong>al</strong>l'UOMO-SPOSO d<strong>al</strong> <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> mensa, <strong>di</strong> fatto es<strong>al</strong>ta il Cristo come il vero UOMO-<br />
SPOSO che inaugura l'ORA delle nozze messianiche, donando il vino dell'ebbrezza<br />
spiritu<strong>al</strong>e. Abbondanza e bontà sono le caratteristiche del VINO NUOVO, cioè del dono<br />
dello SPIRITO.<br />
Lc 22 15 ... Disse: «Ho desiderato ardentemente <strong>di</strong> mangiare questa Pasqua con voi,<br />
prima <strong>della</strong> mia passione»... 20 ... Poi prese il c<strong>al</strong>ice <strong>di</strong>cendo: «Questo c<strong>al</strong>ice è la nuova<br />
<strong>al</strong>leanza nel mio sangue, che viene versato per voi».<br />
6. L'INIZIO DEI SEGNI (2,11)<br />
2.11 Tau/thn e)poi/hsen a)rxh\n tw=n shmei/wn o( )Ihsou=j e)n Kana\ th=j G<strong>al</strong>ilai/aj<br />
kai\ e)fane/rwsen th\n do/can au)tou=<br />
kai\ e)pi/steusan ei)j au)to\n oi( maqhtai\ au)tou=.<br />
2,11 Questo inizio dei segni fece Gesù in Cana <strong>di</strong>–G<strong>al</strong>ilea<br />
e rivelò la sua gloria<br />
e credettero in lui i suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
Il segno <strong>di</strong> Cana vanta <strong>al</strong>cuni primati:<br />
1 - Innanzi tutto <strong>di</strong>ciamo che è il pro<strong>di</strong>gio che sembra essere meno in<strong>di</strong>spensabile <strong>di</strong> tutti<br />
(bastava comprare un po’ <strong>di</strong> vino per risolvere il problema). Ma proprio per questo è quello<br />
che più <strong>di</strong> tutti gli <strong>al</strong>tri ci fa capire che i miracoli sono importanti, non tanto per l'utilità<br />
imme<strong>di</strong>ata che hanno (la guarigione...), ma per l'insegnamento che impartiscono. Infatti in<br />
questo segno (come negli <strong>al</strong>tri) tutti i gesti sono fatti intenzion<strong>al</strong>mente per annunciare e<br />
insegnare qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> fondament<strong>al</strong>e. A Cana, ad esempio, Gesù vuole farci capire l'aspetto<br />
gioioso e nuzi<strong>al</strong>e dell'Ora messianica.<br />
2 - Pertanto, in base <strong>al</strong>la sua ottica teologica, <strong>Giovanni</strong> considera questo segno il primo e<br />
il principio (l’arkhé, cioè il prototipo, il modello, l'inizio, la sorgente) <strong>di</strong> tutti i miracoli.<br />
Una volta capito questo segno, avremo in mano la chiave per comprendere tutti gli <strong>al</strong>tri nei<br />
loro significati mistici. Ad esempio, come quello <strong>di</strong> Cana, anche tutti gli <strong>al</strong>tri pro<strong>di</strong>gi sono<br />
38
da mettere in relazione con la Pasqua <strong>di</strong> Cristo e con uno o più sacramenti (Cieco nato-<br />
Battesimo, Moltiplicazione dei pani-Eucaristia...) e tutti hanno una caratteristica messianica,<br />
spons<strong>al</strong>e ed escatologica.<br />
3 - A quanto risulta è l'unico miracolo in cui Maria è concretamente protagonista e<br />
ispiratrice (essa è figura <strong>della</strong> Chiesa sposa).<br />
4 - Con questo segno nuzi<strong>al</strong>e inizia la rivelazione <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong> Cristo (due parole<br />
cariche <strong>di</strong> v<strong>al</strong>ore teologico). Diversamente dai Sinottici, che presentano come primo<br />
miracolo la liberazione <strong>di</strong> un indemoniato (Gesù contro le forze del m<strong>al</strong>e), <strong>Giovanni</strong> inizia<br />
con una festa <strong>di</strong> nozze (Gesù che santifica il matrimonio e la famiglia, dando loro pieno<br />
significato).<br />
5 - Questo intervento non ha tanto trasformato gli elementi materi<strong>al</strong>i, quanto le persone,<br />
la vita umana, il matrimonio, la comunità. Infatti è un segno che presenta il Cristo come<br />
Sposo e la Chiesa come Sposa (qui rappresentata d<strong>al</strong>la Donna Maria), collega il Matrimonio<br />
<strong>al</strong>la Pasqua (le nozze avvengono il terzo giorno come la Risurrezione), mette il Matrimonio<br />
in relazione con la re<strong>al</strong>tà dell'Eucaristia (anche la Cena del Signore è un banchetto nuzi<strong>al</strong>e).<br />
Per tutti questi motivi il Segno <strong>di</strong> Cana è stato esplicitamente interpretato da <strong>Giovanni</strong><br />
come un pro<strong>di</strong>gio che ha suscitato e potenziato la fede dei <strong>di</strong>scepoli in Gesù.<br />
7. SCESE A CAFARNAO (2,12)<br />
2.12 Meta\ tou=to kate/bh ei)j Kafarnaou\m au)to\j kai\ h( mh/thr au)tou=<br />
kai\ oi( a)delfoi\ kai\ oi( maqhtai\ au)tou=,<br />
kai\ e)kei= e)/meinan ou) polla\j h(me/raj.<br />
2,12 Dopo questo scese a Cafarnao egli e la madre sua<br />
e i fratelli e i <strong>di</strong>scepoli suoi<br />
e là rimase non molti giorni.<br />
«A Cafarnao»: la città dove Pietro lavorava, eletta da Gesù a centro del suo ministero in<br />
G<strong>al</strong>ilea.<br />
«Egli e la madre sua e i fratelli e i <strong>di</strong>scepoli suoi»: Gesù non è più solo. È circondato<br />
d<strong>al</strong>la sua Chiesa itinerante. Anche Maria (nominata per prima dopo <strong>di</strong> lui) è presente con<br />
<strong>al</strong>cuni <strong>della</strong> parentela.<br />
Questo testo è molto adatto per una catechesi sul matrimonio. Il pro<strong>di</strong>gio rivela che gli stessi sposi<br />
sono Sacramento <strong>di</strong> Cristo e <strong>della</strong> Chiesa e che la vita matrimoni<strong>al</strong>e dev'essere mo<strong>della</strong>ta su<br />
quella <strong>di</strong> Gesù e <strong>di</strong> Maria, la qu<strong>al</strong>e si fa carico delle nostre povertà come fossero le sue. Gesù<br />
poi le trasforma con la ricchezza <strong>della</strong> sua grazia.<br />
- II - UN SEGNO DRAMMATICO<br />
1. ERA VICINA LA PASQUA (2,13)<br />
2.13 Kai\ e)ggu\j h)=n to\ pa/sxa tw=n )Ioudai/wn,<br />
kai\ a)ne/bh ei)j (Ieroso/luma o( )Ihsou=j.<br />
2,13 E vicina era la Pasqua dei Giudei<br />
e Gesù s<strong>al</strong>ì a Gerus<strong>al</strong>emme.<br />
«La Pasqua dei Giudei»: nell'epoca in cui <strong>Giovanni</strong> scrive la Pasqua cristiana è ormai<br />
nettamente <strong>di</strong>stinta da quella dei Giudei. La vera Pasqua è quella che celebra la risurrezione<br />
del Cristo e non solo l'Esodo d<strong>al</strong>l'Egitto, figura del passaggio d<strong>al</strong>la schiavitù <strong>al</strong>la vera libertà<br />
dei figli <strong>di</strong> Dio.<br />
«Gesù s<strong>al</strong>ì a Gerus<strong>al</strong>emme»: il viaggio da Cafarnao a Gerus<strong>al</strong>emme può esser visto<br />
come la sintesi <strong>di</strong> tutta la vicenda del Cristo. Il s<strong>al</strong>ire richiama l'idea dell'es<strong>al</strong>tazione sulla<br />
croce e dell’Ascensione.<br />
39
2. IL MERCATO NEL TEMPIO (2,14)<br />
2.14 kai\ eu(=ren e)n t%= i(er%= tou\j pwlou=ntaj bo/aj kai\ pro/bata kai\ peristera\j<br />
kai\ tou\j kermatista\j kaqhme/nouj,<br />
2,14 E trovò nel tempio coloro che–vendevano buoi e pecore e colombe<br />
e i cambiav<strong>al</strong>ute seduti (<strong>al</strong> banco).<br />
«Trovò nel tempio coloro che vendevano...»: la Pasqua giudaica (il Passaggio d<strong>al</strong>la<br />
schiavitù egiziana <strong>al</strong>la libertà <strong>della</strong> Terra promessa, simbolo del Regno <strong>di</strong> Dio) per molti,<br />
invece <strong>di</strong> essere la festa <strong>della</strong> liberazione spiritu<strong>al</strong>e, era insensibilmente <strong>di</strong>ventata una<br />
tra<strong>di</strong>zione esteriore e un'occasione <strong>di</strong> guadagno. In prossimità delle celebrazioni il mercato<br />
si ingran<strong>di</strong>va e chi ne beneficiava era soprattutto l'autorità religiosa. Il rumore nel cortile con<br />
il muggito e i belati degli anim<strong>al</strong>i sacrific<strong>al</strong>i superava quello delle preghiere e dei canti in<br />
onore <strong>di</strong> YHWH. Un modo errato <strong>di</strong> prepararsi a vivere nella riconoscenza un'esperienza <strong>di</strong><br />
fede nel Dio liberatore.<br />
«Buoi e pecore e colombe»: gli anim<strong>al</strong>i sono in<strong>di</strong>cati per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza. Ognuno <strong>di</strong><br />
essi ha un <strong>di</strong>verso significato simbolico: i buoi rappresentano la forza (l'autorità giudaica),<br />
le pecore in<strong>di</strong>cano il gregarismo (il popolo), le colombe sono il simbolo delle cose spiritu<strong>al</strong>i.<br />
In questo caso in<strong>di</strong>cano anche i poveri (più liberi, ma anch'essi affascinati d<strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità<br />
corrente). Pertanto il sacrificio <strong>di</strong> questi anim<strong>al</strong>i serviva anche ad esprimere un <strong>di</strong>verso tipo<br />
<strong>di</strong> intenzione: con l’offerta dei buoi si onorava il Dio forte e potente, con quella delle<br />
pecore si intendeva fare parte del suo gregge, con quella delle colombe (dono dei poveri) si<br />
voleva <strong>di</strong>re che quel che conta è un culto spiritu<strong>al</strong>e (cfr. Lv 1,17).<br />
«I cambiav<strong>al</strong>ute seduti»: meno in vista, ma ben ra<strong>di</strong>cati (seduti), ci sono i maneggiatori<br />
del denaro pronti a prendere monete pagane e dare quelle senza immagini idolatriche.<br />
Ven<strong>di</strong>tori e banchieri sono ormai i veri protagonisti nel tempio. Cercano il loro guadagno<br />
materi<strong>al</strong>e con la scusa del culto <strong>di</strong> Dio. Il denaro è sempre stato in tutti i tempi uno<br />
strumento <strong>di</strong> potere e una forte tentazione.<br />
1 Tim 6,5 ... Uomini corrotti nella mente e privi <strong>della</strong> verità, che considerano la pietà<br />
come fonte <strong>di</strong> guadagno.<br />
3. LA SFERZA (2,15)<br />
2.15 kai\ poih/saj frage/llion e)k sxoini/wn<br />
pa/ntaj e)ce/b<strong>al</strong>en e)k tou= i(erou= ta/ te pro/bata kai\ tou\j bo/aj,<br />
kai\ tw=n kollubistw=n e)ce/xeen to\ ke/rma kai\ ta\j trape/zaj a)ne/treyen,<br />
2,15 E fatto (un) flagello <strong>di</strong> cor<strong>di</strong>celle,<br />
tutti scacciò d<strong>al</strong> tempio, anche le pecore e i buoi<br />
e il denaro dei banchieri sparse e i tavoli rovesciò.<br />
«Fatto un flagello <strong>di</strong> cor<strong>di</strong>celle »: Gesù improvvisa una sferza purificatrice, tanto<br />
innocua quanto significativa: è il richiamo a quella <strong>di</strong>vina, escatologica. Egli non colpisce le<br />
persone, si limita a liberare il tempio dai profanatori, per<strong>al</strong>tro leg<strong>al</strong>mente autorizzati.<br />
«Tutti scacciò d<strong>al</strong> tempio...»: Gesù incomincia dagli uomini (tutti). Compie un GESTO<br />
PROFETICO e MESSIANICO. Profetico: in linea con Is 1,11-17, Ger 7,21-26, Os 5,67,<br />
Amos 5,21-24... I profeti pre<strong>di</strong>cavano con coraggio una religiosità autentica. Messianico: in<br />
accordo con Zc 14,21, che profetizza per il giorno messianico l'assenza <strong>di</strong> mercanti cananei<br />
nel tempio. In questa occasione avviene un pro<strong>di</strong>gio che <strong>di</strong> solito passa inosservato: non si<br />
verifica una ribellione violenta contro Gesù, ma solo una tar<strong>di</strong>va protesta verb<strong>al</strong>e da parte<br />
dei soliti Giudei (v. 18).<br />
«Il denaro dei banchieri sparse e i tavoli rovesciò»: è chiaro il v<strong>al</strong>ore simbolico <strong>di</strong><br />
questo gesto: Gesù <strong>di</strong>sperde il denaro (simbolo <strong>della</strong> cupi<strong>di</strong>gia) e fa capire che Dio<br />
rovescerà la posizione <strong>di</strong> chi si arricchisce con lo sfruttamento.<br />
40
Mt 25,41 Poi (il Re) <strong>di</strong>rà a quelli posti <strong>al</strong>la sua sinistra: Via, lontano da me, m<strong>al</strong>edetti,<br />
nel fuoco eterno, preparato per il <strong>di</strong>avolo e per i suoi angeli.<br />
4. LO ZELO PER LA CASA DEL PADRE (2,16-17)<br />
2.16 kai\ toi=j ta\j peristera\j pwlou=sin ei)=pen,<br />
)/Arate tau=ta e)nteu=qen,<br />
mh\ poiei=te to\n oi)=kon tou= patro/j mou oi)=kon e)mpori/ou.<br />
2.17 )Emnh/sqhsan oi( maqhtai\ au)tou= o(/ti gegramme/non e)sti/n,<br />
(O zh=loj tou= oi)/kou sou katafa/getai/ me.<br />
2,16 e a–quelli che–vendevano le colombe <strong>di</strong>sse:<br />
«Portate–via queste (cose) <strong>di</strong>–qua,<br />
non fate la casa del Padre mio (una) casa <strong>di</strong>–mercato!».<br />
2,17 Si–ricordarono i suoi <strong>di</strong>scepoli che è scritto:<br />
«Lo zelo <strong>della</strong> casa tua mi <strong>di</strong>vorerà».<br />
«A quelli che vendevano le colombe <strong>di</strong>sse»: abbiamo già imparato a conoscere il<br />
significato simbolico <strong>della</strong> colomba: in<strong>di</strong>ca cose che non si possono vendere o comprare.<br />
Noi sappiamo ormai qu<strong>al</strong>i sono il vero Agnello e la vera Colomba, gra<strong>di</strong>ti a Dio. Gesù<br />
rivolge la parola solo ai ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> colombe (quelli che avevano minori introiti) e cerca <strong>di</strong><br />
istruirli ed ammonirli. Non rovescia o apre le loro gabbie. Le fa togliere da loro stessi.<br />
«Non fate la casa del Padre mio»: ecco il significato che Gesù dà <strong>al</strong>le cose <strong>di</strong> Dio<br />
(luoghi sacri, feste...): il TEMPIO è visto come luogo <strong>della</strong> presenza del Padre e simbolo<br />
<strong>della</strong> <strong>di</strong>mora eterna (cfr. Gv 14,2). L'icona <strong>della</strong> casa del Padre tornerà suggestiva in 14,2. È<br />
la prima volta che Gesù parla del Padre e lo chiama mio. Gesù ha la coscienza del Figlio e<br />
non del mercenario; il tempio è anche la sua casa; usa le cose del Padre in modo santo,<br />
unicamente per la gloria <strong>di</strong>vina. Dio è visto da lui come PADRE suo da amare e da servire<br />
(figura person<strong>al</strong>e primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e). Gesù, con questo gesto, vuole purificare la religiosità da ogni<br />
deviazione.<br />
«Una casa <strong>di</strong> mercato!»: la mancanza <strong>di</strong> fede ed il peccato creano la deformazione del<br />
simbolo, la corruzione del significato. Dio viene strument<strong>al</strong>izzato e la Pasqua non è più<br />
celebrata con verità.<br />
«Lo zelo... mi <strong>di</strong>vorerà»: la Scrittura (S<strong>al</strong> 69,10) verrà capita dagli apostoli in seguito,<br />
quando rifletteranno sul motivo <strong>della</strong> persecuzione subita da Gesù: egli si era opposto <strong>al</strong>la<br />
f<strong>al</strong>sa religiosità, aveva voluto introdurre un modo <strong>di</strong> credere autentico (cfr. anche 1 Re<br />
19,10). Se non lo avesse fatto avrebbe tra<strong>di</strong>to se stesso: il suo corpo è tempio puro <strong>della</strong> vera<br />
adorazione <strong>al</strong> Padre, e puro dev'essere ogni <strong>al</strong>tro tempio che lo simboleggia. Non il suo zelo,<br />
ma la resistenza dei capi ha causato l'aspetto tragico <strong>della</strong> sua ORA.<br />
Is 56,7 ... Il mio tempio si chiamerà casa <strong>di</strong> preghiera per tutti i popoli.<br />
1 Re 19,10 Elia rispose: «Sono pieno <strong>di</strong> zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli<br />
Israeliti hanno abbandonato la tua <strong>al</strong>leanza...».<br />
5. IL SEGNO DEL TEMPIO (2,18-19)<br />
2.18 a)pekri/qhsan ou)=n oi( )Ioudai=oi kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
Ti/ shmei=on deiknu/eij h(mi=n o(/ti tau=ta poiei=j;<br />
2.19 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)toi=j, Lu/sate to\n nao\n tou=ton<br />
kai\ e)n trisi\n h(me/raij e)gerw= au)to/n.<br />
2,18 Risposero dunque i Giudei e gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Qu<strong>al</strong>e segno mostri a–noi, poiché fai queste (cose)?»<br />
2,19 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse loro: «Distruggete questo tempio<br />
e in tre giorni lo risusciterò!».<br />
41
«Qu<strong>al</strong>e segno mostri a noi, poiché fai queste cose?»: inizia un interrogatorio simile a<br />
quello fatto <strong>al</strong> Battista. Chiedono a Gesù con qu<strong>al</strong>e autorità fa queste cose ed esigono <strong>di</strong><br />
vedere un segno che <strong>di</strong>mostri la sua autorità. Questa richiesta nasconde irritazione per non<br />
essere stati interpellati, ostilità perché si sentono violati nella loro giuris<strong>di</strong>zione, ipocrisia<br />
perché cercano <strong>di</strong> nascondere le loro vere intenzioni, un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> condanna già formulato<br />
a priori. Infatti, Gesù aveva forse bisogno <strong>di</strong> offrire garanzie per essere autorizzato, sulla<br />
scia degli antichi profeti, a purificare la fede? Non era questo coraggio stesso un segno<br />
chiaro <strong>di</strong> autorevolezza? Ma essi vogliono <strong>al</strong>tri segni, meno scomo<strong>di</strong> da accettare. Sarebbe<br />
stato meglio che fossero stati loro a dare un segno concreto <strong>di</strong> ravve<strong>di</strong>mento.<br />
«Distruggete questo tempio»: è possibile pensare che Gesù, mentre <strong>di</strong>ceva queste parole,<br />
abbia in<strong>di</strong>cato con la mano proprio il tempio <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme, nel qu<strong>al</strong>e egli ha portato un<br />
nuovo clima <strong>di</strong> silenzio e <strong>di</strong> preghiera, simbolo esteriore del nuovo culto in spirito e verità.<br />
Egli invita provocatoriamente le autorità a <strong>di</strong>struggere quel tempio (come <strong>di</strong> fatto avverrà<br />
per colpa loro a motivo <strong>della</strong> loro ostinazione nella m<strong>al</strong>vagità). T<strong>al</strong>e <strong>di</strong>struzione sarà quasi<br />
provvidenzi<strong>al</strong>e perché starà ad in<strong>di</strong>care l’inutilità e la dannosità del culto praticato in modo<br />
ipocrita. Gesù <strong>al</strong> tempio <strong>di</strong> pietre sta sostituendo uno <strong>di</strong> carne (la carne assunta d<strong>al</strong> Lógos).<br />
Egli, infatti, sa <strong>di</strong> essere il nuovo vero tempio: il suo corpo (come re<strong>al</strong>tà) e il tempio (come<br />
figura) sono pertanto una cosa sola, perché quel santuario materi<strong>al</strong>e è simbolo <strong>della</strong> sua<br />
umanità. Nessuno, nemmeno gli apostoli, ancora immaturi nella ment<strong>al</strong>ità simbolicosacrament<strong>al</strong>e,<br />
furono <strong>al</strong>lora in grado <strong>di</strong> capire. Sembra quasi che Gesù coman<strong>di</strong> ai Giudei la<br />
<strong>di</strong>struzione del tempio (perché il vecchio culto va eliminato) e del suo corpo, in modo che<br />
egli abbia l'occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che sa risuscitarlo.<br />
«In tre giorni lo risusciterò!»: egli non dà un segno imme<strong>di</strong>ato, ma annuncia un grande<br />
evento futuro: la sua morte (opera dei suoi nemici) che sarà vinta d<strong>al</strong>la risurrezione (opera<br />
<strong>della</strong> sua potenza). In Matteo lo chiama il Segno <strong>di</strong> Giona (cfr. Mt 12,39). Questo è il vero<br />
pro<strong>di</strong>gio che prova il suo potere <strong>di</strong>vino. <strong>Giovanni</strong> fin d<strong>al</strong>l'inizio presenta lo scontro con i<br />
Giudei come un conflitto mort<strong>al</strong>e (<strong>di</strong>struggete…). È tipico del Quarto <strong>Vangelo</strong> anticipare i<br />
risultati fin<strong>al</strong>i.<br />
Mc 14,58 Noi l'abbiamo sentito <strong>di</strong>re: Io <strong>di</strong>struggerò questo santuario, fatto da mano<br />
d'uomo, e in tre giorni ne e<strong>di</strong>ficherò un <strong>al</strong>tro, non fatto da mano d'uomo.<br />
6. IL TEMPIO DEL SUO CORPO (2,20-21)<br />
2.20 ei)=pan ou)=n oi( )Ioudai=oi,<br />
Tessera/konta kai\ e(\c e)/tesin oi)kodomh/qh o( nao\j ou(=toj,<br />
kai\ su\ e)n trisi\n h(me/raij e)gerei=j au)to/n;<br />
2.21 e)kei=noj de\ e)/legen peri\ tou= naou= tou= sw/matoj au)tou=.<br />
2,20 Dissero dunque i Giudei:<br />
«(In) quarantasei anni è–stato–e<strong>di</strong>ficato questo tempio<br />
e tu in tre giorni lo risusciterai?».<br />
2,21 Egli però parlava circa il tempio del suo corpo.<br />
«In quarantasei anni è stato e<strong>di</strong>ficato questo tempio»: i Giudei non sanno andare oltre<br />
l'imme<strong>di</strong>ato. Invece <strong>di</strong> accogliere la profezia come un accorato appello a non opporsi a chi<br />
ha il potere <strong>di</strong> risorgere, si sentono autorizzati a vedere nelle parole <strong>di</strong> Gesù un'offesa verso<br />
Dio e verso il popolo e gli rispondono con sarcasmo. Sono caduti in un fat<strong>al</strong>e equivoco che<br />
Gesù ha volutamente provocato con la sua enigmatica sfida e che non cerca minimamente <strong>di</strong><br />
chiarire. Non capiscono il simbolo, l'an<strong>al</strong>ogia; non entrano nel mondo dello spirito. Parlano<br />
linguaggi <strong>di</strong>versi: Gesù <strong>di</strong>ce risorgere, essi <strong>di</strong>cono e<strong>di</strong>ficare ed usano il termine risorgere<br />
solo in senso e<strong>di</strong>lizio.<br />
«Parlava circa il tempio del suo corpo»: notiamo la natur<strong>al</strong>ezza con la qu<strong>al</strong>e Gesù vede<br />
il suo corpo come il TEMPIO (la Casa del Padre, il luogo <strong>di</strong> culto. Cfr. il <strong>di</strong>scorso con la<br />
42
Samaritana). Da questo momento <strong>al</strong> corpo umano viene restituita la piena <strong>di</strong>gnità e la<br />
funzione <strong>di</strong> luogo <strong>della</strong> vera adorazione. Gesù, mentre annuncia il futuro, svela il senso <strong>di</strong><br />
ciò che è presente.<br />
1 Cor 6,19 Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito <strong>San</strong>to che è in voi e che<br />
avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? (Cfr. Rom 12,1).<br />
7. CREDETTERO ALLA PAROLA (2,22)<br />
2.22 o(/te ou)=n h)ge/rqh e)k nekrw=n,<br />
e)mnh/sqhsan oi( maqhtai\ au)tou= o(/ti tou=to e)/legen,<br />
kai\ e)pi/steusan tv= grafv= kai\ t%= lo/g% o(\n ei)=pen o( )Ihsou=j.<br />
2,22 Quando dunque fu–risuscitato da(i) morti<br />
si–ricordarono i suoi <strong>di</strong>scepoli che questo aveva–detto<br />
e credettero <strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>la parola che <strong>di</strong>sse Gesù.<br />
«Quando fu risuscitato si ricordarono...»: solo <strong>al</strong>la luce <strong>della</strong> Pasqua si può comprendere<br />
la persona <strong>di</strong> Cristo e tutta la sua vita (gesti e parole). Solo <strong>al</strong>la luce <strong>della</strong> Pasqua la<br />
memoria degli eventi <strong>di</strong>venta piena <strong>di</strong> senso. I <strong>di</strong>scepoli, dopo aver constatato la<br />
glorificazione del corpo <strong>di</strong> Cristo che viene assunto in cielo <strong>al</strong>la destra del Padre, capiscono<br />
la illimitata grandezza <strong>della</strong> sua umanità unita <strong>al</strong> Lógos. Le parole enigmatiche, che per i<br />
cattivi rimangono tenebra, per i buoni <strong>di</strong>ventano, poco a poco, luce.<br />
«Credettero <strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>la parola (lógos)...»: la fede è quello che interessa <strong>di</strong> più a<br />
<strong>Giovanni</strong>: nel v. 11 parla <strong>di</strong> fede nella persona <strong>di</strong> Gesù (in lui), qui <strong>di</strong> fede nella sua parola,<br />
messa sullo stesso livello <strong>della</strong> Scrittura. La Bibbia infatti, mentre aiuta a capire il Cristo, ne<br />
garantisce l'autenticità (1,45; 5,46). La risurrezione poi è la prova più stupefacente <strong>della</strong><br />
verità delle parole <strong>di</strong> Cristo e delle profezie fatte su <strong>di</strong> lui nella Bibbia, è il SEGNO con il<br />
qu<strong>al</strong>e il Padre glorifica il Figlio suo e conferma i <strong>di</strong>scepoli nella fede piena.<br />
CONCLUSIONE<br />
Gesù dona il VINO spumeggiante delle nuove NOZZE messianiche (Vino nuovo in otri<br />
nuovi: Mt 9,17) e le SFERZATE <strong>della</strong> contestazione contro una religiosità f<strong>al</strong>sificata. Nei<br />
due casi anticipa la sua PASQUA: si dona come SPOSO per la sua Chiesa «per renderla<br />
santa...» (Ef 5,26) e si espone <strong>al</strong>l'o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> chi cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere solo i propri interessi ed il<br />
proprio potere soci<strong>al</strong>e e religioso. Ma la prospettiva per lui è la sua RISURREZIONE e la<br />
crescita dei <strong>di</strong>scepoli nella FEDE.<br />
Egli è il TEMPIO del Padre ed è il <strong>di</strong>vino ARCHITETTO che e<strong>di</strong>ficherà il nuovo<br />
Tempio (il suo corpo risorto e la Chiesa). Ecco il modo simbolico-sacrament<strong>al</strong>e con cui egli<br />
vive gli eventi <strong>della</strong> vita (il matrimonio: una festa <strong>di</strong> Nozze) e i gesti <strong>di</strong> culto (il tempio: la<br />
festa <strong>di</strong> Pasqua) nella re<strong>al</strong>tà <strong>della</strong> sua epoca!<br />
43
DOVETE NASCERE DALL'ALTO Unità 05<br />
La fede <strong>di</strong> Nicodemo (Gv 2,23-3,21)<br />
INTRODUZIONE: dopo la decisa TESTIMONIANZA del Battista e la pronta<br />
RISPOSTA dei primi <strong>di</strong>scepoli, dopo il primo SEGNO rivelatore <strong>della</strong> gloria ed il<br />
drammatico SCONTRO con i Giudei, <strong>Giovanni</strong> ci parla <strong>di</strong> tre gesti <strong>di</strong> ACCOGLIENZA. Il<br />
primo avviene in ambiente giudaico (Nicodemo), il secondo in territorio samaritano (la<br />
Samaritana) e l'ultimo in ambiente pagano (il funzionario regio). Tre esperienze <strong>di</strong>verse <strong>di</strong><br />
fede e tre tipi <strong>di</strong> resistenza: Nicodemo è perplesso, la Samaritana sta sulle <strong>di</strong>fensive, il<br />
funzionario è tutto preso d<strong>al</strong> problema <strong>della</strong> guarigione del figlio e non si pone molto quello<br />
dell’autenticità <strong>della</strong> fede. A tutti Cristo insegna a purificare la fede: Nicodemo deve<br />
rinascere come spirito nuovo, la Samaritana adorare in spirito e verità, il funzionario credere<br />
solo sulla parola.<br />
Questa Unità (05) ha come tema centr<strong>al</strong>e la NUOVA NASCITA d<strong>al</strong>l'Acqua e d<strong>al</strong>lo<br />
Spirito e la RIVELAZIONE dell'amore <strong>di</strong> Dio Padre e <strong>della</strong> figura del Figlio con un forte<br />
appello <strong>al</strong>la FEDE. L’abbiamo <strong>di</strong>visa in tre parti dando ad esse dei titoli che servono ad<br />
evidenziare tre vie <strong>al</strong>la FEDE, le qu<strong>al</strong>i si integrano a vicenda: la prima è costituita dai<br />
SEGNI, cioè i pro<strong>di</strong>gi operati d<strong>al</strong> Signore (I), la seconda è il Sacramento del Battesimo nel<br />
segno dell'ACQUA e nella forza dello SPIRITO (II) e la terza è la PAROLA, testimoniata<br />
da Gesù, la qu<strong>al</strong>e porta <strong>al</strong>la FEDE nel Figlio dell'Uomo inn<strong>al</strong>zato e, perciò, <strong>al</strong>la VITA (III).<br />
- I - LA FEDE IN BASE AI SEGNI<br />
1. MOLTI CREDETTERO NEL SUO NOME (2,23-25)<br />
2.23 (Wj de\ h)=n e)n toi=j (Ierosolu/moij e)n t%= pa/sxa<br />
e)n tv= e(ortv=, polloi\ e)pi/steusan ei)j to\ o)/noma au)tou=<br />
qewrou=ntej au)tou= ta\ shmei=a a(\ e)poi/ei:<br />
2.24 au)to\j de\ )Ihsou=j ou)k e)pi/steuen au)to\n au)toi=j <strong>di</strong>a\ to\ au)to\n ginw/skein pa/ntaj<br />
2.25 kai\ o(/ti ou) xrei/an ei)=xen i(/na tij marturh/sv peri\ tou= a)nqrw/pou:<br />
au)to\j ga\r e)gi/nwsken ti/ h)=n e)n t%= a)nqrw/p%.<br />
2,23 Mentre poi era in Gerus<strong>al</strong>emme durante la Pasqua,<br />
nella festa, molti credettero nel suo nome,<br />
vedendo i suoi segni che faceva.<br />
2,24 Gesù stesso però non si fidava <strong>di</strong>–loro, per il (fatto che) egli conosceva tutti<br />
2,25 e non aveva bisogno che <strong>al</strong>cuno testimoniasse sull'uomo;<br />
egli infatti conosceva che (cosa) c'era nell'uomo.<br />
«Era in Gerus<strong>al</strong>emme durante la Pasqua»: in questa prima Pasqua si è verificato uno<br />
scontro con i Giudei e questo ha offerto a Gesù l'occasione per preannunciare la sua Pasqua<br />
<strong>di</strong> morte e risurrezione: l'unico grande SEGNO che egli offre per il <strong>di</strong>scernimento (2,19).<br />
«Molti credettero nel suo nome»: <strong>di</strong>re Credere nel NOME <strong>di</strong> Gesù è più forte che <strong>di</strong>re<br />
Credere in lui, perché significa che il credente comincia a capirne la natura <strong>di</strong>vina (cfr.<br />
3,18). In questo caso, però, le motivazioni <strong>di</strong> molti sono ancora superfici<strong>al</strong>i ed esteriori (i<br />
SEGNI che FACEVA: tra questi vi è quello [l'unico narrato] <strong>della</strong> liberazione del tempio dai<br />
ven<strong>di</strong>tori). Questi interventi sono detti segni (e non cose, come si esprimono i <strong>di</strong>rigenti<br />
giudei in 2,18) e sono qu<strong>al</strong>ificati come suoi, cioè speci<strong>al</strong>i, tipici del Cristo.<br />
«Gesù... però non si fidava (pistéuo) <strong>di</strong> loro…»: egli non crede <strong>al</strong>la loro fede, perché non<br />
hanno assimilato bene la sua ment<strong>al</strong>ità. Nicodemo sarà la più p<strong>al</strong>ese <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo<br />
atteggiamento ambiguo.<br />
45
«Conosceva che cosa c'era nell'uomo»: l'Evangelista ama ricordare che Gesù ha una<br />
<strong>di</strong>vina conoscenza del cuore umano: egli sa che tipo <strong>di</strong> fede c'è in noi.<br />
2. LA NOTTE DI NICODEMO (3,1-2)<br />
3.1 )=Hn de\ a)/nqrwpoj e)k tw=n Farisai/wn, Niko/dhmoj o)/noma au)t%=,<br />
a)/rxwn tw=n )Ioudai/wn:<br />
3.2 ou(=toj h)=lqen pro\j au)to\n nukto\j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
(Rabbi/, oi)/damen o(/ti a)po\ qeou= e)lh/luqaj <strong>di</strong>da/sk<strong>al</strong>oj:<br />
ou)dei\j ga\r du/natai tau=ta ta\ shmei=a poiei=n a(\ su\ poiei=j,<br />
e)a\n mh\ v)= o( qeo\j met' au)tou=.<br />
3,1 C'era poi (un) uomo tra i farisei, Nicodemo (era il) nome <strong>di</strong>–lui,<br />
(un) capo dei Giudei;<br />
3,2 Questi venne da lui <strong>di</strong>–notte e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Rabbì, sappiamo che da Dio sei–venuto, (come) maestro;<br />
nessuno infatti può fare questi segni che tu fai,<br />
se non fosse Dio con lui».<br />
«Un uomo... Nicodemo»: la cosa più importante per l’Evangelista è che Nicodemo è un<br />
uomo che Cristo scruta e conosce nel profondo (2,25). Che sia fariseo e capo dei Giudei per<br />
lui conta meno. L'uomo Nicodemo <strong>di</strong>venta il TIPO <strong>di</strong> chi crede per aver visto dei segni<br />
(2,23).<br />
«Venne da lui <strong>di</strong> notte»: la NOTTE è una Icona che in<strong>di</strong>ca il buio <strong>della</strong> paura e<br />
dell'incredulità da cui Nicodemo stenta a venire fuori. Egli non si vuole compromettere: si<br />
<strong>di</strong>chiara convinto solo davanti a Gesù e si nasconde, con il favore <strong>della</strong> notte, agli occhi<br />
degli <strong>al</strong>tri, soprattutto dei suoi potenti colleghi (dai qu<strong>al</strong>i, comunque, sta prendendo sempre<br />
più le <strong>di</strong>stanze, insieme ad un piccolo gruppo <strong>di</strong> cui egli è il Tipo: egli infatti si esprime <strong>al</strong><br />
plur<strong>al</strong>e: sappiamo...).<br />
«Sappiamo che da Dio sei venuto, come maestro»: il <strong>di</strong>scernimento sulla provenienza <strong>di</strong><br />
Gesù (tema centr<strong>al</strong>e in <strong>Giovanni</strong>) è corretto: Gesù è accolto come MAESTRO che è inviato<br />
da Dio e che ha Dio con sé. Ma la motivazione (l'evidenza dei segni) è insufficiente: può<br />
v<strong>al</strong>ere come inizio, può essere portata per convincere gli ostinati (come farà il cieco nato: o<br />
come avverrà per Tommaso: 9,33 e 20,29), ma non può essere l’unica base <strong>della</strong> fede.<br />
«Nessuno infatti può fare questi segni...»: Nicodemo, a <strong>di</strong>fferenza dei capi che vedono<br />
nelle azioni <strong>di</strong> Gesù solo delle cose (2,18), inizia a vedere dei segni convincenti e non ne<br />
cerca <strong>al</strong>tri. Apprezza dunque lo spirito profetico del Cristo che contesta una religiosità<br />
ormai degenerata. Però, egli del Cristo vede per ora soprattutto il FARE e arriva ad<br />
accettarlo, <strong>al</strong> massimo, come uno che sta <strong>al</strong> livello <strong>di</strong> MAESTRO (cioè <strong>al</strong> suo livello: infatti<br />
Nicodemo era ritenuto un maestro: cfr. v. 10). Quel che egli sa è basato più sulla forza dei<br />
segni esterni che su <strong>di</strong> una sua trasformazione interiore derivante d<strong>al</strong>l'ascolto <strong>della</strong><br />
PAROLA. Non gli fa comodo guardare verso se stesso e capire che, se è vero che Gesù<br />
viene da Dio, anche lui, Nicodemo, deve rinnovarsi per avere la stessa origine.<br />
«Se non fosse Dio con lui»: Nicodemo comunque <strong>di</strong>ce due cose verissime: 1° che Gesù<br />
viene da Dio (d<strong>al</strong> Padre), 2° che Dio (il Padre) è con lui. Le parole del capo fariseo sono<br />
esatte, la sua re<strong>al</strong>e comprensione <strong>di</strong> quello che afferma molto meno: non immagina che<br />
Gesù è molto più <strong>di</strong> un maestro e che l'azione e la presenza <strong>di</strong> Dio in lui vanno ben oltre a<br />
quelle tipiche <strong>di</strong> ogni profeta.<br />
- II - LA NECESSITÀ DELLA RINASCITA<br />
1. LA NUOVA NASCITA DALL'ALTO (3,3-4)<br />
3.3 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw soi,<br />
e)a\n mh/ tij gennhqv= a)/nwqen, ou) du/natai i)dei=n th\n basilei/an tou= qeou=.<br />
46
3.4 le/gei pro\j au)to\n o( Niko/dhmoj,<br />
Pw=j du/natai a)/nqrwpoj gennhqh=nai ge/rwn w)/n;<br />
mh\ du/natai ei)j th\n koili/an th=j mhtro\j au)tou= deu/teron ei)selqei=n kai\ gennhqh=nai;<br />
3,3 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse a–lui:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–te:<br />
Se uno non nasce <strong>di</strong>–nuovo (oppure d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to), non può vedere il Regno <strong>di</strong>–Dio!»<br />
3,4 Dice verso–<strong>di</strong> lui Nicodemo:<br />
«Come può (un) uomo nascere, essendo vecchio?<br />
Può forse nel seno <strong>della</strong> madre sua nuovamente entrare e nascere?».<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a te...»: Gesù, invece <strong>di</strong> lodare Nicodemo per la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong><br />
simpatia, lo sorprende invitandolo, in modo forte e solenne (Amen, amen...), ad un<br />
superamento sostanzi<strong>al</strong>e <strong>della</strong> sua attu<strong>al</strong>e situazione.<br />
«Se uno non nasce <strong>di</strong> nuovo (oppure d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to)»: il problema più grosso <strong>di</strong> Nicodemo non è<br />
nemmeno tanto quello <strong>di</strong> arrivare a capire qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> Gesù, quanto quello <strong>di</strong> sapere quello<br />
che lui stesso deve fare: infatti tre volte Gesù afferma la necessità per tutti <strong>di</strong> una rinascita<br />
da Dio (v. 3.5.7; cfr. 1,13). RINASCERE in<strong>di</strong>ca un rinnovamento ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>e: un nuovo modo<br />
<strong>di</strong> essere e <strong>di</strong> vivere. A Gesù non basta qu<strong>al</strong>che aggiustamento, egli esige un cambiamento<br />
tot<strong>al</strong>e.<br />
«Vedere il Regno <strong>di</strong> Dio»: la rinascita dona OCCHI per VEDERE le meraviglie del<br />
Regno del Padre (vedere in<strong>di</strong>ca l'aspetto contemplativo <strong>della</strong> fede). Tuttavia il vedere è<br />
ancora un'azione relativamente facile (<strong>di</strong>mensione conoscitiva): più impegnativo sarà<br />
entrare (<strong>di</strong>mensione operativa).<br />
«Come può un uomo nascere, essendo vecchio? Può forse nel seno <strong>della</strong> madre sua<br />
nuovamente entrare e nascere?»: è tipico in <strong>Giovanni</strong> rivelare l'equivoco grossolano in cui<br />
cadono quelli che non intendono il linguaggio spiritu<strong>al</strong>e del Maestro e che non entrano nella<br />
sua logica simbolico-sacrament<strong>al</strong>e. Nicodemo crede che la rinascita sia opera umana,<br />
re<strong>al</strong>izzata sulla f<strong>al</strong>sariga <strong>della</strong> nascita fisica. Eppure Gesù non rinuncia ad usare la metafora<br />
<strong>della</strong> nascita. Infatti, la NASCITA è un evento straor<strong>di</strong>nario, introduce una NOVITÀ<br />
assoluta (viene nel mondo un uomo tot<strong>al</strong>mente nuovo). Per questo Gesù usa questa<br />
IMMAGINE che esprime bene tutta la ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>ità del cambiamento prodotto d<strong>al</strong>lo Spirito per<br />
mezzo del Battesimo e <strong>della</strong> fede.<br />
2. NASCERE DA ACQUA E SPIRITO (3,5-6)<br />
3.5 a)pekri/qh )Ihsou=j, )Amh\n a)mh\n le/gw soi,<br />
e)a\n mh/ tij gennhqv= e)c u(/datoj kai\ pneu/matoj,<br />
ou) du/natai ei)selqei=n ei)j th\n basilei/an tou= qeou=.<br />
3.6 to\ gegennhme/non e)k th=j sarko\j sa/rc e)stin,<br />
kai\ to\ gegennhme/non e)k tou= pneu/matoj pneu=ma/ e)stin.<br />
3,5 Rispose Gesù: Amen, amen <strong>di</strong>co a–te,<br />
se uno non nasce da acqua e Spirito,<br />
non può entrare nel Regno <strong>di</strong>–Dio.<br />
3,6 Ciò che–è–nato d<strong>al</strong>la carne è carne<br />
e ciò che–è–nato d<strong>al</strong>lo Spirito è spirito.<br />
«Nasce da acqua e Spirito (Pnéuma)»: la nascita dell'uomo nuovo è opera dello<br />
SPIRITO SANTO nel segno dell'ACQUA. Gesù parla qui del SEGNO sacrament<strong>al</strong>e del<br />
BATTESIMO (cfr. 1,33), non visto innanzi tutto nel suo aspetto negativo (come remissione<br />
dei peccati), ma in quello positivo (come nascita).<br />
«Entrare nel Regno <strong>di</strong> Dio»: il Battesimo dunque apre la porta del Regno (entrare in<strong>di</strong>ca<br />
l'aspetto attivo <strong>della</strong> fede) ed ha un'efficacia che precede l'atto <strong>di</strong> fede person<strong>al</strong>e (aspetto<br />
conoscitivo). Il tema del Regno sarà sviluppato da Gesù nel <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con Pilato (18,36). Qui<br />
47
egli precisa che si tratta del Regno <strong>di</strong> Dio Padre e mette in evidenza la reg<strong>al</strong>ità del Padre suo<br />
e l'azione rinnovatrice dello Spirito <strong>San</strong>to.<br />
«Ciò che è nato d<strong>al</strong>la carne è carne e ciò che è nato d<strong>al</strong>lo Spirito è spirito (pnéuma)»:<br />
carne e spirito generano (cfr. 1,12-13), ma il frutto è tot<strong>al</strong>mente <strong>di</strong>verso: la carne genera<br />
debolezza e corruttibilità, lo Spirito genera un uomo spiritu<strong>al</strong>e, libero e misterioso come il<br />
vento. In Cristo carne e spirito sono pienamente integrati: egli è il Lógos fatto carne e la<br />
carne non gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> essere spirito. Come lui <strong>di</strong>venta l'uomo nato d<strong>al</strong>lo Spirito.<br />
3. IL VENTO SPIRA DOVE VUOLE (3,7-10)<br />
3.7 mh\ qauma/svj o(/ti ei)=po/n soi,<br />
Dei= u(ma=j gennhqh=nai a) /nwqen.<br />
3.8 to\ pneu=ma o(/pou qe/lei pnei= kai\ th\n fwnh\n au)tou= a)kou/eij,<br />
a)ll' ou)k oi)=daj po/qen e)/rxetai kai\ pou= u(pa/gei:<br />
ou(/twj e)sti\n pa=j o( gegennhme/noj e)k tou= pneu/matoj.<br />
3.9 a)pekri/qh Niko/dhmoj kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
Pw=j du/natai tau=ta gene/sqai;<br />
3.10 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
Su\ ei)= o( <strong>di</strong>da/sk<strong>al</strong>oj tou= )Israh\l kai\ tau=ta ou) ginw/skeij;<br />
3,7 Non stupirti se ti ho–detto:<br />
Voi dovete nascere <strong>di</strong>–nuovo (oppure d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to).<br />
3,8 Il vento dove vuole spira e la sua voce ascolti,<br />
ma non sai donde venga e dove vada.<br />
Così è chiunque (è) nato d<strong>al</strong>lo Spirito».<br />
3,9 Rispose Nicodemo e <strong>di</strong>sse a–lui:<br />
«Come può questo avvenire?».<br />
3,10 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse a–lui:<br />
«Tu sei maestro d'Israele e queste (cose) non conosci?».<br />
«Non stupirti se ti ho detto: Voi dovete nascere <strong>di</strong> nuovo (oppure d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to)»: non c'è posto<br />
per una meraviglia incredula che rifiuta le sorprese <strong>di</strong> Dio. È in<strong>di</strong>spensabile nascere da Dio<br />
(d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to [cielo, spirito] in opposizione a ciò che viene d<strong>al</strong> basso [terra, carne]). Questa<br />
nascita non lega ad una madre, ad un popolo, ad una razza, ad una cultura; è univers<strong>al</strong>mente<br />
v<strong>al</strong>ida.<br />
«Il vento... spira e la sua voce ascolti, ma non sai donde venga e dove vada. Così è<br />
chiunque è nato d<strong>al</strong>lo Spirito»: <strong>al</strong>l'Icona dell'acqua Gesù affianca quella del vento (che in<br />
greco vien detto spirito). Lo Spirito <strong>San</strong>to è libero come il vento (soffia dove vuole).<br />
Chiunque nasce d<strong>al</strong>lo Spirito <strong>di</strong>venta anche lui come il vento: libero e impreve<strong>di</strong>bile.<br />
Notiamo il v<strong>al</strong>ore onomatopeico dei termini Spirito, vento e spira (in greco: Pnéuma,<br />
pnéuma e pnéi), i qu<strong>al</strong>i riproducono la voce del vento e accrescono l'opportunità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care<br />
la re<strong>al</strong>tà dello Spirito <strong>San</strong>to con questo simbolo. È bello e vivificante mettersi in ascolto<br />
<strong>della</strong> voce dello Spirito.<br />
«Come può questo avvenire?»: questo tipo <strong>di</strong> domanda nel IV <strong>Vangelo</strong> in<strong>di</strong>ca sempre<br />
una certa dose <strong>di</strong> incredulità.<br />
«Tu sei maestro d'Israele e... non conosci?»: Gesù risponde a questa domanda con<br />
un’<strong>al</strong>tra che manifesta la sua sorpresa per tanta nescienza (Come a Cana, anche qui l'esperto<br />
NON SA. Eppure Nicodemo era convinto <strong>di</strong> sapere: cfr. 3,2). Gesù qu<strong>al</strong>ifica Nicodemo<br />
come il maestro d'Israele, titolo dato a Mosè. Per sfuggire <strong>al</strong>l’ignoranza è necessario<br />
CONOSCERE il Padre da cui Cristo viene, sapere dove egli va e intuire la necessità <strong>di</strong> una<br />
rinascita e il v<strong>al</strong>ore del Battesimo.<br />
Le ICONE dell'ACQUA e del VENTO ci fan pensare <strong>al</strong>le acque primor<strong>di</strong><strong>al</strong>i su cui<br />
<strong>al</strong>eggiava lo spirito (Gn 1,2) o anche <strong>al</strong>le acque materne.<br />
48
- III - LA FEDE IN BASE ALLA PAROLA<br />
1. TESTIMONIAMO QUEL CHE ABBIAMO VISTO (3,11)<br />
3.11 a)mh\n a)mh\n le/gw soi<br />
o(/ti o(\ oi)/damen l<strong>al</strong>ou=men<br />
kai\ o(\ e(wra/kamen marturou=men,<br />
kai\ th\n marturi/an h(mw=n ou) lamba/nete.<br />
3,11 Amen, amen <strong>di</strong>co a–te<br />
che <strong>di</strong>–ciò–che sappiamo, parliamo<br />
e ciò–che abbiamo–visto, testimoniamo,<br />
ma la nostra testimonianza non accogliete.<br />
«Di ciò che sappiamo, parliamo e ciò che abbiamo visto, testimoniamo»: Gesù SA ed<br />
HA VISTO, perché egli è DISCESO d<strong>al</strong> CIELO, d<strong>al</strong> Padre (v. 13). Egli dona le garanzie e le<br />
prove che autenticano la sua PAROLA e la sua TESTIMONIANZA (parla <strong>al</strong> plur<strong>al</strong>e: egli è<br />
il TIPO <strong>di</strong> tutti quelli che sanno e vedono, v<strong>al</strong>e a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> tutti i membri dell'intera comunità<br />
ecclesi<strong>al</strong>e).<br />
«Ma la nostra testimonianza non accogliete»: anche qui Gesù usa il plur<strong>al</strong>e (non<br />
accogliete), perché (come abbiamo già detto) Nicodemo è il TIPO dei molti che stentano a<br />
credere. I gesti profetici sono accolti, ma non è accolta la TESTIMONIANZA (martyría)<br />
che rivelerebbe il senso profondo dei segni compiuti e porterebbe a convincersi <strong>della</strong><br />
necessità <strong>di</strong> una RINASCITA d<strong>al</strong>lo SPIRITO per entrare in comunione con Dio.<br />
2. VI DICO COSE CELESTI (3,12-13)<br />
3.12 ei) ta\ e)pi/geia ei)=pon u(mi=n kai\ ou) pisteu/ete,<br />
pw=j e)a\n ei)/pw u(mi=n ta\ e)poura/nia pisteu/sete;<br />
3.13 kai\ ou)dei\j a)nabe/bhken ei)j to\n ou)rano\n<br />
ei) mh\ o( e)k tou= ou)ranou= kataba/j, o( ui(o\j tou= a)nqrw/pou.<br />
3,12 Se le (cose) terrene vi ho–detto e non credete,<br />
come, se vi <strong>di</strong>co le (cose) celesti, crederete?<br />
3,13 E nessuno è–s<strong>al</strong>ito verso il cielo,<br />
se non colui–che d<strong>al</strong> cielo è–<strong>di</strong>sceso, il Figlio dell'Uomo.<br />
«Se le cose terrene vi ho detto e non credete»: che cosa sono queste cose <strong>della</strong> terra?<br />
Sono le immagini che Gesù usa, i segni che compie, le cose visibili <strong>di</strong> cui parla: l'acqua<br />
cambiata in vino, la frusta profetica, il tempio, il vento... L'uomo dovrebbe sentirsi stimolato<br />
a scoprire il significato mistico <strong>di</strong> queste re<strong>al</strong>tà, ma stenta ad andare oltre l'imme<strong>di</strong>ato.<br />
«Come, se vi <strong>di</strong>co le cose celesti, crederete?»: ci vogliono delle con<strong>di</strong>zioni che rendano<br />
possibile la nascita <strong>della</strong> FEDE: se non si sanno interpretare in maniera corretta i dati e le<br />
esperienze terrene per mezzo <strong>di</strong> una sapiente ment<strong>al</strong>ità simbolica, come si potrà CREDERE<br />
<strong>al</strong>le re<strong>al</strong>tà del cielo, comprendendo il linguaggio che le esprime?<br />
«Nessuno è s<strong>al</strong>ito verso il cielo»: questa frase ricorda il v. 1,18 (Nessuno ha mai visto<br />
Dio). Gesù conosce perfettamente il Padre e lo rivela autenticamente perché lo vede, da lui<br />
viene e a lui ritorna (L'Ascensione vittoriosa è considerata come già re<strong>al</strong>izzata, a motivo<br />
<strong>della</strong> ment<strong>al</strong>ità anticipatrice: cfr. anche 6,62). Il Padre è l'unica origine ed il continuo<br />
traguardo <strong>di</strong> Cristo.<br />
«Se non colui che d<strong>al</strong> cielo è <strong>di</strong>sceso, il Figlio dell'Uomo»: s<strong>al</strong>ire e <strong>di</strong>scendere d<strong>al</strong> cielo,<br />
d<strong>al</strong>la sfera <strong>di</strong>vina, è possibile solo <strong>al</strong> Lógos fatto Carne, <strong>al</strong> Figlio dell'Uomo, cioè <strong>al</strong>l'Unico<br />
vero Uomo, il solo che può introdurci nel Regno del Padre.<br />
CIELO e TERRA sono Simboli cosmici e Icone primor<strong>di</strong><strong>al</strong>i la cui bellezza ed immensità<br />
non finisce <strong>di</strong> stupirci (in<strong>di</strong>cano rispettivamente Dio e l'umanità). ALTO e BASSO sono<br />
categorie spazi<strong>al</strong>i fondament<strong>al</strong>i, così come i due movimenti simbolici: SALIRE e<br />
49
SCENDERE, che significano eventi spiritu<strong>al</strong>i (cfr. 3,31-33). Per Gesù tutto acquista un<br />
significato teologico.<br />
3. L'ICONA DEL SERPENTE INNALZATO (3,14-15)<br />
3.14 kai\ kaqw\j Mwush=j u(/ywsen to\n o)/fin e)n tv= e)rh/m%,<br />
ou(/twj u(ywqh=nai dei= to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou,<br />
3.15 i(/na pa=j o( pisteu/wn e)n au)t%= e)/xv zwh\n ai)w/nion.<br />
3,14 E come Mosè inn<strong>al</strong>zò il serpente nel deserto,<br />
così deve essere–inn<strong>al</strong>zato il Figlio dell'Uomo,<br />
3,15 affinché chiunque crede [in lui], in lui abbia (la) vita eterna.<br />
«Come Mosè...»: per convincere il perplesso Nicodemo, <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Mosè, Gesù spiega<br />
che perfino Mosè ha compiuto un gesto che profetizzava la sua elevazione: l'inn<strong>al</strong>zamento<br />
del serpente <strong>di</strong> rame, la cui vista s<strong>al</strong>vava e guariva (Nm 21,8-9). All'icona dell'Agnello (usata<br />
d<strong>al</strong> Battista) Gesù aggiunge quella, più provocatoria, del Serpente velenoso. Però si tratta <strong>di</strong><br />
un veleno che uccide il m<strong>al</strong>e e la morte e che perciò è per noi una me<strong>di</strong>cina. Facciamo<br />
pertanto <strong>al</strong>cune osservazioni: 1° l'Icona del serpente, simbolo <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> guarigione, si<br />
ad<strong>di</strong>ce bene a Gesù perché egli ha preso su <strong>di</strong> sé il nostro peccato (è <strong>di</strong>venuto peccato) per<br />
<strong>di</strong>struggerlo con la croce e la risurrezione (2 Cor 5,21); 2° Da questa citazione, cominciamo<br />
a capire che tanti fatti dell'AT si riferiscono <strong>al</strong> Cristo Signore ed in lui trovano il loro senso<br />
ultimo.<br />
«Deve essere inn<strong>al</strong>zato il Figlio dell'Uomo»: l'aver parlato <strong>di</strong> una ASCENSIONE <strong>al</strong><br />
cielo, porta Gesù a parlare <strong>di</strong> un'<strong>al</strong>tra ASCENSIONE, ben più <strong>di</strong>fficile da capire ed<br />
accettare, cioè <strong>della</strong> sua elevazione sulla croce, vista come anticipo e figura <strong>della</strong> sua<br />
gloriosa s<strong>al</strong>ita <strong>al</strong> cielo. Il <strong>Vangelo</strong> giovanneo infatti, nel suo culmine, ci propone la figura<br />
del Crocifisso trafitto verso cui volgere lo sguardo (19,34.37). Gesù presenta il suo<br />
inn<strong>al</strong>zamento (in quanto Figlio dell'Uomo) come necessario (deve). Si tratta <strong>di</strong> una necessità<br />
il cui segreto è nel cuore <strong>di</strong> Dio.<br />
«Chiunque crede in lui, abbia la vita oppure Chiunque crede, in lui abbia la vita»: a<br />
seconda <strong>di</strong> dove si pone la virgola, il significato <strong>della</strong> frase cambia un po'. Il senso gener<strong>al</strong>e<br />
comunque è chiaro: la fede nell'amore <strong>di</strong> Cristo crocifisso e asceso <strong>al</strong> cielo ci fa vivere in lui<br />
(espressione <strong>di</strong> v<strong>al</strong>ore mistico). Anche qui Gesù presenta la sua morte e risurrezione come<br />
un evento che richiede fede e stimola <strong>al</strong>la fede (cfr. 2,19). Una nota: la presenza del<br />
crocifisso nelle nostre case deve acquisire il v<strong>al</strong>ore profetico <strong>di</strong> invito a guardare a colui che<br />
hanno trafitto (19,37), pensando con riconoscenza <strong>al</strong> suo v<strong>al</strong>ore s<strong>al</strong>vifico.<br />
G<strong>al</strong> 3,1 ... Chi mai vi ha amm<strong>al</strong>iati, proprio voi agli occhi dei qu<strong>al</strong>i fu rappresentato <strong>al</strong><br />
vivo Gesù Cristo crocifisso?<br />
4. DIO AMA IL MONDO (3,16)<br />
3.16 Ou(/twj ga\r h)ga/phsen o( qeo\j to\n ko/smon,<br />
w(/ste to\n ui(o\n to\n monogenh= e)/dwken,<br />
i(/na pa=j o( pisteu/wn ei)j au)to\n mh\ a)po/lhtai a)ll' e)/xv zwh\n ai)w/nion.<br />
3,16 Così infatti Dio ha–amato il mondo,<br />
tanto–che il suo Figlio, l'Unigenito, ha–dato<br />
affinché chiunque crede in lui, non perisca, ma abbia (la) vita eterna.<br />
Secondo <strong>al</strong>cuni autori inizierebbe qui il commento dell'Evangelista e <strong>della</strong> comunità.<br />
«Così infatti Dio ha amato il mondo»: il DONO del FIGLIO UNIGENITO è la prova più<br />
<strong>al</strong>ta e concreta dell'amore del Padre per l'umanità, a cui egli vuole donare la Vita (cfr. 1 Gv<br />
4,9.14). Il linguaggio <strong>di</strong> Gesù è tutto molto positivo.<br />
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«Tanto che il suo Figlio, l'Unigenito, ha dato...»: come si fa a non credere <strong>al</strong>l'amore del<br />
Padre e a quello del Figlio, se si pensa <strong>al</strong>l'infinita grandezza del dono ricevuto? E qu<strong>al</strong>e<br />
gioia dobbiamo provare nello scoprirci tanto preziosi agli occhi del Padre che per noi non<br />
risparmia il suo Figlio, l'unico Figlio! (cfr. Rom 8,31-32; Gn 22,2).<br />
«Chiunque crede in lui... abbia la vita eterna»: senza la fede in questo amore vi è solo<br />
per<strong>di</strong>zione. Ancora una volta quin<strong>di</strong> ci vien detto che la FEDE nel Signore Gesù è la<br />
necessaria con<strong>di</strong>zione per avere la VITA (visione positiva: cfr. 3,15. Ve<strong>di</strong> anche 1 Gv 4,15,<br />
Rom 1,17: il giusto me<strong>di</strong>ante la fede vivrà).<br />
1 Gv 4,9 In questo si è manifestato l'amore <strong>di</strong> Dio per noi: Dio ha mandato il suo<br />
unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.<br />
Rom 5,8 Ma Dio <strong>di</strong>mostra il suo amore verso <strong>di</strong> noi perché, mentre eravamo ancora<br />
peccatori, Cristo è morto per noi.<br />
5. AFFINCHÉ IL MONDO SI SALVI (3,17-18)<br />
3.17 ou) ga\r a)pe/steilen o( qeo\j to\n ui(o\n ei)j to\n ko/smon<br />
i(/na kri/nv to\n ko/smon,<br />
a)ll' i(/na swqv= o( ko/smoj <strong>di</strong>' au)tou=.<br />
3.18 o( pisteu/wn ei)j au)to\n ou) kri/netai:<br />
o( de\ mh\ pisteu/wn h)/dh ke/kritai,<br />
o(/ti mh\ pepi/steuken ei)j to\ o)/noma tou= monogenou=j ui(ou= tou= qeou=.<br />
3,17 Non infatti Dio ha–mandato il Figlio nel mondo<br />
affinché giu<strong>di</strong>chi il mondo,<br />
ma affinché sia–s<strong>al</strong>vato il mondo per–mezzo–<strong>di</strong> lui.<br />
3,18 Il credente in lui non è–giu<strong>di</strong>cato,<br />
invece il non credente già è–stato–giu<strong>di</strong>cato,<br />
perché non ha–creduto nel nome dell'Unigenito, Figlio <strong>di</strong>–Dio.<br />
«Dio ha mandato il Figlio... affinché sia s<strong>al</strong>vato il mondo per mezzo <strong>di</strong> lui»: il Padre<br />
INVIA il Figlio suo per SALVARCI e non per CONDANNARCI. L'iniziativa s<strong>al</strong>vifica è<br />
del Padre; il Figlio è il suo inviato (missionario). Gesù propone con forza una visione<br />
positiva; anche il termine Mondo qui ha un senso positivo e univers<strong>al</strong>e: siamo noi tutti, in<br />
quanto chiamati <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza. È vero che Gesù ha il potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care, ma se egli ci<br />
giu<strong>di</strong>ca è solo per aiutarci a fare verità dentro <strong>di</strong> noi e a prendere le opportune decisioni<br />
(anche drastiche) per riformare la nostra condotta. Il castigo semmai lo subisce lui <strong>al</strong> nostro<br />
posto.<br />
«Il credente in lui non è giu<strong>di</strong>cato»: il primo modo per ottenere la s<strong>al</strong>vezza procurataci<br />
da Cristo è la fede in lui.<br />
«Invece il non credente già è stato giu<strong>di</strong>cato»: siccome credere in lui significa decidersi<br />
a vivere nell'amore <strong>di</strong>vino, chi rifiuta <strong>di</strong> credere si autocondanna. E questa condanna inizia<br />
già ora (ment<strong>al</strong>ità anticipatrice), perché chi non accoglie colui che è la nostra unica<br />
S<strong>al</strong>vezza, si priva <strong>di</strong> essa. La condanna dunque non viene innanzi tutto da Dio.<br />
«Non ha creduto nel nome dell'Unigenito...»: il nome in<strong>di</strong>ca la natura <strong>della</strong> persona; qui<br />
esso è esplicitato: UNIGENITO FIGLIO DI DIO, titolo che in<strong>di</strong>ca la sua <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong>vina che<br />
viene riversata in chi aderisce a lui con la fede in t<strong>al</strong>e nome (molto più che semplice<br />
maestro!).<br />
6. LA LUCE SUPERA LE TENEBRE (3,19-20)<br />
3.19 au(/th de/ e)stin h( kri/sij o(/ti to\ fw=j e)lh/luqen ei)j to\n ko/smon<br />
kai\ h)ga/phsan oi( a)/nqrwpoi ma=llon to\ sko/toj h)\ to\ fw=j:<br />
h)=n ga\r au)tw=n ponhra\ ta\ e)/rga.<br />
3.20 pa=j ga\r o( fau=la pra/sswn misei= to\ fw=j kai\ ou)k e)/rxetai pro\j to\ fw=j,<br />
i(/na mh\ e)legxqv= ta\ e)/rga au)tou=:<br />
51
3,19 Questo poi è il giu<strong>di</strong>zio: la luce è–venuta nel mondo<br />
e gli uomini hanno–amato più la tenebra che la luce,<br />
erano infatti m<strong>al</strong>vagie le loro opere;<br />
3,20 chiunque infatti fa (il) cose–viziose, o<strong>di</strong>a la luce e non viene verso la luce,<br />
affinché non siano–rimproverate le sue opere;<br />
«La luce è venuta nel mondo»: cfr. il Prologo: 1,9. Mondo e uomini qui sono sinonimi ed<br />
hanno un senso negativo perché rifiutano Cristo, luce <strong>di</strong>vina. In<strong>di</strong>cano però solo una parte<br />
dell'umanità.<br />
«Gli uomini hanno amato più la tenebra»: invece <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> peccato, Gesù<br />
ripresenta le ICONE opposte <strong>di</strong> Luce e <strong>di</strong> tenebra. Il <strong>di</strong>scorso così acquista una concretezza<br />
inau<strong>di</strong>ta. È tragico questo amore per le tenebre, per il nonsenso, per la menzogna. Eppure<br />
anche noi sperimentiamo t<strong>al</strong>volta questa assurda paura <strong>della</strong> verità, quando questa ci obbliga<br />
ad ammettere i nostri lati deboli, a cambiare il nostro modo <strong>di</strong> vivere. Il ladro agisce <strong>di</strong> notte<br />
per non essere riconosciuto. Egli ama le tenebre che ne favoriscono la <strong>di</strong>sonesta attività.<br />
«Erano infatti m<strong>al</strong>vagie le loro opere»: Gesù rivela la causa ultima del rifiuto <strong>della</strong> luce:<br />
il fare opere cattive (il peccato). Tutto questo produce un’<strong>al</strong>lergia verso la luce e la verità e<br />
un accecamento <strong>della</strong> mente. Chi però, pur ancora debole nella fede, inizia a compiere il<br />
bene, si mette sulla strada <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
«Chiunque infatti fa cose viziose, o<strong>di</strong>a la luce e non viene verso la luce, affinché non<br />
siano rimproverate le sue opere»: in definitiva chi opera il m<strong>al</strong>e o<strong>di</strong>a la trasparenza e la<br />
chiarezza, perché l'orgoglio gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> tollerare qu<strong>al</strong>siasi correzione. In <strong>al</strong>tri termini, il<br />
peccatore teme Gesù e non si avvicina a lui che ne svela gli errori e le ipocrisie <strong>al</strong> fine <strong>di</strong><br />
portarlo sulla retta via.<br />
7. FARE LA VERITÀ (3,21)<br />
3.21 o( de\ poiw=n th\n a)lh/qeian e)/rxetai pro\j to\ fw=j,<br />
i(/na fanerwqv= au)tou= ta\ e)/rga<br />
o(/ti e)n qe%= e)stin ei)rgasme/na.<br />
3,21 chi però fa la verità viene verso la luce,<br />
affinché siano–manifeste le sue opere,<br />
poiché in Dio sono state–operate.<br />
«Chi però fa la verità»: in genere noi <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong>re la verità. Anche il IV <strong>Vangelo</strong><br />
sovente usa questa forma (<strong>di</strong>re la verità: 8,40.45.46; 16,7 oppure testimoniare la verità:<br />
5,33; 18,37). Ci saremmo aspettati: chi però fa il bene. In 5,29 Gesù stesso usa<br />
l’espressione: fare il bene. Qui invece egli <strong>di</strong>ce fare la verità, creando una mirabile sintesi<br />
tra conoscenza e opere pratiche. Invitandoci a fare la verità, ci propone a fare il bene con<br />
verità. In sostanza ci sprona a compiere un lavoro completo, che consiste dapprima nel<br />
re<strong>al</strong>izzare una profonda conversione ment<strong>al</strong>e e poi nell’agire secondo il vero significato<br />
delle cose da noi scoperto, cioè a <strong>di</strong>re la verità con i fatti (prima interiori e poi esteriori).<br />
Per convincerci che il primo livello, nel qu<strong>al</strong>e bisogna attuare la verità, è quello del cuore,<br />
può esserci utile sapere che per Gesù le opere consistono innanzi tutto nell’adesione <strong>di</strong> fede.<br />
Nel <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Cafarnao, ai Giudei che gli domandavano qu<strong>al</strong>i opere fare, egli risponde:<br />
l'opera <strong>di</strong> Dio è credere (6,29). La fede è la prima opera da fare e credere vuol <strong>di</strong>re<br />
accogliere la verità (intesa in senso giovanneo). Il Signore, dunque, ci propone <strong>di</strong> vivere la<br />
fede prima <strong>di</strong> tutto a livello interiore (verità). Questo fatto implica poi il dovere <strong>di</strong> viverla<br />
anche a livello operativo (fare). In <strong>al</strong>tre parole, siamo chiamati a vivere in modo simbolico e<br />
sacrament<strong>al</strong>e. Notiamo pertanto che vi è un atteggiamento <strong>di</strong> onestà interiore verso la verità<br />
che costituisce la con<strong>di</strong>zione basilare per l'atto e per il cammino <strong>di</strong> fede, la qu<strong>al</strong>e<br />
necessariamente si rivela nelle azioni concrete (1 Gv 3,18).<br />
52
«Viene verso la luce»: infatti, chi fa la verità ha il coraggio <strong>di</strong> mostrare le proprie azioni,<br />
anche quelle segrete, in modo da far conoscere che le sue opere e le loro motivazioni sono<br />
oneste.<br />
«Affinché siano manifeste le sue opere»: questa precisazione ci fa capire che venire <strong>al</strong>la<br />
luce significa innanzi tutto non temere <strong>di</strong> rendere note le proprie azioni. In seconda battuta<br />
possiamo anche vedere in questo venire <strong>al</strong>la luce il fatto <strong>di</strong> avvicinarsi sempre <strong>di</strong> più a<br />
Cristo, che è la Luce.<br />
«Poiché in Dio sono state operate»: qui il linguggio <strong>di</strong> Gesù raggiunge <strong>al</strong>ti livelli mistici:<br />
t<strong>al</strong>i opere, secondo lui, sono state fatte non solo con l'aiuto <strong>di</strong> Dio oppure per la sua gloria<br />
(cioè, pur sempre per cose che non sono Dio in sé), ma in Dio, cioè <strong>di</strong>rettamente in lui, in<br />
mistica comunione con lui, che opera in noi. Se questo avviene, si scopre <strong>al</strong>la fine che tutto<br />
il bene fatto da noi è opera stessa <strong>di</strong> Dio. Per t<strong>al</strong>e motivo il credente non ha <strong>al</strong>cun timore <strong>di</strong><br />
manifestare le sue azioni, ma facendo il bene fa la verità perché compie azioni veramente<br />
buone. Infatti esse sono state re<strong>al</strong>izzate in Dio perché è Dio stesso che le ha compiute in noi.<br />
A questo punto il fedele si può mettere umilmente in luce senza f<strong>al</strong>si pudori, sapendo che<br />
tutto questo promuove solo la gloria del Padre.<br />
Ef 5,13 Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate d<strong>al</strong>la luce,<br />
perché tutto quello che si manifesta è luce.<br />
RIFLESSIONI FINALI<br />
In questo testo l'Evangelista riesce a presentare una complessa visione dell'UOMO e <strong>di</strong><br />
Dio e sottolinea ciò che li <strong>di</strong>stingue e li separa. Da una parte c'è l'uomo (carn<strong>al</strong>e, terreno,<br />
nesciente, incredulo, tenebroso, m<strong>al</strong>vagio, ostile <strong>al</strong>la luce), d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra c'è Dio (spiritu<strong>al</strong>e,<br />
celeste, sapiente, luminoso, amorevole, generoso, s<strong>al</strong>vatore).<br />
Questi due mon<strong>di</strong> potranno mai incontrarsi? Gesù presenta l'inau<strong>di</strong>ta possibilità <strong>della</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza a patto che nell'uomo si operi un ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>e mutamento:<br />
l'uomo-CARNE deve <strong>di</strong>ventare uomo-SPIRITO<br />
la prima NASCITA dev’essere superata d<strong>al</strong>la RINASCITA d<strong>al</strong> Padre<br />
l'amore <strong>della</strong> LUCE deve eliminare quello delle TENEBRE<br />
la FEDE deve rimpiazzare l'INCREDULITÀ<br />
bisogna fare la VERITÀ e non il MALE.<br />
Tutto questo cambiamento si re<strong>al</strong>izza sotto il soffio <strong>di</strong> un VENTO NUOVO, lo<br />
SPIRITO, e trova attuazione nel BATTESIMO, che è segno sacrament<strong>al</strong>e, atto <strong>di</strong><br />
rigenerazione, ACQUA in cui lo SPIRITO opera con tutta la sua forza.<br />
In contemporanea col BATTESIMO ci vuole la FEDE nella PAROLA del MAESTRO, il<br />
FIGLIO DI DIO, la LUCE, per uscire da quella NOTTE in cui si trova Nicodemo.<br />
Ma la fede non sarà autentica se non si vive il Sacramento del Battesimo qu<strong>al</strong>e<br />
straor<strong>di</strong>nario intervento <strong>di</strong> amore <strong>di</strong> Dio Padre nella nostra vita.<br />
Mc 16 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà s<strong>al</strong>vo, ma chi non crederà sarà condannato.<br />
Questo testo è molto adatto per una catechesi sul Battesimo e sul tema <strong>della</strong> fede.<br />
53
LA GIOIA DI ASCOLTARE LA VOCE DELLO SPOSO<br />
Unità 06<br />
La nuova testimonianza <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> Battista (3,22-36)<br />
PRESENTAZIONE: questo brano richiama la prima testimonianza del Battista (1,19-34)<br />
e conclude stupendamente la presentazione del messaggio del precursore, formando una<br />
inclusione, che crea una cornice perfetta intorno agli eventi che nell'Unità introduttiva<br />
abbiamo attribuito <strong>al</strong> primo momento del primo Tempo (1,19-3,36).<br />
Ecco una sintesi: <strong>Giovanni</strong>, che sta battezzando (punto 1), in occasione <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>scussione sulla purificazione (p. 2), nega <strong>di</strong> essere il Cristo (p. 3) e presenta Gesù come lo<br />
Sposo (p. 4). Questi, venendo d<strong>al</strong>l'Alto (p. 5), dona lo Spirito senza misura (p. 6) ed è il<br />
Figlio in cui credere (p. 7).<br />
1. IL BATTESIMO, SEGNO DI AGGREGAZIONE (3,22-24)<br />
3.22 Meta\ tau=ta h)=lqen o( )Ihsou=j kai\ oi( maqhtai\ au)tou= ei)j th\n )Ioudai/an gh=n<br />
kai\ e)kei= <strong>di</strong>e/triben met' au)tw=n kai\ e)ba/ptizen.<br />
3.23 h)=n de\ kai\ o( )Iwa/nnhj bapti/zwn e)n Ai)nw\n e)ggu\j tou= S<strong>al</strong>ei/m,<br />
o(/ti u(/data polla\ h)=n e)kei=,<br />
kai\ paregi/nonto kai\ e)bapti/zonto:<br />
3.24 ou)/pw ga\r h)=n beblhme/noj ei)j th\n fulakh\n o( )Iwa/nnhj.<br />
3,22 Dopo queste (cose) andò Gesù e i suoi <strong>di</strong>scepoli nella terra <strong>di</strong>–Giudea<br />
e là si–trattenne con essi e battezzava.<br />
3,23 Anche <strong>Giovanni</strong> poi stava battezzando a Ennòn presso S<strong>al</strong>ìm,<br />
perché molta acqua c’era là;<br />
e giungevano ed erano–battezzati.<br />
3,24 infatti <strong>Giovanni</strong> non–ancora era stato–gettato nella prigione.<br />
«Andò Gesù e i suoi <strong>di</strong>scepoli nella terra <strong>di</strong> Giudea»: Gesù, profeta itinerante, si muove<br />
seguito dai suoi <strong>di</strong>scepoli. Non è più Gerus<strong>al</strong>emme il teatro <strong>della</strong> sua attività, ma la zona<br />
<strong>della</strong> Giudea presso il Giordano.<br />
«Si trattenne con essi e battezzava»: ormai si è creata una comunione tra lui e i suoi<br />
amici, i qu<strong>al</strong>i vogliono comunicare ad <strong>al</strong>tri la loro gioia messianica per mezzo del segno del<br />
battesimo (cfr. 4,2: non era Gesù in persona che battezzava). In t<strong>al</strong> modo Gesù approva,<br />
sostiene e continua l'opera preparatoria del Battista. Se quello che conta è il cambiamento<br />
interiore, abbiamo però bisogno <strong>di</strong> segni esteriori forti e <strong>di</strong> riti solenni che lo significano e<br />
che lo promuovono.<br />
«Anche <strong>Giovanni</strong> poi stava battezzando a Ennòn presso S<strong>al</strong>ìm»: il Battista continua la<br />
sua missione profetica (nel territorio <strong>della</strong> Decapoli) non in concorrenza col Cristo, ma a<br />
suo favore (come si vedrà fra poco d<strong>al</strong>la sua testimonianza). Concludendo: Gesù assume<br />
quasi il ruolo del Battista. Tutti e due battezzano (anche se Gesù lo fa per mezzo dei suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli: cfr. 4,2) perché vogliono preparare <strong>al</strong>la venuta del Regno <strong>di</strong> Dio ed educare <strong>al</strong>la<br />
nuova economia <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza basata sulla forza dei segni sacrament<strong>al</strong>i. Gesù non teme <strong>di</strong><br />
mettersi <strong>al</strong> livello <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>.<br />
«Perché molta acqua c’era là; e giungevano ed erano battezzati»: il Battista sceglie un<br />
punto ricco <strong>di</strong> acque. I suoi <strong>di</strong>scepoli non capiscono che non è l'abbondanza <strong>di</strong> acqua<br />
materi<strong>al</strong>e il fattore più importante, ma il dono d<strong>al</strong>l'Alto che le acque significano. Sul<br />
Precursore incombe il dramma <strong>della</strong> prigionia.<br />
55
2. LA PURIFICAZIONE INEFFICACE (3,25-26))<br />
3.25 )Ege/neto ou)=n zh/thsij e)k tw=n maqhtw=n )Iwa/nnou<br />
meta\ )Ioudai/ou peri\ kaqarismou=.<br />
3.26 kai\ h)=lqon pro\j to\n )Iwa/nnhn kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
(Rabbi/, o(\j h)=n meta\ sou= pe/ran tou= )Iorda/nou,<br />
%(= su\ memartu/rhkaj,<br />
i)/de ou(=toj bapti/zei kai\ pa/ntej e)/rxontai pro\j au)to/n.<br />
3,25 Avvenne dunque (una) <strong>di</strong>scussione tra i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong>–<strong>Giovanni</strong><br />
con (un) giudeo su(lla) purificazione.<br />
3,26 E andarono da <strong>Giovanni</strong> e gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Rabbì, colui–che era con te oltre il Giordano,<br />
per–il–qu<strong>al</strong>e tu hai–testimoniato,<br />
ecco, egli battezza e tutti vanno da lui!».<br />
«Una <strong>di</strong>scussione tra i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> con un giudeo sulla purificazione»: parole,<br />
<strong>di</strong>squisizioni e pochi fatti sulla via <strong>della</strong> vera purificazione che non è più quella giudaica,<br />
ma quella nuova in<strong>di</strong>cata d<strong>al</strong> Cristo. È facile <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> santità senza rinunciare <strong>al</strong> prestigio<br />
del proprio maestro (il Battista) e del proprio gruppo, senza vincere la paura interiore verso<br />
la vera novità. <strong>Giovanni</strong> è chiamato con deferenza Maestro, Gesù solamente colui che era<br />
col Battista... Quest'ultimo rimane per loro <strong>al</strong> centro, come l'unico punto <strong>di</strong> riferimento.<br />
Inoltre essi vedono il battesimo innanzi tutto in negativo: come purificazione d<strong>al</strong> peccato e<br />
non come nascita d<strong>al</strong>l'Alto. Vivere il battesimo semplicemente come purificazione vuol <strong>di</strong>re<br />
pur sempre guardare innanzi tutto <strong>al</strong> proprio peccato e rischiare <strong>di</strong> non accorgersi <strong>della</strong><br />
grandezza <strong>della</strong> Grazia <strong>di</strong>vina e <strong>della</strong> novità del <strong>Vangelo</strong>. Il giudeo menzionato può aver<br />
informato i <strong>di</strong>scepoli del Battista circa l'attività <strong>di</strong> Gesù in Giudea, innescando un <strong>di</strong>battito<br />
sul senso e sul v<strong>al</strong>ore <strong>della</strong> purificazione.<br />
«Colui che era con te... per il qu<strong>al</strong>e tu hai testimoniato... battezza e tutti vanno da lui»:<br />
non conoscono ancora Gesù per nome e già ne <strong>di</strong>sapprovano l’operato (ne temono la<br />
concorrenza, favorita d<strong>al</strong>la testimonianza del Battista, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e secondo loro Gesù sta<br />
approfittando). Vi è un in<strong>di</strong>retto rimprovero anche a <strong>Giovanni</strong> che si è <strong>al</strong>lontanato d<strong>al</strong> centro<br />
trasferendosi verso nord e che, con la sua testimonianza, ha provocato un esodo in massa<br />
(tutti) verso il concorrente.<br />
3. IL CRISTO HA UN VERO CARISMA (3,27-28)<br />
3.27 a)pekri/qh )Iwa/nnhj kai\ ei)=pen,<br />
Ou) du/natai a)/nqrwpoj lamba/nein ou)de\<br />
e(\n e)a\n mh\ v)= dedome/non au)t%= e)k tou= ou)ranou=.<br />
3.28 au)toi\ u(mei=j moi marturei=te o(/ti ei)=pon [o(/ti]<br />
Ou)k ei)mi\ e)gw\ o( Xristo/j, a)ll' o(/ti )Apest<strong>al</strong>me/noj ei)mi\ e)/mprosqen e)kei/nou.<br />
3,27 Rispose <strong>Giovanni</strong> e <strong>di</strong>sse:<br />
«Non può (un) uomo prendere nulla,<br />
se non gli è stato–dato d<strong>al</strong> Cielo.<br />
3,28 Voi stessi mi testimoniate che <strong>di</strong>ssi:<br />
'Non sono io il Cristo, ma sono stato–mandato davanti–a lui!'<br />
«Non può un uomo prendere nulla...»: <strong>Giovanni</strong> si mette <strong>al</strong> giusto posto (non pretende<br />
un potere che non gli è stato dato da Dio) e vede invece Gesù come un uomo a cui il Cielo<br />
(Dio) ha dato potere e che pertanto non sta facendo cose abusive (cfr. 1,20). In forma<br />
negativa enuncia un principio <strong>della</strong> vita spiritu<strong>al</strong>e: ogni carisma viene da Dio (noi, così<br />
<strong>di</strong>cendo, lo abbiamo tradotto in forma positiva). Il Battista sa vedere la missione <strong>di</strong> Cristo<br />
come un dono. E, per riflesso, considera anche la sua un dono <strong>di</strong> cui gioire (29).<br />
«Voi stessi mi testimoniate...»: <strong>Giovanni</strong> ci tiene a precisare che da sempre, davanti a<br />
tutti, ha affermato che il Cristo non era lui, che era stato inviato come suo precursore e che<br />
56
il Messia era proprio quel Gesù <strong>di</strong> Nazaret che stava emergendo. Queste affermazioni i suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli le debbono ricordare e per <strong>Giovanni</strong> non sono una debolezza, ma un merito.<br />
Perché <strong>al</strong>lora essi si ostinano a non accettarle? Non hanno capito che Gesù viene a<br />
concludere un'Alleanza nuzi<strong>al</strong>e messianica, nuova e definitiva, tra Dio e l'umanità.<br />
4. IL CRISTO È LO SPOSO E LA SUA VOCE SUSCITA GIOIA (3,29-30)<br />
3.29 o( e)/xwn th\n nu/mfhn numfi/oj e)sti/n:<br />
o( de\ fi/loj tou= numfi/ou o( e(sthkw\j kai\ a)kou/wn au)tou=<br />
xar#= xai/rei <strong>di</strong>a\ th\n fwnh\n tou= numfi/ou.<br />
au(/th ou)=n h( xara\ h( e)mh\ peplh/rwtai.<br />
3.30 e)kei=non dei= au)ca/nein, e)me\ de\ e)lattou=sqai.<br />
3,29 Chi ha la sposa è (lo) sposo,<br />
ma l'amico dello sposo, che sta (vicino) e lo ascolta<br />
gioisce (<strong>di</strong> grande) gioia per la voce dello sposo.<br />
Dunque, questa gioia, la mia, è–compiuta.<br />
3,30 Egli deve crescere, io invece <strong>di</strong>minuire».<br />
«Chi ha la sposa, è lo sposo»: in questo <strong>di</strong>scorso (vv. 29-36) si intrecciano tematiche già<br />
presentate: ritornano il tema delle nozze messianiche presente nel segno <strong>di</strong> Cana e quello<br />
<strong>della</strong> fede proposto a Nicodemo. Con una grande intuizione il Battista presenta il CRISTO<br />
come lo SPOSO e non usa un <strong>al</strong>tro paragone come, ad esempio, quello del padrone o del<br />
giu<strong>di</strong>ce. La sposa rappresenta la comunità credente (cfr. Osea 2,21). Qu<strong>al</strong>cuno potrebbe<br />
vedere nella frase: lo Sposo ha la Sposa un linguaggio maschilista. Però, in questo contesto,<br />
il verbo avere non in<strong>di</strong>ca un possesso <strong>di</strong>spotico, ma solo la certezza e la gioia dell’amore<br />
(cfr. anche Is 62,5). Questa Sposa ha già trovato in Maria, a Cana, una sua rappresentante e<br />
la troverà poi anche nella Samaritana e in Maria <strong>di</strong> Betania.<br />
«L'amico dello sposo... gioisce <strong>di</strong> grande gioia per la voce dello sposo»: il Battista ha<br />
due atteggiamenti <strong>di</strong> benevolenza e stima verso lo sposo: (1°) gli sta vicino per servirlo e<br />
(2°) lo ascolta con attenzione. Per questo si r<strong>al</strong>legra <strong>al</strong>la voce dello sposo. Questo Sposo lo<br />
abbiamo già sentito parlare: ci ha parlato del Padre e del suo Spirito santificatore. Molto<br />
opportunamente il Battista si presenta sotto la FIGURA dello Shoshbin (l'amico dello<br />
sposo), incaricato <strong>di</strong> vegliare sulla verginità <strong>della</strong> sposa e <strong>di</strong> garantire la gioiosa riuscita<br />
<strong>della</strong> festa nuzi<strong>al</strong>e.<br />
«Dunque, questa gioia, la mia, è compiuta»: per i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> la sua missione<br />
era troppo modesta. Egli invece, che si affida ai decreti del Cielo, si sente perfettamente<br />
appagato, perché le nozze messianiche sono state ormai celebrate. La sua non è solo gioia<br />
umana, ma escatologica (anticipazione <strong>di</strong> quella eterna).<br />
«Egli deve crescere, io invece <strong>di</strong>minuire»: volentieri accetta <strong>di</strong> scomparire. Se il suo<br />
<strong>di</strong>minuire (cioè perdere <strong>di</strong>scepoli, morire...) può favorire la crescita del Cristo, egli è ben<br />
contento e si sente re<strong>al</strong>izzato, perché ha svolto bene la sua missione. Cristo Sposo crescerà<br />
e si moltiplicherà (cfr. Gn 1,28). La gioia messianica riempie il cuore del Battista e deve<br />
riempire anche il nostro.<br />
Ef 5 25 E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se<br />
stesso per lei, 26 per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua<br />
accompagnato d<strong>al</strong>la parola.<br />
5. IL MESSIA VIENE DAL CIELO E NON DALLA TERRA (3,31-33)<br />
3.31 (O a)/nwqen e)rxo/menoj e)pa/nw pa/ntwn e)sti/n:<br />
o( w)\n e)k th=j gh=j e)k th=j gh=j e)stin kai\ e)k th=j gh=j l<strong>al</strong>ei=.<br />
o( e)k tou= ou)ranou= e)rxo/menoj e)pa/nw pa/ntwn e)sti/n:<br />
3.32 o(\ e(w/raken kai\ h)/kousen tou=to marturei=,<br />
kai\ th\n marturi/an au)tou= ou)dei\j lamba/nei.<br />
57
3.33 o( labw\n au)tou= th\n marturi/an<br />
e)sfra/gisen o(/ti o( qeo\j a)lhqh/j e)stin.<br />
3,31 Chi viene d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to è sopra–<strong>di</strong> tutti,<br />
chi è d<strong>al</strong>la terra, è d<strong>al</strong>la terra e parla d<strong>al</strong>la terra,<br />
chi viene d<strong>al</strong> cielo è sopra–<strong>di</strong> tutti;<br />
3,32 quello–che ha–visto e u<strong>di</strong>to, questo testimonia<br />
e la sua testimonianza nessuno accoglie.<br />
3,33 Chi accoglie la sua testimonianza,<br />
suggella che Dio è verace.<br />
Per <strong>al</strong>cuni autori iniziano qui le riflessioni person<strong>al</strong>i dell'Evangelista.<br />
«Chi viene d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to è sopra <strong>di</strong> tutti, chi è d<strong>al</strong>la terra... parla d<strong>al</strong>la terra »: Cristo viene<br />
d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to, da Dio ed è nettamente superiore a tutti coloro che, venendo d<strong>al</strong>la terra, parlano <strong>di</strong><br />
cose terrestri in modo materi<strong>al</strong>istico. <strong>Giovanni</strong> si sente inferiore, anche a causa dei suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli che non sanno accogliere il nuovo (Cielo, Terra: sono simboli primor<strong>di</strong><strong>al</strong>i).<br />
«Ciò che ha visto e u<strong>di</strong>to, questo testimonia»: le stesse prove che Gesù porta a Nicodemo<br />
sono qui addotte per affermare l'autenticità <strong>della</strong> parola del Signore Gesù (cfr. 3,11) e<br />
l'inspiegabilità del rifiuto (che qui è visto come univers<strong>al</strong>e, secondo lo stile giovanneo:<br />
tutti... nessuno).<br />
«Chi accoglie la sua testimonianza suggella che Dio è verace»: chi crede rende a Dio un<br />
grande onore perché lo riconosce VERITIERO (in greco: mette un sigillo, azione collegata<br />
con l'opera dello Spirito. Cfr. 6,27). Infatti la verità è questa: il Padre ha inviato Gesù ad<br />
annunciare le sue parole e a promuovere la fede (cfr. 1,14.17; 3,34).<br />
6. L'INVIATO DI DIO DONA LO SPIRITO SENZA MISURA (3,34-35)<br />
3.34 o(\n ga\r a)pe/steilen o( qeo\j<br />
ta\ r(h/mata tou= qeou= l<strong>al</strong>ei=,<br />
ou) ga\r e)k me/trou <strong>di</strong>/dwsin to\ pneu=ma.<br />
3.35 o( path\r a)gap#= to\n ui(o/n<br />
kai\ pa/nta de/dwken e)n tv= xeiri\ au)tou=.<br />
3,34 Infatti, colui–che Dio ha–mandato,<br />
<strong>di</strong>ce le parole <strong>di</strong>–Dio:<br />
infatti senza misura dona lo Spirito.<br />
3,35 Il Padre ama il Figlio<br />
e tutto ha–dato nella sua mano.<br />
«Dice le parole <strong>di</strong> Dio: infatti senza misura dona lo Spirito»: Gesù ci propone le Parole<br />
del Padre. Il proferire le Parole <strong>di</strong>vine qui ha per effetto una donazione dello Spirito senza<br />
limiti, cioè con straor<strong>di</strong>naria pienezza. Lo Spirito <strong>della</strong> verità viene comunicato a chi ascolta<br />
con fede le parole dell'inviato del Padre. Altro che <strong>di</strong>squisizioni teoriche sui riti giudaici <strong>di</strong><br />
purificazione!<br />
«Il Padre ama il Figlio e tutto ha dato nella sua mano»: questo AMORE spiega il perché<br />
ogni re<strong>al</strong>tà e ogni potere sono posti nella mano del Figlio (la mano è un’Icona in<strong>di</strong>cante<br />
azione) ed il perché dell’abbondanza dello Spirito <strong>San</strong>to riversato senza limiti su <strong>di</strong> noi.<br />
L'amore che Dio Padre ha per il mondo (3,16) si basa su quello che egli ha per il Figlio suo<br />
Gesù, cosicché quello che il Padre fa per il Figlio, lo fa anche per noi. Contempliamo e<br />
baciamo la mano onnipotente <strong>di</strong> Gesù, fonte <strong>di</strong> ogni dono!<br />
7. CHI CREDE NEL FIGLIO HA LA VITA (3,36)<br />
3.36 o( pisteu/wn ei)j to\n ui(o\n e)/xei zwh\n ai)w/nion:<br />
o( de\ a)peiqw=n t%= ui(%= ou)k o)/yetai zwh/n,<br />
a)ll' h( o)rgh\ tou= qeou= me/nei e)p' au)to/n.<br />
58
3,36 a Chi crede nel Figlio, ha (la) vita eterna,<br />
b ma chi <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>sce <strong>al</strong> Figlio, non vedrà (la) vita,<br />
ma l'ira <strong>di</strong>–Dio rimane su–<strong>di</strong> lui!<br />
«Chi crede…»: è riba<strong>di</strong>ta, come conclusione, l'in<strong>di</strong>spensabilità <strong>della</strong> FEDE in Gesù,<br />
come Figlio del Padre, per avere la VITA, la qu<strong>al</strong>e è il fine <strong>di</strong> tutta l’opera <strong>di</strong>vina.<br />
«Chi <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>sce <strong>al</strong> Figlio…»: sono interessanti queste due espressioni par<strong>al</strong>lele (36 a e<br />
b ) che ci fanno capire che la fede è una OBBEDIENZA AL FIGLIO e ci permette <strong>di</strong><br />
VEDERE LA VITA, in una estatica e continua contemplazione.<br />
«L'ira <strong>di</strong> Dio rimane...»: se esiste un rimanere positivo (dello Spirito: cfr. ad es. 1,33),<br />
c'è anche un rimanere negativo (dell’ira). L'ira incombe fin d<strong>al</strong> presente in modo<br />
permanente su chi <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>sce a motivo <strong>della</strong> sua incredulità, anticipando così un futuro <strong>di</strong><br />
tenebre e <strong>di</strong> morte. La pena infatti consiste nel non poter avere e vedere la vita, il che<br />
equiv<strong>al</strong>e a <strong>di</strong>re che siamo fatti per la contemplazione vit<strong>al</strong>e <strong>della</strong> visione beatifica.<br />
CONCLUSIONE<br />
La vera purificazione è proprio quella che il Battista ha operato nel suo cuore,<br />
accogliendo la verità su <strong>di</strong> sé e sul Cristo, senza cedere a desideri <strong>di</strong> grandezza, ma<br />
accettando <strong>di</strong> ascoltare e obbe<strong>di</strong>re con una fede pura e gioiosa <strong>al</strong>la voce dello Sposo e <strong>al</strong><br />
progetto del Padre. <strong>Giovanni</strong>, l'amico dello Sposo, esce <strong>di</strong> scena in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong>, lasciando<br />
la Sposa unicamente <strong>al</strong> Cristo. Ha attestato l'amore e la verità <strong>di</strong> Dio e si è reso partecipe<br />
dello Spirito e <strong>della</strong> Vita.<br />
È da notare che il Battista parla <strong>della</strong> sua opera come <strong>di</strong> un servizio nuzi<strong>al</strong>e e in<strong>di</strong>ca il<br />
Cristo, che battezza per mezzo dei suoi, come il vero Sposo che va formando la Sposa (la<br />
Chiesa). In re<strong>al</strong>tà Nozze e Battesimo si intrecciano in questi primi tre capitoli. Un unico filo<br />
conduttore collega l'acqua delle nozze <strong>di</strong> Cana con quella <strong>della</strong> rinascita annunciata a<br />
Nicodemo e con i battesimi preparatori promossi d<strong>al</strong>lo Sposo (3,29).<br />
59
L'ACQUA VIVA CHE ZAMPILLA Unità 07<br />
L'accoglienza dei Samaritani (Gv 4,1-42)<br />
Il capitolo quarto del <strong>Vangelo</strong> narra degli episo<strong>di</strong> che nell'Unità introduttiva abbiamo<br />
attribuito <strong>al</strong> secondo momento del Primo Tempo.<br />
Essi, infatti, si <strong>di</strong>stinguono d<strong>al</strong> resto perché hanno una caratteristica comune: si tratta <strong>di</strong><br />
esempi <strong>di</strong> fede in un ambiente non giudaico.<br />
Abbiamo <strong>di</strong>viso in quattro Sezioni l'episo<strong>di</strong>o esaminato in questa Unità, il cui titolo<br />
mette in ris<strong>al</strong>to l'Icona dell’Acqua: dopo aver accuratamente ambientato l'evento (Sezione<br />
1), <strong>Giovanni</strong> riporta il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con la Samaritana (Sez. 2) e quello con i <strong>di</strong>scepoli (Sez. 3).<br />
L'Evangelista termina mettendo in evidenza la fede del popolo samaritano che <strong>di</strong>venta così<br />
Tipo <strong>di</strong> coloro che, pur non appartenendo <strong>al</strong> giudaismo uffici<strong>al</strong>e, credono in Cristo (Sez. 4).<br />
- 1 - AMBIENTAZIONE<br />
1. LA SAMARIA (4,1-4)<br />
4.1 (Wj ou)=n e)/gnw o( Ku/rioj [ )Ihsou=j] o(/ti h)/kousan oi( farisai=oi<br />
o(/ti )Ihsou=j plei/onaj maqhta\j poiei= kai\ bapti/zei h)\ )Iwa/nnhj<br />
4.2 kai/toige )Ihsou=j au)to\j ou)k e)ba/ptizen<br />
a)ll' oi( maqhtai\ au)tou=<br />
4.3 a)fh=ken th\n )Ioudai/an kai\ a)ph=lqen pa/lin ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an.<br />
4.4 e)/dei de\ au)to\n <strong>di</strong>e/rxesqai <strong>di</strong>a\ th=j Samarei/aj.<br />
4,1 Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano–u<strong>di</strong>to<br />
che Gesù faceva più <strong>di</strong>scepoli e battezzava (più) <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong><br />
4,2 — anche–se Gesù stesso non battezzava,<br />
ma (erano) i suoi <strong>di</strong>scepoli (a battezzare) —<br />
4,3 lasciò la Giudea e si–<strong>di</strong>resse <strong>di</strong>–nuovo in G<strong>al</strong>ilea;<br />
4,4 egli doveva quin<strong>di</strong> transitare attraverso la Samaria.<br />
«I farisei avevano u<strong>di</strong>to che Gesù faceva più <strong>di</strong>scepoli e battezzava più <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>»: se<br />
il Battista era sotto il tiro delle autorità, tanto più lo poteva <strong>di</strong>ventare ora Gesù che faceva<br />
più <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>. Forse un giudeo, come quello che aveva informato i <strong>di</strong>scepoli del<br />
Battista (3,25), informa i farisei. Può essere che poi qu<strong>al</strong>che amico <strong>di</strong> Gesù (come<br />
Nicodemo) gli abbia fatto sapere che i capi erano <strong>al</strong> corrente <strong>della</strong> sua attività.<br />
«Gesù... non battezzava»: il Signore non battezza <strong>di</strong> persona, lascia fare ai suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
perché non venga confuso il Battesimo definitivo con un battesimo che per ora era simile a<br />
quello preparatorio del Battista.<br />
«Quando dunque il Signore seppe... lasciò la Giudea e si <strong>di</strong>resse <strong>di</strong> nuovo in G<strong>al</strong>ilea;<br />
egli doveva quin<strong>di</strong> transitare attraverso la Samaria»: viene accuratamente spiegata la<br />
ragione per cui Gesù passa in Samaria, perché quello che avverrà in questa regione è molto<br />
importante: una donna sta per accogliere lo Sposo messianico e degli emarginati, perché<br />
eterodossi (cfr. 2 Re 17), si <strong>di</strong>mostrano molto più <strong>di</strong>sponibili dei farisei ad accogliere la<br />
verità. Alla fin fine, l'ostilità dei Giudei fornisce a Cristo l'occasione per fare <strong>di</strong>scepoli<br />
anche in Samaria. Doveva quin<strong>di</strong> transitare...: la necessità <strong>di</strong> passare attraverso la Samaria<br />
non è solo dovuta <strong>al</strong>la rete strad<strong>al</strong>e del tempo, ma soprattutto ad un <strong>di</strong>segno <strong>della</strong><br />
Provvidenza.<br />
At 13,46 Allora Paolo e Barnaba con franchezza <strong>di</strong>chiararono: «Era necessario che<br />
fosse annunziata a voi per primi la parola <strong>di</strong> Dio, ma poiché la respingete e non vi<br />
giu<strong>di</strong>cate degni <strong>della</strong> vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani».<br />
61
2. LA FONTE DI GIACOBBE (4,5-6 a )<br />
4.5 e)/rxetai ou)=n ei)j po/lin th=j Samarei/aj legome/nhn Suxa\r<br />
plhsi/on tou= xwri/ou o(\ e)/dwken )Iakw\b )Iwsh\f t%= ui(%= au)tou=:<br />
4.6 h)=n de\ e)kei= phgh\ tou= )Iakw/b.<br />
4,5 Arriva dunque in (una) città <strong>della</strong> Samaria, detta Sichar,<br />
vicino <strong>al</strong> podere che Giacobbe aveva–dato a–Giuseppe, il figlio suo,<br />
4.6 a là (vi) era (la) fonte <strong>di</strong>–Giacobbe.<br />
«Vicino <strong>al</strong> podere che Giacobbe aveva dato a Giuseppe, il figlio suo»: Gesù percorre i<br />
luoghi <strong>della</strong> storia biblica, abitati dai patriarchi. I personaggi antichi e le gesta <strong>di</strong> YHWH<br />
vengono richiamati dai monumenti del passato (Gn 33,19). Gli antichi pro<strong>di</strong>gi si stanno<br />
rinnovando e le promesse vengono re<strong>al</strong>izzate. Al padre Giacobbe sta per venir anteposto il<br />
Padre celeste che farà ai figli suoi un dono ben maggiore <strong>di</strong> un podere.<br />
«Vi era la fonte (peghé) <strong>di</strong> Giacobbe»: in una regione ben determinata è in<strong>di</strong>cato un<br />
luogo preciso (una fonte) dove Dio sta per intervenire per mezzo <strong>di</strong> Cristo. In re<strong>al</strong>tà si tratta<br />
<strong>di</strong> un semplice pozzo (fréar): è così che la Samaritana lo chiama due volte, mentre<br />
l'Evangelista lo trasfigura in fonte perché per lui è simbolo <strong>di</strong> Gesù, sorgente <strong>di</strong> grazia.<br />
Anche Gesù usa la parola fonte per in<strong>di</strong>care il suo tipo <strong>di</strong> acqua (14). Giacobbe, detto anche<br />
Israele, è ancora attivo in mezzo ai Samaritani per mezzo <strong>di</strong> un pozzo d'acqua a lui<br />
attribuito. È necessario notare che presso tutte le popolazioni certe re<strong>al</strong>tà acquistano un<br />
v<strong>al</strong>ore speci<strong>al</strong>e (affettivo, cultur<strong>al</strong>e...) e favoriscono la loro particolare identità soci<strong>al</strong>e e<br />
religiosa, ma nello stesso tempo legano <strong>al</strong> passato e rendono <strong>di</strong>fficile un superamento.<br />
3. ERA L'ORA SESTA (4,6 b )<br />
o( ou)=n )Ihsou=j kekopiakw\j e)k th=j o(doipori/aj<br />
e)kaqe/zeto ou(/twj e)pi\ tv= phgv=:<br />
w(/ra h)=n w(j e(/kth.<br />
4,6 b Dunque Gesù, affaticato per il viaggio,<br />
sedeva così presso la fonte;<br />
era circa (l')ora sesta.<br />
«Gesù, affaticato per il viaggio»: la persecuzione che sta iniziando obbliga Gesù a<br />
lunghi e sfibranti viaggi. Ma è soprattutto il desiderio <strong>di</strong> compiere la missione che il Padre<br />
gli ha affidato, quello che lo porta a muoversi da un capo <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro <strong>della</strong> P<strong>al</strong>estina. Il Maestro<br />
sperimenta la fatica del missionario, ben conosciuta anche da Paolo (2 Cor 11,23-29). Alla<br />
fatica apostolica Gesù farà cenno tra poco parlando <strong>di</strong> semina e <strong>di</strong> mietitura (38).<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che il viaggio è simbolo <strong>di</strong> mobilità interiore e spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«Sedeva così presso la fonte»: lo stare seduti è un segno <strong>di</strong> stabilità; esso viene dopo un<br />
cammino, che comporta capacità <strong>di</strong> innovazione e progresso, e rappresenta il momento <strong>di</strong><br />
riposo e <strong>di</strong> ristoro. Il <strong>Vangelo</strong> tende sempre a mostrare le due facce opposte <strong>della</strong> medaglia:<br />
abbiamo appena sentito parlare <strong>di</strong> fatica e <strong>di</strong> riposo; notiamo ad es. che il pozzo <strong>di</strong> Giacobbe<br />
scende verso il basso (il profondo), mentre la sua sc<strong>al</strong>a (ricordata da Gesù in 1,51) punta<br />
verso l'Alto (Dio); tra poco si troveranno faccia a faccia un uomo e una donna. Tra l’<strong>al</strong>tro, ci<br />
è utile sapere che nella storia biblica sovente il pozzo è il punto <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong><br />
fidanzamento (cfr. Gn 24,10 ss.; 29,1 ss.; Es 2,15 ss.).<br />
«Era circa l'ora sesta»: l’Evangelista completa l'ambientazione dell'episo<strong>di</strong>o con la<br />
precisazione dell'ora (mezzogiorno): è il momento <strong>della</strong> luce piena, in opposizione <strong>al</strong>la notte<br />
<strong>di</strong> Nicodemo. <strong>Giovanni</strong> ama precisare quasi sempre le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> luogo e <strong>di</strong> tempo: Dio<br />
conduce gli avvenimenti in modo che in un posto determinato e in un momento preciso<br />
avvenga l'incontro con il Cristo.<br />
62
- 2 - IL DIALOGO CON LA SAMARITANA<br />
Tre sono i livelli <strong>della</strong> sete umana: c'è quello materi<strong>al</strong>e per sod<strong>di</strong>sfare il qu<strong>al</strong>e basta bere<br />
l'acqua del pozzo (I parte), quello psicologico (il bisogno <strong>di</strong> amare ed essere amati: ve<strong>di</strong> la II<br />
parte) ed infine quello spiritu<strong>al</strong>e (la sete <strong>di</strong> Dio: III parte).<br />
- I - QUALE È LA TUA SETE E LA TUA ACQUA?<br />
1. LA SETE DI GESÙ (4,7-8)<br />
4.7 )/Erxetai gunh\ e)k th=j Samarei/aj a)ntlh=sai u(/dwr.<br />
le/gei au)tv= o( )Ihsou=j, Do/j moi pei=n:<br />
4.8 oi( ga\r maqhtai\ au)tou= a)pelhlu/qeisan ei)j th\n po/lin i(/na trofa\j a)gora/swsin.<br />
4,7 Viene (una) donna <strong>della</strong> Samaria (ad) attingere acqua.<br />
Le <strong>di</strong>ce Gesù: «Dammi (da) bere».<br />
4,8 Infatti, i suoi <strong>di</strong>scepoli erano–andati nella città per comprare viveri.<br />
«Viene una donna <strong>della</strong> Samaria ad attingere acqua»: l'unica fin<strong>al</strong>ità che questa donna<br />
aveva era quella <strong>di</strong> procurarsi l'acqua per gli usi domestici. Ecco il tipo <strong>di</strong> sete che questa<br />
persona cerca <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare! Della donna non ne viene rivelato il nome, perché essa<br />
rappresenta tutto il popolo dei Samaritani, anzi, tutta l'umanità. La donna è in movimento ed<br />
in attività (viene, attinge...), non è venuta né per <strong>di</strong><strong>al</strong>ogare con un giudeo, né per riflettere<br />
sul senso <strong>di</strong> quello che fa.<br />
«Dammi da bere»: nessuno forse avrebbe parlato, se Gesù non avesse iniziato il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo<br />
(egli è il Lógos <strong>di</strong> Dio). Dice tre parole che rinchiudono un profondo <strong>di</strong>scorso: in esse vi è<br />
una supplica (debolezza), ma vi è anche un comando (autorevolezza). Il bisogno <strong>di</strong> Gesù<br />
<strong>di</strong>venta un dovere per l'<strong>al</strong>tro e la sua autorità si stempera per la <strong>di</strong>pendenza d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro. Egli si<br />
fa men<strong>di</strong>cante, accetta la sua inferiorità, si umilia a PREGARE chi era tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>mente<br />
ostile ai Giudei, si mostra debole, chiede un umile servizio per far sentire quella donna<br />
importante, ma soprattutto per aiutarla a mettersi in un atteggiamento <strong>di</strong> apertura, per farle<br />
capire che chi è debole ha un certo potere su chi è forte, che il PREGARE è una risorsa per<br />
chi chiede e per chi è supplicato. Egli, in definitiva, chiede <strong>di</strong> essere preso in considerazione<br />
con i suoi bisogni, <strong>di</strong> essere accolto così come è, perché anch'egli è pronto ad accogliere gli<br />
<strong>al</strong>tri (cfr. Mt 10,42). Di<strong>al</strong>oga per insegnare a <strong>di</strong><strong>al</strong>ogare, prega per insegnare a pregare (Dio<br />
prega per primo, Dio ha sete <strong>di</strong> noi e cerca adoratori in spirito e verità). Gesù non ha tanto<br />
sete <strong>di</strong> acqua quanto del nostro amore: egli vive la sua sete fisica come simbolo <strong>di</strong> una sete,<br />
<strong>di</strong> un desiderio vivo <strong>di</strong> donare e <strong>di</strong> ricevere amore.<br />
«I suoi <strong>di</strong>scepoli erano andati nella città per comprare viveri»: anche la preoccupazione<br />
dei <strong>di</strong>scepoli non supera i problemi concreti del sostentamento. Essi comprano viveri, Gesù<br />
non compra, prega. Essi lasciano Gesù, fonte <strong>di</strong> vita, completamente solo. La donna invece,<br />
mentre cammina verso la fonte, si avvicina <strong>al</strong> Signore, ma non lo sa; compie il suo<br />
quoti<strong>di</strong>ano lavoro <strong>di</strong> attingere acqua e trova il Cristo (sì, perché egli è dentro ogni nostra<br />
esperienza). Anch'io posso trasformare il mio lavoro ed il mio andare/venire in un vero<br />
cammino verso Dio (in t<strong>al</strong> modo i miei gesti <strong>di</strong>ventano significativi e la ment<strong>al</strong>ità simbolica<br />
comincia a portare i suoi frutti).<br />
Gv 19 28 Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, <strong>di</strong>sse per<br />
adempiere la Scrittura: «Ho sete». 29 Vi era lì un vaso pieno <strong>di</strong> aceto...<br />
2. TU SEI GIUDEO, IO SONO SAMARITANA (4,9)<br />
4.9 le/gei ou)=n au)t%= h( gunh\ h( Samari=tij,<br />
Pw=j su\ )Ioudai=oj w)\n<br />
par' e)mou= pei=n ai)tei=j gunaiko\j Samari/tidoj ou)/shj;<br />
ou) ga\r sugxrw=ntai )Ioudai=oi Samari/taij.<br />
63
4,9 Dice dunque a–lui la donna, la samaritana:<br />
«Come! Tu, (pur) essendo giudeo,<br />
chie<strong>di</strong> (da) bere a–me, che–sono (una) donna samaritana?».<br />
Infatti (i) Giudei non vanno–d’accordo (con i) Samaritani.<br />
«Come! Tu,... giudeo?»: la donna si mette sulle <strong>di</strong>fensive e <strong>di</strong>mostra un’ostilità che<br />
affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nella storia politica, nella religione e nella cultura. Sa <strong>di</strong> essere<br />
m<strong>al</strong>vista dai Giudei. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutto questo, però, notiamo anche una m<strong>al</strong>celata sfumatura <strong>di</strong><br />
meraviglia per l'umiltà del suo interlocutore.<br />
«Chie<strong>di</strong> da bere a me, che sono una donna samaritana»: con un intento <strong>di</strong> contestazione<br />
mette in evidenza <strong>di</strong> essere donna e samaritana, cioè proprio i due motivi per cui era<br />
<strong>di</strong>sprezzata (conflitto tra sessi e tra etnie <strong>di</strong>verse). Gesù supera i pregiu<strong>di</strong>zi e le polemiche<br />
che <strong>di</strong>videvano i due popoli e cerca <strong>di</strong> stabilire un buon rapporto, accettando <strong>di</strong> bere da un<br />
vaso offerto da una donna samaritana.<br />
«I Giudei non vanno d’accordo (syn-khràomai = usare insieme, avere relazioni) con i<br />
Samaritani»: la storia ci narra le lotte tra le due etnie. Tra l’<strong>al</strong>tro, i Giudei nel 128 a. C.<br />
avevano demolito il tempio che i Samaritani avevano costruito sul Garizim (cfr. anche Lc<br />
9,53). La constatazione fatta da <strong>Giovanni</strong> sul fatto che i Giudei non accettavano le usanze<br />
samaritane, ci fa capire che Gesù vuole superare ogni ostilità e <strong>di</strong> questa intenzione la donna<br />
se ne è già accorta. La cosa però le sembra strana ed infatti ha <strong>di</strong>mostrato la sua sorpresa<br />
rispondendo con una domanda.<br />
3. CONOSCERE IL DONO DI DIO (4,10)<br />
4.10 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)tv=,<br />
Ei) v)/deij th\n dwrea\n tou= qeou=<br />
kai\ ti/j e)stin o( le/gwn soi, Do/j moi pei=n,<br />
su\ a)\n v)/thsaj au)to\n<br />
kai\ e)/dwken a)/n soi u(/dwr zw=n.<br />
4,10 Rispose Gesù e le <strong>di</strong>sse:<br />
«Se conoscessi il dono <strong>di</strong>–Dio<br />
e chi è colui–che ti <strong>di</strong>ce: Dammi (da) bere!<br />
tu lo avresti–pregato<br />
e ti avrebbe–dato acqua viva!».<br />
«Se conoscessi...»: Gesù non risponde <strong>al</strong>la domanda <strong>della</strong> donna che gli chiedeva <strong>di</strong><br />
manifestare i suoi veri inten<strong>di</strong>menti, ma replica scusandola per il suo atteggiamento <strong>di</strong><br />
ritrosia, perché vede che questo <strong>di</strong>pende d<strong>al</strong> fatto che ella non conosce né il dono <strong>di</strong>vino,<br />
che potrebbe ricevere, né il donatore. Con queste parole il Signore introduce subito<br />
l'argomento essenzi<strong>al</strong>e che gli sta a cuore e la invita (la incuriosisce) ad apprezzare il dono<br />
che Dio le vuole fare.<br />
«Il dono <strong>di</strong> Dio»: fin d<strong>al</strong>l'inizio Gesù parla <strong>di</strong> Dio e del suo dono (in<strong>di</strong>cato con l'articolo<br />
il: cioè quello unico, definitivo). L'idea <strong>di</strong> dono in<strong>di</strong>ca qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> prezioso, sorprendente,<br />
gratuito, amabile. Dio è generoso e vuole <strong>di</strong>mostrarci la sua benevolenza.<br />
«Chi è colui che ti <strong>di</strong>ce: Dammi da bere!»: Gesù, inoltre, le fa capire <strong>di</strong> essere lui il<br />
datore del dono <strong>di</strong>vino. La donna, che ha espresso la sua perplessità dovuta a vecchi<br />
pregiu<strong>di</strong>zi, è invitata a riconoscere in lui, che si umilia a chiedere, Qu<strong>al</strong>cuno da non<br />
sottov<strong>al</strong>utare, perché, proprio mentre chiede un po’ d’acqua, può offrire un tesoro<br />
straor<strong>di</strong>nario. Gesù mette in ris<strong>al</strong>to il dono (cosa) e il donatore (persona).<br />
«Lo avresti pregato e ti avrebbe dato acqua viva!»: la donna non poteva pregare perché<br />
non sapeva, ma ora che sa che può ricevere il dono <strong>di</strong> Dio e conoscere a fondo il donatore <strong>di</strong><br />
esso, può fare la sua richiesta. Anzi, il Signore, v<strong>al</strong>orizzando la donna, si <strong>di</strong>ce sicuro che lei<br />
lo avrebbe pregato, se fin d<strong>al</strong>l'inizio lo avesse conosciuto, e pertanto la invita<br />
implicitamente a pregarlo. Chiede un gesto <strong>di</strong> solidarietà umana (un po' <strong>di</strong> acqua per un<br />
64
assetato) e promette il dono dell'acqua viva (il dono <strong>di</strong>vino: la Grazia, lo Spirito, l'Amore) a<br />
chi lo richiede. Gesù sta parlando un linguaggio spiritu<strong>al</strong>e, il linguaggio <strong>della</strong> fede.<br />
Dichiarando <strong>di</strong> avere sete si mette <strong>al</strong> livello <strong>della</strong> donna; chiedendo acqua da bere denuncia<br />
la sua inferiorità. Ma dentro la sua sete fisica <strong>di</strong> acqua si nasconde la sete vera, che è quella<br />
<strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> amore da parte <strong>di</strong> quella donna, e, mentre chiede acqua, invita la donna a<br />
superare la semplice ricerca <strong>di</strong> un'acqua materi<strong>al</strong>e per ottenere da Dio, attraverso la<br />
preghiera, il dono <strong>di</strong> un'acqua spiritu<strong>al</strong>e. Gesù non forza le persone ad ottenere ciò che non<br />
cercano, ma le invita a cercare in <strong>al</strong>to quello che stanno cercando in basso, cioè le sprona a<br />
elevare la loro ricerca in <strong>di</strong>rezione dello spirito. La donna non deve rinunciare ad attingere<br />
l'acqua materi<strong>al</strong>e, ma deve cominciare ad attingerla con in cuore il desiderio dell'acqua vera<br />
che <strong>di</strong>sseta per sempre (ment<strong>al</strong>ità simbolico-sacrament<strong>al</strong>e).<br />
Mt 5,6 Beati quelli che hanno fame e sete <strong>della</strong> giustizia, perché saranno saziati.<br />
4. DONDE HAI L'ACQUA VIVA? (4,11-12)<br />
4.11 le/gei au)t%= h( gunh/,<br />
Ku/rie, ou)/te a) /ntlhma e)/xeij<br />
kai\ to\ fre/ar e)sti\n baqu/:<br />
po/qen ou)=n e)/xeij to\ u(/dwr to\ zw=n;<br />
4.12 mh\ su\ mei/zwn ei)= tou= patro\j h(mw=n )Iakw/b,<br />
o(\j e)/dwken h(mi=n to\ fre/ar<br />
kai\ au)to\j e)c au)tou= e)/pien kai\ oi( ui(oi\ au)tou= kai\ ta\ qre/mmata au)tou=;<br />
4,11 Dice a–lui la donna:<br />
«Signore, non hai (un) recipiente<br />
e il pozzo è profondo;<br />
donde dunque hai l'acqua, (quel)la viva?<br />
4,12 Forse–che tu sei più–grande del nostro padre Giacobbe,<br />
il–qu<strong>al</strong>e ha–dato a–noi il pozzo<br />
ed egli bevve da esso e i suoi figli e il suo bestiame?».<br />
« Signore, non hai un recipiente e il pozzo è profondo»: la donna, che si sente superiore<br />
anche per l'attingitoio che tiene in mano, in sostanza umilia <strong>di</strong> nuovo Gesù constatandone<br />
l'incapacità ad attingere. Lo fa mantenendo un certo rispetto form<strong>al</strong>e, lo chiama infatti:<br />
Signore.<br />
«Donde dunque hai l'acqua viva?»: la samaritana pensa materi<strong>al</strong>isticamente e vede Gesù<br />
nell'impossibilità <strong>di</strong> mantenere la promessa. La domanda donde o come...? possiede in<br />
<strong>Giovanni</strong> un v<strong>al</strong>ore particolare: in genere vien fatta da chi non sa aprirsi <strong>al</strong> mistero,<br />
<strong>al</strong>l'azione <strong>di</strong> Dio. Ricor<strong>di</strong>amo lo stupore <strong>di</strong> Nicodemo <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e Gesù parlava <strong>di</strong> Acqua e<br />
Spirito (3,9).<br />
«Forse che tu sei più grande del nostro padre Giacobbe, il qu<strong>al</strong>e ha dato a noi il<br />
pozzo...?»: la Samaritana considera la proposta <strong>di</strong> Gesù quasi come un affronto <strong>al</strong>la<br />
memoria <strong>di</strong> Giacobbe (chiamato padre) ed <strong>al</strong>la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> tutto il popolo che da lui <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scendere (e che quin<strong>di</strong> si considera il vero Israele). Ed intanto Gesù, <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> fatto<br />
inferiore a Giacobbe, viene nuovamente umiliato. Egli però sa prendere l’occasione d<strong>al</strong><br />
legame che unisce la Samaritana <strong>al</strong>l’antico patriarca, per rivelare il vero Padre (Dio) che fa<br />
dono a tutti <strong>della</strong> vera fonte <strong>di</strong> vita (il Cristo) e non solo <strong>di</strong> un semplice pozzo che gli<br />
uomini hanno in comune con gli anim<strong>al</strong>i.<br />
5. NON AVRAI PIÙ SETE (4,13-14)<br />
4.13 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)tv=,<br />
Pa=j o( pi/nwn e)k tou= u(/datoj tou/tou <strong>di</strong>yh/sei pa/lin:<br />
4.14 o(\j d' a)\n pi/v e)k tou= u(/datoj ou(= e)gw\ dw/sw au)t%=,<br />
ou) mh\ <strong>di</strong>yh/sei ei)j to\n ai)w=na,<br />
65
a)lla\ to\ u(/dwr o(\ dw/sw au)t%=<br />
genh/setai e)n au)t%= phgh\ u(/datoj a(llome/nou ei)j zwh\n ai)w/nion.<br />
4,13 Rispose Gesù e le <strong>di</strong>sse:<br />
«Chiunque beve <strong>di</strong> quest'acqua, avrà–sete <strong>di</strong>–nuovo.<br />
4,14 Ma chi berrà l'acqua, che io gli darò,<br />
non avrà–sete in eterno,<br />
anzi l'acqua che darò a–lui,<br />
<strong>di</strong>venterà in lui fonte d'acqua zampillante per (la) vita eterna!».<br />
«Chiunque beve <strong>di</strong> quest'acqua, avrà sete <strong>di</strong> nuovo»: Gesù parte da una constatazione<br />
semplice e ben provata d<strong>al</strong>l'esperienza. La donna è lì proprio per questo: perché ha sete e<br />
perché l'acqua bevuta in passato ha finito la sua azione <strong>di</strong>ssetante. Anche se è dono del<br />
padre Giacobbe quell'acqua non è risolutiva. A questo punto però il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Gesù si<br />
approfon<strong>di</strong>sce: l'acqua che non <strong>di</strong>sseta in<strong>di</strong>ca anche la tra<strong>di</strong>zione samaritana e perfino la<br />
religione degli Israeliti, figli <strong>di</strong> Giacobbe.<br />
«Chi berrà l'acqua, che io gli darò, non avrà sete in eterno»: Gesù ora non mette in<br />
ris<strong>al</strong>to se stesso, ma il dono che, da ultimo, viene d<strong>al</strong> Padre (da Dio) attraverso <strong>di</strong> lui. T<strong>al</strong>e<br />
dono è risolutivo (come la nuova nascita, che è unica: 3,5). Chi è stato illuminato sul<br />
significato <strong>della</strong> re<strong>al</strong>tà, lo è una volta per tutte. Chi trova il Padre, non ha più bisogno <strong>di</strong><br />
cercare <strong>al</strong>tro.<br />
«L'acqua che darò a lui»: quest'acqua, dunque, è la luce <strong>della</strong> fede, il dono dello Spirito,<br />
la capacità <strong>di</strong> pregare, il Battesimo efficace... Essa è promessa per il futuro (ve<strong>di</strong> il costato<br />
trafitto sulla croce), ma inizia già ad avere la sua efficacia nel presente.<br />
«Diventerà in lui fonte d'acqua zampillante per la vita eterna»: non solo non si<br />
esaurisce, ma <strong>di</strong>venta sorgente eterna per chi la riceve e anche per chi entra in contatto con<br />
lui. Il fatto che sia zampillante in<strong>di</strong>ca movimento, vit<strong>al</strong>ità. Questo vuol <strong>di</strong>re, tra l'<strong>al</strong>tro, che<br />
se da una parte il dono <strong>di</strong> grazia non si esaurisce, d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra deve sempre rinnovarsi e operare<br />
in noi, che, per la nostra limitatezza nel recepirlo, abbiamo sempre bisogno <strong>di</strong> riceverlo. Se<br />
infatti potenzieremo la nostra sete profonda <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong> giustizia, favoriremo<br />
continuamente l'azione <strong>di</strong>ssetante dello Spirito in noi e negli <strong>al</strong>tri (Is 55,1).<br />
6. DAMMI QUEST'ACQUA (4,15)<br />
4.15 le/gei pro\j au)to\n h( gunh/,<br />
Ku/rie, do/j moi tou=to to\ u(/dwr,<br />
i(/na mh\ <strong>di</strong>yw= mhde\ <strong>di</strong>e/rxwmai e)nqa/de a)ntlei=n.<br />
4,15 Dice verso–<strong>di</strong> lui la donna:<br />
«Signore, dammi quest'acqua,<br />
affinché non abbia–sete né venga qui (per) attingere».<br />
«Signore, dammi quest'acqua»: fin<strong>al</strong>mente la donna, anche se non ha ancora capito bene,<br />
prega, come faranno i Giudei chiedendo il pane promesso (6,34), e apre così uno spiraglio<br />
nelle sue <strong>di</strong>fese. La situazione si è capovolta: adesso è lei che chiede, sperando <strong>di</strong> togliersi il<br />
fasti<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una sete materi<strong>al</strong>e che la obbliga a lunghi viaggi sino <strong>al</strong>la fonte. Pensa ancora ad<br />
un’acqua materi<strong>al</strong>e, anche se un po' straor<strong>di</strong>naria o miracolosa (forse come quella<br />
zampillante d<strong>al</strong>la roccia nel deserto: Es 17,6). Ma questo è quanto basta a Gesù per poterle<br />
fare la promessa implicita che la esau<strong>di</strong>rà. Stavolta la Samaritana chiama Gesù con il titolo<br />
<strong>di</strong> Signore in un modo un po' più convinto.<br />
«Non abbia sete né venga qui per attingere»: la donna ammette la sua sete (necessità) e<br />
il fasti<strong>di</strong>o che le dà attingere (mostra i suoi lati deboli: essere senza attingitoio può anche<br />
essere un vantaggio). Passa d<strong>al</strong>la logica del protagonismo (attingere attivamente) a quella<br />
del ricevere, del lasciar fare. Le parole <strong>della</strong> richiesta sono giuste e devono <strong>di</strong>ventare anche<br />
la nostra preghiera (dammi quest'acqua), ma la motivazione no (affinché non...). Gesù non<br />
66
vuole eliminare il fasti<strong>di</strong>o <strong>della</strong> sete <strong>di</strong> acqua materi<strong>al</strong>e, ma potenziare il desiderio <strong>di</strong> Dio,<br />
fino a cercarlo con tutto il cuore e a trovarlo in pienezza e per sempre.<br />
- II - CHI È IL TUO MARITO?<br />
1. NON HO MARITO (4,16-17a)<br />
4.16 Le/gei au)tv=,<br />
(/Upage fw/nhson to\n a)/ndra sou kai\ e)lqe\ e)nqa/de.<br />
4.17 a)pekri/qh h( gunh\ kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
Ou)k e)/xw a)/ndra.<br />
4,16 Dice a–lei:<br />
«Va (a) chiamare il tuo marito e torna qui».<br />
4,17a Rispose la donna e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Non ho marito!».<br />
«Va a chiamare il tuo marito e torna qui»: Gesù assicura il dono, ma pone una<br />
con<strong>di</strong>zione: essa deve tornare con il marito. Gesù richiede questo con tre intenti: 1° vuole<br />
v<strong>al</strong>orizzare la coppia spons<strong>al</strong>e (per lui l'esperienza del ricevimento dell'acqua viva<br />
dev’essere fatta in coppia: anche il marito dev'essere chiamato, ha questa vocazione); 2°<br />
intende far venire <strong>al</strong>la luce la re<strong>al</strong>e storia <strong>di</strong> quella donna e farle capire il v<strong>al</strong>ore simbolico<br />
<strong>della</strong> sua esperienza (la sua sete <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> affetto, che l'ha portata <strong>al</strong>la continua<br />
infedeltà, è simbolo dell'idolatria); 3° ogni donna deve avere un marito, nel senso che ogni<br />
anima deve essere la sposa <strong>di</strong> Dio.<br />
«Non ho marito»: la donna afferma un dato <strong>di</strong> fatto (in questo è sincera), ma si presenta<br />
come vergine e nasconde il suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne mor<strong>al</strong>e (in questo è reticente). È abilissima nel<br />
mentire <strong>di</strong>cendo la verità. La samaritana, per ora, non riesce a passare d<strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità<br />
comune a quella simbolica. L'acqua è per lei solo una sostanza fisica <strong>di</strong>ssetante e il marito<br />
un uomo, a cui si è legati da un rapporto più o meno duraturo. Non giunge a vederli come<br />
segni che l'aiutano a vivere nel mondo <strong>di</strong> Dio e in comunione spons<strong>al</strong>e con lui.<br />
2. HAI AVUTO CINQUE MARITI (4,17 b -18)<br />
le/gei au)tv= o( )Ihsou=j,<br />
K<strong>al</strong>w=j ei)=paj o(/ti )/Andra ou)k e)/xw:<br />
4.18 pe/nte ga\r a)/ndraj e)/sxej<br />
kai\ nu=n o(\n e)/xeij ou)k e)/stin sou a)nh/r:<br />
tou=to a)lhqe\j ei)/rhkaj.<br />
4,17 b Dice a–lei Gesù:<br />
«Hai–detto bene: Marito non ho!<br />
4,18 Infatti cinque mariti hai–avuto<br />
e adesso quello–che hai, non è tuo marito!<br />
Questo hai–detto (<strong>di</strong>) vero!».<br />
«Hai detto bene»: senza umiliarla (la loda, infatti, due volte per quella parte <strong>di</strong> verità che<br />
ha detto), Gesù ne svela il cuore ed i suoi segreti (la sete insod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> affetto e la sua<br />
vicenda tormentata, segno e frutto <strong>della</strong> sua non conoscenza del vero Dio).<br />
«Cinque mariti hai avuto»: c'è qui un'<strong>al</strong>lusione ai cinque idoli (o gruppi <strong>di</strong> idoli) venerati<br />
dai Samaritani in cinque santuari. In 2 Re 17 troviamo scritto: 29 Tuttavia ciascuna nazione<br />
si fabbricò i suoi dei e li mise nei templi delle <strong>al</strong>ture costruite dai Samaritani, ognuna nella<br />
città ove <strong>di</strong>morava. 30 Gli uomini <strong>di</strong> Babilonia si fabbricarono Succot-Benòt; gli uomini <strong>di</strong><br />
Cuta si fabbricarono Nerg<strong>al</strong>; gli uomini <strong>di</strong> Amat si fabbricarono Asima. 31 Quelli <strong>di</strong> Avva si<br />
fabbricarono Nibcaz e Tartach; quelli <strong>di</strong> Sefarvàim bruciavano nel fuoco i propri figli in<br />
onore <strong>di</strong> Adram-Mèlech e <strong>di</strong> Anam-Mèlech, dei <strong>di</strong> Sefarvàim. 32 Venerarono anche il<br />
Signore; si scelsero i sacerdoti delle <strong>al</strong>ture, presi qua e là, e li collocavano nei templi delle<br />
67
<strong>al</strong>ture. 33 Temevano il Signore e servivano i loro dei secondo gli usi delle popolazioni, d<strong>al</strong>le<br />
qu<strong>al</strong>i provenivano i deportati. A parole onoravano YHWH, <strong>di</strong> fatto lo tra<strong>di</strong>vano (Osea 8,1-<br />
3).<br />
«Quello che hai, non è tuo marito»: non le manca l'uomo, ma le manca il marito, cioè<br />
l'uomo a cui si è legati da un patto <strong>di</strong> fedeltà e <strong>di</strong> amore, simbolo <strong>di</strong> Dio, che ora attende (in<br />
Cristo) <strong>di</strong> entrare nella sua vita come Sposo (Osea 2,16-25). Il sesto uomo dunque<br />
rappresenta YHWH, il vero Dio che il popolo samaritano (<strong>di</strong> cui la donna è la<br />
rappresentante) non ha mai accolto in pieno. Ma la donna ancora non si rende conto del<br />
senso profondo <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso. E per ora non è nemmeno obbligata a capirlo. Deve<br />
imparare a ricevere più che ad attingere con le sue forze. Per ora si sente solo<br />
sorprendentemente conosciuta da uno sconosciuto (cfr. 2,25: Gesù sa quello che c’è in ogni<br />
persona), lodata e rimproverata nello stesso tempo, invitata a fare il poco che può, cioè ad<br />
ammettere che è inutile camuffarsi <strong>di</strong> fronte a quel Giudeo assetato. Per quanto ci riguarda,<br />
notiamo che la vita familiare, sentiment<strong>al</strong>e e coniug<strong>al</strong>e, se non è vissuta come sacramento<br />
dell'amore <strong>di</strong> Dio, che è insieme paterno, spons<strong>al</strong>e e fili<strong>al</strong>e, <strong>di</strong>venta un'affannosa ricerca <strong>di</strong><br />
gratificazioni che può portare ad un <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne mor<strong>al</strong>e, segno <strong>di</strong> uno squilibrio nella<br />
ment<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> fede.<br />
3. UN PROFETA SEI TU! (4,19)<br />
4.19 le/gei au)t%= h( gunh/,<br />
Ku/rie, qewrw= o(/ti profh/thj ei)= su/.<br />
4,19 Dice a–lui la donna:<br />
«Signore, vedo che (un) profeta sei tu!».<br />
«Signore, vedo»: la samaritana avrebbe potuto a questo punto chiudersi nelle sue <strong>di</strong>fese,<br />
mostrarsi offesa o rispondere in modo irritato. Sceglie <strong>di</strong> fare la verità e gli occhi del suo<br />
cuore cominciano ad aprirsi (vedo che...): è l'ora sesta, quella <strong>della</strong> luce piena. Gesù per lei<br />
non è solo più un giudeo qu<strong>al</strong>unque da cui <strong>di</strong>fendersi o a cui chiedere un'acqua speci<strong>al</strong>e, ma<br />
un vero profeta da ascoltare.<br />
«Un profeta sei tu»: un uomo <strong>di</strong> Dio, da lui inviato ed illuminato. La donna riconosce<br />
nelle parole <strong>di</strong> Cristo quelle che Dio le rivolge. Comincia a capire chi è colui che le <strong>di</strong>ce:<br />
Dammi da bere!, inizia ad aprirsi <strong>al</strong> dono <strong>di</strong> Dio. La samaritana ha fatto un grande passo in<br />
avanti: vincendo il suo orgoglio, ha riconosciuto in Gesù un Profeta <strong>di</strong> Dio. E fin<strong>al</strong>mente<br />
anche lei arriva a parlare in<strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong> Dio, dopo che Gesù ne ha parlato esplicitamente<br />
fin d<strong>al</strong>l'inizio. Ma la concezione che ha <strong>di</strong> Dio è limitata e insod<strong>di</strong>sfacente ed è proprio per<br />
questo che Dio stenta tanto a trovare posto nel suo cuore e nelle sue parole. Essa sta per<br />
parlare del culto e dei suoi luoghi. Non ha ancora raggiunto la vera spiritu<strong>al</strong>ità interiore.<br />
- III - CHI È IL TUO DIO, QUALE È IL TUO TEMPIO?<br />
1. ADORARE SUL MONTE (4,20)<br />
4.20 oi( pate/rej h(mw=n e)n t%= o)/rei tou/t% proseku/nhsan:<br />
kai\ u(mei=j le/gete o(/ti e)n (Ierosolu/moij e)sti\n o( to/poj o(/pou proskunei=n dei=.<br />
4,20 I padri nostri in questo monte hanno–adorato,<br />
e voi <strong>di</strong>te che in Gerus<strong>al</strong>emme è il luogo, dove bisogna adorare.<br />
«I padri nostri... hanno adorato (proskynéo = portar la mano <strong>al</strong>la bocca inviando un<br />
bacio)»: la donna continua (anche se non è più aggressiva) a sottolineare la <strong>di</strong>stinzione tra<br />
Samaritani e Giudei (noi - voi), tra il luogo del culto samaritano (il monte Garizim) e<br />
Gerus<strong>al</strong>emme. Oltre <strong>al</strong> padre Giacobbe chiama in causa molti <strong>al</strong>tri padri (ad es. Geroboamo<br />
che aveva proibito ai Samaritani <strong>di</strong> andare a Gerus<strong>al</strong>emme: cfr. 1 Re 12,25 ss.). Non precisa<br />
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chi hanno adorato, ma mette in evidenza solo il fatto che hanno adorato (il culto fine a se<br />
stesso).<br />
«Voi <strong>di</strong>te che in Gerus<strong>al</strong>emme è il luogo, dove bisogna adorare»: luogo (sottinteso:<br />
santo) è sinonimo <strong>di</strong> Tempio. La samaritana comunque inizia a parlare <strong>di</strong> religione, anche se<br />
si limita <strong>al</strong>la sue forme esterne, ai luoghi materi<strong>al</strong>i dell’adorazione e <strong>al</strong> dovere imposto da<br />
una legge e da un tra<strong>di</strong>zione. La donna passa a questo <strong>di</strong>scorso perché ha capito che Gesù è<br />
un profeta e quin<strong>di</strong> può <strong>di</strong>re una parola sicura sulla questione religiosa molto <strong>di</strong>scussa che<br />
era la causa princip<strong>al</strong>e <strong>della</strong> <strong>di</strong>visione tra Samaritani e Giudei. Ci pare che però non attenda<br />
un superamento. Non era <strong>al</strong> corrente del segno compiuto da Gesù nel Tempio <strong>di</strong><br />
Gerus<strong>al</strong>emme (2,13 ss.).<br />
2. ADORARE IL PADRE (4,21-22)<br />
4.21 le/gei au)tv= o( )Ihsou=j,<br />
Pi/steue/ moi, gu/nai, o(/ti e)/rxetai w(/ra<br />
o(/te ou)/te e)n t%= o)/rei tou/t% ou)/te e)n (Ierosolu/moij proskunh/sete t%= patri/.<br />
4.22 u(mei=j proskunei=te o(\ ou)k oi)/date:<br />
h(mei=j proskunou=men o(\ oi)/damen,<br />
o(/ti h( swthri/a e)k tw=n )Ioudai/wn e)sti/n.<br />
4,21 Dice a–lei Gesù:<br />
«Cre<strong>di</strong>mi, donna: Viene (l')Ora,<br />
quando né in questo monte, né in Gerus<strong>al</strong>emme adorerete il Padre.<br />
4,22 Voi adorate quel–che non conoscete,<br />
noi adoriamo Quel–che conosciamo,<br />
perché la s<strong>al</strong>vezza è dai Giudei!<br />
«Cre<strong>di</strong>mi, donna»: Gesù la invita <strong>al</strong>la FEDE in lui. Considera la samaritana come<br />
Donna (cfr. 2,4), chiamata a vivere la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> creatura umana (che come t<strong>al</strong>e deve<br />
mettersi in rapporto con Dio), e la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> sposa con l’essere fedele <strong>al</strong> marito e a Dio. A<br />
Cana aveva chiamato donna sua Madre vista come rappresentante <strong>della</strong> Chiesa, la Sposa<br />
messianica.<br />
«Viene l'Ora, quando né... »: inizia annunciando la venuta dell'Ora e spiega (in<br />
negativo) quel che non deve più succedere. Egli libera infatti il cammino da quello che può<br />
<strong>di</strong>ventare l'ostacolo più grande <strong>al</strong>l'autenticità <strong>della</strong> religione: la sclerotizzazione nelle<br />
espressioni esterne del culto e nei doveri ossessivi che ne derivano.<br />
«Né in questo monte, né in Gerus<strong>al</strong>emme adorerete il Padre»: Gesù invita la donna a<br />
credere che, superando i vecchi schemi ment<strong>al</strong>i, la prima cosa da fare è quella <strong>di</strong> arrivare ad<br />
un’autentica conoscenza <strong>di</strong> Dio come Padre (il qu<strong>al</strong>e è <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutti i padri terreni,<br />
nazion<strong>al</strong>i o religiosi, pur importanti come Giacobbe) e quin<strong>di</strong> ad un nuovo modo <strong>di</strong> adorare.<br />
Questa è l'assoluta novità che Cristo porta: <strong>al</strong> centro c'è il Padre e non le nostre, pur<br />
venerande, tra<strong>di</strong>zioni sacre.<br />
«Voi adorate quel che non conoscete»: i Samaritani adorano gli idoli (cfr. Deut 13,7) e,<br />
non conoscendo bene il Padre, lo onorano nella maniera sbagliata (possiedono infatti solo i<br />
5 libri del Pentateuco e non accettano i libri profetici). Gesù, il giudeo, invece conosce il<br />
Padre, lo onora in modo adeguato (noi adoriamo Quel che conosciamo) ed ora lo annuncia<br />
in modo esplicito e <strong>di</strong>retto. Notiamo lo stile ecumenico <strong>di</strong> Cristo: non taccia la donna <strong>di</strong><br />
eresia e <strong>di</strong> immor<strong>al</strong>ità: la invita, in positivo, <strong>al</strong>la fede e <strong>al</strong>la conoscenza del Padre, quasi<br />
scusandola perché non sa e non conosce (cfr. 10). Anche noi siamo chiamati a riscoprire il<br />
nostro ruolo <strong>di</strong> figli <strong>di</strong> Dio, Padre univers<strong>al</strong>e, imitando in questo il Figlio Gesù. Un bel s<strong>al</strong>to<br />
<strong>di</strong> qu<strong>al</strong>ità.<br />
«Perché la s<strong>al</strong>vezza è dai Giudei»: nel senso che viene d<strong>al</strong> giudeo Gesù, il vero adoratore<br />
del Padre, lui che a Gerus<strong>al</strong>emme ha purificato la casa del Padre suo (2,16). Tra poco infatti<br />
Gesù sarà riconosciuto come S<strong>al</strong>vatore del mondo (42). Chi, istruito da Gesù, conosce e<br />
adora il Padre, ottiene la s<strong>al</strong>vezza.<br />
69
3. IN SPIRITO E VERITÀ (4,23-24)<br />
4.23 a)lla\ e)/rxetai w(/ra kai\ nu=n e)stin, o(/te oi( a)lhqinoi\ proskunhtai\<br />
proskunh/sousin t%= patri\ e)n pneu/mati kai\ a)lhqei/#:<br />
kai\ ga\r o( path\r toiou/touj zhtei= tou\j proskunou=ntaj au)to/n.<br />
4.24 pneu=ma o( qeo/j, kai\ tou\j proskunou=ntaj au)to\n<br />
e)n pneu/mati kai\ a)lhqei/# dei= proskunei=n.<br />
4,23 Ma viene (l')Ora, ed è adesso, quando i veri adoratori,<br />
adoreranno il Padre in Spirito e verità;<br />
e infatti il Padre cerca (che) t<strong>al</strong>i (siano) coloro–che lo adorano.<br />
4,24 Spirito (è) Dio e coloro–che lo adorano<br />
in Spirito e verità devono adorar(lo)!».<br />
«Viene l'Ora, ed è adesso»: riba<strong>di</strong>sce, per la seconda volta, che l'ORA messianica e<br />
nuzi<strong>al</strong>e è prossima, anzi è arrivata, come già avvenne a Cana. Adesso <strong>di</strong>venta possibile<br />
l’autentica adorazione perché Gesù, il vero adoratore <strong>di</strong> Dio riconosciuto come Padre, è<br />
ormai presente. È lui il nuovo TEMPIO del Dio vivente, il luogo del vero culto (in Gv 2,21<br />
egli aveva parlato del suo corpo come <strong>di</strong> un tempio rinnovato).<br />
«Quando i veri adoratori»: (affermazione in positivo) non solo il Cristo, ma ogni uomo<br />
che abbia il cuore illuminato d<strong>al</strong>la fede viva <strong>di</strong>venta il luogo <strong>della</strong> vera adorazione.<br />
«Adoreranno il Padre in Spirito e verità»: Gesù ci invita in modo stupendo ad un culto<br />
trinitario: adorare il Padre nello Spirito <strong>San</strong>to e in Cristo, Verità. Ricor<strong>di</strong>amo le parole del<br />
Prologo: Abbiamo contemplato la gloria sua, gloria in quanto Unigenito presso il Padre,<br />
pieno <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> verità (1,14).<br />
«Il Padre cerca...»: Dio ha sete <strong>di</strong> questa lode e <strong>di</strong> questa preghiera, perché in essa sta la<br />
nostra s<strong>al</strong>vezza. Nella sete <strong>di</strong> Gesù che chiede da bere <strong>al</strong>la samaritana si nasconde quella del<br />
Padre suo.<br />
«Spirito è Dio»: non possiamo ignorarlo, accontentandoci <strong>di</strong> un culto solo esterno. Il<br />
Padre è Spirito e dona lo Spirito per mezzo <strong>di</strong> Cristo: questa è l'acqua viva che trasforma<br />
l'uomo in spirito e la sua vita <strong>di</strong> azione e <strong>di</strong> preghiera in una vera esperienza spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«In Spirito e Verità devono adorarlo»: Cristo insiste per la seconda volta su questo<br />
concetto, proponendolo come un dovere, non ossessivo, ma liberante. Egli ci propone un<br />
culto veramente spiritu<strong>al</strong>e, vissuto nella libertà <strong>di</strong> figli <strong>di</strong> Dio. È un modo <strong>di</strong> essere e <strong>di</strong><br />
agire tot<strong>al</strong>mente nuovo quello che Gesù annuncia (Ve<strong>di</strong> il <strong>di</strong>scorso con Nicodemo).<br />
Riflettiamo: senza la ment<strong>al</strong>ità simbolico-sacrament<strong>al</strong>e che ci aiuta ad interiorizzare i gesti,<br />
la stessa vita cultu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>venta un rito solo esteriore legato a luoghi materi<strong>al</strong>i e a pratiche<br />
ingannevoli. Dio viene emarginato su un monte (il Garizim) o in un sacrario nascosto nella<br />
città (il Tempio), viene strument<strong>al</strong>izzato per i nostri interessi, <strong>di</strong>venta un motivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione<br />
e <strong>di</strong> conflitto. Dio, invece, è Padre e vuol venire dentro <strong>di</strong> noi; egli è la nostra verità e incide<br />
sulla nostra vita.<br />
- IV - LA RIVELAZIONE DEL MESSIA (4,25-26)<br />
4.25 le/gei au)t%= h( gunh/,<br />
Oi)=da o(/ti Messi/aj e)/rxetai o( lego/menoj Xristo/j:<br />
o(/tan e)/lqv e)kei=noj, a)naggelei= h(mi=n a(/panta.<br />
4.26 le/gei au)tv= o( )Ihsou=j,<br />
)Egw/ ei)mi, o( l<strong>al</strong>w=n soi.<br />
4,25 Dice a–lui la donna:<br />
«So che viene (il) Messia, (quel)lo detto Cristo;<br />
quando verrà lui, ci annuncerà tutte (le cose)!».<br />
4,26 Le <strong>di</strong>ce Gesù:<br />
«Io sono, colui che–parla a–te!».<br />
70
«So che viene il Messia…»: la donna <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> attendere il Messia e <strong>di</strong> avere fiducia in<br />
lui come in un profeta che <strong>di</strong>rà (in un futuro forse lontano) la verità su tutto. Anche per lei il<br />
Messia è uno che viene, cioè uno che parte d<strong>al</strong> mondo <strong>di</strong> Dio per entrare in quello degli<br />
uomini.<br />
«Io sono, colui che parla a te»: Gesù fin<strong>al</strong>mente rivela la sua identità: egli è il CRISTO,<br />
il Messia che PARLA, che trasmette le parole <strong>di</strong> Dio e che ha le caratteristiche <strong>di</strong> YHWH,<br />
l'Io Sono, il Dio presente (viene l'Ora ed è adesso).<br />
CONSIDERAZIONI<br />
Le icone dell'ACQUA, del MARITO, del LUOGO <strong>della</strong> preghiera (monte o tempio),<br />
acquistano in Cristo un nuovo significato: sono rispettivamente il simbolo dell'ACQUA<br />
VIVA, <strong>di</strong> cui Gesù è il datore, dello SPOSO VERO e del TEMPIO VIVENTE, che sono il<br />
Cristo stesso.<br />
Due sono i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vivere. Il primo e più imme<strong>di</strong>ato è quello <strong>di</strong> pensare innanzi tutto ai<br />
bisogni materi<strong>al</strong>i e <strong>al</strong>le nostre esigenze sentiment<strong>al</strong>i, vivendo senza <strong>al</strong>cuna vera relazione<br />
con Dio. Ma tutto questo che SENSO ha? Chi beve <strong>di</strong> quest'acqua avrà <strong>di</strong> nuovo sete... Il<br />
secondo modo è quello <strong>di</strong> conoscere il Padre e trasformare tutta la nostra vita (person<strong>al</strong>e,<br />
familiare e comunitaria) in un atto <strong>di</strong> adorazione che dona verità e v<strong>al</strong>ore spiritu<strong>al</strong>e a tutto<br />
ciò che facciamo.<br />
Il Padre, sapendo che in questa adorazione sta la nostra s<strong>al</strong>vezza, ci cerca per mezzo <strong>di</strong><br />
Cristo, il qu<strong>al</strong>e si avvicina a noi (1°) per donarci l'ACQUA <strong>della</strong> vita, che è questa capacità<br />
<strong>di</strong> purissima adorazione <strong>al</strong> Padre, e (2°) per essere il nostro SPOSO, dopo averci insegnato<br />
il vero modo <strong>di</strong> amare e <strong>di</strong> vivere.<br />
G<strong>al</strong> 4,6 Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo<br />
Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!<br />
L'episo<strong>di</strong>o si presta bene per una catechesi sul Battesimo e sul Matrimonio, oltre che sulla<br />
preghiera.<br />
- 3 - DIALOGO CON I DISCEPOLI<br />
Anche in questa sezione abbiamo tre parti <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i abbiamo dato un titolo in forma <strong>di</strong><br />
domanda: la DONNA, il CIBO ed il CAMPO <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong>ventano tre icone che hanno<br />
significati spiritu<strong>al</strong>i. La donna da peccatrice si trasfigura in messaggera <strong>di</strong> fede, il cibo<br />
materi<strong>al</strong>e <strong>di</strong>venta segno <strong>di</strong> quello spiritu<strong>al</strong>e ed il lavoro nei campi <strong>di</strong> grano in<strong>di</strong>ca la gioiosa<br />
fatica apostolica.<br />
- I - COS'È PER TE UNA DONNA?<br />
1. PARLAVA CON UNA DONNA (4,27)<br />
4.27 Kai\ e)pi\ tou/t% h)=lqan oi( maqhtai\ au)tou=<br />
kai\ e)qau/mazon o(/ti meta\ gunaiko\j e)la/lei:<br />
ou)dei\j me/ntoi ei)=pen,<br />
Ti/ zhtei=j h)/ Ti/ l<strong>al</strong>ei=j met' au)th=j;<br />
4,27 E in quel (momento) giunsero i suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
e si–stupivano che parlasse con (una) donna;<br />
nessuno tuttavia <strong>di</strong>sse:<br />
«Che cerchi o (<strong>di</strong>) che (cosa) parli con lei?».<br />
«Si stupivano che parlasse con una donna»: i <strong>di</strong>scepoli sono sorpresi negativamente.<br />
Sono critici verso Gesù perché parla da solo con una donna, vista come simbolo del m<strong>al</strong>e.<br />
Sono ancora vittime <strong>di</strong> gravi pregiu<strong>di</strong>zi sociocultur<strong>al</strong>i.<br />
71
«Nessuno... <strong>di</strong>sse...»: o per mancanza <strong>di</strong> coraggio o per rispetto verso Gesù, non lo<br />
interrogano come avrebbero voluto fare. Nessun in quel momento è venuto <strong>al</strong> corrente del<br />
<strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con la samaritana: quel colloquio intimo è rimasto segreto.<br />
«Che cerchi o <strong>di</strong> che cosa parli con lei?»: in base <strong>al</strong>la domanda inespressa che<br />
l'Evangelista ci svela i <strong>di</strong>scepoli pensano che Gesù abbia cercato qu<strong>al</strong>cosa o detto qu<strong>al</strong>cosa:<br />
non sanno ancora che in Gesù vi è il Padre che cerca adoratori in spirito e verità e non<br />
hanno ancora capito che Gesù è colui che parla <strong>al</strong> cuore <strong>di</strong> ogni essere umano per rivelargli<br />
il Padre.<br />
2. LASCIÒ LA SUA IDRIA (4,28-29)<br />
4.28 a)fh=ken ou)=n th\n u(dri/an au)th=j h( gunh\ kai\ a)ph=lqen ei)j th\n po/lin<br />
kai\ le/gei toi=j a)nqrw/poij,<br />
4.29 Deu=te i)/dete a)/nqrwpon<br />
o(\j ei)=pe/n moi pa/nta o(/sa e)poi/hsa,<br />
mh/ti ou(=to/j e)stin o( Xristo/j;<br />
4,28 La donna dunque lasciò la sua idria e andò nella città;<br />
4,29 e <strong>di</strong>ce agli uomini:<br />
«Venite (a) vedere (un) uomo,<br />
che mi ha detto tutto quello–che ho–fatto;<br />
forse egli è il Cristo?».<br />
«Lasciò la sua idria»: non sente più il bisogno dell'acqua materi<strong>al</strong>e, tanto grande è per lei<br />
la scoperta <strong>di</strong> quel profeta. Ha ritrovato la sua libertà. Quell'idria, abbandonata sull'orlo del<br />
pozzo-sorgente, è una suggestiva icona che può rappresentare: (1°) l'antica religiosità ormai<br />
priva <strong>di</strong> contenuto, oppure (2°) la samaritana stessa ormai ripiena dell'acqua viva<br />
zampillante (la donna continua tramite questo simbolo ad essere presente presso il Signore).<br />
Il nome dato ora <strong>al</strong>l'attingitoio è quello usato per in<strong>di</strong>care le anfore <strong>di</strong> Cana (idria): quelle si<br />
riempirono <strong>di</strong> vino nuzi<strong>al</strong>e, questa del dono <strong>di</strong> uno spirito rinnovato.<br />
«Andò nella città»: <strong>al</strong>cuni co<strong>di</strong>ci leggono: Corse in città, in<strong>di</strong>cando così anche la fretta<br />
che la donna aveva nel cuore <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre la sua esperienza con gli <strong>al</strong>tri.<br />
«Dice agli uomini: Venite a vedere un uomo che...»: sente il bisogno <strong>di</strong> annunciare a tutti<br />
la sua esperienza e propone ad ognuno <strong>di</strong> venire a vedere e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> re<strong>al</strong>izzare l'incontro<br />
person<strong>al</strong>mente. Testimonia la sua scoperta e <strong>di</strong>venta sorgente anche per gli <strong>al</strong>tri (la donna è<br />
<strong>di</strong>ventata fonte <strong>di</strong> bene. Anche Filippo, uno dei primi apostoli, aveva invitato Natanaele ad<br />
andare a vedere). Per lei Gesù è ora innanzitutto un uomo: cessa <strong>di</strong> essere semplicemente un<br />
giudeo legato ad una particolare etnia. Inoltre l’Evangelista parlando <strong>della</strong> gente del<br />
villaggio usa il termine uomini e non folla, come farà anche in seguito, in occasione <strong>della</strong><br />
moltiplicazione dei pani (6,10).<br />
«Che mi ha detto tutto quello che ho fatto»: <strong>di</strong>cendo questo, la donna <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> non<br />
temere la verità, anche se dura, <strong>di</strong> non rifiutare la luce, anche se esigente. In<strong>di</strong>rettamente<br />
invita anche i suoi concitta<strong>di</strong>ni a sottoporsi, con coraggio, ad un bagno <strong>di</strong> luce per farsi<br />
scrutare in profon<strong>di</strong>tà da quell'uomo <strong>di</strong> Dio (che ha un carisma profetico), per imparare a<br />
vedere quello che lei ha visto.<br />
«Forse... è il Cristo?»: anche se la samaritana è ormai convinta che sia il Cristo, non<br />
propone questa verità come una certezza, perché è giusto che ognuno faccia da solo la<br />
scoperta che lei ha fatto, riconoscendo (vedo) in Gesù il profeta definitivo. Con t<strong>al</strong>e<br />
interrogativo, comunque, li mette sulla giusta strada.<br />
3. ANDAVANO VERSO DI LUI (4,30)<br />
4.30 e)ch=lqon e)k th=j po/lewj<br />
kai\ h)/rxonto pro\j au)to/n.<br />
4,30 Uscirono d<strong>al</strong>la città<br />
72
e andavano verso–<strong>di</strong> lui.<br />
«Uscirono»: uscire, invece <strong>di</strong> arroccarsi dentro le mura <strong>della</strong> propria <strong>di</strong>fesa, in<strong>di</strong>ca un<br />
atteggiamento spiritu<strong>al</strong>e <strong>di</strong> apertura. La missione <strong>della</strong> donna ha successo, perché<br />
istintivamente utilizza il metodo che Gesù ha usato con lei: crea in loro una sete <strong>di</strong> verità, il<br />
desiderio <strong>di</strong> un incontro person<strong>al</strong>e. Non dà risposte già confezionate: pone un interrogativo<br />
interessante!<br />
«Andavano verso <strong>di</strong> lui»: questo andare verso il Cristo è un movimento teologico, è una<br />
suggestiva icona del cammino <strong>di</strong> fede.<br />
- II - QUALE È LA TUA FAME E IL TUO CIBO?<br />
1. HO UN CIBO CHE VOI NON CONOSCETE (4,31-32)<br />
4.31 )En t%= metacu\ h)rw/twn au)to\n oi( maqhtai\ le/gontej,<br />
(Rabbi/, fa/ge.<br />
4.32 o( de\ ei)=pen au)toi=j,<br />
)Egw\ brw=sin e)/xw fagei=n h(\n u(mei=j ou)k oi)/date.<br />
4,31 Intanto i <strong>di</strong>scepoli lo pregavano, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Rabbì, mangia!».<br />
4,32 Ma egli <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Io (un) cibo ho (da) mangiare, che voi non conoscete!».<br />
«I <strong>di</strong>scepoli lo pregavano...»: <strong>al</strong>l'oscuro <strong>di</strong> tutto quello che è accaduto, i <strong>di</strong>scepoli<br />
pregano Gesù. In questo contesto t<strong>al</strong>e preghiera <strong>di</strong>venta inopportuna e ci ricorda la famosa<br />
tentazione nel deserto (Mt 4,3-4). Notiamo che, a livello <strong>di</strong> fede profonda, non vi è molta<br />
<strong>di</strong>fferenza tra i <strong>di</strong>scepoli adesso e la samaritana prima dell'incontro. Che <strong>di</strong>fferenza, a volte,<br />
c'è tra me e un ateo?<br />
«Un cibo ho da mangiare...»: il Maestro non accon<strong>di</strong>scende a questa proposta, perché<br />
egli possiede un cibo misterioso, come misteriosa era l'acqua viva promessa <strong>al</strong>la samaritana.<br />
Egli ha una sete ed una fame che sono <strong>di</strong> un’<strong>al</strong>tra natura rispetto <strong>al</strong>la nostra. Notiamo che<br />
cibo e bevanda sono elementi vit<strong>al</strong>i, necessari come l'aria che respiriamo.<br />
«Che voi non conoscete»: gli stessi <strong>di</strong>scepoli ignorano la bevanda e il cibo <strong>di</strong> Cristo, così<br />
come la donna ignorava il dono <strong>di</strong> Dio. Come reagiranno quando Gesù nel cap. 6°<br />
presenterà se stesso come cibo e bevanda? Lo vedremo.<br />
2. FARE LA VOLONTÀ DEL PADRE (4,33-34)<br />
4.33 e)/legon ou)=n oi( maqhtai\ pro\j a)llh/louj,<br />
Mh/ tij h)/negken au)t%= fagei=n;<br />
4.34 le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Emo\n brw=ma/ e)stin i(/na poih/sw to\ qe/lhma tou= pe/myanto/j me<br />
kai\ teleiw/sw au)tou= to\ e)/rgon.<br />
4,33 Dicevano dunque i <strong>di</strong>scepoli l'un l'<strong>al</strong>tro:<br />
«Forse qu<strong>al</strong>cuno gli ha–portato (da) mangiare?».<br />
4,34 Dice loro Gesù:<br />
«(Il) mio cibo è che faccia la volontà <strong>di</strong>–Colui–che mi ha–inviato<br />
e compia la sua opera!».<br />
«Dicevano dunque i <strong>di</strong>scepoli... »: pensano ad un cibo materi<strong>al</strong>e (è il tipico equivoco in<br />
cui cadono quelli che non riescono a capire il <strong>di</strong>scorso simbolico <strong>di</strong> Cristo).<br />
«Il mio cibo è che faccia la volontà <strong>di</strong> Colui che mi ha inviato...»: la volontà del Padre è<br />
ciò che <strong>al</strong>imenta e fa vivere Gesù, come un cibo saporoso e nutriente. Il Padre lo ha<br />
INVIATO a portare a compimento un'opera speci<strong>al</strong>e che consiste nel donare a tutti l'acqua<br />
dello Spirito, in modo che la loro vita <strong>di</strong>venti adorazione del Padre in spirito e verità. Questa<br />
73
opera <strong>al</strong>imenta le energie <strong>di</strong> Gesù come un nutrimento. Notiamo che il Maestro parla <strong>della</strong><br />
volontà <strong>di</strong>vina e <strong>della</strong> sua concreta re<strong>al</strong>izzazione (l'opera <strong>di</strong> Dio). Ambedue vanno fatte e<br />
compiute fino <strong>al</strong>la perfezione. Per ora Gesù, a quanto pare, si astiene d<strong>al</strong> bere e d<strong>al</strong> mangiare<br />
cose materi<strong>al</strong>i: il suo è un <strong>di</strong>giuno che simboleggia il suo <strong>di</strong>verso stile <strong>di</strong> vita.<br />
- III - QUALE È IL TUO LAVORO E IL TUO CAMPO?<br />
1. CONTEMPLATE I CAMPI MATURI (4,35-36)<br />
4.35 ou)x u(mei=j le/gete o(/ti )/Eti tetra/mhno/j e)stin kai\ o( qerismo\j e)/rxetai;<br />
i)dou\ le/gw u(mi=n, e)pa/rate tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j u(mw=n kai\ qea/sasqe ta\j xw/raj<br />
o(/ti leukai/ ei)sin pro\j qerismo/n.<br />
4.36 h)/dh o( qeri/zwn misqo\n lamba/nei<br />
kai\ suna/gei karpo\n ei)j zwh\n ai)w/nion,<br />
i(/na o( spei/rwn o(mou= xai/rv kai\ o( qeri/zwn.<br />
4,35 «Non <strong>di</strong>te voi: C'è ancora (un) quadrimestre e viene la mietitura?<br />
Ecco, <strong>di</strong>co a–voi: Sollevate i vostri occhi e contemplate i campi,<br />
che sono bion<strong>di</strong> per (la) mietitura.<br />
4,36 Già il mietitore riceve (la) mercede<br />
e raccoglie (il) frutto per (la) vita eterna;<br />
affinché gioisca insieme il seminatore e il mietitore.<br />
«Non <strong>di</strong>te voi: C'è ancora un quadrimestre e viene la mietitura?»: Gesù cita forse un<br />
detto popolare (si tratterebbe <strong>di</strong> un proverbio che in<strong>di</strong>ca in quattro mesi il tempo tra semina<br />
e raccolto). Il Maestro coglie l’occasione per tradurre l’evento <strong>della</strong> conversione dei<br />
Samaritani in termini simbolici: qui egli parla <strong>della</strong> mietitura, cioè del momento fin<strong>al</strong>e <strong>di</strong><br />
tutto il processo <strong>della</strong> produzione del grano, come immagine del momento conclusivo del<br />
lavoro apostolico. In t<strong>al</strong> modo egli dà <strong>al</strong> lavoro <strong>della</strong> coltivazione del grano un ricco<br />
significato simbolico che nobilita il pesante lavoro dei campi. In <strong>Giovanni</strong> il chicco <strong>di</strong> grano<br />
è anche immagine del Cristo stesso che muore e risorge (12,24), mentre nei Sinottici<br />
rappresenta la parola <strong>di</strong> Dio che cresce e porta frutto. Il tema del grano ha qui sicuramente<br />
anche un v<strong>al</strong>ore eucaristico.<br />
«Sollevate i vostri occhi e contemplate i campi»: sovente nel campo spiritu<strong>al</strong>e non ci<br />
vuole un quadrimestre <strong>di</strong> attesa; basta poco tempo ed il frutto arriva. Gesù, infatti, invita a<br />
guardare con gli occhi <strong>della</strong> fede il popolo dei Samaritani che si sta avvicinando a lui e che è<br />
promettente come un campo <strong>di</strong> grano maturo, ormai pronto per la mietitura (cfr. Osea 2,25).<br />
«Già il mietitore riceve la mercede...»: la fede dei popoli è il premio e il compenso <strong>di</strong><br />
coloro che hanno seminato la parola <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong> coloro che raccolgono t<strong>al</strong>e frutto (Gesù ha<br />
seminato nel cuore <strong>della</strong> Samaritana, la qu<strong>al</strong>e ha portato l’annuncio nella sua città...; gli<br />
apostoli ne stanno godendo i frutti).<br />
«E raccoglie (synàgo) il frutto per la vita eterna»: questa parola (synàgo = adunare) ci fa<br />
capire che, nell'atto stesso <strong>di</strong> essere raccolto come premio, il popolo credente viene come<br />
unificato per essere reso partecipe dell’unica vita eterna (simboleggiata d<strong>al</strong>l'acqua viva e<br />
anche d<strong>al</strong> grano maturo).<br />
«Affinché gioisca insieme il seminatore e il mietitore»: Gesù qui mette in rilievo la prima<br />
faccia <strong>della</strong> medaglia: la sintonia e l'unità tra chi semina e chi raccoglie. Sia il seminatore<br />
(in questo caso Gesù e la stessa samaritana) che il mietitore (gli apostoli) si r<strong>al</strong>legrano<br />
grandemente per il successo del <strong>Vangelo</strong> e per la s<strong>al</strong>vezza degli uomini. È un modo per far<br />
capire ai <strong>di</strong>scepoli che non devono sottov<strong>al</strong>utare l'opera sua e <strong>di</strong> quella donna. Non solo il<br />
mietere, ma anche il seminare è gioia, perché il frutto è assicurato (cfr. Amos 9,13-14). Il<br />
tema <strong>della</strong> gioia è continuo in <strong>Giovanni</strong> (pensiamo <strong>al</strong> Battista che gioisce perché lo Sposo<br />
ha con sé la Sposa).<br />
74
2. VI HO MANDATO A MIETERE (4,37-38)<br />
4.37 e)n ga\r tou/t% o( lo/goj e)sti\n a)lhqino\j o(/ti<br />
)/Alloj e)sti\n o( spei/rwn kai\ a)/lloj o( qeri/zwn.<br />
4.38 e)gw\ a)pe/steila u(ma=j qeri/zein o(\ ou)x u(mei=j kekopia/kate:<br />
a)/lloi kekopia/kasin kai\ u(mei=j ei)j to\n ko/pon au)tw=n ei)selhlu/qate.<br />
4,37 Infatti in questo è veritiero il detto:<br />
Uno è il seminatore e (un) <strong>al</strong>tro (è) il mietitore!<br />
4,38 Io ho–mandato voi (a) mietere quello–per–cui non voi avete–faticato.<br />
Altri hanno–faticato e voi nella loro fatica siete–subentrati».<br />
«È veritiero il detto: Uno è il seminatore e un <strong>al</strong>tro è il mietitore»: adesso il Signore,<br />
citando un proverbio, mette in evidenza l'<strong>al</strong>tra faccia <strong>della</strong> medaglia: la <strong>di</strong>fferenza che ci può<br />
essere tra chi sparge il seme e chi miete, per far capire che in quest’opera gli operai sono<br />
intercambiabili e solo Dio è necessario (cfr. 1 Cor 3,6). Secondo il Maestro, proprio ora per<br />
gli apostoli si re<strong>al</strong>izza t<strong>al</strong>e proverbio, anche se, come è detto sopra, tutti sono partecipi <strong>della</strong><br />
stessa gioia.<br />
«Ho mandato (’apostéllo) voi a mietere quello per cui non voi avete faticato»: gli<br />
apostoli hanno, da parte <strong>di</strong> Gesù, la missione <strong>di</strong> raccogliere gioiosamente i frutti che con<br />
fatica <strong>al</strong>tri hanno preparato con la loro semina (cosa che già avvenne nella conquista <strong>della</strong><br />
terra promessa: cfr. Gios 24,13). Devono pertanto essere felici e riconoscenti.<br />
«Voi nella loro fatica siete subentrati»: ai <strong>di</strong>scepoli, tuttavia, tocca accettare la propria<br />
parte <strong>di</strong> fatica apostolica, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e <strong>al</strong>tri vedranno i frutti. In <strong>al</strong>tre parole: la gioia del<br />
raccolto presuppone l’impegno dell'evangelizzazione (ricor<strong>di</strong>amo che lo stesso Gesù sedeva<br />
affaticato presso il pozzo).<br />
- 4 - LA FEDE DEI SAMARITANI<br />
1. LA PAROLA DELLA DONNA CHE TESTIMONIAVA (4,39-40)<br />
4.39 )Ek de\ th=j po/lewj e)kei/nhj polloi\ e)pi/steusan ei)j au)to\n tw=n Samaritw=n<br />
<strong>di</strong>a\ to\n lo/gon th=j gunaiko\j marturou/shj o(/ti<br />
Ei)=pe/n moi pa/nta a(\ e)poi/hsa.<br />
4.40 w(j ou)=n h)=lqon pro\j au)to\n oi( Samari=tai,<br />
h)rw/twn au)to\n mei=nai par' au)toi=j:<br />
kai\ e)/meinen e)kei= du/o h(me/raj.<br />
4,39 Da quella città, poi, molti dei Samaritani credettero in lui<br />
per la parola <strong>della</strong> donna che–testimoniava:<br />
«Mi ha–detto tutto quello–che ho–fatto!».<br />
4,40 Quando dunque vennero da lui i Samaritani,<br />
lo pregavano (<strong>di</strong>) rimanere presso–<strong>di</strong> loro<br />
e (egli) rimase là due giorni.<br />
«Credettero in lui»: la prima motivazione <strong>della</strong> loro fede è la parola <strong>della</strong> donna che<br />
testimonia la capacità profetica <strong>di</strong> Gesù. Le ragioni <strong>della</strong> fede <strong>della</strong> samaritana <strong>di</strong>ventano le<br />
ragioni <strong>della</strong> fede dei suoi concitta<strong>di</strong>ni.<br />
«Per la parola <strong>della</strong> donna che testimoniava...»: parola e testimonianza, lógos e<br />
martýrion sono messi qui in par<strong>al</strong>lelo. La testimonianza è anche fatta con la parola.<br />
«Lo pregavano <strong>di</strong> rimanere (méno)»: questa è una preghiera esau<strong>di</strong>ta, perché esprime la<br />
volontà <strong>di</strong> una conoscenza e <strong>di</strong> un contatto non superfici<strong>al</strong>e, ma profondo (si tratta <strong>di</strong> un<br />
rimanere teologico: tema sul qu<strong>al</strong>e <strong>Giovanni</strong> insiste in questo <strong>Vangelo</strong>, a cominciare d<strong>al</strong>la<br />
permanenza dei due primi <strong>di</strong>scepoli presso il Signore: 1,39).<br />
«Egli rimase là due giorni»: si re<strong>al</strong>izza la profezia <strong>di</strong> Osea che scrive: «In due giorni ci<br />
farà rivivere» (6,2).<br />
75
2. NOI STESSI ABBIAMO ASCOLTATO E SAPPIAMO (4,41-42)<br />
4.41 kai\ poll%= plei/ouj e)pi/steusan <strong>di</strong>a\ to\n lo/gon au)tou=,<br />
4.42 tv= te gunaiki\ e)/legon o(/ti<br />
Ou)ke/ti <strong>di</strong>a\ th\n sh\n l<strong>al</strong>ia\n pisteu/omen:<br />
au)toi\ ga\r a)khko/amen<br />
kai\ oi)/damen o(/ti ou(=to/j e)stin a)lhqw=j o( swth\r tou= ko/smou.<br />
4,41 E molto più–numerosi credettero per la sua parola;<br />
4,42 <strong>di</strong>cevano quin<strong>di</strong> <strong>al</strong>la donna:<br />
«Non–più per il tuo racconto cre<strong>di</strong>amo,<br />
noi–stessi infatti abbiamo–ascoltato<br />
e sappiamo che costui è veramente il S<strong>al</strong>vatore del mondo».<br />
«Credettero per la sua parola»: un'ulteriore e più convincente motivazione <strong>della</strong> fede dei<br />
Samaritani è l'esperienza person<strong>al</strong>e <strong>di</strong>retta e l'ascolto <strong>della</strong> parola <strong>di</strong> Gesù. Non li convince<br />
tanto il miracolo mor<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Cristo che aveva letto nel cuore <strong>della</strong> samaritana, ma l'ascolto<br />
<strong>della</strong> parola viva del maestro che tocca <strong>di</strong>rettamente il loro cuore.<br />
«Dicevano... <strong>al</strong>la donna: Non più per il tuo racconto cre<strong>di</strong>amo, noi stessi infatti<br />
abbiamo ascoltato»: in re<strong>al</strong>tà, pur ammettendone l'importanza inizi<strong>al</strong>e, sembrano<br />
<strong>di</strong>mostrare poca riconoscenza verso colei che li ha portati <strong>al</strong>la conoscenza del Messia. Ma<br />
sono scusabili perché troppa è la gioia <strong>della</strong> scoperta person<strong>al</strong>e del Messia, gioia che supera<br />
grandemente ogni esperienza presa a prestito da <strong>al</strong>tri. La donna vien messa da parte, e<br />
questo fatto forse la rende ancor più felice, come era avvenuto per il Battista.<br />
«E sappiamo che costui è veramente il S<strong>al</strong>vatore del mondo»: notiamo che in queste<br />
parole sono illustrate le tappe dell'atto <strong>di</strong> fede: ascoltare, credere, sapere! Si conclude<br />
questo episo<strong>di</strong>o del vangelo <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> con una chiara, solenne e cor<strong>al</strong>e professione <strong>di</strong> fede<br />
nel Cristo, SALVATORE UNIVERSALE, che promuove la conoscenza del Padre <strong>di</strong> tutti e<br />
pone il luogo <strong>della</strong> vera adorazione <strong>di</strong> Dio nel cuore <strong>di</strong> ogni uomo (superando legami <strong>di</strong><br />
sangue, nazion<strong>al</strong>ismi e strutture religiose).<br />
RIFLESSIONE CONCLUSIVA<br />
Nel <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con i <strong>di</strong>scepoli abbiamo visto emergere tre re<strong>al</strong>tà, che hanno anche un <strong>al</strong>to<br />
v<strong>al</strong>ore simbolico (la donna, il cibo e il campo). Le due ultime sono servite <strong>al</strong> Cristo per<br />
istruire i suoi <strong>di</strong>scepoli nell'arte <strong>della</strong> evangelizzazione, <strong>di</strong> cui la DONNA, sottov<strong>al</strong>utata da<br />
loro in base <strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità dell'epoca, si fa spontaneamente una preziosa protagonista.<br />
Essi devono imparare un nuovo modo <strong>di</strong> lavorare nel CAMPO <strong>di</strong> Dio, procurandosi così<br />
un CIBO (la volontà del Padre e l'Opera sua) che <strong>al</strong>imenterà la loro vita e la loro gioia,<br />
affinché <strong>al</strong>lo Sposo messianico non manchi mai la Donna Sposa.<br />
La vita v<strong>al</strong>e, se ha un SENSO! Che senso ha lavorare e faticare, mangiare e riposare,<br />
andare e venire, pensare e parlare, sposarsi e pregare? Gesù ci rivela che, come per lui,<br />
anche per noi tutto può <strong>di</strong>ventare occasione per un apostolato gioioso e, quin<strong>di</strong>, il modo<br />
spiritu<strong>al</strong>e e vero per adorare e servire il Padre (Ment<strong>al</strong>ità simbolico-sacrament<strong>al</strong>e).<br />
Il testo <strong>di</strong> Gv 4,27-42 è utile per la catechesi vocazion<strong>al</strong>e e per la teologia pastor<strong>al</strong>e.<br />
76
TUO FIGLIO VIVE Unità 08<br />
L'accoglienza del funzionario pagano (Gv 4,43-54)<br />
Un'accurata ambientazione fornisce il luogo storico e teologico del pro<strong>di</strong>gio (I) ed il<br />
racconto dell'evento mette in luce l'efficacia <strong>della</strong> fede nella Parola <strong>di</strong> Cristo (II).<br />
- I - AMBIENTAZIONE<br />
1. IL PROFETA E LA SUA PATRIA (4,43-44)<br />
4.43 Meta\ de\ ta\j du/o h(me/raj e)ch=lqen e)kei=qen ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an:<br />
4.44 au)to\j ga\r )Ihsou=j e)martu/rhsen<br />
o(/ti profh/thj e)n tv= i)<strong>di</strong>/# patri/<strong>di</strong> timh\n ou)k e)/xei.<br />
4,43 Dopo i due giorni, poi, partì <strong>di</strong>–là verso la G<strong>al</strong>ilea.<br />
4,44 (Lo) stesso Gesù infatti aveva–testimoniato<br />
che (un) profeta nella sua patria non ha onore.<br />
«Verso la G<strong>al</strong>ilea»: Gesù vuole sfuggire <strong>al</strong>la persecuzione dei Giudei e <strong>al</strong>lontanarsi il più<br />
possibile da Gerus<strong>al</strong>emme. Questo fatto gli dà l'occasione, dopo aver avuto un colloquio con<br />
il giudeo Nicodemo, <strong>di</strong> incontrarsi con i Samaritani e con un funzionario, forse pagano,<br />
cosicché notiamo che egli entra in contatto con tre categorie <strong>di</strong> persone: i Giudei, un gruppo<br />
<strong>di</strong> eretici e un pagano.<br />
«Gesù infatti aveva testimoniato»: l'affermazione <strong>di</strong> Gesù viene vista come una<br />
testimonianza, perché egli si presenta con franchezza come profeta e come profeta<br />
incompreso, <strong>al</strong>la maniera <strong>di</strong> tutti i veri profeti.<br />
«Un profeta nella sua patria non ha onore»: la patria qui è verosimilmente la Giudea.<br />
Mentre la Samaritana lo riconosce come profeta, i Giudei no. In fondo, però, anche nella<br />
stessa G<strong>al</strong>ilea, vi sono molte <strong>di</strong>fficoltà, ben evidenziate da Mt 13,53-57 e da Lc 4,22-30. A<br />
Nazaret una meraviglia inizi<strong>al</strong>e, anche entusiasta, <strong>di</strong>venta presto risentimento, contestazione<br />
e ad<strong>di</strong>rittura rifiuto violento, perché Gesù delude le attese <strong>della</strong> gente la qu<strong>al</strong>e pretende<br />
miracoli.<br />
2. AVEVANO VISTO QUEL CHE AVEVA FATTO (4,45)<br />
4.45 o(/te ou)=n h)=lqen ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an,<br />
e)de/canto au)to\n oi( G<strong>al</strong>ilai=oi<br />
pa/nta e(wrako/tej o(/sa e)poi/hsen e)n (Ierosolu/moij e)n tv= e(ortv=,<br />
kai\ au)toi\ ga\r h)=lqon ei)j th\n e(orth/n.<br />
4,45 Quando dunque giunse nella G<strong>al</strong>ilea,<br />
lo accolsero i G<strong>al</strong>ilei,<br />
avendo–visto tutto quello–che aveva–fatto in Gerus<strong>al</strong>emme nella festa;<br />
anch'essi infatti erano–andati <strong>al</strong>la festa.<br />
«Lo accolsero i G<strong>al</strong>ilei»: per lo meno <strong>al</strong>l'inizio l'accoglienza è gioiosa ed entusiasta.<br />
«Avendo visto tutto quello che aveva fatto in Gerus<strong>al</strong>emme»: t<strong>al</strong>e atteggiamento era<br />
basato sulle sabbie mobili dello spettacolo offerto dai miracoli e dagli <strong>al</strong>tri gesti operati da<br />
Gesù (cfr. 2,23). Un t<strong>al</strong>e tipo <strong>di</strong> fede, come abbiamo già visto, non regge <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la<br />
persona del Cristo che rifiuta <strong>di</strong> farsi strument<strong>al</strong>izzare e <strong>di</strong> venire a patti. Non per nulla<br />
l'Evangelista non parla <strong>di</strong> segni capiti come t<strong>al</strong>i, ma più genericamente <strong>di</strong> tutto quello che<br />
aveva fatto, come già in pratica si erano espressi i capi dei Giudei, parlando dei segni come<br />
<strong>di</strong> cose (2,18).<br />
77
«Anch'essi infatti erano andati <strong>al</strong>la festa»: andare solo materi<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>la festa <strong>di</strong><br />
Pasqua senza aver colto la novità assoluta, che in quell'occasione si manifestava in Cristo,<br />
può servire a poco.<br />
3. DI NUOVO A CANA (4,46 a )<br />
4.46 )=Hlqen ou)=n pa/lin ei)j th\n Kana\ th=j G<strong>al</strong>ilai/aj,<br />
o(/pou e)poi/hsen to\ u(/dwr oi)=non.<br />
4,46 a Andò dunque <strong>di</strong>–nuovo a Cana <strong>di</strong>–G<strong>al</strong>ilea,<br />
dove aveva–fatto l'acqua vino.<br />
«Di nuovo a Cana»: come è tipico in <strong>Giovanni</strong>, l'obbiettivo si punta e si foc<strong>al</strong>izza su un<br />
determinato luogo, che <strong>di</strong>venta un luogo teologico, nel qu<strong>al</strong>e Dio opera le sue maraviglie e<br />
rivela la sua gloria.<br />
«Dove aveva fatto l'acqua vino»: questa precisazione (non necessaria per la<br />
comprensione del racconto in sé) ha lo scopo <strong>di</strong> farci capire che i due SEGNI DI CANA<br />
vanno collegati (cfr. anche il v. 54), in modo che <strong>di</strong>ventino un'unica scuola <strong>di</strong> fede per una<br />
più profonda conoscenza del Cristo.<br />
- II - L'UOMO CREDETTE ALLA PAROLA<br />
1. IL FUNZIONARIO PREGA PER IL FIGLIO MALATO (4,46 b -47)<br />
kai\ h)=n tij basiliko\j<br />
ou(= o( ui(o\j h)sqe/nei e)n Kafarnaou/m.<br />
4.47 ou(=toj a)kou/saj o(/ti )Ihsou=j h(/kei e)k th=j )Ioudai/aj ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an<br />
a)ph=lqen pro\j au)to\n kai\ h)rw/ta i(/na katabv= kai\ i)a/shtai au)tou= to\n ui(o/n,<br />
h)/mellen ga\r a)poqnv/skein.<br />
4,46 b E (vi) era (un) t<strong>al</strong>e, (funzionario) regio,<br />
il cui figlio era–infermo a Cafarnao.<br />
4,47 Questi, u<strong>di</strong>to che Gesù era–arrivato d<strong>al</strong>la Giudea nella G<strong>al</strong>ilea,<br />
andò presso–<strong>di</strong> lui e (lo) pregava affinché scendesse e guarisse il figlio suo;<br />
stava infatti (per) morire.<br />
«E vi era un t<strong>al</strong>e, funzionario regio»: <strong>Giovanni</strong>, nel presentare quest'uomo, lo<br />
contrad<strong>di</strong>stingue innanzi tutto in base <strong>al</strong>la sua carica e <strong>al</strong> suo potere che nei confronti <strong>della</strong><br />
m<strong>al</strong>attia del figlio non gli serve a nulla. Ci troviamo molto facilmente <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la versione<br />
giovannea dell'episo<strong>di</strong>o del Centurione (cfr. Mt 8,5 ss.; Lc 7,1 ss.). Per questo parliamo del<br />
funzionario come <strong>di</strong> un probabile pagano.<br />
«Il cui figlio (yiós) era infermo»: adesso non abbiamo più una scena gioiosa <strong>di</strong><br />
matrimonio (Sposo e sposa), turbata solo d<strong>al</strong> piccolo inconveniente che la provvista <strong>di</strong> vino<br />
è esaurita, ma il dramma <strong>di</strong> un PADRE che vede morire il FIGLIO (infermo, debole). Il suo<br />
amore <strong>di</strong> padre è il motivo <strong>della</strong> sua angoscia e <strong>della</strong> sua gravissima sofferenza.<br />
«U<strong>di</strong>to che Gesù era arrivato»: l’attesa <strong>di</strong> Gesù da parte del padre del giovane infermo<br />
rispecchia, in piccolo, tutta la grande attesa messianica del popolo <strong>di</strong> Dio che ascoltava i<br />
profeti annuncianti il Cristo che doveva venire. Ora l’attesa è finita: Gesù arriva.<br />
«Andò presso <strong>di</strong> lui e lo pregava»: l'ascolto, quando trova un terreno fertile, genera<br />
sempre un movimento verso... per re<strong>al</strong>izzare l'incontro con il Signore. Il bisogno ed il<br />
desiderio, poi, <strong>di</strong>ventano PREGHIERA (Notiamo i tre passaggi: u<strong>di</strong>re, andare incontro,<br />
pregare).<br />
«Affinché scendesse e guarisse il figlio (yiós) suo»: è una preghiera fatta senza esitazioni,<br />
senza dubbi circa quello che il Maestro deve fare. Questo scendere a cui Gesù è invitato,<br />
richiama l'azione <strong>di</strong> colui che è <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo per s<strong>al</strong>vare il mondo (3,13). Il <strong>di</strong>scendere<br />
contiene in sé un senso <strong>di</strong> compassione e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione.<br />
78
«Stava... per morire»: per questo motivo il padre ritiene che l’intervento <strong>di</strong> Gesù sia<br />
urgente e prega con grande forza il Signore: non è solo una questione <strong>di</strong> m<strong>al</strong>attia, ma <strong>di</strong><br />
morte imminente. Gesù non solo deve vincere una m<strong>al</strong>attia qu<strong>al</strong>unque, ma una m<strong>al</strong>attia<br />
termin<strong>al</strong>e, sconfiggendo la MORTE che avanza (per questo l'Evangelista, parlando <strong>della</strong><br />
guarigione, userà tre volte il verbo VIVERE, come se la liberazione da quel m<strong>al</strong>e fosse una<br />
vera e propria risurrezione: prospettiva pasqu<strong>al</strong>e).<br />
2. SE NON VEDETE PORTENTI, NON CREDETE (4,48-49)<br />
4.48 ei)=pen ou)=n o( )Ihsou=j pro\j au)to/n,<br />
)Ea\n mh\ shmei=a kai\ te/rata i)/dhte, ou) mh\ pisteu/shte.<br />
4.49 le/gei pro\j au)to\n o( basiliko/j,<br />
Ku/rie, kata/bhqi pri\n a)poqanei=n to\ pai<strong>di</strong>/on mou.<br />
4,48 Disse <strong>al</strong>lora Gesù verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Se segni e pro<strong>di</strong>gi non vedete, non credete!»<br />
4,49 Dice verso–<strong>di</strong> lui il (funzionario) regio:<br />
«Signore, scen<strong>di</strong> prima–che muoia il bambino mio!»<br />
«Se segni e pro<strong>di</strong>gi non vedete, non credete»: Gesù <strong>di</strong>ce queste parole a quel padre per<br />
invitarlo e per aiutarlo a credere sino in fondo senza pretendere un segno o un miracolo che<br />
lo esoneri d<strong>al</strong>la fatica <strong>di</strong> credere. Fa capire che, quando la FEDE precede il SEGNO, è la<br />
fede stessa il vero pro<strong>di</strong>gio e la fonte <strong>della</strong> vera beatitu<strong>di</strong>ne (20,29). Nei tre incontri TIPO,<br />
che ha con i Giudei credenti (rappresentati da Nicodemo), con gli eretici (i Samaritani) e<br />
con i pagani (questo padre), egli esige da tutti la fede e l'onestà interiore e rimprovera a tutti<br />
le resistenze nel credere. Qui usa il plur<strong>al</strong>e (vedete, credete) perché, parlando ad un singolo,<br />
in re<strong>al</strong>tà si rivolge <strong>al</strong> gruppo rappresentato da quel funzionario o <strong>al</strong>l’umanità intera che fa<br />
sempre fatica nel giungere <strong>al</strong>la fede.<br />
«Dice verso <strong>di</strong> lui il funzionario regio: Signore, scen<strong>di</strong> prima che muoia il bambino<br />
(paidíon) mio»: il padre sembra, sulle prime, ignorare il rimprovero, come se quelle parole<br />
non fossero in<strong>di</strong>rizzate speci<strong>al</strong>mente a lui. Egli pensa che Gesù sia solo un guaritore e possa<br />
sconfiggere la febbre che tormenta il ragazzo, ma non la morte. Perciò richiede la presenza<br />
fisica <strong>di</strong> Gesù. Confrontiamo questa preghiera con le parole dette d<strong>al</strong>le sorelle <strong>di</strong> Lazzaro, le<br />
qu<strong>al</strong>i <strong>di</strong>mostrano <strong>di</strong> avere la stessa ment<strong>al</strong>ità: Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non<br />
sarebbe morto (11,21). Per le sorelle ormai c'è solo più la delusione, per questo padre resta<br />
ancora l'arma dell'insistenza. Infatti fa pressione su Gesù che egli riconosce come Signore<br />
(Kýrios): l'amore per il figlio (per ora più grande <strong>della</strong> sua fede) lo spinge a continuare la<br />
preghiera (t<strong>al</strong>volta si prega più per paura che per fede). Egli chiama il figlio con un<br />
appellativo (paidíon), che esprime tenerezza e commozione. È la prima volta nel IV<br />
<strong>Vangelo</strong> che Gesù si trova <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> dramma <strong>della</strong> morte.<br />
Gv 20 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli <strong>di</strong>sse: «Perché mi hai<br />
veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».<br />
3. L'UOMO CREDETTE ALLA PAROLA (4,50)<br />
4.50 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
Poreu/ou, o( ui(o/j sou zv=.<br />
e)pi/steusen o( a)/nqrwpoj t%= lo/g% o(\n ei)=pen au)t%= o( )Ihsou=j<br />
kai\ e)poreu/eto.<br />
4,50 Dice a–lui Gesù:<br />
«Va, il figlio tuo vive!»<br />
Credette l'uomo <strong>al</strong>la parola che gli aveva–detto Gesù<br />
e si–mise–in–cammino.<br />
79
«Va, il figlio (yiós) tuo vive»: Gesù decide <strong>di</strong> non scendere, ma dà <strong>al</strong> padre un comando<br />
(andare) e gli fa un'assicurazione verb<strong>al</strong>e. Lo vuole portare ad una fede pura e tot<strong>al</strong>e. Egli<br />
non scende con lui, ma lo invia con la promessa <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> più grande <strong>della</strong> guarigione:<br />
la pienezza <strong>di</strong> vita (TUO FIGLIO VIVE!). Il funzionario deve incamminarsi coltivando nel<br />
cuore la certezza che il Cristo ha il potere <strong>di</strong> far vivere, <strong>di</strong> far risorgere persino i morti.<br />
Questo figlio è figura <strong>di</strong> Cristo stesso, il Figlio che risorge (per questo Gesù usa il termine<br />
yiós, solitamente riservato a lui).<br />
«Credette l'uomo <strong>al</strong>la parola (lógos) che gli aveva detto Gesù»: l'Evangelista afferma<br />
che quel funzionario (visto ora nella sua con<strong>di</strong>zione basilare <strong>di</strong> uomo e non più come<br />
uffici<strong>al</strong>e regio) si fida e crede. Gesù non gli dà <strong>al</strong>tre garanzie che la sua parola (le sue parole<br />
sono spirito e vita: 6,63) ed egli, facendo frutto del rimprovero circa la sua mancanza <strong>di</strong><br />
fede, prende la decisione <strong>di</strong> non insistere più e <strong>di</strong> ritornare a casa.<br />
«E si mise in cammino»: parte con una speranza certa, come Abramo. La fede lo mette in<br />
cammino e t<strong>al</strong>e cammino (<strong>di</strong> ricerca, <strong>di</strong> progresso...) <strong>di</strong>venta un segno <strong>della</strong> presenza viva<br />
<strong>della</strong> fede. Va, senza ancora vedere il segno portentoso promesso. Fra poco lo vedrà, ma<br />
non nella maniera che aveva immaginato (lo vedrà, prima ancora <strong>di</strong> arrivare a casa, espresso<br />
dai volti e d<strong>al</strong>le parole dei servi che gli vengono incontro).<br />
Lc 7 6 ... Il centurione mandò <strong>al</strong>cuni amici a <strong>di</strong>rgli: «Signore, non stare a <strong>di</strong>sturbarti, io<br />
non son degno che tu entri sotto il mio tetto; 7 per questo non mi sono neanche ritenuto<br />
degno <strong>di</strong> venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo (pâis) sarà guarito.<br />
4. ERA L'ORA SETTIMA (4,51-53)<br />
4.51 h)/dh de\ au)tou= katabai/nontoj oi( dou=loi au)tou= u(ph/nthsan au)t%=<br />
le/gontej o(/ti o( pai=j au)tou= zv=.<br />
4.52 e)pu/qeto ou)=n th\n w(/ran par' au)tw=n e)n v(= komyo/teron e)/sxen:<br />
ei)=pan ou)=n au)t%= o(/ti<br />
)Exqe\j w(/ran e(bdo/mhn a)fh=ken au)to\n o( pureto/j.<br />
4.53 e)/gnw ou)=n o( path\r o(/ti e)kei/nv tv= w(/r# e)n v(= ei)=pen au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
(O ui(o/j sou zv=,<br />
kai\ e)pi/steusen au)to\j kai\ h( oi)ki/a au)tou= o(/lh.<br />
4,51 Mentre, poi, egli scendeva, i suoi servi vennero–incontro–a lui,<br />
<strong>di</strong>cendo(gli) che il suo ragazzo viveva.<br />
4,52 S’informò dunque da essi dell'Ora in cui ebbe (il) miglioramento;<br />
gli <strong>di</strong>ssero dunque:<br />
«Ieri, (<strong>al</strong>l')Ora settima, lo ha–lasciato la febbre!».<br />
4,53 Allora il padre riconobbe che quella (era) l'Ora in cui Gesù gli aveva–detto:<br />
«Il figlio tuo vive!»<br />
e credette lui e tutta la sua casa.<br />
«Mentre, poi, egli scendeva»: a scendere (verso il basso, <strong>al</strong> livello del morente) adesso è<br />
l'uomo, il funzionario del re.<br />
«I servi vennero incontro a lui»: è tanta la gioia <strong>della</strong> avvenuta s<strong>al</strong>vezza che i servi si<br />
affrettano a portare la consolante notizia <strong>al</strong> padre.<br />
«Che il suo ragazzo (pâis) viveva»: non aggiungono nulla <strong>di</strong> più a quello che egli già<br />
sapeva per fede. Notiamo che usano le stesse parole usate d<strong>al</strong> Signore per in<strong>di</strong>care la<br />
guarigione. In<strong>di</strong>cano invece il figlio come pâis, cioè con un termine ambiv<strong>al</strong>ente che vuol<br />
<strong>di</strong>re: figlio e servo (ragazzo). In t<strong>al</strong> modo il m<strong>al</strong>ato viene in<strong>di</strong>cato con 3 nomi: figlio,<br />
bambino, ragazzo.<br />
«Ieri, <strong>al</strong>l'Ora settima, lo ha lasciato la febbre!»: l'ora settima corrisponde <strong>al</strong>l'una del<br />
pomeriggio. Essendo la <strong>di</strong>stanza tra Cana e Cafarnao <strong>di</strong> circa 26 Km., l'incontro può<br />
facilmente essere avvenuto nelle prime ore <strong>della</strong> sera (dopo le 18) quando era già iniziato il<br />
nuovo giorno. Per questo, parlando delle ore 13 dello stesso giorno, <strong>di</strong>cono: ieri.<br />
80
«Allora il padre riconobbe che quella era l'Ora...»: l'ora <strong>della</strong> guarigione e <strong>della</strong> vita<br />
coincide con quella <strong>della</strong> promessa, fatta nel modo meno gratificante, e con quella <strong>della</strong><br />
fede più oscura e <strong>di</strong>fficile. Quella è l'Ora più propizia <strong>della</strong> S<strong>al</strong>vezza in Cristo. Adesso,<br />
fin<strong>al</strong>mente, quell'uomo viene chiamato padre: ne ha il pieno <strong>di</strong>ritto, avendo maturato una<br />
vera fede. Anche lui è chiamato con 3 titoli: uffici<strong>al</strong>e regio, uomo e padre.<br />
«Il figlio tuo vive!»: pensiamo che queste parole siano rimaste scolpite nel cuore, nella<br />
mente, negli orecchi <strong>di</strong> questo padre in eterno.<br />
«Credette lui e tutta la sua casa (’oikía)»: la sua fede <strong>di</strong>venta ancora più forte e viene<br />
accolta da tutti i suoi familiari (la casa, simbolo <strong>della</strong> Chiesa). Il funzionario regio ha<br />
incontrato il vero RE <strong>della</strong> VITA.<br />
5. IL SECONDO SEGNO (4,54)<br />
4.54 Tou=to de\ pa/lin deu/teron shmei=on e)poi/hsen o( )Ihsou=j<br />
e)lqw\n e)k th=j )Ioudai/aj ei)j th\n G<strong>al</strong>ilai/an.<br />
4,54 Di–nuovo questo secondo segno fece Gesù,<br />
venendo d<strong>al</strong>la Giudea verso la G<strong>al</strong>ilea.<br />
«Questo secondo segno fece Gesù»: <strong>Giovanni</strong>, che <strong>al</strong>l’inizio ci aveva ricordato il segno<br />
dell’acqua (46 a ), in<strong>di</strong>ca questo pro<strong>di</strong>gio come il secondo segno, anche se <strong>di</strong> segni Gesù ne<br />
aveva fatti molti <strong>al</strong>tri durante la Pasqua a Gerus<strong>al</strong>emme (cfr. 2,23). È il secondo miracolo<br />
fatto a Cana. Innanzi tutto è un SEGNO, cioè un gesto che ha qu<strong>al</strong>cosa da insegnarci e che<br />
quin<strong>di</strong> va accolto e capito con fede. È, poi, il secondo: il primo fu un dono <strong>di</strong> GIOIA<br />
NUZIALE nel momento in cui una famiglia viene fondata, il secondo un intervento <strong>di</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza e <strong>di</strong> VITA in una famiglia che sta vivendo il dramma <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta irreparabile.<br />
Nei due casi la FEDE dei <strong>di</strong>scepoli e quella <strong>di</strong> tutta la CASA sono il risultato fin<strong>al</strong>e (il frutto<br />
<strong>della</strong> fatica apostolica) che l'Evangelista nota con cura. Purtroppo noi, quando parliamo del<br />
Segno <strong>di</strong> Cana, pensiamo <strong>di</strong> solito solo <strong>al</strong>l'acqua mutata in vino e non <strong>al</strong>la Parola che dona<br />
vita. Dobbiamo collegare i due episo<strong>di</strong>, come le facce <strong>di</strong> una stessa medaglia.<br />
«Venendo d<strong>al</strong>la Giudea verso la G<strong>al</strong>ilea»: se l'Evangelista ci ricorda l'itinerario del<br />
Signore, è perché questo suo andare non è privo <strong>di</strong> significato: la venuta <strong>di</strong> Gesù coincide<br />
con quella del Regno <strong>di</strong> Dio e <strong>della</strong> S<strong>al</strong>vezza. A riceverne beneficio è la popolazione <strong>della</strong><br />
G<strong>al</strong>ilea, gente m<strong>al</strong>vista dai Giudei; anzi una famiglia <strong>di</strong> persone provenienti d<strong>al</strong> mondo<br />
pagano.<br />
RICAPITOLANDO<br />
Abbiamo osservato tre personaggi TIPO che incontrano il Cristo. Nicodemo e l'uffici<strong>al</strong>e<br />
regio lo cercano anche se per motivi <strong>di</strong>versi: il primo si sente maestro ed esprime i suoi<br />
giu<strong>di</strong>zi; l'<strong>al</strong>tro si presenta come un padre che implora una gran<strong>di</strong>ssima grazia. La<br />
samaritana, invece, è attesa d<strong>al</strong> Signore stesso.<br />
A tutti Cristo chiede una fede pura, vera, tot<strong>al</strong>e. Ognuno ha le sue <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Nicodemo deve riconoscere <strong>di</strong> esser un maestro che non sa e che ha bisogno <strong>di</strong> imparare<br />
ciò che è essenzi<strong>al</strong>e nel campo <strong>della</strong> fede.<br />
La samaritana finisce con l'ammettere <strong>di</strong> aver f<strong>al</strong>lito come donna e come credente.<br />
Il padre angosciato viene lasciato apparentemente solo a lottare contro la morte del figlio.<br />
A tutti viene fatta la grazia <strong>di</strong> una fede più vera: Nicodemo impara la necessità <strong>di</strong> farsi<br />
rigenerare d<strong>al</strong>l'ACQUA e d<strong>al</strong> VENTO dello Spirito; la donna <strong>di</strong> Samaria inizia a <strong>di</strong>ssetarsi<br />
dell'ACQUA VIVA che fa crescere la MESSE matura e biondeggiante del popolo credente;<br />
l'uffici<strong>al</strong>e decide <strong>di</strong> CREDERE <strong>al</strong>la parola anche quando Cristo lo lascia solo in mezzo ad<br />
una strada che lo porta <strong>al</strong> giaciglio <strong>di</strong> un figlio morente.<br />
Signore, aiutaci a credere <strong>al</strong>la tua Parola <strong>di</strong> Vita!<br />
81
ALZATI E CAMMINA Unità 09<br />
La guarigione a Betzatà (Gv 5,1-15)<br />
Con questo episo<strong>di</strong>o inizia un nuovo e importate momento (il terzo) del primo Tempo,<br />
che è quello dei Segni. Siamo ora nell'ambiente giudaico (a Gerus<strong>al</strong>emme).<br />
Abbiamo <strong>di</strong>viso il commento <strong>al</strong> racconto <strong>della</strong> guarigione del m<strong>al</strong>ato <strong>di</strong> Betzatà in due<br />
parti i cui titoli, se uniti tra loro, costituiscono un importante messaggio: «Vuoi guarire?»,<br />
«Non peccare più!».<br />
- I - VUOI GUARIRE?<br />
1. UNA MOLTITUDINE DI INFERMI (5,1-4)<br />
5.1 Meta\ tau=ta h)=n e(orth\ tw=n )Ioudai/wn,<br />
kai\ a)ne/bh )Ihsou=j ei)j (Ieroso/luma.<br />
5.2 e)/stin de\ e)n toi=j (Ierosolu/moij e)pi\ tv= probatikv= kolumbh/qra<br />
h( e)pilegome/nh (Ebraisti\ Bhqzaqa/ pe/nte stoa\j e)/xousa.<br />
5.3 e)n tau/taij kate/keito plh=qoj tw=n a)sqenou/ntwn,<br />
tuflw=n, xwlw=n, chrw=n. [ ]<br />
5.4 [ testo non presente nei migliori co<strong>di</strong>ci antichi ]<br />
5,1 Dopo queste (cose) ci–fu (una) festa dei Giudei<br />
e Gesù s<strong>al</strong>ì a Gerus<strong>al</strong>emme.<br />
5,2 C'è poi a Gerus<strong>al</strong>emme presso la (porta)Probatica, (una) piscina,<br />
che in–ebraico è–detta Betzatà, con cinque portici.<br />
5,3 In essi giaceva (una) moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>–infermi:<br />
ciechi, zoppi, par<strong>al</strong>itici, ([che–attendevano il movimento dell'acqua.<br />
5,4 (Un) angelo infatti secondo (il) momento (kairòs) scendeva nella piscina<br />
e agitava l'acqua;<br />
il primo dunque che–entrava dopo l'agitazione dell'acqua <strong>di</strong>ventava sano,<br />
da qu<strong>al</strong>unque m<strong>al</strong>attia fosse–prigioniero]).<br />
«Ci fu una festa dei Giudei»: le belle feste giudaiche sono per Gesù l'occasione <strong>di</strong><br />
preghiera, <strong>di</strong> gioia, <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> evangelizzazione. Pare che Gesù non ne perda una,<br />
anche se le vive in un modo <strong>di</strong>verso d<strong>al</strong>la massa <strong>della</strong> gente (cfr. 2,15). Qui l'Evangelista<br />
non precisa il nome <strong>della</strong> festa. Il fatto che non venga specificato <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>e festa si tratti e<br />
questa venga in<strong>di</strong>cata come propria dei Giudei, vuol <strong>di</strong>re che essa ormai non interessa più<br />
molto <strong>al</strong> nuovo popolo <strong>di</strong> Dio.<br />
«Gesù s<strong>al</strong>ì a Gerus<strong>al</strong>emme»: abituiamoci a vedere in questa s<strong>al</strong>ita <strong>al</strong> Monte Sion,<br />
un'elevazione. Colui che <strong>di</strong>scese è anche colui che ascese. Come sempre l'Evangelista ci<br />
fornisce le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> tempo (una festa) e <strong>di</strong> luogo (la Città <strong>San</strong>ta).<br />
«La Probatica»: è la Porta delle pecore, sul lato nordorient<strong>al</strong>e. Dava accesso ad un<br />
quartiere <strong>della</strong> città e poi <strong>al</strong> Tempio. Gesù <strong>di</strong>rà un giorno <strong>di</strong> essere lui la vera Porta delle<br />
pecore (10,7).<br />
«Che in ebraico è detta Betzatà, con cinque portici»: l'Evangelista descrive per sommi<br />
capi quella piscina, chiamata il Fosso: ha cinque portici, che la rendono agibile e<br />
accogliente. Essa, coi suoi portici, è quasi un tempio <strong>al</strong>ternativo, la cattedr<strong>al</strong>e dei poveri e<br />
dei m<strong>al</strong>ati.<br />
«Una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> infermi: ciechi, zoppi, par<strong>al</strong>itici»: l'infermità fisica è un simbolo <strong>di</strong><br />
quella interiore, la qu<strong>al</strong>e è ben più grave e <strong>di</strong>ffusa (cfr. 5,14). Nella cecità possiamo vedere<br />
la incapacità <strong>di</strong> conoscere la verità, nell'essere zoppi la <strong>di</strong>fficoltà a camminare nelle vie <strong>di</strong><br />
Dio, nella par<strong>al</strong>isi l'impossibilità <strong>di</strong> ogni progresso spiritu<strong>al</strong>e. Si tratta <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne<br />
che non può andare <strong>al</strong>la festa.<br />
83
«Un angelo...»: il v. 4 è assente nei migliori manoscritti. È <strong>di</strong>fficile stabilire oggi se<br />
l'agitazione era dovuta a un fenomeno natur<strong>al</strong>e o ad un incaricato (chiamato angelo) o ad un<br />
intervento sovrumano. Ad ogni modo, l'uso <strong>di</strong> acque guaritrici era norm<strong>al</strong>e nel mondo<br />
ebraico (cfr. Ez 47,1-12), come anche in quello pagano. Passerà anche in quello cristiano:<br />
pensiamo a Lourdes.<br />
2. DA TRENTOTTO ANNI ERA INFERMO (5,5-7)<br />
5.5 h)=n de/ tij a)/nqrwpoj e)kei=<br />
tria/konta kai\ o)ktw\ e)/th e)/xwn e)n tv= a)sqenei/# au)tou=:<br />
5.6 tou=ton i)dw\n o( )Ihsou=j katakei/menon<br />
kai\ gnou\j o(/ti polu\n h)/dh xro/non e)/xei, le/gei au)t%=,<br />
Qe/leij u(gih\j gene/sqai;<br />
5.7 a)pekri/qh au)t%= o( a)sqenw=n,<br />
Ku/rie, a)/nqrwpon ou)k e)/xw i(/na o(/tan taraxqv= to\ u(/dwr<br />
ba/lv me ei)j th\n kolumbh/qran:<br />
e)n %(= de\ e)/rxomai e)gw\, a)/lloj pro\ e)mou= katabai/nei.<br />
5,5 Ora (vi) era là un uomo<br />
che–aveva (passato) trentotto anni nella sua infermità.<br />
5,6 Gesù, vedendolo giacente<br />
e saputo che già molto tempo aveva (trascorso), gli <strong>di</strong>ce:<br />
«Vuoi <strong>di</strong>ventare sano [guarire]?».<br />
5,7 Gli rispose l'infermo:<br />
«Signore, non ho (un) uomo che,<br />
quando l'acqua è–agitata, mi getti nella piscina;<br />
(nel tempo) in cui vado io, (un) <strong>al</strong>tro scende prima–<strong>di</strong> me».<br />
«Vi era là un uomo che aveva passato trentotto anni...»: con questa m<strong>al</strong>attia<br />
(probabilmente quella più grave, la par<strong>al</strong>isi, visto il bisogno <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>cuno che lo aiuti ad<br />
entrare in acqua) quell'uomo ha convissuto praticamente tutta una vita. Ormai essa fa parte<br />
del suo modo <strong>di</strong> essere. Egli sta lì con un certo desiderio <strong>di</strong> guarire, ma anche con lo<br />
scetticismo <strong>di</strong> chi aspetta da troppo tempo e, soprattutto, con nessuna idea <strong>di</strong> cosa essere e<br />
<strong>di</strong> cosa fare, se la guarigione si verificasse.<br />
«Vedendolo giacente»: Gesù vede quell'uomo nella posizione dei morti e viene a sapere<br />
che da lunghissimo tempo (khrónos) sta in quella situazione. Il m<strong>al</strong>ato vive immerso nel<br />
tempo materi<strong>al</strong>e (il khrónos) e non gli è facile cogliere il momento in cui Dio lo visita (il<br />
kairós). Forse egli è il più veterano <strong>di</strong> tutti e rappresenta tutta quella folla sofferente e<br />
<strong>di</strong>sabile. Il periodo <strong>di</strong> 38 anni, secondo Dt 2,14, costituisce il tempo passato nel deserto<br />
d<strong>al</strong>la generazione israelita, testimone incredula dei pro<strong>di</strong>gi compiuti da Mosè.<br />
«Vuoi guarire?»: Gesù inizia il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con una domanda. Sembrerebbe una domanda<br />
inutile e invece è fondament<strong>al</strong>e: infatti in noi (sembra paradoss<strong>al</strong>e) c'è la paura <strong>di</strong> guarire. Se<br />
siamo sani per<strong>di</strong>amo chi ci compiange, chi ci aiuta. Tocca a noi portare il peso dei più<br />
deboli.<br />
«Signore, non ho un uomo che...»: l'infermo non si guarda dentro per verificare i suoi<br />
desideri interiori e non risponde <strong>al</strong>la domanda <strong>di</strong> Gesù, ma si preoccupa piuttosto <strong>di</strong> scusare<br />
se stesso. Per lui la colpa è tutta degli <strong>al</strong>tri, perché non c'è un uomo che l'aiuti. Egli poneva<br />
la sua speranza negli uomini e nell'acqua <strong>della</strong> vasca. Per comprendere quanto sia ambiguo<br />
e inaffidabile il comportamento <strong>di</strong> quest'uomo, mettiamolo a confronto con quello del cieco<br />
nato (cap. 9). Quest'ultimo si mette d<strong>al</strong>la parte <strong>di</strong> Gesù e lo <strong>di</strong>fende con coraggio senza<br />
temere le minacce dei Giudei. Non così agirà il par<strong>al</strong>itico guarito.<br />
«Un <strong>al</strong>tro scende prima»: la colpa, poi, è anche degli <strong>al</strong>tri m<strong>al</strong>ati. Per lui ognuno pensa<br />
solo a sé stesso e non si cura <strong>di</strong> lui che ha più bisogno.<br />
84
3. SUBITO DIVENTÒ SANO (5,8-9 a )<br />
5.8 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
)/Egeire a)=ron to\n kra/batto/n sou kai\ peripa/tei.<br />
5.9 kai\ eu)qe/wj e)ge/neto u(gih\j o( a)/nqrwpoj<br />
kai\ h)=ren to\n kra/batton au)tou= kai\ periepa/tei.<br />
5,8 Dice a–lui Gesù:<br />
«Sorgi, pren<strong>di</strong> il tuo giaciglio e cammina!».<br />
5,9 a E subito l'uomo <strong>di</strong>ventò sano<br />
e prese il suo giaciglio e cominciò–a–camminare.<br />
«Sorgi, pren<strong>di</strong> il tuo giaciglio e cammina»: Gesù con questi tre verbi (<strong>al</strong>l'imperativo)<br />
intende promuovere non solo una guarigione fisica, ma soprattutto un rinnovamento<br />
interiore. SORGERE: è un termine che richiama subito <strong>al</strong>la mente la risurrezione dai morti;<br />
PRENDERE: vuol <strong>di</strong>re assumersi il carico delle proprie responsabilità; CAMMINARE:<br />
significa progre<strong>di</strong>re nella via spiritu<strong>al</strong>e e nella fede (verbo usato qui quattro volte).<br />
«Subito l'uomo <strong>di</strong>ventò sano…»: la guarigione istantanea (subito) è in forte contrasto con<br />
i 38 anni <strong>della</strong> lunghissima m<strong>al</strong>attia. La parola <strong>di</strong> Gesù opera imme<strong>di</strong>atamente. Anche in<br />
questo v. abbiamo tre verbi: GUARIRE, PRENDERE e CAMMINARE (non sono però<br />
vissuti d<strong>al</strong> beneficato con quella pienezza voluta da Gesù). Il Signore risana l'uomo, il qu<strong>al</strong>e<br />
così è in grado <strong>di</strong> gestirsi da solo. In questa occasione Gesù non ha richiesto un previo atto<br />
<strong>di</strong> fede. Ha solamente domandato <strong>al</strong> m<strong>al</strong>ato (visto insistentemente nella sua qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> uomo)<br />
se avesse il desiderio <strong>di</strong> guarire e a t<strong>al</strong>e domanda l’interessato non ha nemmeno risposto.<br />
Gesù lo guarisce comunque, perché egli è venuto a guarire ogni par<strong>al</strong>isi, anche se non lo<br />
meritiamo. Questo fatto ci deve infondere una grande speranza.<br />
- II - NON PECCARE PIÙ<br />
1. QUEL GIORNO ERA SABATO (5,9b-11) )=Hn de\ sa/bbaton e)n e)kei/nv tv= h(me/r#.<br />
5.10 e)/legon ou)=n oi( )Ioudai=oi t%= teqerapeume/n%,<br />
Sa/bbato/n e)stin, kai\ ou)k e)/cesti/n soi a) =rai to\n kra/batto/n sou.<br />
5.11 o( de\ a)pekri/qh au)toi=j,<br />
(O poih/saj me u(gih= e)kei=no/j moi ei)=pen,<br />
)=Aron to\n kra/batto/n sou kai\ peripa/tei.<br />
5,9 b Era però Sabato in quel giorno.<br />
5,10 Dicevano perciò i Giudei <strong>al</strong> guarito:<br />
«È Sabato e non ti è–lecito portare il tuo giaciglio!».<br />
5,11 Costui però rispose loro:<br />
«Chi mi ha–fatto (<strong>di</strong>ventare) sano, egli mi ha–detto:<br />
Pren<strong>di</strong> il tuo giaciglio e cammina!».<br />
«Era... Sabato»: perché Gesù sceglie il Sabato come il giorno <strong>della</strong> guarigione e <strong>della</strong><br />
vita? Perché vuole far capire che i SEGNI che compie hanno un carattere <strong>di</strong> festa e <strong>di</strong><br />
santità. Vuole infatti che tutti i m<strong>al</strong>ati e gli esclusi partecipino <strong>al</strong>la festa e <strong>al</strong> vero riposo<br />
sabbatico. Inoltre, perché questi pro<strong>di</strong>gi sono opere del Padre, che sempre agisce a favore<br />
dell’uomo (5,17).<br />
«Non ti è lecito portare il tuo giaciglio»: i Giudei non capiscono il v<strong>al</strong>ore simbolico che<br />
Gesù voleva attribuire <strong>al</strong> gesto <strong>di</strong> portare il proprio lettuccio (un’azione che in<strong>di</strong>ca la vittoria<br />
su tutto quello che ci inchioda e ci immobilizza nello spirito). Nel loro leg<strong>al</strong>ismo, non sanno<br />
far <strong>al</strong>tro che scand<strong>al</strong>izzarsi e condannare.<br />
«Egli mi ha detto: Pren<strong>di</strong> il tuo giaciglio...»: anche in questo caso l'infermo si scusa<br />
dando la colpa a quel t<strong>al</strong>e che l'aveva guarito. Dei tre coman<strong>di</strong> ricorda solo gli ultimi due; si<br />
<strong>di</strong>mentica il princip<strong>al</strong>e: Alzati! Delle tre parole non tiene conto <strong>di</strong> quella più pro<strong>di</strong>giosa:<br />
Sorgi!<br />
85
2. IL GUARITO NON SAPEVA CHI ERA (5,12-13)<br />
5.12 h)rw/thsan ou)=n au)to/n,<br />
Ti/j e)stin o( a)/nqrwpoj o( ei)pw/n soi, )=Aron kai\ peripa/tei;<br />
5.13 o( de\ i)aqei\j ou)k v)/dei ti/j e)stin,<br />
o( ga\r )Ihsou=j e)ce/neusen o)/xlou o)/ntoj e)n t%= to/p%.<br />
5,12 Lo interrogarono dunque:<br />
«Chi è l'uomo che ti ha–detto: Pren<strong>di</strong> e cammina?».<br />
5,13 Ma il guarito non sapeva chi fosse.<br />
Infatti Gesù si–era–<strong>al</strong>lontanato, essendoci folla nel luogo.<br />
«Chi è l'uomo che... ?»: ai Giudei non interessa il fatto <strong>della</strong> guarigione, cioè “il<br />
beneficio recato ad un uomo” (Atti 4,9). Non indagano su questo: glissano la questione,<br />
cercando così <strong>di</strong> sminuirla. Il fatto che Dio intervenga nella storia <strong>di</strong> un uomo per vivificarlo<br />
non è e non dev’essere per loro un segno importante. Anche per loro non conta che Gesù lo<br />
abbia fatto SORGERE. La loro attenzione si fissa su quel comando illecito: PRENDI e<br />
CAMMINA, che faceva violare il Sabato <strong>al</strong>l'uomo guarito e che <strong>di</strong>mostrava loro che la<br />
parola SORGI non era un'opera <strong>di</strong> Dio, ma una trasgressione <strong>della</strong> legge. Per loro Gesù è un<br />
semplice uomo e non un profeta.<br />
«Non sapeva chi fosse»: incre<strong>di</strong>bile, ma vero. Il guarito non si cura nemmeno <strong>di</strong> sapere<br />
chi sia un benefattore così grande. Questa ignoranza gli fa comodo: lo s<strong>al</strong>va d<strong>al</strong><br />
compromettersi con il Cristo e lo esonera d<strong>al</strong> prendere decisioni a suo favore.<br />
«Si era <strong>al</strong>lontanato...»: è nello stile <strong>di</strong> Gesù non mettersi in mostra davanti <strong>al</strong>la folla<br />
(evita la popolarità superfici<strong>al</strong>e).<br />
3. GESÙ LO TROVÒ NEL TEMPIO (5,14-15)<br />
5.14 meta\ tau=ta eu(ri/skei au)to\n o( )Ihsou=j e)n t%= i(er%= kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
)/Ide u(gih\j ge/gonaj.<br />
mhke/ti a(ma/rtane, i(/na mh\ xei=ro/n soi/ ti ge/nhtai.<br />
5.15 a)ph=lqen o( a) /nqrwpoj kai\ a)nh/ggeilen toi=j )Ioudai/oij o(/ti<br />
)Ihsou=j e)stin o( poih/saj au)to\n u(gih=.<br />
5,14 Dopo queste (cose) Gesù lo trovò nel tempio e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Ecco, sei–<strong>di</strong>ventato sano;<br />
non peccare (più), perché <strong>di</strong>–peggio non ti accada!».<br />
5,15 Quell'uomo andò e annunciò ai Giudei che<br />
era Gesù che l'aveva–fatto (<strong>di</strong>ventare) sano.<br />
«Gesù lo trovò nel tempio»: Gesù va <strong>al</strong> tempio come luogo santo <strong>della</strong> presenza del<br />
Padre e come casa <strong>della</strong> preghiera. Anche il miracolato ci va, camminando sulle sue gambe<br />
che da poco hanno ripreso vigore, per partecipare <strong>al</strong>la festa <strong>di</strong> tutti. Era passato dai portici<br />
<strong>della</strong> sofferenza a quelli <strong>della</strong> gioia e <strong>della</strong> lode. Egli però è un peccatore che ancora non ha<br />
preso coscienza del suo vero m<strong>al</strong>e. Gesù l'ha guarito nel fisico, ma non l'ha ancora potuto<br />
guarire nello spirito.<br />
«Ecco, sei <strong>di</strong>ventato sano»: il Signore non attribuisce a sé il merito <strong>di</strong> quel pro<strong>di</strong>gio.<br />
«Non peccare più»: Gesù, che vede in profon<strong>di</strong>tà, come nel caso <strong>della</strong> Samaritana, sa che<br />
quell'uomo è prigioniero del m<strong>al</strong>e mor<strong>al</strong>e. Egli, come me<strong>di</strong>co premuroso, ne vuole curare la<br />
coscienza per completare la sua opera e dare senso pieno <strong>al</strong>la guarigione del corpo. Questo<br />
era lo scopo preminente <strong>di</strong> Gesù, che <strong>di</strong> Sabato, il giorno santo, lo aveva ri<strong>al</strong>zato. Il peccato<br />
è una par<strong>al</strong>isi peggiore <strong>di</strong> quella fisica. Cristo gli offre il perdono e lo invita a non peccare<br />
più, perché possa camminare spe<strong>di</strong>tamente nelle vie <strong>della</strong> fede. Purtroppo la guarigione del<br />
cuore è la cosa più <strong>di</strong>fficile: quell'uomo non era abituato a gestirsi da solo, a progettare il<br />
proprio futuro e ad essere in<strong>di</strong>pendente. In tutto il racconto troviamo molte an<strong>al</strong>ogie con la<br />
guarigione del par<strong>al</strong>itico raccontata dai Sinottici (Mt 9,1 ss.).<br />
86
«Andò e annunciò ai Giudei che era Gesù che l'aveva fatto <strong>di</strong>ventare sano»: la paura dei<br />
Giudei e delle loro minacce ha il suo effetto. Quell'uomo preferisce accattivarsi la simpatia<br />
dei potenti che stare d<strong>al</strong>la parte <strong>di</strong> Cristo, il qu<strong>al</strong>e oltre tutto l'aveva messo in una situazione<br />
imbarazzante <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>le autorità. Queste avevano <strong>di</strong>chiarato illecito il portare un lettuccio<br />
sulle sp<strong>al</strong>le nel giorno del Riposo sabbatico. In pratica egli, con le gambe che il Signore gli<br />
ha rinvigorito, va spontaneamente ad informare i Giudei che l'uomo sconosciuto è Gesù. Fa<br />
questo <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> evitare guai person<strong>al</strong>i, senza curarsi <strong>della</strong> preve<strong>di</strong>bile persecuzione che sta<br />
per scatenarsi contro il suo benefattore (ben <strong>di</strong>versa sarà la reazione del cieco nato, che<br />
parlerà <strong>di</strong> lui per annunciare e non per denunciare e pagherà <strong>di</strong> persona: cfr. il cap. 9).<br />
Tuttavia, senza che egli lo voglia, la sua delazione rimane, in sé, un meraviglioso annuncio<br />
(e così la chiama l’Evangelista): Gesù, (qui chiamato con il nome, che vuol <strong>di</strong>re: Dio S<strong>al</strong>va)<br />
fa <strong>di</strong>ventare sano tutto l'essere umano! (Il verbo fare in<strong>di</strong>ca una capacità creatrice). Dio<br />
Padre in Gesù rinnova la sua creazione.<br />
CONCLUSIONE<br />
L'ACQUA <strong>di</strong> Betzatà non era riuscita in 38 anni a guarire quell'infermo. Cristo, vera<br />
ACQUA guaritrice e purificatrice, lo ha inondato in modo straor<strong>di</strong>nario. Questo segno è<br />
profezia <strong>della</strong> risurrezione fin<strong>al</strong>e, inaugurazione del grande Sabato <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza e<br />
prefigurazione del Battesimo.<br />
Riferendosi a questo miracolo, Gesù spiegherà ai Giudei: 7 21 «Una sola opera ho fatto e<br />
tutti vi stupite... 23 Se un uomo riceve la circoncisione <strong>di</strong> Sabato, perché non sia trasgre<strong>di</strong>ta<br />
la legge <strong>di</strong> Mosè, vi in<strong>di</strong>gnate con me, perché un uomo intero ho fatto <strong>di</strong>ventare sano <strong>di</strong><br />
Sabato? 24 Non giu<strong>di</strong>cate secondo l'apparenza, ma con il giusto giu<strong>di</strong>zio giu<strong>di</strong>cate!».<br />
Questa precisazione ci fa capire che l'intento <strong>di</strong> Gesù, guarendo il par<strong>al</strong>itico <strong>di</strong> Sabato,<br />
era quello <strong>di</strong> far capire che il suo era un gesto sacro <strong>di</strong> purificazione e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza, come lo<br />
era il rito <strong>della</strong> circoncisione che veniva praticato perciò anche <strong>di</strong> Sabato (Nella prossima<br />
Unità troveremo <strong>al</strong>tre motivazioni).<br />
Il Signore, vera PORTA delle pecore, ha voluto far uscire e portare in s<strong>al</strong>vo il m<strong>al</strong>ato.<br />
Peccato che questi non abbia capito l'amore che l'aveva visitato, il tempo (il kairós) <strong>della</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza! Ci troviamo dunque <strong>di</strong> fronte a un miracolo non meritato e, quel che è peggio, non<br />
ben capito e usato m<strong>al</strong>e. Pesanti conseguenze si prospettano per Gesù. Eppure egli non<br />
rinuncia a compiere questo gesto <strong>di</strong> buon samaritano per guarire il corpo e liberare l'anima<br />
d<strong>al</strong> peccato e d<strong>al</strong>l’ignoranza.<br />
Ancor oggi Gesù sicuramente, non badando <strong>al</strong>l'ingratitu<strong>di</strong>ne, <strong>al</strong>l'abuso delle sue grazie,<br />
<strong>al</strong>la nostra incomprensione, continua a beneficarci.<br />
Notiamo infine che, a partire d<strong>al</strong> cap. 3, il Maestro si è incontrato ormai con quattro<br />
categorie <strong>di</strong> persone:<br />
con un capo dei Giudei (Nicodemo, fariseo <strong>di</strong> stretta ortodossia);<br />
con una donna samaritana (appartenente ad una etnia considerata eretica);<br />
con un funzionario pagano, capofamiglia in pena per il figlio morente;<br />
con un uomo (così viene chiamato per 3 volte), par<strong>al</strong>izzato e poi guarito, senza famiglia e<br />
senza risorse. Quest'ultimo è l'unico che non gli va incontro: è il Signore che per ben due<br />
volte lo trova nel suo cammino <strong>di</strong> ricerca degli ultimi. Tra poco Gesù verrà costretto a<br />
giustificare il suo operato e a chiarire la sua vera identità <strong>di</strong> Figlio Unigenito del Padre, in<br />
un contesto <strong>di</strong> aspra polemica.<br />
Questo episo<strong>di</strong>o può servire per una catechesi battesim<strong>al</strong>e e penitenzi<strong>al</strong>e.<br />
87
IL PADRE E IL FIGLIO VIVIFICANO Unità 10<br />
Le prove e le testimonianze a favore del Figlio (Gv 5,16-47)<br />
Subito dopo il segno <strong>di</strong> Betzatà Gesù è costretto a giustificare la sua opera rivelando se<br />
stesso come Figlio ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre. Per noi questo brano è un'occasione per conoscere<br />
meglio il Cristo ed uno stimolo per deciderci sempre più a suo favore.<br />
Si può <strong>di</strong>videre questa Unità in tre parti: dopo aver detto che il suo modo <strong>di</strong> agire è<br />
ugu<strong>al</strong>e a quello del Padre, poiché egli è il Figlio (I parte: annuncio), Gesù afferma che il<br />
Padre gli rende la più autorevole testimonianza (II: <strong>di</strong>fesa) e che i ribelli <strong>al</strong>la fine saranno<br />
accusati da Mosè per la loro incredulità (III: ammonimento). Questo modo <strong>di</strong> procedere<br />
rivela una sapiente pedagogia atta ad educare gli ascoltatori <strong>al</strong>la pienezza <strong>della</strong> fede.<br />
- I - IL FIGLIO È UGUALE AL PADRE<br />
Gesù vuole spiegare il suo modo <strong>di</strong> agire rivelando la sua vera identità <strong>di</strong> Figlio ugu<strong>al</strong>e a<br />
Dio Padre.<br />
1. DICEVA DIO PROPRIO PADRE (5,16-18)<br />
5.16 kai\ <strong>di</strong>a\ tou=to e)<strong>di</strong>/wkon oi( )Ioudai=oi to\n )Ihsou=n,<br />
o(/ti tau=ta e)poi/ei e)n sabba/t%.<br />
5.17 o( de\ )Ihsou=j a)pekri/nato au)toi=j,<br />
(O path/r mou e(/wj a)/rti e)rga/zetai, ka)gw\ e)rga/zomai.<br />
5.18 <strong>di</strong>a\ tou=to ou)=n ma=llon e)zh/toun au)to\n oi( )Ioudai=oi a)poktei=nai,<br />
o(/ti ou) mo/non e)/luen to\ sa/bbaton,<br />
a)lla\ kai\ pate/ra i)/<strong>di</strong>on e)/legen to\n qeo/n i)/son e(auto\n poiw=n t%= qe%=.<br />
5,16 E per questo i Giudei perseguitavano Gesù,<br />
perché queste (cose) faceva <strong>di</strong> Sabato.<br />
5,17 Ma Gesù rispose loro:<br />
«Il Padre mio fino–ad ora opera e–anch'io opero!».<br />
5,18 Per questo dunque i Giudei cercavano ancor–più <strong>di</strong> ucciderlo,<br />
perché non solo violava il Sabato,<br />
ma anche <strong>di</strong>ceva Dio proprio Padre, facendo se–stesso ugu<strong>al</strong>e a Dio.<br />
«Perseguitavano Gesù»: la persecuzione, derivante innanzi tutto da un giu<strong>di</strong>zio negativo<br />
sull'opera e la persona <strong>di</strong> Gesù, consisteva nello scoraggiare la gente nell'ascoltarlo e<br />
seguirlo, nel pe<strong>di</strong>narlo per controllare il suo insegnamento e le sue azioni, nell'affrontarlo<br />
davanti a tutti criticandolo e cercando <strong>di</strong> fargli fare brutta figura con domande-tranello, nel<br />
complottare contro <strong>di</strong> lui per ucciderlo.<br />
«Perché queste cose faceva <strong>di</strong> Sabato»: per essi i segni fatti da Gesù (chiamati cose)<br />
erano da considerare come gravi violazioni del terzo comandamento <strong>di</strong>vino (veri peccati:<br />
cfr. 9,16). Quel che è peggio, il Maestro incitava gli <strong>al</strong>tri a fare <strong>al</strong>trettanto. I <strong>di</strong>rigenti si<br />
preoccupavano che venisse rispettato soprattutto il terzo comandamento perché per loro era<br />
uno dei mo<strong>di</strong> princip<strong>al</strong>i con cui il popolo <strong>di</strong>mostrava obbe<strong>di</strong>enza <strong>al</strong>la tra<strong>di</strong>zione, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e<br />
essi si servivano per sottometterlo <strong>al</strong> loro potere. La trasgressione <strong>di</strong> quella norma, anche se<br />
fatta a causa <strong>di</strong> una religiosità più liberante o per motivi umanitari, veniva interpretata dai<br />
capi come una volontà <strong>di</strong> sottrarsi anzitutto <strong>al</strong> loro potere. Essi, infatti, con la scusa<br />
dell'onore <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong>fendevano i loro privilegi e la loro istituzione.<br />
«Il Padre mio... opera e anch'io opero!»: questa è la lapidaria risposta data da Gesù per<br />
spiegare il vero motivo per cui egli compie quei SEGNI <strong>di</strong> Sabato. Egli inizia parlando<br />
subito del Padre suo e <strong>di</strong>chiara, senza equivoci, <strong>di</strong> partecipare in ogni momento <strong>al</strong>la sua<br />
opera <strong>di</strong> creazione e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. L'attività <strong>di</strong> Gesù coincide con quella del Padre. Egli, che<br />
mette il Padre sempre <strong>al</strong> primo posto, lo chiama Padre mio, come aveva già fatto in<br />
89
occasione <strong>della</strong> cacciata dei ven<strong>di</strong>tori d<strong>al</strong> tempio (2,16). Per quanto ci riguarda, siamo<br />
capaci <strong>di</strong> scorgere la continua e misteriosa opera <strong>di</strong> Dio e del Figlio suo nella nostra vita?<br />
«Per questo dunque i Giudei cercavano ancor più <strong>di</strong> ucciderlo»: per la prima volta<br />
l'Evangelista ci informa che i capi del popolo pensano <strong>al</strong>l’uccisione. Non vedono <strong>al</strong>tra<br />
strada che quella <strong>di</strong> far perire il Signore. Si tratta <strong>di</strong> una volontà omicida che andrà<br />
crescendo fino <strong>al</strong> verdetto decisivo (11,50). Ed infatti, o doveva soccombere il loro potere<br />
politico e religioso o doveva essere eliminato il Cristo. I suoi avversari non sanno pensare<br />
ad <strong>al</strong>tro che <strong>al</strong>la morte, mentre lui non farà che annunciare e <strong>di</strong>ffondere vita e risurrezione.<br />
«Perché non solo violava il Sabato»: il giu<strong>di</strong>zio dei capi è volutamente esagerato. Il<br />
Maestro, secondo loro, profanerebbe l’essenza stessa del Sabato. In re<strong>al</strong>tà egli ne contestava<br />
solo le interpretazioni mortificanti, per restituirlo ai suoi veri e originari v<strong>al</strong>ori.<br />
«Ma anche <strong>di</strong>ceva Dio proprio Padre»: Gesù sente il dovere <strong>di</strong> rivelare loro la verità<br />
<strong>della</strong> sua relazione fili<strong>al</strong>e col Padre. Egli è il Figlio che si comporta ed agisce esattamente<br />
come Dio Padre, il qu<strong>al</strong>e opera sempre, non escluso il Sabato.<br />
«Facendo se stesso ugu<strong>al</strong>e a Dio»: Gesù non smentisce questa conclusione inau<strong>di</strong>ta, a<br />
cui arrivano i Giudei. Per loro si tratta <strong>di</strong> una pretesa assurda e blasfema, da punire con la<br />
pena <strong>di</strong> morte; per noi <strong>di</strong> una grande e meravigliosa Verità, da accogliere nella fede. È<br />
proprio il fatto che Gesù, in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, faccia intendere con chiarezza <strong>di</strong> essere ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong><br />
Padre, nonostante il pericolo che corre, quello che ci convince ancor più <strong>della</strong> grande verità<br />
che ormai Dio non è più separabile da Cristo e che solo in lui egli si rivela e si comunica<br />
pienamente.<br />
2. IL PADRE AMA IL FIGLIO (5,19-20)<br />
5.19 )Apekri/nato ou)=n o( )Ihsou=j kai\ e)/legen au)toi=j,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
ou) du/natai o( ui(o\j poiei=n a)f' e(autou= ou)de\n<br />
e)a\n mh/ ti ble/pv to\n pate/ra poiou=nta:<br />
a(\ ga\r a)\n e)kei=noj poiv=, tau=ta kai\ o( ui(o\j o(moi/wj poiei=.<br />
5.20 o( ga\r path\r filei= to\n ui(o\n<br />
kai\ pa/nta dei/knusin au)t%= a(\ au)to\j poiei=,<br />
kai\ mei/zona tou/twn dei/cei au)t%= e)/rga,<br />
i(/na u(mei=j qauma/zhte.<br />
5,19 Rispose dunque Gesù e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
non può il Figlio far nulla da se–stesso,<br />
se non ciò–che vede (che) il Padre fa;<br />
quelle (cose) infatti (che) egli fa, queste anche il Figlio similmente fa.<br />
5,20 Il Padre infatti ama il Figlio<br />
e gli mostra tutte (le cose) che egli fa<br />
e gli mostrerà opere maggiori <strong>di</strong>–queste,<br />
affinché voi siate–stupiti.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi...»: questa è una formula ebraica che sottolinea la serietà con cui<br />
il Signore parla e, nel contempo, in<strong>di</strong>ca che egli si aspetta da noi una risposta <strong>di</strong> fede.<br />
«Non può il Figlio far nulla da se stesso, se non ciò che vede che il Padre fa»: Gesù,<br />
riconoscendo innanzi tutto la sua tot<strong>al</strong>e <strong>di</strong>pendenza d<strong>al</strong> Padre e d<strong>al</strong>la sua volontà, vuole<br />
aiutare i suoi avversari a non pensare che egli si arroghi abusivamente poteri <strong>di</strong>vini per<br />
orgoglio. La guarigione del par<strong>al</strong>itico è da attribuire innanzi tutto <strong>al</strong> Padre e non a lui. Il<br />
verbo fare (poiéo: 5 x) qui contiene soprattutto l'idea <strong>di</strong> capacità creatrice (cfr. 1,2).<br />
«Il Figlio similmente fa...»: il Figlio fa solo quello che anche il Padre fa: l'attività del<br />
Cristo si identifica con quella <strong>di</strong> Dio Padre e viceversa. Possiamo in<strong>di</strong>viduare nei v. 19-20<br />
una parabola nascosta, che potrebbe essere formulata così: «Il figlio non sa fare quello che il<br />
padre suo invece re<strong>al</strong>izza. Il padre, però, d<strong>al</strong> momento che ama il figlio, gli mostra tutto con<br />
90
cura, anche i segreti più gelosi del mestiere. Il figlio vede e anche lui impara a re<strong>al</strong>izzare le<br />
stesse cose che il padre compie». L'idea <strong>di</strong> presentare la verità, desumendola d<strong>al</strong>la vita<br />
familiare, serve a rendere le sue parole più comprensibili e cre<strong>di</strong>bili, anche per coloro che<br />
sono scand<strong>al</strong>izzati d<strong>al</strong> suo comportamento e d<strong>al</strong>le sue affermazioni.<br />
«Il Padre infatti ama il Figlio...»: l'amore del Padre per il Figlio (tema fondament<strong>al</strong>e) è<br />
il vero motivo per il qu<strong>al</strong>e il Padre tutto rivela <strong>al</strong> Figlio, affinché questi operi come lui ed<br />
insieme a lui. La guarigione-risurrezione del m<strong>al</strong>ato <strong>di</strong> Betzatà va vista quin<strong>di</strong> come un atto<br />
<strong>di</strong> amore del Padre verso il Figlio e verso tutti i figli sofferenti.<br />
«Gli mostrerà opere maggiori... affinché voi siate stupiti»: l'opera che meraviglierà gli<br />
avversari <strong>di</strong> Gesù e non solo loro, sarà la RISURREZIONE dei morti (anticipata in quella <strong>di</strong><br />
Cristo stesso), <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e la guarigione, contestata dai farisei, era un piccolo segno<br />
anticipatore. Tutti i miracoli convergono verso la risurrezione. È entusiasmante sentire Gesù<br />
che promette sorprese ulteriori (cfr. 1,50; 3,7). Una fede senza meraviglia, non è perfetta.<br />
«... <strong>di</strong> queste»: Gesù ci vuol far capire che anche la guarigione del m<strong>al</strong>ato <strong>di</strong> Betzatà è<br />
un'opera che il Padre mostra <strong>al</strong> Figlio, meravigliando gli uomini (cfr. 7,21). Tutti i segni<br />
finora operati (da non considerare portenti, perché ne arriveranno <strong>di</strong> ben più gran<strong>di</strong>) sono<br />
manifestazione dell'amore del Padre per Gesù. Il Maestro cerca veramente <strong>di</strong> aiutare i suoi<br />
ascoltatori a comprendere che in lui è <strong>al</strong>l'opera l'amore <strong>di</strong> Dio. Egli non sta offendendo Dio,<br />
ma ne sta rivelando il cuore e l'intervento amorevole per il mondo intero.<br />
3. È ADESSO L'ORA IN CUI IL FIGLIO VIVIFICA (5,21-25)<br />
5.21 w(/sper ga\r o( path\r e)gei/rei tou\j nekrou\j kai\ z%opoiei=,<br />
ou(/twj kai\ o( ui(o\j ou(\j qe/lei z%opoiei=.<br />
5.22 ou)de\ ga\r o( path\r kri/nei ou)de/na,<br />
a)lla\ th\n kri/sin pa=san de/dwken t%= ui(%=,<br />
5.23 i(/na pa/ntej timw=si to\n ui(o\n kaqw\j timw=si to\n pate/ra.<br />
o( mh\ timw=n to\n ui(o\n ou) tim#= to\n pate/ra to\n pe/myanta au)to/n.<br />
5.24 )Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti<br />
o( to\n lo/gon mou a)kou/wn kai\ pisteu/wn t%= pe/myanti/ me<br />
e)/xei zwh\n ai)w/nion kai\ ei)j kri/sin ou)k e)/rxetai,<br />
a)lla\ metabe/bhken e)k tou= qana/tou ei)j th\n zwh/n.<br />
5.25 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti e)/rxetai w(/ra kai\ nu=n e)stin<br />
o(/te oi( nekroi\ a)kou/sousin th=j fwnh=j tou= ui(ou= tou= qeou=<br />
kai\ oi( a)kou/santej zh/sousin.<br />
5,21 Come infatti il Padre risuscita i morti e (li) vivifica,<br />
così anche il Figlio, coloro–che vuole, vivifica.<br />
5,22 Il Padre infatti non giu<strong>di</strong>ca nessuno,<br />
ma ogni giu<strong>di</strong>zio ha–dato <strong>al</strong> Figlio,<br />
5,23 affinché tutti onorino il Figlio, come onorano il Padre.<br />
Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha–inviato.<br />
5,24 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
Chi ascolta la mia parola e crede a–colui–che mi ha–inviato,<br />
ha (la) vita eterna e non va verso (il) giu<strong>di</strong>zio,<br />
ma è–passato d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la vita.<br />
5,25 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi, viene l'Ora ed è adesso,<br />
quando i morti ascolteranno la voce del Figlio <strong>di</strong>–Dio<br />
e coloro, che–hanno–ascoltato, vivranno.<br />
«Come il Padre risuscita i morti... così anche...»: la risurrezione è la grande opera <strong>di</strong> cui<br />
meravigliarsi ed è re<strong>al</strong>izzata d<strong>al</strong> Padre e anche d<strong>al</strong> Figlio.<br />
«Il Figlio, chi vuole, vivifica»: se solo Dio può far risorgere i morti e Cristo li fa<br />
risorgere, <strong>al</strong>lora egli è partecipe <strong>di</strong> un potere <strong>di</strong>vino, esercitato con piena e sovrana libertà<br />
(chi vuole), ma senza <strong>di</strong>spotismi, perché la volontà del Figlio è compiere quella<br />
amabilissima del Padre. La prossima affermazione, mentre da una parte fornisce il perché<br />
91
Gesù può vivificare chi vuole, d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra spiega che il dono <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza e <strong>della</strong> vita è fatto<br />
in base ad un giusto giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>vino.<br />
«Il Padre infatti non giu<strong>di</strong>ca nessuno»: il Padre ama il mondo e non vuole usare il suo<br />
potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce nei confronti degli oppositori del Figlio (3,16).<br />
«Ogni giu<strong>di</strong>zio ha dato <strong>al</strong> Figlio»: cfr. 27. Gesù, mentre <strong>di</strong>chiara con forza <strong>di</strong> avere il<br />
potere <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care gli uomini, desidera affermare che questo potere gli è stato<br />
donato da Dio. Egli cerca accuratamente <strong>di</strong> far capire che tutto gli proviene d<strong>al</strong> Padre. In<br />
questo momento, mentre pronuncia queste parole, egli sta facendo un <strong>di</strong>scernimento, sta<br />
emettendo un giu<strong>di</strong>zio (cfr. 3,18; 12,31) e sta chiedendo una presa <strong>di</strong> posizione a suo favore.<br />
«Affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre»: infatti, come abbiamo sentito,<br />
anche il Figlio ha due fondament<strong>al</strong>i poteri <strong>di</strong>vini (1° vivificare, 2° giu<strong>di</strong>care). Per questo il<br />
Figlio va onorato nella stessa misura e maniera con la qu<strong>al</strong>e si deve onorare il Padre (con la<br />
vera adorazione in spirito e verità). In t<strong>al</strong> modo, poi, si onora il Padre stesso.<br />
«Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha inviato»: infatti, solo onorando il<br />
Figlio, per mezzo <strong>della</strong> fede nella sua <strong>di</strong>vinità e dell'obbe<strong>di</strong>enza <strong>al</strong>le sue parole, si manifesta<br />
stima verso il Padre, che lo ama e che lo invia a noi, come segno <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>retta presenza.<br />
Per questo motivo (e non per amore <strong>di</strong> gloria) Gesù si premura <strong>di</strong> ottenere il giusto onore.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi...»: Gesù ripete per la seconda volta questa formula solenne per<br />
dare <strong>al</strong>la sua parola il massimo <strong>della</strong> forza (cfr. 19.24.25).<br />
«Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha inviato, ha la vita e non va verso il<br />
giu<strong>di</strong>zio»: l'ascolto <strong>della</strong> PAROLA <strong>di</strong> Gesù equiv<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la FEDE nel Padre (perché essi sono<br />
un solo Dio) ed ha come effetto l'ottenimento <strong>della</strong> VITA ETERNA, che libera d<strong>al</strong><br />
GIUDIZIO <strong>di</strong> condanna e d<strong>al</strong>la MORTE.<br />
«Ma è passato d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la vita»: Gesù invita tutti a passare (a compiere l'Esodo)<br />
d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la vita, d<strong>al</strong>le tenebre <strong>al</strong>la luce.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi...»: le affermazioni <strong>di</strong> Gesù si fanno sempre più impegnative.<br />
«Viene l'Ora ed è adesso»: Gesù afferma nuovamente che l'Ora, intesa nel suo senso<br />
positivo e glorioso, è già attu<strong>al</strong>e (cfr. 4,23). Quella intesa in senso negativo e doloroso (la<br />
Passione), deve ancora arrivare.<br />
«Quando i morti ascolteranno la voce del Figlio <strong>di</strong> Dio...»: l'Ora (presente) è quella in<br />
cui i morti (in senso spiritu<strong>al</strong>e, cioè i non credenti) stanno per ascoltare la voce del Figlio e<br />
rivivere, passando d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la vita nuova (24). Ma non solo: in effetti, anche <strong>al</strong>cuni<br />
morti (più o meno completamente) nel corpo, saranno rivit<strong>al</strong>izzati, come è avvenuto per il<br />
figlio del funzionario e per il par<strong>al</strong>itico <strong>di</strong> Betzatà o come avverà per Lazzaro.<br />
«E coloro, che hanno ascoltato, vivranno»: in definitiva, Gesù che cosa esige e che cosa<br />
promette? Esige l'ONORE <strong>di</strong>vino per lui (il Figlio vivificatore e giu<strong>di</strong>ce); promette la VITA<br />
e la RISURREZIONE per chi crede nella sua parola.<br />
4. VIENE L'ORA DELLA RISURREZIONE FINALE (5,26-30)<br />
5.26 w(/sper ga\r o( path\r e)/xei zwh\n e)n e(aut%=,<br />
ou(/twj kai\ t%= ui(%= e)/dwken zwh\n e)/xein e)n e(aut%=.<br />
5.27 kai\ e)cousi/an e)/dwken au)t%= kri/sin poiei=n,<br />
o(/ti ui(o\j a)nqrw/pou e)sti/n.<br />
5.28 mh\ qauma/zete tou=to, o(/ti e)/rxetai w(/ra e)n v(=<br />
pa/ntej oi( e)n toi=j mnhmei/oij a)kou/sousin th=j fwnh=j au)tou=<br />
5.29 kai\ e)kporeu/sontai, oi( ta\ a)gaqa\ poih/santej ei)j a)na/stasin zwh=j,<br />
oi( de\ ta\ fau=la pra/cantej ei)j a)na/stasin kri/sewj.<br />
5.30 Ou) du/namai e)gw\ poiei=n a)p' e)mautou= ou)de/n: kaqw\j a)kou/w kri/nw,<br />
kai\ h( kri/sij h( e)mh\ <strong>di</strong>kai/a e)sti/n,<br />
o(/ti ou) zhtw= to\ qe/lhma to\ e)mo\n a)lla\ to\ qe/lhma tou= pe/myanto/j me.<br />
5,26 Come infatti il Padre ha (la) vita in se–stesso,<br />
così anche <strong>al</strong> Figlio ha–dato (<strong>di</strong>) avere vita in se–stesso<br />
5,27 e potere ha–dato a–lui (<strong>di</strong>) fare (il) giu<strong>di</strong>zio<br />
perché è (il) Figlio de(ll')Uomo.<br />
92
5,28 Non (vi) stupisca questo, perché viene l'Ora nella qu<strong>al</strong>e<br />
tutti quelli (che sono) nei sepolcri, udranno la sua voce<br />
5,29 e usciranno; coloro che–han–fatto le (cose) buone, verso (una) risurrezione <strong>di</strong>–vita,<br />
coloro che–han–fatto le (cose) cattive, verso (una) risurrezione <strong>di</strong>–condanna.<br />
5,30 Non posso io far nulla da me–stesso; come ascolto, giu<strong>di</strong>co,<br />
e il giu<strong>di</strong>zio, il mio, è giusto,<br />
perché non cerco la volontà, la mia, ma la volontà <strong>di</strong>–chi mi ha–inviato.<br />
«Come il Padre ha vita in se stesso, così...»: Gesù riba<strong>di</strong>sce nuovamente l'uguaglianza<br />
tra il Padre e il Figlio, nel possesso e nel dono <strong>della</strong> cosa più importante: la vita (cfr. v. 21).<br />
«Al Figlio ha dato <strong>di</strong> avere vita in se stesso»: il Figlio però, nella sua infinita umiltà, sa e<br />
ammette <strong>di</strong> ricevere la vita come dono, ma si tratta <strong>di</strong> un dono che non lo fa inferiore <strong>al</strong><br />
Padre, perché anche lui è fonte <strong>di</strong>vina <strong>della</strong> vita.<br />
«Potere (’exusía) ha dato a lui <strong>di</strong> fare il giu<strong>di</strong>zio»: inoltre il Figlio ha il potere <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>care. Parlando <strong>di</strong> potere giu<strong>di</strong>zi<strong>al</strong>e, Gesù esplicita meglio il pensiero già espresso nel v.<br />
22, nel qu<strong>al</strong>e affermava <strong>di</strong> aver ricevuto il giu<strong>di</strong>zio.<br />
«Perché è il Figlio dell'Uomo»: ora Gesù fornisce anche una nuova motivazione. Egli<br />
dunque è giu<strong>di</strong>ce perché è insieme vero Dio e vero Uomo. Figlio dell'Uomo è il titolo che<br />
Gesù Messia (sulla scia dei profeti, soprattutto <strong>di</strong> Daniele 7,13) assume per in<strong>di</strong>care la sua<br />
umanità me<strong>di</strong>atrice, <strong>di</strong>vinizzata d<strong>al</strong> fatto <strong>di</strong> essere contemporaneamente il Figlio Unigenito<br />
del Padre.<br />
«Non vi stupisca questo, perché viene l'Ora...»: questa Ora può non essere imme<strong>di</strong>ata.<br />
Sarà una delle gran<strong>di</strong> sorprese che il futuro ci riserva. Per questo sarà anticipata<br />
simbolicamente d<strong>al</strong>la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro e re<strong>al</strong>mente da quella <strong>di</strong> Cristo stesso.<br />
«Tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce»: ora il Maestro parla<br />
chiaramente <strong>della</strong> risurrezione corpor<strong>al</strong>e <strong>di</strong> tutti <strong>al</strong>la fine del mondo, operata d<strong>al</strong>la stessa<br />
voce che risuona in quel momento ai loro orecchi. Non metteremo mai abbastanza in ris<strong>al</strong>to<br />
l'importanza <strong>di</strong> questo annuncio escatologico.<br />
«Coloro che hanno fatto le cose buone, verso una risurrezione <strong>di</strong> vita... (cfr. Dn 12,2)»:<br />
il potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care e <strong>di</strong> far risorgere coincidono; il giu<strong>di</strong>zio è insito nello stesso modo <strong>di</strong><br />
far risorgere. Fare cose buone coincide con il fare la verità (3,21).<br />
«Non posso io far nulla da me stesso; come ascolto, giu<strong>di</strong>co e il giu<strong>di</strong>zio, il mio, è<br />
giusto»: anche nel giu<strong>di</strong>zio il Figlio non può far nulla da sé (cfr. 19), ma ascolta le sentenze<br />
del Padre e compie la sua volontà, il che garantisce l'equità del suo verdetto. È qui espressa<br />
l'infinita umiltà <strong>di</strong> Cristo giu<strong>di</strong>ce che non vuole condannare, ma s<strong>al</strong>vare (cfr. 5,34; 6,38-40).<br />
«Perché non cerco la volontà, la mia, ma la volontà <strong>di</strong> chi mi ha inviato»: ancora una<br />
volta Gesù <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> cercare esclusivamente la volontà del Padre (6,38). Concludendo:<br />
non dobbiamo dunque meravigliarci <strong>di</strong> stupore incredulo (28) <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la potenza del<br />
Padre e del Figlio, ma onorarli insieme con una fede pronta e convinta.<br />
- II - IL PADRE TESTIMONIA A MIO FAVORE<br />
Gesù, per aiutare la fede dei suoi u<strong>di</strong>tori, offre cinque prove per un <strong>di</strong>scernimento nei<br />
suoi confronti, affinché ognuno possa v<strong>al</strong>utare la veri<strong>di</strong>cità del suo inau<strong>di</strong>to messaggio.<br />
1. LA MIA TESTIMONIANZA (5,31-32)<br />
5.31 e)a\n e)gw\ marturw= peri\ e)mautou=,<br />
h( marturi/a mou ou)k e)/stin a)lhqh/j:<br />
5.32 a) /lloj e)sti\n o( marturw=n peri\ e)mou=,<br />
kai\ oi)=da o(/ti a)lhqh/j e)stin h( marturi/a h(\n marturei= peri\ e)mou=.<br />
5,31 Se io testimonio riguardo–a me–stesso,<br />
la mia testimonianza non è (ritenuta) vera;<br />
5,32 c'è (un) Altro che testimonia riguardo–a me<br />
e so che verace è la testimonianza, che testimonia riguardo–a me.<br />
93
«Se io testimonio riguardo a me stesso, la mia testimonianza non è ritenuta vera»:<br />
sebbene, in giu<strong>di</strong>zio ci voglia la deposizione concorde <strong>di</strong> <strong>al</strong>meno due testimoni (Deut 17,6),<br />
la testimonianza che Cristo fa a proprio favore è v<strong>al</strong>ida (cfr. 8,14); egli tuttavia per ora<br />
prescinde da essa, per non urtare i suoi ascoltatori, scrupolosi osservanti <strong>della</strong> Legge.<br />
«C'è un Altro che testimonia riguardo a me...»: Gesù preannuncia la prova che supera<br />
tutte le <strong>al</strong>tre e le rende assolutamente v<strong>al</strong>ide; si tratta <strong>della</strong> testimonianza <strong>di</strong> un Altro (il<br />
Padre) che, come è tipico in <strong>Giovanni</strong>, per ora rimane misterioso (cfr. 37). Adesso il<br />
Maestro adduce una serie <strong>di</strong> cinque testimonianze a suo favore: il Battista, le opere ed i<br />
segni compiuti, la voce del Padre, le Scritture e Mosè.<br />
2. GIOVANNI HA TESTIMONIATO LA VERITÀ (5,33-35)<br />
5.33 u(mei=j a)pesta/lkate pro\j )Iwa/nnhn,<br />
kai\ memartu/rhken tv= a)lhqei/#:<br />
5.34 e)gw\ de\ ou) para\ a)nqrw/pou th\n marturi/an lamba/nw,<br />
a)lla\ tau=ta le/gw i(/na u(mei=j swqh=te.<br />
5.35 e)kei=noj h)=n o( lu/xnoj o( kaio/menoj kai\ fai/nwn,<br />
u(mei=j de\ h)qelh/sate a)g<strong>al</strong>liaqh=nai pro\j w(/ran e)n t%= fwti\ au)tou=.<br />
5,33 Voi avete–mandato (messaggeri) presso <strong>Giovanni</strong><br />
ed ha–testimoniato a (favore <strong>della</strong>) verità;<br />
5,34 io però la testimonianza da (un) uomo non ricevo,<br />
ma queste (cose) <strong>di</strong>co, affinché voi siate–s<strong>al</strong>vati.<br />
5,35 Egli era la lampada che arde e risplende;<br />
voi però avete–voluto esultare (solo) per (un) momento <strong>al</strong>la sua luce.<br />
«Voi avete mandato messaggeri presso <strong>Giovanni</strong>»: cfr. 1,19.24. Gesù conosce ed<br />
apprezza la dottrina del Precursore.<br />
«Ha testimoniato»: il Battista ha svolto la sua missione profetica e ha pre<strong>di</strong>cato la verità<br />
svelando la vera identità del Cristo, datore dello Spirito (1,34; 3,26). Nel IV <strong>Vangelo</strong> è forte<br />
l’insistenza nel presentare la figura <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> come testimone (v. soprattutto il cap. 1).<br />
«A favore <strong>della</strong> verità»: un giorno perfino la gente esclamerà: Tutto ciò che <strong>Giovanni</strong> ha<br />
detto <strong>di</strong> costui era vero! (10,41).<br />
«Testimonianza da un uomo non ricevo»: l'opera del Battista era <strong>di</strong> origine <strong>di</strong>vina e per<br />
questo era v<strong>al</strong>ida; ma Gesù prescinde anche da questa prova a suo favore, quasi fosse una<br />
testimonianza solo umana.<br />
«Queste cose <strong>di</strong>co, affinché siate s<strong>al</strong>vati»: ecco il vero ed unico motivo per cui Gesù<br />
ricorda l'annuncio del Battista, che ne rivelava la <strong>di</strong>vinità: la s<strong>al</strong>vezza dei suoi caparbi<br />
interlocutori.<br />
«Egli era la lampada che arde...»: il Battista si definiva una voce (u<strong>di</strong>to), qui Gesù lo<br />
in<strong>di</strong>ca come lampada (vista). È bellissima questa ICONA <strong>della</strong> lucerna che preannuncia la<br />
venuta <strong>della</strong> luce vera (1,8). La luce è Cristo, ma il Battista è la lampada che la <strong>di</strong>ffonde.<br />
«Voi però avete voluto esultare solo per un momento <strong>al</strong>la sua luce»: perfino gli avversari<br />
<strong>di</strong> Gesù <strong>al</strong>l'inizio hanno gioito per l'annunzio fatto da <strong>Giovanni</strong>; però poi si sono voluti<br />
chiudere <strong>al</strong>la luce, perché l'hanno ritenuta troppo esigente.<br />
3. LE OPERE CHE FACCIO TESTIMONIANO (5,36)<br />
5.36 e)gw\ de\ e)/xw th\n marturi/an mei/zw tou= )Iwa/nnou:<br />
ta\ ga\r e)/rga a(\ de/dwke/n moi o( path\r i(/na teleiw/sw au)ta/,<br />
au)ta\ ta\ e)/rga a(\ poiw= marturei= peri\ e)mou= o(/ti o( path/r me a)pe/st<strong>al</strong>ken:<br />
5,36 Io però ho la testimonianza maggiore (<strong>di</strong> quella) <strong>di</strong>–<strong>Giovanni</strong>:<br />
le opere infatti che il Padre mi ha–dato affinché le compia,<br />
quelle opere che faccio, testimoniano riguardo–a me che il Padre mi ha–mandato.<br />
94
«Ho la testimonianza maggiore»: se grande fu il ministero profetico del Battista, più<br />
gran<strong>di</strong> sono le opere compiute da Gesù, tra le qu<strong>al</strong>i ora in primo piano vi è la guarigione a<br />
Betzatà (Prima prova. Cfr. 7,31). Chi ha occhi per vedere non si ingannerà.<br />
«Le opere... che il Padre mi ha dato affinché le compia...»: ora compren<strong>di</strong>amo meglio<br />
che i segni che Gesù compie sono un dono (ha dato) che il Padre fa a lui e un impegno<br />
(affinché le compia). Anzi, in un certo modo, è il Padre stesso che li re<strong>al</strong>izza per mezzo <strong>di</strong><br />
lui, a nostro favore. Ed il Figlio agisce prontamente per obbe<strong>di</strong>enza a Dio (cfr. 4,34).<br />
«Testimoniano riguardo a me che il Padre mi ha mandato (’apostéllo)»: queste opere<br />
sono una vera scuola: educano <strong>al</strong>la fede nella <strong>di</strong>vinità del Cristo, <strong>di</strong>mostrando che egli è il<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio e l'<strong>Apostolo</strong> del Padre. Per questo motivo, a iniziare d<strong>al</strong> fatto che aveva visto<br />
Filippo sotto il fico, tutti i suoi gesti e i suoi interventi portano impresso il sigillo che ne<br />
garantisce l'autentica origine <strong>di</strong>vina. Noi li abbiamo an<strong>al</strong>izzati in questa ottica.<br />
4. IL PADRE MI RENDE TESTIMONIANZA (5,37-38)<br />
5.37 kai\ o( pe/myaj me path\r e)kei=noj memartu/rhken peri\ e)mou=.<br />
ou)/te fwnh\n au)tou= pw/pote a)khko/ate<br />
ou)/te ei)=doj au)tou= e(wra/kate,<br />
5.38 kai\ to\n lo/gon au)tou= ou)k e)/xete e)n u(mi=n me/nonta,<br />
o(/ti o(\n a)pe/steilen e)kei=noj, tou/t% u(mei=j ou) pisteu/ete.<br />
5,37 E il Padre, (che) mi ha–inviato, egli testimonia riguardo–a me.<br />
Né mai (la) sua voce avete–ascoltato,<br />
né (il) suo volto avete–visto<br />
5,38 e non avete la sua parola (che) in voi <strong>di</strong>mora,<br />
perché (a) colui–che egli ha–mandato, a–questi voi non credete.<br />
«Il Padre che mi ha inviato, egli testimonia riguardo a me»: Dio non solo invia il Figlio<br />
nel mondo, ma lo presenta autorevolmente <strong>al</strong> mondo affinché gli uomini lo accolgano<br />
(Seconda prova. Cfr. 1,33; Mt 3,17: Questi è il Figlio mio pre<strong>di</strong>letto).<br />
«Né... la sua voce avete ascoltato, né il suo volto avete visto...»: i Giudei però, sor<strong>di</strong> <strong>al</strong>la<br />
VOCE del Padre e ciechi <strong>al</strong>la luce del VOLTO <strong>di</strong>vino, non lasciano che la sua PAROLA<br />
<strong>di</strong>mori stabilmente in loro come forza generatrice <strong>di</strong> fede (Voce e Volto sono due icone<br />
stupende: invitano ad una contemplazione tot<strong>al</strong>izzante che coinvolge u<strong>di</strong>to e vista).<br />
«Non avete la sua parola (lógos) che in voi <strong>di</strong>mora»: non accogliendo Gesù e la sua<br />
parola, non hanno il Cristo Lógos, Parola del Padre, che <strong>di</strong>mora stabilmente in loro.<br />
«Perché a colui che egli ha mandato, a questi voi non credete»: è proprio la FEDE<br />
NELLA PAROLA del Cristo che mette in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vedere il volto del Padre e <strong>di</strong><br />
sentire la sua voce e la sua parola che, in modo misterioso ma efficace, convincono il<br />
credente (cfr. 6,45). La fede nasce d<strong>al</strong>l'ascolto, nel qu<strong>al</strong>e sono <strong>al</strong>l'opera Dio stesso e l'uomo<br />
che si apre <strong>al</strong>la verità (Rom 10,17). Gli avversari però non hanno la fede e Gesù, con<br />
amarezza, lo <strong>di</strong>chiara.<br />
Mt 17,5 b Ed ecco una voce che <strong>di</strong>ceva: «Questi è il Figlio mio pre<strong>di</strong>letto, nel qu<strong>al</strong>e mi<br />
sono compiaciuto. Ascoltatelo» (cfr. anche 1 Gv 5,9).<br />
5. LE SCRITTURE TESTIMONIANO DI ME (5,39-40)<br />
5.39 e)rauna=te ta\j grafa/j,<br />
o(/ti u(mei=j dokei=te e)n au)tai=j zwh\n ai)w/nion e)/xein:<br />
kai\ e)kei=nai/ ei)sin ai( marturou=sai peri\ e)mou=:<br />
5.40 kai\ ou) qe/lete e)lqei=n pro/j me i(/na zwh\n e)/xhte.<br />
5,39 Scrutate le Scritture,<br />
perché voi pensate (<strong>di</strong>) avere in esse (la) vita eterna;<br />
e sono (proprio) esse che testimoniano riguardo–a me;<br />
5,40 e non volete venire a me affinché abbiate vita.<br />
95
«Scrutate le Scritture...»: un'ulteriore prova a favore <strong>di</strong> Cristo è la Bibbia. Le Scritture<br />
però possono <strong>di</strong>ventare un inganno mort<strong>al</strong>e, se interpretate senza tener conto <strong>di</strong> Cristo.<br />
«Perché voi pensate <strong>di</strong> avere in esse la vita eterna»: la Scrittura letta nella sua<br />
materi<strong>al</strong>ità, non capita <strong>al</strong>la luce dello Spirito <strong>San</strong>to, <strong>di</strong>venta occasione <strong>di</strong> rovina. Il Maestro<br />
conosce i pensieri più segreti dei suoi ascoltatori.<br />
«Sono proprio esse che testimoniano riguardo a me»: tra poco Gesù <strong>di</strong>rà che lo stesso<br />
Mosè scrisse <strong>di</strong> lui. L’Evangelista stesso citerà più volte la Scrittura per far capire che in<br />
Cristo essa si re<strong>al</strong>izza (2,17; 12,13.15.38; 15,25; 19,24.28.36.37).<br />
«Non volete venire a me, affinché abbiate vita»: si ottiene la VITA solo con la volontà <strong>di</strong><br />
andare con la fede verso Gesù e la Bibbia ci aiuta in questo avvicinamento (La fede è vista<br />
qui come cammino verso Cristo, fonte <strong>di</strong> Vita). Gesù mette giustamente in ris<strong>al</strong>to la cattiva<br />
volontà dei suoi avversari, affinché cambino atteggiamento.<br />
- III - C'È CHI VI ACCUSA: MOSÈ<br />
Inizia ora un contrattacco veramente drammatico.<br />
1. NON AVETE IN VOI L'AMORE DI DIO (5,41-42)<br />
5.41 Do/can para\ a)nqrw/pwn ou) lamba/nw,<br />
5.42 a)lla\ e)/gnwka u(ma=j o(/ti th\n a)ga/phn tou= qeou= ou)k e)/xete e)n e(autoi=j.<br />
5,41 (La) gloria da uomini non ricevo,<br />
5,42 ma conosco voi (e so) che l'amore <strong>di</strong>–Dio non avete in voi.<br />
«Gloria da uomini non ricevo»: come già detto nel v. 34, Gesù, mite ed umile <strong>di</strong> cuore,<br />
non cerca l'approvazione umana e non si basa sul giu<strong>di</strong>zio o sul favore degli uomini.<br />
«Ma conosco voi»: egli sa quello che c'è in ogni uomo (2,25).<br />
«L'amore <strong>di</strong> Dio non avete in voi»: mentre il Padre ama il Figlio e questi ama il Padre,<br />
nei Giudei manca l'amore per Dio e per la verità (Continua il giu<strong>di</strong>zio: questa è la denuncia<br />
più grave, perché la carità è la virtù più <strong>al</strong>ta). Essi, che amano <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutto la gloria<br />
umana, escludono se stessi d<strong>al</strong>la conoscenza e d<strong>al</strong>la partecipazione <strong>al</strong>l'intima vita <strong>di</strong>vina<br />
(v<strong>al</strong>e a <strong>di</strong>re, si tagliano fuori d<strong>al</strong>la fede e d<strong>al</strong>la carità).<br />
2. NON MI ACCOGLIETE (5,43)<br />
5.43 e)gw\ e)lh/luqa e)n t%= o)no/mati tou= patro/j mou, kai\ ou) lamba/nete/ me:<br />
e)a\n a) /lloj e)/lqv e)n t%= o)no/mati t%= i)<strong>di</strong>/%, e)kei=non lh/myesqe.<br />
5,43 Io sono–venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete.<br />
Se (un) <strong>al</strong>tro venisse nel nome proprio, quello (lo) ricevereste.<br />
«Sono venuto nel nome del Padre mio»: ecco un <strong>al</strong>tro modo per <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere inviato d<strong>al</strong><br />
Padre e <strong>di</strong> partecipare delle sue stesse prerogative (venire nel nome).<br />
«Se un <strong>al</strong>tro venisse nel nome proprio, quello lo ricevereste (lambáno)»: qui possiamo<br />
trovare una prima risposta <strong>al</strong> perché dell'incredulità. Chi vive secondo la logica del mondo è<br />
prontissimo ad accogliere chi, come lui, ha interessi solo terreni ed è <strong>al</strong>lergico <strong>al</strong>l'azione <strong>di</strong><br />
Dio. I m<strong>al</strong>vagi si sintonizzano subito tra <strong>di</strong> loro, perché sono sulla stessa lunghezza d'onda.<br />
3. NON CERCATE LA GLORIA DI DIO (5,44)<br />
5.44 pw=j du/nasqe u(mei=j pisteu=sai<br />
do/can para\ a)llh/lwn lamba/nontej,<br />
kai\ th\n do/can th\n para\ tou= mo/nou qeou= ou) zhtei=te;<br />
5,44 Come potete credere voi<br />
che–ricevete gloria (gli uni) da(gli) <strong>al</strong>tri<br />
e la gloria, che (viene) da Dio solo, non cercate?<br />
96
«Come potete credere...?»: Gesù fa capire che la con<strong>di</strong>zione basilare per arrivare <strong>al</strong>l'atto<br />
<strong>di</strong> fede è la vera umiltà, fondata sulla onestà mor<strong>al</strong>e ed intellettu<strong>al</strong>e.<br />
«Ricevete (lambáno) gloria gli uni dagli <strong>al</strong>tri»: coloro che basano la propria esistenza<br />
solo sulla stima degli uomini, i qu<strong>al</strong>i non sono mai in grado <strong>di</strong> formulare giu<strong>di</strong>zi corretti<br />
(senza l'aiuto <strong>di</strong>vino), non possono entrare in sintonia con il progetto <strong>di</strong> Dio. Essi si<br />
sostengono a vicenda in una tragica illusione. <strong>San</strong>no accogliere la gloria vana, ma non il<br />
Cristo. A loro volta danno quello che hanno: una lode inconsistente. E tutti insieme<br />
crescono nell'orgoglio più accecante.<br />
«La gloria che viene da Dio solo, non cercate»: quella proveniente da Dio è la vera<br />
gloria e l'unica lode v<strong>al</strong>ida ed eterna. Questa sola gloria bisogna cercare, senza<br />
assolutamente ambire a quella umana (cfr. 8,54).<br />
4. NON VI ACCUSERÒ (5,45-47)<br />
5.45 mh\ dokei=te o(/ti e)gw\ kathgorh/sw u(mw=n pro\j to\n pate/ra:<br />
e)/stin o( kathgorw=n u(mw=n Mwush=j, ei)j o(\n u(mei=j h)lpi/kate.<br />
5.46 ei) ga\r e)pisteu/ete Mwusei=, e)pisteu/ete a) \n e)moi/:<br />
peri\ ga\r e)mou= e)kei=noj e)/grayen.<br />
5.47 ei) de\ toi=j e)kei/nou gra/mmasin ou) pisteu/ete,<br />
pw=j toi=j e)moi=j r(h/masin pisteu/sete;<br />
5,45 Non pensate che io accuserò voi presso il Padre;<br />
c'è chi vi accusa: Mosè, nel qu<strong>al</strong>e voi sperate.<br />
5,46 Se infatti credeste a–Mosè, credereste anche a–me;<br />
infatti <strong>di</strong> me egli scrisse.<br />
5,47 Ma se agli scritti <strong>di</strong>–lui non credete,<br />
come <strong>al</strong>le mie parole crederete?».<br />
«Non pensate che io accuserò voi...»: quelle che Gesù sta portando possono sembrare<br />
accuse (42-44), mentre invece costituiscono un estremo tentativo <strong>di</strong> aprire i loro occhi. Egli<br />
non gode nell'accusare qu<strong>al</strong>cuno presso il Padre, supremo Giu<strong>di</strong>ce. La sua grande mitezza e<br />
misericor<strong>di</strong>a si rivelano in queste sincere parole, che svelano la sua volontà <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza (cfr.<br />
3,17; 5,34).<br />
«C'è chi vi accusa: Mosè, nel qu<strong>al</strong>e voi sperate»: i Giudei infatti non accolgono la<br />
<strong>di</strong>vinità del Cristo, <strong>di</strong> cui Mosè aveva già profeticamente scritto (Ebr 11,23-28). Essi si<br />
<strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Mosè: in re<strong>al</strong>tà si illudono <strong>di</strong> esserlo davvero. Il tipo <strong>di</strong> speranza che<br />
hanno li tra<strong>di</strong>sce. A Mosè viene affidato l'ingrato compito <strong>di</strong> accusarli.<br />
«Se... credeste a Mosè, credereste anche a me»: per Gesù la fede e la speranza dei Giudei<br />
in Mosè sono vane e sono tanto più pericolose, quanto più sono mascherate da un'accanita<br />
ricerca scritturistica e da una cieca fiducia in Mosè. Il Signore sta cercando <strong>di</strong> s<strong>al</strong>varli da<br />
t<strong>al</strong>e paurosa illusione (cfr. 39). Essi credono <strong>di</strong> credere, ma si ingannano: non è il vero Mosè<br />
quello in cui credono. La fede è ben <strong>al</strong>tro che aderire forsennatamente ad un libro<br />
considerato sacro.<br />
«Infatti <strong>di</strong> me egli scrisse»: a questa convinzione vi era, da subito, arrivato Filippo<br />
(1,45). Come mai i Giudei sapienti e dotti, ai qu<strong>al</strong>i Cristo parla, non ci sono ancora arrivati?<br />
«Se agli scritti <strong>di</strong> lui non credete, come <strong>al</strong>la mie parole (rêma) crederete?»:<br />
l'incomprensione degli insegnamenti <strong>di</strong> Mosè e la mancanza <strong>di</strong> vera fede nei suoi scritti,<br />
porta <strong>al</strong>l'incapacità <strong>di</strong> credere <strong>al</strong>la PAROLA <strong>di</strong> Cristo (rêma = parola e opera). Se infatti non<br />
credono <strong>al</strong>le Scritture, che loro stessi ritengono sacre e veritiere, come potranno credere a<br />
Gesù, che essi reputano un peccatore? Cristo pone nei vv. 44 e 47 due domande (Come...?),<br />
che dovrebbero stimolare tutti noi a lasciare ogni ipocrisia, vanagloria e ottusità, per<br />
accogliere nella fede la sua <strong>di</strong>vina persona.<br />
97
CONCLUDENDO<br />
Forse la cosa più sorprendente è la fermezza e la serenità, la sicurezza e l'umiltà con cui<br />
Cristo afferma l'inau<strong>di</strong>ta verità <strong>della</strong> sua uguaglianza con il Padre (ugu<strong>al</strong>i nella natura e<br />
nell'azione). E questo rende convincenti le sue incre<strong>di</strong>bili affermazioni.<br />
Per annunciare il suo messaggio, Cristo usa le FIGURE del PADRE e del FIGLIO, che in<br />
Dio sono ugu<strong>al</strong>i nell'opera e nella <strong>di</strong>gnità. Egli, con questo <strong>di</strong>scorso, ci introduce nei segreti<br />
<strong>della</strong> vita <strong>di</strong>vina (paterna e fili<strong>al</strong>e) nella qu<strong>al</strong>e trionfa l'Amore (lo Spirito <strong>San</strong>to). Vita e<br />
Risurrezione sono le gran<strong>di</strong> re<strong>al</strong>tà <strong>di</strong> cui parla per rivelarci il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
Ognuno <strong>di</strong> noi, acquisendo le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> base (umiltà, onestà...) e mettendosi in<br />
sintonia con il pensiero del Padre, deve <strong>di</strong>sporsi a fare la propria scelta, in vista <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e<br />
il Maestro fornisce elementi <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utazione e prove per un corretto giu<strong>di</strong>zio.<br />
Gesù invita, dunque, con forza anche noi ad operare il giusto <strong>di</strong>scernimento e a prendere<br />
le opportune decisioni nei confronti suoi e del Padre suo.<br />
Discorso utile per una riflessione sul <strong>di</strong>scernimento spiritu<strong>al</strong>e e sulla fede.<br />
98
SUL MONTE E SUL MARE Unità 11<br />
Gesù moltiplica i pani e cammina sulle acque (6,1-24)<br />
Nella meravigliosa cornice natur<strong>al</strong>e del lago e delle colline <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea Gesù compie il<br />
Segno dei Pani (I) e quello del Cammino sulle acque (II). Il miracolo <strong>della</strong> moltiplicazione è<br />
l'unico a cui egli ha voluto dare una gran<strong>di</strong>ssima pubblicità, perché avrebbe dovuto<br />
preparare i fedeli ad accogliere il dono del Pane <strong>di</strong> Vita, promesso a Cafarnao (Data la<br />
grande novità dei fatti narrati nel Cap. 6 possiamo vedere qui l'inizio del quarto momento).<br />
Nella lettura <strong>di</strong> questo Capitolo vogliamo avere lo speci<strong>al</strong>e inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> osservare<br />
come nasce un SACRAMENTO, anzi, come nasce il più straor<strong>di</strong>nario dei Sacramenti:<br />
l'EUCARISTIA. L'uomo ha fame, è debole, è m<strong>al</strong>ato, ha paura, è affaticato, vive<br />
nell'insicurezza (cfr. 6,1-24). Inoltre, poiché tutto passa, le sue fatiche sono come vanificate.<br />
Dio gli risponde, dandogli dei SEGNI che lo meravigliano, ma che non risolvono i<br />
problemi, se non temporaneamente (la moltiplicazione dei pani è uno <strong>di</strong> questi segni). A<br />
coloro che gli domandano <strong>al</strong>tro pane, Gesù risponde invitandoli a cercare in Alto quello che<br />
stanno cercando in basso, così come aveva fatto con la Samaritana, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e aveva<br />
promesso l’ACQUA VIVA che <strong>di</strong>sseta in eterno. Anche ora egli tenta <strong>di</strong> convincere gli<br />
uomini che la loro vera fame è quella <strong>di</strong> Dio e promette loro un misterioso PANE VIVO,<br />
dono del Padre, che li sfama in eterno. Questa è la via, da lui scelta, per saziare<br />
definitivamente l'uomo e per dare v<strong>al</strong>ore d'eternità a ciò che egli compie.<br />
- I - IL SEGNO DEI PANI MOLTIPLICATI<br />
1. SALÌ SUL MONTE (6,1-4)<br />
6.1 Meta\ tau=ta a)ph=lqen o( )Ihsou=j pe/ran th=j q<strong>al</strong>a/sshj th=j G<strong>al</strong>ilai/aj th=j Tiberia/doj.<br />
6.2 h)kolou/qei de\ au)t%= o)/xloj polu/j,<br />
o(/ti e)qew/roun ta\ shmei=a a(\ e)poi/ei e)pi\ tw=n a)sqenou/ntwn.<br />
6.3 a)nh=lqen de\ ei)j to\ o)/roj )Ihsou=j<br />
kai\ e)kei= e)ka/qhto meta\ tw=n maqhtw=n au)tou=.<br />
6.4 h)=n de\ e)ggu\j to\ pa/sxa, h( e(orth\ tw=n )Ioudai/wn.<br />
6,1 Dopo queste (cose) Gesù andò <strong>al</strong>–<strong>di</strong>–là del mare <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea, (cioè) <strong>di</strong> Tiberiade.<br />
6,2 Lo seguiva (una) folla numerosa,<br />
perché vedevano i segni che faceva sugli infermi.<br />
6,3 Gesù <strong>al</strong>lora s<strong>al</strong>ì sul monte<br />
e là si–sedette con i suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
6,4 Era inoltre vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.<br />
«Gesù andò <strong>al</strong> <strong>di</strong> là del mare <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea, cioè <strong>di</strong> Tiberiade»: dopo la polemica con i<br />
Giudei, improvvisamente ritroviamo Gesù sulle sponde del lago <strong>di</strong> Tiberiade, circondato da<br />
una grande folla. L’Evangelista non ci parla del viaggio, ma del luogo <strong>di</strong> arrivo, lontano da<br />
Gerus<strong>al</strong>emme. Gesù, <strong>al</strong>la guida <strong>di</strong> un nuovo popolo, ha compiuto un significativo Esodo<br />
verso il monte del miracolo, che ci ricorda il Sinai. Il lago è menzionato come mare <strong>di</strong><br />
G<strong>al</strong>ilea e <strong>di</strong> Tiberiade: due nomi che in<strong>di</strong>cano la compresenza <strong>di</strong> due civiltà: quella ebraica<br />
e quella romana.<br />
«Lo seguiva una folla numerosa, perché vedevano i segni che faceva...»: la gente segue il<br />
Signore con una motivazione <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e egli, come abbiamo già visto, <strong>di</strong>ffida (il semplice<br />
vedere i segni). Ad ogni modo, t<strong>al</strong>e sequela, pur con i suoi limiti, non è priva <strong>di</strong> risultati.<br />
«Sugli infermi»: la folla era particolarmente interessata <strong>al</strong> potere guaritore del Cristo che,<br />
per ammissione dello stesso <strong>Giovanni</strong>, aveva già operato moltissime guarigioni. Sin qui egli<br />
ne ha raccontati solo due (quelle del figlio del funzionario regio e del m<strong>al</strong>ato <strong>di</strong> Betzatà).<br />
99
«S<strong>al</strong>ì sul monte e là si sedette»: ritorna l'icona del MONTE su cui Gesù s<strong>al</strong>e, come<br />
novello Mosè, per donare <strong>al</strong> popolo affamato la nuova manna. Che l'Evangelista voglia dare<br />
<strong>al</strong> luogo uno speci<strong>al</strong>e v<strong>al</strong>ore simbolico, lo si deduce d<strong>al</strong> fatto che chiama monte una<br />
semplice <strong>al</strong>tura vicina <strong>al</strong> lago (cfr. il Discorso <strong>della</strong> Montagna <strong>di</strong> Matteo). In t<strong>al</strong> luogo il<br />
Signore siede: gesto che in<strong>di</strong>ca sovranità e stabilità (cfr. 4,6).<br />
«Era inoltre vicina la Pasqua, la festa dei Giudei»: come la precisazione del luogo,<br />
anche l'in<strong>di</strong>cazione del tempo è significativa: la vicinanza <strong>della</strong> PASQUA dei Giudei (che<br />
<strong>al</strong>l'epoca in cui <strong>Giovanni</strong> scrive si <strong>di</strong>stingue nettamente da quella cristiana). T<strong>al</strong>e circostanza<br />
fa sì che il segno dei PANI si collochi nel clima <strong>della</strong> festa pasqu<strong>al</strong>e, che rinnovava la<br />
memoria dell'Esodo, cioè del passaggio d<strong>al</strong>la schiavitù <strong>al</strong>la terra promessa (si tratta <strong>della</strong><br />
seconda Pasqua menzionata in Gv: cfr. 2,13).<br />
2. DOVE COMPREREMO IL PANE? (6,5-7)<br />
6.5 e)pa/raj ou)=n tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j o( )Ihsou=j<br />
kai\ qeasa/menoj o(/ti polu\j o)/xloj e)/rxetai pro\j au)to\n<br />
le/gei pro\j Fi/lippon, Po/qen a)gora/swmen a)/rtouj i(/na fa/gwsin ou(=toi;<br />
6.6 tou=to de\ e)/legen peira/zwn au)to/n:<br />
au)to\j ga\r v)/dei ti/ e)/mellen poiei=n.<br />
6.7 a)pekri/qh au)t%= o( Fi/lippoj,<br />
Diakosi/wn dhnari/wn a) /rtoi ou)k a)rkou=sin au)toi=j i(/na e(/kastoj braxu/ ti la/bv.<br />
6,5 Gesù, <strong>al</strong>zati dunque gli occhi<br />
e visto che (una) numerosa folla viene verso–<strong>di</strong> lui,<br />
<strong>di</strong>ce a Filippo: «Dove compreremo pane, affinché questi mangino?».<br />
6,6 Questo <strong>di</strong>ceva, (per metter)lo (<strong>al</strong>la) prova;<br />
egli infatti sapeva quello–che stava (per) fare.<br />
6,7 Gli rispose Filippo:<br />
«Duecento denari <strong>di</strong>–pane non bastano loro, perché ognuno (ne) prenda (un) poco!».<br />
«Alzati gli occhi e visto che...»: Gesù VEDE il bisogno, in cui l'uomo si trova; sa che<br />
soffre per la fame e la stanchezza (non inutilmente <strong>Giovanni</strong> rammenta gli occhi <strong>di</strong> Gesù,<br />
specchio <strong>della</strong> sua anima). Il Signore vuole intervenire per aiutare l'umanità; ma non lo fa da<br />
solo, senza il consiglio e la collaborazione dei suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Numerosa folla viene verso <strong>di</strong> lui»: il venire verso <strong>di</strong> lui ha già un grande v<strong>al</strong>ore<br />
teologico (simbolo del cammino <strong>di</strong> fede). Il presente viene in<strong>di</strong>ca questo movimento come<br />
ancora attu<strong>al</strong>e.<br />
«Dice a Filippo: Dove compreremo pane…?»: si tratta <strong>di</strong> un interrogativo inquietante<br />
ancora oggi, <strong>di</strong> fronte ai gravi bisogni dell'umanità. Anche Gesù si autocoinvolge <strong>di</strong>cendo:<br />
compreremo. È lui ad introdurre il tema del pane e <strong>della</strong> sua ricerca.<br />
«Questo <strong>di</strong>ceva, per metterlo <strong>al</strong>la prova»: se facciamo ben attenzione <strong>al</strong>le parole,<br />
notiamo che Gesù non chiede a Filippo come..., ma donde... per aiutarlo a riflettere<br />
sull'origine ultima del nostro sostentamento (il Padre). Adeguandosi poi (a scopo educativo)<br />
a quella che è la ment<strong>al</strong>ità comune nel risolvere i problemi umani, sembra proporre la<br />
norm<strong>al</strong>e soluzione <strong>di</strong> procurare il necessario con il denaro, cioè con la ricchezza terrena<br />
(comprare). Per questo l'Evangelista nota apertamente che si tratta <strong>di</strong> una prova, <strong>di</strong> una<br />
verifica, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e il <strong>di</strong>scepolo vien sottoposto.<br />
«Egli infatti sapeva quello che stava per fare»: questa osservazione dell'Evangelista ci<br />
conferma, se ce ne fosse bisogno, che tutto quello che Gesù ha fatto e sta per fare è<br />
intenzion<strong>al</strong>e e significativo.<br />
«Duecento denari... non bastano...»: Duecento denari (il s<strong>al</strong>ario <strong>di</strong> sei mesi) era forse<br />
quanto Giuda teneva in cassa. Filippo non riflette sul donde e non ipotizza una soluzione<br />
<strong>di</strong>versa da quella corrente dell'uso del denaro. Certo Gesù non pretendeva che l'apostolo<br />
trovasse una soluzione, ma che impostasse il problema con l'aiuto <strong>della</strong> fede e <strong>della</strong> Bibbia<br />
100
(Era ben noto a tutti come Dio avesse sfamato un intero popolo nel deserto per<br />
quarant'anni).<br />
3. UN RAGAZZO OFFRE CINQUE PANI (6,8-9)<br />
6.8 le/gei au)t%= ei(=j e)k tw=n maqhtw=n au)tou=, )Andre/aj o( a)delfo\j Si/mwnoj Pe/trou,<br />
6.9 )/Estin paida/rion w(=de o(\j e)/xei pe/nte a)/rtouj kriqi/nouj kai\ du/o o)ya/ria:<br />
a)lla\ tau=ta ti/ e)stin ei)j tosou/touj;<br />
6,8 Dice a–lui uno dei suoi <strong>di</strong>scepoli, Andrea, il fratello <strong>di</strong>–Simon Pietro:<br />
6,9 «C'è (un) ragazzo qui che ha cinque pani d'orzo e due pesci;<br />
ma che è questo per tanti?».<br />
«Andrea, il fratello <strong>di</strong> Simon Pietro»: l'apostolo Andrea nel frattempo, <strong>di</strong> sua iniziativa,<br />
aveva cercato un'<strong>al</strong>tra soluzione: aveva fatto un sondaggio per vedere quanta riserva <strong>di</strong> cibo<br />
ognuno portasse con sé, in modo che un'eventu<strong>al</strong>e CONDIVISIONE avrebbe potuto<br />
risolvere il problema. Si trattava sicuramente <strong>di</strong> un metodo più giusto <strong>di</strong> quello suggerito da<br />
Filippo, ma ancora insufficiente, se privo <strong>di</strong> un chiaro e <strong>di</strong>retto riferimento <strong>al</strong> Padre. Simon<br />
Pietro qui è ricordato per meglio far capire chi era Andrea, ma avrà un ruolo importante<br />
solo <strong>al</strong>la fine, quando confesserà la sua fiducia nelle parole del Cristo (6,68).<br />
«Un ragazzo... che ha cinque pani d'orzo e due pesci»: tra le tante migliaia <strong>di</strong> persone,<br />
l'unico risultato è la scoperta <strong>di</strong> un ragazzo con un po' <strong>di</strong> cibo. Non sappiamo se si tratta <strong>di</strong><br />
un ragazzino o <strong>di</strong> un servo (paidárion). Forse, egli è stato il solo che non ha nascosto quello<br />
che possedeva, ma lo ha saputo offrire. Anche un bambino o un povero hanno sempre un<br />
dono per gli <strong>al</strong>tri, un dono sempre grande, <strong>al</strong>meno da un punto <strong>di</strong> vista simbolico: 5 2 fanno<br />
7, un numero che in<strong>di</strong>ca pienezza.<br />
«Ma che è questo...?»: Andrea guarda <strong>al</strong>la materi<strong>al</strong>ità <strong>della</strong> cosa; Gesù vede invece la<br />
sincerità e la generosità del giovane o del servitore. Non è la grandezza fisica che rende<br />
importante una cosa, ma la forza del v<strong>al</strong>ore simbolico <strong>di</strong> quella cosa. Andrea esclama che<br />
questo poco è insufficiente; Gesù invece vi vede un germe che, con l'intervento <strong>di</strong> Dio, si<br />
può moltiplicare. L'idea che il poco, che potremmo fare, sia inutile, è infatti un f<strong>al</strong>so <strong>al</strong>ibi<br />
per non fare nulla (non nascon<strong>di</strong>amoci mai <strong>di</strong>etro l'<strong>al</strong>ibi dell'inutilità delle piccole cose e dei<br />
piccoli gesti). Si ripete, quasi <strong>al</strong>la lettera, la scena <strong>di</strong> 2 Re 4 42 Da Ba<strong>al</strong>-S<strong>al</strong>isa venne un<br />
in<strong>di</strong>viduo, che offrì primizie <strong>al</strong>l'uomo <strong>di</strong> Dio, venti pani d'orzo e farro che aveva nella<br />
bisaccia. Eliseo <strong>di</strong>sse: «D<strong>al</strong>lo da mangiare <strong>al</strong>la gente». 43 Ma colui che serviva <strong>di</strong>sse:<br />
«Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Quegli replicò: «D<strong>al</strong>lo da<br />
mangiare <strong>al</strong>la gente. Poiché così <strong>di</strong>ce il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche». 44<br />
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la parola del Signore.<br />
Questo racconto ci fa capire che il pro<strong>di</strong>gio dei pani ha avuto una lunga preparazione nella<br />
storia biblica.<br />
4. PRESE I PANI, RESE GRAZIE E LI DISTRIBUÌ (6,10-13)<br />
6.10 ei)=pen de\ o( )Ihsou=j, Poih/sate tou\j a)nqrw/pouj a)napesei=n.<br />
h)=n de\ xo/rtoj polu\j e)n t%= to/p%.<br />
a)ne/pesan ou)=n oi( a) /ndrej to\n a)riqmo\n w(j pentakisxi/lioi.<br />
6.11 e)/laben ou)=n tou\j a) /rtouj o( )Ihsou=j kai\ eu)xaristh/saj<br />
<strong>di</strong>e/dwken toi=j a)nakeime/noij<br />
o(moi/wj kai\ e)k tw=n o)yari/wn, o(/son h)/qelon.<br />
6.12 w(j de\ e)neplh/sqhsan, le/gei toi=j maqhtai=j au)tou=,<br />
Sunaga/gete ta\ perisseu/santa kla/smata, i(/na mh/ ti a)po/lhtai.<br />
6.13 sunh/gagon ou)=n kai\ e)ge/misan dw/deka kofi/nouj klasma/twn<br />
e)k tw=n pe/nte a) /rtwn tw=n kriqi/nwn a( \ e)peri/sseusan toi=j bebrwko/sin.<br />
6,10 Disse <strong>al</strong>lora Gesù: «Fate adagiare gli uomini!».<br />
C'era molta erba nel posto.<br />
Si–adagiarono dunque gli uomini [maschi] in numero <strong>di</strong>–circa cinquemila.<br />
101
6,11 Gesù <strong>al</strong>lora prese i pani e rese–grazie,<br />
(li) <strong>di</strong>stribuì ai commens<strong>al</strong>i,<br />
similmente anche dei pesci, quanti (ne) vollero.<br />
6,12 Quando poi furono–sazi, <strong>di</strong>ce ai suoi <strong>di</strong>scepoli:<br />
«Radunate i pezzi avanzati, affinché nulla sia–perduto!».<br />
6,13 (Li) radunarono dunque e riempirono do<strong>di</strong>ci ceste <strong>di</strong>–pezzi<br />
dai cinque pani, quelli d'orzo, che erano–avanzati a–coloro che–avevano–mangiato.<br />
«Fate adagiare gli uomini (’ánthropos)»: Gesù non li chiama folla, ma uomini, mettendo<br />
in ris<strong>al</strong>to il v<strong>al</strong>ore <strong>della</strong> loro persona. Solo gli uomini liberi si sdraiavano nel prendere il<br />
cibo.<br />
«C'era molta erba nel posto»: l'erba è segno <strong>della</strong> fecon<strong>di</strong>tà, tipica del tempo del Messia<br />
(S<strong>al</strong> 72,16). Il Signore vuole preparare per tutti il banchetto messianico in uno scenario<br />
natur<strong>al</strong>e stupendo, dove i cuscini sono rappresentati d<strong>al</strong>l'abbondante erba verde, il soffitto<br />
d<strong>al</strong> cielo aperto. T<strong>al</strong>e luogo si oppone <strong>al</strong> tempio (cfr. 4,20; 11,48), luogo nel qu<strong>al</strong>e regna un<br />
sacerdozio oppressivo.<br />
«Si adagiarono dunque gli uomini (’anér) in numero <strong>di</strong> circa cinquemila»: nel c<strong>al</strong>colo<br />
l’Evangelista tiene conto solo degli ’ándres, cioè dei maschi. Anche Mt 14,21 precisa che<br />
erano presenti cinquemila uomini, senza contare le donne ed i bambini. Il conteggio dei<br />
partecipanti è stato agevole perché, a detta <strong>di</strong> Mc 6,40 e <strong>di</strong> Lc 9,14, le persone si erano<br />
sedute or<strong>di</strong>natamente a gruppi <strong>di</strong> cinquanta e <strong>di</strong> cento. Gesù, dunque, prepara per i<br />
cinquemila uomini, adagiati come ad un convito in piena regola, un nutrimento gustoso e<br />
abbondante, inizio del banchetto messianico (Is 25,6). Cinquemila è il numero che<br />
raggiunse in poco tempo la comunità cristiana <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme (Atti 4,4), che era assidua<br />
nell'ascolto <strong>della</strong> catechesi e nella comunione fraterna, la qu<strong>al</strong>e trovava i suoi momenti forti<br />
soprattutto nella Frazione del Pane e nella Preghiera (Atti 2,42).<br />
«Gesù <strong>al</strong>lora prese i pani e rese grazie (’eukharistéo)»: Gesù v<strong>al</strong>orizza l'umile e<br />
generoso DONO <strong>di</strong> un ragazzo che con<strong>di</strong>vide quello che ha; lo accetta riconoscente e<br />
RENDE GRAZIE AL PADRE, la cui mano provvidente, in definitiva, gli ha offerto t<strong>al</strong>e<br />
dono. Fa EUCARISTIA con sincera gratitu<strong>di</strong>ne verso Dio. Tutti hanno visto e sentito quella<br />
Preghiera: in quell'Eucaristia sta il segreto del miracolo. Gesù tutti i giorni, ad ogni pasto,<br />
con<strong>di</strong>viso con i suoi e con i poveri, rinnovava questo Ringraziamento nell'attesa dell'Ultima<br />
Cena e nella prospettiva <strong>della</strong> Pasqua. Egli viveva e agiva ogni giorno Eucaristicamente.<br />
«Li <strong>di</strong>stribuì ai commens<strong>al</strong>i [lett.: agli adagiati]»: egli non tiene per sé il dono, ma lo<br />
OFFRE a tutti i presenti, che sono visti come aventi la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> COMMENSALI, cioè <strong>di</strong><br />
invitati importanti che partecipano ad un BANCHETTO e che vengono serviti d<strong>al</strong> Signore<br />
stesso (cfr. Lc 12,37). Questo è il suo stile <strong>di</strong> vita: la con<strong>di</strong>visione fraterna ed il servizio<br />
premuroso.<br />
«Similmente anche dei pesci, quanti ne vollero»: il pesce completa il dono del pane: gli<br />
dà più gusto, lo rende più nutriente. Il pesce ed il pane sono il frutto, rispettivamente, <strong>di</strong><br />
pesca e <strong>di</strong> coltivazione; due attività che in<strong>di</strong>cano i due meto<strong>di</strong> complementari <strong>di</strong><br />
evangelizzazione: la ricerca e la cura pastor<strong>al</strong>e (cfr. 21,9). Qui il limite <strong>al</strong> dono è messo solo<br />
d<strong>al</strong>la volontà degli invitati (quanti ne vollero), mentre l'antica manna era misurata (Es<br />
16,16).<br />
«Quando poi furono sazi...»: il dono <strong>di</strong> Dio è sempre sovrabbondante (come a Cana) e<br />
noi non riusciamo mai a recepirlo tutto subito. Il Signore ha superato tutte le <strong>di</strong>fficoltà,<br />
<strong>di</strong>chiarate insormontabili da Filippo e da Andrea.<br />
«Radunate (syn-ágo) i pezzi avanzati, affinché nulla sia perduto!»: la raccolta non è fatta<br />
solo per la preziosità <strong>di</strong> questo pane, frutto evidente <strong>di</strong> un DONO straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Dio, ma<br />
con l’intento <strong>di</strong> RENDERE UNO i commens<strong>al</strong>i. Il pezzo <strong>di</strong> pane infatti rappresenta anche il<br />
credente, membro del popolo. Il verso usato: syn-ágo (metto insieme, congrego. Da esso<br />
102
deriva Sinagoga) ha una v<strong>al</strong>enza liturgica ed ecclesi<strong>al</strong>e. Quin<strong>di</strong> nulla dev’essere perduto,<br />
proprio perché nessun fedele può andare in per<strong>di</strong>zione (cfr. 39).<br />
«Li radunarono dunque e riempirono do<strong>di</strong>ci ceste»: do<strong>di</strong>ci come gli apostoli, come le<br />
tribù del popolo <strong>di</strong> Israele. Intorno a questo convito si sta formando e radunando il nuovo<br />
popolo <strong>di</strong> Dio (la Chiesa), a cui Gesù assicura la coesione e la pienezza del nutrimento<br />
attraverso l'Eucaristia e la Con<strong>di</strong>visione.<br />
5. VEDENDO IL SEGNO, DICEVANO: QUESTI È IL PROFETA (6,14-15)<br />
6.14 Oi( ou)=n a)/nqrwpoi i)do/ntej o(\ e)poi/hsen shmei=on e)/legon o(/ti<br />
Ou(=to/j e)stin a)lhqw=j o( profh/thj o( e)rxo/menoj ei)j to\n ko/smon.<br />
6.15 )Ihsou=j ou)=n gnou\j o(/ti me/llousin e)/rxesqai kai\ a(rpa/zein au)to\n<br />
i(/na poih/swsin basile/a, a)nexw/rhsen pa/lin ei)j to\ o)/roj au)to\j mo/noj.<br />
6,14 Quegli uomini <strong>al</strong>lora vedendo il segno (che) aveva–fatto, <strong>di</strong>cevano:<br />
«Questi è veramente il profeta che viene ne(l) mondo!».<br />
6,15 Gesù dunque, saputo che stavano (per) venire e rapirlo<br />
per far(lo) re, s’<strong>al</strong>lontanò <strong>di</strong>–nuovo sul monte, egli solo.<br />
«Quegli uomini <strong>al</strong>lora vedendo il segno...»: ancora una volta il miracolo è chiamato<br />
SEGNO, perché è un evento che, capito in profon<strong>di</strong>tà con la fede, svela e insegna molte<br />
cose.<br />
«Dicevano: Questi è veramente il profeta...»: è vero che Gesù è il Profeta, ma non nel<br />
senso che essi intendono. Non comprendono il DONO, il DONATORE e il RENDIMENTO<br />
DI GRAZIE. Vogliono soprattutto approfittare <strong>di</strong> un’inaspettata e conveniente opportunità.<br />
«Che viene nel mondo»: la gente comunque percepisce, anche se un po’ vagamente, che<br />
la missione del Cristo è <strong>di</strong> origine <strong>di</strong>vina (viene da fuori) ed ha una destinazione univers<strong>al</strong>e<br />
(per questo parla <strong>di</strong> mondo e non solo del proprio territorio o <strong>della</strong> propria nazione).<br />
«Saputo che stavano per venire e rapirlo per farlo re»: questa è una vera violenza fatta a<br />
Gesù, nell'intento <strong>di</strong> onorarlo. Gli offrono gloria e prestigio umani come risposta ad un<br />
SEGNO in cui Dio prepara la mensa fraterna nell'unità, nell'amore e nel servizio. A lui, che<br />
si è fatto servo, dànno potere reg<strong>al</strong>e e ad esso si sottomettono, pur <strong>di</strong> essere esonerati d<strong>al</strong><br />
cercare il vero cibo (la volontà del Padre). Non vi può essere nulla <strong>di</strong> più contrad<strong>di</strong>ttorio.<br />
«S’<strong>al</strong>lontanò <strong>di</strong> nuovo sul monte, egli solo»: per la seconda volta Gesù va sul monte<br />
(verso l'Alto, presso il Padre). Questa volta da solo. È la solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> chi non è capito, ma<br />
che, comunque, sa trovare nel Padre la sua consolazione.<br />
RIASSUMENDO<br />
<strong>Giovanni</strong> pone Gesù <strong>al</strong> centro in questo bellissimo SEGNO dei PANI, che ricorda quello<br />
del VINO <strong>di</strong> Cana. Cristo <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere qui (rispetto <strong>al</strong> racconto degli <strong>al</strong>tri evangelisti)<br />
l'iniziativa tot<strong>al</strong>e: s<strong>al</strong>e sul monte (3), pone una domanda (5), or<strong>di</strong>na (10), prende, rende<br />
grazie, <strong>di</strong>stribuisce (11), comanda <strong>di</strong> radunare (12). Compie dei gesti tipicamente<br />
EUCARISTICI, che per<strong>al</strong>tro, sono una sua caratteristica quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Se questi gesti (che possiamo riassumere sostanzi<strong>al</strong>mente in tre: 1° il prendere con<br />
gratitu<strong>di</strong>ne, 2° il rendere grazie a Dio, 3° il con<strong>di</strong>videre con tutti...) fossero ripetuti da noi<br />
nella concretezza <strong>della</strong> vita, tutti i giorni, nel mondo ci sarebbe meno sofferenza e meno<br />
fame.<br />
- II - IL SEGNO DEL CAMMINO SUL MARE<br />
1. IL MARE ERA AGITATO (6,16-18)<br />
6.16 (Wj de\ o)yi/a e)ge/neto kate/bhsan oi( maqhtai\ au)tou= e)pi\ th\n qa/lassan<br />
6.17 kai\ e)mba/ntej ei)j ploi=on h)/rxonto pe/ran th=j q<strong>al</strong>a/sshj ei)j Kafarnaou/m.<br />
103
kai\ skoti/a h)/dh e)gego/nei kai\ ou)/pw e)lhlu/qei pro\j au)tou\j o( )Ihsou=j,<br />
6.18 h(/ te qa/lassa a)ne/mou mega/lou pne/ontoj <strong>di</strong>egei/reto.<br />
6,16 Quando poi fu sera, i suoi <strong>di</strong>scepoli scesero <strong>al</strong> mare<br />
6,17 e s<strong>al</strong>iti su (una) barca, si–avviarono <strong>al</strong>–<strong>di</strong>–là del mare verso Cafarnao.<br />
E (la) tenebra già era (scesa) e Gesù non–ancora era venuto da loro.<br />
6,18 Il mare poi, soffiando (un) forte vento, era–agitato.<br />
«Quando poi fu sera, i suoi <strong>di</strong>scepoli scesero <strong>al</strong> mare»: Matteo e Marco riferiscono che<br />
fu Gesù ad obbligarli a s<strong>al</strong>ire in barca e a precederlo sull'<strong>al</strong>tra riva (Mt 14,22, Mc 6,45). La<br />
notte, <strong>di</strong> cui ci parla <strong>Giovanni</strong>, non è solo re<strong>al</strong>e, ma anche simbolica: regna anche nel cuore<br />
dei suoi <strong>di</strong>scepoli. Marco afferma chiaramente che non avevano compreso il fatto dei pani,<br />
perché avevano il cuore indurito (Mc 6,52).<br />
«S<strong>al</strong>iti sulla barca, si avviarono <strong>al</strong> <strong>di</strong> là del mare verso Cafarnao»: l'uomo si propone<br />
delle mete e usa certi mezzi per raggiungerle, ma senza Dio si affatica invano (rema con<br />
<strong>di</strong>fficoltà e inutilmente: cfr. 19).<br />
«La tenebra già era scesa... Il mare poi, soffiando un forte vento, era agitato»: il buio, il<br />
forte vento contrario ed il mare agitato sono i simboli del pericolo, delle <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong><br />
nostra vita, quando manca Gesù. In particolare, il forte vento rappresenta le forze degli<br />
spiriti cattivi.<br />
«Gesù non ancora era venuto da loro»: questo è il motivo vero <strong>della</strong> tragica situazione<br />
in cui si sono trovati. Anche loro erano fisicamente e ment<strong>al</strong>mente lontani d<strong>al</strong> Maestro.<br />
Is 57 20 Gli empi sono come un mare agitato che non può c<strong>al</strong>marsi e le cui acque portan<br />
su melma e fango. 21 Non v'è pace per gli empi, <strong>di</strong>ce il mio Dio.<br />
2. GESÙ CAMMINAVA SUL MARE (6,19-21)<br />
6.19 e)lhlako/tej ou)=n w(j sta<strong>di</strong>/ouj ei)/kosi pe/nte h)\ tria/konta qewrou=sin to\n )Ihsou=n<br />
peripatou=nta e)pi\ th=j q<strong>al</strong>a/sshj kai\ e)ggu\j tou= ploi/ou gino/menon, kai\ e)fobh/qhsan.<br />
6.20 o( de\ le/gei au)toi=j, )Egw/ ei)mi, mh\ fobei=sqe.<br />
6.21 h)/qelon ou)=n labei=n au)to\n ei)j to\ ploi=on,<br />
kai\ eu)qe/wj e)ge/neto to\ ploi=on e)pi\ th=j gh=j ei)j h(\n u(ph=gon.<br />
6,19 Avendo–remato dunque quasi venticinque o trenta sta<strong>di</strong>, vedono Gesù<br />
che–camminava sul mare ed era vicino <strong>al</strong>la barca e temettero.<br />
6,20 Ma egli <strong>di</strong>ce loro: «Io sono, non temete!».<br />
6,21 Vollero dunque prenderlo nella barca,<br />
e subito la barca fu (vicina) <strong>al</strong>la terra verso la–qu<strong>al</strong>e andavano.<br />
«Avendo remato dunque quasi venticinque o trenta sta<strong>di</strong>...»: l'Evangelista vuol mettere<br />
in ris<strong>al</strong>to la gran fatica fatta dagli apostoli che hanno il vento contrario e che sono privi <strong>della</strong><br />
forza del Cristo.<br />
«Vedono Gesù che camminava sul mare»: la Bibbia antica presentava Dio che<br />
passeggiava sulle acque nell'Esodo pasqu<strong>al</strong>e e guidava il suo popolo (S<strong>al</strong> 77,20 ab ). Gesù non<br />
nuota (come un pesce), non vola (come un uccello), ma cammina, come un essere umano,<br />
non però sulla terra ferma, ma sulle acque, come sa fare solo Dio (Gb 9,8), le cui misteriose<br />
orme rimangono invisibili (S<strong>al</strong> 77,20 c ).<br />
«Era vicino <strong>al</strong>la barca e temettero»: le soluzioni che Gesù trova ai problemi, le<br />
scorciatoie che prende, la logica che vive, sorprendono gli uomini fino <strong>al</strong> punto <strong>di</strong><br />
terrorizzarli. Abbiamo paura, perché non lo riconosciamo come colui che si avvicina nei<br />
mo<strong>di</strong> più inaspettati per offrirci la sua mano ed il suo aiuto, anche quando fuggiamo da lui.<br />
«Io sono»: questa semplice affermazione acquista in <strong>Giovanni</strong> un grande v<strong>al</strong>ore perché<br />
<strong>al</strong>lude <strong>al</strong> nome <strong>di</strong> Dio, YHWH.<br />
«Non temete»: Gesù è venuto a liberaci da ogni paura. Quante cose facciamo per paura e<br />
non per fede o per amore!<br />
104
«Vollero dunque prenderlo nella barca»: gli apostoli cambiano atteggiamento. Lo fanno<br />
s<strong>al</strong>ire con loro. Ma non è lui ad avere bisogno <strong>della</strong> barca, sono loro che hanno bisogno <strong>di</strong><br />
lui. L'importante è che fin<strong>al</strong>mente lo prendono con loro.<br />
«Subito la barca fu vicina <strong>al</strong>la terra»: un secondo pro<strong>di</strong>gio (forse poco notato) è questo<br />
subitaneo arrivo <strong>al</strong> porto desiderato. Di colpo Gesù vince l'agitazione del mare e la<br />
resistenza del vento contrario. Con lui (superata la paura inizi<strong>al</strong>e dell'incontro) si arriva con<br />
facilità e sicurezza <strong>al</strong>la terra promessa.<br />
RIFLESSIONE<br />
Non bastava il SEGNO dei PANI dato sul MONTE, visto che Gesù spontaneamente vi<br />
aggiunge quello del MARE sedato e del suo cammino <strong>di</strong> notte sulle onde (cfr. anche Mt<br />
14,22). Il popolo, sfamato sul monte, è aiutato nel suo esodo attraverso il mare. Qu<strong>al</strong>e<br />
stimolo <strong>al</strong>la fiducia riceve qui il <strong>di</strong>scepolo sempre pieno <strong>di</strong> paura <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>le <strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>della</strong> vita!<br />
- III - ANDARONO CERCANDO GESÙ (6,22-24)<br />
6.22 Tv= e)pau/rion o( o)/xloj o( e(sthkw\j pe/ran th=j q<strong>al</strong>a/sshj<br />
ei)=don o(/ti ploia/rion a) /llo ou)k h)=n e)kei= ei) mh\ e(/n<br />
kai\ o(/ti ou) suneish=lqen toi=j maqhtai=j au)tou= o( )Ihsou=j ei)j to\ ploi=on<br />
a)lla\ mo/noi oi( maqhtai\ au)tou= a)ph=lqon:<br />
6.23 a) /lla h)=lqen ploia/ria e)k Tiberia/doj e)ggu\j tou= to/pou<br />
o(/pou e)/fagon to\n a) /rton eu)xaristh/santoj tou= kuri/ou.<br />
6.24 o(/te ou)=n ei)=den o( o)/xloj o(/ti )Ihsou=j ou)k e)/stin e)kei= ou)de\ oi( maqhtai\ au)tou=,<br />
e)ne/bhsan au)toi\ ei)j ta\ ploia/ria kai\ h)=lqon ei)j Kafarnaou\m zhtou=ntej to\n )Ihsou=n.<br />
6,22 L'indomani la folla che stava <strong>al</strong>–<strong>di</strong>–là del mare,<br />
vide che <strong>al</strong>tra barca non c'era là se non una (sola)<br />
e che Gesù non era–s<strong>al</strong>ito con–i suoi <strong>di</strong>scepoli sulla barca,<br />
ma i suoi <strong>di</strong>scepoli erano–partiti soli.<br />
6,23 Ma da Tiberiade vennero (delle) barche vicino <strong>al</strong> luogo<br />
dove avevano–mangiato il pane, (dopo che) il Signore aveva–reso–grazie.<br />
6,24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era là, né i suoi <strong>di</strong>scepoli,<br />
essi s<strong>al</strong>irono sulle barche e andarono verso Cafarnao, cercando Gesù.<br />
«La folla»: per l'Evangelista si tratta ancora <strong>di</strong> folla anonima e non <strong>di</strong> popolo. La gente<br />
rimasta nel luogo del miracolo controlla i movimenti <strong>di</strong> Gesù, affinché non fugga via mare.<br />
«Vide che <strong>al</strong>tra barca non c'era là se non una sola...»: probabilmente questa barca era<br />
stata lasciata dai <strong>di</strong>scepoli perché Gesù la utilizzasse. Ma egli, come abbiamo visto,<br />
possiede <strong>al</strong>tre risorse e mette in atto <strong>al</strong>tre soluzioni.<br />
«Ma da Tiberiade vennero delle barche... »: anche d<strong>al</strong>la zona colonizzata dai Romani<br />
<strong>al</strong>tra gente accorre <strong>al</strong> luogo del pro<strong>di</strong>gio.<br />
«Al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie<br />
(’eukharistéo)»: quel luogo per l'Evangelista è <strong>di</strong>ventato molto importante. Per la folla lo<br />
era a motivo del fatto che avevano mangiato, per l'Evangelista a motivo soprattutto del fatto<br />
che qui Gesù aveva reso grazie <strong>al</strong> Padre. Gesù qui viene chiamato: il Signore.<br />
«Andarono verso Cafarnao»: non sapendo cosa fare, tutta quella folla si <strong>di</strong>rige, via mare,<br />
verso la città che Gesù aveva scelto come base per il suo apostolato, nella speranza <strong>di</strong><br />
incontrarlo. Anche se un po' caotica, per molti la ricerca non sarà senza frutto.<br />
SGUARDO D'INSIEME<br />
105
La folla mette in atto una ricerca affannosa e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata, quasi una caccia <strong>al</strong>l'uomo, dopo<br />
che Gesù l’aveva sfamata, costringendolo a nascondersi sul monte. Sempre per sfuggire,<br />
egli si era incamminato per una via inusu<strong>al</strong>e (le acque del lago) <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> arrivare a Cafarnao<br />
dove i <strong>di</strong>scepoli lo stavano precedendo. Gesù cerca <strong>di</strong> scoraggiare questo tipo <strong>di</strong> ricerca,<br />
anche se le intenzioni sono umanamente lusinghiere: lo vogliono fare RE.<br />
Al centro <strong>di</strong> tutto questo scenario (il MONTE durante il giorno e il MARE durante la<br />
notte) rimane quel luogo, importante non perché avevano mangiato, ma perché il Signore<br />
RESE GRAZIE, cioè: FECE EUCARISTIA (come vuol farci capire l'Evangelista che<br />
aggiunge questa precisazione laddove sarebbe superflua, dato che ha già detto: dove<br />
avevano mangiato il pane. Cfr. v. 23).<br />
106
IO SONO IL PANE DELLA VITA Unità 12<br />
La promessa dell'Eucaristia (6,25-71)<br />
Dato che questa Unità è piuttosto lunga, è utile fare il sommario delle sei parti in cui<br />
l'abbiamo <strong>di</strong>visa per mettere in evidenza lo sviluppo del messaggio: affermato il principiobase<br />
che «l'opera <strong>di</strong> Dio è credere nel suo inviato» (I), Gesù <strong>di</strong>ce: «il Padre mio vi dà il Pane<br />
d<strong>al</strong> cielo e questo Pane sono io» (II). A questo punto cerca <strong>di</strong> far capire che la fede in lui è<br />
opera del Padre e fonte <strong>di</strong> vita (III). Asserisce poi: «Se uno mangia questo pane, che è la mia<br />
carne, vivrà in eterno» (IV). Di fronte <strong>al</strong>lo scand<strong>al</strong>o dei suoi u<strong>di</strong>tori sostiene: «Le parole che<br />
vi ho detto sono spirito e vita» (V) e ottiene la risposta <strong>di</strong> Pietro: «Tu hai parole <strong>di</strong> vita<br />
eterna» (VI).<br />
- I - L'OPERA DI DIO È CREDERE NEL SUO INVIATO<br />
1. NON AVETE VISTO I SEGNI (6,25-26)<br />
6.25 kai\ eu(ro/ntej au)to\n pe/ran th=j q<strong>al</strong>a/sshj ei)=pon au)t%=,<br />
(Rabbi/, po/te w(=de ge/gonaj;<br />
6.26 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j kai\ ei)=pen,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
zhtei=te/ me ou)x o(/ti ei)/dete shmei=a,<br />
a)ll' o(/ti e)fa/gete e)k tw=n a)/rtwn kai\ e)xorta/sqhte.<br />
6,25 E trovatolo <strong>al</strong>–<strong>di</strong>–là del mare, gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Rabbì, quando sei–venuto qua?».<br />
6,26 Rispose loro Gesù e <strong>di</strong>sse:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
cercate me, non perché avete–visto (dei) segni,<br />
ma perché avete–mangiato dei pani e vi–siete–saziati.<br />
«Rabbì»: la folla si rivolge a Gesù con deferenza e grande rispetto, vedendo in lui il<br />
Profeta ed il Maestro.<br />
«Quando sei venuto qua?»: era natur<strong>al</strong>e la sorpresa <strong>di</strong> chi, avendo organizzato una<br />
ricerca in tutte le <strong>di</strong>rezioni, era stato così pro<strong>di</strong>giosamente eluso. L'uomo invece <strong>di</strong> chiedere<br />
a Dio come e quando agisce, dovrebbe essere un po' più desideroso <strong>di</strong> sapere cosa il Signore<br />
vuole da lui.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi...»: con questa espressione il Maestro (Rabbì) <strong>di</strong>mostra la sua<br />
sicurezza in quel che afferma. Egli legge nei cuori.<br />
«Cercate me, non perché avete visto dei segni»: Gesù non risponde <strong>al</strong>l'interrogativo (chi<br />
avrebbe capito, ad esempio, il SEGNO del mare?), ma punta il <strong>di</strong>to contro i suoi<br />
interroganti, affermando con forza (Amen... ) che essi non hanno saputo VEDERE il<br />
SEGNO dei pani nel suo vero significato. Per questo motivo la loro ricerca <strong>di</strong> lui è fatta in<br />
modo sbagliato. Si trattava <strong>di</strong> un segno che invitava a vivere eucaristicamente, mentre la<br />
loro motivazione era ben <strong>di</strong>versa (il potere, il benessere).<br />
«Ma perché avete mangiato e vi siete saziati»: ecco il livello dei loro veri interessi. Egli<br />
li invita a capire il senso profondo del Segno, passando d<strong>al</strong> livello materi<strong>al</strong>e ed utilitaristico<br />
(e quin<strong>di</strong> egoistico) a quello spiritu<strong>al</strong>e: egli risolve temporaneamente il problema del cibo<br />
per il corpo con l'intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare (ecco il Segno!) che Dio per mezzo suo può<br />
saziare la loro fame <strong>di</strong> sicurezza, <strong>di</strong> eternità, d'infinito...<br />
2. OPERATE PER IL CIBO CHE RIMANE (6,27)<br />
6.27 e)rga/zesqe mh\ th\n brw=sin th\n a)pollume/nhn<br />
107
a)lla\ th\n brw=sin th\n me/nousan ei)j zwh\n ai)w/nion,<br />
h(\n o( ui(o\j tou= a)nqrw/pou u(mi=n dw/sei:<br />
tou=ton ga\r o( path\r e)sfra/gisen o( qeo/j.<br />
6,27 Operate, non (per) il cibo, (quel)lo che–perisce,<br />
ma (per) il cibo, (quel)lo che–rimane per (la) vita eterna,<br />
che il Figlio dell'Uomo vi darà;<br />
questi infatti il Padre, Dio, suggellò».<br />
«Operate, non per il cibo, quello che perisce»: Gesù, che non ha risposto <strong>al</strong>la domanda<br />
dei suoi interlocutori, <strong>di</strong>ce loro che cosa devono fare per risolvere i loro problemi: operare<br />
<strong>al</strong>la ricerca del pane <strong>di</strong> Dio (cfr. 4,34), anche a costo <strong>di</strong> trascurare quella del pane materi<strong>al</strong>e<br />
e <strong>di</strong> ogni <strong>al</strong>tra cosa che non sia eterna.<br />
«Ma per il cibo, quello che rimane per la vita eterna»: Gesù esorta dunque a passare d<strong>al</strong><br />
cibo che si esaurisce a quello che rimane sempre e dona la vita definitiva (questo<br />
superamento è an<strong>al</strong>ogo a quello richiesto <strong>al</strong>la Samaritana: ella deve passare d<strong>al</strong>l'acqua del<br />
pozzo a quella viva, che <strong>di</strong>sseta in eterno). È fondament<strong>al</strong>e il dono <strong>di</strong> un cibo che <strong>di</strong>a v<strong>al</strong>ore<br />
e renda eterno tutto quello che l'uomo è e fa. Questo cibo è la fede, è il desiderio <strong>di</strong> fare la<br />
volontà del Padre (4,34).<br />
«Che il Figlio dell'Uomo vi darà»: Gesù usa il futuro (darà), perché il cibo che il Figlio<br />
promette non si ottiene solo attraverso l’atto <strong>di</strong> fede nella parola (cosa possibile da subito),<br />
ma anche partecipando <strong>al</strong> dono da lui fatto nell'Ultima Cena. memori<strong>al</strong>e <strong>della</strong> sua Pasqua <strong>di</strong><br />
morte e risurrezione (cfr. 6,51 b ).<br />
«Questi infatti il Padre... suggellò (sfraghízo)»: su Gesù Dio Padre ha messo il suo<br />
SIGILLO <strong>di</strong> garanzia, inviandogli lo Spirito come Colomba e testimoniando a suo favore<br />
(5,37). Per questo la promessa del cibo che rimane è sicura. Colui che opera per il cibo<br />
eterno, riceve anch'egli in sé il sigillo dello Spirito, <strong>di</strong>ventando egli stesso spirito (3,6),<br />
conformandosi così a Cristo che è l'autentico Uomo Spiritu<strong>al</strong>e.<br />
3. CHE COSA FACCIAMO? (6,28-29)<br />
6.28 ei)=pon ou)=n pro\j au)to/n,<br />
Ti/ poiw=men i(/na e)rgazw/meqa ta\ e)/rga tou= qeou=;<br />
6.29 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
Tou=to/ e)stin to\ e)/rgon tou= qeou=, i(/na pisteu/hte ei)j o(\n a)pe/steilen e)kei=noj.<br />
6,28 Dissero dunque verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Che (cosa dovremmo) fare, affinché operiamo le opere <strong>di</strong>–Dio?».<br />
6,29 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Questa è l'opera <strong>di</strong>–Dio: credere in colui–che egli ha–mandato».<br />
«Le opere <strong>di</strong> Dio?»: i Giudei <strong>al</strong>l’inizio sembrano pieni <strong>di</strong> buona volontà e desiderosi <strong>di</strong><br />
obbe<strong>di</strong>re. Usano il plur<strong>al</strong>e (opere), credendo che ci siano molte cose da fare e dando per<br />
scontato che sia facile per l'uomo fare le opere <strong>di</strong> Dio.<br />
«L'opera <strong>di</strong> Dio: credere in colui che egli ha mandato (’apostéllo) »: Gesù risponde<br />
chiarendo che l'opera da compiere è una sola: avere fede in lui, come Inviato <strong>di</strong> Dio e perché<br />
Inviato da Dio. Anzi, non è l'uomo a compiere quest'opera, ma è il Padre (Opus Dei).<br />
Pertanto, lasciare agire il Padre in noi, equiv<strong>al</strong>e a operare per il cibo che non passa e che ci<br />
nutre, dando una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> eternità <strong>al</strong>la nostra vita umana; equiv<strong>al</strong>e a credere in Gesù<br />
come apostolo (o rappresentante) del Padre. Con t<strong>al</strong>i espressioni il Maestro insegna che la<br />
fede è innanzi tutto un'azione <strong>di</strong>vina, rispetto <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e il nostro fare, pur assolutamente<br />
in<strong>di</strong>spensabile, risulterebbe inutile senza l'intervento determinante del Padre (cfr. 6,44).<br />
4. QUALE SEGNO FAI TU? (6,30-31)<br />
6.30 ei)=pon ou)=n au)t%=, Ti/ ou)=n poiei=j su\ shmei=on,<br />
i(/na i)/dwmen kai\ pisteu/swme/n soi; ti/ e)rga/zv;<br />
108
6.31 oi( pate/rej h(mw=n to\ ma/nna e)/fagon e)n tv= e)rh/m%, kaqw/j e)stin gegramme/non,<br />
)/Arton e)k tou= ou)ranou= e)/dwken au)toi=j fagei=n.<br />
6,30 Dissero dunque a–lui: «Qu<strong>al</strong>e segno dunque fai tu,<br />
affinché ve<strong>di</strong>amo e cre<strong>di</strong>amo a–te? Che (cosa) operi?<br />
6,31 I nostri padri la manna mangiarono nel deserto, come è scritto:<br />
'Pane d<strong>al</strong> cielo <strong>di</strong>ede loro (da) mangiare!'».<br />
«Qu<strong>al</strong>e segno dunque fai tu...?»: gli ascoltatori in re<strong>al</strong>tà erano pronti a fare le opere <strong>di</strong><br />
Dio solo nella scia <strong>della</strong> loro tra<strong>di</strong>zione religiosa, che imponeva tutta una serie <strong>di</strong> osservanze<br />
<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i erano molto attaccati e <strong>di</strong> cui erano fieri. Credere in lui come Inviato del Padre,<br />
come Figlio segnato d<strong>al</strong> Sigillo dello Spirito <strong>di</strong>vino richiede un s<strong>al</strong>to <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>ità che essi<br />
stentano a fare. Ciechi a segni già operati, esigono pertanto <strong>di</strong> vedere un segno, che sia più<br />
convincente <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> cui sono stati testimoni. Notiamo che per chi ha paura <strong>della</strong> verità<br />
ogni segno non è mai abbastanza chiaro (cfr. 2,18).<br />
«Affinché ve<strong>di</strong>amo e cre<strong>di</strong>amo a te»: accettano <strong>di</strong> credere solo se vedono (come<br />
Tommaso). Non si rendono conto che non sanno vedere. In t<strong>al</strong> modo si precludono<br />
l'esperienza <strong>di</strong> fede. Non dobbiamo pretendere <strong>di</strong> vedere per credere, ma accettare <strong>di</strong><br />
credere per vedere.<br />
«I nostri padri la manna mangiarono...»: ricordando a Gesù il fatto <strong>della</strong> manna, gli<br />
chiedono, in pratica, <strong>di</strong> compiere delle gesta gran<strong>di</strong> <strong>al</strong>meno quanto quelle <strong>di</strong> Mosè: ad<br />
esempio, fare una moltiplicazione miracolosa che duri non meno <strong>di</strong> quarant'anni e che<br />
quin<strong>di</strong>, oltre a risolvere il problema del cibo per un tempo <strong>di</strong>screto, sia ben constatabile da<br />
tutti. Solo così avrebbero la garanzia che il segno viene d<strong>al</strong> cielo, come la manna che nutrì i<br />
loro padri. Anche qui (come fece la Samaritana) pensano ai loro padri e non <strong>al</strong> Padre.<br />
«Come è scritto: 'Pane d<strong>al</strong> cielo <strong>di</strong>ede loro da mangiare!'»: cfr. Ne 9,15, Es 16,15, S<strong>al</strong><br />
78,24. Per loro le esperienze antiche, non sono superabili; per loro non ci può essere un<br />
pane d<strong>al</strong> cielo più prezioso <strong>della</strong> manna.<br />
Mt 12,38 Allora <strong>al</strong>cuni scribi e farisei lo interrogarono: «Maestro, vorremmo che tu ci<br />
facessi vedere un segno».<br />
- II - IL PADRE MIO VI DÀ IL PANE DAL CIELO<br />
1. NON MOSÈ HA DATO IL PANE DAL CIELO (6,32)<br />
6.32 ei)=pen ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
ou) Mwush=j de/dwken u(mi=n to\n a)/rton e)k tou= ou)ranou=,<br />
a)ll' o( path/r mou <strong>di</strong>/dwsin u(mi=n to\n a)/rton e)k tou= ou)ranou= to\n a)lhqino/n:<br />
6,32 Disse dunque loro Gesù:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
non Mosè ha–dato a–voi il pane d<strong>al</strong> cielo,<br />
ma il Padre mio dà a–voi il pane d<strong>al</strong> cielo, (quel)lo vero;<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi... »: il Maestro usa la solita formula solenne per far capire che<br />
sta parlando sul serio.<br />
«Non Mosè ha dato a voi il pane d<strong>al</strong> cielo...»: Gesù è subito chiaro e forte nella sua<br />
risposta. La manna non può essere considerata il pane d<strong>al</strong> cielo, se messa a confronto con<br />
quello che il Padre sta dando e sta per dare. Gesù mette subito il Padre <strong>al</strong> primo posto, come<br />
datore del pane vero, contro la pretesa dei Giudei <strong>di</strong> mettervi Mosè.<br />
«Il Padre mio dà a voi il pane d<strong>al</strong> cielo, quello vero»: il pane dato da Mosè era solo una<br />
figura, un'ombra in confronto col pane autentico dato d<strong>al</strong> Padre, che Gesù chiama suo,<br />
unendosi intimamente a lui, come Figlio, nel dono <strong>di</strong> questo pane speci<strong>al</strong>issimo. Nessun<br />
pane è vero come questo.<br />
109
2. IL PANE DI DIO È COLUI CHE SCENDE DAL CIELO (6,33-34)<br />
6.33 o( ga\r a)/rtoj tou= qeou= e)stin o( katabai/nwn e)k tou= ou)ranou=<br />
kai\ zwh\n <strong>di</strong>dou\j t%= ko/sm%.<br />
6.34 Ei)=pon ou)=n pro\j au)to/n,<br />
Ku/rie, pa/ntote do\j h(mi=n to\n a)/rton tou=ton.<br />
6,33 infatti il pane <strong>di</strong>–Dio è colui [oppure quello] che–<strong>di</strong>scende d<strong>al</strong> cielo<br />
e che–dà (la) vita <strong>al</strong> mondo».<br />
6,34 Dissero dunque verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Signore, dacci sempre questo pane!».<br />
«Il pane <strong>di</strong> Dio è colui [quello] che <strong>di</strong>scende d<strong>al</strong> cielo e che dà la vita <strong>al</strong> mondo»: Gesù,<br />
in modo velato, inizia a <strong>di</strong>re che il pane <strong>di</strong>vino è lui stesso. Egli infatti è <strong>di</strong>sceso e continua<br />
a <strong>di</strong>scendere con grande umiltà d<strong>al</strong> cielo (d<strong>al</strong> seno <strong>di</strong> Dio) e nutre veramente, dando la vita<br />
<strong>al</strong> mondo intero (univers<strong>al</strong>ismo).<br />
«Dissero... Signore, dacci sempre questo pane»: non comprendendo le parole <strong>di</strong> Gesù,<br />
gli chiedono, chiamandolo Signore, questo pane (così come fa la Samaritana che chiede<br />
l'acqua viva, non superando la soglia <strong>della</strong> ment<strong>al</strong>ità materi<strong>al</strong>ista: 4,15). Chie<strong>di</strong>amo nella<br />
preghiera <strong>di</strong> credere che Gesù è il più grande Segno dell'amore del Padre, che è lui il Dono<br />
definitivo ed il Pane sempre nutriente. Sarebbe un'ipocrisia accettare tutti gli <strong>al</strong>tri doni e non<br />
questo.<br />
3. IO SONO IL PANE DELLA VITA (6,35-36)<br />
6.35 ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Egw/ ei)mi o( a)/rtoj th=j zwh=j:<br />
o( e)rxo/menoj pro/j e)me\ ou) mh\ peina/sv,<br />
kai\ o( pisteu/wn ei)j e)me\ ou) mh\ <strong>di</strong>yh/sei pw/pote.<br />
6.36 a)ll' ei)=pon u(mi=n o(/ti kai\ e(wra/kate/ me kai\ ou) pisteu/ete.<br />
6,35 Disse loro Gesù:<br />
«Io sono il pane <strong>della</strong> vita;<br />
chi viene a me, non avrà–fame<br />
e chi crede in me, non avrà–sete mai–più.<br />
6,36 Ma vi <strong>di</strong>ssi che, anche–se mi avete–visto, non credete.<br />
«Io sono il pane <strong>della</strong> vita»: a questo punto Gesù chiarisce l'affermazione <strong>di</strong> prima,<br />
affinché non vi siano dubbi. Il pane celeste è lui stesso. Qu<strong>al</strong>i sono gli effetti <strong>di</strong> questo<br />
pane? Lo sta per spiegare, <strong>di</strong>cendo (e in questo completa il <strong>di</strong>scorso fatto <strong>al</strong>la Samaritana)<br />
che il risultato è la perfetta sazietà non solo nei confronti <strong>della</strong> sete, ma anche <strong>della</strong> fame. La<br />
fame riguarda la necessità <strong>di</strong> cibo solido e nutriente, la sete il bisogno <strong>di</strong> acqua e <strong>di</strong> bevande<br />
gustose.<br />
«Chi viene a me, non avrà fame e chi crede in me, non avrà sete mai più»: come avviene<br />
sovente in <strong>Giovanni</strong>, la fede (credere) è vista anche plasticamente come un movimento<br />
verso il Cristo (venire a me). Avvicinarsi a lui (in modo teologicamente significativo) e<br />
credere, non solo <strong>al</strong>la sua parola, ma a lui stesso, elimina per sempre il pericolo <strong>di</strong> morire <strong>di</strong><br />
fame e <strong>di</strong> sete, trovando così il senso e la re<strong>al</strong>izzazione <strong>della</strong> propria esistenza. Per ora non<br />
si tratta ancora <strong>di</strong> un pane da mangiare, ma <strong>di</strong> un pane da credere, v<strong>al</strong>e a <strong>di</strong>re: <strong>di</strong> esso ci si<br />
nutre credendo <strong>al</strong>la sapiente dottrina del Signore (cfr. Prov 9,5).<br />
«Anche se mi avete visto, non credete»: esprime ora un giu<strong>di</strong>zio negativo<br />
sull'atteggiamento dei suoi ascoltatori (cfr. 26). La mancanza <strong>di</strong> fede (pur dopo averlo visto<br />
<strong>al</strong>l'opera) impe<strong>di</strong>sce loro <strong>di</strong> accettarlo come pane <strong>della</strong> vita e così compiere l'opera <strong>di</strong> Dio. Il<br />
dono del Pane <strong>della</strong> Vita esige fede per essere capito e accolto con riconoscenza e con<br />
frutto. La fede ci fa avvicinare a Gesù per essere saziati e vivificati. Chi crede si sta già<br />
nutrendo <strong>di</strong> lui: vive <strong>di</strong> lui e come lui. Per ora egli non parla ancora <strong>di</strong>rettamente del segno<br />
110
dell'Eucaristia (Sacramento), perché prima tutti devono capire che è lui, con la sua dottrina,<br />
il Sacramento primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e <strong>della</strong> vita. Le sue parole però ci stanno già mettendo sulla strada<br />
che porta a comprendere il verso senso del dono del pane eucaristico.<br />
- III - LA FEDE È OPERA DEL PADRE, CHE AMMAESTRA TUTTI<br />
1. CHI CREDE NEL FIGLIO HA LA VITA ETERNA (6,37-40)<br />
6.37 Pa=n o(\ <strong>di</strong>/dwsi/n moi o( path\r pro\j e)me\ h(/cei,<br />
kai\ to\n e)rxo/menon pro\j e)me\ ou) mh\ e)kba/lw e)/cw,<br />
6.38 o(/ti katabe/bhka a)po\ tou= ou)ranou= ou)x i(/na poiw= to\ qe/lhma to\ e)mo\n<br />
a)lla\ to\ qe/lhma tou= pe/myanto/j me.<br />
6.39 tou=to de/ e)stin to\ qe/lhma tou= pe/myanto/j me,<br />
i(/na pa=n o(\ de/dwke/n moi mh\ a)pole/sw e)c au)tou=,<br />
a)lla\ a)nasth/sw au)to\ e)n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
6.40 tou=to ga/r e)stin to\ qe/lhma tou= patro/j mou,<br />
i(/na pa=j o( qewrw=n to\n ui(o\n kai\ pisteu/wn ei)j au)to\n e)/xv zwh\n ai)w/nion,<br />
kai\ a)nasth/sw au)to\n e)gw\ e)n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
6,37 Tutto ciò–che mi dà il Padre, verrà a me<br />
e chi viene a me, non (lo) getto fuori,<br />
6,38 perché sono–sceso d<strong>al</strong> cielo non per fare la volontà, la mia,<br />
ma la volontà <strong>di</strong>–chi mi ha–inviato.<br />
6,39 Questa poi è la volontà <strong>di</strong>–chi mi ha–inviato:<br />
che tutto quello–che mi ha–dato, non perda (nulla) <strong>di</strong> esso,<br />
ma lo risusciti nell'ultimo giorno.<br />
6,40 Questa infatti è la volontà del Padre mio,<br />
che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia (la) vita eterna<br />
ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno».<br />
«Tutto ciò che mi dà il Padre, verrà a me»: Gesù ritiene opportuno de<strong>di</strong>care un po’ <strong>di</strong><br />
tempo <strong>al</strong> tema dell'importanza <strong>della</strong> fede, vista come un andare verso <strong>di</strong> lui. La prima<br />
con<strong>di</strong>zione per arrivare <strong>al</strong>la fede è essere donati d<strong>al</strong> Padre a Cristo. È bello sapere che egli ci<br />
considera come un dono del Padre e, per questa ragione, ci accoglie con amore e<br />
riconoscenza.<br />
«E chi viene a me, non lo getto fuori»: nel v. 37 Gesù per in<strong>di</strong>care il credente si esprime<br />
usando prima il neutro (tutto ciò che...) e poi il maschile (chi...): questo vuol <strong>di</strong>re che egli<br />
prende in considerazione le persone che credono in lui, sia come comunità (la qu<strong>al</strong>e forma<br />
un tutt'uno, ben coeso) e sia come singoli.<br />
«Sono sceso d<strong>al</strong> cielo... per fare... la volontà <strong>di</strong> chi mi ha inviato»: egli motiva questa<br />
accoglienza <strong>di</strong>cendo che essa è voluta d<strong>al</strong> Padre suo e coglie l'occasione per riba<strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />
essere <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo (origine <strong>di</strong>vina) e <strong>di</strong> essere stato mandato da Dio (autorizzazione<br />
<strong>di</strong>vina: cfr. 39). L'immagine <strong>della</strong> <strong>di</strong>scesa in<strong>di</strong>ca innanzi tutto l'idea <strong>di</strong> una umile<br />
<strong>di</strong>sponibilità verso chi è debole e bisognoso.<br />
«Questa poi è la volontà <strong>di</strong> chi mi ha inviato»: Gesù presenta la sua azione vivificante<br />
come un incarico ricevuto da Dio.<br />
«Che tutto quello che mi ha dato, non perda nulla <strong>di</strong> esso, ma lo risusciti nell'ultimo<br />
giorno»: Gesù aveva già parlato ai Giudei del suo potere, ricevuto d<strong>al</strong> Padre, <strong>di</strong> vivificare i<br />
morti (5,21 ss.); ora riba<strong>di</strong>sce che è volere <strong>di</strong>vino che egli risusciti per la vita coloro <strong>di</strong> cui il<br />
Padre gli ha fatto dono. Notiamo l'estrema umiltà del linguaggio e, insieme, l'inequivocabile<br />
pretesa <strong>di</strong> avere il potere <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> far risorgere.<br />
«Questa infatti è la volontà del Padre mio»: proprio perché Dio è il Padre suo, Gesù<br />
conosce con precisione e sicurezza il suo progetto s<strong>al</strong>vifico. Il Padre ed il Figlio vivono in<br />
comunione <strong>di</strong> amore, <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> attività.<br />
«Che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna...»: quella volontà,<br />
che è cibo per il Cristo, ha stabilito <strong>di</strong> donare la vita e la risurrezione a chi contempla e<br />
111
crede nel Figlio. È importante per la nostra ricerca notare che la fede è messa in par<strong>al</strong>lelo<br />
con la contemplazione: possiamo <strong>di</strong>re che la fede consiste nella capacità <strong>di</strong> contemplare il<br />
Figlio (cioè <strong>di</strong> guardare, con gli occhi del cuore pieni <strong>di</strong> meraviglia e <strong>di</strong> gioia, e penetrare<br />
nel mistero <strong>della</strong> sua partecipazione <strong>al</strong>la vita del Padre).<br />
«Ed io lo risusciterò (’an-ístemi) nell'ultimo giorno»: chi ha fede non solo non viene<br />
gettato fuori (37) e non viene perduto (39), ma viene risuscitato d<strong>al</strong> Cristo nell'ultimo giorno<br />
(’éskhatos: cfr. anche 40). Forse non siamo abbastanza abituati a porre il pensiero <strong>della</strong><br />
nostra risurrezione <strong>al</strong> vertice dei nostri interessi.<br />
2. NON È QUESTI IL FIGLIO DI GIUSEPPE? (6,41-42)<br />
6.41 )Ego/gguzon ou)=n oi( )Ioudai=oi peri\ au)tou= o(/ti ei)=pen,<br />
)Egw/ ei)mi o( a)/rtoj o( kataba\j e)k tou= ou)ranou=,<br />
6.42 kai\ e)/legon, Ou)x ou(=to/j e)stin )Ihsou=j o( ui(o\j )Iwsh/f,<br />
ou(= h(mei=j oi)/damen to\n pate/ra kai\ th\n mhte/ra;<br />
pw=j nu=n le/gei o(/ti )Ek tou= ou)ranou= katabe/bhka;<br />
6,41 Mormoravano dunque i Giudei <strong>di</strong> lui, perché <strong>di</strong>sse:<br />
«Io sono il pane, (quel)lo <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo!».<br />
6,42 e <strong>di</strong>cevano: «Non è questi Gesù, il figlio <strong>di</strong>–Giuseppe,<br />
<strong>di</strong>–cui noi conosciamo il padre e la madre?<br />
Come dunque <strong>di</strong>ce: D<strong>al</strong> cielo sono–<strong>di</strong>sceso?».<br />
«Mormoravano dunque i Giudei..., perché <strong>di</strong>sse: Io sono il pane, quello <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong><br />
cielo!»: questa è la prima contestazione.<br />
«Non è questi Gesù, il figlio <strong>di</strong> Giuseppe, del qu<strong>al</strong>e noi conosciamo il padre e la<br />
madre?»: cadono nello stesso tranello in cui son caduti Filippo e Natanaele (1,45). Non<br />
accettano l'origine celeste <strong>di</strong> Gesù per il fatto che si basano solo sulle loro conoscenze e<br />
certezze umane. Per loro Gesù è semplicemente il figlio <strong>di</strong> Giuseppe. Un uomo <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong><br />
cielo non rientra nei loro schemi, perché non vogliono accettare che Dio si coinvolga<br />
tot<strong>al</strong>mente con l'uomo, affinché l'uomo si possa coinvolgere completamente con Dio. Essi<br />
non conoscono il Padre, ma solo Giuseppe.<br />
«Come dunque <strong>di</strong>ce: D<strong>al</strong> cielo sono <strong>di</strong>sceso?»: una domanda che inizi con come è, <strong>di</strong><br />
solito provocata d<strong>al</strong>l'incredulità (cfr. 3,9). Le frasi: Sono il pane…, sono <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo,<br />
possono essere interpretate in modo positivo oppure negativo: possono essere viste come<br />
affermazioni piene <strong>di</strong> orgoglio oppure piene <strong>di</strong> umiltà. I Giudei, trascurando del tutto il fatto<br />
che Gesù, proponendosi come pane e come uno che <strong>di</strong>scende…, in<strong>di</strong>ca la sua <strong>di</strong>sponibilità a<br />
donarsi (a farsi mangiare) e ad abbassarsi, si concentrano sul fatto che ha detto: d<strong>al</strong> Cielo<br />
(cioè d<strong>al</strong>l'Alto, visto da loro come simbolo <strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> supremazia).<br />
3. NESSUNO PUÒ VENIRE A ME, SE IL PADRE NON LO ATTIRA (6,43-47)<br />
6.43 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)toi=j, Mh\ goggu/zete met' a)llh/lwn.<br />
6.44 ou)dei\j du/natai e)lqei=n pro/j me<br />
e)a\n mh\ o( path\r o( pe/myaj me e(lku/sv au)to/n,<br />
ka)gw\ a)nasth/sw au)to\n e)n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
6.45 e)/stin gegramme/non e)n toi=j profh/taij,<br />
Kai\ e)/sontai pa/ntej <strong>di</strong>daktoi\ qeou=:<br />
pa=j o( a)kou/saj para\ tou= patro\j kai\ maqw\n e)/rxetai pro\j e)me/.<br />
6.46 ou)x o(/ti to\n pate/ra e(w/rake/n tij ei) mh\ o( w)\n para\ tou= qeou=,<br />
ou(=toj e(w/raken to\n pate/ra.<br />
6.47 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n, o( pisteu/wn e)/xei zwh\n ai)w/nion.<br />
6,43 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse loro: «Non mormorate tra–<strong>di</strong> voi.<br />
6,44 Nessuno può venire a me,<br />
se il Padre, che mi ha–inviato, non lo attiri<br />
e–io lo risusciterò nell'ultimo giorno.<br />
6,45 È scritto nei profeti:<br />
112
'E saranno tutti ammaestrati da–Dio'<br />
Chiunque ha–u<strong>di</strong>to d<strong>al</strong> Padre e ha–imparato, viene a me.<br />
6,46 Non che qu<strong>al</strong>cuno abbia–visto il Padre, se non chi è da Dio:<br />
questi ha–visto il Padre.<br />
6,47 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi, chi crede ha (la) vita eterna.<br />
«Non mormorate tra <strong>di</strong> voi»: i Giudei non hanno per ora il coraggio <strong>di</strong> contestare<br />
apertamente. La mormorazione, fatta sottovoce <strong>al</strong>l'interno del proprio gruppo, è il contrario<br />
<strong>della</strong> franchezza profetica.<br />
«Nessuno può venire a me se il Padre... non lo attiri...»: Gesù spiega come nasce l'atto <strong>di</strong><br />
fede: da una potente e misteriosa attrazione operata d<strong>al</strong> Padre nel cuore dei credenti.<br />
Bisogna lasciarsi attirare d<strong>al</strong> Padre verso il Cristo, autore <strong>della</strong> nostra risurrezione.<br />
«È scritto nei profeti: E saranno tutti ammaestrati da Dio»: cfr. Ger 31,31-34 e Is 54,13<br />
(il testo <strong>di</strong> Isaia parla <strong>di</strong> figli <strong>di</strong> Israele, Gesù, univers<strong>al</strong>izzando, <strong>di</strong>ce: tutti). Mentre i Giudei<br />
seguono solo Mosè, Gesù si appella ai profeti.<br />
«Chiunque ha u<strong>di</strong>to d<strong>al</strong> Padre e ha imparato, viene a me»: ecco un'ulteriore con<strong>di</strong>zione:<br />
imparare d<strong>al</strong> Padre che insegna come si arriva <strong>al</strong> Cristo. Il Padre istruisce il credente in<br />
modo ineffabile per mezzo del suo Spirito. Gesù, in <strong>al</strong>tre parole, sta <strong>di</strong>cendo ai Giudei:<br />
Apritevi <strong>al</strong>la voce del Padre!<br />
«Non che qu<strong>al</strong>cuno abbia visto il Padre, se non chi è da Dio: questi ha visto il Padre»:<br />
noi possiamo ascoltare, ma non vedere il Padre (1,18). Gesù invece è vicino <strong>al</strong> Padre, da lui<br />
viene e lo vede faccia a faccia. Egli infatti è il Figlio, ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre. Per questo si capisce<br />
perché nessuno può credere in Gesù e avvicinarsi a lui, se non gli è concesso d<strong>al</strong> Padre.<br />
Queste spiegazioni ci possono aiutare a capire dove trova le sue ra<strong>di</strong>ci il rifiuto <strong>di</strong> molti<br />
<strong>di</strong>scepoli e da dove nasce la fede che Pietro professa <strong>al</strong> termine <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso (cfr. Mt<br />
16,17). Nell'azione <strong>di</strong>vina e nel mistero del cuore umano si nasconde il perché <strong>della</strong><br />
chiusura o dell'apertura <strong>al</strong>la rivelazione che s<strong>al</strong>va.<br />
1 Gv 2,27 Quanto a voi, l'Unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete<br />
bisogno che <strong>al</strong>cuno vi ammaestri; ma come la sua Unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera<br />
e non mentisce, così state s<strong>al</strong><strong>di</strong> in lui, come essa vi insegna.<br />
- IV - CHI MANGIA LA MIA CARNE HA LA VITA ETERNA<br />
1. SE UNO MANGIA QUESTO PANE VIVRÀ IN ETERNO (6,48-51 a )<br />
6.48 e)gw/ ei)mi o( a)/rtoj th=j zwh=j.<br />
6.49 oi( pate/rej u(mw=n e)/fagon e)n tv= e)rh/m% to\ ma/nna kai\ a)pe/qanon:<br />
6.50 ou(=to/j e)stin o( a)/rtoj o( e)k tou= ou)ranou= katabai/nwn,<br />
i(/na tij e)c au)tou= fa/gv kai\ mh\ a)poqa/nv.<br />
6.51 e)gw/ ei)mi o( a)/rtoj o( zw=n o( e)k tou= ou)ranou= kataba/j:<br />
e)a/n tij fa/gv e)k tou/tou tou= a)/rtou zh/sei ei)j to\n ai)w=na,<br />
6,48 Io sono il pane <strong>della</strong> vita.<br />
6,49 I padri vostri mangiarono nel deserto la manna e morirono.<br />
6,50 Questi è il pane che <strong>di</strong>scende d<strong>al</strong> cielo.<br />
affinché chi <strong>di</strong> esso mangi non muoia.<br />
6,51 a Io sono il pane, (quel)lo vivente, che d<strong>al</strong> cielo (è) <strong>di</strong>sceso.<br />
Se uno mangia <strong>di</strong> questo pane, vivrà in eterno.<br />
«Io sono il pane <strong>della</strong> vita»: il v. 48 riba<strong>di</strong>sce, in modo non inutile, la grande verità già<br />
affermata in 35 (cioè che bisogna nutrirsi <strong>di</strong> lui) e dà inizio <strong>al</strong>la seconda parte del <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo<br />
con i Giudei. In t<strong>al</strong>e parte (IV-VI) Gesù precisa che lui è Pane che vivifica, non solo quando<br />
gli si crede (I-III), ma anche quando lo si mangia. Si tratta <strong>di</strong> quella Vita <strong>di</strong> cui <strong>Giovanni</strong><br />
parlava nel Prologo (1,4).<br />
113
«I padri vostri mangiarono nel deserto la manna e morirono»: una delle novità <strong>di</strong> questa<br />
seconda parte è che qui Cristo passa <strong>al</strong> contrattacco. Non teme <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che il tanto vantato<br />
pro<strong>di</strong>gio <strong>della</strong> manna non ha s<strong>al</strong>vato i loro padri da una morte infelice, perché castigo <strong>della</strong><br />
loro incredulità (cfr. 1 Cor 10,5). Ai padri, che muoiono, Gesù opporrà il Padre, il Vivente<br />
(cfr. 57). Per questo egli prende le <strong>di</strong>stanze da loro (<strong>di</strong>ce: i vostri padri anche perché i<br />
Giudei li avevano chiamati i nostri padri: 6,31).<br />
«Questi è il pane che <strong>di</strong>scende d<strong>al</strong> cielo»: l'uso del presente (<strong>di</strong>scende) fa pensare ad un<br />
continuo e sempre attu<strong>al</strong>e dono d<strong>al</strong>l'Alto.<br />
«Chi <strong>di</strong> esso mangi non muoia»: l'accento ora si sposta d<strong>al</strong> CREDERE <strong>al</strong> MANGIARE.<br />
L'effetto è quello <strong>di</strong> sfuggire <strong>al</strong>la sorte dei padri: la morte. I padri (plur<strong>al</strong>e) sono presi in<br />
blocco, il fedele <strong>di</strong> Cristo è innanzi tutto visto come in<strong>di</strong>viduo, nella sua singolarità (chi...).<br />
«Io sono il pane... vivente, che d<strong>al</strong> cielo è <strong>di</strong>sceso...»: per la sesta volta Gesù riafferma<br />
questa verità, con una leggera variazione (usa l'aggettivo vivente, il che in<strong>di</strong>ca la ragione per<br />
cui è pane <strong>di</strong> vita per l'uomo). Qui, rispetto <strong>al</strong> v. precedente, usa il passato (è <strong>di</strong>sceso) per<br />
in<strong>di</strong>care il momento <strong>della</strong> sua venuta nel mondo (l'Incarnazione) come inizio <strong>di</strong> una<br />
rinnovata storia <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
«Se uno mangia <strong>di</strong> questo pane, vivrà in eterno»: il termine MANGIARE <strong>di</strong>venta, per<br />
certi aspetti, l'equiv<strong>al</strong>ente <strong>di</strong> CREDERE ed infatti ne produce gli stessi effetti (FEDE =<br />
MANGIARE IL PANE: cfr. 40). Noi ci doman<strong>di</strong>amo: perché la fede esige questo<br />
mangiare? Mangiare significa assimilare, interiorizzare, nutrirsi per vivere <strong>di</strong> lui e come lui.<br />
Se il gesto <strong>di</strong> mangiare esige la fede per essere vero, la fede esige, per essere concreta e<br />
visibile, il gesto <strong>di</strong> mangiare. Chi lo fa in modo degno vive <strong>della</strong> stessa vita del Signore<br />
Gesù, che è insieme autenticamente spiritu<strong>al</strong>e e pienamente incarnata.<br />
1 Cor 10 1 ... I nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, 2<br />
tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, 3 tutti mangiarono lo<br />
stesso cibo spiritu<strong>al</strong>e, 4 tutti bevvero la stessa bevanda spiritu<strong>al</strong>e: bevevano infatti da una<br />
roccia spiritu<strong>al</strong>e che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. 5 Ma <strong>della</strong> maggior<br />
parte <strong>di</strong> loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto.<br />
2. IL PANE È LA MIA CARNE PER LA VITA DEL MONDO (6,51 b )<br />
kai\ o( a)/rtoj de\ o(\n e)gw\ dw/sw<br />
h( sa/rc mou/ e)stin u(pe\r th=j tou= ko/smou zwh=j.<br />
6,51 b E il pane, poi, che io darò<br />
è la mia carne per la vita del mondo».<br />
«Il pane... è la mia carne»: il Signore precisa subito che il PANE, <strong>di</strong> cui sta parlando e<br />
che sta promettendo per il futuro (darò), è la sua CARNE (preannuncia il dono<br />
dell'Eucaristia). Per noi il riferimento è chiarissimo: durante l'ultima Cena, Gesù «preso un<br />
pane, rese grazie, lo spezzò e lo <strong>di</strong>ede loro <strong>di</strong>cendo: Questo è il mio corpo che è dato per<br />
voi; fate questo in memoria <strong>di</strong> me» (Lc 22,19). D<strong>al</strong>la figura <strong>della</strong> Manna, Gesù passa a<br />
quella dell'Agnello pasqu<strong>al</strong>e.<br />
«Per la vita del mondo»: il Signore Gesù è l'<strong>al</strong>imento vit<strong>al</strong>e per tutti (mondo:<br />
univers<strong>al</strong>ismo). Non c'è la nuova qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> vita <strong>di</strong>vina e spiritu<strong>al</strong>e senza la carne <strong>di</strong> Cristo,<br />
che è il Lógos <strong>di</strong>venuto carne. La sua umanità è sacramento <strong>di</strong> gloria, grazia e verità (1,14).<br />
3. COME PUÒ DARCI LA SUA CARNE DA MANGIARE? (6,52)<br />
6.52 )Ema/xonto ou)=n pro\j a)llh/louj oi( )Ioudai=oi le/gontej,<br />
Pw=j du/natai ou(=toj h(mi=n dou=nai th\n sa/rka [au)tou=] fagei=n;<br />
6,52 Polemizzavano dunque tra loro i Giudei, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Come può costui dare a–noi la carne (da) mangiare?».<br />
114
«Come può costui dare a noi la carne da mangiare?»: capiscono bene che Gesù voleva<br />
dare veramente la sua carne come cibo, ma non ne vedono la possibilità (seconda<br />
contestazione: non più una mormorazione, ma una dura <strong>di</strong>scussione tra loro).<br />
Ormai Gesù è arrivato <strong>al</strong> massimo <strong>della</strong> sua proposta. In seguito spiegherà l'importanza e<br />
gli effetti <strong>di</strong> questo mangiare (53- 58), ma il culmine si trova nel v. 51. Questo è il momento<br />
nel qu<strong>al</strong>e il SIMBOLO <strong>di</strong>venta REALTÀ (e quin<strong>di</strong> vero SACRAMENTO). Questo è il<br />
punto nel qu<strong>al</strong>e la strada cattolica si separa da quella riformata. O il simbolo rimane solo<br />
simbolo (cosa più comoda da accettare) oppure (scand<strong>al</strong>o per la nostra intelligenza) <strong>di</strong>venta<br />
qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> più. Esiste una logica che, se non spiega, <strong>al</strong>meno aiuta ad intuire la plausibilità<br />
<strong>della</strong> nostra fede?<br />
Gesù non è sceso d<strong>al</strong> cielo per darci un simbolo in più. È venuto per fare dono re<strong>al</strong>e <strong>della</strong><br />
sua umanità, fino a sacrificare la sua carne e versare il suo sangue sul legno <strong>della</strong> croce. Un<br />
AMORE così concreto Cristo l'ha voluto rendere presente in un SEGNO <strong>al</strong>trettanto<br />
concreto: un PANE e un CALICE nei qu<strong>al</strong>i la sua presenza fosse tot<strong>al</strong>e. T<strong>al</strong>e dono così<br />
glob<strong>al</strong>e richiede da noi una risposta <strong>di</strong> amore <strong>al</strong>trettanto completa.<br />
Questa risposta la si dà credendo <strong>al</strong>la parola <strong>di</strong> Cristo e mangiando il pane da lui donato<br />
con tutta la consapevolezza e la volontà <strong>di</strong> entrare in comunione con il corpo ed il sangue<br />
del Signore (1 Cor 10,16) ed in comunione con il suo Spirito. La fede esige questo<br />
mangiare. Ma l'uomo tende ad una fede <strong>di</strong>sincarnata, per non dover essere egli stesso<br />
incarnazione <strong>della</strong> parola; tende a svuotare il Sacramento per non dover essere egli stesso<br />
sacramento per gli <strong>al</strong>tri (e così rinnovare il pro<strong>di</strong>gio <strong>della</strong> moltiplicazione dei pani).<br />
Se la manna data ai padri e se lo stesso pane del miracolo sono un pane che perisce, che<br />
sarà mai il pane vero che Cristo promette, visto che chi lo mangia non muore, ma vive in<br />
eterno?<br />
La parola <strong>di</strong> questo <strong>Vangelo</strong> ci propone <strong>di</strong> credere che Gesù è il Pane vivente dato d<strong>al</strong><br />
Padre e <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo, presente nel memori<strong>al</strong>e voluto d<strong>al</strong> Signore. Come l'acqua viva,<br />
offerta <strong>al</strong>la Samaritana, trova nel Battesimo il suo segno sacrament<strong>al</strong>e (e l'uomo rinasce<br />
d<strong>al</strong>l'acqua e d<strong>al</strong>lo Spirito per entrare nel Regno), così il pane, che Cristo promette, trova la<br />
sua re<strong>al</strong>izzazione nell'Eucaristia (chi mangia questo pane, Amore incarnato, vive in eterno).<br />
Il Segno <strong>della</strong> moltiplicazione dei pani, compiuto con gesti chiaramente eucaristici, è la<br />
prova che le parole <strong>di</strong> Gesù sono parole <strong>di</strong> Vita ed è la scuola per la fede del credente. A<br />
questo punto ve<strong>di</strong>amo che il senso con cui Gesù si definisce pane raggiunge la sua pienezza:<br />
non più come un paragone o una figura, ma come re<strong>al</strong>e SACRAMENTO.<br />
Me<strong>di</strong>tiamo ora sulle conseguenze che si verificano per chi mangia o per chi rifiuta questo<br />
pane.<br />
4. SE NON MANGIATE LA MIA CARNE, NON AVETE LA VITA (6,53-55)<br />
6.53 ei)=pen ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j, )Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
e)a\n mh\ fa/ghte th\n sa/rka tou= ui(ou= tou= a)nqrw/pou kai\ pi/hte au)tou= to\ ai(=ma,<br />
ou)k e)/xete zwh\n e)n e(autoi=j.<br />
6.54 o( trw/gwn mou th\n sa/rka kai\ pi/nwn mou to\ ai(=ma<br />
e)/xei zwh\n ai)w/nion, ka)gw\ a)nasth/sw au)to\n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
6.55 h( ga\r sa/rc mou a)lhqh/j e)stin brw=sij, kai\ to\ ai(=ma/ mou a)lhqh/j e)stin po/sij.<br />
6,53 Disse dunque loro Gesù: «Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e (non) bevete il suo sangue,<br />
non avete (la) vita in voi.<br />
6,54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue<br />
ha (la) vita eterna e–io lo risusciterò nell'ultimo giorno.<br />
6,55 Infatti la carne mia è vero cibo e il sangue mio è vera bevanda.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi»: il Signore sta parlando con la forza propria <strong>di</strong> chi fa un<br />
giuramento.<br />
115
«Se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue non avete la<br />
vita in voi»: il v. 53 è in par<strong>al</strong>lelismo antitetico con il v. 54 (è tipico in Gv l'uso <strong>di</strong> questa<br />
forma letteraria per proporre una verità con la massima forza). «Mangiare...o Non<br />
mangiare... »: non è in<strong>di</strong>fferente; è questione <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> morte eterna. Al segno <strong>della</strong> carne<br />
Cristo (che si presenta come Figlio dell'Uomo) aggiunge quello del sangue: il sangue<br />
separato d<strong>al</strong>la carne in<strong>di</strong>ca la morte per amore dell'Agnello immolato e offerto. Questa volta<br />
il verbo mangiare è <strong>al</strong> plur<strong>al</strong>e (mangiate): si tratta <strong>di</strong> un'azione comunitaria.<br />
«Chi mangia (trógo)... chi beve... ha la vita eterna e io lo risusciterò...»: trógo significa<br />
molto re<strong>al</strong>isticamente masticare. Al tema del cibo Gesù aggiunge anche quello <strong>della</strong><br />
bevanda, affinché il banchetto pasqu<strong>al</strong>e e nuzi<strong>al</strong>e, che egli ci prepara, sia completo. Il<br />
mangiare (che sostenta) è completato d<strong>al</strong> bere (che r<strong>al</strong>legra). L’utile si unisce <strong>al</strong> <strong>di</strong>lettevole.<br />
Non solo: mangiare la carne e bere il sangue separatamente, in<strong>di</strong>ca la partecipazione<br />
<strong>al</strong>l’immolazione. Si tratta <strong>di</strong> un banchetto sacrific<strong>al</strong>e. La prima conseguenza <strong>di</strong> tutto questo<br />
è quella <strong>della</strong> vita eterna e <strong>della</strong> resurrezione fin<strong>al</strong>e. Il credente che nella fede ha mangiato e<br />
bevuto <strong>al</strong>la mensa eucaristica possiede già la vita eterna e riceve la garanzia <strong>di</strong> risorgere col<br />
corpo nel giorno fin<strong>al</strong>e per una risurrezione <strong>di</strong> vita, re<strong>al</strong>izzata da Cristo stesso (5,29). Non<br />
per nulla la Liturgia ci insegna a pregare: «O Sacro convito in cui Cristo è nostro cibo! Si<br />
perpetua il memori<strong>al</strong>e <strong>della</strong> sua Pasqua, l'anima è colmata <strong>di</strong> grazia e a noi viene dato il<br />
pegno <strong>della</strong> gloria futura».<br />
«La carne mia è vero cibo e il sangue mio è vera bevanda»: ritorna la parola vero per<br />
in<strong>di</strong>care un cibo ed una bevanda <strong>di</strong> ben <strong>al</strong>tro v<strong>al</strong>ore rispetto agli <strong>al</strong>imenti a cui siamo<br />
abituati. Tutti gli <strong>al</strong>imenti, per noi necessari, trovano nell'Eucaristia la loro verità ultima. Se<br />
il pane <strong>della</strong> nostra mensa è già un dono del Padre celeste e <strong>della</strong> bontà <strong>di</strong> chi ce lo offre, il<br />
pane eucaristico lo è in modo pieno: è il dono supremo <strong>di</strong> Dio e del suo Figlio.<br />
5. CHI MANGIA LA MIA CARNE RIMANE IN ME (6,56)<br />
6.56 o( trw/gwn mou th\n sa/rka kai\ pi/nwn mou to\ ai(=ma e)n e)moi\ me/nei ka)gw\ e)n au)t%=.<br />
6,56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e–io in lui.<br />
«Rimane in me ed io in lui»: si stabilisce un'unione intima, una compenetrazione<br />
reciproca e tot<strong>al</strong>e. Qui il verbo rimanere in si carica <strong>di</strong> significati <strong>al</strong>tissimi: la comunione<br />
con il Cristo del credente, nutrito con il pane, rispecchia quella del Padre con il Figlio<br />
(17,21). Questa è la prima volta che Gesù usa l'espressione mistica rimanere in (cfr.<br />
15,4.5.7), segno <strong>di</strong> amore perfetto (15,9).<br />
6. CHI MANGIA ME, VIVRÀ PER ME (6,57-58)<br />
6.57 kaqw\j a)pe/steile/n me o( zw=n path\r ka)gw\ zw= <strong>di</strong>a\ to\n pate/ra,<br />
kai\ o( trw/gwn me ka)kei=noj zh/sei <strong>di</strong>' e)me/.<br />
6.58 ou(=to/j e)stin o( a)/rtoj o( e)c ou)ranou= kataba/j,<br />
ou) kaqw\j e)/fagon oi( pate/rej kai\ a)pe/qanon:<br />
o( trw/gwn tou=ton to\n a)/rton zh/sei ei)j to\n ai)w=na.<br />
6,57 Come ha–mandato me il Padre, (il) Vivente, e–io vivo per il Padre,<br />
(così) chi mangia me, anch'egli vivrà per me.<br />
6,58 Questi è il pane, (quel)lo da(l) cielo <strong>di</strong>sceso.<br />
Non come mangiarono i padri e morirono;<br />
chi mangia questo pane, vivrà in eterno».<br />
«Come... io vivo per (<strong>di</strong>á) il Padre, così chi mangia me... vivrà per (<strong>di</strong>á) me»: come<br />
l’intento <strong>di</strong> Gesù è quello <strong>di</strong> amare e <strong>di</strong> servire il Padre, <strong>di</strong> cui è l'Inviato (questo egli non lo<br />
<strong>di</strong>mentica mai), così la fin<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> chi si nutre <strong>di</strong> Cristo è quella <strong>di</strong> trovare in lui il senso<br />
pieno <strong>della</strong> vita (vivere per mezzo e per amore <strong>di</strong> lui). Il fedele quin<strong>di</strong> si de<strong>di</strong>cherà<br />
vit<strong>al</strong>mente a Cristo, come questi si de<strong>di</strong>ca <strong>al</strong>la missione ricevuta del Padre, la cui volontà<br />
116
per lui è cibo. In t<strong>al</strong> modo, anche il credente fin<strong>al</strong>izzerà tutta la sua esistenza <strong>al</strong>la gloria del<br />
Padre.<br />
«Chi mangia (trógo) me...»: il verbo usato (già trovato in 54) ci fa capire chiaramente<br />
che mangiare quel pane equiv<strong>al</strong>e a nutrirsi anche fisicamente <strong>di</strong> lui.<br />
«Questi è il pane, quello d<strong>al</strong> cielo <strong>di</strong>sceso»: è la settima volta che Gesù parla <strong>della</strong> sua<br />
<strong>di</strong>scesa. Qui ancora una volta egli si presenta come la vera manna.<br />
«Non come mangiarono i padri e morirono...»: in par<strong>al</strong>lelismo antitetico col v. 57 che<br />
parla del Padre come del Vivente, il v. 58 presenta i padri antichi come morti e inoltre<br />
riba<strong>di</strong>sce ancora una volta la <strong>di</strong>fferenza tot<strong>al</strong>e nel risultato che c'è tra il mangiare la manna<br />
e il mangiare questo pane (49.51). Se dunque vogliamo avere fede nel Cristo (non a modo<br />
nostro, ma a modo suo), se vogliamo che la nostra fede sia Opera <strong>di</strong> Dio, dobbiamo con<br />
gioia e riconoscenza CREDERE in GESÙ inviato d<strong>al</strong> Padre, PANE <strong>della</strong> vita, che ci libera<br />
d<strong>al</strong>le conseguenze negative <strong>della</strong> morte; dobbiamo ANDARE a lui con amore e<br />
MANGIARE quel PANE che è la sua CARNE per la VITA del mondo intero. O forse<br />
abbiamo paura <strong>di</strong> vivere per lui, dopo che lui si è donato tot<strong>al</strong>mente a noi?<br />
«Chi mangia questo pane, vivrà in eterno»: questa è la promessa fondament<strong>al</strong>e che il<br />
Signore aveva fatto fin d<strong>al</strong>l'inizio del <strong>di</strong>scorso (27) e che ha riba<strong>di</strong>to più volte. È una<br />
promessa che v<strong>al</strong>e per il presente e per il futuro.<br />
- V - LE PAROLE, CHE VI HO DETTO, SONO SPIRITO E VITA<br />
1. QUESTO DISCORSO È DURO! (6,59-60)<br />
6.59 Tau=ta ei)=pen e)n sunagwgv= <strong>di</strong>da/skwn e)n Kafarnaou/m.<br />
6.60 Polloi\ ou)=n a)kou/santej e)k tw=n maqhtw=n au)tou= ei)=pan,<br />
Sklhro/j e)stin o( lo/goj ou(=toj: ti/j du/natai au)tou= a)kou/ein;<br />
6,59 Queste (cose) <strong>di</strong>sse in sinagoga, insegnando in Cafarnao.<br />
6,60 Molti dunque dei suoi <strong>di</strong>scepoli, che–ascoltavano, <strong>di</strong>ssero:<br />
«Duro è questo <strong>di</strong>scorso, chi può ascoltarlo?».<br />
«Queste cose <strong>di</strong>sse in sinagoga, insegnando in Cafarnao»: nella cornice <strong>della</strong> sinagoga<br />
<strong>di</strong> Cafarnao, dove si leggevano i fatti dell'Esodo, Gesù propone il compimento del segno<br />
<strong>della</strong> manna data ai padri. Egli è il maestro autentico (insegna la verità).<br />
«Molti dei suoi <strong>di</strong>scepoli»: non si tratta quin<strong>di</strong> degli avversari, ma <strong>di</strong> coloro che erano<br />
<strong>di</strong>scepoli e che, più fervorosi <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri, erano riusciti a introdursi nella non grande sinagoga<br />
del paese.<br />
«Duro è questo <strong>di</strong>scorso (lógos)»: il <strong>di</strong>scorso, detto lógos (termine che <strong>al</strong>lude a Gesù-<br />
Lógos), sembra assurdo per chi non vuole rinunciare <strong>al</strong>la propria logica e teme <strong>di</strong> dover<br />
vivere per Gesù e come Gesù (terza contestazione). Vi è stato un crescendo nella ribellione<br />
degli interlocutori: essi iniziano col mormorare, continuano col <strong>di</strong>scutere, fino ad arrivare<br />
<strong>al</strong>la fine <strong>al</strong>l'abbandono definitivo. La durezza però non sta nel <strong>di</strong>scorso, ma nel loro cuore.<br />
2. È LO SPIRITO CHE FA VIVERE (6,61-66)<br />
6.61 ei)dw\j de\ o( )Ihsou=j e)n e(aut%=<br />
o(/ti goggu/zousin peri\ tou/tou oi( maqhtai\ au)tou= ei)=pen au)toi=j,<br />
Tou=to u(ma=j skand<strong>al</strong>i/zei;<br />
6.62 e)a\n ou)=n qewrh=te to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou a)nabai/nonta o(/pou h)=n to\ pro/teron;<br />
6.63 to\ pneu=ma/ e)stin to\ z%opoiou=n, h( sa\rc ou)k w)felei= ou)de/n:<br />
ta\ r(h/mata a(\ e)gw\ lela/lhka u(mi=n pneu=ma/ e)stin kai\ zwh/ e)stin.<br />
6.64 a)ll' ei)si\n e)c u(mw=n tinej oi(\ ou) pisteu/ousin.<br />
v)/dei ga\r e)c a)rxh=j o( )Ihsou=j ti/nej ei)si\n oi( mh\ pisteu/ontej<br />
kai\ ti/j e)stin o( paradw/swn au)to/n.<br />
6.65 kai\ e)/legen, Dia\ tou=to ei)/rhka u(mi=n<br />
o(/ti ou)dei\j du/natai e)lqei=n pro/j me e)a\n mh\ v)= dedome/non au)t%= e)k tou= patro/j.<br />
6.66 )Ek tou/tou polloi\ [e)k] tw=n maqhtw=n au)tou= a)ph=lqon ei)j ta\ o)pi/sw<br />
117
kai\ ou)ke/ti met' au)tou= periepa/toun.<br />
6,61 Ma sapendo Gesù dentro–<strong>di</strong> sé<br />
che mormoravano <strong>di</strong> questo i suoi <strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Questo vi scand<strong>al</strong>izza?<br />
6,62 Se dunque contemplaste il Figlio dell'Uomo s<strong>al</strong>ire dove era precedentemente?<br />
6,63 È lo Spirito che vivifica, la carne non giova nulla.<br />
Le parole che io ho–detto a–voi sono Spirito e sono vita.<br />
6,64 Ma tra voi (vi) sono <strong>al</strong>cuni che non credono!».<br />
Sapeva infatti da principio Gesù chi erano quelli–che non credevano<br />
e chi era colui–che l'avrebbe–tra<strong>di</strong>to.<br />
6,65 E <strong>di</strong>ceva: «Per questo ho–detto a–voi<br />
che nessuno può venire a me, se non gli è dato d<strong>al</strong> Padre».<br />
6,66 Da questo (momento) molti dei suoi <strong>di</strong>scepoli si–tirarono in<strong>di</strong>etro<br />
e non–più camminavano con lui.<br />
«Sapendo Gesù dentro <strong>di</strong> sé che mormoravano <strong>di</strong> questo...»: rinnovano la ribellione dei<br />
loro padri, che nel deserto contestavano l'opera <strong>di</strong> Mosè e <strong>di</strong> Dio stesso (Es 15,24; 16,2 ss.).<br />
«Questo vi scand<strong>al</strong>izza?»: Gesù legge sino in fondo il tipo <strong>di</strong> reazione <strong>di</strong> molti <strong>di</strong>scepoli<br />
(che non hanno il coraggio <strong>di</strong> parlare apertamente): si tratta <strong>di</strong> uno scand<strong>al</strong>o, come <strong>di</strong> fronte<br />
ad una bestemmia. Un PANE che sia il Lógos fatto Carne è una proposta inaccettabile per<br />
chi non sa vivere nella logica sacrament<strong>al</strong>e, secondo la qu<strong>al</strong>e la materia può essere<br />
sacramento dello Spirito. Il Maestro li interroga (vi scand<strong>al</strong>izza?), quasi a chiedere il perché<br />
<strong>di</strong> questa reazione e pronuncia <strong>al</strong>cune fondament<strong>al</strong>i parole <strong>di</strong> rivelazione sul Figlio e sullo<br />
Spirito.<br />
«Se dunque contemplaste il Figlio dell'Uomo s<strong>al</strong>ire... ?»: Gesù propone la<br />
contemplazione <strong>della</strong> gloriosa Ascensione <strong>al</strong> cielo del Figlio dell'Uomo come prova <strong>della</strong><br />
veri<strong>di</strong>cità delle sue parole (Gesù, che ha già parlato sette volte <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>scesa d<strong>al</strong> cielo;<br />
ora annuncia la sua Ascensione, vista come possibile fin d<strong>al</strong> momento presente). In questa<br />
s<strong>al</strong>ita verso la gloria del Padre egli vuole portare anche i suoi ascoltatori. Egli qui si<br />
presenta per la terza volta in questo Cap. come Figlio dell’Uomo (in tutto il IV <strong>Vangelo</strong><br />
Gesù parla 11 volte <strong>di</strong> sé come FdU: su 11 volte ben 6 lo presenta come inn<strong>al</strong>zato e<br />
glorificato: non teme <strong>di</strong> unire umanità e glorificazione <strong>di</strong>vina).<br />
«È lo Spirito che vivifica, la carne non giova nulla»: Gesù riprende <strong>al</strong>cune idee del<br />
<strong>di</strong>scorso a Nicodemo (3,6). Invita tutti a fare un s<strong>al</strong>to <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>ità, a passare <strong>al</strong> livello<br />
spiritu<strong>al</strong>e, ad entrare nella logica <strong>di</strong> Dio: il segno che Cristo sta donando è la chiave <strong>di</strong><br />
lettura <strong>di</strong> tutta la re<strong>al</strong>tà. Se non accettiamo quel segno <strong>di</strong>sconosciamo il senso vero <strong>della</strong><br />
vita. Se Gesù fa <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong> pane il Sacramento <strong>della</strong> sua tot<strong>al</strong>e presenza e il capolavoro<br />
dello Spirito, non farà anche <strong>di</strong> noi un segno grande? Lo Spirito <strong>San</strong>to rende possibile il<br />
Sacramento e ci fa vivere per mezzo <strong>di</strong> esso. La carne (cioè l'uomo, privato dello Spirito<br />
<strong>di</strong>vino) non serve a nulla. Non <strong>di</strong>mentichiamo che sta parlando ai <strong>di</strong>scepoli (60).<br />
«Le parole (rêma) che io ho detto a voi sono Spirito...»: Gesù non dà ulteriori<br />
spiegazioni per strappare un consenso ai <strong>di</strong>scepoli sconcertati: propone un DONO con<br />
parole chiare e precise e attende una piena risposta <strong>di</strong> fede. Quelle parole (rêma) che hanno<br />
guarito il figlio del funzionario, che si trovava in una situazione <strong>di</strong>sperata; quelle parole che<br />
hanno moltiplicato il pane per i cinquemila uomini; quelle stesse che richiameranno Lazzaro<br />
d<strong>al</strong> mondo dei morti; proprio quelle, che si sono sempre <strong>di</strong>mostrate spirito e vita, c'invitano<br />
ad un banchetto nel qu<strong>al</strong>e la CARNE <strong>di</strong> Cristo è vero cibo ed il suo SANGUE vera bevanda.<br />
Se il padre implorante ha creduto <strong>al</strong>la parola: «Tuo figlio vive», non dovremmo credere noi<br />
quando ci <strong>di</strong>ce: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno»? Pertanto teniamo per certo che le<br />
parole <strong>di</strong> Cristo da carn<strong>al</strong>i ci rendono spiritu<strong>al</strong>i, ci donano la Vita dello Spirito.<br />
«Sapeva... Gesù chi erano quelli che non credevano e chi era colui che l'avrebbe<br />
tra<strong>di</strong>to...»: cfr. 2,24-25. Gesù conosceva già in anticipo i seguaci solo apparenti, come<br />
118
anche il tra<strong>di</strong>tore (Giuda), che forse proprio qui, dopo le sue parole a Cafarnao, ha<br />
cominciato a maturare il suo o<strong>di</strong>o e la sua ribellione.<br />
«Per questo ho detto a voi che nessuno può venire a me, se non gli è dato d<strong>al</strong> Padre»: la<br />
fede, vista come un andare verso Cristo, è un dono del Padre e come non possiamo spiegare<br />
la grandezza del Dono del Pane vivo, così non possiamo capire l'azione misteriosa del<br />
Padre, ma solo implorare la grazia <strong>di</strong> non chiuderci <strong>al</strong>la sua attrattiva. Può essere utile<br />
osservare come Gesù parla <strong>della</strong> genesi <strong>della</strong> fede, vista come un andare, un avvicinarsi e<br />
un giungere a lui: 1° come attrazione verso <strong>di</strong> lui, operata d<strong>al</strong> Padre (44), 2° come ascolto<br />
del Padre e appren<strong>di</strong>mento da lui, che ammaestra (45), 3° come dono concesso d<strong>al</strong> Padre<br />
(65). In t<strong>al</strong> modo il fedele <strong>di</strong>venta un dono del Padre consegnato a Cristo (37).<br />
«Molti... si tirarono in<strong>di</strong>etro»: lo abbandonano, <strong>al</strong>lontanandosi (il contrario dell'andare<br />
verso <strong>di</strong> lui). I loro passi non si sincronizzano più con quelli <strong>di</strong> Gesù. Forse anche noi<br />
abbiamo <strong>di</strong>fficoltà ad entrare nella logica sacrament<strong>al</strong>e, perché non è facile accogliere la<br />
PAROLA <strong>di</strong> Cristo, come luce <strong>al</strong> nostro cammino, e il PANE vivo, come vero nutrimento<br />
che ci dona forza e che è il nostro modello <strong>di</strong> una vita eucaristica.<br />
- VI - TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA<br />
1. NOI ABBIAMO CREDUTO (6,67-69)<br />
6.67 ei)=pen ou)=n o( )Ihsou=j toi=j dw/deka,<br />
Mh\ kai\ u(mei=j qe/lete u(pa/gein;<br />
6.68 a)pekri/qh au)t%= Si/mwn Pe/troj, Ku/rie, pro\j ti/na a)peleuso/meqa;<br />
r(h/mata zwh=j ai)wni/ou e)/xeij,<br />
6.69 kai\ h(mei=j pepisteu/kamen kai\ e)gnw/kamen o(/ti su\ ei)= o( a(/gioj tou= qeou=.<br />
6,67 Disse perciò Gesù ai Do<strong>di</strong>ci:<br />
«Forse anche voi volete andarvene?».<br />
6,68 Rispose a–lui Simon Pietro: «Signore, da chi andremo?<br />
Parole <strong>di</strong>–vita eterna hai<br />
6,69 e noi abbiamo–creduto e conosciuto che tu sei il <strong>San</strong>to <strong>di</strong>–Dio».<br />
«Disse perciò Gesù ai Do<strong>di</strong>ci: Forse anche voi volete andarvene?»: ai Do<strong>di</strong>ci, simbolo<br />
<strong>della</strong> Chiesa, Gesù non dà più spiegazioni, ma chiede una decisione proprio nel momento<br />
del suo f<strong>al</strong>limento. È pronto a restare completamente solo (come quando è s<strong>al</strong>ito sul monte).<br />
«Signore, da chi andremo?»: Pietro, che sarà incaricato <strong>di</strong> confermare i fratelli nella<br />
fede, ha intuito che non ci sono <strong>al</strong>tri come Gesù (è un'intuizione <strong>di</strong> fede che nasce<br />
d<strong>al</strong>l'amore). Senza <strong>di</strong> lui la vita è priva <strong>di</strong> senso. Egli è il Signore!<br />
«Tu hai parole (rêma) <strong>di</strong> vita»: egli crede <strong>al</strong>la Parola; sa che questa parola (<strong>di</strong>scorso e<br />
azione) è vita eterna perché ne ha sperimentato la forza.<br />
«Abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il <strong>San</strong>to <strong>di</strong> Dio»: il cammino parte d<strong>al</strong>la fede e<br />
giunge <strong>al</strong>la conoscenza (e non viceversa). Prima infatti viene l'atto gioioso <strong>di</strong> fede nella<br />
parola e poi la conoscenza <strong>della</strong> <strong>San</strong>tità <strong>di</strong>vina del Cristo che, santificato d<strong>al</strong> Padre (10,36),<br />
consacrerà se stesso (17,19) come Pane offerto nel Sacrificio pasqu<strong>al</strong>e ed eucaristico.<br />
2. IO VI HO SCELTO (6,70-71)<br />
6.70 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j, Ou)k e)gw\ u(ma=j tou\j dw/deka e)celeca/mhn;<br />
kai\ e)c u(mw=n ei(=j <strong>di</strong>a/bolo/j e)stin.<br />
6.71 e)/legen de\ to\n )Iou/dan Si/mwnoj )Iskariw/tou:<br />
ou(=toj ga\r e)/mellen para<strong>di</strong>do/nai au)to/n, ei(=j e)k tw=n dw/deka.<br />
6,70 Rispose loro Gesù: «Non io voi, i Do<strong>di</strong>ci, ho–scelto?<br />
E tra voi uno è (un) <strong>di</strong>avolo!».<br />
6,71 Parlava (<strong>di</strong>) Giuda (figlio) <strong>di</strong>–Simone Iscariota;<br />
questi infatti stava (per) tra<strong>di</strong>rlo, uno dei Do<strong>di</strong>ci.<br />
119
«Non io voi, i Do<strong>di</strong>ci, ho scelto...?»: Pietro ha parlato a nome dei Do<strong>di</strong>ci (visti d<strong>al</strong><br />
Maestro stesso come sintesi del nuovo popolo ecclesi<strong>al</strong>e), ma Gesù sa che questo non v<strong>al</strong>e<br />
per uno <strong>di</strong> loro; per questo ci tiene a precisare che egli conosce coloro che ha scelto (per la<br />
prima volta in <strong>Giovanni</strong> il Maestro parla <strong>della</strong> libera e gratuita scelta che ha fatto,<br />
chiamandoli a sé: 1,35-51).<br />
«Tra voi uno è un <strong>di</strong>avolo»: il termine deriva d<strong>al</strong> greco <strong>di</strong>a-bállo, che significa separo, il<br />
contrario <strong>di</strong> simbolo, che deriva da sym-bállo, cioè unisco. Chi ha la ment<strong>al</strong>ità simbolica sa<br />
unire parola, sacramento e vita; chi ha quella <strong>di</strong>abolica fa il contrario e non vive la Parola.<br />
Giuda quasi impersona il m<strong>al</strong>igno (cfr. 8,44) e Gesù vorrebbe che se ne andasse.<br />
«Parlava <strong>di</strong> Giuda... uno dei Do<strong>di</strong>ci»: non basta essere materi<strong>al</strong>mente (secondo la carne)<br />
uno dei Do<strong>di</strong>ci, per essere vero <strong>di</strong>scepolo. Solo <strong>al</strong>la fine però, dopo l'evento pasqu<strong>al</strong>e, gli<br />
apostoli scopriranno il tra<strong>di</strong>tore che si celava tra loro e che consumò il tra<strong>di</strong>mento proprio<br />
durante la Cena <strong>di</strong> Pasqua (13,21-30). All'interno dello stesso gruppo dei Do<strong>di</strong>ci (sul qu<strong>al</strong>e<br />
Gv insiste) si rispecchiano le due risposte date d<strong>al</strong>l'umanità. Giuda <strong>di</strong>venta il TIPO <strong>di</strong> tutti<br />
gli infedeli, mentre Pietro quello dei veri credenti.<br />
RIFLESSIONE FINALE<br />
Questo grande e fondament<strong>al</strong>e <strong>di</strong>scorso sul Pane (<strong>di</strong>scorso che è molto vivace, perché ha<br />
i toni drammatici del <strong>di</strong>battito), offre a Gesù innanzi tutto l'occasione per presentare ancora<br />
una volta la FIGURA del PADRE e quella del FIGLIO (cfr. il <strong>di</strong>scorso con Nicodemo).<br />
Gesù fa emergere la figura del PADRE, che è il vero datore del PANE d<strong>al</strong> cielo (6,32) e che<br />
mette il fedele in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> venire <strong>al</strong> Cristo (lo attira, lo ammaestra, lo dona... ). Si<br />
comprende <strong>al</strong>lora perché la FEDE del credente sia chiamata: OPERA DI DIO (6,29). È lui<br />
inoltre che manda il FIGLIO perché s<strong>al</strong>vi e risusciti il credente.<br />
Par<strong>al</strong>lelamente a questa rivelazione il <strong>di</strong>scorso si impernia sul tema del PANE (<strong>di</strong> cui i<br />
pani moltiplicati e la manna sono figura, anticipazione simbolica). La presentazione <strong>di</strong><br />
questo DONO, fatto d<strong>al</strong> Padre e d<strong>al</strong> Cristo, è quanto mai netta e decisa. È un pane <strong>di</strong> fronte<br />
<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e la manna stessa rivela tutta la sua insufficienza, perché esso dà la VITA e rende<br />
possibile la RISURREZIONE fin<strong>al</strong>e. Questo Pane è il Cristo stesso: lo si ottiene<br />
CREDENDO; questo PANE è la CARNE del Figlio dell'Uomo: bisogna MANGIARLO.<br />
Notiamo che Gesù non invita innanzi tutto ad adorare, ma a mangiare. Il mangiare è un<br />
gesto vit<strong>al</strong>e, <strong>di</strong> pieno coinvolgimento.<br />
Perché oltre <strong>al</strong>la parola, Gesù ci vuole dare anche un pane? Perché la fede non è<br />
completa se non ci si nutre dell’EUCARISTIA? Ecco la risposta: quel PANE è il<br />
capolavoro <strong>della</strong> PAROLA; è il LÓGOS fatto CARNE che continua a nutrirci con la sua<br />
umanità santissima e ci unisce a lui (lui in me e io in lui: 6,56) in un banchetto pasqu<strong>al</strong>e e<br />
nuzi<strong>al</strong>e. È il prolungamento dell'Incarnazione nel Sacramento del Pane e del Vino. Non<br />
mangiare quel pane significa non accettare tutte le conseguenze dell'INCARNAZIONE del<br />
LÓGOS e, quin<strong>di</strong>, rischiare <strong>di</strong> non essere in comunione con il Cristo (1 Cor 10,16).<br />
Ringraziamo il Padre, se abbiamo meglio capito come e perché ci ha fatto dono del<br />
Sacramento dell'EUCARISTIA.<br />
Fermiamoci ora un momento e contempliamo (6,40) il FIGLIO-AMORE fatto CARNE e<br />
fatto PANE. Davvero grande è l'OPERA DI DIO!<br />
Il cap. 6 <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> è fondament<strong>al</strong>e per la catechesi eucaristica.<br />
120
MAI UN UOMO HA PARLATO COSÌ Unità 13<br />
Gesù afferma la sua missione <strong>di</strong> Messia (Gv 7,1-53)<br />
Il settimo capitolo è collegato per molti motivi (luogo, tempo, persone) <strong>al</strong> cap. 8, con il<br />
qu<strong>al</strong>e forma un tutt’uno, perché le tematiche <strong>di</strong> fondo sono collegate: nel cap. 7 i Giudei non<br />
vogliono accettare la Messianicità <strong>di</strong> Gesù, nel cap. 8 rifiutano la sua Divinità. In occasione<br />
<strong>della</strong> Festa delle Capanne (Quinto momento) si svolge un conflitto tra GESÙ e il MONDO:<br />
ognuno dei due usa le sue armi e la sua tattica, ottiene le sue vittorie e subisce le sue<br />
sconfitte. Ve<strong>di</strong>amo da una parte l'UOMO <strong>della</strong> verità e <strong>della</strong> mitezza (che, come arma, usa<br />
solo la parola sincera e <strong>al</strong>tri pochi innocui accorgimenti), d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra il MONDO <strong>della</strong><br />
violenza e <strong>della</strong> menzogna (che ha a <strong>di</strong>sposizione mezzi apparentemente ben più potenti).<br />
Abbiamo <strong>di</strong>viso il capitolo in sei parti: dopo lo scontro con i fratelli (I), Gesù invita i<br />
Giudei <strong>al</strong> giusto <strong>di</strong>scernimento sulla sua dottrina e sulle sue opere (II). Molti cominciano a<br />
credere in lui, mentre i capi mandano le guar<strong>di</strong>e ad arrestarlo (III). Egli poi preannuncia il<br />
suo ritorno <strong>al</strong> Padre (IV) e promette il dono dell'Acqua viva (V). Il capitolo si chiude con il<br />
f<strong>al</strong>limento del tentativo <strong>di</strong> cattura e con la <strong>di</strong>fesa che Nicodemo cerca <strong>di</strong> fare a favore <strong>di</strong><br />
Gesù (VI).<br />
- I - NEPPURE I SUOI FRATELLI CREDEVANO IN LUI<br />
1. I GIUDEI CERCAVANO DI UCCIDERLO (7,1)<br />
7.1 Kai\ meta\ tau=ta periepa/tei o( )Ihsou=j e)n tv= G<strong>al</strong>ilai/#:<br />
ou) ga\r h)/qelen e)n tv= )Ioudai/# peripatei=n,<br />
o(/ti e)zh/toun au)to\n oi( )Ioudai=oi a)poktei=nai.<br />
7,1 E dopo queste (cose) Gesù camminava nella G<strong>al</strong>ilea,<br />
infatti non voleva camminare nella Giudea,<br />
perché i Giudei lo cercavano (per) uccider(lo).<br />
«Camminava nella G<strong>al</strong>ilea»: continua a girare per i villaggi lontani d<strong>al</strong>la capit<strong>al</strong>e. Il<br />
clima <strong>di</strong> persecuzione non lo frena d<strong>al</strong>lo svolgere la sua missione in G<strong>al</strong>ilea. Il camminare<br />
dei Giudei non coincide più con il suo (6,66). Egli tuttavia continua a procedere, ad<br />
avanzare e a progre<strong>di</strong>re nella sua opera.<br />
«Non voleva camminare nella Giudea»: Gesù usa una giusta prudenza e non rischia<br />
senza motivo v<strong>al</strong>ido (è la prima arma degli in<strong>di</strong>fesi). Teme un agguato in cui sarebbero stati<br />
coinvolti anche i <strong>di</strong>scepoli. Infatti i nemici complottavano per ucciderlo. Il pericolo era<br />
molto grave.<br />
«Perché i Giudei lo cercavano per ucciderlo»: il Signore porta la vita, i suoi avversari<br />
<strong>di</strong>ffondono la morte. L'o<strong>di</strong>o mort<strong>al</strong>e ed i tentativi omici<strong>di</strong>, da una parte, il coraggio e la<br />
sincerità <strong>di</strong> Cristo, d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra, rappresentano il clima nel qu<strong>al</strong>e si svolgono gli episo<strong>di</strong> narrati<br />
nei cap. 7 e 8.<br />
2. MANIFESTATI AL MONDO! (7,2-5)<br />
7.2 h)=n de\ e)ggu\j h( e(orth\ tw=n )Ioudai/wn h( skhnophgi/a.<br />
7.3 ei)=pon ou)=n pro\j au)to\n oi( a)delfoi\ au)tou=,<br />
Meta/bhqi e)nteu=qen kai\ u(/page ei)j th\n )Ioudai/an,<br />
i(/na kai\ oi( maqhtai/ sou qewrh/sousin sou= ta\ e)/rga a(\ poiei=j:<br />
7.4 ou)dei\j ga/r ti e)n krupt%= poiei= kai\ zhtei= au)to\j e)n parrhsi/# ei)=nai.<br />
ei) tau=ta poiei=j, fane/rwson seauto\n t%= ko/sm%.<br />
7.5 ou)de\ ga\r oi( a)delfoi\ au)tou= e)pi/steuon ei)j au)to/n.<br />
7,2 Era ora vicina la festa dei Giudei, quella delle–Capanne.<br />
121
7,3 Dissero dunque verso–<strong>di</strong> lui i suoi fratelli:<br />
«Muoviti <strong>di</strong>–qui e vattene nella Giudea,<br />
affinché così i tuoi <strong>di</strong>scepoli vedano le tue opere che fai;<br />
7,4 nessuno infatti fa qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> nascosto e cerca egli (<strong>di</strong>) essere (noto) in pubblico.<br />
Se fai queste (cose), manifesta te–stesso <strong>al</strong> mondo!»<br />
7,5 Infatti neppure i suoi fratelli credevano in lui.<br />
«Era... vicina la festa dei Giudei, quella delle Capanne»: essa ricorreva in autunno,<br />
durava una settimana (d<strong>al</strong> 15 <strong>al</strong> 21 ottobre) e, a ricordo dei quarant'anni passati sotto le<br />
tende, gli ebrei abitavano in capanne. Era la più popolare ed aveva un carattere molto<br />
gioioso e una forte connotazione messianica. Si ringraziava Dio per i raccolti.<br />
Procession<strong>al</strong>mente si attingeva l'acqua a Siloe e durante la notte si illuminava il tempio. Per<br />
i capi la festa costituiva un'occasione <strong>di</strong> trionfo, per questo Gv la definisce la festa dei<br />
Giudei.<br />
«Dissero... i suoi fratelli: Muoviti <strong>di</strong> qui...»: parenti e conoscenti sono con lui duri e<br />
imperiosi. Quasi comandano: «Muoviti..., vattene...». Vogliono che si <strong>al</strong>lontani, perché oltre<br />
a non portare dei vantaggi, crea dei problemi. D'<strong>al</strong>tra parte sanno bene che a Gerus<strong>al</strong>emme<br />
egli ha dei nemici molto potenti: con la f<strong>al</strong>sa scusa <strong>di</strong> promuovere il suo successo (4),<br />
vogliono vedere come se la cava in mezzo ai guai. Possiamo notare qui il ripetersi <strong>della</strong><br />
terza tentazione (Lc 4,9).<br />
«Vattene nella Giudea»: la Giudea con Gerus<strong>al</strong>emme ed il tempio era il centro potente<br />
del mondo giudaico, verso il qu<strong>al</strong>e, soprattutto in occasione delle feste, confluiva il popolo.<br />
Gesù contestava quel potere politico e religioso e tendeva ad uscire da quell'ambiente,<br />
piuttosto che ritornarvi.<br />
«Affinché così i tuoi <strong>di</strong>scepoli vedano...»: i parenti non si considerano suoi <strong>di</strong>scepoli e<br />
ritengono che i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Gesù siano quelli che, vedendo le sue opere, gli vanno <strong>di</strong>etro da<br />
creduloni. Forse avevano sentito che il Maestro parlava bene delle sue opere (5,36):<br />
credevano che lo avesse fatto per vanto.<br />
«Cerca... <strong>di</strong> essere noto in pubblico»: giu<strong>di</strong>cano infatti Gesù come un ricercatore <strong>di</strong><br />
pubblicità e <strong>di</strong> successo.<br />
«Se fai queste cose, manifesta te stesso <strong>al</strong> mondo!»: lo invitano a ricercare tutti i vantaggi<br />
<strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> successo, che il mondo sa dare a quelli che si vendono o si compromettono con<br />
lui. Essi che definiscono cose i segni che il Cristo compie (cfr. 2,18) non si considerano del<br />
mondo (in senso deteriore) ed invece fanno proprio parte <strong>di</strong> esso. Sappiamo che il modo <strong>di</strong><br />
manifestarsi del Cristo ha tutto un <strong>al</strong>tro stile rispetto a quello mondano (cfr. 2,11).<br />
«Neppure i suoi fratelli credevano in lui»: cfr. 1,11. Questa osservazione<br />
dell'Evangelista rivela la delusione <strong>di</strong> Gesù che si meritava più comprensione nel proprio<br />
ambiente. Per Gv il comportamento dei parenti e il contenuto delle loro parole vengono visti<br />
come espressione <strong>di</strong> una mancanza <strong>di</strong> fede. Questo fatto conferma quanto la fede sia<br />
importante per il 4° <strong>Vangelo</strong>.<br />
Lc 4,9 Lo condusse a Gerus<strong>al</strong>emme, lo pose sul pinnacolo del tempio...<br />
3. IL MIO TEMPO NON È ANCORA GIUNTO (7,6-10)<br />
7.6 le/gei ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j, (O kairo\j o( e)mo\j ou)/pw pa/restin,<br />
o( de\ kairo\j o( u(me/teroj pa/ntote/ e)stin e(/toimoj.<br />
7.7 ou) du/natai o( ko/smoj misei=n u(ma=j, e)me\ de\ misei=,<br />
o(/ti e)gw\ marturw= peri\ au)tou= o(/ti ta\ e)/rga au)tou= ponhra/ e)stin.<br />
7.8 u(mei=j a)na/bhte ei)j th\n e(orth/n: e)gw\ ou)k a)nabai/nw ei)j th\n e(orth\n tau/thn,<br />
o(/ti o( e)mo\j kairo\j ou)/pw peplh/rwtai.<br />
7.9 tau=ta de\ ei)pw\n au)to\j e)/meinen e)n tv= G<strong>al</strong>ilai/#.<br />
7.10 (Wj de\ a)ne/bhsan oi( a)delfoi\ au)tou= ei)j th\n e(orth/n,<br />
to/te kai\ au)to\j a)ne/bh ou) fanerw=j a)lla\ w(j e)n krupt%=.<br />
122
7,6 Dice dunque loro Gesù : «Il tempo, il mio, non–ancora è–giunto,<br />
invece il tempo, il vostro, sempre è pronto.<br />
7,7 Non può il mondo o<strong>di</strong>are voi, invece o<strong>di</strong>a me,<br />
perché io testimonio <strong>di</strong> esso che le sue opere sono m<strong>al</strong>vagie.<br />
7,8 S<strong>al</strong>ite voi <strong>al</strong>la festa, io non s<strong>al</strong>go a questa festa,<br />
perché il mio tempo non–ancora è–compiuto».<br />
7,9 Queste (cose) avendo detto ad essi, rimase nella G<strong>al</strong>ilea.<br />
7,10 Quando però i suoi fratelli erano–s<strong>al</strong>iti <strong>al</strong>la festa,<br />
<strong>al</strong>lora anch'egli s<strong>al</strong>ì, non in–modo–manifesto, ma quasi <strong>di</strong> nascosto.<br />
«Il tempo (kairós), il mio, non ancora è giunto»: (cfr. 8c: inclusione) Gesù risponde<br />
rivelando <strong>di</strong> agire secondo il progetto <strong>di</strong>vino, che prevede tempi speci<strong>al</strong>i (quelli del Padre)<br />
per ogni decisione ed ogni opera. Questo tempo (detto kairós), a <strong>di</strong>fferenza del tempo<br />
materi<strong>al</strong>e (detto khrónos), converge verso la grande ORA, nella qu<strong>al</strong>e egli farà il dono<br />
supremo <strong>di</strong> sé per amore del Padre e dell'umanità.<br />
«Il tempo (kairós), il vostro, sempre è pronto»: contrariamente a lui, i parenti e<br />
compaesani, non hanno una via da seguire e delle tappe da rispettare. Vivono secondo la<br />
superfici<strong>al</strong>e ment<strong>al</strong>ità mondana: per loro va sempre tutto bene; non ci sono traguar<strong>di</strong> da<br />
raggiungere, compiti da svolgere, pericoli da correre. Vivono <strong>al</strong>la giornata, cercando ognuno<br />
il proprio interesse.<br />
«Non può il mondo o<strong>di</strong>are voi»: Gesù fa capire chiaramente che essi si illudono quando<br />
pensano <strong>di</strong> non far parte del mondo a lui ostile. Ne è prova il fatto che non sono o<strong>di</strong>ati d<strong>al</strong><br />
mondo.<br />
«Invece o<strong>di</strong>a me, perché io testimonio <strong>di</strong> esso che le sue opere sono m<strong>al</strong>vagie»: Gesù<br />
denuncia chiaramente e coraggiosamente le opere m<strong>al</strong>igne dei prepotenti, <strong>di</strong> tutti coloro che,<br />
singolarmente o in gruppo, si oppongono <strong>al</strong>la verità ed <strong>al</strong>la giustizia. Ecco una seconda<br />
arma: il coraggio <strong>della</strong> denuncia (vista come testimonianza), la qu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>sturba i piani<br />
criminosi, <strong>di</strong>fende i deboli e <strong>di</strong>ffonde la verità (cfr. 3,19-20). Tutto questo però suscita<br />
l'o<strong>di</strong>o contro <strong>di</strong> lui, perché oppone le sue opere a quelle del mondo.<br />
«Io non s<strong>al</strong>go a questa festa perché il mio tempo (kairós) non ancora è compiuto»: non<br />
vuole s<strong>al</strong>ire in quel modo che gli veniva suggerito (verso una gloria umana). In quella<br />
maniera ci possono s<strong>al</strong>ire loro. Gesù attende il compimento del suo tempo.<br />
«Anch'egli s<strong>al</strong>ì, non in modo manifesto, ma quasi <strong>di</strong> nascosto»: Gesù tuttavia non manca<br />
<strong>al</strong>la festa, pur sempre occasione <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> lode <strong>al</strong> Signore, ricca <strong>di</strong> gesti simbolici che gli<br />
permetteranno <strong>di</strong> rivelare la sua persona e il progetto <strong>di</strong> Dio. Dunque, s<strong>al</strong>e sì, ma per<br />
onorare il Padre e, per far questo, ascende <strong>al</strong>la Città santa <strong>di</strong> nascosto dagli uomini (anche<br />
questa è una tattica dei non-violenti per tutelarsi).<br />
4. VI ERA UN GRAN MORMORIO TRA LA FOLLA (7,11-13)<br />
7.11 oi( ou)=n )Ioudai=oi e)zh/toun au)to\n e)n tv= e(ortv= kai\ e)/legon, Pou= e)stin e)kei=noj;<br />
7.12 kai\ goggusmo\j peri\ au)tou= h)=n polu\j e)n toi=j o)/xloij:<br />
oi( me\n e)/legon o(/ti )Agaqo/j e)stin,<br />
a)/lloi de\ e)/legon, Ou)/, a)lla\ plan#= to\n o)/xlon.<br />
7.13 ou)dei\j me/ntoi parrhsi/# e)la/lei peri\ au)tou= <strong>di</strong>a\ to\n fo/bon tw=n )Ioudai/wn.<br />
7,11 I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e <strong>di</strong>cevano: «Dov'è quel (t<strong>al</strong>e)?».<br />
7,12 E c'era (un) gran mormorio su <strong>di</strong> lui nelle folle;<br />
gli uni poi <strong>di</strong>cevano: «È buono!»,<br />
<strong>al</strong>tri invece <strong>di</strong>cevano: «No, ma inganna la gente!».<br />
7,13 Nessuno tuttavia in–pubblico parlava <strong>di</strong> lui per la paura dei Giudei.<br />
«I Giudei lo cercavano...»: lo attendono <strong>al</strong>la festa, perché conoscono le sue abitu<strong>di</strong>ni. Si<br />
informano e si interrogano l'un l'<strong>al</strong>tro. È una ricerca m<strong>al</strong>evola: bisogna loc<strong>al</strong>izzarlo, non<br />
perderlo <strong>di</strong> vista, seguirlo, spiarlo, trovare un sistema per neutr<strong>al</strong>izzarlo.<br />
123
«C'era un gran mormorio su <strong>di</strong> lui nelle folle»: molta gente comune, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />
capi menzionati sopra, parla <strong>di</strong> lui con un certa benevolenza, ma lo fa a bassa voce, per<br />
paura <strong>di</strong> compromettersi.<br />
«Gli uni <strong>di</strong>cevano: È buono!, <strong>al</strong>tri invece...: No, ma inganna la gente!»: l'opinione <strong>della</strong><br />
folla è tuttavia <strong>di</strong>visa. C'è chi lo stima e lo <strong>di</strong>fende, chi invece non si fida credendolo un<br />
ingannatore del popolo. Gesù, in ogni caso (sia quando è creduto onesto e sia quando è<br />
ritenuto un bugiardo), è <strong>di</strong>ventato un argomento importante. Egli ha coinvolto veramente<br />
tutto il popolo. Dio attraverso <strong>di</strong> lui sta smuovendo tutta una nazione.<br />
«Nessuno... in pubblico parlava <strong>di</strong> lui per la paura dei Giudei»: tutti sanno che i capi<br />
giudaici sono ostili a Gesù. Non si espongono ad eventu<strong>al</strong>i rappresaglie. Il potere imperante<br />
era riuscito a stabilire un clima <strong>di</strong> intimidazione tra la gente e <strong>di</strong> persecuzione nei confronti<br />
<strong>di</strong> Gesù, il qu<strong>al</strong>e affronta coraggiosamente t<strong>al</strong>e situazione.<br />
- II - IL DISCERNIMENTO SULLA DOTTRINA E LE OPERE<br />
1. LA MIA DOTTRINA NON È MIA (7,14-16)<br />
7.14 )/Hdh de\ th=j e(orth=j mesou/shj a)ne/bh )Ihsou=j ei)j to\ i(ero\n kai\ e)<strong>di</strong>/dasken.<br />
7.15 e)qau/mazon ou)=n oi( )Ioudai=oi le/gontej,<br />
Pw=j ou(=toj gra/mmata oi)=den mh\ memaqhkw/j;<br />
7.16 a)pekri/qh ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j kai\ ei)=pen,<br />
(H e)mh\ <strong>di</strong>daxh\ ou)k e)/stin e)mh\ a)lla\ tou= pe/myanto/j me:<br />
7,14 Ma già a–metà <strong>della</strong> festa Gesù s<strong>al</strong>ì <strong>al</strong> tempio e insegnava.<br />
7,15 Si–stupivano quin<strong>di</strong> i Giudei, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Come costui conosce (le) Scritture non avendo–stu<strong>di</strong>ato?»<br />
7,16 Rispose dunque loro Gesù e <strong>di</strong>sse:<br />
«La mia dottrina non è mia, ma <strong>di</strong>–colui–che mi ha–inviato.<br />
«A metà <strong>della</strong> festa Gesù s<strong>al</strong>ì <strong>al</strong> tempio e insegnava»: Gesù ha il coraggio <strong>di</strong> esporsi. Lo<br />
fa improvvisamente per sorprendere e confondere i suoi avversari (questa è una terza risorsa<br />
per chi usa le armi <strong>della</strong> mitezza). Insegna nel tempio, mettendo i suoi nemici davanti ad un<br />
fatto compiuto, <strong>di</strong>fficile da contrastare, perché la folla lo ascolta volentieri. A Gesù non<br />
mancano, d'<strong>al</strong>tra parte, dei <strong>di</strong>scepoli fedeli e coraggiosi. Prendendo le <strong>di</strong>stanze d<strong>al</strong> culto e<br />
d<strong>al</strong>le consuetu<strong>di</strong>ni giudaiche (arriva infatti solo a metà <strong>della</strong> festa), punta <strong>di</strong>rettamente <strong>al</strong><br />
Tempio, la casa del Padre suo, per insegnare una nuova dottrina.<br />
«Si stupivano..: Come costui conosce le Scritture non avendo stu<strong>di</strong>ato?»: il fatto che<br />
Gesù conoscesse così bene le Scritture e sapesse parlare in modo così brillante, senza aver<br />
frequentato le scuole uffici<strong>al</strong>i dell'epoca, li sconcerta. Una quarta risorsa che Gesù<br />
possedeva era quella <strong>di</strong> avere una profonda sapienza e <strong>di</strong> saperla esporre in modo<br />
magistr<strong>al</strong>e, il che lo rendeva molto interessante e coinvolgente.<br />
«La mia dottrina... è <strong>di</strong> colui che mi ha inviato»: Gesù spiega con semplicità che il<br />
contenuto e la forma del suo insegnamento sono un dono <strong>di</strong> Dio Padre, che lo ha inviato.<br />
Non si vanta del suo sapere e dell'eloquenza <strong>della</strong> sua parola, ma li attribuisce a Dio <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e<br />
rende tutto l’onore. Egli vive del e per il Padre e avendolo nel cuore, lo ha sempre anche<br />
sulle labbra.<br />
2. DUE CRITERI PER IL DISCERNIMENTO (7,17-18)<br />
7.17 e)a/n tij qe/lv to\ qe/lhma au)tou= poiei=n,<br />
gnw/setai peri\ th=j <strong>di</strong>daxh=j po/teron e)k tou= qeou= e)stin<br />
h)\ e)gw\ a)p' e)mautou= l<strong>al</strong>w=.<br />
7.18 o( a)f' e(autou= l<strong>al</strong>w=n th\n do/can th\n i)<strong>di</strong>/an zhtei=:<br />
o( de\ zhtw=n th\n do/can tou= pe/myantoj au)to/n<br />
ou(=toj a)lhqh/j e)stin kai\ a)<strong>di</strong>ki/a e)n au)t%= ou)k e)/stin.<br />
7,17 Se qu<strong>al</strong>cuno vuole fare la sua volontà,<br />
124
conoscerà circa la dottrina, se è da Dio<br />
oppure (se) io parlo da me–stesso.<br />
7,18 Chi parla da sé, la propria gloria cerca;<br />
chi invece cerca la gloria <strong>di</strong>–colui–che lo ha–inviato,<br />
questi è veritiero e ingiustizia in lui non c'è.<br />
«Se qu<strong>al</strong>cuno vuol fare la sua volontà, conoscerà circa la dottrina, se è da Dio»: chi è in<br />
misteriosa e profonda sintonia con la volontà del Padre è in grado <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utare con sicurezza<br />
l'origine <strong>di</strong>vina <strong>della</strong> dottrina del Cristo. Questo è un primo criterio, interno <strong>al</strong> credente<br />
stesso. Infatti, chi si apre sinceramente <strong>al</strong> <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio, costi quello che costi, e lo mette in<br />
pratica (volere e fare = desiderio e opera), percepirà interiormente la verità delle parole del<br />
Maestro, perché il Padre stesso è <strong>al</strong>l'opera nel cuore del credente e lo porta a fare<br />
un'esperienza convincente (cfr. 5,36; 6,44).<br />
«Chi parla da sé, la propria gloria cerca»: questo è il caso dei suoi oppositori che<br />
avevano tanti interessi terreni da <strong>di</strong>fendere. Tutto quello che <strong>di</strong>cono è frutto dei loro<br />
ragionamenti <strong>di</strong>storti e <strong>della</strong> loro ricerca <strong>di</strong> potere.<br />
«Chi cerca la gloria <strong>di</strong> colui che lo ha inviato... è veritiero»: qui Gesù propone un<br />
secondo criterio, esterno e ben v<strong>al</strong>utabile. Gesù, contrariamente a quanto pensavano i<br />
fratelli, non cerca la propria gloria, industriandosi in tutti i mo<strong>di</strong> per avere successo, ma<br />
quella del Padre. Non sfrutta a suo favore l'enorme potenzi<strong>al</strong>e che Dio gli ha dato, ma si<br />
annienta per il bene dell'uomo sino a fare la vita del povero, dell'itinerante, del perseguitato,<br />
dell'Agnello <strong>di</strong> fronte ai lupi. Per questo egli afferma con chiarezza <strong>di</strong> essere veritiero,<br />
come, d'<strong>al</strong>tra parte, lo è il Padre (28).<br />
«È veritiero e ingiustizia in lui non c'è»: Gesù, dunque si <strong>di</strong>fende contro le accuse <strong>di</strong><br />
f<strong>al</strong>sità e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonestà, offrendo due chiari criteri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, <strong>di</strong>mostrando con coraggio e<br />
modestia che egli è veri<strong>di</strong>co e giusto. Egli si considera solo un Inviato e per lui chi conta è<br />
Dio. Perciò non si lascia intimi<strong>di</strong>re d<strong>al</strong>le opinioni <strong>al</strong>trui, si ribella ai pregiu<strong>di</strong>zi e contesta le<br />
condanne, anche se vengono d<strong>al</strong>le autorità in carica. Parla sempre chiaro e agisce con<br />
correttezza verso tutti: questa è la forza vincente dei non-violenti.<br />
3. NESSUNO TRA VOI FA LA LEGGE (7,19-20)<br />
7.19 ou) Mwush=j de/dwken u(mi=n to\n no/mon;<br />
kai\ ou)dei\j e)c u(mw=n poiei= to\n no/mon.<br />
ti/ me zhtei=te a)poktei=nai;<br />
7.20 a)pekri/qh o( o)/xloj, Daimo/nion e)/xeij: ti/j se zhtei= a)poktei=nai;<br />
7,19 Mosè non <strong>di</strong>ede a–voi la legge?<br />
E nessuno tra voi fa la legge.<br />
Perché cercate me (per) uccider(mi)?».<br />
7,20 Rispose la folla: «Hai (un) demonio; chi cerca te (per) uccider(ti)?».<br />
«Mosè non <strong>di</strong>ede a voi la legge? E nessuno tra voi fa la legge»: adesso passa <strong>al</strong><br />
contrattacco. D<strong>al</strong> momento che i Giudei si vantano <strong>di</strong> osservare fedelmente la legge <strong>di</strong><br />
Mosè, Gesù li accusa <strong>di</strong>cendo che non è vero. Egli prende le <strong>di</strong>stanze da loro, <strong>di</strong>cendo:<br />
<strong>di</strong>ede a voi. Svela poi le loro contrad<strong>di</strong>zioni e ipocrisie. Egli usa quella che abbiamo<br />
chiamato la seconda arma dei giusti, cioè la denuncia <strong>di</strong> ogni m<strong>al</strong>vagità, per non esserne<br />
favoreggiatore.<br />
«Perché cercate me per uccidermi?»: sotto forma <strong>di</strong> domanda (il che significa che essi<br />
non si possono giustificare), li accusa <strong>di</strong> tentare la sua uccisione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> violare<br />
gravemente la legge <strong>di</strong> Mosè (il 5° comandamento). Egli smaschera i piani dei suoi nemici.<br />
Rivela <strong>di</strong> conoscerne i complotti. Rende loro più <strong>di</strong>fficile l'impresa.<br />
«Rispose la folla: Hai un demonio; chi cerca te per ucciderti?»: gli viene risposto con il<br />
più grave degli insulti (hai un demonio). A rispondere non è, forse, proprio tutta la folla, ma<br />
125
verosimilmente solo quelli che tramavano e non volevano essere smascherati. Pertanto son<br />
pronti a reagire con la massima violenza verb<strong>al</strong>e.<br />
4. L'OPERA STUPEFACENTE DI GUARIGIONE COMPLETA (7,21-24)<br />
7.21 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
(\En e)/rgon e)poi/hsa kai\ pa/ntej qauma/zete.<br />
7.22 <strong>di</strong>a\ tou=to Mwush=j de/dwken u(mi=n th\n peritomh/n<br />
ou)x o(/ti e)k tou= Mwuse/wj e)sti\n a)ll' e)k tw=n pate/rwn<br />
kai\ e)n sabba/t% perite/mnete a)/nqrwpon.<br />
7.23 ei) peritomh\n lamba/nei a)/nqrwpoj e)n sabba/t%<br />
i(/na mh\ luqv= o( no/moj Mwuse/wj,<br />
e)moi\ xola=te o(/ti o(/lon a) /nqrwpon u(gih= e)poi/hsa e)n sabba/t%;<br />
7.24 mh\ kri/nete kat' o)/yin, a)lla\ th\n <strong>di</strong>kai/an kri/sin kri/nete.<br />
7,21 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Una–sola opera ho–fatto e tutti vi–stupite.<br />
7,22 Per questo Mosè ha–dato a–voi la circoncisione,<br />
non che sia da Mosè, ma dai padri,<br />
e <strong>di</strong> Sabato circoncidete (un) uomo.<br />
7,23 Se (un) uomo riceve (la) circoncisione <strong>di</strong> Sabato,<br />
affinché non sia–trasgre<strong>di</strong>ta la legge <strong>di</strong>–Mosè,<br />
vi–in<strong>di</strong>gnate (con) me, perché (un) uomo intero ho–fatto (<strong>di</strong>ventare) sano <strong>di</strong> Sabato?<br />
7,24 Non giu<strong>di</strong>cate secondo (l')apparenza, ma (con) il giusto giu<strong>di</strong>zio giu<strong>di</strong>cate!».<br />
«Una sola opera ho fatto»: il Maestro fa ora riferimento <strong>al</strong>la guarigione operata <strong>di</strong><br />
Sabato <strong>al</strong>la piscina <strong>di</strong> Betzatà (5,16-18). Era quella che maggiormente aveva in<strong>di</strong>gnato i<br />
Giudei ed era anche la più recente fatta a Gerus<strong>al</strong>emme. Sapeva che le sue aperte e ostentate<br />
violazioni del Sabato erano uno dei princip<strong>al</strong>i motivi per i qu<strong>al</strong>i cercavano <strong>di</strong> ucciderlo. È<br />
interessante vedere come egli interpreta ulteriormente (rispetto a quanto fatto in 5,19 ss.)<br />
l'opera che ha compiuto. Di qui capiamo anche che la delazione, fatta da quell’infermo<br />
beneficato, ha scatenato una persecuzione che non accenna a <strong>di</strong>minuire. D'<strong>al</strong>tra parte, se<br />
Cristo ritorna su questo episo<strong>di</strong>o, è perché per lui esso è emblematico e fondament<strong>al</strong>e.<br />
«Tutti vi stupite»: Gesù sa che gli stessi avversari si sono stupiti; ma essi non lo vogliono<br />
ammettere per non confessare la loro sorpresa e la loro inferiorità.<br />
«Mosè ha dato a voi la circoncisione, non che sia da Mosè, ma dai padri»: Gesù, che<br />
aveva già rintuzzato i suoi avversari nel <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> 5,19 ss., introduce ora un nuovo<br />
argomento per convincere i suoi u<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> ipocrisia: parla <strong>della</strong> circoncisione introdotta dai<br />
padri (Gn 17,12) e confermata da Mosè (Lv 12,2), loro gran<strong>di</strong> e venerati antenati.<br />
«Di Sabato circoncidete un uomo... perché non sia trasgre<strong>di</strong>ta la legge <strong>di</strong> Mosè»: egli<br />
ricorda infatti che perfino essi violano il Sabato, dando, ad esempio, più importanza <strong>al</strong> rito<br />
<strong>della</strong> circoncisione che <strong>al</strong> riposo sabbatico. La circoncisione era un rito <strong>di</strong> purificazione e<br />
un segno <strong>di</strong> appartenenza <strong>al</strong> popolo dell'Alleanza ed era sempre praticato nell'ottavo giorno,<br />
anche se questo cadeva <strong>di</strong> Sabato. Quin<strong>di</strong> già lo stesso Mosè faceva intendere che la<br />
s<strong>al</strong>vezza dell'uomo viene prima <strong>della</strong> legge del Sabato.<br />
«Vi in<strong>di</strong>gnate con me perché un uomo intero ho fatto sano <strong>di</strong> Sabato»: Gesù vuol far<br />
capire che quella guarigione è qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> più grande <strong>della</strong> stessa circoncisione. Quin<strong>di</strong> essi<br />
non lo possono criticare, se ha operato quell’azione <strong>di</strong> Sabato. È stata un'opera del Dio che<br />
s<strong>al</strong>va. Mosè stesso l'avrebbe approvata.<br />
«Un uomo intero...»: Gesù è venuto per s<strong>al</strong>vare l'uomo nella sua completezza: corpo,<br />
anima (psiche) e spirito.<br />
«Non giu<strong>di</strong>cate secondo l'apparenza, ma con il giusto giu<strong>di</strong>zio giu<strong>di</strong>cate!»: questo è un<br />
invito molto importante. D'<strong>al</strong>tra parte, si tratta <strong>di</strong> quello che Gesù fa sempre (cfr. 5,30).<br />
Quin<strong>di</strong> anche noi siamo esortati a fare un serio e profondo <strong>di</strong>scernimento <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la<br />
dottrina ed <strong>al</strong>le opere del Cristo (e dei nostri fratelli), per non essere giu<strong>di</strong>ci dai giu<strong>di</strong>zi<br />
126
iniqui. Questa esortazione, che aiuta a giu<strong>di</strong>care l’operato <strong>al</strong>trui tenendo conto dei propri<br />
comportamenti, per non usare due pesi e due misure, è tra le armi <strong>della</strong> carità quella più <strong>al</strong>ta<br />
e promettente. Aiutare a essere ragionevoli, facilitare il <strong>di</strong>scernimento, è più efficace che il<br />
rimprovero o l'offesa, anche se è più <strong>di</strong>fficile, perché richiede molta intelligenza spiritu<strong>al</strong>e<br />
ed un'infinita pazienza.<br />
Stiamo esaminando qu<strong>al</strong>i sono le armi del giusto; è bene che ve<strong>di</strong>amo anche qu<strong>al</strong>i sono<br />
quelle del violento, per evitare <strong>di</strong> usarle noi. Coloro che si <strong>di</strong>fendono d<strong>al</strong>la verità e<br />
aggre<strong>di</strong>scono chi la proclama usano il complotto (si radunano in molti <strong>di</strong> nascosto per<br />
progettare azioni cattive, per uccidere. Cfr. 5,18; 7,1.19). Cercano, spiano e pe<strong>di</strong>nano<br />
(7,11). Creano un clima <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> intimidazione cercando <strong>di</strong> far terra bruciata intorno <strong>al</strong><br />
loro avversario (7,13). Mettono in giro f<strong>al</strong>sità, per creare sospetti e <strong>di</strong>ffidenze contro <strong>di</strong> lui<br />
(7,12). Ne cercano i punti deboli (non ha stu<strong>di</strong>ato: cfr. 7,15) per non lasciarsi suggestionare<br />
o convincere d<strong>al</strong>le sue effettive qu<strong>al</strong>ità (cfr. anche 7,21). In re<strong>al</strong>tà sono dei superfici<strong>al</strong>i che<br />
giu<strong>di</strong>cano secondo le apparenze e dànno importanza primaria <strong>al</strong>le cose secondarie (7,24).<br />
Rispondono con violenza inau<strong>di</strong>ta a chi svela le loro infami trame (7,19). Anche se<br />
sapientemente e amorevolmente aiutati ad operare un corretto <strong>di</strong>scernimento, non si<br />
convertono.<br />
- III - MOLTI CREDETTERO IN LUI<br />
1. PARLA IN PUBBLICO (7,25-27)<br />
7.25 )/Elegon ou)=n tinej e)k tw=n (Ierosolumitw=n,<br />
Ou)x ou(=to/j e)stin o(\n zhtou=sin a)poktei=nai;<br />
7.26 kai\ i)/de parrhsi/# l<strong>al</strong>ei= kai\ ou)de\n au)t%= le/gousin.<br />
mh/pote a)lhqw=j e)/gnwsan oi( a)/rxontej o(/ti ou(=to/j e)stin o( Xristo/j;<br />
7.27 a)lla\ tou=ton oi)/damen po/qen e)sti/n:<br />
o( de\ Xristo\j o(/tan e)/rxhtai ou)dei\j ginw/skei po/qen e)sti/n.<br />
7,25 Dicevano dunque <strong>al</strong>cuni dei Gerosolimitani:<br />
«Non è questi colui–che cercano (<strong>di</strong>) uccidere?<br />
7,26 Ed ecco, parla in–pubblico e (non) gli <strong>di</strong>cono nulla.<br />
Forse i capi veramente hanno–riconosciuto che questi è il Cristo?<br />
7,27 Ma costui sappiamo donde è;<br />
invece il Cristo, quando verrà, nessuno saprà donde è».<br />
«Non è questi colui che cercano <strong>di</strong> uccidere?»: dunque, era noto a molti il tentativo fatto<br />
dai capi <strong>di</strong> uccidere Gesù. Egli <strong>di</strong>ceva solo la verità, oltretutto riconosciuta da molti, quando<br />
denunciava i complotti contro la sua vita.<br />
«Ecco, parla in pubblico...»: il coraggio <strong>di</strong> Gesù li ha sorpresi. Gli stessi avversari non<br />
sanno come fermarlo e non gli <strong>di</strong>cono nulla. Sopportano <strong>di</strong> perdere una battaglia, ma non<br />
vogliono perdere la guerra.<br />
«Forse i capi... hanno riconosciuto che questi è il Cristo?»: visto che i capi si sono<br />
sempre fatti rispettare da tutti, trovano strano che Gesù possa insegnare in<strong>di</strong>sturbato nel<br />
tempio; proprio lui che era o<strong>di</strong>ato a morte. Avanzano l'ipotesi <strong>di</strong> un mutato atteggiamento<br />
verso <strong>di</strong> lui. Si tratta <strong>di</strong> gente che ama <strong>di</strong>pendere d<strong>al</strong>le idee dei potenti.<br />
«Costui sappiamo donde è»: tuttavia, siccome si tratterebbe in questo caso <strong>di</strong> ammettere<br />
che Gesù è il Cristo, son pronti a resistere anche ai capi, pur <strong>di</strong> seguire i loro pregiu<strong>di</strong>zi.<br />
Infatti, essi credono fortemente <strong>al</strong>la convinzione popolare che il Cristo avrebbe avuto<br />
un'origine misteriosa e, sicuri <strong>di</strong> conoscere la provenienza <strong>di</strong> Gesù (6,42), escludono che sia<br />
lui il Messia.<br />
«Il Cristo... nessuno saprà donde è»: accettando questa credenza popolare sono in<br />
contrad<strong>di</strong>zione con un <strong>al</strong>tro gruppo, che motiva il rifiuto <strong>di</strong> Gesù appellandosi <strong>al</strong>le Scritture<br />
che in<strong>di</strong>cano Betlemme come la patria d’origine del Messia (cfr. 42 e 52).<br />
127
2. È VERITIERO COLUI CHE MI HA MANDATO (7,28-29)<br />
7.28 e)/kracen ou)=n e)n t%= i(er%= <strong>di</strong>da/skwn o( )Ihsou=j kai\ le/gwn,<br />
Ka)me\ oi)/date kai\ oi)/date po/qen ei)mi/: kai\ a)p' e)mautou= ou)k e)lh/luqa,<br />
a)ll' e)/stin a)lhqino\j o( pe/myaj me, o(\n u(mei=j ou)k oi)/date:<br />
7.29 e)gw\ oi)=da au)to/n, o(/ti par' au)tou= ei)mi ka)kei=no/j me a)pe/steilen.<br />
7,28 Gridò dunque Gesù, insegnando nel tempio e <strong>di</strong>cendo:<br />
«Sì,–mi conoscete e sapete donde sono, eppure da me–stesso non sono–venuto,<br />
ma è veritiero colui–che mi ha–inviato, che voi non conoscete.<br />
7,29 Io lo conosco, perché sono da lui ed–egli mi ha–mandato».<br />
«Gridò dunque Gesù, insegnando nel tempio...»: la risposta a tutti questi bisbigli Gesù la<br />
dà a voce <strong>al</strong>ta, davanti a tutti, con solennità e autorevolezza (insegnando). Facendolo nel<br />
tempio, rischia: tuttavia egli sa che la gente ha bisogno <strong>della</strong> sua testimonianza e, in effetti,<br />
molti si convertiranno.<br />
«Mi conoscete e sapete donde sono»: non risparmia loro l'ironia <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che hanno<br />
ragione quando <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> conoscere la sua identità e la sua origine (lo ritengono un<br />
carpentiere proveniente da Nazaret).<br />
«Da me stesso non sono venuto»: questa affermazione contiene, come sempre,<br />
contemporaneamente un elemento <strong>di</strong> autoaffermazione e uno <strong>di</strong> grande umiltà. Egli, infatti,<br />
mentre afferma che la sua origine è sovrumana, <strong>di</strong>chiara anche che l'iniziativa<br />
dell'insegnamento e dell'opera che svolge non è sua. Se fosse solo un carpentiere, la sua<br />
attività sarebbe solamente umana con tutte le conseguenze che ne derivano (cfr. 7,17-18).<br />
Per contro, se fosse un Dio invadente, si proporrebbe con prepotenza. Egli invece è innanzi<br />
tutto obbe<strong>di</strong>ente <strong>al</strong>la volontà <strong>di</strong>vina.<br />
«È veritiero colui che mi ha inviato»: egli è il grande e mite Inviato del Padre. Chi lo ha<br />
mandato è Veritiero (ama la Verità) e quin<strong>di</strong> anche lui è sincero e autentico (18; 18,37).<br />
«Che voi non conoscete»: non teme <strong>di</strong> accusarli <strong>di</strong> ignoranza, che egli giu<strong>di</strong>ca grave<br />
soprattutto perché essa è nei confronti del Padre, il Veritiero. Questa ignoranza (colpevole)<br />
è la vera debolezza degli avversari e Gesù la mette in luce con coraggio e con una punta <strong>di</strong><br />
ironia (sono le armi <strong>della</strong> verità e le armi sono sempre dolorose). Tuttavia, nel profondo <strong>di</strong><br />
questa accusa, vi è l'accorato invito a conoscere il Padre, il Dio vero e veri<strong>di</strong>co.<br />
«Io lo conosco»: Gesù <strong>di</strong>mostra un'estrema sicurezza che deriva d<strong>al</strong> fatto che egli<br />
conosce in modo profondo ed esperienzi<strong>al</strong>e il Padre, come <strong>di</strong>mostrano le affermazioni che<br />
seguono. Conoscere il Padre è la cosa più importante (17,3: questa è la vita eterna).<br />
«Perché sono da lui ed egli mi ha mandato»: egli conosce bene il Padre per due motivi:<br />
ha origine da lui ed egli lo ha inviato. Il primo motivo rivela la sua natura (Sono da Dio), il<br />
secondo ne illustra l'opera (Mi ha mandato).<br />
Mt 11,27 Tutto mi è stato dato d<strong>al</strong> Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre,<br />
e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il Figlio lo voglia rivelare<br />
[espressione <strong>di</strong> stile giovanneo presente nei Sinottici. Cfr. anche Lc 10,22].<br />
3. NON ERA GIUNTA LA SUA ORA (7,30)<br />
7.30 )Ezh/toun ou)=n au)to\n pia/sai, kai\ ou)dei\j e)pe/b<strong>al</strong>en e)p' au)to\n th\n xei=ra,<br />
o(/ti ou)/pw e)lhlu/qei h( w(/ra au)tou=.<br />
7,30 Cercavano dunque (<strong>di</strong>) catturarlo, ma nessuno gli mise la mano addosso,<br />
perché non–ancora era–giunta la sua Ora.<br />
«Cercavano... <strong>di</strong> catturarlo»: risentiti per queste parole lo vogliono arrestare per fargli<br />
scontare tutte queste offese. Il tentativo <strong>di</strong> questa cattura è narrato più dettagliatamente nei<br />
v. 32.45-48. Non vogliono certo che la gente pensi che hanno ceduto <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> Nazareno.<br />
«Non era... la sua Ora»: l'Evangelista spiega in questo modo il perché del f<strong>al</strong>limento del<br />
tentativo <strong>di</strong> cattura. Egli <strong>al</strong>lude <strong>al</strong> <strong>di</strong>scorso fatto da Gesù ai fratelli: «Il mio tempo non è<br />
128
ancora giunto», cioè il tempo (non lontano: v. 33) dell'es<strong>al</strong>tazione sulla croce, che potrà<br />
compiersi secondo la provvidenza <strong>di</strong>vina solo a Pasqua (17,1). Dio vanifica i piani dei<br />
m<strong>al</strong>vagi.<br />
4. IL CRISTO FARÀ FORSE SEGNI MAGGIORI? (7,31)<br />
7.31 )Ek tou= o)/xlou de\ polloi\ e)pi/steusan ei)j au)to/n<br />
kai\ e)/legon, (O Xristo\j o(/tan e)/lqv<br />
mh\ plei/ona shmei=a poih/sei w(=n ou(=toj e)poi/hsen;<br />
7,31 Invece molti <strong>della</strong> folla credettero in lui<br />
e <strong>di</strong>cevano: «Il Cristo, quando verrà,<br />
farà forse segni maggiori <strong>di</strong>–quelli–che costui ha–fatto?».<br />
«Molti credettero in lui»: le parole <strong>di</strong> Gesù convincono però molti circa la sua origine<br />
<strong>di</strong>vina, proprio mentre i nemici organizzano la cattura (dunque: due e contrastanti sono le<br />
reazione dei presenti). Il fatto che siano molti acuirà la rabbia dei capi.<br />
«Il Cristo... farà forse segni maggiori?»: credono perché sanno leggere i segni nella luce<br />
giusta, come prova del compimento delle promesse messianiche. Credono e parlano:<br />
adducono la grandezza dei segni come prova (il <strong>di</strong>scorso è v<strong>al</strong>ido, <strong>al</strong>meno come primo<br />
passo). Ammettono apertamente <strong>di</strong> accogliere Gesù, come il Cristo, il Messia. Essi tuttavia<br />
non si fermano ai segni (pur importanti), ma, interrogandosi su <strong>di</strong> lui (come Pietro, che<br />
<strong>di</strong>ceva: Da chi andremo?), si mettono sulla strada che porta <strong>al</strong>la piena conoscenza del<br />
mistero <strong>della</strong> persona <strong>di</strong> Cristo.<br />
- IV - VADO DA COLUI CHE MI HA INVIATO<br />
1. PER POCO TEMPO SONO CON VOI (7,32-34)<br />
7.32 )/Hkousan oi( Farisai=oi tou= o)/xlou goggu/zontoj peri\ au)tou= tau=ta,<br />
kai\ a)pe/steilan oi( a)rxierei=j kai\ oi( Farisai=oi u(phre/taj i(/na pia/swsin au)to/n.<br />
7.33 ei)=pen ou)=n o( )Ihsou=j, )/Eti xro/non mikro\n meq' u(mw=n ei)mi<br />
kai\ u(pa/gw pro\j to\n pe/myanta/ me.<br />
7.34 zhth/sete/ me kai\ ou)x eu(rh/sete/ [me], kai\ o(/pou ei)mi\ e)gw\ u(mei=j ou) du/nasqe e)lqei=n.<br />
7,32 I farisei sentirono la folla che–sussurrava queste (cose) <strong>di</strong> lui<br />
e i capi–sacerdoti e i farisei mandarono inservienti affinché lo catturassero.<br />
7,33 Disse dunque Gesù: «Ancora (per) poco tempo sono con voi<br />
e vado da colui–che mi ha–inviato.<br />
7,34 Mi cercherete e non (mi) troverete, e dove sono io voi non potete venire».<br />
«I farisei sentirono la folla che sussurrava queste cose <strong>di</strong> lui»: le appassionate<br />
<strong>di</strong>scussioni fatte sottovoce, la protesta sussurrata <strong>di</strong> quelli che si convincono sempre più che<br />
Gesù è buono, mettono in <strong>al</strong>larme i farisei, i qu<strong>al</strong>i riescono a cogliere perfino i sospiri del<br />
popolo. L'Evangelista è molto attento nel <strong>di</strong>stinguere <strong>al</strong>l'interno dei Giudei i vari gruppi: i<br />
farisei erano quelli più attenti a <strong>di</strong>fendere l'ortodossia religiosa, mentre ai capi interessava<br />
<strong>di</strong> più l'or<strong>di</strong>ne pubblico e il potere sulla società. Per questo i farisei, più sensibili <strong>al</strong>le idee<br />
che circolano, appaiono sempre molto ben informati (cfr. 1,24; 4,1; 11,46).<br />
«I capi sacerdoti e i farisei mandarono inservienti per catturarlo»: sovente i sommi<br />
sacerdoti ed i farisei (benché in contrasto tra <strong>di</strong> loro su molte cose) si <strong>al</strong>leano contro Gesù<br />
(cfr. 7,45; 11,47; 18,3). Essi per la prima volta passano insieme <strong>al</strong>l'azione e usano la forza<br />
poliziesca: in questo caso, le guar<strong>di</strong>e del tempio. Queste sono le armi dei potenti, per<br />
incutere terrore e fermare la verità.<br />
«Ancora per poco tempo (khrónos) sono con voi»: <strong>al</strong>l'apparire dei gendarmi Gesù vede<br />
profilarsi il giorno <strong>della</strong> sua passione, per questo <strong>di</strong>ce che il tempo <strong>della</strong> sua presenza è<br />
breve. Gesù nonostante tutto si sente con loro e non contro <strong>di</strong> loro (cfr. anche 12,35; 13,33).<br />
129
Pare quasi che <strong>di</strong>cendo questo inviti tutti (speci<strong>al</strong>mente i gendarmi) ad approfittare del breve<br />
tempo rimasto.<br />
«Vado da colui che mi ha inviato»: il Padre è sempre in primo piano. Nonostante siano i<br />
Giudei a decidere la sua uccisione, Gesù <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> essere lui ad andarsene (la sua morte è<br />
una sua scelta, vista come un libero e gioioso ritorno <strong>al</strong> Padre che lo ha mandato).<br />
«Mi cercherete e non mi troverete»: stavolta i gendarmi lo hanno trovato, ma una volta<br />
tornato <strong>al</strong> Padre, egli sarà introvabile e starà <strong>al</strong> sicuro. Anche se lo cercheranno sia per<br />
fargli del m<strong>al</strong>e (come hanno fatto finora inutilmente: cfr. 1.11.25.30), o sia, ravveduti, per<br />
stare con lui, non potranno trovarlo (qui c'è un avvertimento fatto con linguaggio profetico:<br />
cfr. Os 5,6; Am 8,12). Gesù si sente veramente sicuro, perché trova nel Padre un rifugio<br />
inviolabile. Il <strong>di</strong>mostrare tanta sicurezza costituisce un’efficace arma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa: gli avversari<br />
notano la serenità <strong>della</strong> loro vittima e sono spiazzati. Anche in questo caso notiamo che<br />
nelle parole <strong>di</strong> Gesù vi è in filigrana il messaggio <strong>di</strong> non cercarlo con o<strong>di</strong>o, ma per amore.<br />
«Dove sono io voi non potete venire»: denuncia la loro vera impotenza, perché non<br />
avranno mai il potere <strong>di</strong> raggiungerlo presso il Padre.<br />
2. DOVE COSTUI STA PER ANDARE? (7,35-36)<br />
7.35 ei)=pon ou)=n oi( )Ioudai=oi pro\j e(autou/j,<br />
Pou= ou(=toj me/llei poreu/esqai o(/ti h(mei=j ou)x eu(rh/somen au)to/n;<br />
mh\ ei)j th\n <strong>di</strong>aspora\n tw=n (Ellh/nwn me/llei poreu/esqai kai\ <strong>di</strong>da/skein tou\j (/Ellhnaj;<br />
7.36 ti/j e)stin o( lo/goj ou(=toj o(\n ei)=pen,<br />
Zhth/sete/ me kai\ ou)x eu(rh/sete/ [me], kai\ o(/pou ei)mi\ e)gw\ u(mei=j ou) du/nasqe e)lqei=n;<br />
7,35 Dissero dunque i Giudei fra loro:<br />
«Dove costui sta (per) andare, cosicché noi non lo troveremo?<br />
Forse nella <strong>di</strong>aspora dei Greci sta (per) andare e (per) ammaestrare i Greci?<br />
7,36 Che <strong>di</strong>scorso è questo che ha–pronunciato:<br />
Mi cercherete e non (mi) troverete e dove sono io, voi non potete venire?».<br />
«Dove costui sta per andare... ?»: sono sicuri <strong>di</strong> loro stessi. Pensano che nessuno possa<br />
sfuggire <strong>al</strong> loro controllo.<br />
«Forse sta... per ammaestrare i Greci?»: l'unica ipotesi plausibile per loro è la infamante<br />
prospettiva <strong>di</strong> una fuga tra i greci per indottrinarli. Stimano la sua dottrina buona per i<br />
pagani, ma non per loro, conoscitori <strong>della</strong> Torà. Il fare ipotesi scre<strong>di</strong>tanti fa parte <strong>della</strong><br />
tattica del m<strong>al</strong>vagio. Notiamo che nella supposizione dei Giudei c'era qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> profetico:<br />
l'incontro con i greci si verificherà davvero (12,20).<br />
«Che <strong>di</strong>scorso (lógos) è questo...: Mi cercherete... ?»: ripetono le parole nella loro<br />
materi<strong>al</strong>ità. Non hanno capito che parlava del suo ritorno <strong>al</strong> Padre (cfr. 6,60). Gesù non dà<br />
una risposta <strong>al</strong>la loro domanda; li lascia nella loro perplessità ed oscurità. Il f<strong>al</strong>limento del<br />
tentativo <strong>di</strong> cattura (30 e 45) è un SEGNO <strong>della</strong> verità delle sue parole ed è una FIGURA<br />
anticipatrice <strong>della</strong> sua risurrezione. Quanto più essi si accaniscono nel perseguitarlo, tanto<br />
più gli dànno occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarsi veritiero nelle sue profezie.<br />
- V - SGORGHERANNO FIUMI DI ACQUA VIVA<br />
1. BEVA CHI CREDE IN ME (7,37-41 a )<br />
7.37 )En de\ tv= e)sxa/tv h(me/r# tv= mega/lv th=j e(orth=j<br />
ei(sth/kei o( )Ihsou=j kai\ e)/kracen le/gwn,<br />
)Ea/n tij <strong>di</strong>y#= e)rxe/sqw pro/j me kai\ pine/tw.<br />
7.38 o( pisteu/wn ei)j e)me/, kaqw\j ei)=pen h( grafh/,<br />
potamoi\ e)k th=j koili/aj au)tou= r(eu/sousin u(/datoj zw=ntoj.<br />
7.39 tou=to de\ ei)=pen peri\ tou= pneu/matoj<br />
o(\ e)/mellon lamba/nein oi( pisteu/santej ei)j au)to/n:<br />
ou)/pw ga\r h)=n pneu=ma,<br />
o(/ti )Ihsou=j ou)de/pw e)doca/sqh.<br />
130
7.40 )Ek tou= o)/xlou ou)=n a)kou/santej tw=n lo/gwn tou/twn e)/legon,<br />
Ou(=to/j e)stin a)lhqw=j o( profh/thj:<br />
7.41 a) /lloi e)/legon, Ou(=to/j e)stin o( Xristo/j,<br />
7,37 Nell'ultimo giorno, poi, il grande (giorno) <strong>della</strong> festa,<br />
Gesù stette (in pie<strong>di</strong>) e gridò, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Se uno ha–sete, venga a me<br />
7,38 e beva, chi crede in me. Come <strong>di</strong>sse la Scrittura:<br />
Fiumi d'acqua viva d<strong>al</strong> suo grembo sgorgheranno».<br />
7,39 Ma questo <strong>di</strong>sse circa lo Spirito,<br />
che stavano (per) ricevere i credenti in lui;<br />
infatti non–ancora c'era (lo) Spirito,<br />
perché Gesù ancora–non era–stato–glorificato.<br />
7,40 (Alcuni) <strong>della</strong> folla, dunque, ascoltando queste parole, <strong>di</strong>cevano:<br />
«Questi è veramente il Profeta!»<br />
7,41a Altri <strong>di</strong>cevano: «Questi è il Cristo!»<br />
«Nell'ultimo... grande giorno <strong>della</strong> festa»: il giorno settimo era il più solenne. In esso si<br />
attingeva l'acqua <strong>al</strong>la fonte <strong>di</strong> Ghihon e la si portava in un recipiente d'oro fino <strong>al</strong> tempio,<br />
nel qu<strong>al</strong>e si girava sette volte intorno <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tare e si cantava Is 2,3 (Attingerete con gioia...) e<br />
il v. 25 del S<strong>al</strong> 118 (Dona, Signore, la tua s<strong>al</strong>vezza...). T<strong>al</strong>e ultimo grande giorno ci<br />
richiama quello in cui Gesù muore e risorge e quello <strong>della</strong> risurrezione fin<strong>al</strong>e <strong>di</strong> tutti. Per<br />
questo il Maestro sceglie t<strong>al</strong>e giorno culminante per proclamare il dono dello Spirito <strong>San</strong>to.<br />
«Stette in pie<strong>di</strong> e gridò»: Gesù assume un atteggiamento solenne (in pie<strong>di</strong>) che <strong>di</strong>mostra<br />
grande forza, a motivo dell'importanza del messaggio che sta per dare con voce forte e<br />
chiara (gridò. Cfr. 28).<br />
«Se uno ha sete, venga a me e beva, chi crede in me»: la sete <strong>di</strong> cui parla Gesù è quella <strong>di</strong><br />
verità, <strong>di</strong> giustizia e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. Questa sete porta verso Gesù il qu<strong>al</strong>e, a chi crede, dona<br />
l'acqua viva <strong>della</strong> verità, dello Spirito (ve<strong>di</strong> Cana e la Samaritana). Il Signore è venuto a<br />
potenziare t<strong>al</strong>e sete (cfr. Is 55,1). Egli è la roccia d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e sgorga l'acqua viva che <strong>di</strong>sseta<br />
i credenti nel loro Esodo. Qui ancora una volta venire a lui e credere in lui sono messi in<br />
relazione.<br />
«Come <strong>di</strong>sse la Scrittura»: Gesù sa che in lui si re<strong>al</strong>izzano le profezie (cfr. Ez 47,12; Zc<br />
13,1; 14,8: oltre tutto questi brani si leggevano in pubblico proprio durante la festa delle<br />
Capanne, nominata esplicitamente in Zc 14,18).<br />
«Fiumi d'acqua viva d<strong>al</strong> suo grembo sgorgheranno»: d<strong>al</strong> cuore <strong>di</strong> Cristo, morto in<br />
Croce, nasce un fiume <strong>di</strong> grazia: il dono dello Spirito (cfr. 19,34-37). Gesù attribuisce a se<br />
stesso le profezie sopra citate, le qu<strong>al</strong>i parlavano del Tempio e <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme come <strong>di</strong> una<br />
fonte zampillante.<br />
«Questo <strong>di</strong>sse circa lo Spirito, che stavano per ricevere i credenti in lui...»: i credenti<br />
bevono l'acqua promessa ricevendo il dono dello Spirito <strong>San</strong>to.<br />
«Non ancora c'era lo Spirito... »: lo Spirito non era ancora stato effuso in abbondanza<br />
come a Pentecoste, perché Cristo non era ancora risorto (cfr. 20,22).<br />
«Ascoltando queste parole»: non ci meravigli il fatto che, anche se non c'era ancora lo<br />
Spirito potentemente <strong>al</strong>l'opera, bastino queste parole a portare <strong>al</strong>la fede. Anche noi<br />
possiamo e dobbiamo fare l'esperienza <strong>della</strong> forza <strong>di</strong> queste parole che, ascoltate con<br />
apertura <strong>di</strong> cuore, donano luce e coraggio.<br />
«Questi è veramente il Profeta... il Cristo»: si tratta <strong>di</strong> due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi e complementari<br />
<strong>di</strong> professare un'unica fede. C'è chi lo vede come il Profeta definitivo (aspetto dottrin<strong>al</strong>ecarismatico)<br />
e <strong>al</strong>tri che lo riconoscono come il Cristo (aspetto reg<strong>al</strong>e-messianico).<br />
2. IL CRISTO VIENE DA BETLEMME (7,41 b -43)<br />
oi( de\ e)/legon, Mh\ ga\r e)k th=j G<strong>al</strong>ilai/aj o( Xristo\j e)/rxetai;<br />
7.42 ou)x h( grafh\ ei)=pen o(/ti e)k tou= spe/rmatoj Daui/d<br />
131
kai\ a)po\ Bhqle/em th=j kw/mhj o(/pou h)=n Daui/d e)/rxetai o( Xristo\j;<br />
7.43 sxi/sma ou)=n e)ge/neto e)n t%= o)/xl% <strong>di</strong>' au)to/n:<br />
7,41 b Ma <strong>al</strong>cuni <strong>di</strong>cevano: «Forse che d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea viene il Cristo?<br />
7,42 Non <strong>di</strong>sse la Scrittura che d<strong>al</strong> seme <strong>di</strong>–Davide<br />
e da Betlemme, il villaggio dove era Davide, viene il Cristo?».<br />
7,43 Avvenne pertanto (una) <strong>di</strong>visione nella folla a–motivo–<strong>di</strong> lui.<br />
«Ma <strong>al</strong>cuni <strong>di</strong>cevano: Forse che d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea viene il Cristo?»: per <strong>al</strong>cuni, che<br />
credevano che il Cristo fosse soprattutto investito <strong>di</strong> un potere politico, il vero problema<br />
pare quello dell'origine g<strong>al</strong>ilaica <strong>di</strong> Gesù (cfr. Natanaele: 1,46). I Giudei non si sarebbero<br />
mai sottomessi a un G<strong>al</strong>ileo.<br />
«Disse la Scrittura che d<strong>al</strong> seme <strong>di</strong> Davide...»: quella stessa Scrittura (cfr. 2 Sam 7,12;<br />
S<strong>al</strong> 89,5) citata da Gesù (v. 38) per proclamarsi sorgente <strong>di</strong> acqua viva, viene utilizzata dagli<br />
increduli per motivare il loro rifiuto (52). Essi invocano la Scrittura perché in questo caso<br />
sembra favorire il potere <strong>della</strong> stirpe dei Giudei (nazion<strong>al</strong>ismo). E Gesù, che avrebbe potuto<br />
proclamarsi figlio <strong>di</strong> Davide, non interviene ad illuminarli su questo punto: come mai i<br />
poveri ed i m<strong>al</strong>ati sanno che è Figlio <strong>di</strong> Davide (Mt 9,27), mentre i sapienti farisei lo<br />
ignorano?<br />
«Avvenne pertanto una <strong>di</strong>visione(skhísma)»: (cfr. 12) Gesù <strong>di</strong>vide l'opinione pubblica.<br />
Egli è sempre un segno <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione, che crea forti tensioni su argomenti scottanti.<br />
- VI - MAI UN UOMO PARLÒ COSÌ<br />
1. GLI INSERVIENTI SONO CONQUISTATI (7,44-49)<br />
7.44 tine\j de\ h)/qelon e)c au)tw=n pia/sai au)to/n,<br />
a)ll' ou)dei\j e)pe/b<strong>al</strong>en e)p' au)to\n ta\j xei=raj.<br />
7.45 )=Hlqon ou)=n oi( u(phre/tai pro\j tou\j a)rxierei=j kai\ Farisai/ouj,<br />
kai\ ei)=pon au)toi=j e)kei=noi, Dia\ ti/ ou)k h)ga/gete au)to/n;<br />
7.46 a)pekri/qhsan oi( u(phre/tai,<br />
Ou)de/pote e)la/lhsen ou(/twj a)/nqrwpoj. w=j ou)=toj l<strong>al</strong>ei= o( a)/nqrwpoj.<br />
7.47 a)pekri/qhsan ou)=n au)toi=j oi( Farisai=oi,<br />
Mh\ kai\ u(mei=j pepla/nhsqe;<br />
7.48 mh/ tij e)k tw=n a)rxo/ntwn e)pi/steusen ei)j au)to\n h)\ e)k tw=n Farisai/wn;<br />
7.49 a)lla\ o( o)/xloj ou(=toj o( mh\ ginw/skwn to\n no/mon e)pa/ratoi/ ei)sin.<br />
7,44 Alcuni fra loro però volevano catturarlo,<br />
ma nessuno gli mise le mani addosso.<br />
7,45 Andarono dunque gli inservienti dai capi–sacerdoti e (dai) farisei<br />
e questi <strong>di</strong>ssero loro: «Perché non lo avete–condotto?»<br />
7,46 Risposero gli inservienti:<br />
«Mai parlò così (un) uomo, come parla questo uomo!».<br />
7,47 Risposero dunque loro i farisei:<br />
«Forse che anche voi siete–stati–ingannati?<br />
7,48 Forse–che qu<strong>al</strong>cuno tra i capi ha–creduto in lui o tra i farisei?<br />
7,49 Ma questa folla, che non conosce la legge, sono m<strong>al</strong>edetti!».<br />
«Alcuni fra loro però volevano catturarlo»: qui si tratta dei capi che vogliono<br />
imprigionarlo ad ogni costo, dopo aver sentito le parole <strong>di</strong> Gesù e i commenti favorevoli<br />
<strong>della</strong> gente (cfr. 7,12.40-41).<br />
«Perché non lo avete condotto?»: i sommi sacerdoti e i capi dei farisei sono delusi e<br />
a<strong>di</strong>rati contro i gendarmi che hanno f<strong>al</strong>lito nel primo serio tentativo <strong>di</strong> cattura.<br />
«Mai parlò così un uomo, come parla questo uomo!»: la risposta che le guar<strong>di</strong>e dànno ci<br />
fa capire che la vera forza del Maestro sta nella sua parola (il lógos), vera arma <strong>di</strong> giustizia,<br />
che mirava <strong>al</strong> cuore e vi penetrava. Tutti ne capivano la veri<strong>di</strong>cità e ne erano conquistati.<br />
Nessun <strong>al</strong>tro avrebbe potuto <strong>di</strong>re simili parole, così ispirate e così efficaci (cfr. 6,68). Infatti,<br />
132
venivano d<strong>al</strong> Padre. Due volte parlano <strong>di</strong> Gesù come <strong>di</strong> un uomo, stupefatti d<strong>al</strong>la sua<br />
inspiegabile umanità, così <strong>di</strong>versa da tutte le <strong>al</strong>tre. Noi sappiamo che era piena <strong>della</strong> forza<br />
<strong>della</strong> <strong>di</strong>vinità.<br />
«Risposero dunque loro i farisei: Anche voi siete stati ingannati?»: i capi, in speci<strong>al</strong><br />
modo i farisei, riescono a resistere <strong>al</strong> fascino <strong>di</strong> quella parola. Essi, che si propongono come<br />
i <strong>di</strong>fensori <strong>della</strong> verità (<strong>della</strong> Legge), accusano Gesù <strong>di</strong> essere un impostore e un<br />
ingannatore (7,12). Già irritati per il fatto che il popolo si è lasciato fuorviare, si sdegnano<br />
ancor più con i gendarmi, perché anche loro sono caduti nella stessa trappola in cui è caduta<br />
le gente comune.<br />
«Forse che qu<strong>al</strong>cuno tra i capi ha creduto in lui?»: emerge qui la presunzione <strong>di</strong> classe.<br />
L'essere in molti e forti li porta <strong>al</strong>la pretesa <strong>di</strong> essere le guide in<strong>di</strong>scutibili. Essi si ritengono<br />
i veri conoscitori <strong>della</strong> Legge e <strong>di</strong>sprezzano e m<strong>al</strong>e<strong>di</strong>cono la folla che ascolta Gesù (questa<br />
folla, che non conosce la legge, sono m<strong>al</strong>edetti). Ecco <strong>al</strong>tre armi in mano ai prepotenti:<br />
l'orgoglio <strong>di</strong> casta, il <strong>di</strong>sprezzo dei più deboli, l'uso improprio delle m<strong>al</strong>e<strong>di</strong>zioni<br />
scritturistiche contro chi non la pensa come loro (cfr. Deut 27,26; S<strong>al</strong> 119,21...), la pretesa<br />
assurda <strong>di</strong> costituire l'unico metro v<strong>al</strong>ido <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, che tutti devono adottare. Essi si<br />
ritengono sapienti e benedetti. Ben <strong>di</strong>verso è il metodo <strong>di</strong> Gesù che invita ognuno e tutti<br />
(anche la folla) a giu<strong>di</strong>care person<strong>al</strong>mente con correttezza, dopo aver attentamente v<strong>al</strong>utato<br />
la situazione (24).<br />
2. NICODEMO TENTA UNA DIFESA (7,50-53)<br />
7.50 le/gei Niko/dhmoj pro\j au)tou/j, o( e)lqw\n pro\j au)to\n to\ pro/teron, ei(=j w)\n e)c au)tw=n,<br />
7.51 Mh\ o( no/moj h(mw=n kri/nei to\n a)/nqrwpon<br />
e)a\n mh\ a)kou/sv prw=ton par' au)tou= kai\ gn%= ti/ poiei=;<br />
7.52 a)pekri/qhsan kai\ ei)=pan au)t%=, Mh\ kai\ su\ e)k th=j G<strong>al</strong>ilai/aj ei)=;<br />
e)rau/nhson kai\ i)/de o(/ti e)k th=j G<strong>al</strong>ilai/aj profh/thj ou)k e)gei/retai.<br />
7.53 Kai\ e)poreu/qhsan e(/kastoj ei)j to\n to/pon [oi)=kon] au)tou=,<br />
7,50 Dice ad essi Nicodemo, che era–andato da lui in–precedenza, essendo uno <strong>di</strong> loro:<br />
7,51 «Forse la nostra legge giu<strong>di</strong>ca l'uomo,<br />
se prima non ha–ascoltato da lui e (non) ha–conosciuto ciò–che fa?»<br />
7,52 Risposero e gli <strong>di</strong>ssero: «Forse anche tu sei d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea?<br />
Scruta e vedrai che d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea non sorge Profeta!».<br />
7,53 E se–ne–tornò ciascuno <strong>al</strong> suo posto [<strong>al</strong>la sua casa].<br />
«Nicodemo, che era andato da lui in precedenza»: l'Evangelista ci tiene a ricordare il suo<br />
incontro con Gesù, incontro che lo ha certamente segnato. Siccome qui Nicodemo cerca <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere il Maestro, <strong>Giovanni</strong> non menziona che quel famoso incontro era avvenuto <strong>di</strong><br />
notte (cfr. invece 19,39).<br />
«Forse la nostra legge giu<strong>di</strong>ca... ?»: Nicodemo vorrebbe un giusto giu<strong>di</strong>zio (24) e non<br />
una condanna precostituita che non lascia possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. Si appella <strong>al</strong>la legge (Deut<br />
1,16) che, riconosciuta da lui stesso (nostra), dovrebbe essere rispettata anche dai suoi<br />
colleghi. Essi però la osservano, fino <strong>al</strong>lo spasimo, solo nelle cose secondarie (quelle che<br />
fanno loro comodo) e non in quelle princip<strong>al</strong>i.<br />
«Se prima non ha ascoltato da lui e non ha conosciuto ciò che fa?»: per Nicodemo si<br />
devono esaminare le parole e le opere che costituiscono l'insieme unitario dell'attività<br />
profetica del Signore. Non bisogna separare le une d<strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre: esse si illuminano a vicenda.<br />
«Anche tu sei d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea?»: gli interlocutori non rispondono <strong>al</strong>la proposta, che li<br />
invitava a fare un corretto <strong>di</strong>scernimento, nel rispetto minimo <strong>della</strong> legge, per non emettere<br />
una condanna ingiusta. D<strong>al</strong> momento che intendono uccidere Gesù e non certo iniziare una<br />
procedura <strong>di</strong> accertamento, reagiscono verb<strong>al</strong>mente in modo violento con un insulto contro<br />
Nicodemo e contro tutti i G<strong>al</strong>ilei, a cominciare da Gesù.<br />
«Scruta e vedrai che d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>ilea non sorge Profeta»: Nicodemo riceve da loro una<br />
patente <strong>di</strong> ignoranza e l'invito a stu<strong>di</strong>are bene le Scritture per convincersi che Gesù non è un<br />
133
Profeta e, tanto meno, il Profeta. Gesù aveva già contestato questo modo <strong>di</strong> scrutare la<br />
Bibbia, perché quando non vi è l'interiore <strong>di</strong>sponibilità <strong>al</strong>le sorprese <strong>di</strong>vine, le Scritture sono<br />
m<strong>al</strong>e interpretate e si può perfino giungere ad uccidere l'Inviato del Padre, credendo <strong>di</strong> dare<br />
gloria a Dio (41b-42).<br />
«E se ne tornò ciascuno <strong>al</strong> suo posto [<strong>al</strong>la sua casa]»: Nicodemo, umiliato, non replica e<br />
l'Evangelista conclude questo interessante e duro incontro/scontro con un'annotazione che<br />
potrebbe sembrare ban<strong>al</strong>e, se il tornare ognuno <strong>al</strong>la sua casa o <strong>al</strong> suo posto non fosse il<br />
simbolo del fatto che ognuno rimane sulle sue posizioni ment<strong>al</strong>i e interiori: i capi con l'o<strong>di</strong>o<br />
nel cuore e il rifiuto del progetto <strong>di</strong>vino, Nicodemo con le sue perplessità e con le sue buone<br />
intenzioni, il Cristo (sorgente dello Spirito) con l'amore verso il Padre e verso tutti.<br />
CONCLUSIONE<br />
Abbiamo me<strong>di</strong>tato un capitolo drammatico. Nella cornice gioiosa <strong>della</strong> festa, il Cristo<br />
vive una tensione dolorosa. Eccone i motivi: lo scontro con i fratelli, i <strong>di</strong>ssensi tra la folla, i<br />
tentativi <strong>di</strong> cattura, la polemica coi farisei che egli rimprovera ed ammaestra, la rabbia dei<br />
capi per il loro f<strong>al</strong>limento. La sua ORA intanto si avvicina.<br />
Le armi <strong>della</strong> GIUSTIZIA si incrociano con quelle <strong>della</strong> PREPOTENZA, la LUCE<br />
combatte le TENEBRE. In questa <strong>di</strong>fficile situazione Gesù non rinuncia a proclamare la<br />
DOTTRINA <strong>di</strong> Dio e a <strong>di</strong>fendere le sue OPERE, fino a proclamare se stesso come sorgente<br />
<strong>di</strong> ACQUA VIVA (icona dello Spirito).<br />
In questo capitolo le figure del Padre e del Figlio emergono sotto un'<strong>al</strong>tra forma: infatti<br />
Dio Padre è in<strong>di</strong>cato da Gesù semplicemente come Dio oppure con la perifrasi: Colui che<br />
mi ha inviato. In una situazione rischiosa e tesa egli evita la parola Padre e fa leva su figure<br />
più giuri<strong>di</strong>che, che in<strong>di</strong>cano autorità e potere (l'Inviante), oppure sottomissione e dovere<br />
(l'Inviato).<br />
Ris<strong>al</strong>ta, come SEGNO profetico, il FALLIMENTO del tentativo <strong>di</strong> cattura, che oltre ad<br />
in<strong>di</strong>care la struttur<strong>al</strong>e debolezza ed impotenza dei m<strong>al</strong>vagi, anticipa la sua gloriosa<br />
risurrezione (il Cristo sfuggirà <strong>al</strong>la morte).<br />
Vi sono anche dei risultati positivi: molti credono in lui come il PROFETA e il MESSIA<br />
(31.40-41), Nicodemo tenta una <strong>di</strong>fesa del Maestro, gli inservienti non hanno il coraggio <strong>di</strong><br />
arrestarlo, anzi si sentono toccati profondamente.<br />
Da questo capitolo viene a noi l'invito:<br />
- a metterci in ascolto costante <strong>della</strong> PAROLA che ci scava dentro, ci illumina e ci<br />
convince,<br />
- a deciderci per il Cristo senza temere le persecuzioni esteriori o le perplessità interiori.<br />
Questa Unità, insieme <strong>al</strong>la 15 a , è particolarmente utile per approfon<strong>di</strong>re la conoscenza <strong>di</strong> Cristo e<br />
del suo stile <strong>di</strong> vita.<br />
134
IL GIUDICE CHE SALVA Unità 14<br />
La peccatrice perdonata (Gv 8,1-11)<br />
PRESENTAZIONE: molti commentatori pensano che questo brano interrompa il fluire<br />
del racconto dei capitoli 7-8 ed affermano che (anche se il fatto non è inventato) non sia <strong>di</strong><br />
origine giovannea, perché vi è qu<strong>al</strong>che espressione più tipica dei Sinottici che <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> e<br />
perché certi antichi manoscritti non lo riportano affatto oppure lo inseriscono in Luca o <strong>al</strong>la<br />
fine del IV <strong>Vangelo</strong>. Alcuni <strong>di</strong>cono che si tratta <strong>di</strong> un brano lucano, inserito nel testo forse<br />
d<strong>al</strong>lo stesso <strong>Giovanni</strong>. I testi biblici riguardanti la vita affettiva e sessu<strong>al</strong>e hanno sempre<br />
trovato <strong>di</strong>fficile accettazione. Il nostro brano, che riporta la storia <strong>di</strong> un'adultera perdonata,<br />
non fa eccezione. Noi invece riteniamo che non sia inverosimile che, durante la festa delle<br />
Capanne o in un’<strong>al</strong>tra occasione, sia avvenuto questo episo<strong>di</strong>o che <strong>Giovanni</strong> (prendendolo<br />
forse da una fonte sinottica) potrebbe aver inserito qui, perché è un esempio concreto <strong>della</strong><br />
tattica violenta usata dai farisei contro Gesù.<br />
Comunque sia veramente la questione, noi tentiamo <strong>di</strong> leggere il brano come se fosse <strong>di</strong><br />
origine giovannea. Pensiamo che la lettura <strong>di</strong> questo passo gioverà pur sempre a farci<br />
conoscere meglio il Cristo, dato che il racconto è storicamente atten<strong>di</strong>bile e sicuramente<br />
ispirato.<br />
Nel commento abbiamo <strong>di</strong>viso il testo in quattro punti: nella cornice del Tempio (p. 1)<br />
una peccatrice viene condotta da Gesù (p. 2) da <strong>al</strong>tri peccatori (p. 3). Gesù smaschera i<br />
condannanti e s<strong>al</strong>va la donna (p. 4).<br />
1. GESÙ ANDÒ NEL TEMPIO ED AMMAESTRAVA (8,1-2)<br />
8.1 )Ihsou=j de\ e)poreu/qh ei)j to\ )/Oroj tw=n )Elaiw=n.<br />
8.2 )/Orqrou de\ pa/lin parege/neto ei)j to\ i(ero/n<br />
kai\ pa=j o( lao\j h)/rxeto pro\j au)to/n,<br />
kai\ kaqi/saj e)<strong>di</strong>/dasken au)tou/j.<br />
8,1 Gesù <strong>al</strong>lora si–<strong>di</strong>resse verso il Monte degli Ulivi;<br />
8,2 <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>ba però <strong>di</strong>–nuovo andò nel tempio<br />
e tutto il popolo andava verso–<strong>di</strong> lui<br />
e, sedutosi, li ammaestrava.<br />
«Gesù <strong>al</strong>lora si <strong>di</strong>resse verso il Monte degli Ulivi»: mentre tutti tornano <strong>al</strong>la loro casa<br />
(7,53) Gesù s<strong>al</strong>e sul monte, cioè simbolicamente verso il Padre. Probabilmente egli va in<br />
quel giar<strong>di</strong>no, <strong>al</strong> <strong>di</strong> là del torrente Cedron, nel qu<strong>al</strong>e era solito ritirarsi e nel qu<strong>al</strong>e verrà<br />
arrestato. In quest'ultima occasione il tentativo <strong>di</strong> arresto non f<strong>al</strong>lirà più come nel passato,<br />
perché per lui sarà ormai arrivata l'Ora <strong>di</strong> bere il c<strong>al</strong>ice <strong>della</strong> sofferenza (18,1-11). Solo qui<br />
<strong>Giovanni</strong> parla del Monte degli Ulivi.<br />
«All'<strong>al</strong>ba... andò nel tempio»: secondo questa notizia, ci dovremmo già trovare nel primo<br />
giorno dopo la festa. Teniamo presente che l'ambiente dei <strong>di</strong>scorsi dei capitoli 7 e 8 e<br />
dell'episo<strong>di</strong>o <strong>della</strong> adultera è comunque quello sacro del Tempio (cfr. Lc 21,37-38). Questo<br />
fatto dà <strong>al</strong>le parole ed ai gesti dei vari personaggi un v<strong>al</strong>ore speci<strong>al</strong>e. L'attività <strong>di</strong>dattica del<br />
Maestro inizia <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>ba, nella cornice <strong>di</strong> un cielo che si illumina sempre più, simbolo <strong>di</strong><br />
speranza.<br />
«Tutto il popolo andava verso <strong>di</strong> lui»: il Signore si rivela centro <strong>di</strong> attrazione. Le persone<br />
vanno verso <strong>di</strong> lui, sia in senso fisico che spiritu<strong>al</strong>e. La precisazione che tutto il popolo<br />
accorresse ci fa capire perché l'attività <strong>di</strong> Cristo desse molto fasti<strong>di</strong>o ai capi: la gente si<br />
muove numerosa, come popolo, cioè in modo organizzato.<br />
«Sedutosi, li ammaestrava»: Gesù assume un atteggiamento <strong>di</strong> stabilità e <strong>di</strong> autorità<br />
(sedutosi). Questo maestro, che sfruttando il tempio, come fosse casa sua, e le varie feste<br />
135
giudaiche, attirava a sé per lunghe ore tanti <strong>di</strong>scepoli, in<strong>di</strong>spettiva le autorità (cfr. 7,14.28;<br />
8,20; 18,20).<br />
S<strong>al</strong> 63 2 O Dio, tu sei il mio Dio, <strong>al</strong>l'aurora ti cerco, <strong>di</strong> te ha sete l'anima mia,<br />
a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua.<br />
3 Così nel <strong>San</strong>tuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria.<br />
2. CONDUCONO UNA DONNA (8,3-6)<br />
8.3 a) /gousin de\ oi( grammatei=j kai\ oi( Farisai=oi gunai=ka<br />
e)pi\ moixei/# kateilhmme/nhn, kai\ sth/santej au)th\n e)n me/s%<br />
8.4 le/gousin au)t%=, Dida/sk<strong>al</strong>e, au(/th h( gunh\ katei/lhptai e)p' au)tofw/r% moixeuome/nh:<br />
8.5 e)n de\ t%= no/m% h(mi=n Mwush=j e)netei/lato ta\j toiau/taj liqa/zein,<br />
su\ ou)=n ti/ le/geij;<br />
8.6 tou=to de\ e)/legon peira/zontej au)to/n, i(/na e)/xwsin kathgorei=n au)tou=.<br />
o( de\ )Ihsou=j ka/tw ku/yaj t%= daktu/l% kate/grafen ei)j th\n gh=n.<br />
8,3 Gli scribi ed i farisei conducono (una) donna<br />
sorpresa in adulterio e, post<strong>al</strong>a in mezzo,<br />
8,4 <strong>di</strong>cono a–lui: «Maestro, questa donna è–stata–sorpresa in flagrante adulterio.<br />
8,5 Nella legge, Mosè ci ha–or<strong>di</strong>nato (<strong>di</strong>) lapidare simili (donne).<br />
Tu dunque che <strong>di</strong>ci?»<br />
8,6 Questo però <strong>di</strong>cevano per–metterlo (<strong>al</strong>la prova), per avere (<strong>di</strong> che) accusarlo.<br />
Ma Gesù, chinatosi giù, con–il <strong>di</strong>to scriveva sulla terra.<br />
«Gli scribi ed i farisei conducono una donna...»: non però l'uomo adultero, secondo una<br />
consuetu<strong>di</strong>ne maschilista che pen<strong>al</strong>izzava solo la donna. Il peccato del maschio non è forse<br />
<strong>al</strong>trettanto grave quanto quello <strong>della</strong> donna? Sono i farisei e gli scribi (questi ultimi<br />
nominati solo qui da <strong>Giovanni</strong>) a portare la peccatrice da Gesù. Inconsapevolmente, la<br />
portano verso il luogo <strong>della</strong> redenzione, involontariamente le fanno conoscere il S<strong>al</strong>vatore<br />
del mondo.<br />
«Sorpresa in adulterio»: con ragione possiamo immaginare che questo peccato <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> fedeltà coniug<strong>al</strong>e appaia subito, agli occhi <strong>di</strong> Gesù, come il simbolo<br />
dell'infedeltà del popolo verso l'<strong>al</strong>leanza con Dio. I profeti l'avevano già denunciata in modo<br />
netto (Is 1,21; Ger 3,8.20; 7,28; 13,27; Ez 16,31-32; 23,1-46; Os 2,4; 3,1...). Quella donna<br />
rappresenta dunque il vecchio Israele e gli stessi scribi e farisei lì presenti. Ecco infatti come<br />
si esprime il Signore, nei confronti del popolo infedele, in Ez 16: 35 Perciò, o prostituta,<br />
ascolta la parola del Signore. 36 Così <strong>di</strong>ce il Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate,<br />
per la tua nu<strong>di</strong>tà scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli<br />
abominevoli, per il sangue dei tuoi figli che hai offerto a loro, 37 ecco, io adunerò da ogni<br />
parte tutti i tuoi amanti con i qu<strong>al</strong>i sei stata compiacente, coloro che hai amati insieme con<br />
coloro che hai o<strong>di</strong>ati, e scoprirò <strong>di</strong> fronte a loro la tua nu<strong>di</strong>tà perché essi la vedano tutta. 38<br />
Ti infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e riverserò su <strong>di</strong> te furore e<br />
gelosia. 39 Ti abbandonerò nelle loro mani e <strong>di</strong>struggeranno i tuoi postriboli, demoliranno<br />
le tue <strong>al</strong>ture; ti spoglieranno delle tue vesti e ti toglieranno i tuoi splen<strong>di</strong><strong>di</strong> ornamenti: ti<br />
lasceranno scoperta e nuda. 40 Poi ecciteranno contro <strong>di</strong> te la folla, ti lapideranno e ti<br />
trafiggeranno con la spada. Perché i peccati sessu<strong>al</strong>i siano sempre stati considerati<br />
particolarmente gravi e puniti con grande severità ad ogni livello (psicologico, fisico)<br />
sarebbe una questione interessante da stu<strong>di</strong>are, per capire la forza delle v<strong>al</strong>enze simboliche<br />
legate a queste re<strong>al</strong>tà. Non è però questo il momento.<br />
«Post<strong>al</strong>a in mezzo»: la donna è posta, come un oggetto, <strong>al</strong> centro <strong>della</strong> piazza o <strong>della</strong><br />
folla, per dare ris<strong>al</strong>to <strong>al</strong> suo errore e per umiliarla maggiormente davanti a tutti. Ma chi è<br />
veramente il bersaglio dell'o<strong>di</strong>o dei Giudei è Gesù, anche lui accusato <strong>di</strong> trasgre<strong>di</strong>re la legge<br />
<strong>di</strong> Mosè (soprattutto il precetto del Sabato). In effetti qui il <strong>di</strong>scorso dell'Evangelista si<br />
concentra su tre protagonisti: gli accusatori, la donna e Gesù (il popolo è tagliato fuori).<br />
136
«Maestro»: fingono <strong>di</strong> dargli importanza e così, visto che egli non rifiuta t<strong>al</strong>e titolo, lo<br />
impegnano a dare una risposta. In t<strong>al</strong> modo, infatti, non urtano i suoi ascoltatori e sono<br />
sicuri <strong>di</strong> ottenere una risposta verb<strong>al</strong>e, che in ogni caso, l'avrebbe compromesso.<br />
«Questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio»: si <strong>di</strong>mostrano sicuri <strong>di</strong> quello<br />
che <strong>di</strong>cono: la colpa <strong>della</strong> donna per loro è evidente, documentata e innegabile. Non pare<br />
nemmeno necessario un processo (tanto è vero che la portano, non in tribun<strong>al</strong>e, ma d<strong>al</strong><br />
Maestro). Noi però ci doman<strong>di</strong>amo: Perché l'hanno sorpresa in peccato? L'hanno forse<br />
spiata per coglierla in <strong>di</strong>fetto, invece <strong>di</strong> ammonirla affinché non sbagliasse? Oppure sono<br />
proprio stati loro a spingerla a fare quell'errore <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> avere un motivo per mettere Gesù<br />
in <strong>di</strong>fficoltà? Quella donna, <strong>di</strong> cui non sappiano nulla, del cui sbaglio non conosciamo le<br />
motivazioni, è comunque in mano a loro solo uno strumento, utile a compromettere il<br />
Maestro, ed un ostaggio, sulla cui pelle essi giocano un gioco che potrebbe essere mort<strong>al</strong>e.<br />
«Nella legge, Mosè...»: Mosè è per loro l'unica ed in<strong>di</strong>scussa autorità; la sua legge è la<br />
norma assoluta. Dio, il vero Dio, non è consultato nella preghiera. La lettera morta (Rom<br />
7,6; 2 Cor 3,6) è purtroppo la sola norma <strong>della</strong> loro vita, qu<strong>al</strong>siasi cosa coman<strong>di</strong>.<br />
«Ci ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> lapidare simili donne»: barano quando, interpretando in senso<br />
maschilista la norma mosaica, cercano <strong>di</strong> far passare per vero che solo la donna è quella che<br />
dev'essere lapidata. Infatti Deut 22,22 afferma: Quando un uomo verrà colto in peccato con<br />
una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l'uomo che ha peccato con la donna e la<br />
donna. Così toglierai il m<strong>al</strong>e da Israele (ve<strong>di</strong> anche Lv 20,10). Notiamo, da questo episo<strong>di</strong>o<br />
e da <strong>al</strong>tri (8,59; 10,31) che la lapidazione <strong>di</strong> una persona era per loro un'azione che non<br />
creava problemi: essi sono pronti ad eseguirla con estrema facilità (Mosè in questo ha<br />
trovato dei <strong>di</strong>scepoli davvero fervorosi). Dopo tutto, in questo caso, si trattava solo <strong>di</strong> una<br />
donna e <strong>di</strong> quella donna. Fra poco tenteranno <strong>di</strong> lapidare anche Gesù, che sta d<strong>al</strong>la parte<br />
delle donne (59).<br />
«Tu dunque che <strong>di</strong>ci?»: non hanno capito che è venuto il tempo <strong>di</strong> dare <strong>al</strong>la norma<br />
l'interpretazione vera, quella spiritu<strong>al</strong>e e concreta. Bisogna cioè che essi aboliscano il loro<br />
adulterio che stravolge il loro rapporto con Dio; che eliminino ogni loro idolatria, per<br />
quanto mascherata da zelo per la legge. Sono loro che devono cambiare, a cominciare dai<br />
più autorevoli. Essi chiedono un parere gener<strong>al</strong>e sulla norma <strong>di</strong> Mosè ed un parere<br />
particolare sul caso che gli hanno messo <strong>di</strong>nanzi. <strong>San</strong>no che egli ha solo due strade: o<br />
quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>re a loro <strong>di</strong> Sì (in questo caso, approverebbe un'esecuzione capit<strong>al</strong>e, eseguita in<br />
modo violento e barbarico), oppure <strong>di</strong> No (e in questo caso, si farebbe promotore <strong>di</strong> un<br />
rifiuto <strong>della</strong> legge mosaica, favorendo il reato <strong>di</strong> adulterio). La trappola era ben congegnata!<br />
«Questo però <strong>di</strong>cevano per metterlo <strong>al</strong>la prova, per avere <strong>di</strong> che accusarlo»: il loro<br />
intento non è onesto. L'Evangelista ci svela subito motivo vero <strong>di</strong> tutta la messa in scena.<br />
Essi intendono mettere Gesù in <strong>di</strong>fficoltà e non trovano <strong>di</strong> meglio che comprometterlo con<br />
un'adultera, in modo da scre<strong>di</strong>tarlo in modo davvero grave davanti a tutti gli ascoltatori<br />
(come avvenne per il tranello riguardante il tributo a Cesare: Mt 22,17). Gli sbagli degli <strong>al</strong>tri<br />
(soprattutto le loro debolezze sessu<strong>al</strong>i) sono la loro unica forza. Pensano che se il Maestro si<br />
pronuncerà ancora una volta contro Mosè, prendendo le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> un’adultera proprio<br />
nell'ambiente sacro del tempio, darà a loro un motivo <strong>di</strong> grande forza per condannarlo<br />
davanti a tutti (è tipico dei Sinottici il <strong>di</strong>re che gli avversari cercano motivi <strong>di</strong> accusa contro<br />
Cristo: cfr. Mt 12,10; Mc 3,2; Lc 6,7).<br />
«Ma Gesù, chinatosi giù, con il <strong>di</strong>to scriveva sulla terra»: Gesù tace (non risponde<br />
verb<strong>al</strong>mente) e, come risposta, compie un gesto misterioso. Si tratta <strong>di</strong> un gesto profetico.<br />
Gesù non risponde a parole, ma scrive delle parole. Innanzi tutto si china verso il basso: non<br />
mostra più il suo volto e le sue emozioni e fa concentrare l'attenzione dei querelanti sul suo<br />
gesto e sul terreno. Usa il <strong>di</strong>to come una penna, per tracciare segni e parole nella polvere.<br />
Questo gesto, <strong>al</strong> pari <strong>di</strong> una parabola, può voler <strong>di</strong>re tante cose: ad esempio, che egli è un<br />
giu<strong>di</strong>ce che può scrivere una sentenza che ha v<strong>al</strong>ore per tutta la terra. O forse può ricordare<br />
che Dio scrive ogni cosa nel suo libro e che, <strong>al</strong>la fine, ne chiederà conto. O ancora che i<br />
137
peccati <strong>di</strong> quella donna possono essere facilmente cancellati, come se fossero scritti solo<br />
sulla sabbia, oppure che la loro sentenza è inv<strong>al</strong>ida, come quella scritta sulla sabbia, o infine<br />
che tutti quegli scribi e farisei hanno nomi privi <strong>di</strong> consistenza (cfr. Ger 17,13: O speranza<br />
<strong>di</strong> Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si <strong>al</strong>lontanano da te<br />
saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato la fonte <strong>di</strong> acqua viva, il Signore).<br />
In ogni caso, la risposta <strong>di</strong> Gesù è un gesto (un'azione) e non un'espressione verb<strong>al</strong>e.<br />
3. IL "SENZA PECCATO" SCAGLI LA PIETRA (8,7-9)<br />
8.7 w(j de\ e)pe/menon e)rwtw=ntej au)to/n, a)ne/kuyen kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
(O a)nama/rthtoj u(mw=n prw=toj e)p' au)th\n b<strong>al</strong>e/tw li/qon.<br />
8.8 kai\ pa/lin kataku/yaj e)/grafen ei)j th\n gh=n.<br />
8.9 oi( de\ a)kou/santej e)ch/rxonto ei(=j kaq' ei(=j<br />
a)rca/menoi a)po\ tw=n presbute/rwn e(/wj tw=n esxa/twn.<br />
kai\ katelei/fqh mo/noj o( )Ihsou=j kai\ h( gunh\ e)n me/s% ou)=sa.<br />
8,7 Poiché però continuavano (ad) interrogarlo, si–<strong>al</strong>zò e <strong>di</strong>sse a–loro:<br />
«Colui–che (è) senza–peccato <strong>di</strong>–voi, per–primo contro–<strong>di</strong> lei scagli (una) pietra!»<br />
8,8 E <strong>di</strong>–nuovo, chinatosi, scriveva sulla terra.<br />
8,9 Ma quelli, u<strong>di</strong>to, uscirono uno per uno,<br />
cominciando dai più–anziani sino agli ultimi;<br />
e rimase solo Gesù e la donna, che stava in mezzo.<br />
«Continuavano ad interrogarlo»: Gesù prende tempo. Il suo silenzio è m<strong>al</strong>e interpretato.<br />
Gli avversari, che lo ritengono segno <strong>di</strong> indecisione, gustano già la gioia <strong>della</strong> vittoria;<br />
insistono nell'interrogarlo, non per imparare qu<strong>al</strong>cosa, ma perché sono sicuri <strong>di</strong> un passo<br />
f<strong>al</strong>so.<br />
«Si <strong>al</strong>zò»: Gesù, dopo aver riflettuto senza fretta, si <strong>al</strong>za per dare maggiore forza <strong>al</strong>la sua<br />
risposta. Notiamo che in questo brano la gestu<strong>al</strong>ità del Maestro è descritta in modo un po'<br />
più ricco rispetto a quanto avviene <strong>di</strong> solito in <strong>Giovanni</strong>.<br />
«Colui che è senza peccato <strong>di</strong> voi per primo contro <strong>di</strong> lei scagli...»: la risposta del<br />
Signore è molto sapiente. Non <strong>di</strong>ce: Chi <strong>di</strong> voi non è adultero…, ma Chi è senza peccato.<br />
Non si limita a soli due comandamenti (il 6° e il 9°) o, meglio, ad un solo comandamento<br />
visto nei suoi due aspetti complementari (azione e intenzione), ma richiama l’attenzione dei<br />
presenti su tutti e <strong>di</strong>eci i comandamenti. In t<strong>al</strong> modo fa loro capire che tutti i peccati sono,<br />
per quanto riguarda il nostro rapporto con Dio, ugu<strong>al</strong>mente gravi. Se avesse detto: Chi <strong>di</strong><br />
voi non è adultero… avrebbe rischiato <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a qu<strong>al</strong>cuno che materi<strong>al</strong>mente<br />
quel peccato specifico non l’aveva commesso, oppure, data la notevole sessofobia <strong>della</strong><br />
cultura dell’epoca, <strong>di</strong> fronte a qu<strong>al</strong>cuno che in passato aveva commesso un adulterio, ma che<br />
non avrebbe mai avuto il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararlo in pubblico, d<strong>al</strong> momento che t<strong>al</strong>e colpa era<br />
considerata particolarmente vergognosa. Gesù parla più in gener<strong>al</strong>e <strong>di</strong> peccato, facendo<br />
riflettere tutti sulla loro vita mor<strong>al</strong>e da v<strong>al</strong>utare in rapporto <strong>al</strong>la santità <strong>di</strong> Dio. Se avesse<br />
anche lui pronunciato la parola adulterio, avrebbe indotto gli accusatori a pensare innanzi<br />
tutto ad un’ingiustizia contro l’essere umano, <strong>al</strong> patto coniug<strong>al</strong>e tra<strong>di</strong>to. Parlando invece <strong>di</strong><br />
peccato, obbliga i suoi interlocutori a mettersi subito in relazione con Dio. La sua frase è<br />
breve, chiara e lapidaria: Il senza peccato <strong>di</strong> voi... Chi oserà mai definirsi t<strong>al</strong>e davanti a Dio?<br />
T<strong>al</strong>e definizione spetta solo a Cristo (8,46). Scagli è un imperativo che non lascia scampo:<br />
Gesù non solo permette, ma or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> scagliare la pietra, ad una sola con<strong>di</strong>zione: che ci sia<br />
uno che lo faccia per primo e che si <strong>di</strong>chiari, in questo modo, privo <strong>di</strong> ogni colpa. L'impatto<br />
<strong>di</strong> questo or<strong>di</strong>ne è tanto più forte, quanto maggiore era stata l'attesa <strong>di</strong> una risposta e la<br />
certezza <strong>di</strong> un suo errore. La sorpresa (oltre <strong>al</strong>la potenza del Cristo che può far stramazzare i<br />
nemici: cfr. 18,6) li ha nuovamente sopraffatti. Gesù non <strong>di</strong>scute sulla legge o sul caso<br />
presente: non <strong>di</strong>chiara ingiusta o barbarica quella crudele legge <strong>di</strong> Mosè, non approfon<strong>di</strong>sce<br />
il caso presente (che ha molti lati oscuri, privo come è <strong>di</strong> un <strong>di</strong>battito, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fesa...). Egli<br />
138
punta gli occhi verso gli accusatori e vede i loro cuori <strong>di</strong> popolo adultero e infedele. Li<br />
invita a guardarsi dentro, a giu<strong>di</strong>care ed eventu<strong>al</strong>mente a condannare innanzi tutto se stessi.<br />
«Una pietra»: li vede tutti armati <strong>di</strong> pietre, pronti ad uccidere. Non li <strong>di</strong>sarma, anzi,<br />
tenendo in pugno la situazione, li precetta tutti ad eseguire la lapidazione, purché questo sia<br />
fatto da chi <strong>di</strong> loro è pienamente autorizzato da una tot<strong>al</strong>e innocenza, cosa che appartiene<br />
solo ad una con<strong>di</strong>zione sovrumana. Gesù non è mai un debole che rinuncia <strong>al</strong>la sua<br />
autorevolezza. Comanda loro <strong>di</strong> essere giustizieri, purchè sia vero che sono santi come santo<br />
è Dio, ben sapendo che nessuno dei presenti è sicuro che il lapidare quella donna, usata da<br />
loro come cavia per compromettere il Maestro, non sia un crimine e un’ingiustizia. Gesù<br />
non è mai un ingenuo che ignora le contrad<strong>di</strong>zioni che tormentano il cuore umano.<br />
«Di nuovo, chinatosi, scriveva»: Gesù ricomincia a compiere il gesto silenzioso <strong>di</strong><br />
scrivere sulla sabbia. Non dà <strong>al</strong>tre risposte, non <strong>di</strong>ce <strong>al</strong>tre parole. Egli sa dosare bene i suoi<br />
silenzi, le sue parole ed i suoi gesti. Con il fatto <strong>di</strong> scrivere per la seconda volta vuole<br />
mettere in ris<strong>al</strong>to quest'azione. Infatti, il ripetere due volte lo stesso gesto significa che esso<br />
è, per chi lo compie, molto importante e significativo. Nuovamente l'attenzione si concentra<br />
su <strong>di</strong> lui e su quel fazzoletto <strong>di</strong> terra, che egli ricama con il suo <strong>di</strong>to (cfr. Dan 5,5). Tutti<br />
hanno tempo <strong>di</strong> riflettere, <strong>di</strong> interrogarsi, <strong>di</strong> confrontarsi con il mistero.<br />
«Quelli, u<strong>di</strong>to, uscirono uno per uno...»: non certo per la sincerità (non ne erano capaci,<br />
visti i precedenti), ma perché ognuno si è trovato solo a decidere e non ha avuto il coraggio,<br />
davanti a tanta gente, <strong>di</strong> prendersi la responsabilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararsi impeccabile e <strong>di</strong> iniziare.<br />
D'<strong>al</strong>tra parte avevano sollecitato tanto una risposta autorevole d<strong>al</strong> Maestro; ora che<br />
l'avevano avuta, non potevano trascurarla. Uno <strong>al</strong>la volta, ognuno con la sua storia e il suo<br />
fardello, se ne va: esce d<strong>al</strong> gruppo e da quella brutta situazione.<br />
«Cominciando dai più anziani sino agli ultimi»: <strong>al</strong>lontanatisi i più influenti (gli anziani:<br />
i più peccatori), anche gli <strong>al</strong>tri (gli ultimi) se ne vanno. Avrebbero fatto meglio a non<br />
<strong>al</strong>lontanarsi da Gesù, ma a stare vicino a lui per essere s<strong>al</strong>vati.<br />
«Rimase solo Gesù e la donna... in mezzo»: la donna rimane <strong>al</strong> centro <strong>di</strong> "non si sa che<br />
cosa": <strong>di</strong> un'area rimasta libera? <strong>di</strong> una folla ammirata? Questa volta però essere <strong>al</strong> centro è<br />
simbolo <strong>di</strong> importanza. Si presenta a noi una bellissima icona nuzi<strong>al</strong>e. La donna sta in<br />
mezzo, non più come accusata, ma come redenta e con lei vi è Gesù solo. Ella è immagine<br />
del nuovo popolo che il Signore ha purificato e redento. E Gesù vicino a lei, ormai liberata e<br />
santificata, trova la sua pienezza. La sua solitu<strong>di</strong>ne è finita, come quella <strong>di</strong> Adamo quando<br />
incontrò Eva. Vicino a Gesù la donna è <strong>al</strong> sicuro. I suoi accusatori, portandola da lui,<br />
l'hanno inconsapevolmente portata <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza.<br />
Zac 8,3 Dice il Signore: Tornerò a Sion e <strong>di</strong>morerò in Gerus<strong>al</strong>emme. Gerus<strong>al</strong>emme sarà<br />
chiamata Città <strong>della</strong> fedeltà e il monte del Signore degli eserciti Monte santo».<br />
Is 1,26 Renderò i tuoi giu<strong>di</strong>ci come una volta, i tuoi consiglieri come <strong>al</strong> principio. Dopo,<br />
sarai chiamata città <strong>della</strong> giustizia, città fedele». (cfr. anche Ez 6,9).<br />
4. NEPPURE IO TI CONDANNO (8,10-11)<br />
8.10 a)naku/yaj de\ o( )Ihsou=j ei)=pen au)tv=,<br />
Gu/nai, pou= ei)sin; ou)dei/j se kate/krinen;<br />
8.11 h( de\ ei)=pen, Ou)dei/j, ku/rie.<br />
ei)=pen de\ o( )Ihsou=j, Ou)de\ e)gw/ se katakri/nw:<br />
poreu/ou, kai\ a)po\ tou= nu=n mhke/ti a(ma/rtane.<br />
8,10 Alzatosi <strong>al</strong>lora Gesù, le <strong>di</strong>sse:<br />
«Donna, dove sono? Nessuno ti ha–condannato?»<br />
8,11 Ella <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>sse: «Nessuno, Signore!»<br />
Le <strong>di</strong>sse <strong>al</strong>lora Gesù: «Neppure io ti condanno,<br />
va' e da adesso (in poi) non peccare (più)!».<br />
139
«Alzatosi»: per la seconda volta Gesù si <strong>al</strong>za a parlare. Con questo movimento si mette <strong>al</strong><br />
livello <strong>della</strong> donna. Sedersi, chinarsi, <strong>al</strong>zarsi: sono gesti che l'Evangelista descrive con cura.<br />
In questo caso <strong>al</strong>zarsi in pie<strong>di</strong> significa mettersi nella giusta posizione per muoversi, per<br />
andare incontro agli <strong>al</strong>tri.<br />
«Donna...»: egli ne rispetta la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> donna. Essa non è più questa donna (come<br />
<strong>di</strong>cevano i suoi aguzzini), ma Donna, invocata con rispetto (immagine del popolo che Dio<br />
ama).<br />
«Dove sono? Nessuno ti ha condannato?»: il Maestro fa due domande: la prima riguarda<br />
il dove si trovano ora i suoi avversari, la seconda riguarda il che cosa hanno fatto. Essi sono<br />
spariti e non hanno eseguito la condanna. Sembrano domande retoriche: in re<strong>al</strong>tà, mentre<br />
offrono <strong>al</strong>la donna l'occasione <strong>di</strong> parlare (come ha <strong>di</strong>ritto ogni persona umana), l'aiutano ad<br />
uscire d<strong>al</strong>l'incubo e a pronunciare un giu<strong>di</strong>zio e una v<strong>al</strong>utazione non su se stessa (non le è<br />
chiesto <strong>di</strong> confessarsi pubblicamente), ma sui giustizieri.<br />
«Nessuno, Signore!»: due sole parole: mentre i Giudei con una certa ipocrisia avevano<br />
chiamato Gesù con il titolo <strong>di</strong> Maestro, la donna lo chiama sinceramente: Signore. Tutti gli<br />
<strong>al</strong>tri, poi, per lei ormai sono semplicemente: Nessuno. In questo caso la parola Nessuno<br />
viene pronunciata con un sospiro <strong>di</strong> sollievo e con riconoscenza verso tutti. I farisei<br />
l’avevano selvaggiamente aggre<strong>di</strong>ta e l’avevano terrorizzata, ma nessuno aveva osato<br />
lapidarla. È stato Gesù, con la sua sapiente pedagogia, che ha portato la donna a <strong>di</strong>re una<br />
parola buona anche verso i suoi nemici.<br />
«Neppure io ti condanno»: Gesù poteva anche tacere. Ormai il problema era risolto, il<br />
momento brutto era passato. Egli però vuole parlare, come giu<strong>di</strong>ce a cui il Padre ha affidato<br />
il giu<strong>di</strong>zio. Nel pronunciare questa sentenza assolutoria, egli si rifà <strong>al</strong> comportamento dei<br />
farisei («come loro, neppure io ti condanno»: quasi fossero stati per lui un esempio <strong>di</strong><br />
estrema bontà). Essi, andandosene, lo hanno messo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> perdonare senza che ci<br />
fosse la minima ombra <strong>di</strong> una trasgressione <strong>della</strong> legge <strong>di</strong> Mosè. Per Gesù la Legge <strong>di</strong> Mosè<br />
va superata, non abolendola con il <strong>di</strong>menticarla o il trasgre<strong>di</strong>rla, ma trasfigurandola con<br />
l'amore verso chi sbaglia e verso chi condanna chi sbaglia. In t<strong>al</strong> modo essa rimane v<strong>al</strong>ida,<br />
perché invita a lapidare simbolicamente il tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quella fedeltà spons<strong>al</strong>e che ognuno<br />
<strong>di</strong> noi deve <strong>al</strong> Signore, affinché, una volta ritornati a lui, possiamo vivere (cfr. Ez 18,23).<br />
«Va' e da adesso in poi non peccare più»: <strong>al</strong>la donna è dato implicitamente il perdono e<br />
la libertà (va': è messa in movimento), con la raccomandazione <strong>di</strong> evitare il peccato. Gesù<br />
non parla <strong>di</strong> adulterio, ma, più in gener<strong>al</strong>e, <strong>di</strong> peccato. Questo ci fa capire che quello che è<br />
grave per lui è il peccato in sé (cioè l’offesa fatta <strong>al</strong>l’amore <strong>di</strong> Dio), non tanto la forma<br />
concreta in cui si manifesta, forma che in certe culture può essere punita perfino con la pena<br />
<strong>di</strong> morte, mentre in <strong>al</strong>tre la punizione non è così pesante oppure non esiste affatto. Per fare<br />
un’esempio, la gravissima ingiustizia <strong>della</strong> schiavitù <strong>al</strong>l’epoca era considerata più che lecita,<br />
tanto è vero che, in caso <strong>di</strong> fuga, erano gli schiavi ad essere severamente puniti; per contro,<br />
l’adulterio era punito imme<strong>di</strong>atamente con la morte. Senza nulla togliere <strong>al</strong>la gravità <strong>di</strong> un<br />
adulterio, con il qu<strong>al</strong>e si <strong>di</strong>strugge la fedeltà coniug<strong>al</strong>e (fatto <strong>di</strong> <strong>al</strong>to v<strong>al</strong>ore simbolico, oltre<br />
che pratico), non riteniamo che la riduzione in schiavitù sia un m<strong>al</strong>e mor<strong>al</strong>e e soci<strong>al</strong>e<br />
inferiore <strong>al</strong>l’adulterio. Per Cristo è peccato l’adulterio, ma è peccato anche la pratica <strong>della</strong><br />
schiavitù o l’egoismo che non sa con<strong>di</strong>videre il benessere con i poveri. Pertanto egli punta il<br />
<strong>di</strong>to contro il peccato, contro ogni peccato, invitando l’uomo a giu<strong>di</strong>care secondo la mente<br />
<strong>di</strong> Dio. Se egli stigmatizza il peccato, non condanna però la persona che sbaglia, ma la aiuta<br />
a cambiare, come aveva fatto in precedenza con l'uomo par<strong>al</strong>izzato <strong>al</strong>la piscina <strong>di</strong> Betzathà<br />
(cfr. 5,14). Egli guarda <strong>al</strong> presente ed <strong>al</strong> futuro (da adesso in poi...). Il passato serve da<br />
scuola per non ripetere gli stessi sbagli. In conclusione ci chie<strong>di</strong>amo: chi sarà mai questa<br />
donna? Sarà possibile saperlo? Più avanti faremo un’ipotesi, che per ora non è il caso <strong>di</strong><br />
anticipare (cfr. 20,1 ss.).<br />
140
Gv 12,47 ... Non sono venuto per condannare il mondo, ma per s<strong>al</strong>vare il mondo (cfr.<br />
anche 3,17).<br />
Os 2 21 Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel <strong>di</strong>ritto, nella<br />
benevolenza e nell'amore, 22 ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.<br />
RIFLETTIAMO<br />
Nell'episo<strong>di</strong>o vi è certamente del pro<strong>di</strong>gioso. Se non fosse intervenuto un miracolo<br />
mor<strong>al</strong>e la donna avrebbe perso la vita e Gesù sarebbe stato arrestato. Ma la sapienza <strong>di</strong> colui<br />
che conosce quello che c'è nel cuore dell'uomo (2,25) ha smascherato l'ipocrisia <strong>di</strong> chi,<br />
peccatore, si erge a giu<strong>di</strong>ce e reclama la condanna degli <strong>al</strong>tri.<br />
Leggiamo Osea 6, che ci esorta <strong>al</strong>la conversione:<br />
1 «Venite, ritorniamo <strong>al</strong> Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.<br />
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.<br />
2 Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà ri<strong>al</strong>zare<br />
e noi vivremo <strong>al</strong>la sua presenza.<br />
3 Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora.<br />
Verrà a noi come la pioggia <strong>di</strong> autunno,<br />
come la pioggia <strong>di</strong> primavera, che feconda la terra».<br />
4 Che dovrò fare per te, Efraim, che dovrò fare per te, Giuda?<br />
Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>ba svanisce.<br />
5 Per questo li ho colpiti per mezzo dei profeti,<br />
li ho uccisi con le parole <strong>della</strong> mia bocca e il mio giu<strong>di</strong>zio sorge come la luce:<br />
6 poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza <strong>di</strong> Dio più che gli olocausti.<br />
Episo<strong>di</strong>o adatto per una liturgia penitenzi<strong>al</strong>e.<br />
141
142
CONOSCERETE CHE IO SONO Unità 15<br />
Rivelazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>vinità del Cristo (Gv 8,12-59)<br />
PREMESSA: il brano dell'Adultera perdonata ha spezzato il fluire dei <strong>di</strong>scorsi, con il<br />
vantaggio <strong>di</strong> interrompere con un episo<strong>di</strong>o (in cui prev<strong>al</strong>e la gestu<strong>al</strong>ità) una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong><strong>al</strong>ogi<br />
(nei qu<strong>al</strong>i prev<strong>al</strong>e l’elemento verb<strong>al</strong>e). Il fatto ha però lo svantaggio <strong>di</strong> attenuare il<br />
collegamento tra due momenti <strong>di</strong> uno stesso confronto, nel qu<strong>al</strong>e Cristo <strong>di</strong>chiara la sua<br />
<strong>di</strong>gnità messianica (cap. 7) e poi la sua natura <strong>di</strong>vina (cap. 8). Infatti egli, sempre più<br />
chiaramente, rivela la sua <strong>di</strong>vinità (Io Sono = YHWH) e richiede la fede in essa.<br />
D<strong>al</strong> momento che la polemica con i Giudei si intensifica (da parte loro ci sono accuse,<br />
minacce, insinuazioni, insulti sempre più gravi... ) c'è il pericolo <strong>di</strong> dare troppa importanza a<br />
queste reazioni negative e trascurare la RIVELAZIONE che Gesù fa <strong>di</strong> sé e del Padre. Per<br />
questo punteremo l'attenzione princip<strong>al</strong>mente sulle parole <strong>di</strong> Gesù, evidenziando in modo<br />
particolare quelle che rivelano il mistero <strong>della</strong> sua Persona.<br />
In questa Unità Gesù si presenta come LA LUCE del mondo e colui <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il Padre<br />
rende testimonianza (I). Dopo aver in<strong>di</strong>cato la FEDE in lui, che è l'IO SONO, come<br />
con<strong>di</strong>zione per non morire nel peccato (II), afferma che sarà il suo INNALZAMENTO a<br />
<strong>di</strong>mostrare ai crocifissori che egli è l'IO SONO, in perfetta comunione con il Padre (III).<br />
Prosegue <strong>di</strong>cendo che solo la Verità annunciata da lui, che è il Figlio, li libererà (IV). Infatti<br />
egli viene da Dio e <strong>di</strong>ce la Verità. Chi è da Dio ascolta le sue Parole (V) e, osservandole,<br />
non morirà in eterno, perché egli è l'IO SONO, preesistente ad Abramo (VI).<br />
- I - IO SONO LA LUCE DEL MONDO<br />
1. CHI SEGUE ME AVRÀ LA LUCE DELLA VITA (8,12)<br />
8.12 Pa/lin ou)=n au)toi=j e)la/lhsen o( )Ihsou=j le/gwn,<br />
)Egw/ ei)mi to\ fw=j tou= ko/smou:<br />
o( a)kolouqw=n e)moi\ ou) mh\ peripath/sv e)n tv= skoti/#,<br />
a)ll' e(/cei to\ fw=j th=j zwh=j.<br />
8,12 Di–nuovo dunque Gesù parlò loro, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Io sono la luce del mondo.<br />
Chi segue me, non cammina mai nella tenebra,<br />
ma avrà la luce <strong>della</strong> vita».<br />
«Io sono la luce del mondo»: dopo il racconto dell'Adultera queste parole restano un po'<br />
sospese nel vuoto. Il redattore situa il <strong>di</strong>scorso dei vv. 12-19 nell'androne del Tesoro:<br />
Queste parole <strong>di</strong>sse nel Tesoro, insegnando nel tempio. Visto che Gesù <strong>di</strong> solito parla<br />
partendo da un certo contesto, come avviene per l'acqua (37-38), è probabile che <strong>al</strong>meno<br />
l'affermazione del v. 12 si situi nella notte fin<strong>al</strong>e, quella durante la qu<strong>al</strong>e il Tempio veniva<br />
illuminato a giorno in ricordo <strong>della</strong> nube luminosa che guidava il popolo nel deserto<br />
(presagio dei tempi messianici: cfr. Zc 14,7 [Luce ]; Zc 14,8 [Acqua]). In particolare nel<br />
cortile delle donne, attraverso il qu<strong>al</strong>e passava la processione dell'acqua, venivano accesi<br />
gran<strong>di</strong> candelabri d'oro, così <strong>al</strong>ti che era necessaria una sc<strong>al</strong>a per <strong>al</strong>imentarli con l'olio. Gesù<br />
dunque, <strong>al</strong>la luce delle fiaccole, che facevano brillare i volti dei pellegrini, afferma <strong>di</strong> essere<br />
lui la LUCE, non solo <strong>di</strong> una città, ma del Mondo intero, dell'umanità tutta (9,5). Già in Is<br />
42,6 e 49,6 il Messia è presentato come Luce delle Nazioni. Il tema <strong>della</strong> Luce completa<br />
bene quello dell'Acqua, presente nel capitolo precedente. Si tratta <strong>di</strong> simboli battesim<strong>al</strong>i che<br />
la liturgia <strong>della</strong> Veglia Pasqu<strong>al</strong>e ha fatto propri.<br />
«Chi segue me...»: questa luce non è statica, ma in continuo progresso. La con<strong>di</strong>zione per<br />
beneficiare <strong>di</strong> questa luce è dunque la sua sequela. Seguire Cristo significa iniziare un<br />
143
cammino per arrivare dove lui arriva (12,26). Ognuno, person<strong>al</strong>mente, (chi...) è quin<strong>di</strong><br />
invitato a lasciare le proprie sicurezze, a superare il proprio immobilismo e a scegliere <strong>di</strong><br />
percorrere una via <strong>di</strong>versa che, come Gesù assicura, è priva <strong>di</strong> tenebre e <strong>di</strong> pericoli e<br />
conduce <strong>al</strong>la vita.<br />
«Non cammina mai nella tenebra»: purtroppo chi cammina nella tenebra non sa dove va<br />
(12,35) e inciampa (11,10). Quanto più cammina, tanto più si inabissa.<br />
«Ma avrà la luce <strong>della</strong> vita»: le Icone <strong>della</strong> Luce, <strong>della</strong> Tenebra e <strong>della</strong> Vita le abbiamo<br />
già trovate nel Prologo. Adesso possiamo capire meglio che la tenebra rappresenta<br />
l'incredulità, promossa soprattutto d<strong>al</strong>l'autorità giudaica, mentre la luce, che è vita, e la vita,<br />
che è luce, è Gesù stesso, che sarà felicemente posseduto da chi coraggiosamente lo segue<br />
nel suo esodo (avrà: nel futuro, <strong>al</strong> termine del cammino).<br />
1 Gv 1 5 ... Dio è luce e in lui non ci sono tenebre... 7 Se camminiamo nella luce, come<br />
egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli <strong>al</strong>tri, e il sangue <strong>di</strong> Gesù, suo Figlio, ci<br />
purifica da ogni peccato.<br />
2. LA MIA TESTIMONIANZA È VERA (8,13-15)<br />
8.13 ei)=pon ou)=n au)t%= oi( Farisai=oi,<br />
Su\ peri\ seautou= marturei=j: h( marturi/a sou ou)k e)/stin a)lhqh/j.<br />
8.14 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
Ka)\n e)gw\ marturw= peri\ e)mautou=, a)lhqh/j e)stin h( marturi/a mou,<br />
o(/ti oi)=da po/qen h)=lqon kai\ pou= u(pa/gw:<br />
u(mei=j de\ ou)k oi)/date po/qen e)/rxomai h)\ pou= u(pa/gw.<br />
8.15 u(mei=j kata\ th\n sa/rka kri/nete, e)gw\ ou) kri/nw ou)de/na.<br />
8,13 Dissero dunque a–lui i farisei:<br />
«Tu testimoni circa te–stesso, la tua testimonianza non è veritiera».<br />
8,14 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Anche–se io testimonio circa me–stesso, veritiera è la mia testimonianza,<br />
perché so donde vengo e dove vado:<br />
voi invece non sapete donde vengo o dove vado.<br />
8,15 Voi giu<strong>di</strong>cate secondo la carne, io non giu<strong>di</strong>co nessuno».<br />
«Dissero dunque a lui i farisei: Tu testimoni circa te stesso...»: gli ascoltatori si rendono<br />
conto dell'importanza <strong>di</strong> queste parole. Intuiscono la grandezza <strong>della</strong> posta in gioco. I<br />
farisei, i più attenti agli aspetti dottrin<strong>al</strong>i, cercano quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> demolire l'autorevolezza <strong>di</strong><br />
queste affermazioni. Gli <strong>di</strong>cono praticamente: «È troppo facile parlar bene <strong>di</strong> sé; la legge<br />
prevede che una testimonianza per esser considerata atten<strong>di</strong>bile dev'essere suffragata da<br />
<strong>al</strong>meno due persone (cfr. Dt 19,15, 17, 6; Num 35,30)».<br />
«Veritiera è la mia testimonianza, perché so donde vengo e dove vado»: la testimonianza<br />
<strong>di</strong> cui Gesù parla è <strong>di</strong>versa da quella degli uomini, per la qu<strong>al</strong>e può v<strong>al</strong>ere la norma <strong>della</strong><br />
legge mosaica. Quella <strong>di</strong> Cristo non è solo una testimonianza che mira a far conoscere un<br />
fatto nella sua verità, ma una proposta che tende a trasformare il cuore, a sintonizzare<br />
l'uomo con il progetto <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. Nessun uomo e nemmeno molti uomini messi insieme<br />
avrebbero l'autorità <strong>di</strong> fare simili affermazioni. Ma Gesù non è semplicemente un uomo:<br />
egli viene d<strong>al</strong> Padre ed a lui ritorna. Quin<strong>di</strong>, egli adduce a prova <strong>della</strong> soli<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> sua<br />
testimonianza la CONOSCENZA <strong>di</strong>retta che egli ha <strong>della</strong> sua origine e con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina,<br />
<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e sta per fare ritorno, attraverso gli eventi <strong>della</strong> Pasqua. Tutti possono avere la<br />
certezza che egli <strong>di</strong>ce il vero se, come egli afferma in 7,17, desiderano essere in sintonia con<br />
la volontà <strong>di</strong> Dio.<br />
«Voi invece non sapete donde vengo o dove vado. Voi giu<strong>di</strong>cate secondo la carne...»: cfr.<br />
7,24.28. L'ignoranza <strong>della</strong> vera origine <strong>di</strong> Gesù e <strong>di</strong> tutto l'amore che comporta il suo ritorno<br />
<strong>al</strong> Padre, è il motivo del rifiuto ostinato <strong>della</strong> sua testimonianza. Manca loro la capacità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scernimento spiritu<strong>al</strong>e, perché il loro unico metro <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio è il loro illimitato egoismo,<br />
144
incapace <strong>di</strong> capire chi dona la sua vita per amore (voi giu<strong>di</strong>cate secondo la carne). Le<br />
metafore loc<strong>al</strong>i da dove e verso dove servono ad in<strong>di</strong>care un itinerario spiritu<strong>al</strong>e che<br />
sintetizza tutto il senso <strong>della</strong> vita e <strong>della</strong> missione <strong>di</strong> Cristo.<br />
«Io non giu<strong>di</strong>co nessuno»: <strong>di</strong> sua iniziativa Gesù non vuole giu<strong>di</strong>care e, tanto meno,<br />
condannare qu<strong>al</strong>cuno. Il giu<strong>di</strong>zio appartiene a Dio e solo lui lo può esercitare, <strong>di</strong>rettamente o<br />
in<strong>di</strong>rettamente per mezzo <strong>di</strong> un delegato.<br />
3. IL PADRE TESTIMONIA A MIO FAVORE (8,16-18)<br />
8.16 kai\ e)a\n kri/nw de\ e)gw/, h( kri/sij h( e)mh\ a)lhqinh/ e)stin,<br />
o(/ti mo/noj ou)k ei)mi/, a)ll' e)gw\ kai\ o( pe/myaj me path/r.<br />
8.17 kai\ e)n t%= no/m% de\ t%= u(mete/r% ge/graptai<br />
o(/ti du/o a)nqrw/pwn h( marturi/a a)lhqh/j e)stin.<br />
8.18 e)gw/ ei)mi o( marturw=n peri\ e)mautou=<br />
kai\ marturei= peri\ e)mou= o( pe/myaj me path/r.<br />
8,16 E anche–se io giu<strong>di</strong>co, il giu<strong>di</strong>zio, (quel)lo mio, è veritiero,<br />
perché non sono solo, ma (siamo) io e il Padre (che) mi ha–inviato<br />
8,17 e nella legge poi, (quel)la vostra, è–scritto<br />
che la testimonianza <strong>di</strong>–due uomini è veritiera.<br />
8,18 Io sono colui che–testimonio circa me–stesso<br />
e testimonia circa me il Padre (che) mi ha–inviato».<br />
«Anche se io giu<strong>di</strong>co, il giu<strong>di</strong>zio, quello mio, è veritiero»: pur non essendo venuto a<br />
giu<strong>di</strong>care, il Cristo non può far a meno <strong>di</strong> prendere una posizione <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>le persone. Egli<br />
fa questo per s<strong>al</strong>vare (come nel caso dell'Adultera).<br />
«Perché non sono solo»: cfr. 8,29. Se i farisei vogliono proprio sentire la testimonianza<br />
<strong>di</strong> due persone, sappiano che queste ci sono. Gesù non è solo, ma sente tutta la forza<br />
derivante, nella sua vita e nella sua opera, d<strong>al</strong>la presenza del Padre che, dopo averlo inviato,<br />
non lo abbandona, come sovente hanno fatto i <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Nella legge poi, quella vostra, è scritto che la testimonianza <strong>di</strong> due uomini è veritiera»:<br />
Gesù non accoglie, come sua, la legge antica. Questa, in molti casi, non è più adeguata <strong>al</strong>la<br />
sua re<strong>al</strong>tà. Ma, se proprio vogliono, egli è in regola anche con questa norma.<br />
«Io sono colui che testimonio circa me stesso e testimonia circa me il Padre»: cfr. 5,31-<br />
39 e 6,45. Quello che interessa a Gesù è rivelare il suo intimo rapporto con il Padre. Dio<br />
Padre è colui che lo invia e che ne conferma l'opera; egli è colui che è inviato (nei vv. 16-18<br />
questo fatto è affermato due volte). Perciò Gesù viene in atteggiamento <strong>di</strong> umiltà, <strong>di</strong><br />
servizio e <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza. Il problema, come stiamo per vedere, non sta dunque nella<br />
mancanza <strong>di</strong> testimoni o nelle esagerate pretese <strong>di</strong> Cristo, ma nella durezza <strong>di</strong> cuore degli<br />
ascoltatori nei confronti <strong>della</strong> testimonianza fatta da lui e d<strong>al</strong> Padre.<br />
4. SE CONOSCETE ME, CONOSCETE IL PADRE (8,19-20)<br />
8.19 e)/legon ou)=n au)t%=, Pou= e)stin o( path/r sou;<br />
a)pekri/qh )Ihsou=j, Ou)/te e)me\ oi)/date ou)/te to\n pate/ra mou:<br />
ei) e)me\ v)/deite, kai\ to\n pate/ra mou a)\n v)/deite.<br />
8.20 Tau=ta ta\ r(h/mata e)la/lhsen e)n t%= gazofulaki/% <strong>di</strong>da/skwn e)n t%= i(er%=:<br />
kai\ ou)dei\j e)pi/asen au)to/n, o(/ti ou)/pw e)lhlu/qei h( w(/ra au)tou=.<br />
8,19 Dicono dunque a–lui: «Dov'è il padre tuo?».<br />
Rispose Gesù: «Né me conoscete, né il Padre mio.<br />
Se conosceste me, anche il Padre mio conoscereste».<br />
8,20 Queste parole <strong>di</strong>sse nel (luogo del) Tesoro, insegnando nel tempio<br />
e nessuno lo catturò, perché non–ancora era–giunta la sua Ora.<br />
«Dov'è il padre tuo?»: questa è una delle domande tipiche, che denotano l'equivoco in<br />
cui cadono coloro che giu<strong>di</strong>cano secondo la carne o secondo le apparenze. Già <strong>al</strong>trove<br />
145
abbiamo trovato <strong>di</strong>scorsi sul padre <strong>di</strong> Gesù (6,42; 7,28). In questo caso chiedono a Gesù che<br />
rintracci il padre e lo faccia venire come testimone.<br />
«Né me conoscete, né il Padre mio. Se conosceste me, anche il Padre mio conoscereste»:<br />
Gesù non risponde <strong>di</strong>rettamente <strong>al</strong>la domanda. Nella sua replica egli vuole, con infinita<br />
pazienza, invitare tutti ad aprirsi <strong>al</strong>la conoscenza <strong>di</strong> Dio come Padre. Egli intende far capire<br />
che tra il Figlio ed il Padre vi è una t<strong>al</strong>e unità ed uguaglianza che la conoscenza dell'uno<br />
comporta anche quella dell'<strong>al</strong>tro. In questo caso egli ci fa intuire che lui, il Figlio, è la via<br />
maestra <strong>al</strong>la conoscenza del Padre (cfr. 14,6-11 e Mt 11,27).<br />
«Queste parole <strong>di</strong>sse nel luogo del Tesoro, insegnando nel tempio»: l'Evangelista precisa<br />
che queste parole, pronunciate esattamente presso l'Aula delle offerte <strong>di</strong> denaro, del qu<strong>al</strong>e i<br />
capi erano molto desiderosi, han fatto parte <strong>di</strong> un insegnamento più ampio svolto<br />
nell'ambiente sacro del tempio. Gesù non esclude nessun ambiente e non perde <strong>al</strong>cuna<br />
occasione per parlare del Padre. Noi, rechiamoci ment<strong>al</strong>mente nella s<strong>al</strong>a del Tesoro e<br />
facciamo questa riflessione: qu<strong>al</strong>e offerta migliore possiamo fare a Dio Padre, se non quella<br />
<strong>di</strong> volerlo conoscere nella sua verità?<br />
«Nessuno lo catturò...»: l'Evangelista fa capire che queste parole avrebbero potuto<br />
provocare un arresto, segno che gli avversari hanno capito che t<strong>al</strong>i affermazioni avevano un<br />
senso spiritu<strong>al</strong>e preciso. I capi giudei sono decisi a fermarlo, ma la grande ORA non era<br />
ancora giunta (il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio si compie solo a Pasqua). Nei capitoli 7 e 8 si parla ben<br />
quattro volte <strong>di</strong> cattura e sei volte <strong>di</strong> uccisione. Queste sono le uniche cose che i nemici<br />
cercano <strong>di</strong> fare, soprattutto <strong>al</strong>l'interno del tempio, <strong>di</strong>ventato la loro proprietà e la fonte del<br />
loro arricchimento. Ma non ci riescono: le tenebre non sono capaci <strong>di</strong> catturare e <strong>di</strong><br />
spegnere la luce (cfr. il Prologo: 1,5).<br />
- II - CREDETE CHE "IO SONO"<br />
1. DOVE IO VADO VOI NON POTETE VENIRE (8,21-22)<br />
8.21 Ei)=pen ou)=n pa/lin au)toi=j, )Egw\ u(pa/gw kai\ zhth/sete/ me,<br />
kai\ e)n tv= a(marti/# u(mw=n a)poqanei=sqe: o(/pou e)gw\ u(pa/gw u(mei=j ou) du/nasqe e)lqei=n.<br />
8.22 e)/legon ou)=n oi( )Ioudai=oi,<br />
Mh/ti a)poktenei= e(auto/n, o(/ti le/gei, (/Opou e)gw\ u(pa/gw u(mei=j ou) du/nasqe e)lqei=n;<br />
8,21 Disse dunque <strong>di</strong>–nuovo a–loro: «Io vado e mi cercherete<br />
e nel vostro peccato morirete; dove io vado, voi non potete venire».<br />
8,22 Dicevano dunque i Giudei:<br />
«Forse si ucciderà, perché <strong>di</strong>ce: Dove io vado, voi non potete venire».<br />
«Io vado e mi cercherete»: Gesù profetizza il suo Esodo, il suo ritorno <strong>al</strong> Padre (cfr.<br />
7,33-34) e la <strong>di</strong>sperata ed inutile ricerca <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza da parte <strong>di</strong> coloro che, troppo tar<strong>di</strong>,<br />
capiranno chi è lui. In questo capitolo Gesù parla per ben 4 volte del suo andare verso il<br />
Padre: è ciò che caratterizza la seconda fase <strong>della</strong> sua missione: prima c'è l'invio e poi il<br />
ritorno (nei <strong>di</strong>scorsi dell'Ultima Cena il tema dell'andare verso Dio ricorrerà per 10 volte).<br />
«Nel vostro peccato morirete»: il peccato (<strong>al</strong> singolare) rappresenta qui l'atteggiamento<br />
peccaminoso <strong>di</strong> base, cioè l'incredulità, la qu<strong>al</strong>e porta <strong>al</strong>la morte chi non si ravvede. Gesù lo<br />
definisce vostro, perché con<strong>di</strong>viso da un gruppo e tipico <strong>di</strong> esso. Morire nel peccato<br />
significa f<strong>al</strong>lire il traguardo <strong>della</strong> vita intera, cioè non arrivare presso Dio, sprofondando nel<br />
proprio m<strong>al</strong>e mor<strong>al</strong>e, senza più <strong>al</strong>cuna possibilità <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>o. Si tratta <strong>di</strong> quel peccato per il<br />
qu<strong>al</strong>e non c'è perdono (Mt 12,32: la bestemmia contro lo Spirito <strong>San</strong>to; 1 Gv 5,16).<br />
«Dove io vado, voi non potete venire...»: infatti, non può raggiungere il Padre chi non ha<br />
accolto il Figlio con fede e amore (cfr. 17,24) e chi non è <strong>di</strong>sposto a percorrere la stessa<br />
strada <strong>di</strong> donazione tot<strong>al</strong>e. Confrontiamo queste parole con quelle dette a Pietro: «Dove io<br />
vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tar<strong>di</strong>» (13,36).<br />
«Forse si ucciderà...»: i Giudei formulano un'interpretazione infamante (molto più grave<br />
<strong>di</strong> quella espressa in 7,35), perché è proprio <strong>della</strong> m<strong>al</strong>evolenza travisare in modo sempre più<br />
146
pesante le intenzioni e le parole <strong>al</strong>trui. In qu<strong>al</strong>che modo tuttavia intuiscono che Gesù,<br />
parlando del suo andare, accenna <strong>al</strong>la sua morte. Questa però non sarà quella del suicida,<br />
ma quella dell'Agnello immolato, che fa dono tot<strong>al</strong>e <strong>della</strong> sua vita per compiere il <strong>di</strong>segno<br />
s<strong>al</strong>vifico del Padre (29).<br />
2. IO SONO DALL'ALTO (8,23-24)<br />
8.23 kai\ e)/legen au)toi=j, (Umei=j e)k tw=n ka/tw e)ste/, e)gw\ e)k tw=n a)/nw ei)mi/:<br />
u(mei=j e)k tou/tou tou= ko/smou e)ste/, e)gw\ ou)k ei)mi\ e)k tou= ko/smou tou/tou.<br />
8.24 ei)=pon ou)=n u(mi=n o(/ti a)poqanei=sqe e)n tai=j a(marti/aij u(mw=n:<br />
e)a\n ga\r mh\ pisteu/shte o(/ti e)gw/ ei)mi, a)poqanei=sqe e)n tai=j a(marti/aij u(mw=n.<br />
8,23 E <strong>di</strong>ceva loro: «Voi siete d<strong>al</strong> basso, Io sono d<strong>al</strong>l'Alto;<br />
voi siete da questo mondo, io non sono da questo mondo.<br />
8,24 Ho–detto dunque a–voi che morirete nei vostri peccati;<br />
se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».<br />
«Voi siete d<strong>al</strong> basso, io sono d<strong>al</strong>l'Alto...»: Gesù afferma la sua origine d<strong>al</strong>l'Alto (cioè da<br />
Dio) e la sua appartenenza ad un <strong>al</strong>tro Mondo che non è quello basso e peccatore a cui<br />
appartengono i suoi avversari. Basso e Alto, questo Mondo e non–questo Mondo sono<br />
metafore spazi<strong>al</strong>i che in<strong>di</strong>cano situazioni interiori <strong>di</strong>verse e nettamente opposte (umano/<br />
<strong>di</strong>vino; peccato/grazia). Essere da è l'espressione usata da Cristo per in<strong>di</strong>care un'origine e<br />
un'appartenenza, che connotano in modo sostanzi<strong>al</strong>e tutta la vita delle persone chiamate in<br />
causa.<br />
«Se non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccati»: con queste parole Gesù offre<br />
anche agli avversari la possibilità <strong>di</strong> credere. Questa volta l'incredulità è vista come causa <strong>di</strong><br />
molti peccati (<strong>al</strong> plur<strong>al</strong>e). Cosa significa questa espressione Io Sono? Sicuramente: Io sono<br />
la luce..., io sono d<strong>al</strong>l'Alto... Ma anche: Io sono il Signore. Tutti devono credere nella sua<br />
misteriosa partecipazione <strong>al</strong>la natura <strong>di</strong>vina: Io Sono infatti è il nome impronunziabile <strong>di</strong><br />
Dio, YHWH. Gesù non <strong>di</strong>ce mai: Io sono Dio. Prima <strong>della</strong> risurrezione sarebbe stata una<br />
rivelazione prematura e inopportuna. Non era perciò questa formula, per quanto giusta, la<br />
cosa che Gesù voleva innanzi tutto proporre <strong>al</strong>la fede: a lui interessava rivelare il Padre e<br />
lui nel Padre, facendo sentire <strong>al</strong>l'ascoltatore la piena presenza del <strong>di</strong>vino in lui. Egli perciò<br />
fa <strong>di</strong> tutto per portare il fedele a cogliere sempre più questa presenza, fino a quando<br />
Tommaso, con il cuore ormai pienamente illuminato d<strong>al</strong>la fede nel Dio Unico e<br />
Triperson<strong>al</strong>e, esclamerà nei suoi confronti <strong>di</strong> Uomo Risorto: Mio Signore e mio Dio!<br />
(20,28). Se manca questa esperienza <strong>di</strong> fede matura nella nuova e piena rivelazione <strong>di</strong> Dio, i<br />
peccati non saranno perdonati.<br />
Es 3,14 Dio <strong>di</strong>sse a Mosè: «Io Sono colui che Sono!». Poi <strong>di</strong>sse: «Dirai agli Israeliti: Io-<br />
Sono mi ha mandato a voi».<br />
- III - CONOSCERETE CHE "IO SONO"<br />
1. CIÒ CHE HO UDITO DAL PADRE, QUESTO DICO (8,25-27)<br />
8.25 e)/legon ou)=n au)t%=, Su\ ti/j ei)=;<br />
ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j, Th\n a)rxh\n o(/ ti kai\ l<strong>al</strong>w= u(mi=n;<br />
8.26 polla\ e)/xw peri\ u(mw=n l<strong>al</strong>ei=n kai\ kri/nein,<br />
a)ll' o( pe/myaj me a)lhqh/j e)stin,<br />
ka)gw\ a(\ h)/kousa par' au)tou= tau=ta l<strong>al</strong>w= ei)j to\n ko/smon.<br />
8.27 ou)k e)/gnwsan o(/ti to\n pate/ra au)toi=j e)/legen.<br />
8,25 Dicevano dunque a–lui: «Tu chi sei?».<br />
Disse loro Gesù: «(Fin da)l principio (è) proprio questo quello–che vi <strong>di</strong>co.<br />
8,26 Ho molte (cose) su–<strong>di</strong> voi (da) <strong>di</strong>re e (da) giu<strong>di</strong>care,<br />
ma colui–che mi ha–inviato è veritiero<br />
147
e–io le (cose che) ho–u<strong>di</strong>to da lui, queste <strong>di</strong>co <strong>al</strong> mondo».<br />
8,27 Non capirono che del Padre parlava loro.<br />
«Tu chi sei?»: questo è l'interrogativo fondament<strong>al</strong>e <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e tutto il <strong>Vangelo</strong> giovanneo<br />
sta dando una risposta. Fin d<strong>al</strong>la prima Unità l'abbiamo detto chiaramente. Una t<strong>al</strong>e<br />
domanda i sacerdoti ed i leviti (impazienti) l'avevano rivolta <strong>al</strong> Battista, il qu<strong>al</strong>e aveva<br />
risposto: Non sono il Messia (1,19). Ora i Giudei propongono a Gesù lo stesso quesito con<br />
tono <strong>di</strong> sfida.<br />
«Fin d<strong>al</strong> principio è proprio questo quello che vi <strong>di</strong>co»: Gesù non nega <strong>di</strong> essere il<br />
Messia, ma nemmeno lo afferma esplicitamente. Non sarebbe stato capito. Ricorda loro che<br />
fin d<strong>al</strong>l'inizio non fa <strong>al</strong>tro che rivelare se stesso come Figlio <strong>di</strong> Dio Padre, da lui inviato ed<br />
accre<strong>di</strong>tato. A che serve loro sentire <strong>al</strong>tre <strong>di</strong>chiarazioni, visto che hanno un'idea <strong>di</strong>storta<br />
circa il Messia e Dio stesso?<br />
«Ho molte cose su <strong>di</strong> voi... da giu<strong>di</strong>care»: egli rivela agli ascoltatori che essi gli stanno<br />
dando molti motivi per farsi criticare e condannare.<br />
«Ma colui che mi ha inviato è veritiero»: Cristo si presenta a loro come giu<strong>di</strong>ce, inviato<br />
da colui che più <strong>di</strong> tutti è degno <strong>di</strong> fede (cfr. 7,28), a <strong>di</strong>re la verità su <strong>di</strong> sé e su <strong>di</strong> loro.<br />
«Le cose che ho u<strong>di</strong>to da lui, queste <strong>di</strong>co <strong>al</strong> mondo (o contro il mondo)»: Gesù è sicuro<br />
<strong>di</strong> non ingannarsi nel suo messaggio e nelle sue affermazione (riguardanti appunto anche<br />
loro, che fanno parte del mondo), perché chi lo manda è verace ed egli ne ascolta le parole e<br />
ne propaga i giu<strong>di</strong>zi (5,30).<br />
«Non capirono che del Padre parlava loro»: l'Evangelista nota che i farisei non furono<br />
neppure in grado <strong>di</strong> capire che egli stava parlando del Padre. Questi è l'unico punto <strong>di</strong><br />
riferimento del Signore Gesù.<br />
2. COLUI CHE MI HA INVIATO È CON ME (8,28-30)<br />
8.28 ei)=pen ou)=n [au)toi=j] o( )Ihsou=j,<br />
(/Otan u(yw/shte to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou, to/te gnw/sesqe o(/ti e)gw/ ei)mi,<br />
kai\ a)p' e)mautou= poiw= ou)de/n,<br />
a)lla\ kaqw\j e)<strong>di</strong>/dace/n me o( path\r tau=ta l<strong>al</strong>w=.<br />
8.29 kai\ o( pe/myaj me met' e)mou= e)stin:<br />
ou)k a)fh=ke/n me mo/non, o(/ti e)gw\ ta\ a)resta\ au)t%= poiw= pa/ntote.<br />
8.30 Tau=ta au)tou= l<strong>al</strong>ou=ntoj polloi\ e)pi/steusan ei)j au)to/n.<br />
8,28 Disse dunque loro Gesù:<br />
«Quando inn<strong>al</strong>zerete il Figlio dell'Uomo, <strong>al</strong>lora conoscerete che Io Sono<br />
e (che) da me–stesso (non) faccio nulla,<br />
ma come mi ha–insegnato il Padre, queste (cose) <strong>di</strong>co.<br />
8,29 E colui–che mi ha–inviato è con me,<br />
non mi ha–lasciato solo, perché io le (cose che) gli piacciono faccio sempre».<br />
8,30 Avendo–detto egli queste (cose), molti credettero in lui.<br />
«Quando inn<strong>al</strong>zerete il Figlio dell'Uomo, <strong>al</strong>lora conoscerete che Io Sono»: visto che i<br />
suoi u<strong>di</strong>tori non capiscono le sue affermazioni, Gesù profetizza che verrà il momento in cui<br />
essi fin<strong>al</strong>mente capiranno o, comunque, avranno la prova suprema che li potrebbe aiutare a<br />
riconoscerlo per quello che è. Non è detto che questo riconoscimento avverrà in modo<br />
s<strong>al</strong>vifico per loro (confronta il linguaggio dei profeti: ad es. Ez 6,7; 13,23; 37,13). Però la<br />
s<strong>al</strong>vezza non è loro negata. Saranno essi stessi ad inn<strong>al</strong>zarlo, cioè ad essere, in un certo<br />
senso, gli autori involontari <strong>della</strong> sua glorificazione. L’inn<strong>al</strong>zamento sulla croce, seguito<br />
d<strong>al</strong>la risurrezione, sarà infatti per tutti la più forte <strong>di</strong>mostrazione <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>vinità (Io Sono)<br />
e <strong>della</strong> sua unità con il Padre.<br />
«Da me stesso non faccio nulla...»: Gesù precisa che la sua piena comunione con Dio<br />
consiste in una tot<strong>al</strong>e <strong>di</strong>pendenza d<strong>al</strong> Padre, sia nelle opere che nella dottrina. Per questo le<br />
sue pretese non sono un sintomo <strong>di</strong> superbia, ma frutto <strong>di</strong> coerenza con la verità.<br />
148
«Colui che mi ha inviato è con me, non mi ha lasciato solo»: usando la forma positiva (è<br />
con me) e negativa (non mi ha lasciato...), per dare forza <strong>al</strong>le parole, Gesù ancora una volta<br />
afferma la continua ed attu<strong>al</strong>e presenza del Padre nella sua vita (16). Questa è la vera<br />
essenza del suo essere Messia (termine che non pronuncia, perché sarebbe m<strong>al</strong>e<br />
interpretato).<br />
«Perché io le cose che gli piacciono faccio sempre»: il motivo <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e unione sta nel fatto<br />
che egli, come Figlio, cerca ed attua sempre la volontà <strong>di</strong>vina (cfr. Mt 3,15). Gesù è la gioia<br />
del Padre suo. Questo è l'aspetto pratico e gioioso dell'amore. Una sola volta in <strong>Giovanni</strong><br />
Gesù parla del suo amore <strong>al</strong> Padre (14,31), ma in ogni istante ne <strong>di</strong>mostra la re<strong>al</strong>tà con i<br />
fatti.<br />
«Molti credettero in lui»: queste parole <strong>di</strong> Gesù, sempre più belle ed intense, toccano il<br />
cuore <strong>di</strong> molti (speriamo, anche il nostro) e suscitano la fede in lui. Il fatto che egli <strong>di</strong>mostri,<br />
in tutti i mo<strong>di</strong>, che l'unica cosa che gli sta a cuore è la volontà <strong>di</strong> Dio Padre, convince molti,<br />
che, dopo aver sentito e visto, passano d<strong>al</strong>la sua parte.<br />
- IV - LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI<br />
1. RIMANETE NELLA MIA PAROLA (8,31-32)<br />
8.31 )/Elegen ou)=n o( )Ihsou=j pro\j tou\j pepisteuko/taj au)t%= )Ioudai/ouj,<br />
)Ea\n u(mei=j mei/nhte e)n t%= lo/g% t%= e)m%=, a)lhqw=j maqhtai/ mou/ e)ste<br />
8.32 kai\ gnw/sesqe th\n a)lh/qeian, kai\ h( a)lh/qeia e)leuqerw/sei u(ma=j.<br />
8,31 Diceva dunque Gesù verso i Giudei che–avevano–creduto a–lui:<br />
«Se voi rimanete nella parola, (quel)la mia, siete veramente miei <strong>di</strong>scepoli<br />
8,32 e conoscerete la verità e la verità vi libererà».<br />
«Diceva dunque Gesù verso i Giudei che avevano creduto a lui»: inizia ora l'ultima parte<br />
del <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo. In questo momento Gesù si rivolge a coloro che, toccati interiormente d<strong>al</strong>la<br />
grazia, hanno aderito <strong>al</strong>la sua persona.<br />
«Se rimanete (méno) nella parola (lógos), quella mia»: an<strong>al</strong>izziamo il verbo rimanere,<br />
che in<strong>di</strong>ca sovente una permanenza mistica, che può essere vissuta presso Gesù (cfr. 1,39) o<br />
in lui (6,56; 15,4-7) o nel suo amore (15,9-10). Adesso, a quelli che hanno creduto in lui,<br />
Gesù propone <strong>di</strong> rimanere nella sua parola (lógos). Ricordando che egli è il Lógos,<br />
compren<strong>di</strong>amo che egli li invita, non solo ad essere fedeli <strong>al</strong>la sua dottrina, ma <strong>al</strong>la sua<br />
stessa persona. Li invita, cioè, a perseverare nella comunione continua con lui, che con la<br />
sua parola rivela loro il Padre e la sua speci<strong>al</strong>e comunione con il Padre nello Spirito.<br />
QUESTO INVITO È FONDAMENTALE ANCHE PER NOI !<br />
«Siete veramente miei <strong>di</strong>scepoli»: c'è il <strong>di</strong>scepolo apparente e c'è quello vero. La<br />
con<strong>di</strong>zione per essere veri suoi <strong>di</strong>scepoli è la permanenza nella sua parola e lui è tutto<br />
parola. Se la re<strong>al</strong>izziamo, Gesù sarà per noi il vero Maestro che cura la nostra crescita e la<br />
nostra maturazione come <strong>di</strong>scepoli e, quin<strong>di</strong>, come cristiani. L'essere <strong>di</strong>scepoli produce due<br />
effetti che Gesù pone nel futuro (è infatti una questione <strong>di</strong> crescita interiore, sempre lenta).<br />
«Conoscerete la verità»: il primo effetto è la conoscenza sicura ed esperienzi<strong>al</strong>e <strong>della</strong><br />
verità. T<strong>al</strong>e verità consiste nella retta conoscenza <strong>di</strong> Dio e dell'uomo (una mente illuminata).<br />
In definitiva, t<strong>al</strong>e verità è Cristo stesso.<br />
«La verità vi libererà»: in secondo luogo la Parola, sulla qu<strong>al</strong>e il <strong>di</strong>scepolo si fonda,<br />
<strong>di</strong>ventando luce <strong>di</strong> verità, gli dona <strong>di</strong> conseguenza anche la libertà da ogni legame con il<br />
peccato e da ogni schiavitù mondana (una volontà redenta). Non è innanzi tutto la libertà<br />
(una certa libertà) che ci fa veri, ma la verità che ci fa liberi.<br />
2. SE IL FIGLIO VI LIBERERÀ, SARETE REALMENTE LIBERI (8,33-36)<br />
8.33 a)pekri/qhsan pro\j au)to/n, Spe/rma )Abraa/m e)smen<br />
kai\ ou)deni\ dedouleu/kamen pw/pote: pw=j su\ le/geij o(/ti )Eleu/qeroi genh/sesqe;<br />
149
8.34 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti pa=j o( poiw=n th\n a(marti/an dou=lo/j e)stin th=j a(marti/aj.<br />
8.35 o( de\ dou=loj ou) me/nei e)n tv= oi)ki/# ei)j to\n ai)w=na, o( ui(o\j me/nei ei)j to\n ai)w=na.<br />
8.36 e)a\n ou)=n o( ui(o\j u(ma=j e)leuqerw/sv, o)/ntwj e)leu/qeroi e)/sesqe.<br />
8,33 Risposero verso–<strong>di</strong> lui:«Siamo seme <strong>di</strong>–Abramo,<br />
e mai a–nessuno abbiamo–servito; come tu <strong>di</strong>ci: Diventerete liberi?».<br />
8,34 Rispose loro Gesù:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi: Chiunque fa il peccato, è schiavo del peccato.<br />
8,35 Ora lo schiavo non rimane nella casa in eterno, il figlio rimane in eterno.<br />
8,36 Se dunque il Figlio vi libererà, sarete re<strong>al</strong>mente liberi.<br />
«Risposero verso <strong>di</strong> lui»: chi sono coloro che risposero e che ancora risponderanno in<br />
modo sempre più risentito? Sembra improbabile che coloro che avevano creduto e ai qu<strong>al</strong>i<br />
Gesù ha raccomandato la fedeltà <strong>al</strong>la Parola si sentano offesi, perché <strong>di</strong>chiarati bisognosi <strong>di</strong><br />
liberazione, e gli rispondano subito duramente. La risposta viene verosimilmente solo da<br />
quei Giudei che sono d<strong>al</strong> basso e <strong>di</strong> questo mondo (abbiamo qui una semplificazione per cui<br />
non è precisato che si tratta in re<strong>al</strong>tà solo degli irriducibili). Ora, per colpa <strong>di</strong> questi, il<br />
<strong>di</strong><strong>al</strong>ogo prende una piega drammatica. Verranno usate parole molto forti.<br />
«Siamo seme (spérma) <strong>di</strong> Abramo...»: essi non sentono <strong>al</strong>cun bisogno <strong>di</strong> liberazione<br />
perché, orgogliosi <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Abramo, sono convinti <strong>di</strong> essere uomini <strong>di</strong> nobile<br />
origine ed in<strong>di</strong>pendenti da tutti (anche se in Egitto furono trattati da schiavi ed attu<strong>al</strong>mente<br />
sono dominati dai Romani). Sono gli stessi Giudei che, oltre ad appellarsi a Mosè (il<br />
legislatore del popolo [cultura]), iniziano a rifarsi anche ad Abramo (il fondatore <strong>della</strong> stirpe<br />
[razza]).<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi»: Gesù usa una formula solenne per far notare l'importanza <strong>di</strong><br />
quanto sta per affermare.<br />
«Chiunque fa il peccato è schiavo del peccato (‘amartía)»: egli fa capire che la sua<br />
affermazione non ha un senso politico, soci<strong>al</strong>e o cultur<strong>al</strong>e, ma spiritu<strong>al</strong>e. Precisa che sta<br />
parlando <strong>della</strong> schiavitù interiore del peccato, d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e la sua parola <strong>di</strong> verità libera ogni<br />
uomo. L'ammonizione dei vv. 21.24 serviva proprio a questo.<br />
«Ora lo schiavo non rimane nella casa in eterno, il figlio rimane...»: solo il figlio ha il<br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> rimanere sempre nella casa <strong>di</strong> suo padre (oikía: nel senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>mora e <strong>di</strong> famiglia,<br />
simboli <strong>di</strong> comunione); non così lo schiavo (In aramaico si usa la stessa parola per in<strong>di</strong>care<br />
libero e figlio. Per questo motivo le parole <strong>di</strong> Gesù, espresse in quella lingua, suonano anche<br />
più forti e convincenti).<br />
«Se dunque il Figlio vi libererà, sarete re<strong>al</strong>mente liberi»: Gesù conclude con una<br />
affermazione molto forte e chiara: si presenta come il Figlio <strong>di</strong> Dio che è capace <strong>di</strong> liberare<br />
nel senso più pieno <strong>della</strong> parola. Egli infatti ci libera, facendoci <strong>di</strong>ventare figli <strong>di</strong> Dio.<br />
L'episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo capitolo circa la donna riabilitata costituisce una prova concreta <strong>di</strong><br />
quanto va <strong>di</strong>cendo.<br />
3. LA MIA PAROLA NON PENETRA IN VOI (8,37-38)<br />
8.37 oi)=da o(/ti spe/rma )Abraa/m e)ste: a)lla\ zhtei=te/ me a)poktei=nai,<br />
o(/ti o( lo/goj o( e)mo\j ou) xwrei= e)n u(mi=n.<br />
8.38 a( \ e)gw\ e(w/raka para\ t%= patri\ l<strong>al</strong>w=:<br />
kai\ u(mei=j ou)=n a(\ h)kou/sate para\ tou= patro\j u(mw=n poiei=te.<br />
8,37 So che siete seme <strong>di</strong>–Abramo, però cercate (<strong>di</strong>) uccidermi,<br />
perché la parola, (quel)la mia, non penetra in voi.<br />
8,38 Io <strong>di</strong>co le (cose che) ho–visto presso il Padre,<br />
anche voi dunque fate le (cose che) avete–ascoltato presso il padre vostro».<br />
«So che siete seme <strong>di</strong> Abramo...»: <strong>di</strong>cendo questo il Maestro relativizza il v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>scendenza solo carn<strong>al</strong>e da Abramo. <strong>San</strong> Paolo scrive: Sappiate dunque che figli <strong>di</strong><br />
150
Abramo sono quelli che vengono d<strong>al</strong>la fede... E se appartenete a Cristo, <strong>al</strong>lora siete<br />
<strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> Abramo, ere<strong>di</strong> secondo la promessa (G<strong>al</strong> 3,7.29). Bisogna essere figli<br />
(téknon: in senso spiritu<strong>al</strong>e) del grande Patriarca, non solo seme, materi<strong>al</strong>mente parlando<br />
(cfr. anche Rom 4,11.16; 9,7-8).<br />
«Cercate <strong>di</strong> uccidermi perché la parola, quella mia, non penetra in voi...»: il motivo <strong>di</strong><br />
questa mort<strong>al</strong>e ostilità è la loro resistenza <strong>al</strong>la Parola, che essi non lasciano entrare dentro il<br />
cuore (bisogna che la parola entri dentro e che il <strong>di</strong>scepolo rimanga in essa: mistica<br />
compenetrazione).<br />
«Io <strong>di</strong>co le cose che ho visto presso il Padre, anche voi... fate le cose che avete ascoltato<br />
presso il padre vostro»: Gesù offre se stesso come esempio. Come lui, che è il Figlio, rivela<br />
sinceramente la sua piena conoscenza <strong>di</strong> Dio Padre (ha visto), così i Giudei devono fare<br />
quello che il loro padre Abramo, <strong>di</strong> cui tanto si vantano, ha loro insegnato con la sua fede e<br />
la sua obbe<strong>di</strong>enza (Gesù ha anche visto, essi hanno solo ascoltato). Gesù, quasi mettendosi<br />
fuori d<strong>al</strong> popolo giudaico, chiama Abramo padre vostro, con il chiaro intento <strong>di</strong> affermare<br />
la vera grande paternità <strong>di</strong> Dio nei suoi confronti.<br />
4. FATE LE OPERE DEL PADRE VOSTRO (8,39-41a )<br />
8.39 )Apekri/qhsan kai\ ei)=pan au)t%=, (O path\r h(mw=n )Abraa/m e)stin.<br />
le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j, Ei) te/kna tou= )Abraa/m e)ste, ta\ e)/rga tou= )Abraa\m e)poiei=te:<br />
8.40 nu=n de\ zhtei=te/ me a)poktei=nai a) /nqrwpon o(\j th\n a)lh/qeian u(mi=n lela/lhka<br />
h(\n h)/kousa para\ tou= qeou=: tou=to )Abraa\m ou)k e)poi/hsen.<br />
8.41 u(mei=j poiei=te ta\ e)/rga tou= patro\j u(mw=n.<br />
8,39 Risposero e gli <strong>di</strong>ssero: «Il nostro padre è Abramo!».<br />
Dice loro Gesù: «Se figli <strong>di</strong> Abramo foste, le opere <strong>di</strong> Abramo fareste.<br />
8,40 Adesso invece cercate (<strong>di</strong>) uccidere me, uomo che vi ho–detto la verità<br />
che ho–ascoltato presso Dio; questo Abramo non (lo) fece!<br />
8,41a Voi fate le opere del padre vostro!».<br />
«Risposero e gli <strong>di</strong>ssero: Il nostro padre è Abramo!»: non hanno accolto l'ammonimento<br />
che il Battista aveva fatto a suo tempo: Non cre<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re fra voi: Abbiamo Abramo<br />
per padre. Vi <strong>di</strong>co che Dio può far sorgere figli <strong>di</strong> Abramo da queste pietre (Mt 3,9). Senza<br />
mai un accenno <strong>di</strong> riconoscenza verso Dio, proclamano Abramo loro padre.<br />
«Se figli <strong>di</strong> Abramo foste, le opere <strong>di</strong> Abramo fareste»: vero figlio <strong>di</strong> Abramo è colui che<br />
ne imita la fede e le buone azioni. Abramo, obbedendo <strong>al</strong> progetto <strong>di</strong> Dio, ha collaborato<br />
con gioia <strong>al</strong>la venuta del Messia (56; cfr. G<strong>al</strong> 3,16). Il fare deriva d<strong>al</strong>l'essere.<br />
«Adesso invece cercate <strong>di</strong> uccidere me, uomo che vi ho detto la verità»: è l'unica volta<br />
nella qu<strong>al</strong>e Gesù si autodefinisce esplicitamente Uomo. È importante che egli affermi la sua<br />
piena umanità (l'unica parte <strong>di</strong> lui che può essere uccisa), la sua concreta qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> essere<br />
umano, il qu<strong>al</strong>e però è l'unico che conosce la verità e che la proclama. Sembra paradoss<strong>al</strong>e,<br />
ma il motivo per cui cercano <strong>di</strong> ucciderlo è proprio perché ha rivelato loro in pienezza la<br />
verità ascoltata e vista presso il Padre. Se avesse favorito la menzogna e l'ipocrisia li<br />
avrebbe trovati <strong>di</strong>sponibili (5,43; 8,45). Gesù non teme <strong>di</strong> denunciare ancora una volta le<br />
loro intenzioni omicide (tipiche del <strong>di</strong>avolo: cfr. 44c).<br />
G<strong>al</strong> 4 22 Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno d<strong>al</strong>la schiava e uno d<strong>al</strong>la<br />
donna libera. 23 Ma quello d<strong>al</strong>la schiava è nato secondo la carne; quello d<strong>al</strong>la donna<br />
libera, in virtù <strong>della</strong> promessa. 24 Ora, t<strong>al</strong>i cose sono dette per <strong>al</strong>legoria: le due donne<br />
infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella<br />
schiavitù, rappresentata da Agar 25 ... essa corrisponde <strong>al</strong>la Gerus<strong>al</strong>emme attu<strong>al</strong>e, che <strong>di</strong><br />
fatto è schiava insieme ai suoi figli. 26 Invece la Gerus<strong>al</strong>emme <strong>di</strong> lassù è libera ed è la<br />
nostra madre.<br />
151
- V - DA DIO SONO USCITO<br />
1. DIO MI HA INVIATO (8,41 b -42)<br />
ei)=pan [ou)=n] au)t%=, (Hmei=j e)k pornei/aj ou) gegennh/meqa:<br />
e(/na pate/ra e)/xomen to\n qeo/n.<br />
8.42 ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j, Ei) o( qeo\j path\r u(mw=n h)=n h)gapa=te a)\n e)me/,<br />
e)gw\ ga\r e)k tou= qeou= e)ch=lqon kai\ h(/kw:<br />
ou)de\ ga\r a)p' e)mautou= e)lh/luqa, a)ll' e)kei=no/j me a)pe/steilen.<br />
8,41 b Gli <strong>di</strong>ssero: Noi non siamo–nati da fornicazione,<br />
abbiamo un–solo Padre, Dio!».<br />
8,42 Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste:<br />
io infatti da Dio sono–uscito e vengo;<br />
infatti non da me–stesso sono–venuto, ma egli mi ha–mandato.<br />
«Noi non siamo nati da fornicazione»: risentiti per le parole <strong>di</strong> Gesù, che non li<br />
considera veri figli <strong>di</strong> Abramo, affermano <strong>di</strong> non essere degli illegittimi a livello umano.<br />
«Abbiamo un solo Padre, Dio!»: anzi, secondo loro, <strong>di</strong> non essere illegittimi nemmeno a<br />
livello religioso, come potrebbero essere i Samaritani, che, come abbiamo visto<br />
nell'episo<strong>di</strong>o del cap. IV, mischiavano fede in YHWH e idolatria (vista come prostituzione).<br />
Proclamano, con la solita <strong>al</strong>terigia, <strong>di</strong> avere ad<strong>di</strong>rittura Dio come unico vero Padre (oltre<br />
tutto arrivano a fare questa affermazione molto in ritardo, solo dopo aver parlato del padre<br />
Abramo). Quanto è <strong>di</strong>verso lo stile <strong>di</strong> questa stessa affermazione, quando è Cristo che la fa!<br />
Egli ha sempre presente il pensiero del Padre e quando ne parla non lo sbatte in faccia agli<br />
<strong>al</strong>tri con durezza, come fosse un vanto person<strong>al</strong>e intoccabile, non lo usa come un randello<br />
per colpire in testa gli <strong>al</strong>tri.<br />
«Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste, io infatti da Dio sono uscito e vengo»: la<br />
<strong>di</strong>mostrazione che mentono, quando affermano <strong>di</strong> esser figli <strong>di</strong> Dio, sta proprio nel fatto che<br />
non amano Gesù, che da Dio viene generato come Figlio e da Lui viene inviato per rivelarne<br />
il progetto <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. Gesù, con queste parole, chiede, non solo <strong>di</strong> essere creduto, ma<br />
anche <strong>di</strong> essere amato.<br />
«Infatti non da me stesso sono venuto, ma egli mi ha mandato»: è l'ennesima volta che<br />
egli afferma questo: si tratta <strong>di</strong> una confessione <strong>di</strong> umiltà e <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza. Egli non mette<br />
mai se stesso <strong>al</strong> primo posto.<br />
1 Gv 5,1 Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.<br />
2. VI DICO LA VERITÀ (8,43-45)<br />
8.43 <strong>di</strong>a\ ti/ th\n l<strong>al</strong>ia\n th\n e)mh\n ou) ginw/skete;<br />
o(/ti ou) du/nasqe a)kou/ein to\n lo/gon to\n e)mo/n.<br />
8.44 u(mei=j e)k tou= patro\j tou= <strong>di</strong>abo/lou e)ste\<br />
kai\ ta\j e)piqumi/aj tou= patro\j u(mw=n qe/lete poiei=n.<br />
e)kei=noj a)nqrwpokto/noj h)=n a)p' a)rxh=j<br />
kai\ e)n tv= a)lhqei/# ou)k e)/sthken, o(/ti ou)k e)/stin a)lh/qeia e)n au)t%=.<br />
o(/tan l<strong>al</strong>v= to\ yeu=doj, e)k tw=n i)<strong>di</strong>/wn l<strong>al</strong>ei=,<br />
o(/ti yeu/sthj e)sti\n kai\ o( path\r au)tou=.<br />
8.45 e)gw\ de\ o(/ti th\n a)lh/qeian le/gw, ou) pisteu/ete/ moi.<br />
8,43 Perché non conoscete il linguaggio, (quel)lo mio?<br />
Poiché non potete ascoltare la parola, (quel)la mia!<br />
8,44 Voi siete d<strong>al</strong> padre, il <strong>di</strong>avolo,<br />
e i desideri del padre vostro volete compiere.<br />
Egli era omicida da(l) principio<br />
e non sta nella verità, poiché non c'è verità in lui.<br />
Quando <strong>di</strong>ce la menzogna, <strong>di</strong>ce del suo,<br />
poiché è menzognero e il padre <strong>di</strong>–essa.<br />
152
8,45 Io invece, poiché <strong>di</strong>co la verità, non mi credete».<br />
«Perché non conoscete il linguaggio (l<strong>al</strong>iá), quello mio?»: Gesù fa capire che con loro<br />
non è possibile una vera comunicazione. La <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> linguaggio è dovuta ad una<br />
ment<strong>al</strong>ità <strong>di</strong>versa e incompatibile.<br />
«Poiché non potete ascoltare la parola (lógos), quella mia»: egli stesso dà una<br />
spiegazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Questi Giudei, proprio perché o<strong>di</strong>ano Gesù a morte e fanno <strong>di</strong><br />
tutto per giustificare se stessi, sono nella ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>e impossibilità <strong>di</strong> ascoltare (credere) la sua<br />
parola e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> capire il suo linguaggio spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«Voi siete d<strong>al</strong> padre, il <strong>di</strong>avolo e i desideri del padre vostro volete compiere»: Gesù<br />
svela che <strong>di</strong>etro tutto questo vi è l’azione del <strong>di</strong>avolo che è omicida e menzognero. Se un<br />
padre essi hanno, questi è il <strong>di</strong>avolo. Lo chiama padre perché essi da lui traggono origine e<br />
<strong>di</strong> lui hanno assimilato il modo <strong>di</strong> fare. Con questa affermazione molto forte il Maestro non<br />
intende demonizzare i suoi avversari, ma, pronunciando queste parole con intima<br />
sofferenza, cerca <strong>di</strong> aiutarli a capire le vere ragioni <strong>della</strong> loro cattiveria.<br />
«Egli era omicida d<strong>al</strong> principio e non sta nella verità, poiché non c'è verità in lui.<br />
Quando <strong>di</strong>ce la menzogna, <strong>di</strong>ce del suo, poiché è menzognero e il padre <strong>di</strong> essa»: il <strong>di</strong>avolo<br />
(da <strong>di</strong>abállo = separo) è tot<strong>al</strong>mente contrario <strong>al</strong>la vita e <strong>al</strong> vero (non è nella verità e questa<br />
non è in lui) perché opera contro la ment<strong>al</strong>ità simbolica (da symbállo = unisco), che<br />
favorisce la conoscenza <strong>della</strong> verità e, pertanto, anche l'amore <strong>al</strong>la vita e viceversa. Il<br />
<strong>di</strong>avolo, omicida, vuole uccidere l'Uomo Gesù per mezzo <strong>di</strong> loro e sta uccidendo anche loro<br />
(in <strong>al</strong>tro modo), proprio quando cercano, su sua istigazione, <strong>di</strong> uccidere il Cristo (cfr. 1 Gv<br />
3,15).<br />
«Io invece poiché <strong>di</strong>co la verità, non mi credete»: è chiaro che con un simile padre e<br />
maestro quei Giudei non credono, proprio per il motivo che Gesù <strong>di</strong>ce la verità. Questa è la<br />
vera ragione che spiega tanta insensibilità e un così grande o<strong>di</strong>o.<br />
1 Cor 2,14 L'uomo non–spiritu<strong>al</strong>e però non comprende le cose dello Spirito; esse sono<br />
follia per lui e non è capace <strong>di</strong> intenderle, perché se ne può giu<strong>di</strong>care solo per mezzo dello<br />
Spirito.<br />
3. CHI È DA DIO ASCOLTA LE PAROLE DI DIO (8,46-47)<br />
8.46 ti/j e)c u(mw=n e)le/gxei me peri\ a(marti/aj;<br />
ei) a)lh/qeian le/gw, <strong>di</strong>a\ ti/ u(mei=j ou) pisteu/ete/ moi;<br />
8.47 o( w)\n e)k tou= qeou= ta\ r(h/mata tou= qeou= a)kou/ei:<br />
<strong>di</strong>a\ tou=to u(mei=j ou)k a)kou/ete, o(/ti e)k tou= qeou= ou)k e)ste/.<br />
8,46 «Chi <strong>di</strong> voi mi accusa <strong>di</strong> peccato?<br />
Se <strong>di</strong>co (la) verità, perché voi non mi credete?<br />
8,47 Chi è da Dio, le parole <strong>di</strong>–Dio ascolta;<br />
per questo voi non ascoltate, poiché da Dio non siete».<br />
«Chi <strong>di</strong> voi mi accusa <strong>di</strong> peccato? Se <strong>di</strong>co la verità, perché non mi credete?»: Gesù li<br />
interpella con due domande; li aiuta a scavarsi dentro, a fare verità. Sa che essi non sono in<br />
grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che egli abbia commesso un solo peccato (egli è il <strong>San</strong>to <strong>di</strong> Dio: 6,69) e<br />
sa pure che, in fondo, essi stessi intuiscono che egli sta <strong>di</strong>cendo cose vere. Allora domanda<br />
ben due volte: Perché?(43.46).<br />
«Chi è da Dio ascolta le parole <strong>di</strong> Dio...»: anche in questo caso egli suggerisce una<br />
risposta, che dovrebbe far me<strong>di</strong>tare i suoi contestatori: «Non ascoltate, perché non siete da<br />
Dio!». Siamo <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> mistero <strong>della</strong> libertà umana, che solo Dio Padre può rendere<br />
veramente libera. Egli per aiutarci a fare una scelta corretta ci ha donato Gesù, il Lógos fatto<br />
carne, il qu<strong>al</strong>e può illuminare chi vuol essere in sintonia con lui. E noi siamo da Dio? Qui il<br />
153
nostro interrogativo si deve trasformare nella preghiera che, se non lo fossimo, ci venga dato<br />
<strong>di</strong> esserlo subito!<br />
- VI - PRIMA CHE ABRAMO FOSSE, "IO SONO"<br />
1. CHI OSSERVA LA MIA PAROLA NON MORIRÀ (8,48-51)<br />
8.48 )Apekri/qhsan oi( )Ioudai=oi kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
Ou) k<strong>al</strong>w=j le/gomen h(mei=j o(/ti Samari/thj ei)= su\ kai\ daimo/nion e)/xeij;<br />
8.49 a)pekri/qh )Ihsou=j,<br />
)Egw\ daimo/nion ou)k e)/xw, a)lla\ timw= to\n pate/ra mou, kai\ u(mei=j a)tima/zete/ me.<br />
8.50 e)gw\ de\ ou) zhtw= th\n do/can mou: e)/stin o( zhtw=n kai\ kri/nwn.<br />
8.51 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
e)a/n tij to\n e)mo\n lo/gon thrh/sv, qa/naton ou) mh\ qewrh/sv ei)j to\n ai)w=na.<br />
8,48 Risposero i Giudei e gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Noi non <strong>di</strong>ciamo bene che (un) samaritano sei tu e hai (un) demonio?»<br />
8,49 Rispose Gesù:<br />
«Io non ho (un) demonio, ma onoro il Padre mio, e voi mi <strong>di</strong>sonorate.<br />
8,50 Io però non cerco la mia gloria; c'è chi (la) cerca e giu<strong>di</strong>ca.<br />
8,51 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
Se qu<strong>al</strong>cuno osserva la mia parola, non vedrà mai (la) morte in eterno!»<br />
«Non <strong>di</strong>ciamo bene che un samaritano sei tu e hai un demonio?»: invece <strong>di</strong> riflettere e <strong>di</strong><br />
cambiare, gli avversari, sentendosi demonizzati, lo insultano rabbiosamente, svelando che<br />
da tempo vanno <strong>di</strong>cendo che è un eretico (un samaritano) ed un indemoniato (demonio<br />
in<strong>di</strong>ca una forza m<strong>al</strong>efica più generica rispetto a <strong>di</strong>avolo, lo spirito del m<strong>al</strong>e).<br />
Bestemmiando contro <strong>di</strong> lui, lo squ<strong>al</strong>ificano a livello soci<strong>al</strong>e e religioso. Che queste accuse<br />
fossero state <strong>di</strong>ffuse tra la gente e fossero state credute, <strong>al</strong> punto che era <strong>di</strong>fficile sottrarsi a<br />
t<strong>al</strong>e pregiu<strong>di</strong>zio, lo <strong>di</strong>mostra il v. 10,21.<br />
«Onoro il Padre mio, e voi mi <strong>di</strong>sonorate»: Gesù non è insensibile a queste c<strong>al</strong>unnie<br />
infamanti e sente il bisogno <strong>di</strong> riparare l'offesa, che in<strong>di</strong>rettamente vien fatta <strong>al</strong> Padre,<br />
<strong>di</strong>cendo: «Onoro mio Padre».<br />
«Non cerco la mia gloria; c'è chi la cerca e giu<strong>di</strong>ca»: Gesù, che non cerca il suo<br />
successo person<strong>al</strong>e, lascia <strong>al</strong> Padre il giu<strong>di</strong>zio e la cura <strong>di</strong> glorificarlo, soprattutto per mezzo<br />
<strong>della</strong> risurrezione (cfr. 54) e <strong>di</strong>mostra tutto questo non a<strong>di</strong>randosi per queste ingiuste e<br />
gravissime offese.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi: Se qu<strong>al</strong>cuno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte in<br />
eterno»: ancora una volta, vedendoli in pericolo <strong>di</strong> morte eterna, <strong>di</strong>ce loro, con tutta la sua<br />
forza e autorevolezza (Amen...), che l'osservanza <strong>della</strong> sua Parola s<strong>al</strong>va d<strong>al</strong>la morte. Quanto<br />
più gli ascoltatori chiudono il cuore, tanto più Cristo propone verità vit<strong>al</strong>i per loro.<br />
2. IL PADRE MIO MI GLORIFICA (8,52-56)<br />
8.52 ei)=pon [ou)=n] au)t%= oi( )Ioudai=oi, Nu=n e)gnw/kamen o(/ti daimo/nion e)/xeij.<br />
)Abraa\m a)pe/qanen kai\ oi( profh=tai, kai\ su\ le/geij,<br />
)Ea/n tij to\n lo/gon mou thrh/sv, ou) mh\ geu/shtai qana/tou ei)j to\n ai)w=na.<br />
8.53 mh\ su\ mei/zwn ei)= tou= patro\j h(mw=n )Abraa/m, o(/stij a)pe/qanen;<br />
kai\ oi( profh=tai a)pe/qanon: ti/na seauto\n poiei=j;<br />
8.54 a)pekri/qh )Ihsou=j,<br />
)Ea\n e)gw\ doca/sw e)mauto/n, h( do/ca mou ou)de/n e)stin:<br />
e)/stin o( path/r mou o( doca/zwn me, o(\n u(mei=j le/gete o(/ti qeo\j h(mw=n e)stin,<br />
8.55 kai\ ou)k e)gnw/kate au)to/n, e)gw\ de\ oi)=da au)to/n.<br />
ka)\n ei)/pw o(/ti ou)k oi)=da au)to/n, e)/somai o(/moioj u(mi=n yeu/sthj:<br />
a)lla\ oi)=da au)to\n kai\ to\n lo/gon au)tou= thrw=.<br />
8.56 )Abraa\m o( path\r u(mw=n h)g<strong>al</strong>lia/sato i(/na i)/dv th\n h(me/ran th\n e)mh/n,<br />
kai\ ei)=den kai\ e)xa/rh.<br />
8,52 Dissero a–lui i Giudei: «Adesso sappiamo che hai (un) demonio!<br />
154
Abramo è–morto ed–anche i profeti e tu <strong>di</strong>ci:<br />
Se qu<strong>al</strong>cuno osserva la mia parola, non gusterà mai (la) morte in eterno!<br />
8,53 Forse–che tu sei più–grande del nostro padre Abramo, il–qu<strong>al</strong>e è–morto?<br />
Anche i profeti sono–morti; chi ti fai?».<br />
8,54 Rispose Gesù:<br />
«Se io glorifico me–stesso, la mia gloria è nulla;<br />
c'è il Padre mio che mi glorifica, del–qu<strong>al</strong>e voi <strong>di</strong>te: È (il) nostro Dio!<br />
8,55 E non lo conoscete; io invece lo conosco.<br />
E–se <strong>di</strong>cessi che non lo conosco, sarei simile a–voi, (un) mentitore,<br />
ma lo conosco e osservo la sua parola.<br />
8,56 Abramo, il padre vostro, esultò per vedere il giorno, (quel)lo mio,<br />
e (lo) vide e gioì».<br />
«Adesso sappiamo che hai un demonio! Abramo è morto ed anche i profeti»: la parola <strong>di</strong><br />
Gesù, invece <strong>di</strong> convincerli, li esaspera. Per essi è la prova certa che è un indemoniato, un<br />
es<strong>al</strong>tato che si crede più grande <strong>di</strong> Abramo e dei profeti, che pure sono morti. È la prima<br />
volta che accennano ai profeti (a profeti innocui: ormai morti).<br />
«E tu <strong>di</strong>ci: Se qu<strong>al</strong>cuno osserva la mia parola, non gusterà mai la morte in eterno!»:<br />
questa volta reinterpretano le parole cambiando vedere con gustare (il che aggiunge una<br />
sottile ironia) e <strong>di</strong>mostrano <strong>di</strong> non comprendere il senso spiritu<strong>al</strong>e del termine morte.<br />
« Forse che tu sei più grande del nostro padre Abramo, il qu<strong>al</strong>e è morto? Anche i profeti<br />
sono morti; chi ti fai?»: <strong>al</strong>l'inizio anche la Samaritana aveva osato apostrofarlo con una<br />
risposta simile (4,12: Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe?). Ricor<strong>di</strong>amo che<br />
Gesù in Matteo annovera questi patriarchi tra i viventi (Mt 22,32).<br />
«Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla; c'è il Padre mio che mi glorifica»: Gesù<br />
precisa che, siccome è il Padre che lo glorifica risuscitandolo, non ha detto quelle cose per<br />
cercare una gloria solo umana e, quin<strong>di</strong>, illusoria.<br />
«Del qu<strong>al</strong>e voi <strong>di</strong>te: È il nostro Dio! E non lo conoscete»: afferma che anch’essi parlano<br />
del Padre, <strong>di</strong>chiarandolo loro Dio, senza che questo fatto abbia delle conseguenze positive,<br />
perché non sanno nulla <strong>di</strong> lui.<br />
«Io invece lo conosco. E se <strong>di</strong>cessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un<br />
mentitore...»: con gioia e sincerità afferma nuovamente <strong>di</strong> avere una vera conoscenza del<br />
Padre e <strong>di</strong> osservarne fedelmente la Parola, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quei Giudei che hanno adottato la<br />
f<strong>al</strong>sità come stile <strong>di</strong> vita. Egli, da parte sua, non può tacere la verità.<br />
«Abramo, il padre vostro, esultò per vedere il giorno, quello mio, e lo vide e gioì»:<br />
ancora una volta fa appello <strong>al</strong> rispetto che essi hanno per Abramo per invitarli a seguirne le<br />
orme. Per questo motivo parla loro <strong>di</strong> Abramo, affermando che questi ha desiderato vedere<br />
il giorno del Messia ed ha potuto farlo con grande gioia, a cominciare con la nascita <strong>di</strong><br />
Isacco, che significa Dio sorride (Ebr 11,13). Rivelando le intenzioni <strong>di</strong> Abramo ed i suoi<br />
desideri, svela ai suoi sconcertati ascoltatori non solo <strong>di</strong> essere il Messia atteso, ma anche <strong>di</strong><br />
avere una conoscenza sovrumana.<br />
3. PRIMA CHE ABRAMO FOSSE, IO SONO (8,57-59)<br />
8.57 ei)=pon ou)=n oi( )Ioudai=oi pro\j au)to/n,<br />
Penth/konta e)/th ou)/pw e)/xeij kai\ )Abraa\m e(w/rakaj;<br />
8.58 ei)=pen au)toi=j )Ihsou=j,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n, pri\n )Abraa\m gene/sqai e)gw\ ei)mi/.<br />
8.59 h)=ran ou)=n li/qouj i(/na ba/lwsin e)p' au)to/n:<br />
)Ihsou=j de\ e)kru/bh kai\ e)ch=lqen e)k tou= i(erou=.<br />
8,57 Dissero dunque i Giudei verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Non–ancora hai cinquant'anni e hai–visto Abramo?»<br />
8,58 Disse loro Gesù:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi: prima–che Abramo fosse, Io Sono!».<br />
155
8,59 Presero <strong>al</strong>lora (delle) pietre per scagliarle contro–<strong>di</strong> lui,<br />
Gesù però si–nascose e uscì d<strong>al</strong> tempio.<br />
«Non ancora hai cinquant'anni e hai visto Abramo?»: c'era proprio da aspettarselo: le<br />
parole <strong>di</strong> Gesù vengono m<strong>al</strong>e interpretate e rib<strong>al</strong>tate. Se poteva essere plausibile che<br />
Abramo attendesse il giorno del Messia e lo s<strong>al</strong>utasse da lontano, era semplicemente<br />
assurdo affermare <strong>di</strong> aver visto Abramo, vissuto 1800 anni prima.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi: prima che Abramo fosse, Io Sono!»: Gesù <strong>al</strong>lora va fino in<br />
fondo e rivela chiaramente la sua eterna e sempre attu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>vinità.<br />
«Presero <strong>al</strong>lora delle pietre per scagliarle contro <strong>di</strong> lui»: la loro minaccia <strong>di</strong> morte<br />
<strong>di</strong>venta sempre più concreta, soprattutto quando il Signore attribuisce a sé una natura <strong>di</strong>vina<br />
(cfr. 5,18; 10,31).<br />
«Gesù però si nascose e uscì d<strong>al</strong> tempio»: i nemici tentano dunque <strong>di</strong> passare <strong>al</strong>le vie <strong>di</strong><br />
fatto. Mentre però si organizzano per lapidare Gesù come bestemmiatore, egli fugge e lascia<br />
il Tempio, casa (oikía) del Padre suo, nella qu<strong>al</strong>e si era manifestato per quello che era: l’IO<br />
SONO. A Gesù, come ultima arma non violenta, non resta che eclissarsi. Questo<br />
nascondersi è un'azione che viene caricata <strong>di</strong> significato teologico: la Luce scompare, Dio<br />
sembra che si <strong>al</strong>lontani per sempre d<strong>al</strong> cuore incredulo e da un tempio, il cui centro è il<br />
Tesoro (cioè il denaro). Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutto resta attu<strong>al</strong>e l'invito a gioire <strong>della</strong> stessa gioia <strong>di</strong><br />
Abramo, modello dei veri credenti.<br />
CONSIDERAZIONI<br />
Ci possiamo chiedere perché Gesù abbia voluto rivelare chiaramente e con forza<br />
inau<strong>di</strong>ta la sua identità <strong>di</strong>vina (IO SONO) ad una folla nella qu<strong>al</strong>e gli increduli e i ribelli<br />
sembrano essere la maggioranza. E ancora: perché Gesù, quanto più gli avversari si<br />
ostinano nel rifiuto, tanto più rivela la sua comunione con il Padre e la sua uguaglianza<br />
con Dio? Perché si propone come luce a chi presume <strong>di</strong> essere nella verità, perché tenta <strong>di</strong><br />
liberare a chi non si sente schiavo <strong>di</strong> nessuno?<br />
Forse la risposta la possiamo trovare nella considerazione che egli, solo affermando<br />
queste cose <strong>di</strong> fronte a chi non le voleva accogliere, avrebbe potuto vincere la nostra<br />
<strong>di</strong>fficoltà nel credere: <strong>di</strong> fronte a tanti avversari ha avuto modo, non solo <strong>di</strong> chiarire le sue<br />
affermazioni, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che sono vere, visto che per esse ha rischiato la vita. Il<br />
coraggio che ha avuto vince definitivamente anche la nostra <strong>di</strong>ffidenza.<br />
Ci possiamo chiedere ancora: come <strong>di</strong>scernere i figli del <strong>di</strong>avolo, che si mostrano così<br />
preoccupati <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere Dio, e il Figlio <strong>di</strong> Dio, che sembra a volte un <strong>di</strong>ssacratore?<br />
Abbiamo già visto nell'Unità 13 che i Giudei usano, anche se si autogiustificano, le armi<br />
<strong>della</strong> violenza, mentre Gesù usa quelle <strong>della</strong> verità. La vittima è lui e non i Giudei.<br />
C'è poi una <strong>di</strong>fferenza abiss<strong>al</strong>e tra il modo che i Giudei hanno <strong>di</strong> accusare e quello che ha<br />
Gesù: i Giudei sono duri, tirannici. Gesù è forte, ma non violento; accusa, ma intanto aiuta a<br />
<strong>di</strong>scernere; minaccia, ma per condurre a ravve<strong>di</strong>mento; si <strong>di</strong>fende, ma non cerca la sua<br />
gloria o il suo successo; non in<strong>di</strong>vidua il punto debole dell'<strong>al</strong>tro per vincerlo, ma per<br />
s<strong>al</strong>varlo.<br />
Se noi fossimo stati presenti a quei <strong>di</strong>battiti qu<strong>al</strong>i criteri avremmo avuto (oltre a quanto<br />
detto sopra) per <strong>di</strong>scernere la verità <strong>di</strong> fronte a rivelazioni così gran<strong>di</strong> ed inaspettate?<br />
La prova che Gesù <strong>di</strong>ce la verità la troviamo innanzi tutto nella chiarezza e nella forza<br />
con le qu<strong>al</strong>i egli mette l'uomo <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà <strong>della</strong> propria <strong>di</strong>pendenza da Dio e del<br />
proprio peccato. Colui che ci aiuta a fare verità dentro <strong>di</strong> noi, a vincere ogni ipocrisia, <strong>di</strong>ce<br />
sicuramente le parole <strong>di</strong> Dio. Se un liberatore vi è, questi è colui che dona la luce affinché<br />
156
iscopriamo Dio e, così, da un cammino <strong>di</strong> tenebre (che ci fa comodo), ci avviamo sul<br />
sentiero <strong>della</strong> verità. Infatti, chi mai ha parlato <strong>di</strong> Dio e dell'Uomo come ne ha parlato Gesù?<br />
Gesù parla <strong>della</strong> testimonianza che il Padre gli rende: invece sembra che Dio non<br />
intervenga molto a suo favore.<br />
A parte la esplicita testimonianza resa il giorno <strong>della</strong> <strong>di</strong>scesa <strong>della</strong> Colomba, quella che<br />
più conta per noi è la testimonianza interiore che il Padre opera nel nostro cuore, attirandoci<br />
verso il Figlio suo e ammaestrandoci intimamente. Come Pietro dobbiamo intuire una cosa<br />
che non è spiegabile a parole, ma che è chiaramente convincente dentro il cuore, e cioè, che<br />
nessun <strong>al</strong>tro <strong>al</strong> <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> Gesù può darci parole <strong>di</strong> vita.<br />
Abbiamo dunque assistito ad una fase <strong>della</strong> lotta tra la Luce e le tenebre, tra la Vita e la<br />
morte (come <strong>Giovanni</strong> aveva annunciato nel Prologo). Ma la lotta sta anche dentro <strong>di</strong> noi,<br />
oggi: tra l'invito a fare verità in noi stessi e la paura <strong>di</strong> dover cambiare, mettendo il Padre <strong>al</strong><br />
primo posto.<br />
157
158
IO SONO LA LUCE DEL MONDO! Unità 16<br />
Gesù guarisce il cieco nato e ammonisce i farisei ciechi (9,1-41)<br />
PRESENTAZIONE: la guarigione che Gesù compie è importante perché traduce in un<br />
Segno efficace le due affermazioni fatte durante la festa <strong>della</strong> Capanne: «Fiumi <strong>di</strong> Acqua<br />
viva sgorgheranno d<strong>al</strong> suo intimo» e «Io sono la Luce del mondo» (preparandoci così a<br />
capire il Sacramento del Battesimo). Inoltre la coraggiosa reazione del beneficato, che, <strong>di</strong><br />
fronte a sempre maggiori pressioni contrarie, testimonia sempre più convintamente la sua<br />
Fede, è molto e<strong>di</strong>ficante (Inizia qui il sesto momento).<br />
Possiamo <strong>di</strong>videre l'Unità in 8 parti: Gesù spiega il senso <strong>della</strong> m<strong>al</strong>attia (I) e, rivelandosi<br />
come Luce del mondo, compie un gesto profetico per guarirla (II). Segue il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo tra il<br />
guarito e la folla (III) e poi tra questi ed i farisei (IV). I Giudei convocano i genitori del<br />
miracolato (V) e poi richiamano il cieco guarito, il qu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>fende Gesù come profeta che<br />
viene da Dio (VI). Incontrato Gesù, il guarito esprime la sua fede in lui (VII) e Cristo<br />
stigmatizza come vero peccato e vera cecità l'incredulità dei Giudei (VIII).<br />
- I - IL SENSO DI UNA MALATTIA<br />
1. IL PECCATO CHE NON C'È (9,1-2)<br />
9.1 Kai\ para/gwn ei)=den a)/nqrwpon tuflo\n e)k geneth=j.<br />
9.2 kai\ h)rw/thsan au)to\n oi( maqhtai\ au)tou= le/gontej,<br />
(Rabbi/, ti/j h(/marten, ou(=toj h)\ oi( gonei=j au)tou=, i(/na tuflo\j gennhqv=;<br />
9,1 E passando, vide (un) uomo cieco da(lla) nascita.<br />
9,2 E lo interrogarono i suoi <strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Rabbì, chi ha–peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco?».<br />
«Passando»: l'Evangelista non precisa in qu<strong>al</strong>e luogo ed in qu<strong>al</strong>e tempo avviene quanto<br />
sta per narrare. Non certo nell'uscire precipitosamente d<strong>al</strong> tempio (8,59). L'unico elemento<br />
sicuro che ci lascia è il fatto che Gesù passa: è lui che si muove, che va incontro <strong>al</strong>l'uomo, il<br />
qu<strong>al</strong>e da solo è incapace <strong>di</strong> capire, orientarsi, camminare; Cristo in questo momento viene<br />
anche incontro a me.<br />
«Vide un uomo cieco d<strong>al</strong>la nascita»: proviamo ad indovinare che cosa Gesù vede, <strong>al</strong> <strong>di</strong> là<br />
<strong>di</strong> quello che tutti sono capaci <strong>di</strong> vedere. Egli, in quell'uomo cieco, scorge il simbolo <strong>della</strong><br />
profonda cecità mor<strong>al</strong>e, che opprime l'umanità intera e le impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> apprezzare le<br />
meraviglie <strong>di</strong> Dio. Egli stesso, infatti, <strong>al</strong> termine del racconto (39-41), darà <strong>al</strong>la cecità<br />
volontaria il senso metaforico <strong>di</strong> peccato. In questo brano, sia il cieco che Gesù, sono<br />
chiamati per 3 volte uomo (’ánthropos).<br />
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco?»: i <strong>di</strong>scepoli<br />
seguendo una certa ment<strong>al</strong>ità istintiva, che ci porta sempre a giu<strong>di</strong>care gli <strong>al</strong>tri, cercano <strong>di</strong><br />
sapere <strong>di</strong> chi è la colpa. Inoltre in base ai pregiu<strong>di</strong>zi, che una certa religiosità favorisce,<br />
pensano che quella minorazione possa essere un castigo <strong>di</strong> Dio. Fanno quin<strong>di</strong> una domanda<br />
<strong>al</strong> Maestro (Rabbì), perché sod<strong>di</strong>sfi la loro curiosità <strong>di</strong> sapere chi è il colpevole. Intanto,<br />
in<strong>di</strong>rettamente manifestano <strong>di</strong> avere l'idea <strong>di</strong> un Dio punitivo. Anch'essi sono dei ciechi,<br />
tanto più ottenebrati quanto più sanno vedere chiaramente i <strong>di</strong>fetti degli <strong>al</strong>tri e la severità<br />
<strong>di</strong>vina. In questo erano agevolati da <strong>al</strong>cune espressioni dell'AT: Es 20,5 Sono il tuo Dio, un<br />
Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino <strong>al</strong>la terza e <strong>al</strong>la quarta<br />
generazione. I profeti avevano tentato <strong>di</strong> proporre un'<strong>al</strong>tra visione, ma, a quanto pare, con<br />
poco successo: Ger 31,29.<br />
159
2. LE OPERE DI DIO SI MANIFESTANO (9,3-4)<br />
9.3 a)pekri/qh )Ihsou=j, Ou)/te ou(=toj h(/marten ou)/te oi( gonei=j au)tou=,<br />
a)ll' i(/na fanerwqv= ta\ e)/rga tou= qeou= e)n au)t%=.<br />
9.4 h(ma=j dei= e)rga/zesqai ta\ e)/rga tou= pe/myanto/j me e(/wj h(me/ra e)sti/n:<br />
e)/rxetai nu\c o(/te ou)dei\j du/natai e)rga/zesqai.<br />
9,3 Rispose Gesù: «Né lui ha–peccato, né i suoi genitori,<br />
ma affinché si–manifestino le opere <strong>di</strong>–Dio in lui.<br />
9,4 Noi dobbiamo operare le opere <strong>di</strong>–Colui–che mi ha–inviato, finché è giorno;<br />
viene (la) notte, quando nessuno può operare.<br />
«Né lui ha peccato, né i suoi genitori»: il Maestro si esprime subito con chiarezza: <strong>di</strong>etro<br />
a questo han<strong>di</strong>cap non vi è una punizione per il peccato, perché non vi è stato <strong>al</strong>cun peccato.<br />
«Affinché si manifestino le opere <strong>di</strong> Dio in lui»: ecco il vero senso <strong>di</strong> quella m<strong>al</strong>attia (e <strong>di</strong><br />
ogni m<strong>al</strong>attia), vista, non come una punizione <strong>di</strong>vina, ma come un'occasione affinché si<br />
rivelino le opere meravigliose <strong>di</strong> Dio (essere ciechi fisicamente non equiv<strong>al</strong>e dunque a<br />
essere peccatori. Gesù ritiene che la cecità fisica sia solo il simbolo del peccato e, in<br />
particolare, <strong>di</strong> quello dell'incredulità; cfr. 39-41). Guarendo il cieco nato, Dio manifesta la<br />
sua opera, perché in t<strong>al</strong> modo <strong>di</strong>mostra che sa anche liberare d<strong>al</strong>l'ignoranza <strong>di</strong> Dio e<br />
d<strong>al</strong>l'errore mor<strong>al</strong>e.<br />
«Dobbiamo operare le opere <strong>di</strong> Colui che mi ha inviato, finché è giorno»: Gesù (che è la<br />
luce del giorno) sente il dovere <strong>di</strong> operare secondo la volontà <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza del Padre che lo ha<br />
inviato. Egli associa a sé i <strong>di</strong>scepoli (dobbiamo) nel compiere questo lavoro apostolico <strong>di</strong><br />
rivelazione, <strong>di</strong> insegnamento e <strong>di</strong> liberazione (sia nel campo spiritu<strong>al</strong>e che in quello<br />
materi<strong>al</strong>e).<br />
«Viene la notte, quando nessuno può operare»: presto verrà la notte <strong>della</strong> sua assenza<br />
quando sarà impossibile agire ed ottenere dei risultati (cfr. 21,3: in quella notte non presero<br />
nulla). Nota le Icone contrapposte del Giorno e <strong>della</strong> Notte (Luce e Tenebre, Presenza e<br />
Assenza del Cristo).<br />
- II - CRISTO, LUCE, COMPIE LE OPERE DI DIO<br />
1. SONO LA LUCE DEL MONDO (9,5)<br />
9.5 o(/tan e)n t%= ko/sm% w)=, fw=j ei)mi tou= ko/smou.<br />
9,5 Finché sono nel mondo, sono luce del mondo!».<br />
«Finché sono nel mondo»: questa precisazione, mentre ci fa capire in che senso va intesa<br />
la Notte <strong>di</strong> cui ha appena parlato, costituisce un in<strong>di</strong>retto annuncio <strong>della</strong> sua partenza.<br />
«Sono luce del mondo»: ritorna l'affermazione bellissima già fatta in 8,12 (qui luce è<br />
senza articolo: questo fatto ne in<strong>di</strong>ca l’azione). Questa volta infatti le parole <strong>di</strong> Gesù stanno<br />
per concretarsi in un Segno visibile, che <strong>di</strong>mostrerà la verità <strong>della</strong> sua affermazione.<br />
2. VA' A LAVARTI A SILOE (9,6-7)<br />
9.6 tau=ta ei)pw\n e)/ptusen xamai\ kai\ e)poi/hsen phlo\n e)k tou= ptu/smatoj<br />
kai\ e)pe/xrisen au)tou= to\n phlo\n e)pi\ tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j<br />
9.7 kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
(/Upage ni/yai ei)j th\n kolumbh/qran tou= Silwa/m, o(\ e(rmhneu/etai )Apest<strong>al</strong>me/noj.<br />
a)ph=lqen ou)=n kai\ e)ni/yato kai\ h)=lqen ble/pwn.<br />
9,6 Queste (cose) avendo–detto, sputò per–terra e fece (del) fango con la s<strong>al</strong>iva<br />
e sp<strong>al</strong>mò il fango sugli occhi <strong>di</strong>–lui<br />
9,7 e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Va', lavati <strong>al</strong>la piscina <strong>di</strong> Siloe, che si–traduce: Mandato».<br />
Andò dunque e si–lavò e tornò che–vedeva.<br />
160
«Queste cose avendo detto...»: con questa nota l'Evangelista mette in evidenza le parole<br />
<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i seguono i gesti. Le parole servono a spiegare il significato gener<strong>al</strong>e dei gesti e<br />
questi a confermare la verità delle parole.<br />
«Sputò per terra e fece del fango con la s<strong>al</strong>iva»: questo gesto profetico si presta a molte<br />
interpretazioni, come, d'<strong>al</strong>tra parte, succede spesso. I gesti ed i simboli possono ad<strong>di</strong>rittura<br />
avere interpretazioni contrapposte. La s<strong>al</strong>iva esce d<strong>al</strong>la bocca, come la Parola e l'Alito (lo<br />
Spirito: 20,22). Terra e s<strong>al</strong>iva (che mescolate <strong>di</strong>ventano fango) possono in<strong>di</strong>care<br />
rispettivamente il corpo e l'anima dell'uomo, oppure la nuova umanità che nasce d<strong>al</strong>l'unione<br />
<strong>di</strong> umano (terra) e <strong>di</strong>vino (s<strong>al</strong>iva). Il fango, risultato dell'impasto può in<strong>di</strong>care quin<strong>di</strong> l'essere<br />
umano nella sua fragilità (cfr. Gn 2,7; Is 64,7) o anche l'uomo nuovo (nel qu<strong>al</strong>e la carne si<br />
sintonizza con lo Spirito).<br />
«Sp<strong>al</strong>mò (’epi-khrío) il fango sugli occhi...»: Gesù, senza interpellare il cieco, gli unge<br />
gli occhi con questo materi<strong>al</strong>e. ’Epikrío infatti contiene in sé il verbo da cui deriva khrísma<br />
(unzione) e Khristós (Messia, Unto). Con t<strong>al</strong>e gesto il Signore mette sugli occhi del non<br />
vedente il simbolo dell'uomo nuovo, che egli è chiamato a <strong>di</strong>ventare. Riassumendo: Gesù<br />
compie tre gesti: fa uscire la s<strong>al</strong>iva d<strong>al</strong>la bocca (porta dello Spirito), impasta il fango e<br />
sp<strong>al</strong>ma gli occhi: azioni creatrici e santificanti. Questi stessi gesti però potrebbero anche<br />
avere un'<strong>al</strong>tra interpretazione: il fango potrebbe essere simbolo del peccato, che impe<strong>di</strong>sce<br />
agli occhi del cuore <strong>di</strong> vedere Dio e d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e bisogna liberarsi.<br />
«Va', lavati...»: in base <strong>al</strong>la seconda interpretazione il lavarsi (simbolo del Battesimo)<br />
avrebbe un significato <strong>di</strong> purificazione (aspetto negativo). Mentre, se preferiamo la prima<br />
spiegazione, il lavarsi con l'Acqua produrrebbe un effetto <strong>di</strong> illuminazione (aspetto<br />
positivo). Qu<strong>al</strong>unque possa essere il senso dei gesti, l'uomo è libero <strong>di</strong> scegliere se obbe<strong>di</strong>re<br />
o no <strong>al</strong> doppio invito <strong>di</strong> andare e <strong>di</strong> lavarsi. Lui che prima era continuamente seduto, ora è<br />
inviato e messo in movimento (va').<br />
«Alla piscina <strong>di</strong> Siloe, che si traduce: Mandato»: l'Evangelista ci mette sulla giusta<br />
strada per aiutarci a scoprire il senso <strong>di</strong> quell'Acqua: ci ricorda che la piscina si chiama<br />
Siloe, per farci capire che quell'acqua simboleggia il Cristo, mandato d<strong>al</strong> Padre, o anche lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to, inviato ai credenti. Solo lasciandoci purificare e consacrare d<strong>al</strong>lo Spirito del<br />
Messia si ottiene la luce <strong>della</strong> fede. È qui chiaramente in<strong>di</strong>cato il sacramento del Battesimo,<br />
che trova in questo miracolo un segno profetico, così come l'Eucaristia ha trovato un segno<br />
anticipatore nella moltiplicazione dei pani.<br />
«Andò... e si lavò e tornò che vedeva (blépo)»: il cieco obbe<strong>di</strong>sce, si mette in movimento<br />
e in azione. L'ACQUA per lui <strong>di</strong>venta LUCE. La sua notte è finita. Torna in città con la<br />
capacità <strong>di</strong> vedere (non solo fisicamente). Mai come in questo caso il vedere acquista un<br />
v<strong>al</strong>ore speci<strong>al</strong>e, sia da un punto <strong>di</strong> vista materi<strong>al</strong>e che spiritu<strong>al</strong>e. Soprattutto in Luca e<br />
<strong>Giovanni</strong> t<strong>al</strong>e tematica (il vedere) è presente come simbolo e strumento <strong>della</strong> conoscenza<br />
del mistero. I termini usati sono ‘oráo, blépo (a volte preceduto da ’ana- o da ’em-), theoréo<br />
e theáomai (contemplo) sovente collegati a verbi in<strong>di</strong>canti conoscenza: ghig-nósko, ’ôida<br />
(nel cap. 9 quest'ultimo ricorre 10 volte). Poniamo ancora un attimo <strong>di</strong> attenzione <strong>al</strong>le tre<br />
azioni del cieco: andò, si lavò e tornò: la prima e l'ultima richiamano <strong>al</strong>la mente il ciclo<br />
<strong>della</strong> vita del Cristo, che, inviato viene nel mondo, ritorna <strong>al</strong> Padre. Quella interme<strong>di</strong>a<br />
riguarda solo noi, che abbiamo bisogno <strong>di</strong> purificazione e <strong>di</strong> illuminazione.<br />
- III - IL CORAGGIO DELLA TESTIMONIANZA<br />
1. SONO IO! (9,8-9)<br />
9.8 Oi( ou)=n gei/tonej kai\ oi( qewrou=ntej au)to\n to\ pro/teron<br />
o(/ti prosai/thj h)=n e)/legon,<br />
Ou)x ou(=to/j e)stin o( kaqh/menoj kai\ prosaitw=n;<br />
9.9 a) /lloi e)/legon o(/ti Ou(=to/j e)stin,<br />
a)/lloi e)/legon, Ou)xi/, a)lla\ o(/moioj au)t%= e)stin.<br />
e)kei=noj e)/legen o(/ti )Egw/ ei)mi.<br />
161
9,8 I vicini, <strong>al</strong>lora, e quelli–che l'avevano–visto prima,<br />
perché era men<strong>di</strong>cante, <strong>di</strong>cevano:<br />
«Non è questi colui che–sedeva e men<strong>di</strong>cava?».<br />
9,9 Alcuni <strong>di</strong>cevano: «È lui!»<br />
Altri <strong>di</strong>cevano: «No, ma gli è simile!».<br />
Egli <strong>di</strong>ceva: «Io sono!».<br />
«I vicini, <strong>al</strong>lora, e quelli che l'avevano visto prima, perché era men<strong>di</strong>cante, <strong>di</strong>cevano...»:<br />
i primi ad accorgersi del cambiamento sono i conoscenti, i qu<strong>al</strong>i si interrogano sulla sua<br />
identità. Per essi, più che un cieco (problema person<strong>al</strong>e), egli è un men<strong>di</strong>cante (un problema<br />
soci<strong>al</strong>e, per gli <strong>al</strong>tri).<br />
«Non è questi colui che sedeva e men<strong>di</strong>cava?»: l'avevano visto per anni immobile a<br />
chiedere l'elemosina, cioè in una situazione stabile <strong>di</strong> povertà e <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza. Ora lo<br />
vedono libero e felice: non lo riconoscono più. Non chiamano mai il cieco per nome: lo<br />
in<strong>di</strong>cano solo in base <strong>al</strong>la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> men<strong>di</strong>cante e <strong>di</strong> infermo, con<strong>di</strong>zione che ora per<br />
lui è finita. Per questo sono spiazzati.<br />
«Alcuni <strong>di</strong>cevano: È lui! Altri <strong>di</strong>cevano: No... Egli <strong>di</strong>ceva: Io sono!»: c'è sempre chi<br />
trova <strong>di</strong>fficoltà a credere in un miracolo. In mezzo <strong>al</strong>le voci contrad<strong>di</strong>ttorie e insicure <strong>della</strong><br />
folla, si leva la testimonianza chiara e coraggiosa del men<strong>di</strong>cante guarito: Io sono! Egli<br />
poteva approfittare <strong>di</strong> queste incertezze per fuggire ed evitare fasti<strong>di</strong>; invece nel colmo <strong>della</strong><br />
gioia proclama a tutti che è lui il miracolato. Non usa il suo nome, ma l'affermazione che<br />
Gesù, soprattutto nel cap. 8, ha utilizzato più volte per in<strong>di</strong>care la sua identità: Io sono! In<br />
qu<strong>al</strong>che misura, egli è stato trasformato in uomo nuovo, a somiglianza del Signore. Ora egli<br />
sente tutta la bellezza <strong>di</strong> essere proprio lui quella persona beneficata (Io).<br />
2. MI SONO LAVATO E HO VISTO! (9,10-12)<br />
9.10 e)/legon ou)=n au)t%=, Pw=j ou)=n h)ne%/xqhsa/n sou oi( o)fq<strong>al</strong>moi/;<br />
9.11 a)pekri/qh e)kei=noj,<br />
(O a)/nqrwpoj o( lego/menoj )Ihsou=j phlo\n e)poi/hsen kai\ e)pe/xrise/n mou tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j<br />
kai\ ei)=pe/n moi o(/ti (/Upage ei)j to\n Silwa\m kai\ ni/yai:<br />
a)pelqw\n ou)=n kai\ niya/menoj a)ne/bleya.<br />
9.12 kai\ ei)=pan au)t%=, Pou= e)stin e)kei=noj; le/gei, Ou)k oi)=da.<br />
9,10 Dicevano dunque a–lui: «Come dunque furono–aperti i tuoi occhi?»<br />
9,11 Rispose egli:<br />
«L'uomo, (quel)lo detto Gesù, fece (del) fango e sp<strong>al</strong>mò i miei occhi<br />
e mi <strong>di</strong>sse: Va' a Siloe e lavati.<br />
Andato dunque e, lavatomi, ho–visto».<br />
9,12 E <strong>di</strong>ssero a–lui: «Dove è egli?». Dice: «Non (lo) so!».<br />
«Come dunque furono aperti i tuoi occhi?»: gli uomini spesso sono mossi da curiosità<br />
superfici<strong>al</strong>e e pertanto desiderano conoscere certi particolari con la speranza <strong>di</strong> procurarsi<br />
emozioni forti. Ad esempio, in questo caso si interessano <strong>al</strong> modo con cui il cieco è stato<br />
guarito, perché capiscono che qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario è accaduto. Pensano che t<strong>al</strong>e modo<br />
(il come) possa essere raccontato e che t<strong>al</strong>e racconto possa aiutarli a trovare una spiegazione<br />
ad un evento così eccezion<strong>al</strong>e, facendoli uscire d<strong>al</strong>le loro imbarazzanti perplessità. Ma chi,<br />
se non Gesù solo, avrebbe potuto spiegare il senso profetico dei suoi gesti così misteriosi?<br />
Per ora <strong>al</strong>la gente non interessa chi sia colui che ha compiuto il pro<strong>di</strong>gio. Usa tuttavia il<br />
verbo passivo: furono aperti... Sullo sfondo intravvede in modo confuso una possibile<br />
azione <strong>di</strong> Dio (passivo <strong>di</strong>vino).<br />
«L'uomo, quello detto Gesù...»: giustamente il guarito, prima <strong>di</strong> narrare come, presenta<br />
chi lo ha risanato. Costui, a <strong>di</strong>fferenza del cieco anonimo, perché rappresenta ognuno <strong>di</strong> noi,<br />
ha un nome preciso: è chiamato Gesù, che vuol <strong>di</strong>re: Dio s<strong>al</strong>va. Innanzi tutto per lui Gesù è<br />
162
un uomo: questa è la prima definizione che egli dà <strong>di</strong> lui. Un uomo, che, dopo avergli<br />
unto/imbrattato gli occhi <strong>di</strong> fango, lo ha mandato a Siloe a lavarsi.<br />
«Fece del fango e sp<strong>al</strong>mò i miei occhi e mi <strong>di</strong>sse: Va' a Siloe e lavati»: il men<strong>di</strong>cante<br />
guarito <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver colto l'importanza dei gesti e delle parole.<br />
«Andato dunque e, lavatomi, ho visto!»: stranamente trova poca gente che si r<strong>al</strong>legra con<br />
lui, che con<strong>di</strong>vide la meraviglia per le nuove scoperte che fa grazie <strong>al</strong> dono <strong>della</strong> vista. Sono<br />
tutti molto preoccupati per sé stessi: non si adattano facilmente <strong>al</strong>la nuova situazione.<br />
«E <strong>di</strong>ssero a lui: Dove è egli? Dice: Non lo so!»: i curiosi ora vogliono provare <strong>al</strong>tre<br />
sensazioni conoscendo l'autore <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e pro<strong>di</strong>gio. Ma nessuno sa dove sia. Gesù si è ritirato<br />
(forse nel tempio): non vuole pubblicità.<br />
- IV - IL CORAGGIO DELLA FEDE<br />
1. MI SONO LAVATO E VEDO! (9,13-15)<br />
9.13 )/Agousin au)to\n pro\j tou\j Farisai/ouj to/n pote tuflo/n.<br />
9.14 h)=n de\ sa/bbaton e)n v(= h(me/r# to\n phlo\n e)poi/hsen o( )Ihsou=j<br />
kai\ a)ne/%cen au)tou= tou\j o)fq<strong>al</strong>mou/j.<br />
9.15 pa/lin ou)=n h)rw/twn au)to\n kai\ oi( Farisai=oi pw=j a)ne/bleyen.<br />
o( de\ ei)=pen au)toi=j, Phlo\n e)pe/qhke/n mou e)pi\ tou\j o)fq<strong>al</strong>mou/j,<br />
kai\ e)niya/mhn, kai\ ble/pw.<br />
9,13 Lo conducono dai farisei, colui–che una–volta (era) cieco.<br />
9,14 Era Sabato (il) giorno in cui Gesù fece il fango<br />
e aprì i suoi occhi.<br />
9,15 Di–nuovo dunque lo interrogarono anche i farisei come vedesse.<br />
Egli <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>sse loro: «Ha–posto (del) fango sui miei occhi<br />
e mi–sono–lavato e vedo!».<br />
«Lo conducono dai farisei»: la gente sente il bisogno <strong>di</strong> sottoporre il caso <strong>al</strong>le autorità, in<br />
modo speci<strong>al</strong>e, proprio ai farisei. Da soli non vogliono fare il <strong>di</strong>scernimento. Non vogliono<br />
rischiare <strong>di</strong> trovarsi in contrasto con chi ha il potere cultur<strong>al</strong>e e religioso. L'Evangelista, che<br />
non ci ha detto se qu<strong>al</strong>cuno lo aveva condotto a Siloe, mentre era cieco, ci informa che ora<br />
c'è chi si premura <strong>di</strong> condurlo dai più zelanti fautori <strong>della</strong> legge.<br />
«Era Sabato il giorno in cui Gesù fece il fango e aprì i suoi occhi»: qui è detto<br />
chiaramente che fu Gesù ad aprire gli occhi. Nel giorno del Signore, Gesù ha compiuto le<br />
opere del Padre suo (5,17): plasmare l'uomo nuovo e donare la vista ai ciechi. Ma questo per<br />
i farisei è una profanazione del Sabato, non un segno <strong>di</strong>vino.<br />
«Di nuovo dunque lo interrogarono anche i farisei come vedesse»: <strong>al</strong> pari <strong>della</strong> gente<br />
comune anche i dotti si interessano <strong>al</strong> come è avvenuto il pro<strong>di</strong>gio, con l'intento aggiuntivo<br />
<strong>di</strong> verificare se ci sia stata trasgressione <strong>della</strong> legge.<br />
«Ha posto del fango sui miei occhi e mi sono lavato e vedo!»: il guarito non nomina il<br />
soggetto che ha operato la sua guarigione (e che inquieta tanto i suoi ascoltatori) e condensa<br />
<strong>al</strong> massimo il racconto. Parla del fango posto (non sp<strong>al</strong>mato) e tace l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> andare a<br />
lavarsi. Prende su <strong>di</strong> sé la responsabilità <strong>di</strong> essersi lavato.<br />
2. È UN PROFETA (9,16-17)<br />
9.16 e)/legon ou)=n e)k tw=n Farisai/wn tine/j,<br />
Ou)k e)/stin ou(=toj para\ qeou= o( a)/nqrwpoj, o(/ti to\ sa/bbaton ou) threi=.<br />
a)/lloi [de\] e)/legon, Pw=j du/natai a)/nqrwpoj a(martwlo\j toiau=ta shmei=a poiei=n;<br />
kai\ sxi/sma h)=n e)n au)toi=j.<br />
9.17 le/gousin ou)=n t%= tufl%= pa/lin,<br />
Ti/ su\ le/geij peri\ au)tou=, o(/ti h)ne/%ce/n sou tou\j o)fq<strong>al</strong>mou/j;<br />
o( de\ ei)=pen o(/ti Profh/thj e)sti/n.<br />
9,16 Dicevano dunque <strong>al</strong>cuni tra i farisei:<br />
«Non è da Dio quest'uomo, perché il Sabato non osserva!».<br />
163
Altri <strong>di</strong>cevano: «Come può (un) uomo peccatore fare t<strong>al</strong>i segni?».<br />
E c'era <strong>di</strong>visione tra [in] loro.<br />
9,17 Dicevano dunque <strong>al</strong> cieco <strong>di</strong>–nuovo:<br />
«Tu che <strong>di</strong>ci riguardo–a lui, poiché ha–aperto i tuoi occhi?».<br />
Egli <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>sse: «È (un) profeta!».<br />
«Dicevano dunque <strong>al</strong>cuni tra i farisei...»: i farisei si <strong>di</strong>vidono in due gruppi, perché pare<br />
loro che siano avvenuti due fatti contrastanti: una guarigione ed una trasgressione. Subito<br />
una parte <strong>di</strong> loro (quella più influente) si pronuncia contro Gesù. Vede solo la trasgressione.<br />
«Non è da Dio quest’uomo, perché il Sabato non osserva»: sembrano veramente<br />
preoccupati dell'onore <strong>di</strong> Dio. Mostrano <strong>di</strong> fare un <strong>di</strong>scernimento circa il v<strong>al</strong>ore mor<strong>al</strong>e che<br />
quel fatto ha agli occhi <strong>di</strong> Dio stesso. Questi t<strong>al</strong>i, vedendo Gesù solo come uomo, negano<br />
decisamente l'origine <strong>di</strong>vina del miracolo e <strong>della</strong> missione del Cristo, tenendo conto solo<br />
<strong>della</strong> legge del Sabato interpretato in modo fondament<strong>al</strong>ista.<br />
«Come può un uomo peccatore fare t<strong>al</strong>i segni?»: <strong>al</strong>tri tengono conto <strong>della</strong> guarigione e<br />
sanno vedere un segno (che fa parte <strong>di</strong> una lunga serie <strong>di</strong> segni <strong>di</strong> cui sono <strong>al</strong> corrente),<br />
anche se poi non si mettono apertamente d<strong>al</strong>la parte <strong>di</strong> Gesù, sempre perché lo considerano<br />
un semplice uomo, anche se non peccatore. Preferiscono pertanto, nel dubbio, restare<br />
neutr<strong>al</strong>i.<br />
«E c'era <strong>di</strong>visione (skhísma) tra loro»: il Maestro, in ogni caso, <strong>di</strong>vide la gente, crea uno<br />
scisma.<br />
«Tu che <strong>di</strong>ci riguardo a lui, poiché ha aperto i tuoi occhi?»: il men<strong>di</strong>cante ha avuto<br />
l'esperienza person<strong>al</strong>e <strong>della</strong> guarigione. È l'unico in grado <strong>di</strong> dare un giu<strong>di</strong>zio v<strong>al</strong>ido.<br />
«È un profeta!»: il cieco guarito non ha dubbi. Per ora egli procede per gra<strong>di</strong>: <strong>di</strong> fronte a<br />
chi vede in Cristo solo un uomo (magari peccatore), <strong>di</strong>chiara che per lui Gesù è un uomo <strong>di</strong><br />
Dio, un Profeta. Non afferma che sia il Messia. In effetti i pro<strong>di</strong>gi operati da Gesù<br />
adempiono le profezie che preannunciavano i tempi messianici (cfr. Lc 7,21-22; Is 29,18;<br />
35,5 e 61,1: in particolare la guarigione dei ciechi, per il suo <strong>al</strong>to v<strong>al</strong>ore simbolico, era uno<br />
dei pro<strong>di</strong>gi più annunciati come opera tipica del Messia che avrebbe portato luce e<br />
sapienza).<br />
- V - LA PAURA DI COMPROMETTERSI<br />
1. CHIAMARONO I GENITORI (9,18-19)<br />
9.18 Ou)k e)pi/steusan ou)=n oi( )Ioudai=oi peri\ au)tou= o(/ti h)=n tuflo\j kai\ a)ne/bleyen<br />
e(/wj o(/tou e)fw/nhsan tou\j gonei=j au)tou= tou= a)nable/yantoj<br />
9.19 kai\ h)rw/thsan au)tou\j le/gontej,<br />
Ou(=to/j e)stin o( ui(o\j u(mw=n, o(\n u(mei=j le/gete o(/ti tuflo\j e)gennh/qh;<br />
pw=j ou)=n ble/pei a) /rti;<br />
9,18 Non credettero dunque i Giudei riguardo–a lui, che era (stato) cieco e vedeva,<br />
finché chiamarono i genitori <strong>di</strong>–colui che vedeva<br />
9,19 e li interrogarono, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Questi è il figlio vostro, che voi <strong>di</strong>te che è–nato cieco?<br />
Come dunque adesso vede?».<br />
«Non credettero... i Giudei riguardo a lui che era stato cieco...»: il cerchio degli<br />
oppositori si <strong>al</strong>larga: ai farisei si uniscono anche i Giudei (perché tutti hanno la stessa<br />
ment<strong>al</strong>ità). Non volendo accettare la verità, tentano <strong>di</strong> verificare se quell'uomo sia proprio<br />
stato cieco, forse con la segreta speranza <strong>di</strong> avere ragione.<br />
«Finché chiamarono i genitori <strong>di</strong> colui che vedeva»: i genitori sono chiamati a<br />
rispondere a due precise domande, in modo da confermare o smentire quello che il figlio ha<br />
affermato.<br />
164
«Questi è il figlio vostro, che voi <strong>di</strong>te che è nato cieco? Come dunque adesso vede?»:<br />
pare quasi che per loro il nascere ciechi sia una cosa norm<strong>al</strong>e, mentre il vedere costituisca<br />
un reato, <strong>di</strong> cui bisogna spiegare la <strong>di</strong>namica.<br />
2. NON SAPPIAMO CHI E COME (9,20-23)<br />
9.20 a)pekri/qhsan ou)=n oi( gonei=j au)tou= kai\ ei)=pan,<br />
Oi)/damen o(/ti ou(=to/j e)stin o( ui(o\j h(mw=n kai\ o(/ti tuflo\j e)gennh/qh:<br />
9.21 pw=j de\ nu=n ble/pei ou)k oi)/damen,<br />
h)\ ti/j h)/noicen au)tou= tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j h(mei=j ou)k oi)/damen:<br />
au)to\n e)rwth/sate, h(liki/an e)/xei, au)to\j peri\ e(autou= l<strong>al</strong>h/sei.<br />
9.22 tau=ta ei)=pan oi( gonei=j au)tou= o(/ti e)fobou=nto tou\j )Ioudai/ouj:<br />
h)/dh ga\r sunete/qeinto oi( )Ioudai=oi<br />
i(/na e)a/n tij au)to\n o(mologh/sv Xristo/n, a)posuna/gwgoj ge/nhtai.<br />
9.23 <strong>di</strong>a\ tou=to oi( gonei=j au)tou= ei)=pan o(/ti (Hliki/an e)/xei, au)to\n e)perwth/sate.<br />
9,20 Risposero dunque i suoi genitori e <strong>di</strong>ssero:<br />
«Sappiamo che questi è il figlio nostro e che è–nato cieco,<br />
9,21 come poi adesso veda, non sappiamo<br />
o chi ha–aperto i suoi occhi, noi non sappiamo.<br />
Interrogate lui, ha (l')età, egli–stesso parlerà <strong>di</strong> sé».<br />
9,22 Queste (cose) <strong>di</strong>ssero i suoi genitori, perché temevano i Giudei;<br />
infatti i Giudei già avevano–stabilito<br />
che se qu<strong>al</strong>cuno lo avesse confessato (come) Cristo fosse cacciato–d<strong>al</strong>la–sinagoga.<br />
9,23 Per questo i suoi genitori <strong>di</strong>ssero: «Ha (l')età, interrogate lui».<br />
«Sappiamo che questi è il figlio nostro e che è nato cieco»: riconoscono nel cieco nato il<br />
loro figlio. Questo vuol <strong>di</strong>re, in modo certo, che c'è stato un pro<strong>di</strong>gio.<br />
«Come... o chi... non sappiamo»: <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> non conoscere l'identità del guaritore e il<br />
modo <strong>della</strong> guarigione. Fanno poi capire che non hanno <strong>al</strong>cun interesse a saperlo. Lasciano i<br />
farisei nel buio più completo e senza <strong>al</strong>cuna speranza <strong>di</strong> una soluzione a loro favorevole.<br />
«Temevano i Giudei: infatti i Giudei già avevano stabilito che se qu<strong>al</strong>cuno lo avesse<br />
confessato (‘omo-loghéo) come Cristo fosse cacciato d<strong>al</strong>la sinagoga»: la paura <strong>di</strong> essere<br />
scacciati d<strong>al</strong>la sinagoga e, quin<strong>di</strong>, emarginati anche soci<strong>al</strong>mente, li ha indotti a non<br />
compromettersi con il Cristo, abbandonando il loro figlio a se stesso (Interrogate lui, ha<br />
l'età, egli stesso parlerà <strong>di</strong> sé). I genitori dovrebbero invece sapere assumere le proprie<br />
responsabilità. I Giudei cercano <strong>di</strong> spegnere subito ogni defezione, affinché non si instauri<br />
una reazione a catena: prima il figlio, poi i genitori, ed infine amici e parenti avrebbero<br />
potuto aderire a Gesù. Di fatto essi rendono la nuova comunità messianica incompatibile<br />
con la sinagoga, mentre questo non sarebbe dovuto accadere. Era troppo grande il loro o<strong>di</strong>o<br />
contro Gesù, per poter tollerare che venisse riconosciuto anche solo come Messia.<br />
- VI - GLI OSTACOLI ALLA FEDE!<br />
1. LE PRESSIONI DEI CAPI (9,24-25)<br />
9.24 )Efw/nhsan ou)=n to\n a)/nqrwpon e)k deute/rou o(\j h)=n tuflo\j<br />
kai\ ei)=pan au)t%=, Do\j do/can t%= qe%=:<br />
h(mei=j oi)/damen o(/ti ou(=toj o( a)/nqrwpoj a(martwlo/j e)stin.<br />
9.25 a)pekri/qh ou)=n e)kei=noj,<br />
Ei) a(martwlo/j e)stin ou)k oi)=da: e(\n oi)=da o(/ti tuflo\j w)\n a)/rti ble/pw.<br />
9,24 Chiamarono dunque per–la seconda–volta l'uomo che era (stato) cieco<br />
e <strong>di</strong>ssero a–lui: «Da' gloria a–Dio!<br />
Noi sappiamo che quest'uomo è peccatore!»<br />
9,25 Rispose dunque egli:<br />
«Se è (un) peccatore non so; una (cosa) so, che, essendo cieco, adesso vedo!».<br />
165
«Chiamarono dunque per la seconda volta l'uomo che era stato cieco»: sicuri <strong>della</strong> le<strong>al</strong>tà<br />
verso <strong>di</strong> loro da parte dei genitori e delusi d<strong>al</strong> fatto che un miracolo c'è stato davvero,<br />
tentano <strong>di</strong> convincere il guarito a mettersi d<strong>al</strong>la loro parte. Ora sono le autorità a prendere<br />
l'iniziativa (chiamarono). Il miracolato è solo, abbandonato a se stesso dai genitori e da tutti.<br />
I capi pensano <strong>di</strong> poterlo suggestionare facilmente.<br />
«Da gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è peccatore!»: <strong>al</strong>l'inizio lo prendono<br />
con le buone. Facendo finta <strong>di</strong> ricercare la gloria <strong>di</strong> Dio, vogliono indurre il guarito ad<br />
aderire <strong>al</strong>la grave accusa che essi fanno a Gesù, imponendogli con <strong>al</strong>terigia il loro sapere.<br />
Abbiamo un chiaro esempio <strong>di</strong> come opera l'autorità religiosa o cultur<strong>al</strong>e o soci<strong>al</strong>e quando<br />
vuole imporre le sue vedute. Parlano <strong>di</strong> Dio solo quando fa loro comodo. Il miracolato<br />
invece, con la sua fede intrepida, sa dare vera gloria a Dio, manifestandone le gran<strong>di</strong> opere<br />
(9,3).<br />
«Una cosa so, che essendo cieco, adesso vedo!»: egli non risponde per ora esprimendo,<br />
come richiedono i farisei, un giu<strong>di</strong>zio mor<strong>al</strong>e su Gesù (se ne astiene, perché contrad<strong>di</strong>re<br />
tanta insolenza non sarebbe opportuno); ma, con intelligenza e sincerità, conferma un fatto<br />
ormai incontestabile: prima ero cieco ed ora vedo!<br />
2. GLI INSULTI (9,26-29)<br />
9.26 ei)=pon ou)=n au)t%=, p<strong>al</strong>in<br />
Ti/ e)poi/hse/n soi; pw=j h)/noice/n sou tou\j o)fq<strong>al</strong>mou/j;<br />
9.27 a)pekri/qh au)toi=j,<br />
Ei)=pon u(mi=n h)/dh kai\ ou)k h)kou/sate:<br />
ti/ pa/lin qe/lete a)kou/ein; mh\ kai\ u(mei=j qe/lete au)tou= maqhtai\ gene/sqai;<br />
9.28 kai\ e)loido/rhsan au)to\n kai\ ei)=pon,<br />
Su\ maqhth\j ei)= e)kei/nou, h(mei=j de\ tou= Mwuse/wj e)sme\n maqhtai/:<br />
9.29 h(mei=j oi)/damen o(/ti Mwusei= lela/lhken o( qeo/j,<br />
tou=ton de\ ou)k oi)/damen po/qen e)sti/n.<br />
9,26 Dissero dunque a–lui, <strong>di</strong>–nuovo:<br />
«Che (cosa) ti ha–fatto? Come ha–aperto i tuoi occhi?».<br />
9,27 Rispose loro:<br />
«Ve (l')ho–detto già e non avete–ascoltato;<br />
perché <strong>di</strong>–nuovo volete ascoltare?Forse anche voi volete <strong>di</strong>ventare suoi <strong>di</strong>scepoli?».<br />
9,28 E lo insultarono e <strong>di</strong>ssero:<br />
«Tu sei <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> quello, noi invece <strong>di</strong>–Mosè siamo <strong>di</strong>scepoli.<br />
9,29 Noi sappiamo che a–Mosè ha–parlato Dio;<br />
ma costui non sappiamo donde è».<br />
«Che cosa ti ha fatto? Come ha aperto i tuoi occhi?»: queste domande dei farisei, che<br />
non fanno che ripetere nella sostanza quelle già fatte, in<strong>di</strong>cano la <strong>di</strong>sperata ricerca <strong>di</strong><br />
qu<strong>al</strong>che spiegazione che permetta loro <strong>di</strong> escludere l'intervento <strong>di</strong> Dio (<strong>al</strong> come <strong>di</strong> prima<br />
aggiungono il cosa). Essi o<strong>di</strong>ano Gesù e non tollerano <strong>di</strong> essere spiazzati da lui: cercano <strong>di</strong><br />
capire qu<strong>al</strong>cosa per poter prendere in mano la situazione.<br />
«Ve l'ho già detto e non avete ascoltato»: il guarito intuisce la debolezza, che l'insistenza<br />
in queste domande rivela. I capi non si vogliono arrendere <strong>al</strong>l'evidenza dei fatti ed hanno<br />
bisogno <strong>di</strong> trovare qu<strong>al</strong>che scappatoia.<br />
«Perché <strong>di</strong> nuovo volete ascoltare? Forse anche voi volete <strong>di</strong>ventare suoi <strong>di</strong>scepoli?»:<br />
ora è il guarito che interroga (chiede i motivi <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e insistenza). Fa perfino dell'ironia sulla<br />
loro ansietà, interpretandola come desiderio sincero <strong>di</strong> saperne <strong>di</strong> più, fino ad accettare Gesù<br />
come loro Maestro.<br />
«Lo insultarono...:Tu sei <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> quello...»: il <strong>di</strong>scepolo vero deve anche lui subire<br />
con amore tutte le offese fatte <strong>al</strong> suo maestro (già abbiamo visto con qu<strong>al</strong>i titoli Gesù, qui<br />
in<strong>di</strong>cato sprezzantemente solo con un pronome, è stato <strong>di</strong>sonorato dai farisei: 8,48).<br />
166
«Noi invece <strong>di</strong> Mosè siamo <strong>di</strong>scepoli. Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio»: era<br />
vero che Dio aveva parlato a Mosè, ma s’ingannavano quando <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>scepoli<br />
dell’antico Condottiero (5,45-47), così come quando <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> avere Abramo o, niente<br />
meno che Dio, per padre. Essi si rifanno <strong>al</strong> passato (ha parlato) e pensano che Dio non<br />
abbia più nulla da <strong>di</strong>re nel presente.<br />
«Costui non sappiamo donde è»: qui è sottintesa l'affermazione che Gesù (non chiamato<br />
per nome, ma detto: costui), non venendo da Dio come Mosè, viene d<strong>al</strong> <strong>di</strong>avolo.<br />
3. IL GIUSTO DISCERNIMENTO (9,30-34)<br />
9.30 a)pekri/qh o( a)/nqrwpoj kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
)En tou/t% ga\r to\ qaumasto/n e)stin, o(/ti u(mei=j ou)k oi)/date po/qen e)sti/n,<br />
kai\ h)/noice/n mou tou\j o)fq<strong>al</strong>mou/j.<br />
9.31 oi)/damen o(/ti a(martwlw=n o( qeo\j ou)k a)kou/ei,<br />
a)ll' e)a/n tij qeosebh\j v)= kai\ to\ qe/lhma au)tou= poiv= tou/tou a)kou/ei.<br />
9.32 e)k tou= ai)w=noj ou)k h)kou/sqh<br />
o(/ti h)ne/%ce/n tij o)fq<strong>al</strong>mou\j tuflou= gegennhme/nou:<br />
9.33 ei) mh\ h)=n ou(=toj para\ qeou=, ou)k h)du/nato poiei=n ou)de/n.<br />
9.34 a)pekri/qhsan kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
)En a(marti/aij su\ e)gennh/qhj o(/loj kai\ su\ <strong>di</strong>da/skeij h(ma=j;<br />
kai\ e)ce/b<strong>al</strong>on au)to\n e)/cw.<br />
9,30 Rispose quell'uomo e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Proprio in questo sta il sorprendente: che voi non sapete donde è<br />
e ha–aperto i miei occhi.<br />
9,31 Sappiamo che Dio (i) peccatori non ascolta,<br />
ma se qu<strong>al</strong>cuno è uno–che–rende–culto–a–Dio e fa la sua volontà, questi (lo) ascolta.<br />
9,32 D<strong>al</strong>l'eternità non si–è–u<strong>di</strong>to<br />
che uno abbia–aperto (gli) occhi <strong>di</strong>–un–cieco nato;<br />
9,33 se questi non fosse da Dio, non avrebbe–potuto fare nulla».<br />
9,34 Risposero e gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Tu sei–nato tutto ne(i) peccati e tu ammaestri noi?».<br />
E lo gettarono fuori.<br />
«Proprio in questo sta il sorprendente: che voi non sapete donde è e ha aperto i miei<br />
occhi»: l'uomo sbatte loro in faccia l'evidenza del pro<strong>di</strong>gio, operato <strong>di</strong> Cristo (ha aperto), e<br />
<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> meravigliarsi <strong>di</strong> tanta ostinazione nel non volerne ammettere l’origine <strong>di</strong>vina. Essi,<br />
che sono così bene informati <strong>di</strong> tutto, non conoscono un guaritore così potente e non sanno<br />
una cosa così importante.<br />
«Sappiamo che Dio i peccatori non ascolta... ma se qu<strong>al</strong>cuno è uno che rende culto a<br />
Dio e fa la sua volontà, questi lo ascolta»: il guarito, a <strong>di</strong>fferenza dei dotti farisei, sa trovare<br />
nei profeti un punto <strong>di</strong> partenza per un <strong>di</strong>scernimento corretto (Is 1,15: Anche se<br />
moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue; cfr. anche Ger<br />
11,14; 14,12). D<strong>al</strong> momento che è la Scrittura che lo <strong>di</strong>ce, egli, coinvolgendo anche i farisei,<br />
afferma: Sappiamo che Dio i peccatori non ascolta..., ed ha il coraggio <strong>di</strong> tirare le logiche<br />
conclusioni. Egli possiede una teologia molto profonda: parla <strong>di</strong> culto reso e <strong>di</strong> fatti<br />
compiuti (cioè dell'aspetto spiritu<strong>al</strong>e e <strong>di</strong> quello concreto) e non teme <strong>di</strong> vedere e <strong>di</strong><br />
proclamare nella sua guarigione l'intervento <strong>di</strong> Dio che ha ascoltato ed esau<strong>di</strong>to Gesù,<br />
proprio perché questi è un vero adoratore <strong>di</strong> Dio e compie sempre con amore la sua volontà.<br />
Fare la volontà del Padre rappresenta il cuore <strong>della</strong> missione del Cristo (cfr. 4,34; 5,30;<br />
6,38; 8,29; 14,31; 17,4). Il cieco ha colto tutto questo.<br />
«Se questi non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla»: <strong>al</strong>la fine il miracolato<br />
pronuncia con sicurezza il suo giu<strong>di</strong>zio, visto anche il fatto che la sua guarigione è t<strong>al</strong>mente<br />
eccezion<strong>al</strong>e da essere l'unica avvenuta in tutta la storia biblica.<br />
«Tu sei nato tutto nei peccati e tu ammaestri noi?»: il <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> un insegnamento così<br />
limpido, l'insulto (che contiene il pregiu<strong>di</strong>zio già espresso dai <strong>di</strong>scepoli nel v. 2) e la<br />
167
conseguente cacciata violenta, <strong>di</strong>mostrano la m<strong>al</strong>afede dei farisei, che non hanno argomenti<br />
ragionevoli da contrapporre.<br />
«Lo gettarono fuori»: aveva riconosciuto Gesù come il Messia. Per questo subisce la<br />
scomunica minacciata per t<strong>al</strong>e reato (22).<br />
- VII - L'INVITO ALLA FEDE<br />
1. CREDI NEL FIGLIO DELL'UOMO (9,35-36)<br />
9.35 )/Hkousen )Ihsou=j o(/ti e)ce/b<strong>al</strong>on au)to\n e)/cw kai\ eu(rw\n au)to\n ei)=pen au)t%=,<br />
Su\ pisteu/eij ei)j to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou;<br />
9.36 a)pekri/qh e)kei=noj kai\ ei)=pen,<br />
Kai\ ti/j e)stin, ku/rie, i(/na pisteu/sw ei)j au)to/n;<br />
9,35 Gesù sentì che lo avevano–gettato fuori e, trovatolo, gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Tu cre<strong>di</strong> nel Figlio dell'Uomo?».<br />
9,36 Rispose egli e <strong>di</strong>sse:<br />
«E chi è, Signore, affinché creda in lui?».<br />
«Gesù sentì che lo avevano gettato fuori e, trovatolo, gli <strong>di</strong>sse...»: il Signore si interessa<br />
<strong>della</strong> sorte <strong>di</strong> quell'uomo e proprio lui, che accoglie tutti coloro che vengono emarginati dai<br />
pregiu<strong>di</strong>zi o d<strong>al</strong>l'o<strong>di</strong>o, si mette <strong>al</strong>la sua ricerca per incontrarlo e completare l'opera <strong>di</strong> Dio.<br />
«Tu cre<strong>di</strong> nel Figlio dell'Uomo?»: Gesù sa che il suo beneficato, a <strong>di</strong>fferenza del m<strong>al</strong>ato<br />
<strong>di</strong> Betzatà, non si è compromesso con i farisei, ma ha resistito coraggiosamente a tutte le<br />
pressioni. Cerca dunque <strong>di</strong> condurlo <strong>al</strong>la fede piena nel Messia, presentato qui come Figlio<br />
dell'Uomo, per rivelare il ruolo s<strong>al</strong>vifico <strong>della</strong> sua umanità visibile. Infatti in <strong>Giovanni</strong><br />
l'espressione Figlio dell'Uomo in<strong>di</strong>ca Cristo uomo in quanto partecipe <strong>della</strong> potenza<br />
s<strong>al</strong>vifica <strong>di</strong>vina (ecco <strong>al</strong>cune citazioni: 1,51: Vedrete gli angeli s<strong>al</strong>ire e scendere sopra il<br />
FdU; 3,13: Nessuno s<strong>al</strong>e <strong>al</strong> cielo, se non colui che ne è <strong>di</strong>sceso, il FdU; 3,14: Bisogna che<br />
sia inn<strong>al</strong>zato il FdU, perché chi crede in lui abbia la vita eterna; 5,27: È giu<strong>di</strong>ce, perché<br />
FdU; 8,28 Quando inn<strong>al</strong>zerete il FdU, saprete che Io sono).<br />
«E chi è, Signore, affinché creda in lui?»: con questa domanda il miracolato manifesta la<br />
sua ignoranza, ma <strong>di</strong>mostra anche la sua buona volontà e la sua apertura <strong>al</strong>la fede. Egli, che<br />
si rivolge a Gesù come Signore, desidera credere nell'Inviato <strong>di</strong> Dio, d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e era stato<br />
guarito nel Segno dell'Acqua <strong>di</strong> Siloe. Aveva solo bisogno <strong>di</strong> sapere che questi era Gesù, per<br />
passare dai simboli <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà, d<strong>al</strong> visibile <strong>al</strong>l'invisibile, d<strong>al</strong>l'umano <strong>al</strong> <strong>di</strong>vino.<br />
2. IO CREDO, SIGNORE! (9,37-38)<br />
9.37 ei)=pen au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
Kai\ e(w/rakaj au)to\n kai\ o( l<strong>al</strong>w=n meta\ sou= e)kei=no/j e)stin.<br />
9.38 o( de\ e)/fh, Pisteu/w, ku/rie: kai\ proseku/nhsen au)t%=.<br />
9,37 Gli <strong>di</strong>sse Gesù:<br />
«Perfino lo ve<strong>di</strong> e, chi parla con te, è lui!».<br />
9,38 Egli <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>sse: «Credo, Signore!». E si–prostrò a–lui.<br />
«Lo ve<strong>di</strong> e, chi parla con te, è lui!»: Gesù si presenta come colui che è visto e che parla<br />
(egli è il sacramento <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza, che è percepibile dai sensi <strong>della</strong> vista e dell'u<strong>di</strong>to). Il cieco<br />
vede l'uomo chiamato Gesù con gli occhi <strong>della</strong> carne e con quelli <strong>della</strong> fede, lo ascolta con<br />
le orecchie del corpo e con quelle del cuore (anche <strong>al</strong>la Samaritana Gesù si presenta come il<br />
Messia che <strong>di</strong><strong>al</strong>oga con lei: 4,26). Gesù, <strong>al</strong>l'inizio <strong>di</strong> questa vicenda, gli aveva parlato e la<br />
sua parola, ascoltata, lo aveva guarito per mezzo dell'Acqua (il cieco era passato<br />
d<strong>al</strong>l'Ascolto <strong>al</strong>la Visione: cfr. 11,40). Ora la parola del Signore lo istruisce nella fede.<br />
«Credo, Signore!»: portare gli uomini e le donne <strong>al</strong>la vera professione <strong>di</strong> fede in lui è<br />
l'intento del Cristo (cfr. 11,27). In modo davvero sincero quell'uomo professa la sua fede nel<br />
Signore. Si conclude così, per quanto riguarda il cieco nato, il suo cammino <strong>di</strong> fede. Era<br />
168
partito con il riconoscere l'umanità <strong>di</strong> Gesù e, passando attraverso la constatazione del suo<br />
carisma profetico, termina ora con il riconoscimento <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>vinità.<br />
«E si prostrò (proskynéo) a lui»: egli accompagna la parola con il gesto <strong>di</strong> prostrarsi in<br />
adorazione <strong>di</strong>nanzi <strong>al</strong> Cristo, Figlio <strong>di</strong> Dio e misteriosa presenza dell'Io Sono. Gesù è per lui<br />
il nuovo luogo santo, il tempio <strong>della</strong> vera adorazione <strong>al</strong> Padre in spirito e verità (cfr. 4,20-<br />
23). Il segno <strong>di</strong> Siloe <strong>al</strong>lude chiaramente <strong>al</strong> Battesimo che è il Sacramento <strong>della</strong> fede, nel<br />
senso che esprime e re<strong>al</strong>izza ciò che la fede è: illuminazione, s<strong>al</strong>vezza e nuova vita.<br />
- VIII - IL VERO PECCATO<br />
1. IL GIUDIZIO DI CRISTO (9,39)<br />
9.39 kai\ ei)=pen o( )Ihsou=j,<br />
Ei)j kri/ma e)gw\ ei)j to\n ko/smon tou=ton h)=lqon,<br />
i(/na oi( mh\ ble/pontej ble/pwsin kai\ oi( ble/pontej tufloi\ ge/nwntai.<br />
9,39 E <strong>di</strong>sse Gesù:<br />
«Per (un) giu<strong>di</strong>zio io in questo mondo sono–venuto,<br />
affinché i non vedenti, vedano e i vedenti, <strong>di</strong>ventino ciechi».<br />
«Per un giu<strong>di</strong>zio io in questo mondo sono venuto»: Cristo presenta la sua missione come<br />
quella <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce che mette in atto un proce<strong>di</strong>mento giu<strong>di</strong>zi<strong>al</strong>e.<br />
«Affinché i non vedenti, vedano e i vedenti, <strong>di</strong>ventino ciechi»: il risultato <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e processo<br />
consiste nel donare la luce <strong>della</strong> fede in lui a coloro, che, ammettendo la loro ignoranza,<br />
vanno da lui per essere guariti negli occhi del cuore, e nel far sì che coloro, che presumono<br />
<strong>di</strong> sapere tutto e non vogliono acquisire la ment<strong>al</strong>ità simbolico-sacrament<strong>al</strong>e <strong>della</strong> fede,<br />
cadano nella trappola <strong>della</strong> loro colpevole cecità.<br />
Lc 2,34 Simeone li benedì ed a Maria, sua madre, <strong>di</strong>sse: «Ecco, egli è posto per la<br />
caduta e la risurrezione <strong>di</strong> molti in Israele e come segno <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione».<br />
2. IL PECCATO CHE RIMANE (9,40-41)<br />
9.40 )/Hkousan e)k tw=n Farisai/wn tau=ta oi( met' au)tou= o)/ntej<br />
kai\ ei)=pon au)t%=, Mh\ kai\ h(mei=j tufloi/ e)smen;<br />
9.41 ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j, Ei) tufloi\ h)=te, ou)k a)\n ei)/xete a(marti/an:<br />
nu=n de\ le/gete o(/ti Ble/pomen, h( a(marti/a u(mw=n me/nei.<br />
9,40 Dei farisei, che erano con lui, u<strong>di</strong>rono queste (parole)<br />
e gli <strong>di</strong>ssero: «Forse anche noi siamo ciechi?».<br />
9,41 Disse loro Gesù: «Se foste ciechi, non avreste (nessun) peccato;<br />
adesso però <strong>di</strong>te: Ve<strong>di</strong>amo! Il vostro peccato rimane!».<br />
«Dei farisei, che erano con lui, u<strong>di</strong>rono queste parole»: ai farisei non sfugge mai nulla.<br />
«Forse anche noi siamo ciechi?»: questa domanda, che contiene in sé una punta <strong>di</strong><br />
ironia, esprime già una contestazione delle parole <strong>di</strong> Gesù, che essi colgono rivolte a loro. Il<br />
pronome noi ci fa capire quanto il gruppo dei Giudei e dei farisei sia compatto nel suo<br />
atteggiamento <strong>di</strong> presunzione (dovuta <strong>al</strong> vanto <strong>di</strong> conoscere perfettamente la legge) e <strong>di</strong><br />
ostilità contro il Maestro che mina le loro certezze (cfr. 8,12.21.24).<br />
«Se foste ciechi, non avreste nessun peccato »: la risposta <strong>di</strong> Gesù è molto sapiente: non<br />
afferma che essi sono ciechi o accecati. La frase sarebbe risuonata come un insulto. Fa capir<br />
loro che sarebbe meglio che fossero ciechi fisicamente: l'essere cieco nel corpo non<br />
comporta <strong>al</strong>cun peccato. Anche i ciechi, in senso spiritu<strong>al</strong>e, ma in sincera ricerca <strong>di</strong> luce,<br />
non hanno colpa.<br />
«Adesso però <strong>di</strong>te: Ve<strong>di</strong>amo! Il vostro peccato rimane»: il Maestro, proprio basandosi<br />
sulle loro stesse parole (<strong>di</strong>cevano: noi sappiamo...) che manifestano la loro presunzione <strong>di</strong><br />
persone illuminate e non bisognose <strong>di</strong> imparare qu<strong>al</strong>cosa (34), afferma che il loro peccato <strong>di</strong><br />
169
incredulità continua purtroppo a sussistere. In t<strong>al</strong>e peccato rischiano <strong>di</strong> morire (8,21). Per<br />
quanto ci riguarda, ascoltiamo la parola <strong>di</strong> Cristo, Luce del mondo, e permettiamo <strong>al</strong>l'opera<br />
<strong>di</strong> Dio <strong>di</strong> compiersi in noi.<br />
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
Come per l'Eucaristia, anche qui ve<strong>di</strong>amo che il Segno del Battesimo, nasce da un gesto<br />
profetico del Cristo che, vedendo l'uomo nelle tenebre (e nel fango), lo purifica con<br />
ACQUA e gli dona occhi capaci <strong>di</strong> VEDERE. L'Acqua <strong>di</strong> Siloe (Mandato) <strong>di</strong>venta<br />
strumento efficace <strong>della</strong> guarigione. Se il cieco non avesse obbe<strong>di</strong>to e non si fosse lavato,<br />
non avrebbe mai acquistato la vista. Invece egli ha ascoltato. Forse senza capire molto il<br />
perché <strong>di</strong> tante cose: perché quel fango? perché proprio a Siloe? Ma si è fidato e Cristo lo ha<br />
guarito, fatto che ha premiato la sua docilità e l'ha convinto che il Maestro è un grande<br />
Profeta e il Figlio dell'Uomo. Egli ha poi saputo con coraggio ed intelligenza testimoniare<br />
la sua fede (<strong>di</strong>ventando così il TIPO del vero credente).<br />
In questo evento le Icone dell'ACQUA e <strong>della</strong> LUCE si uniscono in un Segno stupendo,<br />
anticipatore del Segno del Battesimo, che è insieme lavacro e illuminazione, sacramento<br />
<strong>della</strong> Rinascita d<strong>al</strong>l'Alto per mezzo dell'Acqua e dello Spirito (3,3-6).<br />
Con il segno <strong>di</strong> Betzatà e con quello <strong>di</strong> Siloe, Gesù conferma e illustra i <strong>di</strong>scorsi fatti a<br />
Nicodemo ed <strong>al</strong>la Samaritana. Egli compie questi segni ben sapendo che gli causeranno<br />
un'ostilità mort<strong>al</strong>e da parte dei Giudei.<br />
Motivati da queste considerazioni, noi dobbiamo scoprire il v<strong>al</strong>ore del nostro Battesimo,<br />
senza vanificarne la preziosità a motivo <strong>di</strong> un m<strong>al</strong>inteso primato <strong>della</strong> fede. Gesù non ci ha<br />
lasciato un segno poco più v<strong>al</strong>ido del battesimo del Battista: Gesù è colui che ci ha<br />
battezzati con lo Spirito <strong>San</strong>to (1,33) e ci ha donato lo Spirito senza misura (3,34) e noi<br />
siamo rinati d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to da Acqua e Spirito per vedere il Regno <strong>di</strong> Dio. Nati d<strong>al</strong>lo Spirito siamo<br />
<strong>di</strong>ventati spirito (3,3-8). Paolo <strong>di</strong>ce che il Battesimo ci fa partecipare <strong>al</strong>la Pasqua <strong>di</strong> Cristo,<br />
affinché possiamo camminare in una vita nuova (Rom 6,3-4; Col 2,12; 3,10).<br />
Battesimo ed Eucaristia sono veri sacramenti nel senso più pieno (efficaci portatori <strong>di</strong><br />
grazia) e noi, nel prendere coscienza sempre più <strong>di</strong> questo, sentiamo che il cuore si riempie<br />
<strong>di</strong> meraviglia e <strong>di</strong> riconoscenza.<br />
Abbiamo sperimentato che questo brano è utilissimo per la catechesi battesim<strong>al</strong>e, soprattutto per<br />
quella fatta ai genitori ed ai padrini.<br />
170
GESÙ PASTORE E PORTA DELLE PECORE Unità 17<br />
Ci sarà un solo gregge e un solo Pastore (10,1-21)<br />
Questo brano si può interpretare come un commento <strong>al</strong>la vicenda del cieco nato (ben viva<br />
nella memoria degli ascoltatori: ve<strong>di</strong> 10,21). I Giudei, pastori indegni e crudeli, respingono<br />
il cieco guarito e Gesù, buon Pastore, che dà vita e risana, lo accoglie con amore. Questo<br />
fatto, però, non toglie che questo prezioso brano si possa utilmente inquadrare anche nel<br />
contesto glob<strong>al</strong>e del <strong>Vangelo</strong> giovanneo. Cercheremo <strong>di</strong> far questo nella riflessione<br />
conclusiva.<br />
Diamo adesso un veloce sguardo <strong>al</strong>lo sviluppo del pensiero: dopo aver suggerito il<br />
criterio per capire chi è il vero Pastore (punto 1), Gesù parla del rapporto tra questi e le<br />
pecore (p. 2). Non comprendendo i Giudei <strong>di</strong> chi o <strong>di</strong> cosa stia parlando (p. 3), Gesù spiega<br />
<strong>di</strong> essere lui la Porta (p. 4) e <strong>di</strong> essere venuto per la vita del gregge (p. 5) come buon<br />
Pastore (p. 6), che conosce le sue pecore (p. 7) e che offre la vita per loro (p. 8). I ruoli che<br />
il Cristo si attribuisce sono dunque quelli del Pastore e <strong>della</strong> Porta delle pecore.<br />
1. CHI ENTRA ATTRAVERSO LA PORTA È VERO PASTORE (10,1-2)<br />
10.1 )Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
o( mh\ ei)serxo/menoj <strong>di</strong>a\ th=j qu/raj ei)j th\n au)lh\n tw=n proba/twn<br />
a)lla\ a)nabai/nwn a)llaxo/qen e)kei=noj kle/pthj e)sti\n kai\ lvsth/j:<br />
10.2 o( de\ ei)serxo/menoj <strong>di</strong>a\ th=j qu/raj poimh/n e)stin tw=n proba/twn.<br />
10,1 «Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
Chi non entra attraverso la porta nel recinto delle pecore,<br />
ma s<strong>al</strong>e da–un'<strong>al</strong>tra–parte, costui è (un) ladro e (un) brigante;<br />
10,2 chi invece entra attraverso la porta, è pastore delle pecore».<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi»: Gesù introduce il suo <strong>di</strong>scorso in modo solenne: Amen,<br />
amen... (lo fa 24 volte in tutto il IV <strong>Vangelo</strong>). Gesù continua il suo <strong>di</strong>battito con i farisei ed i<br />
capi senza che l’Evangelista in<strong>di</strong>chi un mutamento <strong>di</strong> luogo o <strong>di</strong> tempo. Questo fa sì che il<br />
<strong>di</strong>scorso teologico appaia ancor più v<strong>al</strong>ido per ogni luogo ed ogni tempo. <strong>Giovanni</strong> sa<br />
organizzare il racconto dell'attività del Signore e l'esposizione del suo pensiero in modo da<br />
darci, attraverso un numero molto limitato <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> e <strong>di</strong> racconti, tutto quello che ci serve<br />
per conoscere il Cristo in modo esauriente. Gesù, dunque, dopo aver usato i segni del fango<br />
e dell'acqua per presentarsi come luce del mondo, continua il suo insegnamento usando le<br />
suggestive immagini dell'ovile, delle pecore e del pastore, provenienti d<strong>al</strong>la vita e d<strong>al</strong>le<br />
attività dei pastori. Ci parla per mezzo <strong>di</strong> un'<strong>al</strong>legoria, cioè attraverso un genere letterario<br />
che si aggiunge, completandoli, a quelli usati fino ad ora: il <strong>di</strong>battito, il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, la polemica,<br />
il gesto profetico... Ci troviamo dunque <strong>di</strong> fronte ad un mezzo espressivo molto poetico, ma<br />
<strong>di</strong> non facile comprensione, perché suscettibile <strong>di</strong> molte interpretazioni. Non ci dobbiamo<br />
perciò meravigliare se le immagini ed i loro significati variano continuamente da una frase<br />
<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra.<br />
«Il pastore / le pecore»: già gli autori dell'AT avevano usato queste metafore per in<strong>di</strong>care<br />
Dio e il suo popolo. Ecco <strong>al</strong>cuni pochi esempi: Is 40 10 Il Signore Dio viene con potenza...<br />
11 Come un pastore egli fa pascolare il gregge...; Ger 23 2 Oracolo del Signore. 3 Radunerò<br />
io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò<br />
tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. 4 Costituirò sopra <strong>di</strong> esse<br />
pastori che le faranno pascolare; Ez 34 10 Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori:<br />
chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così i<br />
pastori non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro <strong>di</strong> bocca le mie pecore e non<br />
saranno più il loro pasto. 11 Perché <strong>di</strong>ce il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie<br />
171
pecore e ne avrò cura... (cfr. anche Mi 2,12; Sir 18,13; S<strong>al</strong> 80,2; S<strong>al</strong> 23). Anche nel NT<br />
questa metafora è presente: basta pensare <strong>al</strong>la parabola <strong>della</strong> pecorella smarrita. Ci sono<br />
<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> pastori e <strong>di</strong> pecore: sarà necessario, <strong>di</strong> volta in volta, precisare il senso del<br />
<strong>di</strong>scorso.<br />
«Il recinto (’aulé) delle pecore»: l'attenzione viene posta anche sull'ovile, chiamato:<br />
’aulé. I Sinottici in<strong>di</strong>cano con questo termine il p<strong>al</strong>azzo e il cortile del Sommo Sacerdote.<br />
Ed anche Gv 18,15 usa il termine in t<strong>al</strong>e senso. ’Aulé in<strong>di</strong>ca anche il cortile del tempio e<br />
quin<strong>di</strong> la comunità giudaica (Apc 11,2). Pertanto i giudei possiedono il loro recinto ed<br />
hanno le loro pecore <strong>al</strong>cune delle qu<strong>al</strong>i sono buone e <strong>al</strong>tre meno. Dio invece, più che un<br />
proprio recinto, ha il suo gregge. Gesù cerca <strong>di</strong> far uscire le pecore d<strong>al</strong> recinto giudaico e <strong>di</strong><br />
introdurle nel gregge <strong>di</strong> Dio. Dopo queste premesse iniziamo ora il commento vero e<br />
proprio.<br />
«Chi non entra attraverso la porta nel recinto delle pecore, ma s<strong>al</strong>e da un'<strong>al</strong>tra parte,<br />
costui è un ladro e un brigante»: la prima cosa che il Maestro fa è quella <strong>di</strong> fornire il giusto<br />
criterio per <strong>di</strong>scernere i veri dai f<strong>al</strong>si pastori. A costituire un problema, qui, non sono le<br />
pecore, ma i pastori, o meglio, i guar<strong>di</strong>ani (Gesù si sta rivolgendo ai farisei ed ai capi che<br />
presumono <strong>di</strong> non essere affatto delle guide cieche). Se è giusto che le pecore siano brave, è<br />
ancora più necessario che i pastori o guar<strong>di</strong>ani siano ottimi, perché da essi <strong>di</strong>penderà la<br />
qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> vita del gregge intero. In caso contrario i pastori sono ladri e briganti. Nel<br />
<strong>Vangelo</strong> giovanneo la qu<strong>al</strong>ifica <strong>di</strong> ladro viene attribuita a Giuda (12,6), mentre il termine<br />
brigante viene dato a Barabba (18,40).<br />
«Chi... entra attraverso la porta, è pastore delle pecore»: il vero pastore percorre la via<br />
giusta: mandato da Dio viene con sincerità ed amore a compiere la sua missione nel vero<br />
interesse delle pecore. La porta, che rappresenta la missione <strong>di</strong>vina, in<strong>di</strong>ca un passaggio<br />
obbligato. Ogni <strong>al</strong>tro passaggio è illegittimo. Egli presenta se stesso come unico vero<br />
Pastore (il Nuovo Davide, il Messia, profetizzato da Ezechiele: 34 23 Susciterò per loro un<br />
pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà <strong>al</strong> pascolo, sarà il loro pastore;<br />
24 io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro). In<br />
questa prima fase del <strong>di</strong>scorso la Porta è, in definitiva, Dio stesso. In un secondo momento<br />
Gesù identificherà se stesso con la Porta, attribuendosi così caratteri <strong>di</strong>vini (7). Come prima<br />
cosa quello che il pastore autorizzato fa è entrare: egli è l'unico che può prendere possesso<br />
del gregge, non per sfruttarlo (come fa il ladro), ma per pascerlo.<br />
2. LE PECORE ASCOLTANO LA SUA VOCE E LO SEGUONO (10,3-5)<br />
10.3 tou/t% o( qurwro\j a)noi/gei, kai\ ta\ pro/bata th=j fwnh=j au)tou= a)kou/ei<br />
kai\ ta\ i)/<strong>di</strong>a pro/bata fwnei= kat' o)/noma kai\ e)ca/gei au)ta/.<br />
10.4 o(/tan ta\ i)/<strong>di</strong>a pa/nta e)kba/lv,<br />
e)/mprosqen au)tw=n poreu/etai, kai\ ta\ pro/bata au)t%= a)kolouqei=,<br />
o(/ti oi)/dasin th\n fwnh\n au)tou=:<br />
10.5 a)llotri/% de\ ou) mh\ a)kolouqh/sousin, a)lla\ feu/contai a)p' au)tou=,<br />
o(/ti ou)k oi)/dasin tw=n a)llotri/wn th\n fwnh/n.<br />
10,3 A–costui il portinaio apre e le pecore la sua voce ascoltano<br />
e le proprie pecore chiama per nome e le conduce–fuori.<br />
10,4 Quando tutte le proprie (pecore) ha–messo–fuori,<br />
innanzi–ad esse cammina e le pecore lo seguono,<br />
perché conoscono la sua voce.<br />
10,5 Un estraneo invece non (lo) seguiranno mai, ma fuggiranno da lui,<br />
poiché non conoscono la voce degli estranei».<br />
«A costui il portinaio (thyrorós) apre»: il vero pastore può entrare, perché il portinaio gli<br />
apre. Nei Vangeli troviamo questo termine una volta in Mc 13,34, in una metafora<br />
escatologica, e <strong>al</strong>tre due volte in <strong>Giovanni</strong>, per in<strong>di</strong>care la portinaia che fa entrare Pietro e<br />
l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo nel recinto giudaico (18,17). Questo personaggio potrebbe rappresentare<br />
172
chiunque è incaricato da Dio a vegliare, affinché nessun intruso entri furtivamente nell'ovile.<br />
In ogni caso egli è un sud<strong>di</strong>to del vero Pastore, ne rispetta il potere e non può non aprirgli. I<br />
capi del popolo dovrebbero tutti <strong>di</strong>ventare come questo guar<strong>di</strong>ano onesto e permettere a<br />
Gesù <strong>di</strong> entrare.<br />
«Le proprie pecore chiama per nome...»: inizia ora una serie <strong>di</strong> attività delle qu<strong>al</strong>i<br />
cercheremo <strong>di</strong> capire il significato. Il pastore, che conosce ognuna delle pecore, le chiama<br />
in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>mente (per nome) a formare il suo gregge (è la vocazione o la chiamata a far parte<br />
<strong>della</strong> nuova comunità).<br />
«Le pecore la sua voce ascoltano»: i veri fedeli comprendono e osservano le sue parole,<br />
qui rappresentate d<strong>al</strong>l'immagine <strong>della</strong> VOCE, la qu<strong>al</strong>e ha un timbro <strong>di</strong>verso da persona a<br />
persona.<br />
«Le conduce fuori (’ex-ágo). Quando tutte le proprie pecore ha messo fuori (’ekbállo)...»:<br />
i fedeli vengono condotti fuori d<strong>al</strong> recinto giudaico in un nuovo esodo verso la<br />
libertà (il verbo del v. 4 ’ek-bállo è lo stesso usato in 2,15, per in<strong>di</strong>care l’azione che Gesù<br />
compì quando fece uscire le pecore d<strong>al</strong> tempio e in 9,34, per in<strong>di</strong>care la cacciata del cieco<br />
nato da parte delle autorità). Il famoso gesto simbolico delle pecore fatte uscire d<strong>al</strong> cortile<br />
del tempio preannunciava la futura azione liberatrice del Cristo e l'estromissione del cieco<br />
nato da parte dei capi, <strong>di</strong> fatto, favorisce l’opera <strong>di</strong> Gesù che conduce fuori i suoi fedeli.<br />
«Innanzi ad esse cammina e le pecore lo seguono»: Gesù, procedendo sempre davanti,<br />
in<strong>di</strong>ca la strada <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza e dona l'esempio facendo da guida. Le pecore fedeli lo<br />
seguono con prontezza, ascoltando e mettendo in pratica il suo insegnamento (questo<br />
costituisce il pascolo <strong>di</strong> cui parlerà nel v. 9). In questo brano il tema <strong>della</strong> sequela è messo<br />
in relazione con quello <strong>della</strong> vocazione e costituisce la risposta a t<strong>al</strong>e chiamata.<br />
«Perché conoscono la sua voce»: i veri fedeli sanno riconoscere la voce amica del<br />
Maestro. C’è in loro un particolare sesto senso che le mette in sintonia con lui.<br />
«Un estraneo... non lo seguiranno mai...»: Gesù afferma dunque che nessun f<strong>al</strong>so<br />
profeta, nessun capo illegittimo sarà mai ascoltato dai veri fedeli (essi hanno infatti il<br />
cosiddetto senso <strong>della</strong> fede che impe<strong>di</strong>sce loro <strong>di</strong> sbagliare). Le pecore (quelle docili), in<br />
questa <strong>al</strong>legoria, fanno una gran bella figura, come ha fatto il cieco nato.<br />
3. LA SIMILITUDINE NON VIENE COMPRESA (10,6)<br />
10.6 Tau/thn th\n paroimi/an ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
e)kei=noi de\ ou)k e)/gnwsan ti/na h)=n a( \ e)la/lei au)toi=j.<br />
10,6 Questa parabola <strong>di</strong>sse loro Gesù,<br />
essi però non compresero che–cosa erano le (parole che) <strong>di</strong>ceva loro.<br />
«Questa parabola <strong>di</strong>sse loro Gesù»: per in<strong>di</strong>care questo <strong>di</strong>scorso l'Evangelista usa il<br />
termine greco par-oimía (è composto da pará e da ’óime [racconto, canto] e significa:<br />
similitu<strong>di</strong>ne, proverbio). La vita dei pastori e dei loro greggi <strong>di</strong>venta simbolo e <strong>al</strong>legoria che<br />
aiuta a capire l'opera e la persona del Cristo. Semplificando, ve<strong>di</strong>amo che il Maestro utilizza<br />
tre forme per comunicare il suo pensiero: 1° il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto e aperto: quando le parole<br />
vengono intese nel significato corrente (ad es.: quando, parlando del tempio, Gesù vuole<br />
in<strong>di</strong>care il tempio <strong>di</strong> S<strong>al</strong>omone); 2° il <strong>di</strong>scorso metaforico o parabolico (quando invece <strong>di</strong>ce<br />
tempio per <strong>al</strong>ludere <strong>al</strong> suo corpo); 3° il gesto profetico (quando il Maestro libera il tempio,<br />
casa del Padre suo, dai mercanti) o il segno pro<strong>di</strong>gioso (ad esempio, quando Cristo farà<br />
risorgere il suo corpo). Gli stessi apostoli facevano fatica a capire le similitu<strong>di</strong>ni tanto che,<br />
tirando un sospiro <strong>di</strong> sollievo, durante l'Ultima Cena gli <strong>di</strong>cono: Ecco, adesso parli con<br />
chiarezza e non <strong>di</strong>ci nessuna similitu<strong>di</strong>ne: par-oimía (16,29). Però nessuno che parli un<br />
linguaggio spiritu<strong>al</strong>e può far a meno <strong>di</strong> utilizzare la forza comunicativa insita nei simboli e<br />
nelle an<strong>al</strong>ogie.<br />
«Non compresero...»: Gesù aveva fatto un <strong>di</strong>scorso misterioso in modo da creare<br />
interesse (secondo lo stile giovanneo): a parte la <strong>di</strong>fficoltà insita nel genere letterario delle<br />
173
parabole, il Maestro non aveva precisato chiaramente a chi si riferiva quando parlava <strong>di</strong><br />
pastore, <strong>di</strong> pecore, <strong>di</strong> ladri... I capi giudei, da parte loro, non erano certo <strong>di</strong>sposti ad<br />
ammettere che Cristo stesse parlando <strong>di</strong> sé come del vero Pastore e <strong>di</strong> loro come <strong>di</strong> briganti<br />
o <strong>di</strong> estranei o, nel migliore dei casi, come <strong>di</strong> semplici guar<strong>di</strong>ani. Danno quin<strong>di</strong> segn<strong>al</strong>i che<br />
facciano capire che non hanno compreso. La loro <strong>di</strong>fficoltà nel capire deriva soprattutto d<strong>al</strong><br />
fatto che sono ciechi nel cuore e che non sono pecore del gregge <strong>di</strong> Cristo, pur pretendendo<br />
<strong>di</strong> essere pastori insostituibili. Anche Davide, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il Profeta Natan aveva narrato una<br />
parabola pastor<strong>al</strong>e per rimproverarlo <strong>di</strong> essere uno che rubato una pecorella (la moglie <strong>di</strong><br />
Uria) e ne ha ucciso il pastore (Uria), non comprende il <strong>di</strong>scorso ed ha bisogno che il profeta<br />
gli <strong>di</strong>ca: Quell'uomo sei tu! (2 Sam 12,7).<br />
4. IO SONO LA PORTA DELLE PECORE (10,7-9)<br />
10.7 Ei)=pen ou)=n pa/lin au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti e)gw/ ei)mi h( qu/ra tw=n proba/twn.<br />
10.8 pa/ntej o(/soi h)=lqon pro\ e)mou= kle/ptai ei)si\n kai\ lvstai/,<br />
a)ll' ou)k h)/kousan au)tw=n ta\ pro/bata.<br />
10.9 e)gw/ ei)mi h( qu/ra: <strong>di</strong>' e)mou= e)a/n tij ei)se/lqv swqh/setai<br />
kai\ ei)seleu/setai kai\ e)celeu/setai kai\ nomh\n eu(rh/sei.<br />
10,7 Disse dunque <strong>di</strong>–nuovo a loro Gesù:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi: Io sono la porta delle pecore,<br />
10,8 tutti quelli–che sono–venuti prima–<strong>di</strong> me, sono ladri e briganti,<br />
ma le pecore non li hanno–ascoltati.<br />
10,9 Io sono la porta: se uno entra attraverso–<strong>di</strong> me, sarà–s<strong>al</strong>vato;<br />
ed entrerà ed uscirà e troverà pascolo.<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi»: il Maestro inizia da capo il suo <strong>di</strong>scorso spiegando con<br />
chiarezza a chi si riferiva. Se non <strong>al</strong>tro ha incuriosito i suoi u<strong>di</strong>tori che ora, a quanto pare, lo<br />
stanno ad ascoltare con maggiore attenzione.<br />
«Io sono la porta delle pecore »: Gesù ha intenzione <strong>di</strong> spiegare che lui è il Pastore<br />
(immagine animata) e che è anche la Porta (immagine inanimata). Egli, dunque, non solo<br />
entra legittimamente come vero Pastore, ma legittima coloro che sono chiamati ad essere<br />
pecore e pastori, o meglio, portinai. Si tratta <strong>di</strong> una affermazione molto importante, perché<br />
a Gerus<strong>al</strong>emme la Porta delle pecore esisteva davvero (cfr. 5,2) e, anche se in<strong>di</strong>rettamente,<br />
dava accesso <strong>al</strong> Tempio. Gesù si sta rivelando gradu<strong>al</strong>mente come la vera re<strong>al</strong>tà s<strong>al</strong>vifica<br />
che si sostituisce agli antichi simboli <strong>di</strong> Israele <strong>di</strong>ventati ormai solo esteriori e sterili.<br />
«Tutti quelli che sono venuti prima <strong>di</strong> me, sono ladri...»: Gesù fa riferimento <strong>al</strong>l'ambiente<br />
nel qu<strong>al</strong>e probabilmente si trova (il tempio), <strong>al</strong>la sua struttura (la porta del tempio e l'atrio) e<br />
<strong>al</strong>la sua storia (<strong>al</strong>le varie <strong>di</strong>nastie sacerdot<strong>al</strong>i compresa quella attu<strong>al</strong>e). Abbiamo qui una<br />
semplificazione: Gesù non si riferisce a tutti in senso assoluto (<strong>al</strong>trimenti includerebbe<br />
anche i veri profeti), ma ai f<strong>al</strong>si maestri o messia, venuti per i propri interessi (tra questi ci<br />
sono anche i capi del popolo lì presenti).<br />
«Ma le pecore non li hanno ascoltati»: è proprio quello che sta avvenendo sotto gli occhi<br />
<strong>di</strong> tutti: il cieco nato è un esempio tipico.<br />
«Se uno entra attraverso <strong>di</strong> me sarà s<strong>al</strong>vato»: ora il significato del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>venta<br />
duplice nel senso che quell'uno <strong>di</strong> cui parla riguarda sia le pecore (i fedeli) che i capi (i qu<strong>al</strong>i<br />
prima <strong>di</strong> essere pastori, devono essere docili pecore). Gesù evita <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> recinto: non è<br />
venuto a creare innanzi tutto un'istituzione o una struttura, ma una comunità (il nuovo<br />
gregge). Chi passa attraverso <strong>di</strong> lui (unica vera via) entra dunque nella nuova comunità ed<br />
ottiene la s<strong>al</strong>vezza.<br />
«Entrerà ed uscirà»: questa espressione (entrare ed uscire), come quella equiv<strong>al</strong>ente<br />
andare e venire, è un semitismo che in<strong>di</strong>ca tutta l’attività <strong>di</strong> una persona (Nm 27,17; Ger<br />
37,4; At 1,21). In questa espressione possiamo vedere anche ulteriori significati: entrare può<br />
voler <strong>di</strong>re: mettersi <strong>al</strong> sicuro, entrare in comunione, raggiungere l'intimità con Dio; uscire<br />
174
significa: essere libero, poter andare verso il mondo esteriore per evangelizzare... Ad ogni<br />
modo entrare e uscire non sono messi tanto in relazione con il recinto (che contiene<br />
prev<strong>al</strong>entemente l’idea <strong>di</strong> chiusura), ma piuttosto con la porta che è Cristo e che contiene<br />
maggiormente l’idea <strong>di</strong> apertura.<br />
«Troverà pascolo»: questa persona non soffrirà mai più la fame. Pertanto la s<strong>al</strong>vezza, <strong>di</strong><br />
cui ha parlato, si esprime nell'avere libertà <strong>di</strong> movimento e nell'avere il nutrimento<br />
assicurato (6,35).<br />
Gv 14,6 Gesù gli <strong>di</strong>sse: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno va <strong>al</strong> Padre se non<br />
attraverso <strong>di</strong> me».<br />
5. IO SONO VENUTO AFFINCHÉ ABBIANO LA VITA (10,10)<br />
10.10 o( kle/pthj ou)k e)/rxetai ei) mh\ i(/na kle/yv kai\ qu/sv kai\ a)pole/sv:<br />
e)gw\ h)=lqon i(/na zwh\n e)/xwsin kai\ perisso\n e)/xwsin.<br />
10,10 Il ladro non viene se non per rubare e (per) uccidere e (per) far–perire;<br />
io sono–venuto, affinché abbiano (la) vita e (l')abbiano in–abbondanza.<br />
«Il ladro non viene se non per rubare e per uccidere...»: usando il metodo del contrasto<br />
Gesù mette in evidenza le sue intenzioni, che sono ben <strong>di</strong>verse da quelle del brigante che<br />
cerca <strong>di</strong> rubare e che, per far questo, è pronto ad UCCIDERE (simbolo <strong>della</strong> morte eterna,<br />
<strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione definitiva).<br />
«Io sono venuto, affinché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza...»: il motivo per cui<br />
Cristo viene, come Pastore e come Porta, è la pienezza <strong>della</strong> VITA dei suoi fedeli. Il tema<br />
<strong>della</strong> Vita è fondament<strong>al</strong>e in questo <strong>di</strong>scorso. Molti dei capi purtroppo erano pronti a dare la<br />
morte, non solo <strong>al</strong>le pecore, ma anche <strong>al</strong> Pastore.<br />
6. IO SONO IL BUON PASTORE (10,11-13)<br />
10.11 )Egw/ ei)mi o( poimh\n o( k<strong>al</strong>o/j:<br />
o( poimh\n o( k<strong>al</strong>o\j th\n yuxh\n au)tou= ti/qhsin u(pe\r tw=n proba/twn:<br />
10.12 o( misqwto\j kai\ ou)k w)\n poimh/n,<br />
ou(= ou)k e)/stin ta\ pro/bata i)/<strong>di</strong>a,<br />
qewrei= to\n lu/kon e)rxo/menon kai\ a)fi/hsin ta\ pro/bata kai\ feu/gei<br />
kai\ o( lu/koj a(rpa/zei au)ta\ kai\ skorpi/zei<br />
10.13 o(/ti misqwto/j e)stin kai\ ou) me/lei au)t%= peri\ tw=n proba/twn.<br />
10,11 Io sono il Pastore, (quel)lo buono [bello];<br />
il Pastore, (quel)lo buono [bello], depone la sua anima per le pecore;<br />
10,12 il mercenario e (chi) non è pastore,<br />
<strong>al</strong>–qu<strong>al</strong>e le pecore non sono proprie,<br />
vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge<br />
e il lupo le rapisce e (le) <strong>di</strong>sperde,<br />
10,13 poiché (egli) è mercenario e non gli importa delle pecore.<br />
«Io sono il Pastore, quello buono [bello]»: fin<strong>al</strong>mente Gesù, usando un'immagine<br />
animata (quin<strong>di</strong> più chiara e impegnativa) spiega <strong>di</strong> essere lui il vero pastore messianico.<br />
Come sempre motiva anche la sua affermazione, in base ai criteri che man mano ha fornito<br />
fin d<strong>al</strong>l'inizio: egli entra per la porta, fa cose giuste e p<strong>al</strong>esi, agisce per il bene, favorisce la<br />
libertà, aiuta a vivere...<br />
«Il Pastore, quello buono, depone la sua anima (psykhé) per le pecore»: ecco ora la<br />
prova maggiore per <strong>di</strong>mostrare che lui è veramente il buon Pastore. Egli offre la sua vita<br />
(psiche) fino a perderla, per s<strong>al</strong>vare i credenti, con la facilità con cui si depone un abito del<br />
qu<strong>al</strong>e poco dopo ci si riveste nuovamente (cfr. 13,4.12).<br />
«Il mercenario... vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge»: ritorna l’uso del<br />
contrasto tra il Pastore vero e quello f<strong>al</strong>so. Quest’ultimo abbandona le pecore <strong>al</strong>la ferocia<br />
175
del lupo per s<strong>al</strong>vare se stesso, perché non le ama, essendo il denaro il suo unico interesse.<br />
Lupo e mercenario raffigurano rispettivamente lo spirito del m<strong>al</strong>e e l'apostolo ven<strong>al</strong>e.<br />
«Chi non è pastore, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e le pecore non sono proprie...»: Gesù invece ne ha il<br />
possesso, non nel senso che le pecore sono da lui schiavizzate, ma nel senso che c’è un forte<br />
legame affettivo che lo lega ai suoi fedeli d<strong>al</strong> momento che il Padre glieli ha affidati come<br />
un dono (cfr. 28-29).<br />
«Il lupo le rapisce e le <strong>di</strong>sperde...»: questo anim<strong>al</strong>e predatore rappresenta il demonio e<br />
coloro che ne favoriscono l’attività. Il mercenario <strong>di</strong>venta complice del lupo, anzi <strong>di</strong>venta<br />
lupo egli stesso. Prima <strong>di</strong> uccidere, ruba e porta <strong>di</strong>visione.<br />
7. CONOSCO LE MIE PECORE ED ESSE CONOSCONO ME (10,14-16)<br />
10.14 )Egw/ ei)mi o( poimh\n o( k<strong>al</strong>o/j<br />
kai\ ginw/skw ta\ e)ma\ kai\ ginw/skousi/ me ta\ e)ma/,<br />
10.15 kaqw\j ginw/skei me o( path\r ka)gw\ ginw/skw to\n pate/ra,<br />
kai\ th\n yuxh/n mou ti/qhmi u(pe\r tw=n proba/twn.<br />
10.16 kai\ a)/lla pro/bata e)/xw a(\ ou)k e)/stin e)k th=j au)lh=j tau/thj:<br />
ka)kei=na dei= me a)gagei=n kai\ th=j fwnh=j mou a)kou/sousin,<br />
kai\ genh/sontai mi/a poi/mnh, ei(=j poimh/n.<br />
10,14 Io sono il Pastore, (quel)lo buono [bello],<br />
e conosco le mie (pecore) e le mie conoscono me,<br />
10,15 come il Padre conosce me e–io conosco il Padre<br />
e depongo la mia anima per le pecore.<br />
10,16 E ho <strong>al</strong>tre pecore che non sono da questo recinto,<br />
anch'esse io devo condurre e la mia voce ascolteranno<br />
e ci–sarà un–solo gregge, un–solo pastore.<br />
«Io sono il Pastore, quello buono»: Gesù riba<strong>di</strong>sce la sua forte affermazione e la motiva<br />
con il fatto che esiste un'intima conoscenza reciproca tra lui ed i suoi fedeli (cfr. anche 10,3-<br />
4).<br />
«Conosco le mie pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco<br />
il Padre»: la conoscenza, permeata <strong>di</strong> amore, che lui ha dei fedeli (detti con affetto: mie<br />
pecore) e che questi hanno <strong>di</strong> lui è t<strong>al</strong>mente grande che è paragonabile a quella che esiste tra<br />
il Padre e lui stesso. Sovente <strong>Giovanni</strong> presenta la comunione tra il Padre ed il Figlio come<br />
esempio, modello e fondamento <strong>di</strong> quella tra Cristo e i <strong>di</strong>scepoli (6,57; 15,9-10; 17,22;<br />
20,21).<br />
«Ho <strong>al</strong>tre pecore che non sono da questo recinto (’aulé)»: se il recinto è il vecchio<br />
Israele, le <strong>al</strong>tre pecore rappresentano i pagani chiamati <strong>al</strong>la fede. Gesù si riferisce dunque<br />
anche a noi, nati dopo duemila anni, d<strong>al</strong> momento che i verbi sono <strong>al</strong> futuro. Gesù sente il<br />
dovere <strong>di</strong> condurre tutti <strong>al</strong>l'unità, perché esista un solo gregge sotto la guida <strong>di</strong> lui, unico<br />
Pastore (Ez 34,23).<br />
«Anch'esse io devo (dêi) condurre»: nella parola devo vi è tutta l'urgenza che è insita<br />
nell'opera redentrice (cfr. 3,14; 9,4; 12,34; 20,9). Il condurre implica (da parte del Pastore)<br />
il precedere e (da parte delle pecore) il seguire.<br />
«La mia voce ascolteranno e ci sarà un solo gregge, un solo pastore»: la FEDE nelle<br />
parole dell'unico Pastore è la sorgente dell'unità per i fedeli <strong>di</strong> tutti i luoghi e <strong>di</strong> tutti i tempi.<br />
Il Signore assicura profeticamente che la fede ci sarà, <strong>di</strong>cendo ascolteranno. Egli non usa<br />
l'immagine del recinto, simbolo dell'istituzione, ma solo quella <strong>di</strong> gregge, che in<strong>di</strong>ca la<br />
Comunità o Chiesa.<br />
Apc 7,17 L'Agnello che sta in mezzo <strong>al</strong> trono sarà il loro Pastore e li guiderà <strong>al</strong>le<br />
sorgenti <strong>della</strong> vita.<br />
176
8. DEPONGO LA MIA ANIMA E HO POTERE DI RIPRENDERLA (10,17-18)<br />
10.17 <strong>di</strong>a\ tou=to/ me o( path\r a)gap#= o(/ti e)gw\ ti/qhmi th\n yuxh/n mou,<br />
i(/na pa/lin la/bw au)th/n.<br />
10.18 ou)dei\j ai)/rei au)th\n a)p' e)mou=, a)ll' e)gw\ ti/qhmi a)p' e)mautou=.<br />
e)cousi/an e)/xw qei=nai au)th/n, kai\ e)cousi/an e)/xw pa/lin labei=n au)th/n:<br />
tau/thn th\n e)ntolh\n e)/labon para\ tou= patro/j mou.<br />
10,17 Per questo il Padre mi ama, perché io depongo la mia anima,<br />
affinché <strong>di</strong>–nuovo la riprenda.<br />
10,18 Nessuno da me la toglie, ma io (la) depongo da me–stesso.<br />
Ho potere (<strong>di</strong>) deporla e ho potere (<strong>di</strong>) prenderla <strong>di</strong>–nuovo;<br />
questo comando ho–ricevuto d<strong>al</strong> Padre mio!»<br />
«Per questo il Padre mi ama, perché io depongo la mia anima»: Gesù in ogni istante<br />
percepisce la bellezza dell'amore del Padre verso <strong>di</strong> lui, d<strong>al</strong> momento che egli è <strong>di</strong>sposto,<br />
corrispondendo <strong>al</strong> suo amore, a dare la sua vita per s<strong>al</strong>varne i figli. Ce lo rivela con<br />
entusiasmo; egli ama il Padre e sa <strong>di</strong> essere contraccambiato: questa è la sua gioia.<br />
«Affinché <strong>di</strong> nuovo la riprenda»: ha sempre presente la prospettiva <strong>della</strong> risurrezione.<br />
«Nessuno da me la toglie, ma io la depongo da me stesso»: la morte <strong>di</strong> Cristo non<br />
<strong>di</strong>pende, in ultima an<strong>al</strong>isi, da una decisione m<strong>al</strong>vagia degli uomini, ma da una sua libera<br />
scelta, fatta per amore.<br />
«Ho potere (’exusía) <strong>di</strong> deporla e... <strong>di</strong> prenderla <strong>di</strong> nuovo»: Gesù considera la capacità <strong>di</strong><br />
donare la sua vita come un potere. Egli ha il potere <strong>di</strong> donare la vita e il potere <strong>di</strong><br />
riprenderla, risuscitando dai morti (5,26). La capacità <strong>di</strong> morire per nostro amore non è<br />
meno importante <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> risorgere. Ecco qu<strong>al</strong>e è il suo unico grande potere che il Padre<br />
gli ha dato: sacrificarsi per noi nella certezza <strong>della</strong> risurrezione. Forse ci sorprende questo<br />
linguaggio: ma il saper morire e soffrire per amore <strong>di</strong> Dio è davvero un grande potere che<br />
Dio ci può dare.<br />
«Questo comando ho ricevuto d<strong>al</strong> Padre mio»: non è <strong>di</strong>fficile per noi capire che Gesù<br />
interpreti il suo sacrificio come la sua libera accoglienza <strong>di</strong> un comando ricevuto d<strong>al</strong> Padre<br />
suo in vista <strong>della</strong> nostra s<strong>al</strong>vezza. Ci meraviglia invece il fatto che egli interpreti il glorioso<br />
potere <strong>di</strong> risorgere come la re<strong>al</strong>izzazione <strong>di</strong> un comando del Padre: egli pertanto non si<br />
deprime per la sua morte e non si es<strong>al</strong>ta per la sua vittoria. Sa che entrambi sono la volontà<br />
del Padre e li vede tutti e due come un dovere, che egli re<strong>al</strong>izza con tutta umiltà. Questo ci<br />
fa capire che per Gesù il Padre è davvero tutto e che per lui non fa <strong>di</strong>fferanza la croce o il<br />
trionfo quando sono la volontà <strong>di</strong> Dio.<br />
9. CI FU DI NUOVO DIVISIONE (10,19-21)<br />
10.19 Sxi/sma pa/lin e)ge/neto e)n toi=j )Ioudai/oij <strong>di</strong>a\ tou\j lo/gouj tou/touj.<br />
10.20 e)/legon de\ polloi\ e)c au)tw=n,<br />
Daimo/nion e)/xei kai\ mai/netai: ti/ au)tou= a)kou/ete;<br />
10.21 a)/lloi e)/legon, Tau=ta ta\ r(h/mata ou)k e)/stin daimonizome/nou:<br />
mh\ daimo/nion du/natai tuflw=n o)fq<strong>al</strong>mou\j a)noi=cai;<br />
10,19 Ci fu <strong>di</strong>–nuovo <strong>di</strong>visione nei Giudei per queste parole.<br />
10,20 Dicevano infatti molti <strong>di</strong> essi:<br />
«Ha (un) demonio e delira; perché lo ascoltate?»<br />
10,21 Altri <strong>di</strong>cevano: «Queste parole non sono <strong>di</strong>–un–indemoniato;<br />
forse–che (un) demonio può aprire (gli) occhi de(i)–ciechi?».<br />
«Ci fu <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>visione (skhísma)...»: siamo ormai abituati a vedere che la folla si<br />
spacca in due. Qui la <strong>di</strong>visione avviene <strong>al</strong>l’interno delle stesse autorità giudaiche.<br />
«Dicevano molti <strong>di</strong> essi: Ha un demonio e delira...»: molti purtroppo pensano che un<br />
demonio lo abbia fatto impazzire e criticano coloro che ancora lo stanno ad ascoltare. La<br />
parabola sembra a loro un delirio.<br />
177
«Altri <strong>di</strong>cevano: Queste parole non sono <strong>di</strong> un indemoniato...»: qu<strong>al</strong>cuno (una<br />
minoranza) invece si rende conto che la sapienza delle sue parole non è certo tipica degli<br />
indemoniati, ma dei profeti, e pensa che la guarigione <strong>di</strong> un cieco nato (e <strong>di</strong> tanti ciechi:<br />
plur<strong>al</strong>e) non può essere opera <strong>di</strong> satana. Questi sono coloro che, insieme <strong>al</strong> cieco guarito, si<br />
avviano ad entrare nel gregge <strong>di</strong> Cristo.<br />
RIFLESSIONI CONCLUSIVE<br />
Le icone, che Gesù ci presenta, sia ispirandosi a tematiche bibliche e <strong>al</strong>la vita pastor<strong>al</strong>e,<br />
sia <strong>al</strong>ludendo <strong>al</strong> tempio e <strong>al</strong>la sua storia, sono veramente suggestive. Il PASTORE e le<br />
PECORE, l'OVILE e il PASCOLO, la PORTA e il PORTINAIO, la VOCE e la<br />
CHIAMATA, l'USCIRE e l'ENTRARE, la GUIDA e la SEQUELA... sono immagini piene<br />
<strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong> poesia, che ben descrivono la missione messianica del Signore. Vi<br />
sono anche le figure negative del LADRO, del BRIGANTE, del LUPO e del<br />
MERCENARIO. Tutte sono coor<strong>di</strong>nate in una descrizione ora serena, ora drammatica, in<br />
modo da far vibrare i nostri animi nel profondo.<br />
Emergono anche <strong>al</strong>cuni temi importanti: quello <strong>della</strong> VITA del Pastore, donata<br />
liberamente perché le pecore abbiano la VITA in abbondanza; il tema del GREGGE o <strong>della</strong><br />
comunità <strong>di</strong> cui Cristo è Pastore, Guida e Maestro. Gesù evidenzia anche la necessità<br />
dell'unità del gregge e dell'unicità del Pastore. Implicitamente ci fa capire che non vi è <strong>al</strong>tro<br />
Pastore <strong>al</strong>l’infuori <strong>di</strong> lui.<br />
Il tema <strong>della</strong> FEDE è presente in quello dell'ASCOLTO <strong>della</strong> voce, <strong>della</strong><br />
CONOSCENZA vit<strong>al</strong>e e <strong>della</strong> SEQUELA. Come sempre, poi, Gesù preannuncia il<br />
f<strong>al</strong>limento dei f<strong>al</strong>si pastori (le pecore non li hanno seguiti), mentre lui, dopo aver dato la<br />
vita, risorgerà secondo il comando del Padre (Evento pasqu<strong>al</strong>e). Alla fine ci sarà una sola<br />
comunità con un solo Pastore. È fondament<strong>al</strong>e l'accenno <strong>al</strong>le relazioni <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong><br />
amore tra Gesù e il PADRE.<br />
Questa <strong>al</strong>legoria si inserisce bene nella logica complessiva del <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>:<br />
deriva da quella ment<strong>al</strong>ità simbolica con la qu<strong>al</strong>e il Signore si esprime. Egli, partendo d<strong>al</strong>le<br />
re<strong>al</strong>tà visibili descritte in tutta la loro bellezza (il vento, l’acqua zampillante, i campi <strong>di</strong><br />
grano…), ci aiuta a presagire lo splendore del mondo spiritu<strong>al</strong>e e ad entrare con natur<strong>al</strong>ezza<br />
nel mondo <strong>di</strong> Dio. La superiore bellezza <strong>di</strong>vina ed i v<strong>al</strong>ori eterni si riflettono, poi, su queste<br />
stesse re<strong>al</strong>tà terrene, le qu<strong>al</strong>i si caricano ai nostri occhi <strong>di</strong> significati e <strong>di</strong> potenzi<strong>al</strong>ità che<br />
danno pienezza <strong>al</strong> nostro vivere umano, <strong>di</strong>ventando icone e simboli del soprannatur<strong>al</strong>e, fino<br />
ad essere in <strong>al</strong>cuni casi Sacramenti <strong>della</strong> presenza del Cristo, strumenti efficaci <strong>della</strong> grazia<br />
dello Spirito <strong>San</strong>to (come avviene per l'acqua nel Battesimo, per il Pane eucaristico o per<br />
l’olio profumato nella Cresima).<br />
Questo brano è utile per un <strong>di</strong>scorso pastor<strong>al</strong>e e vocazion<strong>al</strong>e.<br />
178
IO SONO IL FIGLIO DI DIO Unità 18<br />
La fede nel Messia, Figlio <strong>di</strong> Dio (Gv 10,22-42)<br />
Questo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con i Giudei dà a Gesù l'occasione <strong>di</strong> fare l'ultimo <strong>di</strong>scorso su <strong>di</strong> sé nel<br />
tempio prima <strong>della</strong> settimana prepasqu<strong>al</strong>e. Esso riveste perciò una grande importanza.<br />
L'Unità si articola in sei punti: <strong>al</strong>la domanda sulla sua identità (1) Gesù risponde che lui<br />
ed il Padre sono una Cosa Sola (2). Ai Giudei che <strong>al</strong>lora lo accusano <strong>di</strong> volersi fare Dio (3)<br />
replica che egli è il Figlio <strong>di</strong> Dio (4) e che il Padre è in lui ed egli nel Padre (5). Dopo queste<br />
parole molti credono in lui (6).<br />
1. SE TU SEI IL CRISTO, DICCELO (10,22-24)<br />
10.22 )Ege/neto to/te ta\ e)gkai/nia e)n toi=j (Ierosolu/moij, xeimw\n h)=n,<br />
10.23 kai\ periepa/tei o( )Ihsou=j e)n t%= i(er%= e)n tv= sto#= tou= Solomw=noj.<br />
10.24 e)ku/klwsan ou)=n au)to\n oi( )Ioudai=oi kai\ e)/legon au)t%=,<br />
(/Ewj po/te th\n yuxh\n h(mw=n ai)/reij;<br />
ei) su\ ei)= o( Xristo/j, ei)pe\ h(mi=n parrhsi/#.<br />
10,22 Vi–fu <strong>al</strong>lora la (festa <strong>della</strong>) De<strong>di</strong>cazione in Gerus<strong>al</strong>emme; era inverno,<br />
10,23 e Gesù camminava nel tempio, nel portico <strong>di</strong>–S<strong>al</strong>omone.<br />
10,24 Lo circondarono dunque i Giudei e gli <strong>di</strong>cevano:<br />
«Fino–a quando l'anima nostra terrai–sospesa?<br />
Se tu sei il Cristo, <strong>di</strong>llo a–noi con–chiarezza!».<br />
«La festa <strong>della</strong> De<strong>di</strong>cazione»: questa festa commemorava la consacrazione del Tempio<br />
ad opera <strong>di</strong> Giuda Maccabeo avvenuta nel <strong>di</strong>cembre del 165 a. C. (1 Mac 4,52; 2 Mac 1,9).<br />
Durava una settimana e riproponeva la luminaria propria <strong>della</strong> festa delle Capanne (2 Mac<br />
10,6). Improvvisamente l'Evangelista ci presenta un episo<strong>di</strong>o dandoci le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> tempo<br />
e <strong>di</strong> luogo (senza precisare però l'anno). Tutto questo può voler <strong>di</strong>re che siamo a tre mesi<br />
dagli episo<strong>di</strong> narrati prima? Non è questo quello che possiamo sapere o che dobbiamo<br />
cercare: quello che <strong>Giovanni</strong> vuole in fondo comunicarci è che la stagione pubblica del<br />
Cristo si conclude, durante una festa invern<strong>al</strong>e, con un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con i capi; <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo che ha<br />
quasi lo stesso contenuto del processo giu<strong>di</strong>zi<strong>al</strong>e che avvenne, secondo i Sinottici, davanti <strong>al</strong><br />
Sommo Sacerdote durante la Passione.<br />
«Era inverno... Gesù camminava... nel portico <strong>di</strong> S<strong>al</strong>omone»: questa descrizione ci fa<br />
capire che la stagione era fredda e piovosa. L'annotazione che era inverno ha però anche un<br />
v<strong>al</strong>ore simbolico: <strong>al</strong>lude <strong>al</strong> clima <strong>di</strong> freddezza e <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o creato da molti Giudei ostili. Il<br />
ricordo <strong>di</strong> S<strong>al</strong>omone, figlio <strong>di</strong> Davide e re <strong>di</strong> Israele, collega il presente con il passato, carico<br />
<strong>di</strong> speranze e <strong>di</strong> promesse messianiche (S<strong>al</strong> 18,51).<br />
«Lo circondarono dunque i Giudei»: Gesù appare solo, circondato da lupi, senza via <strong>di</strong><br />
uscita.<br />
«Fino a quando l'anima nostra terrai sospesa?»: ve<strong>di</strong>amo in questa espressione il<br />
tormento dell'incredulità, che si maschera <strong>di</strong> finto interesse per la verità. Per i capi la colpa<br />
<strong>di</strong> tutte le loro sofferenze e <strong>di</strong>visioni è del Cristo, che non parla apertamente. Lo invitano<br />
pertanto a rivelare con franchezza (par-resía) la sua vera identità.<br />
«Se tu sei il Cristo, <strong>di</strong>llo a noi con chiarezza (par-resía)»: la questione dell'identità <strong>di</strong><br />
Gesù è il tema centr<strong>al</strong>e del <strong>Vangelo</strong> giovanneo; qui la domanda è più stringente <strong>di</strong> quando<br />
gli chiesero: Chi sei? (8,25). Gesù ora ha solo due possibilità nella risposta: è costretto a<br />
<strong>di</strong>re se è o non è il Messia. In Luca questa domanda viene fatta quasi con le stesse parole dai<br />
giu<strong>di</strong>ci del sinedrio (Lc 22,67). Che Gesù fosse il Cristo l'avevano capito subito Andrea e<br />
<strong>Giovanni</strong>. Alla Samaritana, poi, Gesù l'aveva detto chiaramente. Anche Marta fa<br />
apertamente la sua professione <strong>di</strong> fede in Gesù come Messia. Ma i Giudei, che avevano<br />
179
deciso <strong>di</strong> scomunicare chi lo avesse riconosciuto come il Cristo, non erano nelle migliori<br />
con<strong>di</strong>zioni per accettarlo come il Messia. E noi abbiamo desiderio <strong>di</strong> conoscere veramente il<br />
Signore?<br />
2. IO E IL PADRE SIAMO UNA COSA SOLA (10,25-30)<br />
10.25 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j, Ei)=pon u(mi=n kai\ ou) pisteu/ete:<br />
ta\ e)/rga a(\ e)gw\ poiw= e)n t%= o)no/mati tou= patro/j mou tau=ta marturei= peri\ e)mou=:<br />
10.26 a)lla\ u(mei=j ou) pisteu/ete, o(/ti ou)k e)ste\ e)k tw=n proba/twn tw=n e)mw=n.<br />
10.27 ta\ pro/bata ta\ e)ma\ th=j fwnh=j mou a)kou/ousin,<br />
ka)gw\ ginw/skw au)ta/ kai\ a)kolouqou=si/n moi,<br />
10.28 ka)gw\ <strong>di</strong>/dwmi au)toi=j zwh\n ai)w/nion kai\ ou) mh\ a)po/lwntai ei)j to\n ai)w=na<br />
kai\ ou)x a(rpa/sei tij au)ta\ e)k th=j xeiro/j mou.<br />
10.29 o( path/r mou o(\ de/dwke/n moi pa/ntwn mei=zo/n e)stin,<br />
kai\ ou)dei\j du/natai a(rpa/zein e)k th=j xeiro\j tou= patro/j.<br />
10.30 e)gw\ kai\ o( path\r e(/n e)smen.<br />
10,25 Rispose loro Gesù: «Ve (l')ho–detto e non credete;<br />
le opere che io faccio nel nome del Padre mio, queste testimoniano riguardo–a me!<br />
10,26 Ma voi non credete, perché non siete d<strong>al</strong>le pecore, (quel)le mie.<br />
10,27 Le pecore, (quel)le mie, ascoltano la mia voce<br />
e–io le conosco e mi seguono,<br />
10,28 e–io dono loro (la) vita eterna e non periranno mai in eterno<br />
e nessuno le rapirà d<strong>al</strong>la mia mano.<br />
10,29 Il Padre mio, che me (le) ha–date, è più–grande <strong>di</strong>–tutti<br />
e nessuno può rapir(le) d<strong>al</strong>la mano del Padre mio.<br />
10,30 Io e il Padre siamo una (cosa sola)!».<br />
«Ve l'ho detto e non credete»: Gesù non fa come il Battista, il qu<strong>al</strong>e nega con forza <strong>di</strong><br />
essere il Messia. Egli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> averlo rivelato, ma <strong>di</strong> non esser stato creduto (cfr. la risposta <strong>al</strong><br />
Sinedrio che troviamo in Lc 22,67: Se ve lo <strong>di</strong>co, non credete). Il clima è quello del giu<strong>di</strong>zio<br />
fin<strong>al</strong>e che nei Sinottici verte sull'identità <strong>di</strong> Gesù, mentre in <strong>Giovanni</strong> sulla sua dottrina ed i<br />
suoi <strong>di</strong>scepoli (18,19). Certo, qui Gesù non afferma, come fa <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la Samaritana:<br />
Sono io! Quella donna si era aperta <strong>al</strong> <strong>di</strong>scorso sull'adorazione <strong>al</strong> Padre in spirito e verità;<br />
aveva accettato <strong>di</strong> dover ancora scoprire chi era Dio e non aveva contestato che la s<strong>al</strong>vezza<br />
veniva dai Giudei.<br />
«Le opere che io faccio nel nome del Padre mio, queste testimoniano riguardo a me»:<br />
Gesù, <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la pretesa <strong>di</strong> una risposta verb<strong>al</strong>e, la qu<strong>al</strong>e non farebbe <strong>al</strong>tro che <strong>al</strong>imentare<br />
una polemica senza fine, propone loro <strong>di</strong> guardare ai fatti. Egli dunque fa appello, per<br />
s<strong>al</strong>varli d<strong>al</strong>l'incredulità, <strong>al</strong>l'unica prova che essi sono in grado <strong>di</strong> an<strong>al</strong>izzare: le opere (cfr.<br />
5,36). Abbiamo visto però con qu<strong>al</strong>e abilità essi riescono a creare una cortina fumogena<br />
anche sui fatti più lampanti.<br />
«Nel nome del Padre mio»: Gesù, che non <strong>di</strong>mentica mai la sua qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Figlio che<br />
agisce nel nome <strong>di</strong>vino del Padre (Padre mio), chiarisce, con questa precisazione, il vero<br />
v<strong>al</strong>ore dei segni che compie. Essi sono da lui compiuti su mandato e con la forza del Padre<br />
stesso. Pertanto sono opere <strong>di</strong> Dio (9,3).<br />
«Non credete, perché non siete delle mie pecore...»: questa motivazione dell'incredulità è<br />
simile a quelle già addotte in passato: «Non siete da Dio (8,47); Non conoscete colui che mi<br />
ha mandato (7,29)». La <strong>di</strong>fferenza sta nel fatto che qui Gesù usa il simbolismo delle pecore,<br />
tipico del cap. 10.<br />
«Le pecore, quelle mie, ascoltano la mia voce e io le conosco e mi seguono...»: nei vv.<br />
26-29 Gesù riprende, con qu<strong>al</strong>che variante, la similitu<strong>di</strong>ne dei v. 1-18 (stile ciclico). Qui<br />
Gesù richiama tre dei molti aspetti che caratterizzano il rapporto tra il Buon pastore e le<br />
pecore: l'ascolto, la conoscenza (che include l’amore), la sequela.<br />
180
«Dono loro la vita eterna e non periranno mai in eterno»: riba<strong>di</strong>sce la fin<strong>al</strong>ità centr<strong>al</strong>e<br />
<strong>della</strong> sua opera: fare il dono fondament<strong>al</strong>e <strong>della</strong> Vita eterna a coloro che lo ascoltano e lo<br />
seguono e, inoltre, garantire questo dono, deludendo così chi li vuol far perire (10,10).<br />
«Il Padre mio, che me le ha date, è più grande <strong>di</strong> tutti»: egli, per confermare la sua<br />
affermazione, proclama la grandezza invincibile del Padre che gli ha donato e affidato<br />
queste pecorelle (questo egli non lo <strong>di</strong>mentica mai: cfr. 6,37).<br />
«Nessuno le rapirà d<strong>al</strong>la mia mano... nessuno può rapirle d<strong>al</strong>la mano del Padre»: queste<br />
due espressioni sottolineano l’uguaglianza del Padre e del Cristo nella <strong>di</strong>fesa tot<strong>al</strong>e del<br />
gregge. Davvero stupenda è l'immagine delle mani amorevoli <strong>di</strong> Gesù e del Padre, viste<br />
come custo<strong>di</strong>a, rifugio e protezione del fedele.<br />
«Io e il Padre siamo una cosa sola!»: Gesù conclude affermando che non solo l'attività<br />
sua coincide con quella del Padre e viceversa, ma anche che egli, in quanto <strong>al</strong>l'essere,<br />
costituisce una cosa sola con il Padre. L’attività concorde dei due si basa sul fatto che essi<br />
sono una cosa sola, cioè un unico Dio. Con questa affermazione la rivelazione del Signore<br />
raggiunge il vertice supremo. A Gesù non basta rivelarsi come il Messia, ma, superando la<br />
richiesta dei suoi stessi ascoltatori, svela <strong>di</strong> essere Dio (confrontiamo questa affermazione<br />
con quanto detto nella Preghiera dell'Ora: 17,26 e nel Prologo: 1,1).<br />
3. ESSENDO UOMO, TI FAI DIO (10,31-33)<br />
10.31 )Eba/stasan pa/lin li/qouj oi( )Ioudai=oi i(/na liqa/swsin au)to/n.<br />
10.32 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
Polla\ e)/rga k<strong>al</strong>a\ e)/deica u(mi=n e)k tou= patro/j:<br />
<strong>di</strong>a\ poi=on au)tw=n e)/rgon e)me\ liqa/zete;<br />
10.33 a)pekri/qhsan au)t%= oi( )Ioudai=oi,<br />
Peri\ k<strong>al</strong>ou= e)/rgou ou) liqa/zome/n se a)lla\ peri\ blasfhmi/aj,<br />
kai\ o(/ti su\ a) /nqrwpoj w)\n poiei=j seauto\n qeo/n.<br />
10,31 Portarono nuovamente (delle) pietre i Giudei per lapidarlo.<br />
10,32 Rispose loro Gesù:<br />
«Molte opere belle [buone] ho–mostrato a–voi d<strong>al</strong> Padre;<br />
per qu<strong>al</strong>e opera <strong>di</strong>–queste mi lapidate?».<br />
10,33 Risposero a–lui i Giudei:<br />
«Per (un')opera bella [buona] non ti lapi<strong>di</strong>amo, ma per (la) bestemmia,<br />
e (cioè) perché tu, essendo uomo, ti fai Dio!».<br />
«Portarono nuovamente delle pietre i Giudei per lapidarlo»: segno che, avendo capito la<br />
in<strong>di</strong>cibile portata dell'affermazione del Cristo, non la accettano assolutamente (nuovamente:<br />
cfr. 8,59).<br />
«Molte opere belle ho mostrato a voi d<strong>al</strong> Padre»: Gesù per ora non sfugge ai suoi<br />
ass<strong>al</strong>itori: egli vuole continuare il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, approfon<strong>di</strong>re il <strong>di</strong>scorso e aiutarli a s<strong>al</strong>varsi. Egli<br />
ritorna a proporre le sue opere <strong>al</strong>l'attenzione dei suoi ascoltatori: ricorda loro che sono<br />
molte, che sono tutte belle e che hanno origine d<strong>al</strong> Padre, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e va la gloria.<br />
«Per qu<strong>al</strong>e opera <strong>di</strong> queste mi lapidate?»: egli li interroga, non senza una punta <strong>di</strong><br />
ironia, anche perché poco prima facevano finta <strong>di</strong> essere molto interessati a sapere se egli<br />
fosse il Messia ed ora sono pronti a punirlo come bestemmiatore. Questo succede a chi si<br />
accontenta <strong>di</strong> parole ed ha il cuore lontano da Dio (Is 29,13). Inspiegabilmente coniuga<br />
religiosità e delitto (Is 1,13).<br />
«Per un'opera bella non ti lapi<strong>di</strong>amo»: non negano che abbia fatto opere buone e<br />
straor<strong>di</strong>narie, ma non ne tengono assolutamente conto.<br />
«Ma per la bestemmia... perché tu, essendo uomo, ti fai Dio»: essi fanno caso solo <strong>al</strong>le<br />
parole, prese nella loro materi<strong>al</strong>ità (vivono <strong>di</strong> parole vuote). Hanno capito bene il senso del<br />
messaggio <strong>di</strong> Gesù, ma non lo accettano perché non ammettono come possibile<br />
l'Incarnazione (il farsi uomo da parte del Lógos <strong>di</strong> Dio). Ritengono quin<strong>di</strong> Gesù degno <strong>di</strong><br />
181
morte, perché con le sue parole offenderebbe Dio in modo imperdonabile (cfr. la sentenza<br />
del Sinedrio qui anticipata: Mt 26,65).<br />
4. SONO FIGLIO DI DIO (10,34-36)<br />
10.34 a)pekri/qh au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
Ou)k e)/stin gegramme/non e)n t%= no/m% u(mw=n o(/ti )Egw\ ei)=pa, Qeoi/ e)ste;<br />
10.35 ei) e)kei/nouj ei)=pen qeou\j pro\j ou(\j o( lo/goj tou= qeou= e)ge/neto,<br />
kai\ ou) du/natai luqh=nai h( grafh/,<br />
10.36 o(\n o( path\r h(gi/asen kai\ a)pe/steilen ei)j to\n ko/smon u(mei=j le/gete o(/ti Blasfhmei=j,<br />
o(/ti ei)=pon, Ui(o\j tou= qeou= ei)mi;<br />
10,34 Rispose loro Gesù:<br />
«Non è scritto nella vostra legge: Io ho–detto: Siete dèi?<br />
10,35 Se <strong>di</strong>sse dèi coloro per i–qu<strong>al</strong>i la parola <strong>di</strong>–Dio fu (scritta),<br />
— e non può essere–annullata la Scrittura —<br />
10,36 a–chi il Padre ha–santificato e mandato nel mondo, voi <strong>di</strong>te: Bestemmi,<br />
perché ho–detto: Sono Figlio <strong>di</strong>–Dio?<br />
«Non è scritto nella vostra legge: Io ho detto: Siete dèi?»: Gesù <strong>al</strong>lora gioca sulle parole.<br />
Anche nei momenti più tragici non gli manca la serenità nel cuore e la piena luci<strong>di</strong>tà<br />
ment<strong>al</strong>e. Confonde i suoi avversari citando la Scrittura, da essi pienamente accettata (la<br />
vostra), la qu<strong>al</strong>e attribuisce un titolo <strong>di</strong>vino a semplici uomini (i giu<strong>di</strong>ci). Per Legge qui<br />
Gesù intende il libro dei S<strong>al</strong>mi: «Io ho detto: Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo»<br />
(S<strong>al</strong> 82,6).<br />
«Se <strong>di</strong>sse dèi coloro per i qu<strong>al</strong>i la parola <strong>di</strong> Dio fu scritta, e non può essere annullata la<br />
Scrittura»: se la stessa Bibbia, che è la Parola <strong>di</strong>vina scritta, qu<strong>al</strong>ifica come dèi gli uomini ai<br />
qu<strong>al</strong>i si rivolge, a maggior ragione questo titolo spetta <strong>al</strong>l'Inviato del Padre.<br />
«A chi il Padre ha santificato e mandato nel mondo, voi <strong>di</strong>te: Bestemmi...»: egli<br />
conferma qui le parole <strong>di</strong> Pietro, che lo riconosceva come il <strong>San</strong>to <strong>di</strong> Dio (6,69).<br />
«Ho detto: Sono Figlio <strong>di</strong> Dio»: Gesù si sta autorivelando come partecipe <strong>della</strong> stessa<br />
natura del Padre, vero Figlio <strong>di</strong> Dio ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre nella santità e potenza (1,33-34).<br />
Questa è la sua vera intenzione. Gli avversari lo capiscono, ma non possono controbattere.<br />
Le parole che egli <strong>di</strong>ce non possono essere contestate: la Bibbia stessa le usa riguardo agli<br />
uomini. Gesù è più forte <strong>di</strong> loro anche a parole.<br />
5. IL PADRE È IN ME E IO SONO NEL PADRE (10,37-38)<br />
10.37 ei) ou) poiw= ta\ e)/rga tou= patro/j mou, mh\ pisteu/ete/ moi:<br />
10.38 ei) de\ poiw=, ka)\n e)moi\ mh\ pisteu/hte, toi=j e)/rgoij pisteu/ete,<br />
i(/na gnw=te kai\ ginw/skhte o(/ti e)n e)moi\ o( path\r ka)gw\ e)n t%= patri/.<br />
10,37 Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi;<br />
10,38 ma se (le) faccio, anche–se a–me non credete, <strong>al</strong>le opere credete,<br />
affinché sappiate e conosciate che in me (è) il Padre e–io (sono) nel Padre».<br />
«Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi...; ma se le faccio, anche se a me<br />
non credete, <strong>al</strong>le opere credete»: ancora una volta Gesù richiama l'attenzione dei presenti<br />
sulle opere che vengono d<strong>al</strong> Padre suo, e li invita a credere, se non a motivo delle parole (a<br />
lui quando parla), <strong>al</strong>meno a motivo delle opere (a lui quando compie i segni).<br />
«Affinché sappiate e conosciate che in me è il Padre e io sono nel Padre»: Gesù spiega<br />
ora che cosa intendeva <strong>di</strong>re quando affermava che lui è una cosa sola con il Padre (30) e il<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio (36). Per far questo usa la formulazione mistica più <strong>al</strong>ta e più intensa<br />
possibile: il Padre è in me e io sono nel Padre. Non esiste formula più forte per in<strong>di</strong>care la<br />
piena comunione tra il Padre ed il Figlio nello Spirito. Gesù userà questa espressione solo<br />
nelle intime confidenze riservate agli apostoli (14,10.20) e nella stupenda preghiera<br />
sacerdot<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre (17,21). Egli ha davvero parlato a tutti in modo chiaro e completo, con<br />
182
parresía, così come richiedevano i suoi nemici: le sue opere <strong>di</strong>mostrano (affinché sappiate<br />
e conosciate...) che c'è perfetta comunione tra lui e il Padre, Dio.<br />
6. MOLTI CREDETTERO IN LUI (10,39-42)<br />
10.39 )Ezh/toun ou)=n au)to\n pa/lin pia/sai, kai\ e)ch=lqen e)k th=j xeiro\j au)tw=n.<br />
10.40 Kai\ a)ph=lqen pa/lin pe/ran tou= )Iorda/nou<br />
ei)j to\n to/pon o(/pou h)=n )Iwa/nnhj to\ prw=ton bapti/zwn kai\ e)/meinen e)kei=.<br />
10.41 kai\ polloi\ h)=lqon pro\j au)to\n kai\ e)/legon o(/ti<br />
)Iwa/nnhj me\n shmei=on e)poi/hsen ou)de/n,<br />
pa/nta de\ o(/sa ei)=pen )Iwa/nnhj peri\ tou/tou a)lhqh= h)=n.<br />
10.42 kai\ polloi\ e)pi/steusan ei)j au)to\n e)kei=.<br />
10,39 Cercavano dunque <strong>di</strong>–nuovo (<strong>di</strong>) catturarlo, ma sfuggì d<strong>al</strong>la loro mano.<br />
10,40 E andò <strong>di</strong>–nuovo oltre il Giordano<br />
nel luogo dove dapprima <strong>Giovanni</strong> stava battezzando e rimase là.<br />
10,41 E molti andarono da lui e <strong>di</strong>cevano:<br />
«<strong>Giovanni</strong> non ha–fatto nessun segno,<br />
ma tutto ciò,–che <strong>Giovanni</strong> ha–detto circa costui, era vero!».<br />
10,42 E là molti credettero in lui.<br />
«Cercavano <strong>di</strong> catturarlo, ma sfuggì d<strong>al</strong>la loro mano»: ormai Gesù ha detto tutto quello<br />
che doveva <strong>di</strong>re ai capi. D'ora in poi riserverà le sue rivelazione ai <strong>di</strong>scepoli, i qu<strong>al</strong>i<br />
crederanno che egli è uscito d<strong>al</strong> Padre (17,8). Egli sta per sfuggire ai suoi avversari per<br />
sempre e non solo in questa occasione. Quanto sono <strong>di</strong>verse le loro mani (rapaci) da quelle<br />
del Padre e del Figlio!<br />
«Nel luogo dove dapprima <strong>Giovanni</strong> stava battezzando»: questo doveva essere un luogo<br />
piuttosto sicuro (fuori <strong>di</strong> Israele, fuori d<strong>al</strong> recinto). Ma soprattutto era un luogo ricco <strong>di</strong><br />
bellissimi ricor<strong>di</strong> (1,19-39). Gesù dunque ritorna <strong>al</strong>le origini, prima <strong>della</strong> grande Pasqua <strong>di</strong><br />
morte e risurrezione. Possiamo vedere in Gv 1,29 ss. e Gv 10,40 una grande forma <strong>di</strong><br />
inclusione, la qu<strong>al</strong>e in<strong>di</strong>ca che sta per concludersi la manifestazione <strong>di</strong> Gesù davanti <strong>al</strong><br />
mondo.<br />
«E rimase là»: nel luogo dove già era rimasto dopo l'incontro inizi<strong>al</strong>e con i primi due<br />
<strong>di</strong>scepoli. Quante esperienze, quante grazie, quante scoperte hanno fatto nel tempo trascorso<br />
tra questi due momenti!<br />
«Molti andarono da lui»: questo andare è simbolo <strong>della</strong> fede, che è un movimento verso<br />
il Cristo. Ormai sono molti quelli che aderiscono <strong>al</strong> gruppo del Maestro e che sentono il<br />
bisogno <strong>di</strong> cercarlo e <strong>di</strong> stare con lui, anche a costo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagi.<br />
«Dicevano: <strong>Giovanni</strong> non ha fatto nessun segno, ma tutto ciò, che <strong>Giovanni</strong> ha detto<br />
circa costui, era vero!»: l'unico segno <strong>di</strong> cui <strong>Giovanni</strong> Battista fu testimone (e non autore)<br />
fu la <strong>di</strong>scesa dello Spirito <strong>San</strong>to sul Cristo (1,34). Coloro che hanno la buona volontà <strong>di</strong><br />
leggere nella maniera giusta il senso degli eventi (cioè dei segni <strong>di</strong> cui solo Cristo è<br />
protagonista), sanno imparare la verità su Gesù anche d<strong>al</strong>la pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (5,33-<br />
35) e sanno annunciare la loro scoperta <strong>della</strong> verità (<strong>di</strong>cevano: ... era vero!).<br />
«Là molti credettero in lui»: era ancora viva in quel luogo (là) la testimonianza profetica<br />
del Battista e molti constatarono con sorpresa che essa si era re<strong>al</strong>izzata in Gesù e credettero<br />
in Colui che <strong>Giovanni</strong> aveva presentato come il Datore dello Spirito <strong>San</strong>to, l'Agnello <strong>di</strong> Dio<br />
e lo Sposo messianico. Qu<strong>al</strong>e è la nostra person<strong>al</strong>e risposta <strong>di</strong> fede <strong>al</strong>le rivelazioni che oggi<br />
Gesù fa anche a noi?<br />
CONCLUSIONE<br />
La rivelazione <strong>di</strong> Cristo raggiunge, in questo momento, il culmine. Egli si rivela come il<br />
Cristo santificato d<strong>al</strong> Padre, il Figlio <strong>di</strong> Dio inviato nel mondo, una cosa sola con il Padre,<br />
183
nella più perfetta comunione con lui. Rivela dunque con chiarezza la sua <strong>di</strong>vinità, tanto che<br />
i suoi nemici lo vogliono lapidare proprio per questa affermazione, che per Gesù è provata<br />
d<strong>al</strong>le Scritture e dai segni pro<strong>di</strong>giosi che compie.<br />
D'ora in poi <strong>Giovanni</strong> non ci parla più <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong> Gesù con gli avversari, ma si<br />
riserva <strong>di</strong> raccontarci un Segno straor<strong>di</strong>nario, strepitoso, che confermerà le parole <strong>di</strong> Cristo,<br />
quando <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> essere la Vita per il mondo: la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro. Essa sarà il Segno<br />
supremo, che conclude il Primo Tempo del <strong>Vangelo</strong> giovanneo e che preannuncia la<br />
gloriosa Risurrezione del Signore stesso.<br />
Brano basilare per l'approfon<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> conoscenza <strong>di</strong> Cristo.<br />
184
IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA Unità 19<br />
La risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro (Gv 11,1-44)<br />
La spettacolarità del miracolo compiuto da Gesù, richiamando Lazzaro <strong>al</strong>la VITA<br />
(Settimo momento), potrebbe attirare tutta la nostra attenzione e impe<strong>di</strong>rci <strong>di</strong> tener conto <strong>di</strong><br />
ciò che per <strong>Giovanni</strong> è essenzi<strong>al</strong>e: annunciare a noi che la nostra fede in Cristo è vita per<br />
l'uomo e gloria per il Padre.<br />
Per evitare dunque una lettura superfici<strong>al</strong>e an<strong>al</strong>izzeremo le parole e le azioni <strong>di</strong> Gesù, dei<br />
<strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong> Maria, <strong>di</strong> Marta e dei Giudei, soprattutto per quanto riguarda la relazione che<br />
t<strong>al</strong>i comportamenti hanno con la fede. Esamineremo anche i temi dell'amore, del dolore e<br />
<strong>della</strong> preghiera.<br />
Cinque sono le parti in cui questa Unità è <strong>di</strong>visa. I: Gesù è avvisato <strong>della</strong> m<strong>al</strong>attia <strong>di</strong><br />
Lazzaro; II: il Signore ritarda; III: la prontezza <strong>di</strong> Marta nell’andare incontro <strong>al</strong> Signore; IV:<br />
la capacità <strong>di</strong> attesa da parte <strong>di</strong> Maria; V: il grande Segno <strong>della</strong> risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro.<br />
- I - COLUI CHE AMI È INFERMO<br />
1. LAZZARO ERA DI BETANIA (11,1)<br />
11.1 )=Hn de/ tij a)sqenw=n, La/zaroj a)po\ Bhqani/aj,<br />
e)k th=j kw/mhj Mari/aj kai\ Ma/rqaj th=j a)delfh=j au)th=j.<br />
11,1 C'era <strong>al</strong>lora (un) t<strong>al</strong>e, infermo, Lazzaro da Betania,<br />
d<strong>al</strong> villaggio <strong>di</strong>–Maria e <strong>di</strong>–Marta, sua sorella.<br />
«C'era <strong>al</strong>lora un t<strong>al</strong>e, infermo, Lazzaro da Betania»: <strong>Giovanni</strong> ci presenta subito il<br />
maggiore beneficato del pro<strong>di</strong>gio che sta per narrare: Lazzaro (che significa: Dio aiutò. È<br />
un'abbreviazione <strong>di</strong> Eleazaro), il qu<strong>al</strong>e è colpito da un m<strong>al</strong>e che lo rende infermo. Gesù ebbe<br />
già a che fare con <strong>al</strong>cuni infermi: ma questo è il primo che ha un nome proprio.<br />
L'Evangelista inquadra poi subito l'episo<strong>di</strong>o nel luogo dove si è svolto: Betania (che vuol<br />
<strong>di</strong>re: Casa <strong>della</strong> misericor<strong>di</strong>a ed è un villaggio situato a 2,8 Km ad est <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme). Si<br />
tratta del Segno più impressionante compiuto d<strong>al</strong> Maestro per <strong>di</strong>mostrare che la VITA, che<br />
lui promette, vince perfino la morte.<br />
«D<strong>al</strong> villaggio <strong>di</strong> Maria e <strong>di</strong> Marta, sua sorella »: abbiamo già trovato lo stesso tipo <strong>di</strong><br />
frase in 1,44: Filippo... era da Betsaida, d<strong>al</strong>la città <strong>di</strong> Andrea e <strong>di</strong> Pietro. T<strong>al</strong>e notizia era<br />
servita ad informarci sulla citta<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> Filippo (con tutto quello che comporta l'avere una<br />
storia e un paese in comune con Andrea e Pietro). Questo ci aveva fornito <strong>al</strong>meno un dato<br />
circa un personaggio sconosciuto, che così iniziò a <strong>di</strong>ventarci più famigliare a motivo del<br />
suo legame con i due fratelli, <strong>di</strong> cui già sapevamo <strong>al</strong>cune cose importanti. L'Evangelista, che<br />
non ci ha mai parlato <strong>di</strong> nessuno dei tre fratelli <strong>di</strong> Betania, suppone che Lazzaro sia per i<br />
lettori il più ignoto <strong>della</strong> famiglia e che abbia bisogno <strong>di</strong> essere presentato in relazione <strong>al</strong>le<br />
sue sorelle: Maria e Marta, più conosciute. Questo ci fa pensare che le due sorelle ebbero<br />
un ruolo importante nella prima comunità. In effetti esse sono ricordate anche d<strong>al</strong> <strong>Vangelo</strong><br />
<strong>di</strong> Luca (Lc 10,38-42). Per ora, riguardo a Lazzaro, sappiamo solo che è un citta<strong>di</strong>no del<br />
villaggio <strong>di</strong> Maria e <strong>di</strong> Marta. Tra le due sorelle, Maria è dunque la più famosa, perciò è<br />
nominata come punto <strong>di</strong> riferimento anche per Marta (detta sorella <strong>di</strong> lei). Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutto,<br />
questo modo <strong>di</strong> introdurre il <strong>di</strong>scorso serve a <strong>Giovanni</strong> per in<strong>di</strong>care subito i nomi delle tre<br />
persone, che insieme a Gesù, saranno le protagoniste <strong>di</strong> questo racconto (Lazzaro, Maria e<br />
Marta: una fraternità, nella qu<strong>al</strong>e Maria sta <strong>al</strong> centro; una fraternità, che nel corso<br />
dell'avvenimento <strong>di</strong>venterà sempre più immagine <strong>della</strong> Chiesa).<br />
185
2. MARIA ERA COLEI CHE AVEVA UNTO IL SIGNORE (11,2-3)<br />
11.2 h)=n de\ Maria\m h( a)lei/yasa to\n ku/rion mu/r%<br />
kai\ e)kma/casa tou\j po/daj au)tou= tai=j qrici\n au)th=j,<br />
h(=j o( a)delfo\j La/zaroj h)sqe/nei.<br />
11.3 a)pe/steilan ou)=n ai( a)delfai\ pro\j au)to\n le/gousai,<br />
Ku/rie, i)/de o(\n filei=j a)sqenei=.<br />
11,2 Maria, poi, era colei che–aveva–unto il Signore con–unguento<br />
e aveva–asciugato i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>–lui con–i suoi capelli;<br />
il suo fratello Lazzaro era–infermo.<br />
11,3 Le sorelle dunque mandarono (a) <strong>di</strong>re verso–<strong>di</strong> lui:<br />
«Signore, ecco [guarda], colui–che ami [da amico], è–infermo!».<br />
«Maria... era colei che aveva unto il Signore con unguento...»: <strong>Giovanni</strong> ci spiega ora<br />
uno dei motivi per cui Maria è tanto importante. Non lo è solo perché il Maestro ha<br />
riconosciuto e dato <strong>al</strong>la donna tutta la sua <strong>di</strong>gnità, come essere umano, come <strong>di</strong>scepola e<br />
come credente, ma anche perché con Maria, che nessun dato biblico vieta esplicitamente <strong>di</strong><br />
identificare con la Madd<strong>al</strong>ena, egli stabilisce un delicatissimo rapporto <strong>di</strong> tipo nuzi<strong>al</strong>e, <strong>al</strong><br />
punto che ella può t<strong>al</strong>volta rappresentare da sola l'intera comunità ecclesi<strong>al</strong>e. <strong>Giovanni</strong><br />
infatti ricorda anticipatamente la scena dell'unzione (narrata per <strong>di</strong>steso in 12,3 ss.), dando<br />
così ad essa un'estrema importanza. Nella logica dell'Evangelista (ma prima ancora in quella<br />
<strong>di</strong> Gesù) questo gesto ha un grande v<strong>al</strong>ore: si tratta <strong>di</strong> un'azione simbolica atta a proclamare<br />
che Gesù è il Messia, Unto d<strong>al</strong> profumo dello Spirito <strong>San</strong>to, e che Gesù è lo Sposo <strong>della</strong><br />
nuova Alleanza; esso è inoltre un gesto profetico che preannunciava la sua sepoltura (12,7)<br />
e la sua gloriosa risurrezione per opera dello Spirito <strong>di</strong> vita, che ha nell'unguento profumato<br />
uno dei suoi simboli più adeguati. Secondo la testimonianza <strong>di</strong> Mt 26,13 e <strong>di</strong> Mc 14,9, Gesù<br />
considera t<strong>al</strong>mente importante il gesto <strong>di</strong> Maria da proclamare che esso farà parte per<br />
sempre <strong>della</strong> pre<strong>di</strong>cazione del <strong>Vangelo</strong>. Mt e Mc non fanno il nome <strong>della</strong> donna; in essa<br />
però possiamo ravvisare solo Maria <strong>di</strong> Betania. Anche se si trattasse <strong>di</strong> tre o quattro donne<br />
<strong>di</strong>verse, esse <strong>di</strong>mostrano comunque <strong>di</strong> avere una spiritu<strong>al</strong>ità ed una psicologia molto (anzi<br />
troppo) simile.<br />
«E aveva asciugato i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> lui con i suoi capelli»: ungere e profumare i pie<strong>di</strong> è un<br />
gesto onorifico che esprime un delicato ed umilissimo amore verso la persona <strong>di</strong> Gesù;<br />
asciugare i pie<strong>di</strong> con i capelli significa la volontà <strong>di</strong> mettere tutta la propria persona, a<br />
cominciare d<strong>al</strong> capo (la parte più elevata), <strong>al</strong> servizio del Signore. Ulteriori riflessioni le<br />
faremo nel commento a 12,1-8. Per ora basti notare che t<strong>al</strong>i gesti manifestano una profonda<br />
ed illuminata fede in Cristo (l'Unto) senza l'uso <strong>di</strong> una sola parola.<br />
«Il suo fratello Lazzaro era infermo»: Marta non è più ricordata e Lazzaro appare<br />
unicamente come il fratello <strong>di</strong> Maria. Solo grazie a Maria ora sappiamo che Lazzaro è<br />
anche fratello <strong>di</strong> Marta e che quin<strong>di</strong> i tre formano una fraternità, prototipo <strong>della</strong> nuova<br />
comunità cristiana. <strong>Giovanni</strong> dunque usa <strong>al</strong>cuni semplici accorgimenti per farci capire<br />
quanta importanza ha Maria. Quin<strong>di</strong> bisognerà far bene attenzione ai suoi atteggiamenti, ai<br />
suoi gesti, <strong>al</strong>le sue parole ed ai suoi sentimenti. Gesù stesso si commuoverà e piangerà solo<br />
dopo aver visto piangere Maria. Questo non avviene forse perché egli già vede in t<strong>al</strong>e pianto<br />
un'anticipazione <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Maria Madd<strong>al</strong>ena (forse si tratta ad<strong>di</strong>rittura <strong>della</strong> stessa donna)<br />
in cerca dello Sposo presso il sepolcro? (20,11).<br />
«Le sorelle dunque mandarono a <strong>di</strong>re verso <strong>di</strong> lui»: l'iniziativa <strong>di</strong> avvisare il Signore<br />
appartine <strong>al</strong>le due donne (<strong>di</strong>verse nella spiritu<strong>al</strong>ità, ma unite nell'azione). <strong>Giovanni</strong> le in<strong>di</strong>ca<br />
come sorelle (senza <strong>di</strong>re sue), perché questa fraternità è immagine <strong>della</strong> Chiesa, la comunità<br />
del Risorto, ed il possessivo scompare: ognuno è fratello/sorella <strong>di</strong> tutti. T<strong>al</strong>e appellativo,<br />
insieme a quelli <strong>di</strong> credente, amico e amato, già nel NT, <strong>di</strong>venta il modo or<strong>di</strong>nario per<br />
in<strong>di</strong>care il cristiano.<br />
«Signore, ecco, colui che ami (filéo) è infermo (’a-sthenéo)»: essendoci la massima<br />
intesa tra le due sorelle e Gesù, non serviva <strong>al</strong>tro che questo breve avviso, nel qu<strong>al</strong>e vi è la<br />
186
significativa sottolineatura che l'amm<strong>al</strong>ato è oggetto <strong>di</strong> uno speci<strong>al</strong>e amore <strong>di</strong> amicizia<br />
(filéo) da parte del Signore stesso. Si tratta <strong>di</strong> una preghiera che non chiede nulla, che lascia<br />
libero il Maestro, chiamato Signore, e che si fida del suo amore. Gesù, secondo questo<br />
<strong>Vangelo</strong>, ha già avuto a che fare, in modo particolare, con <strong>al</strong>tri due infermi (il figlio del<br />
funzionario e il par<strong>al</strong>izzato <strong>di</strong> Betzathà) e a loro ha dato vita e libertà (cfr. anche Lc 8,41: la<br />
preghiera <strong>di</strong> Giairo).<br />
- II - IL SIGNORE RITARDA<br />
1. QUESTA INFERMITÀ È PER LA GLORIA DI DIO (11,4-6)<br />
11.4 a)kou/saj de\ o( )Ihsou=j ei)=pen,<br />
Au(/th h( a)sqe/neia ou)k e)/stin pro\j qa/naton a)ll' u(pe\r th=j do/chj tou= qeou=,<br />
i(/na docasqv= o( ui(o\j tou= qeou= <strong>di</strong>' au)th=j.<br />
11.5 h)ga/pa de\ o( )Ihsou=j th\n Ma/rqan kai\ th\n a)delfh\n au)th=j kai\ to\n La/zaron.<br />
11.6 w(j ou)=n h)/kousen o(/ti a)sqenei=,<br />
to/te me\n e)/meinen e)n %(= h)=n to/p% du/o h(me/raj,<br />
11,4 Ma Gesù, u<strong>di</strong>to, <strong>di</strong>sse:<br />
«Questa infermità non è per (la) morte, ma per la gloria <strong>di</strong>–Dio,<br />
affinché sia–glorificato il Figlio <strong>di</strong>–Dio per–mezzo–<strong>di</strong> essa».<br />
11,5 Gesù amava Marta e la sua sorella e Lazzaro.<br />
11,6 Quando dunque udì che era–infermo,<br />
rimase ancora due giorni ne(l) luogo in–cui era.<br />
«Questa infermità non è per la morte, ma per la gloria <strong>di</strong> Dio»: Gesù giu<strong>di</strong>ca la m<strong>al</strong>attia<br />
<strong>di</strong> Lazzaro con la stessa ottica con la qu<strong>al</strong>e aveva guardato quella del cieco nato (9,3). D<strong>al</strong>lo<br />
sviluppo dell'evento capiremo che la GLORIA <strong>di</strong> Dio Padre e, <strong>di</strong> conseguenza, anche quella<br />
del Figlio suo Gesù, consiste in definitiva nel donarci la VITA PIENA (cfr. 40). La gloria<br />
<strong>di</strong>vina si contrappone <strong>al</strong>la morte e la annienta. Quella che gli uomini chiamano morte, per il<br />
Signore non esiste con quelle caratteristiche terrificanti che essi le attribuiscono: quello che<br />
esiste è soprattutto la stupenda gloria <strong>di</strong> Dio ed ogni evento (anche il morire fisicamente) è<br />
fin<strong>al</strong>izzato a far ris<strong>al</strong>tare t<strong>al</strong>e gloria. L'unica morte da temere è quella spiritu<strong>al</strong>e del peccato<br />
(5,14; 8,21). I termini morte e morire possono avere <strong>al</strong>meno tre significati: uno solo<br />
fisiologico, un <strong>al</strong>tro solo spiritu<strong>al</strong>e e un terzo che è formato d<strong>al</strong>la combinazione dei primi<br />
due (con maggiore o minore prev<strong>al</strong>enza <strong>di</strong> uno sull'<strong>al</strong>tro). Dobbiamo stare attenti,<br />
soprattutto nei cap. 6, 8 e 11, a coglierne, <strong>di</strong> volta in volta, il senso giusto e la ricchezza<br />
delle <strong>di</strong>verse sfumature.<br />
«Affinché sia glorificato il Figlio <strong>di</strong> Dio per mezzo <strong>di</strong> essa»: essa si riferisce a m<strong>al</strong>attia o<br />
a gloria? Anche se più inverosimile, scegliamo la prima interpretazione, in an<strong>al</strong>ogia a<br />
quanto detto in 9,3. Il Figlio, non accettato dai Giudei, ma da essi <strong>di</strong>sonorato e bestemmiato,<br />
troverà la sua Gloria proprio in quella infermità, che tanto preoccupa le sorelle e i <strong>di</strong>scepoli.<br />
Pensiamo che questo messaggio, che reinterpreta <strong>al</strong>la luce <strong>della</strong> fede ogni nostro problema,<br />
sia stato portato dagli inviati <strong>al</strong>le due sorelle in pena (cfr. 40). È paradoss<strong>al</strong>e: se è facile<br />
capire che il segno <strong>di</strong> Cana fu per Gesù un momento <strong>di</strong> gloria (2,11), resta <strong>di</strong>fficile<br />
ammettere, ad esempio, che il tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Giuda <strong>di</strong>venti un motivo <strong>di</strong> glorificazione per il<br />
Signore (13,31). Ma le vie <strong>di</strong> Dio sono <strong>di</strong>verse d<strong>al</strong>le nostre e sono sorprendenti!<br />
«Gesù amava (’agapáo) Marta e la sua sorella e Lazzaro»: parlando dell'amore che<br />
Gesù aveva per i tre fratelli, l'Evangelista mette <strong>al</strong> primo posto Marta, forse perché aveva un<br />
ruolo particolare (<strong>di</strong> maggiore responsabilità). Maria sta ancora <strong>al</strong> centro dell’elenco, ma<br />
senza il nome. È considerata solo più nella sua qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> sorella, titolo con il qu<strong>al</strong>e in<br />
seguito saranno chiamate tutte le donne cristiane. Lazzaro, che nel v. 1 era <strong>al</strong> primo posto,<br />
ora occupa l'ultimo. Gesù ama tutti. Senza fare ingiuste preferenze, il suo amore possiede<br />
delle sfumature <strong>di</strong>verse a seconda delle persone e delle situazioni. Il termine usato è<br />
’agapáo, che in<strong>di</strong>ca l'amore <strong>di</strong> benevolenza, la charitas <strong>di</strong>vina, che regna tra il Padre e il<br />
187
Figlio (10,17; 14,31). T<strong>al</strong>e amore si rivolge anche verso <strong>di</strong> noi, con tutte le mirabili<br />
conseguenze che esso comporta.<br />
«Quando dunque udì che era infermo, rimase ancora due giorni...»: contro ogni logica<br />
umana egli, volutamente, proprio perché amava le sue sorelle <strong>di</strong> quell'amore superiore a cui<br />
abbiamo accennato, non esau<strong>di</strong>sce subito la loro implicita preghiera. Le lascia nell'angoscia<br />
e permette che percorrano tutte le tappe del dramma (la m<strong>al</strong>attia, l'agonia, la morte, la<br />
sepoltura) sino a bere, sino in fondo, l'amaro c<strong>al</strong>ice del lutto. Egli non ripete il miracolo<br />
<strong>della</strong> guarigione del figlio del funzionario. Lascia che la natura faccia il suo corso. Il<br />
Signore ha i suoi <strong>di</strong>segni, ben più sapienti dei nostri (cfr. 15). Non è venuto ad <strong>al</strong>terare i<br />
ritmi <strong>della</strong> vita corpor<strong>al</strong>e. Vedremo che le due sorelle saranno esau<strong>di</strong>te <strong>al</strong> <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni loro<br />
aspettativa, proprio nella misura incre<strong>di</strong>bile con la qu<strong>al</strong>e sembrano non essere state<br />
ascoltate. Questi sono i pro<strong>di</strong>gi <strong>della</strong> ’agápe <strong>di</strong>vina, che riesce a trasformare la morte<br />
nell'aurora <strong>di</strong> una vita senza fine.<br />
«Nel luogo in cui era»: forse in quella Betania oltre il Giordano, dove si era rifugiato.<br />
2. SE UNO CAMMINA DI GIORNO NON INCIAMPA (11,7-10)<br />
11.7 e)/peita meta\ tou=to le/gei toi=j maqhtai=j,<br />
)/Agwmen ei)j th\n )Ioudai/an pa/lin.<br />
11.8 le/gousin au)t%= oi( maqhtai/,<br />
(Rabbi/, nu=n e)zh/toun se liqa/sai oi( )Ioudai=oi, kai\ pa/lin u(pa/geij e)kei=;<br />
11.9 a)pekri/qh )Ihsou=j, Ou)xi\ dw/deka w(=rai/ ei)sin th=j h(me/raj;<br />
e)a/n tij peripatv= e)n tv= h(me/r#, ou) prosko/ptei,<br />
o(/ti to\ fw=j tou= ko/smou tou/tou ble/pei:<br />
11.10 e)a\n de/ tij peripatv= e)n tv= nukti/, prosko/ptei, o(/ti to\ fw=j ou)k e)/stin e)n au)t%=.<br />
11,7 Poi, dopo questo, <strong>di</strong>ce ai <strong>di</strong>scepoli:<br />
«An<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>–nuovo nella Giudea!».<br />
11,8 Dicono a–lui i <strong>di</strong>scepoli:<br />
«Rabbì, poco–fa i Giudei cercavano (<strong>di</strong>) lapidarti e <strong>di</strong>–nuovo vai là?».<br />
11,9 Rispose Gesù: «Non sono (forse) do<strong>di</strong>ci (le) ore del giorno?<br />
Se uno cammina nel giorno, non inciampa,<br />
perché vede la luce <strong>di</strong> questo mondo!».<br />
10,10 Se invece uno cammina nella notte, inciampa, perché la luce non è in lui.<br />
«An<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> nuovo in Giudea!»: questa decisione ha per Gesù un significato particolare.<br />
Egli va verso Betania e verso Gerus<strong>al</strong>emme innanzi tutto per donare la sua vita sulla croce.<br />
Prima però vuole dare una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> quello che produce il dono <strong>della</strong> sua vita: la<br />
nostra s<strong>al</strong>vezza. Il buon Pastore non teme perciò <strong>di</strong> subire la morte per il suo gregge, perché<br />
essa si trasforma nella sua e nella nostra risurrezione.<br />
«Rabbì, poco fa i Giudei cercavano <strong>di</strong> lapidarti...»: i <strong>di</strong>scepoli conservano vivo il ricordo<br />
del recente tentativo <strong>di</strong> lapidazione (10,31) e si <strong>di</strong>mostrano preoccupati per la vita del<br />
Maestro e, sotto sotto, anche per la loro. La loro domanda ha il tono irritato del rimprovero,<br />
perché pensano che egli stia facendo un'imprudenza. In questo caso l'uso del titolo: Rabbì,<br />
serve a farlo riflettere maggiormente sulla decisione che ha preso. Essi non si preoccupano<br />
tanto <strong>di</strong> Lazzaro (l'amico comune), quanto <strong>di</strong> sé stessi.<br />
«Non sono forse do<strong>di</strong>ci le ore del giorno? Se uno cammina nel giorno, non inciampa,<br />
perché vede la luce <strong>di</strong> questo mondo...»: i <strong>di</strong>scepoli non hanno chiesto <strong>al</strong> Signore il motivo<br />
<strong>della</strong> sua decisione. Si sono solo <strong>di</strong>mostrati contrari, perché non sanno vedere nulla oltre <strong>al</strong><br />
pericolo. Il Maestro tuttavia cerca <strong>di</strong> illuminarli, dando loro elementi per soppesare i rischi<br />
ed i vantaggi. Inizia con un interrogativo (Non sono forse...?): egli usa questo metodo<br />
comunicativo (la domanda) per indurre gli ascoltatori a riflettere. Inoltre, come fa spesso<br />
parla per immagini: «La vita è come il giorno, che ha ore in cui splende il sole e ore <strong>di</strong> buio.<br />
Quelle <strong>di</strong> luce sono ben do<strong>di</strong>ci e chi cammina durante esse non inciampa. Similmente, d<strong>al</strong><br />
188
momento che io sono con voi, c’è luce e non correte <strong>al</strong>cun pericolo» (cfr. 9,4-5). Gesù<br />
dunque è la luce (Luce spiritu<strong>al</strong>e e non luce (materi<strong>al</strong>e) <strong>di</strong> questo mondo, come lo è il sole).<br />
«Se invece uno cammina nella notte, inciampa, perché la luce non è in lui»: nel<br />
momento <strong>della</strong> passione, purtroppo, inciamperanno. Abbiamo qui una velata profezia <strong>di</strong><br />
quanto accadrà in quell'occasione (Mt 26,31). A quanto pare, però, i <strong>di</strong>scepoli non capiscono<br />
il v<strong>al</strong>ore <strong>della</strong> metafora.<br />
3. LAZZARO DORME, MA VADO A SVEGLIARLO (11,11-16)<br />
11.11 tau=ta ei)=pen, kai\ meta\ tou=to le/gei au)toi=j,<br />
La/zaroj o( fi/loj h(mw=n kekoi/mhtai: a)lla\ poreu/omai i(/na e)cupni/sw au)to/n.<br />
11.12 ei)=pan ou)=n oi( maqhtai\ au)t%=,<br />
Ku/rie, ei) kekoi/mhtai swqh/setai.<br />
11.13 ei)rh/kei de\ o( )Ihsou=j peri\ tou= qana/tou au)tou=,<br />
e)kei=noi de\ e)/docan o(/ti peri\ th=j koimh/sewj tou= u(/pnou le/gei.<br />
11.14 to/te ou)=n ei)=pen au)toi=j o( )Ihsou=j parrhsi/#, La/zaroj a)pe/qanen,<br />
11.15 kai\ xai/rw <strong>di</strong>' u(ma=j i(/na pisteu/shte, o(/ti ou)k h)/mhn e)kei=: a)lla\ a)/gwmen pro\j au)to/n.<br />
11.16 ei)=pen ou)=n Qwma=j o( lego/menoj Di/dumoj toi=j summaqhtai=j, )/<br />
Agwmen kai\ h(mei=j i(/na a)poqa/nwmen met' au)tou=.<br />
11,11 Queste (cose) <strong>di</strong>sse e dopo ciò <strong>di</strong>ce loro:<br />
«Lazzaro, il nostro amico, dorme, ma vado a svegliarlo!»<br />
11,12 Dissero dunque i <strong>di</strong>scepoli a–lui:<br />
«Signore, se dorme, si–s<strong>al</strong>verà!».<br />
11,13 Ma Gesù aveva–parlato <strong>della</strong> morte <strong>di</strong>–lui;<br />
essi però pensarono che parlasse del riposo del sonno.<br />
11,14 Allor dunque <strong>di</strong>sse loro Gesù con–chiarezza: «Lazzaro è–morto<br />
11,15 e mi–r<strong>al</strong>legro per voi <strong>di</strong> non essere là, affinché cre<strong>di</strong>ate; ma an<strong>di</strong>amo da lui!».<br />
11,16 Disse <strong>al</strong>lora Tommaso, (quel)lo detto Di<strong>di</strong>mo, ai con<strong>di</strong>scepoli:<br />
«An<strong>di</strong>amo anche noi, affinché moriamo con lui!».<br />
«Lazzaro, il nostro amico...»: Gesù considera Lazzaro come amico <strong>di</strong> tutti (nostro).<br />
Invita implicitamente i suoi <strong>di</strong>scepoli ad amarlo come lui lo ama: non <strong>di</strong> un amore solo<br />
sentiment<strong>al</strong>e, ma con amore vero, ispirato <strong>al</strong>la fede e ai v<strong>al</strong>ori perenni. L'amicizia è vera<br />
quando è liberante e con<strong>di</strong>visa con <strong>al</strong>tri.<br />
«Lazzaro... dorme, ma vado a svegliarlo!»: Gesù continua il suo <strong>di</strong>scorso metaforico. Si<br />
<strong>di</strong>ce deciso ad andare, anche da solo (vado: <strong>al</strong> singolare) a svegliarlo. Egli parla <strong>della</strong> morte<br />
<strong>di</strong> Lazzaro come <strong>di</strong> un sonno e promette che egli lo farà risorgere con la facilità con cui si<br />
risveglia uno che dorme. Questo è il motivo v<strong>al</strong>ido che giustifica il rischio: s<strong>al</strong>vare un<br />
amico. Ma i suoi <strong>di</strong>scepoli intendono sempre meno il suo linguaggio (dato lo stile<br />
<strong>al</strong>legorico da lui usato). Prima parlava <strong>di</strong> cammino nel giorno rischiarato d<strong>al</strong>la luce,<br />
descriveva la notte come occasione <strong>di</strong> inciampo; qui parla <strong>di</strong> risveglio d<strong>al</strong> sonno (chi dorme,<br />
dorme <strong>di</strong> notte e si <strong>al</strong>za <strong>al</strong> mattino: si tratta dunque <strong>di</strong> immagini o icone molto espressive).<br />
Come era stata <strong>di</strong>screta la preghiera delle sorelle, così è velato l'annuncio che il Signore fa<br />
<strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Lazzaro. Perché? Se avesse parlato apertamente <strong>di</strong> morte e risurrezione, non<br />
ci avrebbe aiutato a capire che la morte è in re<strong>al</strong>tà solamente un sonno. Questo è il nuovo<br />
significato che egli le dà. E <strong>al</strong>lora per noi tutto cambia: superiamo l'innata paura <strong>di</strong> essa,<br />
causa <strong>di</strong> ogni <strong>al</strong>tro timore.<br />
«Dissero dunque i <strong>di</strong>scepoli a lui: Signore, se dorme, si s<strong>al</strong>verà»: i <strong>di</strong>scepoli sono ben<br />
contenti che Lazzaro si stia riposando e possa guarire. Evitano così il pericoloso ritorno in<br />
Giudea. Per loro s<strong>al</strong>varsi riguarda solo la vita presente.<br />
«Ma Gesù aveva parlato <strong>della</strong> morte <strong>di</strong> lui; essi però pensarono che parlasse del riposo<br />
del sonno»: ci meraviglia un po' il fatto che i <strong>di</strong>scepoli hanno frainteso tutto il <strong>di</strong>scorso.<br />
Infatti, questa metafora, che sarà poi adottata anche d<strong>al</strong>la pre<strong>di</strong>cazione cristiana per in<strong>di</strong>care<br />
il nuovo vero senso <strong>della</strong> morte (Atti 7,60; 1 Cor 7,39; 11,18; 1 Tess 4,14; 2 Pt 3,4), era già<br />
189
en presente, <strong>al</strong>meno come eufemismo, nel linguaggio dell'AT (cfr. ad es.: Dt 3,16; 1 Re<br />
1,21; 2,10; 2 Re 8,24; S<strong>al</strong> 13,4; 22,30).<br />
«Disse loro Gesù con chiarezza (parresía)»: Gesù, notando che non lo hanno capito,<br />
traduce il suo linguaggio figurato (che è simile a quello delle parabole, le qu<strong>al</strong>i permettono<br />
un'intelligenza sempre più profonda del loro insegnamento) in un linguaggio norm<strong>al</strong>e che,<br />
se ha il vantaggio <strong>di</strong> esser privo <strong>di</strong> equivoci, ha lo svantaggio <strong>di</strong> non aiutare a superare<br />
l'antica concezione <strong>di</strong> morte.<br />
«Lazzaro è morto»: a questo punto gli apostoli, considerando che sonno equiv<strong>al</strong>eva a<br />
morte, avrebbero dovuto capire che il risvegliare significava far risorgere dai morti. Ma<br />
essi si fermano solo <strong>al</strong>l'an<strong>al</strong>ogia: sonno–morte e non vanno oltre.<br />
«Mi r<strong>al</strong>legro (kháiro) per voi <strong>di</strong> non essere là, affinché cre<strong>di</strong>ate»: subito Gesù presenta il<br />
lato positivo <strong>della</strong> sua scelta fatta in precedenza (quella <strong>di</strong> rimanere ancora due giorni), il<br />
che dovrebbe ora far intuire che anche la nuova decisione (quella <strong>di</strong> s<strong>al</strong>ire in Giudea) è<br />
vantaggiosa. Per lui l'importante è la crescita <strong>della</strong> fede nei <strong>di</strong>scepoli, perché, come<br />
vedremo, la Fede porta <strong>al</strong>la Vita e <strong>al</strong>la Risurrezione vera. È dunque in base ad una<br />
pedagogia <strong>di</strong> fede che il Maestro decide in un modo oppure nell'<strong>al</strong>tro. Tutto questo poi con<br />
grande serenità, anzi con gioia, segno che egli vive davvero quello che insegna.<br />
«Ma an<strong>di</strong>amo da lui»: il Signore non invita ad andare da Maria e da Marta, ma da<br />
Lazzaro (da lui), come se ancora fosse vivo.<br />
«Disse <strong>al</strong>lora Tommaso, quello detto Di<strong>di</strong>mo, ai con<strong>di</strong>scepoli»: è la prima volta che<br />
appare in scena Tommaso, il Gemello. Sarà lui il più cocciuto <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>l'annuncio <strong>della</strong><br />
risurrezione.<br />
«An<strong>di</strong>amo anche noi, affinché moriamo con lui!»: Tommaso, dunque, esterna tutta la sua<br />
sfiducia. Ha molta paura <strong>di</strong> inciampare! Secondo lui, Gesù rischia la vita e mette a<br />
repentaglio anche la loro. Egli però accetta <strong>di</strong> affrontare il pericolo con la rassegnazione <strong>di</strong><br />
chi non sa come evitarlo e <strong>di</strong> chi pensa: m<strong>al</strong> comune, mezzo gau<strong>di</strong>o (per questo invita tutti<br />
<strong>di</strong>cendo: moriamo con lui). Non immagina che Paolo userà t<strong>al</strong>e frase in un senso mistico (2<br />
Tim 2,11). Tommaso per ora vede il morire come una fine inevitabile: non sa vedere quello<br />
che ci può essere in e oltre ad esso. Egli è senza speranza.<br />
Lc 8,52 ... Gesù <strong>di</strong>sse: «Non piangete, perché non è morta, ma dorme».<br />
- III - L'ATTEGGIAMENTO DELLA PRONTEZZA<br />
1. MARTA GLI ANDÒ INCONTRO (11,17-20)<br />
11.17 )Elqw\n ou)=n o( )Ihsou=j<br />
eu(=ren au)to\n te/ssaraj h)/dh h(me/raj e)/xonta e)n t%= mnhmei/%.<br />
11.18 h)=n de\ h( Bhqani/a e)ggu\j tw=n (Ierosolu/mwn w(j a)po\ sta<strong>di</strong>/wn dekape/nte.<br />
11.19 polloi\ de\ e)k tw=n )Ioudai/wn e)lhlu/qeisan pro\j th\n Ma/rqan kai\ Maria\m<br />
i(/na paramuqh/swntai au)ta\j peri\ tou= a)delfou=.<br />
11.20 h( ou)=n Ma/rqa w(j h)/kousen o(/ti )Ihsou=j e)/rxetai u(ph/nthsen au)t%=:<br />
Maria\m de\ e)n t%= oi)/k% e)kaqe/zeto.<br />
11,17 Giunto dunque Gesù,<br />
lo trovò che–aveva già (passato) quattro giorni nel sepolcro.<br />
11,18 Ora Betania era vicina a Gerus<strong>al</strong>emme, a circa quin<strong>di</strong>ci sta<strong>di</strong>,<br />
11,19 quin<strong>di</strong> molti dei Giudei erano–venuti da Marta e Maria<br />
per consolarle del fratello.<br />
11,20 Dunque Marta, appena udì che Gesù veniva, gli andò–incontro;<br />
Maria invece nella casa stava–seduta.<br />
«Lo trovò che aveva già passato quattro giorni nel sepolcro»: si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una<br />
morte certa. Secondo la credenza popolare l'anima si staccava definitivamente d<strong>al</strong> corpo nel<br />
quarto giorno.<br />
190
«Ora Betania era vicina a Gerus<strong>al</strong>emme, a circa quin<strong>di</strong>ci sta<strong>di</strong>»: Betania e<br />
Gerus<strong>al</strong>emme sono vicine, non solo geograficamente, ma anche simbolicamente: nella<br />
prima si verifica la rianimazione dell'amico e sorge una piccola fraternità (prototipo), nella<br />
seconda avviene la risurrezione del Signore e nasce la grande comunità ecclesi<strong>al</strong>e.<br />
«Molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle»: questa volta i Giudei<br />
fanno bella figura: sanno esprimere la solidarietà umana nel dolore. Ma la vera<br />
consolazione viene solo da Dio. Mentre Gesù va <strong>di</strong>rettamente da Lazzaro per compiere<br />
l'opera <strong>di</strong> Dio, i Giudei vanno d<strong>al</strong>le sorelle per <strong>di</strong>re le loro parole <strong>di</strong> conforto (Marta è anche<br />
qui <strong>al</strong> primo posto).<br />
«Marta, appena udì che Gesù veniva, gli andò incontro»: Marta è la prima a uscire e lo<br />
fa prontamente. Questa donna si <strong>di</strong>stingue per l'attivismo, l'intraprendenza. Al venire <strong>di</strong><br />
Gesù corrisponde l'andare incontro <strong>di</strong> Marta: il contatto con il Signore avviene sempre<br />
come risultato <strong>di</strong> due movimenti convergenti.<br />
«Maria invece nella casa stava seduta»: Maria ha un <strong>al</strong>tro carisma: sa attendere con<br />
perseveranza (seduta). Il suo atteggiamento è maggiormente quello <strong>della</strong> contemplazione,<br />
che vuol <strong>di</strong>re saper svolgere una gran<strong>di</strong>ssima attività interiore, lasciando il massimo spazio<br />
<strong>al</strong>l'iniziativa del Signore.<br />
2. TUO FRATELLO RISUSCITERÀ (11,21-24)<br />
11.21 ei)=pen ou)=n h( Ma/rqa pro\j to\n )Ihsou=n,<br />
Ku/rie, ei) h)=j w(=de ou)k a)\n a)pe/qanen o( a)delfo/j mou:<br />
11.22 a)lla\ kai\ nu=n oi)=da o(/ti o(/sa a)\n ai)th/sv to\n qeo\n dw/sei soi o( qeo/j.<br />
11.23 le/gei au)tv= o( )Ihsou=j, )Anasth/setai o( a)delfo/j sou.<br />
11.24 le/gei au)t%= h( Ma/rqa,<br />
Oi)=da o(/ti a)nasth/setai e)n tv= a)nasta/sei e)n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
11,21 Marta dunque <strong>di</strong>sse verso Gesù:<br />
«Signore, se fossi–stato qui, non sarebbe–morto il fratello mio;<br />
11,22 ma anche adesso so che quanto chiederai a Dio, te (lo) darà Dio».<br />
11,23 Le <strong>di</strong>ce Gesù, «Risusciterà il fratello tuo!».<br />
11,24 Gli <strong>di</strong>ce Marta:<br />
«So che risusciterà nella risurrezione nell'ultimo giorno».<br />
«Se fossi stato qui non sarebbe morto il fratello mio»: il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Marta è composto da<br />
due parti: un'affermazione e una preghiera. L'affermazione in<strong>di</strong>ca una convinzione: la<br />
presenza <strong>di</strong> Gesù avrebbe impe<strong>di</strong>to la morte del fratello. Questa affermazione esprime<br />
insieme apprezzamento e delusione. Ma Gesù non era stato assente <strong>al</strong> loro dolore. Anzi,<br />
come avviene anche per noi nelle nostre angosce, egli era proprio nel più intimo del loro<br />
cuore. Egli non aveva impe<strong>di</strong>to la morte natur<strong>al</strong>e per poter compiere un'opera ancora più<br />
significativa e grande <strong>della</strong> guarigione.<br />
«Ma anche adesso so che quanto chiederai a Dio... te lo darà»: ecco ora la velata<br />
supplica: la fede <strong>di</strong> Marta, pur provata d<strong>al</strong>la morte del fratello, non è <strong>di</strong>minuita. La sua<br />
preghiera (come in 11,3) è deferente, ma forte e si apre <strong>al</strong>l'impossibile. Marta non <strong>di</strong>ce cosa<br />
egli deve chiedere, però è chiaro che si tratta <strong>della</strong> risurrezione, vista come un dono fatto da<br />
Dio prima <strong>di</strong> tutto a Gesù stesso e poi a lei e a Maria. Ella è sicura che ogni domanda <strong>di</strong><br />
Gesù <strong>al</strong> Padre è sempre esau<strong>di</strong>ta, anche se non si vede subito t<strong>al</strong>e esau<strong>di</strong>mento. Tra poco,<br />
mentre Lazzaro giace ancora esanime, lo stesso Gesù <strong>di</strong>rà: «Padre, ti ringrazio, perché mi<br />
hai ascoltato». Questa è preghiera! Questa è l'orazione coraggiosa, che ottiene il miracolo!<br />
(Mt 21,21). Ritornando <strong>al</strong>la frase <strong>di</strong> Marta notiamo che la sua fede, pur corretta, ha bisogno<br />
<strong>di</strong> essere completata: essa non percepisce ancora a sufficienza che Gesù, oltre che<br />
interme<strong>di</strong>ario, è anche Dio come il Padre. Gesù non è solo un profeta, come Eliseo che<br />
risuscitò un ragazzo dopo aver invocato il Signore (2 Re 4,33), ma è una Cosa sola con il<br />
Padre e perciò ha la vita in sé e vivifica chi vuole (5,21.26).<br />
191
«Risusciterà il fratello tuo»: Gesù comprende l'intenzione <strong>di</strong> Marta e le annuncia<br />
profeticamente che senza dubbio risorgerà. Questa volta Gesù parla <strong>di</strong> risurrezione, ma non<br />
<strong>di</strong>ce: Io lo farò risorgere tra poco! Perché? È chiaro che, se si fosse espresso in t<strong>al</strong> modo,<br />
avrebbe tolto a Marta l'occasione <strong>di</strong> manifestare la sua fede nella risurrezione fin<strong>al</strong>e, che è<br />
l'unica che abbia veramente v<strong>al</strong>ore. Infatti quella temporanea del fratello, per quanto<br />
mirabile, non sarà che un SEGNO anticipatore <strong>di</strong> quella fin<strong>al</strong>e ed eterna.<br />
«So che risusciterà... nell'ultimo giorno»: la donna, non solo perché proveniva d<strong>al</strong><br />
giudaismo, che già proponeva la dottrina <strong>della</strong> risurrezione (2 Mac 7,14; 12,43; Dan 12,2),<br />
ma anche perché era stata <strong>al</strong>la scuola <strong>di</strong> Cristo (5,21.29; 6,39.54), si <strong>di</strong>ce convinta <strong>della</strong><br />
risurrezione nel Giorno Ultimo. Marta dunque sa due cose: la prima riguarda il Cristo (ne<br />
considera inf<strong>al</strong>libile la preghiera), la seconda riguarda Dio (che farà risorgere i defunti).<br />
Gesù la educherà a far coincidere il Cristo con Dio.<br />
3. IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA (11,25-27)<br />
11.25 ei)=pen au)tv= o( )Ihsou=j, )Egw/ ei)mi h( a)na/stasij kai\ h( zwh/:<br />
o( pisteu/wn ei)j e)me\ ka)\n a)poqa/nv zh/setai,<br />
11.26 kai\ pa=j o( zw=n kai\ pisteu/wn ei)j e)me\ ou) mh\ a)poqa/nv ei)j to\n ai)w=na:<br />
pisteu/eij tou=to;<br />
11.27 le/gei au)t%=, Nai/, ku/rie, e)gw\ pepi/steuka o(/ti su\ ei)= o( Xristo\j<br />
o( ui(o\j tou= qeou= o( ei)j to\n ko/smon e)rxo/menoj.<br />
11,25 Le <strong>di</strong>sse Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita;<br />
chi crede in me, anche–se muore, vivrà,<br />
11,26 e chiunque vive e crede in me, non morirà mai in eterno;<br />
cre<strong>di</strong> questo?».<br />
11,27 Gli <strong>di</strong>ce: «Sì, Signore, io ho creduto che tu sei il Cristo,<br />
il Figlio <strong>di</strong>–Dio, che viene nel mondo».<br />
«Io sono la risurrezione e la vita»: Gesù pertanto rivolto a Marta afferma <strong>di</strong> essere lui la<br />
VITA che FA RISORGERE (5,21.25). Questa affermazione è una delle più importanti e più<br />
forti <strong>di</strong> tutto il <strong>Vangelo</strong>. Se creduta, sino <strong>al</strong>le ultime conseguenze, ci porta ad identificare<br />
Gesù con Dio. Dio è Vita eterna (1,4) e perciò, comunicandosi a noi, ci fa risorgere fin d'ora<br />
e in un modo <strong>di</strong>vino. La risurrezione fin<strong>al</strong>e dei corpi sarà solo una manifestazione<br />
necessaria <strong>di</strong> quello che egli ha già operato.<br />
«Chi crede in me, anche se muore, vivrà...»: per avere questa Vita dobbiamo credere<br />
nella persona <strong>di</strong> Gesù. T<strong>al</strong>e Vita, anche se non elimina la morte del corpo, ne mo<strong>di</strong>fica<br />
tot<strong>al</strong>mente il senso trasformandola in un passaggio verso la risurrezione (6,40). Da queste<br />
parole cerchiamo <strong>di</strong> capire che cos'è la fede: essa consiste nel credere che Gesù è la Vita, <strong>al</strong><br />
punto <strong>di</strong> sentire la morte stessa come Vita, anche se il dramma <strong>della</strong> scomparsa nostra o<br />
<strong>al</strong>trui lo sperimentiamo sino in fondo (tutto quello che è amaro <strong>di</strong>venta dolce).<br />
«Chiunque vive e crede in me, non morirà mai in eterno»: per Cristo VIVERE in lui e<br />
CREDERE in lui sono la stessa cosa (cfr. anche 8,51) e t<strong>al</strong>e vita <strong>al</strong>imenta la fede. Ognuno<br />
person<strong>al</strong>mente deve dare la sua adesione e tutti lo possono fare senza esclusioni (chiunque).<br />
Perciò la morte (sia in senso fisico che spiritu<strong>al</strong>e) è vinta definitivamente (in eterno).<br />
«Cre<strong>di</strong> questo?»: Gesù dopo aver istruito Marta, insegnandole che lui è la Vita, la<br />
interpella sulla sua fede. Egli rivolge anche a me, oggi, questa stessa domanda. Se c'è la<br />
Fede, c'è la Vita. Infatti, se ho la fede, so che il Signore mi può guarire, risuscitare e s<strong>al</strong>vare<br />
in ogni istante; so che la mia preghiera è sempre esau<strong>di</strong>ta, anche quando non vedo ancora un<br />
risultato positivo, anzi, proprio quando non lo vedo ancora... Sento che egli mi sta dando<br />
una risposta invisibile, nella qu<strong>al</strong>e maggiormente si manifesta la gloria <strong>di</strong>vina. Sono sicuro<br />
che non mi delude; sono certo che mi sorprenderà, ben <strong>al</strong> <strong>di</strong> là delle mie aspettative!<br />
«Sì, Signore, io ho creduto che tu sei il Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio, che viene nel mondo»:<br />
chiara, forte e convinta arriva la professione <strong>di</strong> fede da parte <strong>di</strong> Marta, la qu<strong>al</strong>e, senza<br />
rendersi conto del progresso fatto in quei momenti, afferma <strong>di</strong> credere da molto tempo (ho<br />
192
creduto). Ella <strong>di</strong>venta il TIPO <strong>di</strong> tutti i veri credenti. La formula <strong>di</strong> fede che usa è molto<br />
bella; la più completa che finora sia risuonata sulle labbra e nel cuore <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scepolo (cfr.<br />
1,34.41.49; 3,2; 6,69; 9,17.38): segno che Marta è stata assidua <strong>al</strong>la scuola del Maestro e ne<br />
ha capito gli insegnamenti. Esaminiamo la risposta: il Cristo (cioè il Messia), il Figlio <strong>di</strong><br />
Dio (ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre suo), che (secondo le antiche promesse) viene nel mondo (il venire... lo<br />
caratterizza: viene nel presente, verrà nel futuro. Viene sempre, scendendo d<strong>al</strong> mondo <strong>di</strong><br />
Dio fino in mezzo a noi).<br />
Gv 20,31 Questi sono stati scritti affinché cre<strong>di</strong>ate che Gesù è il Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio<br />
e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.<br />
- IV - L'ATTEGGIAMENTO DELL'ATTESA<br />
1. IL MAESTRO È QUI E CHIAMA TE (11,28-31)<br />
11.28 Kai\ tou=to ei)pou=sa a)ph=lqen<br />
kai\ e)fw/nhsen Maria\m th\n a)delfh\n au)th=j la/qr# ei)pou=sa,<br />
(O <strong>di</strong>da/sk<strong>al</strong>oj pa/restin kai\ fwnei= se.<br />
11.29 e)kei/nh de\ w(j h)/kousen h)ge/rqh taxu\ kai\ h)/rxeto pro\j au)to/n:<br />
11.30 ou)/pw de\ e)lhlu/qei o( )Ihsou=j ei)j th\n kw/mhn,<br />
a)ll' h)=n e)/ti e)n t%= to/p% o(/pou u(ph/nthsen au)t%= h( Ma/rqa.<br />
11.31 oi( ou)=n )Ioudai=oi oi( o)/ntej met' au)th=j e)n tv= oi)ki/# kai\ paramuqou/menoi au)th/n,<br />
i)do/ntej th\n Maria\m o(/ti taxe/wj a)ne/sth kai\ e)ch=lqen, h)kolou/qhsan au)tv=<br />
do/cantej o(/ti u(pa/gei ei)j to\ mnhmei=on i(/na klau/sv e)kei=.<br />
11,28 E dette queste (cose), andò<br />
e chiamò Maria, la sorella sua, <strong>di</strong>cendole <strong>di</strong>–nascosto:<br />
«Il Maestro è–qui e chiama te!».<br />
11,29 Quella <strong>al</strong>lora, appena ebbe–u<strong>di</strong>to, sorse in–fretta e andò da lui;<br />
11,30 non–ancora infatti Gesù era–arrivato <strong>al</strong> villaggio,<br />
ma era ancora nel luogo dove lo incontrò Marta.<br />
11,31 Dunque, i Giudei che erano con lei nella casa per consolarla,<br />
visto che Maria sorse in–fretta e uscì, la seguirono,<br />
reputando che andasse <strong>al</strong> sepolcro per piangere là.<br />
«Andò e chiamò Maria, la sorella sua, <strong>di</strong>cendole <strong>di</strong> nascosto...»: la fede <strong>di</strong> Marta è<br />
cresciuta e si è rafforzata. Per questo ora va a chiamare Maria. Non vuole però far sapere ai<br />
Giudei che il Signore è arrivato. Sa bene che la Giudea è una zona pericolosa per il Signore.<br />
Va lei stessa ad avvisare Maria e le parla in segreto. Non c'era bisogno che <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong>cesse<br />
che era la sua sorella: ma questa precisazione ci rammenta l'amore tra le due donne che,<br />
simili e <strong>di</strong>verse (sorelle), si completano a vicenda. Maria con la sua capacità <strong>di</strong> saper<br />
attendere c'insegna che non dobbiamo aver la pretesa che Dio esau<strong>di</strong>sca, subito e a modo<br />
nostro, i nostri desideri: dobbiamo saper perseverare in un'attesa, che sia scuola <strong>di</strong> amore e<br />
<strong>di</strong> fortezza. Marta con la sua prontezza c'insegna che dobbiamo muoverci ed impegnarci nel<br />
servizio. Esse rappresentano le due anime necessarie <strong>della</strong> Chiesa (la vita contemplativa e<br />
quella attiva).<br />
«Il Maestro è qui e chiama te»: non sappiamo se sia stato Gesù ad invitare anche Maria.<br />
In ogni caso, Marta, notando che nel suo incontro col Signore la sua fede è aumentata,<br />
ritiene utile far venire anche Maria (cfr. 1,41.45). Non mente quando attribuisce la chiamata<br />
a Gesù: implicitamente egli chiama tutti. Bellissima è l'espressione usata: Il Maestro è qui e<br />
chiama te. Gesù è presentato come il Maestro che, fattosi vicino e presente (qui), chiama<br />
ognuno person<strong>al</strong>mente (te), per istruirlo ad aver fede nella Vita.<br />
«Appena ebbe u<strong>di</strong>to...»: Maria era in attesa <strong>di</strong> una chiamata. Non va incontro <strong>al</strong> Signore<br />
<strong>di</strong> sua iniziativa. Ma appena questi la chiama, si precipita con una prontezza imme<strong>di</strong>ata.<br />
193
«Sorse (’eghéiro) in fretta e andò da lui»: <strong>Giovanni</strong> usa un termine (sorgere), che<br />
solitamente in<strong>di</strong>ca la risurrezione; in t<strong>al</strong> modo l'Evangelista ci fa capire che il gesto <strong>di</strong><br />
<strong>al</strong>zarsi dopo un lunga immobilità ha il v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong> una risurrezione interiore.<br />
«Non ancora infatti Gesù era arrivato <strong>al</strong> villaggio»: il Signore si muove con prudenza.<br />
Non entra nel villaggio per non esporsi ad una cattura. Gerus<strong>al</strong>emme è molto vicina. Quello<br />
che sta per operare deve rimanere riservato.<br />
«I Giudei... la seguirono reputando che andasse <strong>al</strong> sepolcro per piangere là»: purtroppo<br />
un m<strong>al</strong>inteso rende vani tutti gli accorgimenti adottati per nascondere a occhi in<strong>di</strong>screti<br />
l'intervento <strong>di</strong> Cristo. I Giudei non si attendono nessuna novità: sepolcro e pianto sono le<br />
loro uniche prospettive.<br />
2. MARIA CADDE AI SUOI PIEDI... (11,32)<br />
11.32 h( ou)=n Maria\m w(j h)=lqen o(/pou h)=n )Ihsou=j<br />
i)dou=sa au)to\n e)/pesen au)tou= pro\j tou\j po/daj le/gousa au)t%=,<br />
Ku/rie, ei) h)=j w(=de ou)k a)/n mou a)pe/qanen o( a)delfo/j.<br />
11,32 Dunque, Maria, quando giunse dove era Gesù,<br />
vistolo, cadde ai suoi pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>cendogli:<br />
«Signore, se fossi–stato qui, non mi sarebbe–morto il fratello!».<br />
«Vistolo, cadde ai suoi pie<strong>di</strong>»: Maria si esprime <strong>di</strong> preferenza con gli atteggiamenti del<br />
corpo (il cadere improvviso in<strong>di</strong>ca il suo dolore che la fa accasciare, ma anche il fatto che<br />
non teme <strong>di</strong> umiliarsi ai pie<strong>di</strong> del Signore).<br />
«Signore, se fossi stato qui, non mi sarebbe morto il fratello!»: anche lei, usando quasi le<br />
stesse parole <strong>di</strong> Marta, esprime quella che, secondo la logica norm<strong>al</strong>e, avrebbe costituito la<br />
soluzione del problema (la presenza fisica del Signore nel momento <strong>della</strong> m<strong>al</strong>attia). Proprio<br />
perché avevano la convinzione che l'intervento del Signore avrebbe s<strong>al</strong>vato il fratello, le due<br />
sorelle avevano fatto avvisare Gesù. Ma ormai si tratta <strong>di</strong> un passato non più rime<strong>di</strong>abile.<br />
Ritornando <strong>al</strong>l'espressione usata da Maria, notiamo che, <strong>al</strong> <strong>di</strong> là <strong>di</strong> una sostanzi<strong>al</strong>e<br />
concordanza con quella <strong>di</strong> Marta, essa contiene una sfumatura degna <strong>di</strong> nota: Maria, più che<br />
la sorella, si è sentita attraversata d<strong>al</strong>la morte <strong>di</strong> Lazzaro. Dice infatti: Non mi sarebbe<br />
morto! Sente la per<strong>di</strong>ta in modo più violento, come uno strappo che l'ha lacerata. Maria non<br />
aggiunge <strong>al</strong>tro: non fa leva sulla capacità interme<strong>di</strong>atrice <strong>di</strong> Gesù presso Dio.<br />
3. GESÙ PIANSE (11,33-37)<br />
11.33 )Ihsou=j ou)=n w(j ei)=den au)th\n klai/ousan<br />
kai\ tou\j sunelqo/ntaj au)tv= )Ioudai/ouj klai/ontaj,<br />
e)nebrimh/sato t%= pneu/mati kai\ e)ta/racen e(auto/n:<br />
11.34 kai\ ei)=pen, Pou= teqei/kate au)to/n;<br />
le/gousin au)t%=, Ku/rie, e)/rxou kai\ i)/de.<br />
11.35 e)da/krusen o( )Ihsou=j.<br />
11.36 e)/legon ou)=n oi( )Ioudai=oi, )/Ide pw=j e)fi/lei au)to/n.<br />
11.37 tine\j de\ e)c au)tw=n ei)=pan,<br />
Ou)k e)du/nato ou(=toj o( a)noi/caj tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j tou= tuflou=<br />
poih=sai i(/na kai\ ou(=toj mh\ a)poqa/nv;<br />
11,33 Gesù dunque come la vide piangere<br />
e piangere i Giudei che–erano–venuti–con lei,<br />
fremette nello spirito e si turbò<br />
11,34 e <strong>di</strong>sse: «Dove lo avete–posto?».<br />
Gli <strong>di</strong>cono: «Signore, vieni e ve<strong>di</strong>!».<br />
11,35 Gesù versò–lacrime.<br />
11,36 Dicevano dunque i Giudei: «Ecco quanto lo amava (come amico)!».<br />
11,37 Però <strong>al</strong>cuni <strong>di</strong> essi <strong>di</strong>ssero:<br />
«Non poteva costui, che ha–aperto gli occhi del cieco,<br />
194
anche far sì–che questi non morisse?».<br />
«Gesù... come la vide piangere (kláio)... fremette (’embrimáomai) nello spirito e si turbò<br />
(tarásso)»: innanzi tutto inquadriamo bene la scena: Maria pronuncia la prima parte <strong>della</strong><br />
preghiera <strong>di</strong> Marta e poi si ferma. Non fa delle richieste, anche se solo implicite. Piange in<br />
ginocchio. Quelle lacrime sono molto importanti per Gesù (sono come quelle <strong>della</strong> sposa<br />
che cerca il suo Sposo). Egli reagisce fremendo nello spirito, colto da un turbamento <strong>al</strong><br />
qu<strong>al</strong>e non può resistere e che manifesta apertamente. Dobbiamo notare qui un uso speci<strong>al</strong>e<br />
del termine spirito da parte <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, il qu<strong>al</strong>e lo adopera (e lo farà ancora un'<strong>al</strong>tra volta in<br />
13,21) dandogli il senso che spesso i Sinottici attribuiscono <strong>al</strong>la parola anima (o psiche). I<br />
mistici (ma anche molti autori del NT) considerano l'uomo composto da corpo, anima e<br />
spirito (il qu<strong>al</strong>e costituirebbe la parte più <strong>al</strong>ta, misteriosa e imperturbabile dell'anima). Ci<br />
saremmo dunque aspettato: fremette e si turbò nell'anima (come si esprime Gesù in 12,27<br />
parlando <strong>di</strong> sé). Ma forse in questo fremito e sconvolgimento l'Evangelista nota che, oltre ad<br />
un'emozione psicologica, vi è stata anche un'inesprimibile reazione, molto più <strong>al</strong>ta e<br />
sublime, prodotta d<strong>al</strong>lo Spirito <strong>San</strong>to.<br />
«Disse: Dove lo avete posto? Gli <strong>di</strong>cono: Signore, vieni e ve<strong>di</strong>!»: quanto <strong>di</strong>verso è il<br />
risultato dell'invito fatto da Gesù stesso ai due primi apostoli o da Filippo a Natanaele<br />
(1,39.46). In quell'occasione videro il Signore e credettero; in questa il Signore può solo<br />
constatare in che modo gli uomini cercano inutilmente <strong>di</strong> esorcizzare la morte.<br />
«Gesù versò lacrime (dakrýo)»: sinceramente addolorato, Gesù versa anche lui lacrime<br />
vere; con<strong>di</strong>vide il dolore delle sorelle e il loro travaglio nella maturazione verso una fede<br />
perfetta (cfr. Lc 19,41; Ebr 5,7). Egli ha assunto sul serio la nostra umanità. In base ai<br />
termini usati da <strong>Giovanni</strong> possiamo però capire che il dolore <strong>di</strong> Cristo è <strong>di</strong>verso da quello<br />
dei presenti: <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ce che piangevano (kláio), <strong>di</strong> Gesù che lacrimò (dakrýo). Piangere<br />
comporta anche il gemito e il grido <strong>di</strong> dolore, lacrimare invece rappresenta la silenziosa<br />
reazione dell'anima o <strong>della</strong> psiche (<strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e gli occhi sono le finestre) <strong>al</strong>la ferita del<br />
<strong>di</strong>spiacere. Questo pianto esprime anche la sofferenza <strong>di</strong> Cristo per ogni uomo morto nello<br />
spirito. Noi stiamo cercando <strong>di</strong> trasfigurare un po' la situazione in senso simbolico. Ma non<br />
vorremmo esagerare. Gesù infatti vive i sentimenti dell'amicizia con spontaneità e pienezza.<br />
Quella con Lazzaro è stata infranta d<strong>al</strong>la morte. Quella con le sorelle è ormai segnata<br />
profondamente d<strong>al</strong>la sofferenza. E la speranza <strong>della</strong> risurrezione, non impe<strong>di</strong>sce <strong>al</strong>l'anima<br />
(<strong>al</strong>la psiche) del Signore <strong>di</strong> essere davvero sconvolta, <strong>al</strong> punto da coinvolgerne perfino lo<br />
spirito (33).<br />
«Dicevano i Giudei: Ecco quanto lo amava (filéo)!»: questa manifestazione <strong>di</strong> dolore fa<br />
comprendere a tutti, perfino ai poco teneri Giudei, l'affetto speci<strong>al</strong>e che egli aveva per<br />
l'amico scomparso. Il guaio è che lo considerano ormai come acqua passata (amava).<br />
«Non poteva costui, che ha aperto gli occhi del cieco, anche far sì che questi non<br />
morisse?»: <strong>Giovanni</strong> raccoglie qui una critica che rivela una concezione sbagliata <strong>di</strong> Gesù<br />
(visto solamente come uno che ha il potere <strong>di</strong> guarire e non come colui che s<strong>al</strong>va l'uomo<br />
d<strong>al</strong>la morte). Alcuni si sentono in <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fare una v<strong>al</strong>utazione negativa del modo con il<br />
qu<strong>al</strong>e egli gestisce il dono dei miracoli («Ha aperto gli occhi ad un estraneo, perché non ha<br />
curato un amico?»). Non pensano certo che lo possa risuscitare e non credono in Gesù come<br />
l'Inviato <strong>di</strong> Dio che, in sintonia con il Padre (e non certo <strong>di</strong> testa sua, <strong>di</strong>etro la spinta delle<br />
emozioni), dona la vita a chi vuole (Gv 5,21.26). Siamo purtroppo sempre tentati <strong>di</strong> usare i<br />
nostri schemi limitati come criterio <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utazione dell'agire <strong>di</strong>vino. La lettura <strong>di</strong> questo<br />
<strong>Vangelo</strong> ci aiuti a cambiare!<br />
Ebr 5,7 Proprio per questo nei giorni <strong>della</strong> sua vita terrena egli offrì preghiere e<br />
suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esau<strong>di</strong>to per<br />
la sua pietà.<br />
195
- V - LAZZARO, VIENI FUORI!<br />
1. SE CREDI, VEDRAI LA GLORIA DI DIO (11,38-40)<br />
11.38 )Ihsou=j ou)=n pa/lin e)mbrimw/menoj e)n e(aut%= e)/rxetai ei)j to\ mnhmei=on:<br />
h)=n de\ sph/laion kai\ li/qoj e)pe/keito e)p' au)t%=.<br />
11.39 le/gei o( )Ihsou=j, )/Arate to\n li/qon.<br />
le/gei au)t%= h( a)delfh\ tou= teteleuthko/toj Ma/rqa,<br />
Ku/rie, h)/dh o)/zei, tetartai=oj ga/r e)stin.<br />
11.40 le/gei au)tv= o( )Ihsou=j,<br />
Ou)k ei)=po/n soi o(/ti e)a\n pisteu/svj o)/yv th\n do/can tou= qeou=;<br />
11,38 Gesù dunque <strong>di</strong>–nuovo fremendo in sé, viene <strong>al</strong> sepolcro;<br />
era (una) grotta ed (una) pietra era–posta su–<strong>di</strong> essa.<br />
11,39 Dice Gesù: «Togliete la pietra!».<br />
Dice a–lui, la sorella del defunto, Marta:<br />
«Signore, già puzza; infatti è <strong>di</strong>–quattro–giorni!»<br />
11,40 Le <strong>di</strong>ce Gesù:<br />
«Non ti ho–detto che se cre<strong>di</strong>, contemplerai la gloria <strong>di</strong>–Dio?».<br />
«Fremendo in sé... viene <strong>al</strong> sepolcro; era una grotta ed una pietra era posta su <strong>di</strong> essa»:<br />
il dolore dell'Amico Gesù è persistente e p<strong>al</strong>ese (ora <strong>Giovanni</strong> non <strong>di</strong>ce più fremendo nello<br />
spirito, ma in sé: per lui si tratta sempre <strong>di</strong> un sentimento e <strong>di</strong> una reazione molto profonda).<br />
Il sepolcro è costituito da una grotta buia e profonda, chiusa da una pesantissima pietra.<br />
Simbolo dello Sheòl, la <strong>di</strong>mora dei morti (gli Inferi).<br />
«Togliete la pietra»: Gesù sfida la morte, la aggre<strong>di</strong>sce nella sua <strong>di</strong>mora. Fa togliere<br />
quella pietra che soffoca la vita.<br />
«Dice a lui, la sorella del defunto, Marta: Signore, già puzza; infatti è <strong>di</strong> quattro<br />
giorni»: <strong>di</strong> fronte a quell'or<strong>di</strong>ne che preludeva ad un intervento straor<strong>di</strong>nario, Marta ha un<br />
attimo <strong>di</strong> perplessità. Vuol ricordare che il fratello è veramente morto e che già si sta<br />
decomponendo. Forse ha anche la preoccupazione <strong>di</strong> non far provare <strong>al</strong> Maestro una<br />
sensazione spiacevole. Gesù merita <strong>di</strong> sentire solo il profumo <strong>della</strong> vita e non il fetore <strong>della</strong><br />
morte. Anche questo cattivo odore è un simbolo: è figura del peccato e <strong>della</strong> corruzione<br />
<strong>della</strong> carne. <strong>Giovanni</strong> precisa che Marta è la sorella <strong>di</strong> Lazzaro: non <strong>di</strong>mentica il legame <strong>di</strong><br />
parentela e <strong>di</strong> affetto, che le conferisce autorevolezza nel prendere decisioni. Maria invece<br />
tace: già sta contemplando.<br />
«Non ti ho detto che se cre<strong>di</strong>, contemplerai la gloria <strong>di</strong> Dio»: Gesù incoraggia la donna a<br />
credere con più fermezza, ricordandole quanto già le ha detto o fatto intendere per mezzo<br />
degli inviati (cfr. 11,4). Egli sa che la fede ha sempre bisogno <strong>di</strong> crescere e, per questo,<br />
continua ad istruire e incoraggiare i presenti. Il pro<strong>di</strong>gio <strong>della</strong> RISURREZIONE manifesterà<br />
la GLORIA <strong>di</strong> Dio (l'unica cosa che v<strong>al</strong>e) e sarà la risposta <strong>di</strong>vina <strong>al</strong>la fede <strong>di</strong> Marta. "Se<br />
cre<strong>di</strong>, vedrai" è la legge v<strong>al</strong>ida in tutte le circostanze: siamo invitati non a vedere per<br />
credere, ma a credere per contemplare (contemplare significa fare il massimo<br />
dell'esperienza). Il IV <strong>Vangelo</strong> collega sovente fede e visione (sarebbe interessante uno<br />
stu<strong>di</strong>o su questo tema: 2,23; 4,19.21; 9,37-38; 11,45; 12,9-10; 19,35; 20,8). La parola<br />
vedrai... richiama <strong>al</strong>la mente la promessa fatta a Natanaele (1,51): <strong>al</strong>lora i <strong>di</strong>scepoli erano<br />
uomini, adesso è una donna. Il futuro vedrai in<strong>di</strong>ca un futuro che inizia già <strong>al</strong> presente e un<br />
presente che si prolunga senza fine nel futuro.<br />
2. PADRE, TI RINGRAZIO (11,41-42)<br />
11.41 h)=ran ou)=n to\n li/qon.<br />
o( de\ )Ihsou=j h)=ren tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j a)/nw kai\ ei)=pen,<br />
Pa/ter, eu)xaristw= soi o(/ti h)/kousa/j mou.<br />
11.42 e)gw\ de\ v)/dein o(/ti pa/ntote/ mou a)kou/eij,<br />
a)lla\ <strong>di</strong>a\ to\n o)/xlon to\n periestw=ta ei)=pon,<br />
i(/na pisteu/swsin o(/ti su/ me a)pe/steilaj.<br />
196
11,41 Tolsero dunque la pietra.<br />
Gesù <strong>al</strong>lora <strong>al</strong>zò gli occhi su e <strong>di</strong>sse:<br />
«Padre, ti ringrazio, perché mi hai–ascoltato.<br />
11,42 Io però sapevo che sempre mi ascolti;<br />
ma (l')ho–detto per la folla che sta–intorno,<br />
affinché credano che tu mi hai–mandato!».<br />
«Tolsero dunque la pietra»: fin<strong>al</strong>mente i presenti si decidono ad obbe<strong>di</strong>re. <strong>Giovanni</strong>, che<br />
aveva una fede più intelligente <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri, ha osservato con attenzione questo fatto. Più avanti<br />
ne vedremo i risultati: 20,1.8.<br />
«Gesù... <strong>al</strong>zò gli occhi su»: volge lo sguardo <strong>al</strong> cielo nel suo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con il Padre<br />
(elevare gli occhi verso Dio è un gesto importante, perché esprime l'elevazione del cuore<br />
verso il Padre e favorisce il contatto dell'anima con lui nella preghiera).<br />
«Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato. Io però sapevo che sempre mi ascolti»:<br />
Gesù si sente già esau<strong>di</strong>to, prima ancora del pro<strong>di</strong>gio, perché egli sa per esperienza che il<br />
Padre lo esau<strong>di</strong>sce sempre, data la loro perfetta comunione <strong>di</strong> intenti (cfr. quanto <strong>di</strong>ce il<br />
cieco nato in 9,31; S<strong>al</strong> 40,8-9). Ci troviamo immessi nel mistero <strong>della</strong> preghiera che è<br />
sempre esau<strong>di</strong>ta, speci<strong>al</strong>mente quando non se ne vedono i risultati imme<strong>di</strong>ati. L'Evangelista<br />
riporta la preghiera <strong>di</strong> ringraziamento, ma non quella <strong>di</strong> domanda, a cui Gesù sembra fare<br />
riferimento. Forse per il fatto che questa è continua, <strong>al</strong>meno a livello interiore (nel cap. 17<br />
sarà anche espressa esteriormente e noi ne potremo contemplare le profon<strong>di</strong>tà e gustare la<br />
bellezza). Ricor<strong>di</strong>amo le parole che Gesù aveva detto <strong>al</strong>l’inizio: Lazzaro, il nostro amico,<br />
dorme, ma vado a svegliarlo! Gesù aveva già misteriosamente l’assoluta certezza<br />
dell’intervento del Padre. Anche noi siamo in re<strong>al</strong>tà sempre esau<strong>di</strong>ti: il sentirsi esau<strong>di</strong>ti<br />
<strong>di</strong>pende solo d<strong>al</strong>la nostra capacità <strong>di</strong> saper vedere l’azione <strong>di</strong> Dio onnipotente nella nostra<br />
vita. Bisogna possedere però l’arte <strong>di</strong> un <strong>al</strong>tissimo <strong>di</strong>scernimento, del qu<strong>al</strong>e Dio ci fa dono<br />
se abbiamo la vera fede (cfr. Mc 11,24: Per questo vi <strong>di</strong>co: tutto quello che domandate nella<br />
preghiera, abbiate fede <strong>di</strong> averlo ottenuto e vi sarà accordato). Ci vuole un equilibrio che<br />
nessuno può avere se Dio non glielo concede. Si rischia infatti, da una parte, <strong>di</strong> tentare Dio<br />
per una fede non illuminata e, d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra, <strong>di</strong> non saper riconoscere la sua re<strong>al</strong>e onnipotenza e<br />
la sua effettiva forza a nostro favore. Quella <strong>di</strong> Gesù è una preghiera carismatica che anche<br />
noi siamo chiamati in qu<strong>al</strong>che misura a capire e a vivere.<br />
«L'ho detto per la folla... affinché credano che tu mi hai mandato»: questo<br />
ringraziamento <strong>al</strong> Padre, rivelando che il pro<strong>di</strong>gio è unicamente opera <strong>di</strong>vina, aiuterà la folla<br />
a credere nel Padre e a credere che in Gesù, che è il suo <strong>Apostolo</strong>, il Padre interviene per<br />
dare la vita <strong>al</strong> mondo. Il pro<strong>di</strong>gio che richiede una fede matura da parte <strong>di</strong> Marta, porterà<br />
<strong>al</strong>la fede i presenti, i qu<strong>al</strong>i sono t<strong>al</strong>mente numerosi da costituire una vera e propria folla.<br />
3. IL MORTO USCÌ ! (11,43-44)<br />
11.43 kai\ tau=ta ei)pw\n fwnv= mega/lv e)krau/gasen, La/zare, deu=ro e)/cw.<br />
11.44 e)ch=lqen o( teqnhkw\j dedeme/noj tou\j po/daj kai\ ta\j xei=raj keiri/aij,<br />
kai\ h( o)/yij au)tou= soudari/% periede/deto.<br />
le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j, Lu/sate au)to\n kai\ a)/fete au)to\n u(pa/gein.<br />
11,43 E dette queste (cose), gridò a–gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!».<br />
11,44 Uscì il morto, (con) i pie<strong>di</strong> e le mani legati con–bende<br />
e il viso suo era–avvolto da–un–sudario.<br />
Dice loro Gesù: «Scioglietelo e lasciatelo andare!».<br />
«Gridò a gran voce»: la potenza <strong>della</strong> voce (gridò) esprime anche <strong>al</strong>l'esterno la forza<br />
<strong>di</strong>vina <strong>di</strong> un comando <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e nulla può resistere, nemmeno la morte. Gesù ora non prega,<br />
comanda con autorità. Se è vero che lui è interme<strong>di</strong>ario presso il Padre, è anche vero che<br />
egli è Dio: opera dunque nel nome del Padre, ma anche nel proprio (10,25; 14,13; 15,16).<br />
197
«Lazzaro, vieni fuori»: Gesù chiama l'amico per nome, come se fosse vivo, facendolo<br />
uscire d<strong>al</strong> sepolcro e quin<strong>di</strong> d<strong>al</strong> mondo dei morti. Si re<strong>al</strong>izza la pre<strong>di</strong>zione fatta in 5,25:<br />
Viene l'Ora ed è adesso, quando i morti ascolteranno la voce del Figlio <strong>di</strong> Dio e coloro,<br />
che hanno ascoltato, vivranno. Si tratta dello stesso comando, che nel Battesimo ci ha<br />
trasferiti d<strong>al</strong>le tenebre <strong>al</strong>la luce, facendoci risuscitare con Cristo (Col 3,1).<br />
«Uscì il morto, con i pie<strong>di</strong> e le mani legati con bende»: Lazzaro sembra ancora un morto,<br />
eppure è vivo e si muove. Egli, mummia che nasconde la vita, ci appare come una stupenda<br />
icona <strong>di</strong> cosa sia in re<strong>al</strong>tà la morte per il credente: un'apparente sfacelo che contiene la vita.<br />
Notiamo come <strong>Giovanni</strong> si esprime: Uscì il morto. Mai come in questo caso l’uscire ha<br />
significato liberazione e s<strong>al</strong>vezza. Lazzaro si muove quando ancora è morto e legato: la vita<br />
già trionfa, nonostante che la morte tenti ancora <strong>di</strong> fermarla. Pie<strong>di</strong> e mani sono le membra<br />
che ci permettono <strong>di</strong> camminare e <strong>di</strong> lavorare e in questo caso sono ancora legate d<strong>al</strong>le<br />
bende: ma inutilmente.<br />
«Il viso suo era avvolto da un sudario»: <strong>Giovanni</strong> nota tutto: anche il sudario sulla<br />
faccia. Esso, che nasconde la person<strong>al</strong>ità (il volto), perché la morte rende tutti ugu<strong>al</strong>i, sarà,<br />
insieme <strong>al</strong>le bende, uno degli elementi che ritroveremo nel racconto <strong>della</strong> risurrezione <strong>di</strong><br />
Cristo. In base a t<strong>al</strong>i oggetti <strong>Giovanni</strong> capirà il misterioso messaggio che il Risorto ha<br />
voluto lasciare (20,6-7).<br />
«Scioglietelo»: lo scioglimento dai legami delle bende in<strong>di</strong>ca la riacquistata libertà da<br />
parte <strong>di</strong> Lazzaro e <strong>di</strong> ogni credente che passa d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la vita. In questa liberazione<br />
Gesù vuole che i presenti siano collaboratori con la loro fede e con la loro opera. È Gesù<br />
che prende l'iniziativa <strong>di</strong> farlo sciogliere, perché sicuramente tutti i presenti sono come<br />
par<strong>al</strong>izzati d<strong>al</strong>lo stupore e non sanno cosa fare. L'Evangelista però non parla <strong>di</strong> questo<br />
stupore e non lo mette in evidenza, perché il suo intento non è quello <strong>di</strong> descrivere uno<br />
spettacolo fuori d<strong>al</strong> comune, ma solo lo stupendo avvenimento interiore <strong>di</strong> una fede che si<br />
fortifica fino <strong>al</strong> punto da <strong>di</strong>ventare vita.<br />
«E lasciatelo andare»: Lazzaro è ormai libero e nessuno ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fermarlo.<br />
Nemmeno Gesù lo trattiene per sé. Il suo cammino sarà la fede piena; la sua via,<br />
liberamente scelta, sarà il Cristo Signore.<br />
INSEGNAMENTO<br />
Anche noi siamo sicuramente pieni <strong>di</strong> meraviglia per questo miracolo che è il<br />
MASSIMO dei Segni, finora compiuti d<strong>al</strong> Cristo, e che annuncia quello definitivo e<br />
supremo <strong>della</strong> Pasqua <strong>di</strong> Risurrezione. La nostra però non dev'essere una meraviglia<br />
superfici<strong>al</strong>e, ma deve favorire un rafforzamento nella fede: ormai siamo convinti che le<br />
parole <strong>di</strong> Cristo sono SPIRITO E VITA ed hanno un'efficacia <strong>di</strong>vina; siamo certi che Cristo<br />
stesso, che è la RISURREZIONE E LA VITA, ha il potere <strong>di</strong> risuscitare anche i morti;<br />
dobbiamo avere la continua capacità <strong>di</strong> vedere in ogni evento, per quanto penoso, la<br />
GLORIA DI DIO.<br />
È dunque fondament<strong>al</strong>e avere FEDE nel Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio: una fede perseverante,<br />
anche se Gesù ritarda; una fede obbe<strong>di</strong>ente, anche se lui segue una strada <strong>di</strong>versa da quella<br />
che abbiamo ipotizzato; una fede incrollabile, visto che davvero i morti, udendo la sua<br />
voce, risorgono (5,25); una fede che permetta <strong>di</strong> VEDERE e sperimentare la gloriosa<br />
potenza <strong>di</strong>vina.<br />
Il Segno <strong>di</strong> Betania <strong>di</strong>mostra che la LUCE del GIORNO vince le tenebre, RISVEGLIA<br />
chi cade nel SONNO <strong>della</strong> morte. Gesù, in comunione orante con il Padre che lo ha inviato<br />
e pieno <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> compassione per noi fino <strong>al</strong>le lacrime, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> essere la nostra<br />
VITA a GLORIA del Padre.<br />
La liturgia, per proclamare che il Battesimo è una risurrezione in Cristo, usa questo brano, insieme<br />
a quello <strong>della</strong> Samaritana e del Cieco nato nel cammino quaresim<strong>al</strong>e <strong>di</strong> preparazione <strong>al</strong><br />
Battesimo (ve<strong>di</strong> la III, IV e V domenica <strong>di</strong> Quaresima, anno A).<br />
198
ERA VICINA LA PASQUA Unità 20<br />
Fede e ostilità (Gv 11,45-57)<br />
Il segno <strong>di</strong> Betania è la MASSIMA rivelazione <strong>della</strong> potenza <strong>di</strong> Cristo. Purtroppo siamo<br />
giunti anche <strong>al</strong>la MASSIMA reazione contraria da parte dei nemici <strong>di</strong> Gesù: mentre molti<br />
credono nel Messia (I), <strong>al</strong>cuni decidono definitivamente <strong>di</strong> ucciderlo (II). Egli è costretto a<br />
vivere in clandestinità (III).<br />
- I - LA FEDE DI MOLTI (11,45-46)<br />
11.45 Polloi\ ou)=n e)k tw=n )Ioudai/wn oi( e)lqo/ntej pro\j th\n Maria\m<br />
kai\ qeasa/menoi a(\ e)poi/hsen, e)pi/steusan ei)j au)to/n:<br />
11.46 tine\j de\ e)c au)tw=n a)ph=lqon pro\j tou\j Farisai/ouj<br />
kai\ ei)=pan au)toi=j a(\ e)poi/hsen )Ihsou=j.<br />
11,45 Molti dunque tra i Giudei, [quelli] venuti da Maria,<br />
avendo–contemplato ciò–che aveva–fatto, credettero in lui;<br />
11,46 ma <strong>al</strong>cuni <strong>di</strong> loro andarono dai farisei<br />
e <strong>di</strong>ssero loro quello–che aveva–fatto Gesù.<br />
«Molti dunque tra i Giudei, venuti da Maria»: <strong>Giovanni</strong> ci fa ora un breve resoconto del<br />
risultato ottenuto d<strong>al</strong> pro<strong>di</strong>gio <strong>della</strong> rianimazione <strong>di</strong> Lazzaro (11,1-44). Parla <strong>della</strong> duplice<br />
reazione dei Giudei presenti <strong>al</strong> grande evento (fede e denuncia). Li mette in relazione solo<br />
con Maria, che, in questa conclusione, rappresenta ancora una volta tutta la fraternità <strong>di</strong><br />
Betania, forse a motivo del suo comportamento e <strong>della</strong> sua spiritu<strong>al</strong>ità più intensa.<br />
«Avendo contemplato ciò che aveva fatto, credettero in lui»: Gesù si <strong>al</strong>lietò <strong>al</strong> pensiero<br />
che la fede dei <strong>di</strong>scepoli si sarebbe approfon<strong>di</strong>ta e fortificata. Sicuramente gioì nel costatare<br />
che molti Giudei si erano convinti che il Padre agiva in lui. Se i presenti iniziano a credere, i<br />
tre fratelli cominciano a comprendere in modo chiaro e definitivo che Gesù è la Vita vera<br />
(anche quando non lo <strong>di</strong>mostra facendo un miracolo).<br />
«Ma <strong>al</strong>cuni... andarono dai farisei...»: come già in <strong>al</strong>tre occasioni (5,15; 9,13), anche ora<br />
<strong>al</strong>cuni preferiscono <strong>al</strong>learsi con il potere dei farisei e denunciare Gesù per quello che ha<br />
fatto a Lazzaro e per la fede suscitata in molti (il numero li impressiona). Se non <strong>al</strong>tro,<br />
questa volta, ammettono che Gesù ha compiuto un grande pro<strong>di</strong>gio.<br />
- II - RADUNARE I FIGLI DI DIO<br />
1. I ROMANI CI TOGLIERANNO LA NAZIONE (11,47-48)<br />
11.47 sunh/gagon ou)=n oi( a)rxierei=j kai\ oi( Farisai=oi sune/drion kai\ e)/legon,<br />
Ti/ poiou=men o(/ti ou(=toj o( a) /nqrwpoj polla\ poiei= shmei=a;<br />
11.48 e)a\n a)fw=men au)to\n ou(/twj, pa/ntej pisteu/sousin ei)j au)to/n,<br />
kai\ e)leu/sontai oi( (Rwmai=oi kai\ a)rou=sin h(mw=n kai\ to\n to/pon kai\ to\ e)/qnoj.<br />
11,47 Dunque i capi–sacerdoti e i farisei radunarono (il) Sinedrio e <strong>di</strong>cevano:<br />
«Che facciamo, poiché quest'uomo fa molti segni?<br />
11,48 Se lo lasciamo così, tutti crederanno in lui<br />
e verranno i Romani e ci toglieranno e il Luogo (sacro) e la Nazione!».<br />
«I capi sacerdoti e i farisei radunarono il Sinedrio»: sommi Sacerdoti e Farisei si<br />
<strong>al</strong>leano tra <strong>di</strong> loro e convocano il Tribun<strong>al</strong>e supremo, perché sentono che la situazione, d<strong>al</strong><br />
loro punto <strong>di</strong> vista, si sta aggravando sempre <strong>di</strong> più. Questa volta non agiscono più in or<strong>di</strong>ne<br />
sparso: ritengono opportuno stu<strong>di</strong>are bene il problema, chiedendo il contributo <strong>di</strong> tutti. I<br />
m<strong>al</strong>vagi sanno <strong>al</strong>learsi, superando ogni <strong>di</strong>fficoltà, pur <strong>di</strong> ottenere dei risultati.<br />
199
«Che facciamo…?»: sentono che è urgente prendere una decisione definitiva, ma non<br />
sanno che cosa fare <strong>di</strong> preciso. Si consultano pertanto a vicenda. Se Gesù fa e opera<br />
davvero, anche loro si trovano costretti a fare sul serio.<br />
«Quest'uomo fa molti segni»: non nominano Gesù. Per loro è solo un uomo qu<strong>al</strong>unque.<br />
Fin<strong>al</strong>mente parlano dei miracoli, chiamandoli segni, cioè gesti che hanno un carattere<br />
profetico e che sono scuola <strong>di</strong> fede. Ammettono che Cristo ne ha compiuti molti, ma non<br />
passa per la loro mente l'idea <strong>di</strong> tenerne conto a suo favore. Anzi, quanto più sono numerosi<br />
e quanto più sono gran<strong>di</strong> (come quello <strong>di</strong> Lazzaro che ha davvero portato molti <strong>al</strong>la fede in<br />
Gesù: cfr. 12,11), tanto più sono preoccupati.<br />
«Se lo lasciamo così...»: secondo loro è venuto il momento <strong>di</strong> agire per cambiare la<br />
situazione. Giu<strong>di</strong>cano insufficienti tutte le misure finora adottate contro Gesù. Non possono<br />
più lasciarlo libero <strong>di</strong> fare quello che finora ha fatto.<br />
«Tutti crederanno in lui»: due sono i motivi princip<strong>al</strong>i per cui pensano <strong>di</strong> doverlo<br />
fermare: 1°) la loro prima preoccupazione è <strong>di</strong> tipo religioso: temono un cambiamento nella<br />
fede, uno sconvolgimento ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>e delle tra<strong>di</strong>zioni e la defezione <strong>di</strong> tutti verso Gesù. Essi si<br />
sentono gli unici custo<strong>di</strong> dell'ortodossia. Il vedere che molti li abbandonano per seguire<br />
Cristo li indurrà a progettare <strong>di</strong> uccidere anche Lazzaro (12,10).<br />
«Verranno i Romani e ci toglieranno e il Luogo sacro e la Nazione»: 2°) fanno anche<br />
una previsione politico-militare: gli eventu<strong>al</strong>i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni, provocati d<strong>al</strong>la nuova ipotetica<br />
situazione, potrebbero indurre i Romani a <strong>di</strong>struggere il tempio (il Luogo) e a deportare il<br />
popolo (la Nazione), lasciandoli privi <strong>di</strong> ogni potere. Essi si sentono gli in<strong>di</strong>spensabili capi<br />
politico-religiosi del popolo. Si reputano infatti i padroni (ci toglieranno...) sia del Tempio<br />
che <strong>della</strong> Nazione.<br />
2. IL SOMMO SACERDOTE PROFETIZZÒ (11,49-53)<br />
11.49 ei(=j de/ tij e)c au)tw=n Kaia/faj, a)rxiereu\j w)\n tou= e)niautou= e)kei/nou,<br />
ei)=pen au)toi=j, (Umei=j ou)k oi)/date ou)de/n,<br />
11.50 ou)de\ logi/zesqe o(/ti sumfe/rei u(mi=n i(/na ei(=j a)/nqrwpoj a)poqa/nv u(pe\r tou= laou=<br />
kai\ mh\ o(/lon to\ e)/qnoj a)po/lhtai.<br />
11.51 tou=to de\ a)f' e(autou= ou)k ei)=pen,<br />
a)lla\ a)rxiereu\j w)\n tou= e)niautou= e)kei/nou<br />
e)profh/teusen o(/ti e)/mellen )Ihsou=j a)poqnv/skein u(pe\r tou= e)/qnouj,<br />
11.52 kai\ ou)x u(pe\r tou= e)/qnouj mo/non<br />
a)ll' i(/na kai\ ta\ te/kna tou= qeou= ta\ <strong>di</strong>eskorpisme/na sunaga/gv ei)j e(/n.<br />
11.53 a)p' e)kei/nhj ou)=n th=j h(me/raj e)bouleu/santo i(/na a)poktei/nwsin au)to/n.<br />
11,49 Allora uno <strong>di</strong> essi, Caifa, essendo capo–sacerdote <strong>di</strong> quell'anno,<br />
<strong>di</strong>sse loro: «Voi non capite nulla,<br />
11,50 né pensate che vi conviene che un–solo uomo muoia per il popolo<br />
e non perisca tutta la nazione!».<br />
11,51 Questo però da se–stesso non (lo) <strong>di</strong>sse,<br />
ma, essendo capo–sacerdote in quell'anno,<br />
profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione<br />
11,52 e non per la nazione soltanto<br />
ma anche per radunare i figli <strong>di</strong>–Dio, i <strong>di</strong>spersi, in uno.<br />
11,53 Da quel giorno dunque decretarono <strong>di</strong> ucciderlo.<br />
«Allora uno <strong>di</strong> essi, Caifa, essendo capo sacerdote <strong>di</strong> quell'anno»: per l'Evangelista<br />
Caifa è uno <strong>di</strong> essi, cioè, uno che con<strong>di</strong>vide la ment<strong>al</strong>ità e le scelte del gruppo. Egli è una<br />
figura passeggera: possiede la carica <strong>di</strong> sommo sacerdote solo per quell'anno.<br />
«Disse loro: Voi non capite nulla»: per lui la preoccupazione espressa d<strong>al</strong>l'assemblea è<br />
troppo blanda ed i provve<strong>di</strong>menti, che vogliono adottare per fermare il G<strong>al</strong>ileo, non sono<br />
abbastanza drastici. Il suo modo <strong>di</strong> esprimersi è rude e prepotente: li accusa tutti <strong>di</strong><br />
incapacità ment<strong>al</strong>e (non capite nulla); secondo lui non hanno il coraggio <strong>di</strong> proferire la<br />
200
parola giusta: morte. Più avanti l'Evangelista ci riferirà circa il <strong>di</strong>sappunto dei Farisei che si<br />
accusano a vicenda: Non giovate a nulla; ecco, il mondo <strong>di</strong>etro a lui è andato! (12,19).<br />
Anche per loro si farà sempre più urgente un intervento risolutivo.<br />
«Né pensate che vi conviene che un solo uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la<br />
nazione»: innanzi tutto Caifa fa leva sull'interesse, già fortissimo, del gruppo (vi conviene).<br />
Usa due termini <strong>di</strong>versi per in<strong>di</strong>care la stessa re<strong>al</strong>tà: popolo e nazione. Popolo in<strong>di</strong>ca Israele<br />
nella sua storia e nel suo rapporto con Dio (popolo dell'Alleanza o popolo <strong>di</strong> Dio). Nazione<br />
in<strong>di</strong>ca Israele con la sua specifica organizzazione e la sua particolare razza. Per lui, se Gesù<br />
morirà per il popolo, si s<strong>al</strong>verà la nazione, ad esclusivo vantaggio <strong>della</strong> classe <strong>di</strong>rigente. In<br />
caso contrario avverrebbe la fine irreversibile (il perire) <strong>della</strong> nazione, non solo perché i<br />
Romani la potrebbero <strong>di</strong>struggere, ma soprattutto perché Gesù sta togliendo ad essa, con la<br />
sua dottrina, la stessa ragione <strong>di</strong> esistere. Quin<strong>di</strong>, per lui, l'unica soluzione adeguata è quella<br />
che perisca quell'uomo, cioè che sia annientato fisicamente e spiritu<strong>al</strong>mente, come un<br />
dannato (questo è il senso mistico del verbo perire).<br />
«Questo però da se stesso non lo <strong>di</strong>sse, ma, essendo capo sacerdote in quell'anno…»:<br />
<strong>Giovanni</strong> ci svela il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino che sta <strong>di</strong>etro a una t<strong>al</strong>e proposta, dettata d<strong>al</strong>l'o<strong>di</strong>o contro<br />
il Signore. Il <strong>di</strong>re: Un solo uomo muoia per il popolo, invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>re: Mettiamo a morte<br />
quell'uomo, è dovuto ad un'ispirazione <strong>di</strong>vina, che gli ha fatto involontariamente<br />
pronunciare la grande verità che Cristo sarebbe morto <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vare tutto il popolo.<br />
«Profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto»:<br />
mentre Caifa pensava solo <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza terrena del popolo <strong>di</strong> Israele, Dio ha voluto che le<br />
sue parole fossero in re<strong>al</strong>tà una profezia <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza spiritu<strong>al</strong>e procurata da Cristo per<br />
tutti. L'Evangelista, con la sua ment<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> fede, sa sempre cogliere l'azione <strong>di</strong> Dio che si<br />
serve t<strong>al</strong>volta anche <strong>di</strong> uomini m<strong>al</strong>vagi.<br />
«Per radunare i figli <strong>di</strong> Dio... in uno»: infatti, donando la sua vita, il buon Pastore<br />
re<strong>al</strong>izzerà l'UNITÀ del nuovo gregge <strong>di</strong> Dio, anzi <strong>della</strong> nuova famiglia <strong>di</strong> Dio, dei qu<strong>al</strong>i i<br />
membri sono veri figli (17,21.23). In essa confluiranno tutti i popoli senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong><br />
storia, lingua e razza (cfr. Ger 31,8).<br />
«Da quel giorno dunque decretarono <strong>di</strong> ucciderlo»: ora la decisione è uffici<strong>al</strong>e.<br />
Giustamente l’Evangelista traduce il termine morire (usato da Caifa: 50) con uccidere,<br />
meglio capace <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care l’intento criminoso dei capi. Il motivo del verdetto va trovato<br />
unicamente negli ingiusti interessi dei membri del Sinedrio, i qu<strong>al</strong>i, ritenendo che la vita <strong>di</strong><br />
un solo uomo sia una cosa <strong>di</strong>sprezzabile e priva <strong>di</strong> importanza rispetto ai vantaggi che essi<br />
prevedono <strong>di</strong> ottenere, decidono <strong>di</strong> sopprimere il Signore, prima ancora <strong>di</strong> fargli un qu<strong>al</strong>siasi<br />
processo.<br />
- III - IL RITIRO DI GESÙ (11,54-57)<br />
11.54 (O ou)=n )Ihsou=j ou)ke/ti parrhsi/# periepa/tei e)n toi=j )Ioudai/oij,<br />
a)lla\ a)ph=lqen e)kei=qen ei)j th\n xw/ran e)ggu\j th=j e)rh/mou,<br />
ei)j )Efrai\m legome/nhn po/lin, ka)kei= e)/meinen meta\ tw=n maqhtw=n.<br />
11.55 )=Hn de\ e)ggu\j to\ pa/sxa tw=n )Ioudai/wn,<br />
kai\ a)ne/bhsan polloi\ ei)j (Ieroso/luma e)k th=j xw/raj<br />
pro\ tou= pa/sxa i(/na a(gni/swsin e(autou/j.<br />
11.56 e)zh/toun ou)=n to\n )Ihsou=n kai\ e)/legon met' a)llh/lwn e)n t%= i(er%= e(sthko/tej,<br />
Ti/ dokei= u(mi=n; o(/ti ou) mh\ e)/lqv ei)j th\n e(orth/n;<br />
11.57 dedw/keisan de\ oi( a)rxierei=j kai\ oi( Farisai=oi e)ntola\j<br />
i(/na e)a/n tij gn%= pou= e)stin mhnu/sv, o(/pwj pia/swsin au)to/n.<br />
11,54 Gesù quin<strong>di</strong> non–più camminava in–pubblico tra i Giudei,<br />
ma andò <strong>di</strong>–là verso la regione vicino <strong>al</strong> deserto,<br />
ne(lla) città chiamata Efraim e–là <strong>di</strong>morava con i <strong>di</strong>scepoli.<br />
11,55 Ora era vicina la Pasqua dei Giudei<br />
e molti d<strong>al</strong>la regione s<strong>al</strong>irono a Gerus<strong>al</strong>emme<br />
prima <strong>della</strong> Pasqua per purificarsi.<br />
201
11,56 Cercavano dunque Gesù e <strong>di</strong>cevano fra loro, stando nel tempio:<br />
«Che ve (ne) pare? Forse non verrà <strong>al</strong>la festa?».<br />
11,57 Ma i capi–sacerdoti e i farisei avevano–dato (l')or<strong>di</strong>ne<br />
che, se qu<strong>al</strong>cuno sapesse dov'era, (lo) denunziasse, affinché lo catturassero.<br />
«Gesù... non più camminava in pubblico tra i Giudei»: egli prende le precauzioni già<br />
adottate in <strong>al</strong>tre occasioni e che adesso <strong>di</strong>ventano ancor più necessarie.<br />
«Andò...verso la regione vicino <strong>al</strong> deserto nella città chiamata Efraim e là <strong>di</strong>morava con<br />
i <strong>di</strong>scepoli»: anche in questo caso egli ritorna <strong>al</strong>le origini (cfr. 10,40). Questa volta va nella<br />
regione <strong>della</strong> Samaria (Efraim), cioè nei luoghi in cui si era svolto l'incontro con la<br />
Samaritana (figura <strong>di</strong> ogni persona in sincera ricerca) e con il suo popolo, <strong>di</strong>mostratosi ben<br />
<strong>di</strong>sposto verso la fede. Egli vi rimane con i <strong>di</strong>scepoli, non solo due giorni (4,40.43), ma<br />
molti <strong>di</strong> più, in attesa <strong>della</strong> grande Pasqua. Per Gesù si tratta <strong>di</strong> un'occasione preziosa per<br />
<strong>di</strong>morare con i suoi e per ammaestrarli nelle vie <strong>di</strong> Dio.<br />
«Era vicina la pasqua dei Giudei...»: siamo <strong>al</strong>la vigilia <strong>della</strong> princip<strong>al</strong>e festa ebraica che<br />
commemorava l'Esodo d<strong>al</strong>la schiavitù <strong>al</strong>la libertà <strong>della</strong> terra promessa. Nessuno sta<br />
immaginando che il significato dell'antica Pasqua tra poco sarà tot<strong>al</strong>mente rinnovato e<br />
portato a compimento. Questa è la terza Pasqua <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e l'Evangelista ci riferisce che si<br />
stava avvicinando (cfr. 2,13; 6,4).<br />
«Molti d<strong>al</strong>la regione s<strong>al</strong>irono a Gerus<strong>al</strong>emme... per purificarsi»: questo confluire <strong>di</strong><br />
molti d<strong>al</strong>le regioni circostanti <strong>al</strong>la Città <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme è figura dell'afflusso dei popoli<br />
verso il Cristo s<strong>al</strong>vatore. Senza saperlo i nemici <strong>di</strong> Gesù stanno per versare il sangue <strong>della</strong><br />
vera purificazione pasqu<strong>al</strong>e per tutti.<br />
«Cercavano dunque Gesù e <strong>di</strong>cevano fra loro, stando nel tempio: Che ve ne pare? Forse<br />
non verrà <strong>al</strong>la festa?»: il clima ormai è quello pesante <strong>della</strong> grande paura. La gente sospetta<br />
che qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> grave stia per accadere a Gesù, <strong>al</strong> punto da dubitare che, questa volta, egli<br />
venga <strong>al</strong>la festa. È questa l'ultima scena che l'Evangelista ambienta nel tempio.<br />
«I capi sacerdoti e i farisei avevano dato l'or<strong>di</strong>ne che, se qu<strong>al</strong>cuno sapesse dov'era, lo<br />
denunziasse...»: la decisione, presa dai capi, è ormai una legge nazion<strong>al</strong>e. Tutti sono<br />
precettati a collaborare, <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> poter loc<strong>al</strong>izzare e catturare il Cristo. La denuncia però<br />
non verrà fatta da uno qu<strong>al</strong>unque, ma da un amico. Gesù ha sempre saputo sfuggire agli<br />
estranei, ma non ha voluto sfuggire <strong>al</strong> tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un apostolo. Nessun uomo può sfuggire<br />
<strong>al</strong>l'attentato compiuto da un confidente. E Gesù ha scelto <strong>di</strong> subire la sorte <strong>di</strong> ogni uomo.<br />
CONCLUSIONE DEL PRIMO TEMPO<br />
Questo è stato il Tempo dei Segni e <strong>della</strong> Rivelazione <strong>di</strong> Gesù in pubblico. Gesù ha<br />
rivelato in modo sempre più deciso e chiaro la sua DIVINITÀ: egli è il FIGLIO <strong>di</strong> Dio<br />
Padre, ugu<strong>al</strong>e a Lui nella forza e nella gloria.<br />
Non è facile per nessuno accettare la <strong>di</strong>vinità del Cristo, ma dato che il <strong>Vangelo</strong> la<br />
propone con tanta forza e chiarezza, noi con infinito stupore cre<strong>di</strong>amo che Gesù è il<br />
LÓGOS-DIO fatto UOMO. Gesù è la Luce <strong>della</strong> vita perché rivela il Padre e se stesso,<br />
attraverso lo strumento <strong>della</strong> PAROLA e attraverso SEGNI e GESTI profetici. Il quarto<br />
Evangelista, in questo primo Tempo, sceglie <strong>al</strong>cuni SEGNI (pochi, una dozzina, ma più che<br />
sufficienti) che confermano le parole del Cristo: ricor<strong>di</strong>amo in particolare i due pro<strong>di</strong>gi<br />
compiuti a Cana, il miracolo dei pani moltiplicati e <strong>della</strong> passeggiata sul mare, i segni <strong>di</strong><br />
Betzatà e <strong>di</strong> Siloe e l'ultimo, quello <strong>di</strong> Lazzaro a Betania. Tra i GESTI profetici<br />
annoveriamo l'intenso sguardo su Pietro, l'aver conosciuto Natanaele prima ancora <strong>di</strong><br />
incontrarlo, la purificazione del Tempio, la rivelazione <strong>della</strong> vita segreta <strong>della</strong> Samaritana e<br />
l'aver s<strong>al</strong>vato l'adultera. Gesù si <strong>di</strong>mostra l'inviato del Padre, <strong>di</strong> cui egli compie le opere, con<br />
l'intenzione <strong>di</strong> suscitare la FEDE in lui e radunare i figli <strong>di</strong> Dio in un unico popolo nuovo.<br />
202
I segni che <strong>Giovanni</strong> racconta appartengono a due categorie complementari: quelli che<br />
<strong>al</strong>ludono <strong>al</strong> BATTESIMO e quelli che preparano il dono dell'EUCARISTIA. Al primo<br />
filone appartengono il <strong>di</strong>scorso con Nicodemo, il <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con la Samaritana, la guarigione a<br />
Betzatà e a Siloe, la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro; <strong>al</strong> secondo la trasformazione dell'acqua in vino<br />
<strong>al</strong> banchetto nuzi<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Cana e la moltiplicazione dei pani.<br />
Ai bisogni vit<strong>al</strong>i dell'uomo Gesù risponde con la sua parola (che rivela l'amore del<br />
Padre), con i miracoli (scaturenti d<strong>al</strong>la sua umanità risanante) e con i segni del Battesimo e<br />
dell'Eucaristia, che sono il prolungamento fino a noi dell'efficacia s<strong>al</strong>vifica <strong>della</strong> sua<br />
umanità. Non possiamo far a meno <strong>di</strong> Cristo e, quin<strong>di</strong>, non possiamo far a meno dei<br />
sacramenti, che continuano la sua presenza in mezzo a noi e l'efficacia dei suoi pro<strong>di</strong>gi<br />
messianici.<br />
Se, dunque, la fede è essenzi<strong>al</strong>e per avere la vita eterna, in certo modo, anche i segni del<br />
Battesimo e dell'Eucaristia sono <strong>al</strong>trettanto essenzi<strong>al</strong>i (3,5 e 6,53). Questo a prima vista può<br />
sembrare strano.<br />
Ci sono però due motivi che rendono ragione <strong>di</strong> questo fatto.<br />
Il primo <strong>di</strong> essi si trova nell'evento dell'Incarnazione: il Lógos si è fatto Carne. Se quella<br />
carne, che per certi aspetti non giova a nulla, <strong>di</strong>venta la <strong>di</strong>mora e lo strumento <strong>della</strong><br />
PAROLA (del Lógos), <strong>al</strong>lora possiamo intuire che la "carne" può essere il veicolo che<br />
trasmette la Vita e la Luce <strong>di</strong>vina. Perciò il Battesimo e l'Eucaristia sono, nella volontà e nel<br />
pensiero <strong>di</strong> Cristo, in<strong>di</strong>spensabili come lo è la Carne stessa del Lógos. Infatti il Battesimo da<br />
noi ricevuto rappresenta la crocifissione e sepoltura del nostro uomo vecchio con Cristo<br />
(Rom 6,4-6) e il pane che spezziamo è comunione con il corpo <strong>di</strong> Cristo (1 Cor 10,16).<br />
L'<strong>al</strong>tro motivo lo troviamo nell'evento <strong>della</strong> Pasqua: Cristo facendo risorgere il tempio<br />
del suo corpo, coinvolge tutti noi nella sua vittoria sulla morte e sul peccato. Il Battesimo<br />
perciò ci unisce <strong>al</strong>la sua risurrezione (Rom 6,8-9) e la partecipazione <strong>al</strong>l'Eucaristia ci rende<br />
capaci <strong>di</strong> annunciare nei fatti la sua morte e la sua gloriosa venuta fin<strong>al</strong>e (1 Cor 11,26).<br />
Non è facile accettare le conseguenze derivanti d<strong>al</strong>la corporeità <strong>di</strong> Gesù, ma visto che il<br />
Cristo continua con essa a operare la nostra guarigione e risurrezione per mezzo dei<br />
Sacramenti del Battesimo e del Pane eucaristico, accogliamo con riconoscenza t<strong>al</strong>i doni<br />
s<strong>al</strong>vifici.<br />
Essi sono la sorgente <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e ci possiamo <strong>di</strong>ssetare, d<strong>al</strong> momento che il LÓGOS si è<br />
fatto e continua ad essere CARNE. Se abbiamo capito questo, stiamo imparando a vivere<br />
simbolicamente e sacrament<strong>al</strong>mente nel mondo, il che equiv<strong>al</strong>e a vivere significativamente,<br />
in una riscoperta gioiosa e riconoscente del v<strong>al</strong>ore inau<strong>di</strong>to dell'umanità e <strong>della</strong> corporeità<br />
del Signore Gesù e nostra.<br />
Ci possiamo dunque chiedere se stiamo assimilando le nuove ment<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> cui abbiamo<br />
parlato. È cresciuta la nostra FEDE? Essa, innanzi tutto, dona una nuova visione <strong>della</strong> vita e<br />
per questo insegna ad interpretare ogni cosa come un simbolo delle re<strong>al</strong>tà e delle esperienze<br />
spiritu<strong>al</strong>i (il credente scopre il senso vero del mondo creatur<strong>al</strong>e, che <strong>di</strong>venta scuola e<br />
p<strong>al</strong>estra <strong>di</strong> fede: ment<strong>al</strong>ità simbolica [aspetto conoscitivo]).<br />
L'Incarnazione, poi, donandoci il Cristo Uomo-Dio, primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e Sacramento <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza,<br />
dà completa efficacia <strong>al</strong> metodo sacrament<strong>al</strong>e con il qu<strong>al</strong>e Dio da sempre è intervenuto in<br />
aiuto dell'uomo. Oggi per noi <strong>al</strong>cune re<strong>al</strong>tà (Cristo, la Bibbia, la Chiesa, i suoi Ministri, i<br />
Fratelli, il Battesimo, il Pane eucaristico...) sono speci<strong>al</strong>i segni efficaci <strong>della</strong> presenza <strong>di</strong> Dio<br />
e <strong>della</strong> grazia dello Spirito (logica sacrament<strong>al</strong>e, che porta a entrare in comunione <strong>di</strong> amore<br />
fattivo con Dio attraverso questi segni [aspetto operativo]).<br />
Chi acquisisce questa ment<strong>al</strong>ità ed aderisce a questa logica vive proteso verso la<br />
risurrezione, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e i sacramenti sono re<strong>al</strong>e anticipazione, e vive il momento presente<br />
come un frammento <strong>di</strong> eternità, sentendosi con forza già s<strong>al</strong>vato (ment<strong>al</strong>ità anticipatrice,<br />
che fa vivere l'éskhatos come già iniziato [aspetto escatologico]).<br />
Se non abbiamo finora avuto una straor<strong>di</strong>naria emozione mistica nel capire e vivere<br />
queste capacità, è segno che forse non abbiamo ancora assimilato in pieno il messaggio.<br />
203
Ringraziamo tuttavia il Signore per le conoscenze che già ci ha donato e chie<strong>di</strong>amogli <strong>di</strong><br />
progre<strong>di</strong>re sempre <strong>di</strong> più nella via <strong>della</strong> fede e <strong>della</strong> speranza.<br />
204
SECONDO TEMPO<br />
L’ULTIMA SETTIMANA E IL SEGNO DI PASQUA<br />
205
Presentazione del Secondo Tempo<br />
Con il cap. 12 inizia il Secondo Tempo nel qu<strong>al</strong>e si re<strong>al</strong>izza il Segno <strong>della</strong> Pasqua,<br />
profetizzato da Gesù in molte occasioni.<br />
Secondo una consuetu<strong>di</strong>ne (propria <strong>di</strong> tutta la Storia <strong>della</strong> S<strong>al</strong>vezza), che potremmo<br />
chiamare simbolismo progressivo, una grande re<strong>al</strong>tà futura è sempre preceduta, annunciata e<br />
prefigurata da segni che, in modo sempre più chiaro e perfetto, già la contengono e la<br />
comunicano. L’evento fondament<strong>al</strong>e <strong>della</strong> Pasqua non fa eccezione a questa regola.<br />
Sette sono le tappe <strong>di</strong> questa progressione.<br />
1° momento: nell'ultima settimana prepasqu<strong>al</strong>e, durante una cena in casa <strong>di</strong> Lazzaro,<br />
Maria unge <strong>di</strong> profumo il Messia, come prefigurazione dell'unzione funebre, mentre il<br />
trionfante ingresso <strong>di</strong> Gesù in Gerus<strong>al</strong>emme anticipa la sua vittoria sulla morte.<br />
2° momento: la voce del Padre d<strong>al</strong> cielo, mentre Gesù dona gli ultimi consigli <strong>al</strong>la folla,<br />
segn<strong>al</strong>a la venuta definitiva dell'Ora, vista come glorificazione del nome del <strong>di</strong>vin Padre.<br />
3° momento: Gesù, poi, celebra la Cena <strong>di</strong> Pasqua durante la qu<strong>al</strong>e lava i pie<strong>di</strong> ai<br />
<strong>di</strong>scepoli e svela il tra<strong>di</strong>tore.<br />
4° momento: il Maestro parla <strong>al</strong> cuore degli apostoli pronunciando i due <strong>di</strong>scorsi<br />
convivi<strong>al</strong>i.<br />
5° momento: Gesù si rivolge <strong>al</strong> Padre con la sua preghiera sacerdot<strong>al</strong>e per l'Unità. Anche<br />
qui simboli e re<strong>al</strong>tà s'intrecciano e trovano il punto culminante nella consacrazione che<br />
Cristo fa <strong>di</strong> se stesso (17,19).<br />
6° momento: il racconto <strong>della</strong> Passione.<br />
7° momento: il Risorto appare vivo ai suoi. È il Segno definitivo <strong>di</strong> Pasqua che, mentre<br />
re<strong>al</strong>izza tutte le figure e le profezie precedenti, dà inizio <strong>al</strong> tempo <strong>della</strong> Chiesa.<br />
206
OLIO PROFUMATO E RAMI DI PALMA Unità 21<br />
L'unzione <strong>di</strong> Betania e l'ingresso a Gerus<strong>al</strong>emme (Gv 12,1-19)<br />
L'ultima settimana prima <strong>della</strong> Pasqua, richiama la prima settimana <strong>della</strong> vita pubblica<br />
del Maestro (1,35-2,1). Poiché gli eventi in essa accaduti sono da collocare, per<br />
affermazione dello stesso Evangelista, nel nuovo periodo pasqu<strong>al</strong>e, pensiamo che incominci<br />
qui il Secondo Tempo, nel qu<strong>al</strong>e in<strong>di</strong>viduiamo un primo momento che va d<strong>al</strong>l'Unzione <strong>di</strong><br />
Betania <strong>al</strong>l'Ingresso in Gerus<strong>al</strong>emme (Unità 21).<br />
In questa Unità, il cui titolo mette in evidenza due Icone significative (il profumo e le<br />
p<strong>al</strong>me), ve<strong>di</strong>amo che Gesù riceve due omaggi: durante il primo giorno, un'unzione<br />
profumata da parte <strong>di</strong> Maria (I) e, nel secondo giorno, un'accoglienza festosa da parte <strong>della</strong><br />
folla che lo s<strong>al</strong>uta come Re d'Israele (II).<br />
- I - LA CASA SI RIEMPÌ DI PROFUMO<br />
1. FECERO UNA CENA (12,1-2)<br />
12.1 (O ou)=n )Ihsou=j pro\ e(\c h(merw=n tou= pa/sxa h)=lqen ei)j Bhqani/an,<br />
o(/pou h)=n La/zaroj, o(\n h)/geiren e)k nekrw=n )Ihsou=j.<br />
12.2 e)poi/hsan ou)=n au)t%= dei=pnon e)kei=, kai\ h( Ma/rqa <strong>di</strong>hko/nei,<br />
o( de\ La/zaroj ei(=j h)=n e)k tw=n a)nakeime/nwn su\n au)t%=.<br />
12,1 Gesù dunque, sei giorni prima <strong>della</strong> Pasqua, venne a Betania,<br />
dove era Lazzaro, che Gesù aveva–risuscitato da(i) morti.<br />
12,2 Là, gli fecero dunque (una) cena e Marta serviva;<br />
Lazzaro invece era uno dei commens<strong>al</strong>i con lui.<br />
«Sei giorni prima <strong>della</strong> Pasqua»: il clima pasqu<strong>al</strong>e dona a questo convito, come pure<br />
agli <strong>al</strong>tri avvenimenti concomitanti, un carattere <strong>di</strong> particolare importanza e solennità.<br />
Entriamo ormai nell’atmosfera <strong>della</strong> Nuova Pasqua (infatti qui <strong>Giovanni</strong> non ci <strong>di</strong>ce più che<br />
è quella dei Giudei, <strong>di</strong>versamente da quanto detto in 11,55).<br />
«Venne a Betania»: come sempre le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> tempo e luogo formano<br />
l'ambientazione teologica nella qu<strong>al</strong>e avvenimenti <strong>di</strong> per sé usu<strong>al</strong>i, come lo è una cena,<br />
assumono significati straor<strong>di</strong>nari. Non è per un caso che Gesù, tornando da Efraim (vicina<br />
<strong>al</strong> deserto: 11,54), si reca proprio a Betania, dove era <strong>di</strong> casa e da dove era precipitosamente<br />
partito.<br />
«Dov'era Lazzaro...»: Betania, dopo la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro <strong>di</strong>venta il luogo <strong>della</strong> vita,<br />
il paese in cui la morte è stata sconfitta; <strong>di</strong>venta l’icona <strong>della</strong> prima comunità cristiana che<br />
vive nella speranza pasqu<strong>al</strong>e.<br />
«Che Gesù aveva risuscitato dai morti»: è tipico in <strong>Giovanni</strong> ricordare certi fatti, anche<br />
quando non ce n’è affatto bisogno, come in questo caso, per inquadrare bene i personaggi o<br />
gli eventi. Lazzaro è un segno concreto <strong>della</strong> forza vivificante del Cristo e questo<br />
l’Evangelista ce lo vuole rammentare con insistenza.<br />
«Gli fecero... una cena (dêipnon)...»: l’Evangelista non ci fa sapere chi abbia organizzato<br />
la cena. Dice fecero, senza in<strong>di</strong>care un soggetto preciso. È probabile che sia stata la piccola<br />
fraternità <strong>di</strong> Betania, <strong>di</strong>ventata ormai figura <strong>della</strong> Chiesa. Per questo motivo non ha<br />
importanza il precisare chi sia stato l’organizzatore. Matteo e Marco ambientano questo<br />
episo<strong>di</strong>o a Betania nella casa <strong>di</strong> Simone, il lebbroso (Mt 26,6, Mc 14,3). Mentre scendono le<br />
ombre <strong>della</strong> notte viene <strong>al</strong>lestito un gioioso banchetto <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e partecipa lo stesso Lazzaro,<br />
restituito <strong>al</strong>l'amore delle sorelle ed <strong>al</strong>l'amicizia <strong>di</strong> Gesù. La vita trionfa nelle sue forme più<br />
simpatiche e liete. Il banchetto è una figura escatologica molto bella. Inoltre, d<strong>al</strong> momento<br />
che <strong>Giovanni</strong> parlerà ancora <strong>di</strong> cena solo in riferimento <strong>al</strong>l’Ultima (13,2.4; 21,20), non è<br />
207
azzardato pensare che in qu<strong>al</strong>che misura questa sia un’anticipazione <strong>di</strong> quella. Oltretutto vi<br />
sono delle an<strong>al</strong>ogie piuttosto interessanti: la lavanda dei pie<strong>di</strong> è anticipata d<strong>al</strong> gesto <strong>di</strong><br />
Maria che profuma i pie<strong>di</strong> del S<strong>al</strong>vatore. Lazzaro poi è presentato adagiato (’anakéimenos)<br />
a tavola, così come lo saranno il <strong>di</strong>scepolo che Gesù amava (13,23) e tutti gli <strong>al</strong>tri apostoli,<br />
eccezion fatta <strong>di</strong> Giuda (13,28).<br />
«Marta serviva (<strong>di</strong>akonéo)»: il carisma <strong>di</strong> Marta è proprio quello dell'impegno concreto e<br />
dell'aiuto <strong>al</strong> prossimo (<strong>di</strong>aconía). Il tema del servizio sarà presente anche nell’Ultima Cena<br />
(cfr. 13,16).<br />
«Lazzaro invece era uno dei commens<strong>al</strong>i [lett.: adagiati] con lui»: il fratello risorto non<br />
serve, ma viene servito; svolge un ruolo passivo (tipico dei mistici): riposa con Gesù,<br />
<strong>di</strong>ventato ormai suo unico punto <strong>di</strong> riferimento. Le due anime complementari <strong>della</strong> Chiesa<br />
(quella attiva e quella contemplativa, rappresentate qui rispettivamente da Marta e da<br />
Lazzaro) sono sempre presenti.<br />
2. MARIA UNSE I PIEDI DI GESÙ (12,3)<br />
12.3 h( ou)=n Maria\m labou=sa li/tran mu/rou na/rdou pistikh=j poluti/mou<br />
h)/leiyen tou\j po/daj tou= )Ihsou= kai\ e)ce/macen tai=j qrici\n au)th=j tou\j po/daj au)tou=:<br />
h( de\ oi)ki/a e)plhrw/qh e)k th=j o)smh=j tou= mu/rou.<br />
12,3 Maria dunque, presa (una) libbra <strong>di</strong>–unguento <strong>di</strong>–nardo, genuino, prezioso,<br />
unse i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>–Gesù e asciugò con–i suoi capelli i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>–lui<br />
e la casa fu–riempita d<strong>al</strong> profumo dell'unguento.<br />
«Maria dunque, presa una libbra <strong>di</strong> unguento <strong>di</strong> nardo, genuino, prezioso»: <strong>Giovanni</strong> fa<br />
una descrizione molto dettagliata <strong>di</strong> tutta la scena. Maria vuole fare a Gesù un dono <strong>di</strong> <strong>al</strong>to<br />
v<strong>al</strong>ore simbolico, delicato e gradevole: cosparge <strong>di</strong> profumo, odore <strong>di</strong> vita, il Cristo, come<br />
gesto <strong>di</strong> riconoscenza per il dono <strong>della</strong> vita restituita <strong>al</strong> fratello. Prendere per donare è<br />
un’azione <strong>di</strong> stile eucaristico. Quello <strong>di</strong> Maria è inoltre un gesto d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e traspare il suo<br />
amore e la sua femminile geni<strong>al</strong>ità (nel Cantico dei Cantici il profumo, in particolare il<br />
nardo, è il tipico e gra<strong>di</strong>tissimo dono <strong>della</strong> sposa: 1,12; 4,10-14). La genuinità, il peso e il<br />
v<strong>al</strong>ore del profumo (in<strong>di</strong>cato con il suo nome preciso) stanno a significare la sincerità e la<br />
grandezza <strong>della</strong> riconoscenza e dell’affetto <strong>della</strong> donna.<br />
«Unse i pie<strong>di</strong>»: il gesto vuole essere un atto <strong>di</strong> umiltà <strong>della</strong> serva verso il suo Signore.<br />
Nel racconto giovanneo, Maria non ar<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> profumare le mani o il capo, ma solo i pie<strong>di</strong>.<br />
Si tratta <strong>di</strong> quella parte del corpo che rappresenta il primo livello <strong>della</strong> vita mistica: quello<br />
<strong>della</strong> purificazione e dell’umiltà. Gli <strong>al</strong>tri due livelli, quello illuminativo e quello unitivo,<br />
corrispondono <strong>al</strong>le mani (che fanno doni spiritu<strong>al</strong>i a chi già ha iniziato a camminare<br />
secondo lo Spirito) e <strong>al</strong> volto (<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e solo la sposa, giunta <strong>al</strong>la perfezione, può accedere).<br />
Non possiamo escludere che Maria in questa occasione abbia profumanto anche il capo del<br />
Signore (cfr. Mt 26,7; Mc 14,3). Certo è il fatto che ha cosparso <strong>di</strong> unguento i pie<strong>di</strong>, segno<br />
che ritiene perfetto il cammino compiuto da Cristo e che desidera seguirne le orme. Il<br />
profumo (contrario <strong>al</strong> cattivo odore del sepolcro) non in<strong>di</strong>ca solo la bellezza <strong>della</strong> vita<br />
umana (recuperata da Lazzaro), ma <strong>al</strong>lude anche <strong>al</strong> fatto che Gesù è il Cristo, il Messia<br />
consacrato con l’unzione dello Spirito santo (il carisma <strong>di</strong> Maria è quello <strong>della</strong><br />
contemplazione e <strong>della</strong> profezia: questo è il modo con cui esercita la sua <strong>di</strong>aconìa). Nel cap.<br />
11, nel breve racconto che ci presentava in anticipo <strong>al</strong>cuni tratti essenzi<strong>al</strong>i <strong>di</strong> questo<br />
avvenimento, <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong>ceva: Maria, poi, era colei che aveva unto il Signore con<br />
unguento. Dunque, con i suoi gesti Maria intende onorare l'intera persona <strong>di</strong> Gesù, visto<br />
come il Signore. Il Maestro, che aveva saputo parlare <strong>al</strong> cuore <strong>di</strong> Maria, sta veramente <strong>al</strong><br />
centro <strong>della</strong> sua attenzione.<br />
«Asciugò con i suoi capelli...»: Maria, usando i suoi capelli per asciugare i pie<strong>di</strong> del<br />
Signore, si vuole permeare <strong>di</strong> questo profumo, vuole essere partecipe dello stesso Spirito.<br />
Pensiamo che per poter essere in grado <strong>di</strong> asciugare i pie<strong>di</strong> la chioma <strong>di</strong> quella donna<br />
208
dovesse essere molto lunga, segno questo che, tra l’<strong>al</strong>tro, ci fa intuire la bellezza del suo<br />
volto e <strong>di</strong> tutta la sua persona. Ricor<strong>di</strong>amo che per <strong>San</strong> Paolo la chioma è gloria per la<br />
donna (1 Cor 11,15). Secondo il Cantico, i capelli rappresetano una delle più irrrestibili<br />
attrattive <strong>della</strong> sposa (Ct 7,6: Il tuo capo si erge su <strong>di</strong> te come il Carmelo e la chioma del<br />
tuo capo è come la porpora; un re è stato preso d<strong>al</strong>le tue trecce). Non possiamo escludere<br />
che Maria abbia anche amorevolmente accarezzato con le sue mani e baciato i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gesù<br />
(cfr. Lc 7,38.45). Ricor<strong>di</strong>amo che pie<strong>di</strong>, mani e volto (o bocca) rappresentano i tre livelli<br />
<strong>della</strong> vita mistica.<br />
«La casa fu riempita d<strong>al</strong> profumo»: il termine casa, preso in senso lato, può riferirsi ai<br />
componenti <strong>della</strong> famiglia (cfr. 4,53) o <strong>della</strong> comunità e quin<strong>di</strong> l'espressione può significare<br />
che la gloria <strong>di</strong>vina del Cristo e la soavità dello Spirito <strong>San</strong>to si comunica ai <strong>di</strong>scepoli, <strong>al</strong>la<br />
Chiesa. Notiamo che casa ha <strong>di</strong> per sé un carattere non sacro: la presenza <strong>di</strong> Cristo e del suo<br />
Spirito rende santo l’ambiente in cui maggiormente si svolge la vita dell’uomo, rendendolo<br />
segno e icona <strong>della</strong> Chiesa, senza per questo renderlo cleric<strong>al</strong>e. Concludendo queste prime<br />
riflessioni, notiamo che nell’esperienza <strong>di</strong> fede sono coinvolti tutti e cinque i sensi: se la<br />
vista e l’u<strong>di</strong>to sono i princip<strong>al</strong>i, non mancano il gusto (legato <strong>al</strong>le azioni del mangiare e del<br />
bere) e, da ultimo, in questo racconto, quello del tatto e, in modo speci<strong>al</strong>e, quello,<br />
dell’odorato. Questo ultimo senso ha a che fare con la respirazione, con l’aria e con il vento,<br />
simboli dello Spirito. Con il profumo, che es<strong>al</strong>ta e tonifica il respiro, Maria è riuscita a<br />
raggiungere il cuore <strong>di</strong> tutti, ad eccezione <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Giuda. Ella, senza nulla <strong>di</strong>re, ha<br />
compiuto un chiaro e origin<strong>al</strong>e gesto <strong>di</strong> adorazione (cfr. S<strong>al</strong> 141,2) e <strong>di</strong> amore (S<strong>al</strong> 133,2).<br />
2 Cor 2 15 Noi siamo infatti <strong>di</strong>nanzi a Dio il profumo <strong>di</strong> Cristo fra quelli che si s<strong>al</strong>vano...<br />
16 ... odore <strong>di</strong> vita per la vita.<br />
3. PERCHÈ NON È STATO DATO AI POVERI? (12,4-6)<br />
12.4 le/gei de\ )Iou/daj o( )Iskariw/thj ei(=j e)k tw=n maqhtw=n au)tou=,<br />
o( me/llwn au)to\n para<strong>di</strong>do/nai,<br />
12.5 Dia\ ti/ tou=to to\ mu/ron ou)k e)pra/qh triakosi/wn dhnari/wn<br />
kai\ e)do/qh ptwxoi=j;<br />
12.6 ei)=pen de\ tou=to ou)x o(/ti peri\ tw=n ptwxw=n e)/melen au)t%=,<br />
a)ll' o(/ti kle/pthj h)=n kai\ to\ glwsso/komon e)/xwn ta\ b<strong>al</strong>lo/mena e)ba/stazen.<br />
12,4 Dice però Giuda, l’Iscariota, uno dei suoi <strong>di</strong>scepoli,<br />
colui che–stava (per) tra<strong>di</strong>rlo:<br />
12,5 «Perché questo unguento non è–stato–venduto (per) trecento denari<br />
e dato ai–poveri?».<br />
12,6 Disse questo però non perché gli importasse dei poveri,<br />
ma perché era ladro e, avendo la cassa, portava (via) ciò che–mettevano (dentro).<br />
«Giuda... uno dei suoi <strong>di</strong>scepoli»: <strong>Giovanni</strong> non si stanca <strong>di</strong> ricordarci che Giuda faceva<br />
parte del gruppo ristretto dei fedelissimi (era ad<strong>di</strong>rittura uno dei Do<strong>di</strong>ci: 6,71).<br />
«Che stava per tra<strong>di</strong>rlo»: era un <strong>di</strong>scepolo che non amava Gesù e non lo aveva capito;<br />
non ne comprendeva la logica, il linguaggio e la missione. Per questo stava maturando<br />
inesorabilmente uno spaventoso tra<strong>di</strong>mento.<br />
«Dice…: perché... non è stato venduto per trecento denari?»: egli vede solo il v<strong>al</strong>ore<br />
ven<strong>al</strong>e dell'unguento; <strong>di</strong>mostra così <strong>di</strong> vivere secondo la ment<strong>al</strong>ità <strong>di</strong>abolica, che separa la<br />
re<strong>al</strong>tà d<strong>al</strong> suo vero v<strong>al</strong>ore, e non secondo quella simbolica, che sta attenta <strong>al</strong> significato delle<br />
cose. Vendere o comprare: si tratta <strong>di</strong> due azioni che per il IV <strong>Vangelo</strong> appartengono ai<br />
meto<strong>di</strong> propri del mondo (cfr. 2,14; 6,5; 13,29) e che Dio rifiuta o supera, quando chiudono<br />
l’uomo nell’egoismo. A Giuda interessavano solo i sol<strong>di</strong>; trecento denari rappresentavano<br />
grosso modo il guadagno <strong>di</strong> un intero anno lavorativo <strong>di</strong> un bracciante (cfr. Mt 20,2). La<br />
cospicuità <strong>della</strong> somma per lui non sta a significare la grandezza dell’amore e <strong>della</strong><br />
209
iconoscenza, ma un ingiustificato sperpero <strong>di</strong> denaro (Mc 14,5 parla <strong>di</strong> un v<strong>al</strong>ore che<br />
ad<strong>di</strong>rittura supera i trecento denari).<br />
«Dato ai poveri»: egli colpevolizza la donna, perché secondo lui ha sprecato il prezioso<br />
unguento, <strong>di</strong>mostrando una grave insensibilità verso i poveri. In<strong>di</strong>rettamente critica anche il<br />
Signore, perché non ha impe<strong>di</strong>to t<strong>al</strong>e spreco. Non era stato proprio il Maestro stesso a<br />
invitare più volte gli ascoltatori a vendere ogni cosa per donare il ricavato ai poveri? (Mt<br />
19,21; Lc 12,33). Il bene dei poveri però è solo una scusa; in re<strong>al</strong>tà Giuda si rammarica<br />
segretamente <strong>di</strong> veder sfumare una grande occasione <strong>di</strong> un’entrata, sulla qu<strong>al</strong>e egli si<br />
sarebbe trattenuto la sua buona percentu<strong>al</strong>e. Per lui Gesù, in definitiva, è contro i poveri: un<br />
omaggio fatto a lui, costituisce un danno inferto ai poveri. Giuda invece cerca <strong>di</strong> far<br />
intendere che lui vuole il bene dei poveri ed evita <strong>di</strong> far capire che essi sono per lui una<br />
segreta fonte <strong>di</strong> guadagno.<br />
«Era ladro…(cfr. 10,1)»: l'Evangelista rivela subito l'ipocrisia presente nell'accusa fatta<br />
<strong>al</strong>la donna, perché Giuda ama i poveri solo a parole, mentre in re<strong>al</strong>tà li danneggia, rubando<br />
quello che era loro destinato (il grande tra<strong>di</strong>mento è preparato da piccoli gesti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonestà).<br />
Il suo non è un prendere eucaristico, che si trasforma in con<strong>di</strong>visione del possesso <strong>di</strong> uno<br />
solo a beneficio <strong>di</strong> molti, ma egoistico, cosicché il frutto <strong>della</strong> generosità <strong>di</strong> molti <strong>di</strong>venta<br />
indebitamente la proprietà esclusiva <strong>di</strong> uno solo. <strong>Giovanni</strong> parla solo <strong>della</strong> protesta <strong>di</strong><br />
Giuda, mentre Marco <strong>di</strong>ce che furono molti ad in<strong>di</strong>gnarsi. Giuda è il TIPO che rappresenta<br />
tutti gli egoisti, che preferiscono il denaro <strong>al</strong>l’amore verso Cristo, il guadagno <strong>al</strong>la<br />
riconosceza verso <strong>di</strong> lui.<br />
4. PER IL GIORNO DELLA MIA SEPOLTURA (12,7-8)<br />
12.7 ei)=pen ou)=n o( )Ihsou=j, )/Afej au)th/n,<br />
i(/na ei)j th\n h(me/ran tou= e)ntafiasmou= mou thrh/sv au)to/:<br />
12.8 tou\j ptwxou\j ga\r pa/ntote e)/xete meq' e(autw=n,<br />
e)me\ de\ ou) pa/ntote e)/xete.<br />
12,7 Disse dunque Gesù: «Lasci<strong>al</strong>a (fare),<br />
affinché lo conservi per il giorno <strong>della</strong> mia sepoltura;<br />
12,8 i poveri infatti (li) avete sempre con voi,<br />
me invece non sempre avete!».<br />
«Disse... Gesù: Lasci<strong>al</strong>a...»: Maria non si <strong>di</strong>fende, non parla. Essa si esprime solo con i<br />
gesti. Ha assimilato il linguaggio del Maestro. Possiede le virtù <strong>della</strong> vera contemplativa che<br />
<strong>al</strong> momento giusto sa prendere delle iniziative sorprendenti. Il Signore interviene in sua<br />
<strong>di</strong>fesa; infatti, sono proprio i gesti sinceri e sapienti, come questi, quello che egli apprezza.<br />
«Affinché lo conservi per il giorno <strong>della</strong> mia sepoltura»: Gesù non solo fa capire che<br />
quel dono è stato gra<strong>di</strong>to (lo definisce una buona opera verso <strong>di</strong> me: Mt 26,10), ma pre<strong>di</strong>ce<br />
che quel profumo sarà ancora utile in seguito, nel giorno <strong>della</strong> sua sepoltura. Pertanto invita<br />
la donna a consevarne un po’ per quella occasione. In t<strong>al</strong> modo rivela che il gesto <strong>di</strong> Maria<br />
ha anticipato l’unzione del suo corpo nella sepoltura (cfr. Mc 14,8). Si è trattato quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
una silenziosa profezia <strong>della</strong> sua morte e <strong>di</strong> un omaggio <strong>al</strong> suo corpo sacrificato per amore.<br />
Possiamo aggiungere che è stato anche un preannuncio <strong>della</strong> sua gloriosa risurrezione per<br />
opera dello Spirito vivificante che nella Bibbia è sovente simboleggiato d<strong>al</strong> profumo. Per<br />
Gesù si tratta <strong>di</strong> un gesto così importante che farà parte integrante dello stesso <strong>Vangelo</strong> (Mt<br />
26,13; Mc 14,9).<br />
«I poveri... li avete sempre con voi»: i poveri non sono danneggiati da questo gesto,<br />
perché anch'essi hanno bisogno <strong>di</strong> questo segno. Infatti la carità più grande è quella <strong>di</strong><br />
credere e <strong>di</strong> testimoniare, con le parole e con le opere, che Gesù è il Cristo, il Consacrato<br />
d<strong>al</strong>lo Spirito. Esattamente quello che Maria ha fatto e che Giuda non ha compreso. Di<br />
conseguenza, la fede che aiuta a vivere in modo eucaristico, cioè in modo riconoscente e<br />
generoso, sarà la forza che spingerà la comunità a soccorrere i poveri. Cosa sarebbe<br />
210
l’elemosina senza il profumo dell’amore <strong>di</strong> Dio? (1 Cor 13,3). Gesù profetizza <strong>al</strong>la sua<br />
comunità che non le mancherà mai l’occasione <strong>di</strong> beneficare i bisognosi (Mc 14,7): questi<br />
saranno sempre con lei, perché sono una sua parte integrante e un pungolo <strong>al</strong>la sua<br />
coscienza, affinché conservi lo stile <strong>di</strong> vita tipico dei poveri in spirito, i qu<strong>al</strong>i pongono il<br />
Regno <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni <strong>al</strong>tra preoccupazione (Mt 5,3). Quello <strong>di</strong> Maria è un gesto<br />
storicamente irripetibile e non potrà certo <strong>di</strong>ventare un esempio <strong>di</strong> spreco. Infatti Gesù sta<br />
per andarsene.<br />
«Me... non sempre avete!»: sta per finire il tempo <strong>della</strong> sua presenza fisica nel mondo e<br />
quin<strong>di</strong> finisce la scuola dei segni e dei gesti profetici rivelatori del Cristo. Al posto <strong>di</strong> Gesù,<br />
rimangono soprattutto i poveri. Deve pertanto cominciare l'epoca nella qu<strong>al</strong>e, proprio<br />
servendo i più deboli, si <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> servire e <strong>di</strong> amare il Signore (Mt 25,40).<br />
5. MOLTI GIUDEI CREDETTERO IN GESÙ (12,9-11)<br />
12.9 )/Egnw ou)=n [o(] o)/xloj polu\j e)k tw=n )Ioudai/wn o(/ti e)kei= e)stin<br />
kai\ h)=lqon ou) <strong>di</strong>a\ to\n )Ihsou=n mo/non, a)ll' i(/na kai\ to\n La/zaron i)/dwsin<br />
o(\n h)/geiren e)k nekrw=n.<br />
12.10 e)bouleu/santo de\ oi( a)rxierei=j i(/na kai\ to\n La/zaron a)poktei/nwsin,<br />
12.11 o(/ti polloi\ <strong>di</strong>' au)to\n u(ph=gon tw=n )Ioudai/wn<br />
kai\ e)pi/steuon ei)j to\n )Ihsou=n.<br />
12,9 Intanto molta folla dei Giudei seppe che era là<br />
e venne non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro,<br />
che aveva–risuscitato da(i) morti.<br />
12,10 Decretarono <strong>al</strong>lora i capi–sacerdoti <strong>di</strong> uccidere anche Lazzaro,<br />
12,11 poiché molti dei Giudei se–ne–andavano a–motivo–<strong>di</strong> lui<br />
e credevano in Gesù.<br />
«Molta folla dei Giudei seppe che era là»: il Signore era là, in quella casa inondata d<strong>al</strong><br />
profumo prezioso, nella qu<strong>al</strong>e egli era amato <strong>di</strong> vero cuore. La folla lo trova in<br />
quell’ambiente così carico, anche esteriormente, <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> soavità.<br />
«E venne...»: la grande folla è mossa innanzi tutto da curiosità. Troppi sono ancora<br />
giudei nella loro ment<strong>al</strong>ità. L’importante però è che vadano verso Gesù. Ci penserà lui a<br />
istruirli nel modo giusto.<br />
«Non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro...»: come sempre, molti non sanno<br />
rinunciare <strong>al</strong> fascino dei segni miracolosi e degli eventi straor<strong>di</strong>nari. Essi, oltre a quello <strong>di</strong><br />
vedere Gesù, hanno <strong>al</strong>tri interessi che potrebbero offuscare la purezza <strong>della</strong> loro fede.<br />
Tuttavia, per chi ha gli occhi <strong>della</strong> fede illuminati, Lazzaro rianimato, costituisce la più<br />
strador<strong>di</strong>naria icona <strong>di</strong> quello che è e che sarà il credente: un uomo passato d<strong>al</strong>la morte <strong>al</strong>la<br />
vita.<br />
«Decretarono <strong>al</strong>lora i capi sacerdoti <strong>di</strong> uccidere anche Lazzaro…»: <strong>Giovanni</strong> ci informa<br />
che questa decisione non è più presa d<strong>al</strong> Sinedrio (11,47), ma solo dai sommi sacerdoti. Essi<br />
si ritengono autorizzati a reagire in quel modo in base <strong>al</strong>la logica <strong>di</strong> morte che guida il loro<br />
gruppo. Dopo aver decretato la morte <strong>di</strong> Gesù (il Signore), si sentono a maggior ragione in<br />
dovere <strong>di</strong> decidere anche quella del suo amico (che rappresenta il credente o la Chiesa).<br />
Quanto più il credente partecipa <strong>al</strong>la vita del Cristo, tanto più subisce la stessa sorte.<br />
«Poiché molti dei Giudei se ne andavano a motivo <strong>di</strong> lui e credevano in Gesù...»: la fede<br />
in Gesù comporta un abbandono delle antiche usanze ormai sorpassate, un esodo d<strong>al</strong><br />
giudaismo che non ha saputo recepire la novità cristiana. Molti fanno il passo decisivo.<br />
Questo fatto <strong>di</strong>mostra quanto la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro abbia testimoniato la potenza del<br />
Cristo e abbia convinto la gente. Era quello che il Signore desiderava, quando invitava a<br />
tener conto <strong>della</strong> sue opere e a interpretarle come intervento del Padre (cap. 5).<br />
211
- II - OSANNA! BENEDETTO IL RE D'ISRAELE!<br />
1. LA FOLLA PRESE DEI RAMI DI PALMA (12,12-13)<br />
12.12 Tv= e)pau/rion o( o)/xloj polu\j o( e)lqw\n ei)j th\n e(orth/n,<br />
a)kou/santej o(/ti e)/rxetai o( )Ihsou=j ei)j (Ieroso/luma<br />
12.13 e)/labon ta\ bai/a tw=n foini/kwn kai\ e)ch=lqon ei)j u(pa/nthsin au)t%= kai\ e)krau/gazon,<br />
(Wsanna/: eu)loghme/noj o( e)rxo/menoj e)n o)no/mati kuri/ou,<br />
o( basileu\j tou= )Israh/l.<br />
12,12 L'indomani la gran folla, che era–venuta <strong>al</strong>la festa,<br />
u<strong>di</strong>to che Gesù veniva a Gerus<strong>al</strong>emme,<br />
12,13 presero i rami delle p<strong>al</strong>me e uscirono <strong>al</strong>l’incontro con–lui e gridavano:<br />
«Osanna! Benedetto colui che–viene ne(l) nome de(l)–Signore,<br />
il Re d'Israele!».<br />
«L'indomani la gran folla, che era venuta <strong>al</strong>la festa…»: l’entusiasmo contagia un po’<br />
tutti <strong>al</strong>l’interno <strong>della</strong> Città santa. Oltretutto si tratta <strong>di</strong> notizie recenti. Siamo appena nel<br />
giorno successivo <strong>al</strong>la visita fatta d<strong>al</strong>la folla presso la casa <strong>di</strong> Betania. Molti sono i<br />
pellegrini venuti da lontano.<br />
«U<strong>di</strong>to che Gesù veniva a Gerus<strong>al</strong>emme»: il Maestro deve aver dato a questa sua<br />
decisione una grande notorietà, togliendo ogni dubbio <strong>al</strong>le persone incerte (cfr. 11,56). Il<br />
suo doveva essere un ingresso <strong>al</strong>tamente significativo. D’<strong>al</strong>tra parte la gente è <strong>di</strong>ventata<br />
ormai molto attenta a tutte le notizie che riguardano i protagonisti del pro<strong>di</strong>gio <strong>di</strong> Betania.<br />
«Presero dei rami <strong>di</strong> p<strong>al</strong>me»: le p<strong>al</strong>me sono il simbolo <strong>della</strong> vittoria (Apc 7,9). Nella<br />
simbologia antica i rami rappresentano la parte <strong>al</strong>ta <strong>della</strong> pianta (in<strong>di</strong>cano il cielo), il tronco<br />
rappresenta questo mondo (la terra), mentre le ra<strong>di</strong>ci sono simbolo del mondo sotterraneo<br />
(gli inferi). Rami <strong>di</strong> p<strong>al</strong>ma, <strong>di</strong> mirto e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>ice venivano agitati nelle processioni fatte<br />
durante la festa popolare e gioiosa delle Capanne.<br />
«Uscirono <strong>al</strong>l’incontro con lui...»: la folla spontaneamente organizza una festosa<br />
accoglienza <strong>al</strong> Cristo che entra in Gerus<strong>al</strong>emme. La risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro ha veramente<br />
impressionato la gente (18). Uscire incontro è un grande segno <strong>di</strong> amicizia e <strong>di</strong> apertura:<br />
manifesta quanto sia gra<strong>di</strong>to accogliere una persona stimata e importante.<br />
«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore...»: osanna letter<strong>al</strong>mente<br />
significa s<strong>al</strong>va e potrebbe essere tradotto benissimo con evviva. Gesù aveva profetizzato<br />
questo momento e queste parole (cfr. Lc 13,35). Nelle sue acclamazioni la folla usa le<br />
parole del S<strong>al</strong>mo 118 che già profetizzava questo evento: 25 Dona, Signore, la tua s<strong>al</strong>vezza,<br />
dona, Signore, la vittoria! 26 Benedetto colui che viene nel nome del Signore… 27 ...<br />
Or<strong>di</strong>nate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell'<strong>al</strong>tare. Il Maestro è accolto come colui<br />
che viene con l'autorità <strong>di</strong> Dio (tema caro a <strong>Giovanni</strong>). Il venire <strong>di</strong> Gesù e l’uscire <strong>della</strong><br />
gente re<strong>al</strong>izza l’incontro che s<strong>al</strong>va e dona gioia anche a noi.<br />
«Il Re d'Israele»: la folla riconosce chiaramente la reg<strong>al</strong>ità messianica <strong>di</strong> Gesù (cfr.<br />
Natanaele: 1,49; Pilato: 18,37). Il Signore non rifiuta t<strong>al</strong>e titolo, a patto che sia interpretato<br />
in senso spiritu<strong>al</strong>e.<br />
Apc 7,9 ... Tutti stavano in pie<strong>di</strong> davanti <strong>al</strong> trono e davanti <strong>al</strong>l'Agnello, avvolti in vesti<br />
can<strong>di</strong>de, e portavano p<strong>al</strong>me nelle mani.<br />
2. ECCO IL TUO RE VIENE (12,14-16)<br />
12.14 eu(rw\n de\ o( )Ihsou=j o)na/rion e)ka/qisen e)p' au)to/, kaqw/j e)stin gegramme/non,<br />
12.15 Mh\ fobou=, quga/thr Siw/n:<br />
i)dou\ o( basileu/j sou e)/rxetai, kaqh/menoj e)pi\ pw=lon o)/nou.<br />
12.16 tau=ta ou)k e)/gnwsan au)tou= oi( maqhtai\ to\ prw=ton,<br />
a)ll' o(/te e)doca/sqh )Ihsou=j to/te e)mnh/sqhsan<br />
o(/ti tau=ta h)=n e)p' au)t%= gegramme/na<br />
kai\ tau=ta e)poi/hsan au)t%=.<br />
212
12,14 Gesù, poi, trovato (un) asinello, sedette su–<strong>di</strong> esso, come è scritto:<br />
12,15 «Non temere, figlia <strong>di</strong>–Sion;<br />
ecco il tuo Re viene, seduto sopra (un) puledro d'asina».<br />
12,16 Queste (cose) i suoi <strong>di</strong>scepoli non compresero dapprima,<br />
ma quando Gesù fu–glorificato, <strong>al</strong>lora ricordarono<br />
che queste (cose) erano state–scritte <strong>di</strong> lui<br />
e (che) queste (cose) avevano–fatto a–lui.<br />
«Gesù, poi, trovato un asinello, sedette su <strong>di</strong> esso...»: <strong>Giovanni</strong> non si <strong>di</strong>lunga come<br />
fanno i Sinottici nel raccontarci tutti i retroscena che riguardano l’asinello e che <strong>di</strong>mostrano<br />
la prescienza <strong>di</strong> Cristo ed il <strong>di</strong>segno <strong>della</strong> Provvidenza circa questo preciso evento (Mt 21,1<br />
ss.). Ci <strong>di</strong>ce che Gesù sedette: lo star seduto è la posizione del maestro e del sovrano. I re <strong>di</strong><br />
Israele cav<strong>al</strong>cavano una mula nel giorno <strong>della</strong> loro intronizzazione (1 Re 1,33).<br />
«Come è scritto: Non temere, figlia <strong>di</strong> Sion; ecco il tuo Re viene...»: secondo <strong>Giovanni</strong><br />
t<strong>al</strong>e avvenimento era stato preannunciato dai profeti con una precisione impressionante.<br />
L’Evangelista cita liberamente Zc 9,9-10 prendendo l'invito: «Non temere» da Is 40,9. I<br />
Profeti, chiamando la città Figlia, la personificano e ad essa parlano come ad una donna<br />
amata. Questo induce a vedere Gerus<strong>al</strong>emme come una sposa e quin<strong>di</strong> il Cristo come il RE-<br />
SPOSO.<br />
«I suoi <strong>di</strong>scepoli non compresero»: come avvenne a Cana (2,22). Quanto si sarebbero<br />
avvantaggiati se, avendo una capacità intuitiva simile a quella <strong>di</strong> Maria, avessero sùbito<br />
capito il v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong> quel trionfo. Anch'esso era anticipo <strong>della</strong> vittoria <strong>di</strong> Cristo sulla morte!<br />
«Quando Gesù fu glorificato»: solo dopo la resurrezione capirono che quella<br />
glorificazione era un Segno anticipatore <strong>di</strong> una ben più grande glorificazione, quella operata<br />
da parte del Padre con la risurrezione (tema <strong>della</strong> Pasqua).<br />
«Ricordarono che queste cose erano state scritte <strong>di</strong> lui»: la Scrittura poi, che ne<br />
preannunciava l'arrivo nella Città santa proprio su un mite puledro, invitava i <strong>di</strong>scepoli a<br />
credere che Gesù era davvero il pacifico Re messianico del nuovo popolo <strong>di</strong> Dio (tema<br />
<strong>della</strong> Reg<strong>al</strong>ità). Questo fatto non faceva che confermare le parole <strong>di</strong> Cristo stesso, quando<br />
<strong>di</strong>ceva che le Scritture gli davano una v<strong>al</strong>ida testimonianza (5,39).<br />
3. LA FOLLA TESTIMONIAVA (12,17-19)<br />
12.17 e)martu/rei ou)=n o( o)/xloj o( w)\n met' au)tou=<br />
o(/te to\n La/zaron e)fw/nhsen e)k tou= mnhmei/ou kai\ h)/geiren au)to\n e)k nekrw=n.<br />
12.18 <strong>di</strong>a\ tou=to kai\ u(ph/nthsen au)t%= o( o)/xloj,<br />
o(/ti h)/kousan tou=to au)to\n pepoihke/nai to\ shmei=on.<br />
12.19 oi( ou)=n Farisai=oi ei)=pan pro\j e(autou/j,<br />
Qewrei=te o(/ti ou)k w)felei=te ou)de/n: i)/de o( ko/smoj o)pi/sw au)tou= a)ph=lqen.<br />
12,17 Testimoniava dunque la folla, che era con lui,<br />
quando chiamò Lazzaro d<strong>al</strong> sepolcro e lo risuscitò da(i) morti.<br />
12,18 Anche per questo la folla andò–incontro–a lui,<br />
perché avevano–u<strong>di</strong>to (che) egli aveva–fatto questo segno.<br />
12,19 Dunque, i farisei <strong>di</strong>ssero fra–<strong>di</strong> loro:<br />
«Vedete che non giovate (a) nulla; ecco, il mondo <strong>di</strong>etro–a lui è–andato!».<br />
«Testimoniava... la folla, che era con lui, quando chiamò Lazzaro...»: anche questa<br />
notizia conferma ulteriormente l’importanza del miracolo <strong>di</strong> Betania e l’impatto che ha<br />
avuto sulle folle. In sintonia con la Scrittura che rende testimonianza a Gesù, coloro che<br />
erano presenti <strong>al</strong>la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro testimoniano entusiasti il Segno <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e hanno<br />
preso parte. Così anche quell’accoglienza trionf<strong>al</strong>e (come il delicatissimo gesto <strong>di</strong> Maria) è<br />
motivato proprio d<strong>al</strong> desiderio <strong>di</strong> onorare colui che è la Risurrezione e la Vita.<br />
213
«La folla andò incontro a lui, perché avevano u<strong>di</strong>to che egli aveva fatto questo<br />
segno...»: andare incontro e andare <strong>di</strong>etro a Gesù sono movimenti ricchi <strong>di</strong> significato<br />
teologico. La gente ha capito il v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong> segno del pro<strong>di</strong>gio.<br />
«I farisei <strong>di</strong>ssero: Vedete che non giovate a nulla... il mondo <strong>di</strong>etro a lui è andato!»: i<br />
nemici <strong>di</strong> Gesù (in questo caso i farisei) si accusano a vicenda <strong>di</strong> incapacità e, privi <strong>di</strong> fede,<br />
giu<strong>di</strong>cano quello <strong>di</strong> Gesù come un detestabile successo mondano. Il giu<strong>di</strong>zio è m<strong>al</strong>evolo,<br />
ma, loro m<strong>al</strong>grado, esso constata e annuncia una grande verità: tutta l'umanità viene attirata<br />
d<strong>al</strong> Cristo (12,32). Anche noi nella Domenica delle P<strong>al</strong>me celebriamo l'Ingresso in<br />
Gerus<strong>al</strong>emme; ora sappiamo meglio con qu<strong>al</strong>e interiore atteggiamento dobbiamo<br />
partecipare <strong>al</strong>la processione delle P<strong>al</strong>me.<br />
CONCLUSIONE<br />
Il primo momento del Secondo Tempo è costituito da due eventi che né la grettezza <strong>di</strong><br />
Giuda, né la ferocia omicida dei farisei e dei sommi sacerdoti riesce ad oscurare nella loro<br />
luminosità. Nulla può indebolire il v<strong>al</strong>ore delle profezie che si stanno re<strong>al</strong>izzando: Gesù è il<br />
Messia, unto <strong>di</strong> Spirito <strong>San</strong>to ed è il glorioso Re univers<strong>al</strong>e, che viene nel NOME del<br />
Signore.<br />
Par<strong>al</strong>lelamente, la sepoltura <strong>di</strong> Gesù, onorata preventivamente dai profumi offerti da<br />
Maria, rivela che la VITA viene d<strong>al</strong> SEPPELLIMENTO (come avviene per il chicco <strong>di</strong><br />
grano: 24), mentre la semplicità del Re, che cav<strong>al</strong>ca un puledro, annuncia che la VITTORIA<br />
e la PACE vengono d<strong>al</strong>la MITEZZA e d<strong>al</strong>la MODESTIA.<br />
Che cosa posso fare oggi per imitare l'amore geni<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Maria e la fede entusiasta dei primi<br />
credenti?<br />
214
È VENUTA L'ORA DELLA GLORIFICAZIONE<br />
Unità 22<br />
Il chicco fruttuoso, l'inn<strong>al</strong>zamento da terra e la fede nella luce (Gv 12,20-50).<br />
Questa Unità si <strong>di</strong>stingue da tutte le <strong>al</strong>tre perché il Cristo proclama che l'ORA, tanto<br />
attesa, è fin<strong>al</strong>mente giunta (I parte) e il PADRE rende <strong>di</strong>rettamente TESTIMONIANZA con<br />
la sua voce <strong>al</strong> Figlio dell'Uomo (II parte). Questa Unità contiene <strong>al</strong>cuni messaggi molto<br />
importanti. Possiamo quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare qui il secondo momento del secondo Tempo.<br />
Abbiamo poi <strong>al</strong>cuni frammenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> Gesù (gli ultimi in assoluto tra quelli fatti in<br />
pubblico) nei qu<strong>al</strong>i egli, ripetendo con leggera variazione <strong>di</strong> parole <strong>al</strong>cuni messaggi già<br />
trasmessi, invita a credere nella LUCE (III parte), cioè, a CREDERE in lui come S<strong>al</strong>vatore<br />
del mondo (V parte).<br />
- I - SE IL CHICCO MUORE, PORTA MOLTO FRUTTO<br />
1. VOGLIAMO VEDERE GESÙ (12,20-22)<br />
12.20 )=Hsan de\ (/Ellhne/j tinej<br />
e)k tw=n a)nabaino/ntwn i(/na proskunh/swsin e)n tv= e(ortv=:<br />
12.21 ou(=toi ou)=n prosh=lqon Fili/pp%<br />
t%= a)po\ Bhqsaida\ th=j G<strong>al</strong>ilai/aj,<br />
kai\ h)rw/twn au)to\n le/gontej, Ku/rie, qe/lomen to\n )Ihsou=n i)dei=n.<br />
12.22 e)/rxetai o( Fi/lippoj kai\ le/gei t%= )Andre/#,<br />
kai\ pa/lin e)/rxetai )Andre/aj kai\ Fi/lippoj kai\ le/gousin t%= )Ihsou=.<br />
12,20 C'erano anche <strong>al</strong>cuni Greci<br />
tra quelli che–erano–s<strong>al</strong>iti per adorare durante la festa;<br />
12,21 questi dunque si–avvicinarono a–Filippo,<br />
(quel)lo da Betsaida <strong>di</strong>–G<strong>al</strong>ilea,<br />
e lo pregarono, <strong>di</strong>cendo: «Signore, vogliamo vedere Gesù!».<br />
12,22 Filippo va e (lo) <strong>di</strong>ce ad Andrea;<br />
e <strong>di</strong>–nuovo va(nno) Andrea e Filippo e (lo) <strong>di</strong>cono a–Gesù.<br />
«C'erano… <strong>al</strong>cuni Greci tra quelli che erano s<strong>al</strong>iti per adorare …»: si tratta <strong>di</strong> Greci o,<br />
comunque, <strong>di</strong> persone provenienti d<strong>al</strong> mondo ellenistico. Anche tra loro era giunta la fama<br />
dei segni compiuti da Gesù. Davvero tutto il mondo (inteso in senso positivo) gli va <strong>di</strong>etro<br />
(19). Questi Greci (proséliti o timorati <strong>di</strong> Dio) erano s<strong>al</strong>iti <strong>al</strong> tempio. Il s<strong>al</strong>ire favorisce<br />
l’elevazione spiritu<strong>al</strong>e. La loro intenzione era quella <strong>di</strong> adorare il vero Dio nella festa <strong>di</strong><br />
Pasqua. Sappiamo però che ormai né sul monte Garizim, né in Gerus<strong>al</strong>emme si adora il<br />
Padre… È giunto il momento in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità,<br />
perché il Padre cerca t<strong>al</strong>i adoratori (cfr. 4,21-23). Gesù farà conoscere il Padre a questi<br />
Greci, anzi, come vedremo, sarà il Padre stesso a rivelarsi con la sua voce.<br />
«Questi dunque si avvicinarono a Filippo…»: gli apostoli iniziano ad essere gli<br />
interme<strong>di</strong>atori tra Cristo e la gente. Probabilmente i Greci scelgono <strong>di</strong> parlare con Filippo<br />
perché ha un nome greco (che significa: Appassionato <strong>di</strong> cav<strong>al</strong>li).<br />
«Quello da Betsaida <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea…»: il luogo <strong>di</strong> origine per <strong>Giovanni</strong> non è mai qu<strong>al</strong>cosa<br />
<strong>di</strong> insignificante. Da questo villaggio (il cui nome significa Pescherìa) venivano <strong>al</strong>cuni dei<br />
primi apostoli, pescatori <strong>di</strong> uomini.<br />
«Lo pregarono, <strong>di</strong>cendo: Signore…»: in qu<strong>al</strong>che misura anche il <strong>di</strong>scepolo acquista le<br />
caratteristiche del Maestro: viene pregato e chiamato Signore… Attenti a non inorgoglirsi<br />
per questo fatto: sarabbe davvero fuori luogo.<br />
215
«Vogliamo vedere Gesù!»: i Greci chiamano confidenzi<strong>al</strong>mente il Maestro per nome.<br />
VEDERE Gesù è quanto dobbiamo desiderare anche noi. Questa è la contemplazione che ci<br />
svela Dio Padre e che ci s<strong>al</strong>va (cfr. 45). La preghiera dei Greci sia anche la nostra e la<br />
contemplazione del Cristo, attraverso la lettura attenta del <strong>Vangelo</strong> dell’<strong>Apostolo</strong> <strong>Giovanni</strong>,<br />
sia la nostra attività princip<strong>al</strong>e. An<strong>al</strong>izzando i verbi che in <strong>Giovanni</strong> in<strong>di</strong>cano il vedere<br />
(blépo, theoréo e theáomai, ’êidon e‘oráo), notiamo che per ben 48 volte l’oggetto è Gesù o<br />
sono le sue opere o la sua gloria. Tra tutte spiccano le frasi: Chi ha visto me, ha visto il<br />
Padre (14,9; cfr. 12,45), Guarderanno colui che hanno trafitto (19,37) e Abbiamo visto il<br />
Signore (risorto)! (20,25).<br />
«Filippo va e lo <strong>di</strong>ce ad Andrea…»: il problema doveva essere un po’ imbarazzante, se<br />
Filippo ha bisogno <strong>di</strong> consigliarsi con Andrea. Abbiamo qui un riflesso delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
cultur<strong>al</strong>i che afflissero e continuano ad affliggere la Chiesa nei rapporti con <strong>al</strong>tri popoli e<br />
con <strong>al</strong>tre società.<br />
«Andrea e Filippo… lo <strong>di</strong>cono a Gesù»: la questione viene poi proposta dai due<br />
<strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong>rettamente a Gesù. La risposta <strong>di</strong> Gesù non è quella che ci saremmo aspettati:<br />
Dite loro che vengano e vedano (cfr. 1,39). Ormai è finito il tempo nel qu<strong>al</strong>e, come inizio,<br />
andava anche bene il semplice vedere. Gesù sta attraversando un momento particolare, anzi,<br />
sta vivendo il momento supremo <strong>della</strong> sua vita. D<strong>al</strong> testo che seguirà compren<strong>di</strong>amo che il<br />
Cristo risponde come avrebbe risposto, se la preghiera dei Greci gli fosse stata fatta nel<br />
momento in cui iniziò la sua agonia nell’Orto degli Ulivi. Ecco il Gesù che egli intende<br />
mostrare: il Figlio dell’Uomo, che non solo a parole, ma nei fatti sceglie <strong>di</strong> fare sino in<br />
fondo la volontà del Padre, fino a morire come un piccolissimo chicco <strong>di</strong> grano.<br />
2. È GIUNTA L'ORA CHE SIA GLORIFICATO (12,23-26)<br />
12.23 o( de\ )Ihsou=j a)pokri/netai au)toi=j le/gwn,<br />
)Elh/luqen h( w(/ra i(/na docasqv= o( ui(o\j tou= a)nqrw/pou.<br />
12.24 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
e)a\n mh\ o( ko/kkoj tou= si/tou pesw\n ei)j th\n gh=n a)poqa/nv, au)to\j mo/noj me/nei:<br />
e)a\n de\ a)poqa/nv, polu\n karpo\n fe/rei.<br />
12.25 o( filw=n th\n yuxh\n au)tou= a)pollu/ei au)th/n,<br />
kai\ o( misw=n th\n yuxh\n au)tou= e)n t%= ko/sm% tou/t%<br />
ei)j zwh\n ai)w/nion fula/cei au)th/n.<br />
12.26 e)a\n e)moi/ tij <strong>di</strong>akonv=, e)moi\ a)kolouqei/tw,<br />
kai\ o(/pou ei)mi\ e)gw\ e)kei= kai\ o( <strong>di</strong>a/konoj o( e)mo\j e)/stai:<br />
e)a/n tij e)moi\ <strong>di</strong>akonv= timh/sei au)to\n o( path/r.<br />
12,23 Allora Gesù rispose loro, <strong>di</strong>cendo:<br />
«È–giunta l'Ora che sia–glorificato il Figlio dell'Uomo.<br />
12,24 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
Se il chicco <strong>di</strong>–grano caduto nella terra non muore, esso rimane solo;<br />
ma se muore, porta molto frutto.<br />
12,25 Chi ama la sua anima, la perde<br />
e chi o<strong>di</strong>a la sua anima in questo mondo,<br />
per (la) vita eterna la conserverà.<br />
12,26 Se uno mi serve, mi segua<br />
e dove sono io, là sarà anche il servo, (quel)lo mio;<br />
se uno mi serve, lo onorerà il Padre».<br />
«Rispose loro <strong>di</strong>cendo...»: per loro si possono intendere i due apostoli sopra nominati,<br />
oppure tutti i presenti, Greci compresi. La richiesta dei Greci forse aveva lusingato i due<br />
apostoli, facendoli inorgoglire per la fama ottenuta d<strong>al</strong> Maestro anche oltre i confini <strong>della</strong><br />
loro nazione. Ma è anche per correggere nella mente dei suoi stessi <strong>di</strong>scepoli un’errata idea<br />
<strong>di</strong> gloria che Gesù svela l’importanza e la drammaticità <strong>di</strong> quel momento.<br />
«È giunta l'Ora che sia glorificato il Figlio dell'Uomo»: il Maestro risponde<br />
annunciando che la sua Ora è ormai giunta: è l’Ora <strong>della</strong> nuova Pasqua. Quello che conta<br />
216
per lui è la re<strong>al</strong>izzazione del progetto del Padre, che intende glorificare il Figlio suo, che si<br />
autoproclama Figlio dell’Uomo. L’espressione Figlio dell’Uomo in<strong>di</strong>ca il Cristo stesso<br />
come uomo particolare, donato e consacrato per il servizio <strong>di</strong> tutta l’umanità, ma intende<br />
anche farci intuire che quello che accade a lui deve avvenire anche in tutti gli uomini. La sua<br />
glorificazione, poi, si re<strong>al</strong>izza non solo e non tanto in una apoteosi gran<strong>di</strong>osa, ma nella<br />
crudele e umiliante via <strong>della</strong> Croce. Per Gesù tutto questo ha luogo adesso. L'Ora <strong>della</strong><br />
glorificazione pasqu<strong>al</strong>e del Cristo era iniziata <strong>al</strong>le nozze <strong>di</strong> Cana (2,11). Ma a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
quanto era avvenuto <strong>al</strong>lora (si trattava dell'anticipo dell'ORA in un’atmosfera gioiosa),<br />
questo è il momento supremo nel qu<strong>al</strong>e l'ORA viene in tutta la sua <strong>di</strong>mensione drammatica.<br />
Gesù la interpreta tuttavia come il momento <strong>della</strong> GLORIFICAZIONE del Figlio dell'Uomo.<br />
Per lui la sua Ora <strong>di</strong> sofferenza è sempre caratterizzata d<strong>al</strong>la gloria e d<strong>al</strong>la gioia, così come<br />
avviene per la donna che partorisce (16,21). Per la puerpera, afflizione ed esultanza fanno<br />
parte integrante <strong>della</strong> sua esperienza, nella qu<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la fine vince la gioia. Il Signore ripeterà<br />
quasi <strong>al</strong>la lettera l’affermazione, fatta qui, nel momento in cui Giuda esce d<strong>al</strong> Cenacolo,<br />
durante l’Ultima Cena, nella qu<strong>al</strong>e anticipo sacrament<strong>al</strong>e e re<strong>al</strong>tà attu<strong>al</strong>e del suo sacrificio<br />
sono ormai compresenti: Adesso è stato glorificato il Figlio dell'Uomo (13,31 a ; cfr. anche<br />
17,1 a ). Questo conferma che ci troviamo già nel clima dell’Ultima Cena e in quello del<br />
Getzemani.<br />
«Se il chicco <strong>di</strong> grano caduto nella terra non muore...»: Gesù pertanto presenta se stesso<br />
come un chicco <strong>di</strong> grano che muore. Infatti nella stessa natura è insita la legge che la vita<br />
nasce d<strong>al</strong> sacrificio. La bellissima icona del chicco <strong>di</strong> grano in<strong>di</strong>ca in modo<br />
straor<strong>di</strong>nariamente vivo e poetico la forza vit<strong>al</strong>e che si nasconde nel suo sacrificio. Egli<br />
presenta questa immagine con solennità e fermezza: Amen, amen <strong>di</strong>co a voi... Perché, tra le<br />
tante figure possibili, Gesù sceglie proprio quella del chicco <strong>di</strong> grano? Probabilmente<br />
perché egli è il pane <strong>della</strong> vita, il pane eucaristico (prodotto con il grano). Infatti, il suo<br />
corpo, offerto per noi, è il pane vivo <strong>di</strong>sceso d<strong>al</strong> cielo (cfr. cap. 6).<br />
«Esso rimane solo»: la morte, che il Cristo in questo momento <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> voler<br />
accettare pienamente, produce un frutto straor<strong>di</strong>nario che consiste nel dare origine ad una<br />
nuova comunità, in modo da superare la sterilità <strong>della</strong> solitu<strong>di</strong>ne. L’arrivo dei Greci non fa<br />
che confermare queste parole. Infatti, il morire <strong>di</strong> Gesù è il segno supremo del suo amore e<br />
questo amore è la forza che raduna in uno i figli <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong>spersi (11,52).<br />
«Chi ama la sua anima, la perde e chi o<strong>di</strong>a la sua anima in questo mondo per la vita<br />
eterna la conserverà…»: ad un certo tipo <strong>di</strong> sofferenza nessuno può sfuggire se vuole amare<br />
e donare vita. Tutta la natura lo sta a <strong>di</strong>mostrare. La vicenda del chicco <strong>di</strong> grano, d<strong>al</strong>la cui<br />
morte deriva la vita <strong>della</strong> pianta, è solo uno dei tanti esempi possibili. Ora Gesù enuncia una<br />
paradoss<strong>al</strong>e legge univers<strong>al</strong>e, che v<strong>al</strong>e per lui e per tutti gli uomini: un certo modo <strong>di</strong> amare<br />
significa mandare in per<strong>di</strong>zione quello che si ama, mentre un certo modo <strong>di</strong> o<strong>di</strong>are vuol <strong>di</strong>re<br />
conservare quello che si è o<strong>di</strong>ato. Il concetto lo avevamo già incontrato in 10,17 espresso<br />
con parole <strong>di</strong>verse: Io depongo (offro) la mia anima, affinché <strong>di</strong> nuovo la riprenda. T<strong>al</strong>e<br />
concetto lo troviamo molte volte nei Sinottici, <strong>al</strong> punto che in essi costituisce un tema<br />
fondament<strong>al</strong>e (perdere per trovare: Mt 16,25; perdere per s<strong>al</strong>vare: Mc 8,35). Abbiamo<br />
l’impressione <strong>di</strong> trovarci <strong>di</strong> fronte ad un paradosso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile soluzione. Tutto però <strong>di</strong>venta<br />
chiaro, se teniamo conto che qui anima (psiche) è intesa come una re<strong>al</strong>tà che ha due livelli,<br />
uno basso e uno <strong>al</strong>to. Qu<strong>al</strong>e è l’amore che porta <strong>al</strong>la per<strong>di</strong>zione? Quello per la parte bassa<br />
dell’anima, coltivata secondo i soli criteri mondani. Qu<strong>al</strong>e invece è l’o<strong>di</strong>o che s<strong>al</strong>va? Quello<br />
che ci fa detestare tutto ciò che si oppone ai veri v<strong>al</strong>ori spiritu<strong>al</strong>i. In <strong>al</strong>tre parole, si tratta <strong>di</strong><br />
saper rinnegare se stessi, cioè combattere la nostra parte peggiore (Lc 9,23). Chi crede <strong>di</strong><br />
amare la propria anima, mentre in re<strong>al</strong>tà ne ama solo la parte bassa, finisce con il perderla<br />
tutta. Al contrario chi o<strong>di</strong>a la parte bassa, le s<strong>al</strong>va tutte e due, d<strong>al</strong> momento che la sua anima<br />
(psiche o vita umana) viene elevata d<strong>al</strong>la grazia e <strong>di</strong>venta partecipe <strong>della</strong> vita eterna. Per<br />
avere il coraggio <strong>di</strong> dare o <strong>di</strong> perdere la propria vita, dobbiamo avere un grande amore per<br />
Cristo e per il suo <strong>Vangelo</strong> ed essere motivati a non amare (oppure, detto in modo semitico:<br />
217
a o<strong>di</strong>are: cfr. Apc 12,11) la nostra vita, così come viene concepita e vissuta da chi<br />
appartiene <strong>al</strong> mondo egoista (cfr. Lc 14,26). Solo chi supera un amore basso e terrestre verso<br />
<strong>di</strong> sé ottiene la vita vera.<br />
«Se uno mi serve (<strong>di</strong>akonéo) mi segua...»: Gesù ora continua a parlare ai suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
per incoraggiarli a stare uniti a lui in questo <strong>di</strong>fficile cammino. Egli non si separa mai da<br />
loro e non <strong>di</strong>sgiunge il loro percorso d<strong>al</strong> suo. Usa parole <strong>di</strong>verse (servire e seguire) per<br />
esprimere gli stessi concetti <strong>di</strong> prima (morire, dare l’anima… Circa il tema <strong>della</strong> sequela<br />
ve<strong>di</strong>: Mt 10,38; 16,24; Mc 8,34; Lc 14,27). Per Gesù dare la propria vita costituisce infatti il<br />
massimo servizio che egli compie a nostro vantaggio (cfr. 15,13; Mt 20,28). A noi è<br />
richiesto innanzi tutto <strong>di</strong> servire Cristo (mi serve) e in t<strong>al</strong> modo saremo utili anche ai fratelli.<br />
Ma attenti: possiamo servire il Signore solo se noi ne seguiamo le orme, cioè se ne imitiamo<br />
i comportamenti, così come fanno le docili pecorelle del suo gregge (10,4). Pertanto<br />
l’impegno a conservare la propria anima per la vita eterna richiede due cose: seguire il<br />
Signore e servire a lui, donandogli la nostra vita.<br />
«Dove sono io, là sarà anche il servo (<strong>di</strong>ákonos) ... mio»: il primo risultato positivo del<br />
servizio fatto <strong>al</strong> Signore consiste nella possibilità <strong>di</strong> essere dove è lui (17,24). Egli sta nel<br />
grembo del Padre e nella gloria, ma sta anche sulla croce. Siamo pertanto invitati a seguirlo<br />
fino <strong>al</strong> C<strong>al</strong>vario per essere con lui nella gloria del suo Regno (cfr. anche Mc 8,34). Chi si<br />
oppone <strong>al</strong>la proposta <strong>di</strong> servire e <strong>di</strong> seguire il Cristo, non può arrivare dove sta lui (7,34).<br />
«Se uno mi serve, lo onorerà il Padre...»: il secondo risultato è quello <strong>di</strong> ricevere onore<br />
d<strong>al</strong> Padre stesso. Solo quella che viene d<strong>al</strong> Padre è la vera gloria che v<strong>al</strong>e la pena <strong>di</strong> cercare<br />
(cfr. 5,44). Chiariamo ulteriormente: per ottenerla è necessario servire <strong>di</strong>rettamente Cristo (e<br />
non il Padre). Infatti, secondo la teologia giovannea, a servire <strong>di</strong>rettamente il Padre ci pensa<br />
Gesù. Servendo il Cristo, serviremo in modo in<strong>di</strong>retto anche il Padre. Sarà poi innanzi tutto<br />
il Padre (e non il Cristo) a donarci la ricompensa e a onorarci. Il Cristo stesso non si<br />
preoccupa nemmeno <strong>di</strong> cercare la gloria propria: lascia questa incombenza <strong>al</strong> Padre suo<br />
(8,50); egli, da parte sua, cerca solo quella del Padre (7,18). Pertanto il Signore Gesù, come<br />
abbiamo già visto <strong>al</strong>tre volte, risulta essere l’interme<strong>di</strong>ario in<strong>di</strong>spensabile tra noi e Dio.<br />
Possiamo entrare in comunicazione con il Padre solo per mezzo <strong>di</strong> Cristo (14,6).<br />
1 Gv 2,15 Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore<br />
del Padre non è in lui.<br />
- II - INNALZATO DA TERRA, ATTIRERÒ TUTTI A ME<br />
1. PADRE, GLORIFICA IL TUO NOME (12,27-28)<br />
12.27 Nu=n h( yuxh/ mou teta/raktai, kai\ ti/ ei)/pw;<br />
Pa/ter, sw=so/n me e)k th=j w(/raj tau/thj;<br />
a)lla\ <strong>di</strong>a\ tou=to h)=lqon ei)j th\n w(/ran tau/thn.<br />
12.28 pa/ter, do/caso/n sou to\ o)/noma.<br />
h)=lqen ou)=n fwnh\ e)k tou= ou)ranou=,<br />
Kai\ e)do/casa kai\ pa/lin doca/sw.<br />
12,27 Adesso l'anima mia è–turbata e che <strong>di</strong>co:<br />
Padre, s<strong>al</strong>vami da questa Ora?<br />
Ma per questo sono–giunto a questa Ora.<br />
12,28 Padre, glorifica il tuo nome!».<br />
Venne dunque (una) voce d<strong>al</strong> cielo:<br />
«E (l')ho–glorificato e <strong>di</strong>–nuovo (lo) glorificherò!».<br />
«Adesso l'anima mia è turbata (tarásso)»: Gesù ha detto parole molto forti e<br />
impegnative. Egli sente e vive re<strong>al</strong>mente quello che annuncia. Pertanto la sua psiche umana<br />
percepisce tutto il peso <strong>di</strong> questa situazione. Questa volta, <strong>di</strong>versamente che in 11,33 e in<br />
13,21 (dove è <strong>Giovanni</strong> a parlare e a commentare), il linguaggio è in linea con quello usato<br />
218
solitamente dai mistici (ugu<strong>al</strong>mente appropriato sarà il parlare <strong>di</strong> turbamento del cuore:<br />
14,1.27). Gesù svela che il pensiero dell'ORA imminente sta trafiggendo la sua anima:<br />
quell’anima che egli desidera donare, quell’anima che in certo modo egli o<strong>di</strong>a… Si tratta<br />
del livello basso dell’anima: quello che è costituito d<strong>al</strong>la sua psiche che appartiene <strong>al</strong>la parte<br />
fragile <strong>della</strong> sua umanità. Risuonano qui anticipate le parole <strong>di</strong> Gesù nel Getzemani: «La<br />
mia anima è triste fino <strong>al</strong>la morte... » (Mc 14,34; Mt 26,38). Tra poco però il Signore<br />
reagisce, così come reagì nell’ora dell’agonia, quando <strong>di</strong>sse: «Lo spirito è pronto» (cfr. Mc<br />
14,38; Mt 26,41). Nei Sinottici citati notiamo la chiara <strong>di</strong>stinzione fatta da Gesù tra anima e<br />
spirito. Il saper fare t<strong>al</strong>e <strong>di</strong>stinzione, in modo da favorire il prev<strong>al</strong>ere <strong>della</strong> forza dello<br />
spirito, è opera <strong>della</strong> Parola <strong>di</strong> Dio, che lavora in noi e che ci aiuta nel <strong>di</strong>scernimento (cfr.<br />
Ebr 4,12).<br />
«E che <strong>di</strong>co?»: nel dare una risposta, il Maestro interroga se stesso e gli ascoltatori: quasi<br />
per guadagnare un attimo <strong>di</strong> tempo e cercare un sostegno.<br />
«Padre, s<strong>al</strong>vami da quest'Ora...»: questa preghiera sarebbe quella suggerita d<strong>al</strong>la sua<br />
psiche turbata e impaurita <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>l’o<strong>di</strong>o del mondo, <strong>al</strong>la crudeltà dei suoi torturatori e<br />
<strong>al</strong>la morte in croce. Per <strong>Giovanni</strong> il dramma del Getzemani viene anticipato in questo<br />
momento, nel qu<strong>al</strong>e Gesù avverte che l’Ora è arrivata (cfr. Marco: «Abbà, Padre! Tutto è<br />
possibile a te, <strong>al</strong>lontana da me questo c<strong>al</strong>ice!»: Mc 14,36). In questo caso il termine Padre<br />
servirebbe ad impietosire l’Onnipotente e a ottenere la liberazione. Teniamo conto che in<br />
molti s<strong>al</strong>mi l’orante, che si trova nel pericolo e nell’angoscia, fa un’invocazione simile a<br />
questa: cfr. ad es. S<strong>al</strong> 6,5; 7,2; 22,22; 54,3 e passim.<br />
«Per questo sono giunto a quest'Ora»: Gesù richiama a se stesso e ai suoi ascoltatori<br />
qu<strong>al</strong>e sia il motivo <strong>della</strong> sua venuta nel mondo e il vero scopo <strong>della</strong> sua vita: giungere fino<br />
<strong>al</strong>l’Ora suprema del suo sacrificio pasqu<strong>al</strong>e e viverla in pienezza. Egli aveva sicuramente<br />
esultato nel pensare che la sua Ora incominciava a compiersi, quando nel clima festoso delle<br />
nozze aveva detto <strong>al</strong>la Madre: Non ancora è venuta la mia Ora? e subito aveva or<strong>di</strong>nato ai<br />
servi (<strong>di</strong>ákonoi) <strong>di</strong> attingere acqua. Adesso invece la sua psiche (la volontà bassa) si sta<br />
ribellando <strong>al</strong> pensiero <strong>della</strong> imminente Passione (parlando <strong>di</strong> volontà bassa o <strong>al</strong>ta, stiamo<br />
utlizzando il linguaggio usato dagli antichi maestri <strong>di</strong> ascetica e <strong>di</strong> mistica).<br />
«Padre, glorifica il tuo nome!»: il Figlio reagisce pronunciando con tutto il cuore l’unica<br />
preghiera che egli sa e vuole fare. Gesù, <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong> sé, pensa solo <strong>al</strong> Padre. Si tratta <strong>della</strong><br />
vera orazione <strong>di</strong> abbandono e dell’adorazione in spirito e verità. Di una simile orazione<br />
troviamo esempi anche nei s<strong>al</strong>mi: S<strong>al</strong> 22,24; 29,1-2; 66,2; 86,12; 115,1. In questa preghiera<br />
il termine Padre non è più pronunciato con un tono <strong>di</strong> lamento, ma con un timbro sicuro e<br />
sereno. In Cristo infatti vince subito la volontà <strong>al</strong>ta (lo spirito), mossa d<strong>al</strong>la forza del vero<br />
amore. La volontà bassa, proprio attaverso il conflitto che crea nell’essere umano, permette<br />
<strong>al</strong>la volontà superiore <strong>di</strong> manifestarsi nella sua piena sincerità e nel suo eroismo. Pertanto la<br />
brevissima dossologia, che Gesù pronuncia, ha un'intensità ed una ricchezza inau<strong>di</strong>te: Gesù<br />
si rivolge <strong>al</strong> Padre e, ritenendo che sia importante solo il suo <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino, gli chiede <strong>di</strong><br />
glorificare il suo nome <strong>di</strong> Padre e, così, si impegna a fare qu<strong>al</strong>siasi cosa pur <strong>di</strong> dare gloria a<br />
lui. Egli vive unicamente per la gloria del Padre. La gloria (dóxa) rappresenta tutto lo<br />
splendore che Dio possiede ed irra<strong>di</strong>a e tutto l'onore che egli merita. Il suo Nome<br />
rappresenta la sua persona <strong>di</strong>vina, vista in tutta la sua capacità <strong>di</strong> relazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo. In<br />
conclusione: abbiamo qui la sintesi giovannea del Padre Nostro ovvero il Padre nostro<br />
secondo <strong>Giovanni</strong> o, per essere più esatti, il Padre mio (Mt 6,9 ss.; Lc 11,2 ss.). Padre,<br />
glorifica il tuo nome è la preghiera che corrisponde <strong>al</strong>la seconda parte <strong>di</strong> quella fatta nel<br />
Getzemani: «Però, non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Lc 22,42). Tutto questo ci fa<br />
capire che fare la volontà del Padre equiv<strong>al</strong>e a santificare il suo Nome.<br />
«Venne dunque una voce d<strong>al</strong> cielo»: il cielo (l’Alto) rappresenta il mondo <strong>di</strong>vino. Il<br />
Padre non mostra il suo volto (questo lo ve<strong>di</strong>amo in Cristo), ma fa u<strong>di</strong>re la sua voce che<br />
approva la decisione e la preghiera <strong>di</strong> Gesù (5,37).<br />
219
«L'ho glorificato e... lo glorificherò»: il Padre risponde adesso <strong>al</strong>la preghiera del suo<br />
Figlio, così come ha risposto a quella fatta da Gesù durante il Battesimo e la Trasfigurazione<br />
(Lc 3,21; 9,28) e come risponde a noi tutte le volte che recitiamo il Padre Nostro con vera<br />
fede. Egli annuncia <strong>di</strong> aver già glorificato il suo Nome (inviando il suo Figlio nel mondo) e<br />
<strong>di</strong> volerlo ancora glorificare (soprattutto nella morte e nella risurrezione redentiva del<br />
Figlio: cfr. 13,31 b e 17,1 b ). Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni sofferenza, umilazione e strazio quello che<br />
emerge nelle parole <strong>di</strong> Gesù e del Padre suo è la certezza che la gloria <strong>di</strong>vina sempre ha<br />
trionfato e sempre trionferà.<br />
Mt 6 9 Padre... sia santificato il tuo nome; 10 ... sia fatta la tua volontà.<br />
2. ADESSO È IL GIUDIZIO DI QUESTO MONDO (12,29-33)<br />
12.29 o( ou)=n o)/xloj o( e(stw\j kai\ a)kou/saj e)/legen bronth\n gegone/nai,<br />
a)/lloi e)/legon, )/Aggeloj au)t%= lela/lhken.<br />
12.30 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen,<br />
Ou) <strong>di</strong>' e)me\ h( fwnh\ au(/th ge/gonen a)lla\ <strong>di</strong>' u(ma=j.<br />
12.31 nu=n kri/sij e)sti\n tou= ko/smou tou/tou,<br />
nu=n o( a)/rxwn tou= ko/smou tou/tou e)kblhqh/setai e)/cw:<br />
12.32 ka)gw\ e)a\n u(ywqw= e)k th=j gh=j, pa/ntaj e(lku/sw pro\j e)mauto/n.<br />
12.33 tou=to de\ e)/legen shmai/nwn poi/% qana/t% h)/mellen a)poqnv/skein.<br />
12,29 Dunque, la folla, che stava (là) e aveva–ascoltato, <strong>di</strong>ceva essere–stato (un) tuono;<br />
<strong>al</strong>tri <strong>di</strong>cevano: «(Un) angelo gli ha–parlato!».<br />
12,30 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse:<br />
«Non per me questa voce è–stata, ma per voi.<br />
12,31 Adesso c’è (il) giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> questo mondo,<br />
Adesso il principe <strong>di</strong> questo mondo sarà–gettato fuori;<br />
12,32 ed–io quando sarò–inn<strong>al</strong>zato d<strong>al</strong>la terra, tutti attirerò verso me–stesso».<br />
12,33 Questo <strong>di</strong>ceva, in<strong>di</strong>cando <strong>di</strong>–qu<strong>al</strong>e morte stava (per) morire.<br />
«La folla... <strong>di</strong>ceva...»: come sempre le interpretazioni <strong>della</strong> gente sono <strong>di</strong>scordanti e, in<br />
ogni caso, mai sufficienti.<br />
«Essere stato un tuono...»: il tuono è, nell’Apoc<strong>al</strong>isse <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, una delle<br />
manifestazioni <strong>della</strong> presenza e <strong>della</strong> potenza <strong>di</strong>vina, insieme a lampi e a folate <strong>di</strong> vento o a<br />
scrosci <strong>di</strong> pioggia (cfr. ad es.: Apc 4,5; 11,19; 14,2). Si tratta <strong>di</strong> reminiscenze provenienti da<br />
descrizioni <strong>di</strong> teofanie dell’AT (cfr. ad es. Es 19,19).<br />
«Un angelo gli ha parlato!»: questa interpretazione, che percepisce nella voce le parole<br />
<strong>di</strong> un messaggero celeste, ci richiama l’intervento dell’angelo consolatore, <strong>di</strong> cui Luca ci<br />
parla quando ci descrive la scena <strong>della</strong> preghiera intensa ed angosciata nell’Orto degli Ulivi<br />
e del conseguente sudore <strong>di</strong> sangue (Lc 22,43).<br />
«Questa voce è stata... per voi»: Gesù interviene a spiegare l'evento. Si tratta <strong>di</strong> una voce<br />
<strong>di</strong>vina rivolta ai suoi <strong>di</strong>scepoli perché credano, comprendano e glorifichino il Padre,<br />
consapevoli che l’unica cosa che conta è la gloria <strong>di</strong> Dio. Per capire l’importanza <strong>di</strong> questa<br />
voce dobbiamo metterla in par<strong>al</strong>lelo con le teofanie avvenute dopo il Battesimo <strong>di</strong> Gesù o<br />
durante la Trasfigurazione. <strong>Giovanni</strong>, che non ci riferisce le parole del Padre rivolte <strong>al</strong><br />
Figlio e ai <strong>di</strong>scepoli durante il Battesimo o la Trasfigurazione, supplisce a questa mancanza<br />
parlandoci <strong>di</strong> questa voce venuta d<strong>al</strong> cielo in quel preciso momento. In quelle <strong>al</strong>tre occasioni<br />
Dio proclamava Gesù Figlio pre<strong>di</strong>letto da ascoltare (cfr. S<strong>al</strong> 2,7; Is 42,1); adesso promette la<br />
glorificazione del suo nome <strong>di</strong> Padre (cfr. S<strong>al</strong> 113,4; 115,1).<br />
«Adesso è il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> questo mondo...»: il Padre accoglie dunque la preghiera del<br />
Cristo <strong>di</strong> glorificare il proprio Nome e fa u<strong>di</strong>re la sua risposta affermativa. Siccome il Padre<br />
è Dio nella sua forza onnipotente la sua parola sempre si re<strong>al</strong>izza. Pertanto la parola detta<br />
costituisce anche la sentenza irrevocabile ed efficace che condanna il mondo peccatore e che<br />
determina la sconfitta del suo capo (Adesso il principe <strong>di</strong> questo mondo sarà gettato fuori:<br />
220
cfr. 15,6). La perifrasi principe del mondo per in<strong>di</strong>care satana è usata solo da <strong>Giovanni</strong><br />
(14,30; 16,11). L'ORA è davvero giunta, perché tutti gli eventi escatologici cominciano a<br />
re<strong>al</strong>izzarsi in questo momento (il giu<strong>di</strong>zio fin<strong>al</strong>e, la sconfitta del m<strong>al</strong>e, la morte e la<br />
risurrezione del Cristo, la glorificazione <strong>di</strong>vina). Il tempo perde spessore per lasciare posto<br />
<strong>al</strong>l'eterno (ment<strong>al</strong>ità anticipatrice. Cfr. anche 16,11). Se in passato Gesù ammoniva gli<br />
ascoltatori parlando <strong>della</strong> condanna già attu<strong>al</strong>e degli increduli e dei m<strong>al</strong>vagi (3,18-19),<br />
adesso concentra la sua attenzione anche sul responsabile ultimo <strong>di</strong> ogni m<strong>al</strong>e e ne proclama<br />
la piena e definitiva sconfitta. Si re<strong>al</strong>izza la profezia contenuta in 1 Sam 2,10.<br />
«Inn<strong>al</strong>zato d<strong>al</strong>la terra, tutti attirerò verso me stesso»: insieme <strong>al</strong>la sconfitta del nemico,<br />
Gesù proclama umilmente la sua vittoria. Vincerà attirando gli uomini <strong>al</strong> suo cuore, non con<br />
la forza <strong>della</strong> violenza o dell’inganno, ma con l’amore (Os 11,4). Notiamo che, in coerenza<br />
con il suo linguaggio, parlando <strong>della</strong> sua morte in croce, la chiama elevazione, cioè<br />
glorificazione, perché in essa egli troverà la sua umile e sofferta gloria (il chicco risorge da<br />
terra come spiga feconda) e l’umanità sarà redenta (cfr. 3,14: <strong>di</strong>scorso a Nicodemo). Tutti<br />
gli esseri umani (univers<strong>al</strong>ismo) si incammineranno verso il Cristo crocifisso e risorto,<br />
<strong>di</strong>venuto centro <strong>di</strong> convergenza <strong>di</strong> tutta l'umanità (cfr. 11,52).<br />
«Questo <strong>di</strong>ceva, in<strong>di</strong>cando <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>e morte stava per morire»: pare che l’Evangelista non<br />
abbia nemmeno il coraggio <strong>di</strong> nominare lo spaventoso strumento <strong>della</strong> croce. La prima volta<br />
che parlerà esplicitamente <strong>di</strong> crocifissione nel suo <strong>Vangelo</strong>, lo farà riferendo le parole dei<br />
Giudei che chiedono a Pilato che il Cristo sia crocifisso (19,6). Per ora è importante notare<br />
che la croce è vista come strumento <strong>di</strong> vittoria e nel suo intrinseco aspetto <strong>di</strong> gloria (cfr.<br />
8,28). La sofferenza del Cristo (e del cristiano) non è mai un f<strong>al</strong>limento: è gloria che si<br />
nasconde sotto le apparenze del dolore. Le piaghe del Signore che in questo mondo sono<br />
dolore e umiliazione, nell’<strong>al</strong>tro, pur restando piaghe, sono gioielli <strong>di</strong> gloria infinita.<br />
Gv 3 14 E come Mosè inn<strong>al</strong>zò il serpente nel deserto, così bisogna che sia inn<strong>al</strong>zato il<br />
Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.<br />
3. CHI È QUESTO FIGLIO DELL'UOMO? (12,34)<br />
12.34 a)pekri/qh ou)=n au)t%= o( o)/xloj,<br />
(Hmei=j h)kou/samen e)k tou= no/mou o(/ti o( Xristo\j me/nei ei)j to\n ai)w=na,<br />
kai\ pw=j le/geij su\ o(/ti dei= u(ywqh=nai to\n ui(o\n tou= a)nqrw/pou;<br />
ti/j e)stin ou(=toj o( ui(o\j tou= a)nqrw/pou;<br />
12,34 Rispose dunque a–lui la folla:<br />
«Noi abbiamo–ascoltato d<strong>al</strong>la Legge che il Cristo rimane in eterno<br />
e come (mai) tu <strong>di</strong>ci che deve essere–inn<strong>al</strong>zato il Figlio dell'Uomo?<br />
Chi è questo Figlio dell'Uomo?».<br />
«Noi abbiamo ascoltato d<strong>al</strong>la Legge che il Cristo rimane in eterno...»: la folla ha capito<br />
che il Figlio dell'Uomo si identifica con il Cristo e che il suo inn<strong>al</strong>zamento coincide con la<br />
sua morte. Gesù stesso poco prima aveva affermato che era giunto il momento <strong>della</strong><br />
glorificazione del Figlio dell’Uomo (23) e l’aveva subito fatta coincidere con la sua morte.<br />
La Legge però (cfr. 2 Sam 7,16; S<strong>al</strong> 89,4-5…), secondo loro, pre<strong>di</strong>ceva riguardo <strong>al</strong> Cristo un<br />
dominio eterno. Non avevano letto tutta la Scrittura: ignoravano i cantici del Servo<br />
sofferente (Is 53,2 ss.). I legisti, interpretando in modo politico e nazion<strong>al</strong>istico la missione<br />
del Messia, inducevano la gente a ritenere errate e contrad<strong>di</strong>torie le affermazioni <strong>di</strong> Gesù.<br />
La liberante Parola <strong>di</strong> Dio annunciata dai Profeti era rinchiusa da loro nelle spir<strong>al</strong>i anguste e<br />
miopi <strong>della</strong> Legge, usata come strumento per l’es<strong>al</strong>tazione del proprio popolo e delle sue<br />
guide.<br />
«Chi è questo Figlio dell'Uomo?»: a questa domanda Cristo non risponde <strong>di</strong>rettamente,<br />
forse perché essa è fatta con un certo scetticismo o con un tono <strong>di</strong> sfida. D’<strong>al</strong>tra parte, una<br />
risposta teologica completa Gesù l’aveva già data nei suoi vari <strong>di</strong>scorsi. Un Figlio<br />
221
dell'Uomo che sia anche Chicco <strong>di</strong> grano, come Gesù lo ha presentato, non combacia con<br />
l'idea che la gente si è fatta del Cristo (cfr. 9,35-36). Il cieco nato aveva fatto praticamente la<br />
stessa domanda, ma con il desiderio vivo <strong>di</strong> credere in lui ed era giunto a professare la vera<br />
fede (9,36). La folla invece cerca <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> imporre la sua idea <strong>di</strong> Messia e perciò<br />
sfugge a qu<strong>al</strong>siasi interpretazione <strong>di</strong> tipo spiritu<strong>al</strong>e che, condannando il peccato e lo spirito<br />
m<strong>al</strong>igno che lo promuove, metta la gloria <strong>di</strong> Dio Padre <strong>al</strong> primo posto.<br />
- III - CREDETE NELLA LUCE<br />
1. CAMMINATE NELLA LUCE (12,35)<br />
12.35 ei)=pen ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)/Eti mikro\n xro/non to\ fw=j e)n u(mi=n e)stin.<br />
peripatei=te w(j to\ fw=j e)/xete,<br />
i(/na mh\ skoti/a u(ma=j kat<strong>al</strong>a/bv:<br />
kai\ o( peripatw=n e)n tv= skoti/# ou)k oi)=den pou= u(pa/gei.<br />
12,35 Disse dunque a–loro Gesù:<br />
«Ancora (per) poco tempo la luce è tra [in] voi.<br />
Camminate, finché avete la luce,<br />
affinché non vi sorprenda (la) tenebra<br />
e chi cammina nella tenebra, non sa dove va.<br />
«Ancora per poco tempo (khrónos) la luce è tra voi»: Gesù forse si ricorda dell’episo<strong>di</strong>o<br />
del cieco nato. Perciò invita tutti ad aprire gli occhi <strong>al</strong>la luce che egli porta. Il suo invito si<br />
fa tanto più pressante, quanto più appare chiaro che l’Ora è davvero giunta. Pertanto il<br />
Maestro non avrà più molto tempo (materi<strong>al</strong>e) per parlare in pubblico, per illuminare la loro<br />
mente ed il loro cuore (in<strong>di</strong>rettamente fa capire <strong>di</strong> essere lui la Luce: cfr. 8,12; 9,5).<br />
«Camminate, finché avete la luce...»: questa è la prima <strong>di</strong> due esortazioni. Gesù parla<br />
con un linguaggio molto figurato, secondo lo stile profetico (usa le icone <strong>della</strong> Luce e delle<br />
Tenebre, oltre <strong>al</strong> simbolismo del Cammino: cfr. Is 2,5; 9,1; 60,19). Gesù si rifà<br />
<strong>al</strong>l'esperienza del viandante che si affretta per arrivare a casa prima che lo sorprenda la<br />
notte. Il cammino in<strong>di</strong>ca un progresso, un avanzamento che, se illuminato d<strong>al</strong>la luce (Gesù),<br />
porta verso il bene e la s<strong>al</strong>vezza. Esiste anche un cammino nelle tenebre (Is 59,9-10) e chi lo<br />
compie non sa dove va, cioè non vede la strada, non conosce il punto <strong>di</strong> arrivo e rischia <strong>di</strong><br />
perdersi (cfr. 11,10).<br />
1 Gv 2 10 Chi ama suo fratello, <strong>di</strong>mora nella luce e non v'è in lui occasione <strong>di</strong> inciampo.<br />
11 Ma chi o<strong>di</strong>a suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché<br />
le tenebre hanno accecato i suoi occhi.<br />
2. DIVENTATE FIGLI DELLA LUCE (12,36)<br />
12.36 w(j to\ fw=j e)/xete, pisteu/ete ei)j to\ fw=j,<br />
i(/na ui(oi\ fwto\j ge/nhsqe.<br />
Tau=ta e)la/lhsen )Ihsou=j, kai\ a)pelqw\n e)kru/bh a)p' au)tw=n.<br />
12,36 Finché avete la luce, credete nella luce,<br />
affinché <strong>di</strong>ventiate figli (<strong>della</strong>) luce!».<br />
Queste (cose) <strong>di</strong>sse Gesù e, andando, si–nascose da loro.<br />
«Finché avete la luce»: la presenza <strong>di</strong> Gesù equiv<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la presenza <strong>della</strong> luce. Gli<br />
interlocutori la possono ad<strong>di</strong>rittura avere (35), a patto <strong>di</strong> credere in lei.<br />
«Credete nella luce»: questa è la seconda esortazione, anch’essa fatta utilizzando un<br />
linguaggio figurato: qui credere sta in par<strong>al</strong>lelo con camminare. Credete nella LUCE per<br />
<strong>di</strong>ventare FIGLI <strong>della</strong> luce: il credente <strong>di</strong>venta partecipe <strong>della</strong> luce e si trasforma, in un<br />
certo senso, in essa, così come il figlio è partecipe <strong>della</strong> natura <strong>di</strong> suo padre. Nella sua prima<br />
222
lettera <strong>Giovanni</strong> ci <strong>di</strong>ce che Dio è Luce (1 Gv 1,5): possiamo concludere che essere figli<br />
<strong>della</strong> Luce significa essere figli <strong>di</strong> Dio.<br />
«Si nascose»: questo sfuggire del Signore, motivato d<strong>al</strong>la persecuzione sempre più<br />
accanita, simboleggia l'eclissarsi <strong>della</strong> luce. La giornata del trionfo si conclude amaramente,<br />
visto che la folla non comprende il Signore quando questi tenta <strong>di</strong> spiegare il vero senso<br />
<strong>della</strong> sua messianicità. Pensiamo però che le sue parole abbiano segretamente lavorato nel<br />
cuore <strong>di</strong> molti.<br />
1 Tess 5,5 Voi tutti infatti siete figli <strong>della</strong> luce e figli del giorno; noi non siamo <strong>della</strong><br />
notte, né delle tenebre.<br />
- IV - NON CREDEVANO<br />
1. HA ACCECATO I LORO CUORI (12,37-41)<br />
12.37 Tosau=ta de\ au)tou= shmei=a pepoihko/toj e)/mprosqen au)tw=n<br />
ou)k e)pi/steuon ei)j au)to/n,<br />
12.38 i(/na o( lo/goj )Hsai/ou tou= profh/tou plhrwqv= o(\n ei)=pen,<br />
Ku/rie, ti/j e)pi/steusen tv= a)kov= h(mw=n;<br />
kai\ o( braxi/wn kuri/ou ti/ni a)pek<strong>al</strong>u/fqh;<br />
12.39 <strong>di</strong>a\ tou=to ou)k h)du/nanto pisteu/ein, o(/ti pa/lin ei)=pen )Hsai/aj,<br />
12.40 Tetu/flwken au)tw=n tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j kai\ e)pw/rwsen au)tw=n th\n kar<strong>di</strong>/an,<br />
i(/na mh\ i)/dwsin toi=j o)fq<strong>al</strong>moi=j kai\ noh/swsin tv= kar<strong>di</strong>/#<br />
kai\ strafw=sin, kai\ i)a/somai au)tou/j.<br />
12.41 tau=ta ei)=pen )Hsai/aj o(/ti ei)=den th\n do/can au)tou=, kai\ e)la/lhsen peri\ au)tou=.<br />
12,37 Pur avendo–fatto egli segni tanto–gran<strong>di</strong> davanti–a loro,<br />
non credevano in lui,<br />
12,38 perché si–adempisse la parola <strong>di</strong>–Isaia, il profeta, che <strong>di</strong>sse:<br />
«Signore, chi ha–creduto <strong>al</strong> nostro messaggio?<br />
E il braccio (del) Signore a–chi è–stato–rivelato?».<br />
12,39 Per questo non potevano credere, perché Isaia aveva–detto ancora:<br />
12,40 «Ha–accecato i loro occhi e indurito il loro cuore,<br />
affinché non vedano con–gli occhi e (non) comprendano con–il cuore<br />
e si–convertano e li guarisca».<br />
12,41 Questo <strong>di</strong>sse Isaia, poiché vide la sua gloria e parlò <strong>di</strong> lui.<br />
«Pur avendo fatto egli segni tanto gran<strong>di</strong>...»: l'Evangelista, puntando la sua attenzione<br />
solo sul fatto che molti hanno rifiutato la luce, ci propone <strong>al</strong>cune sue riflessioni, chiedendosi<br />
il motivo dell’incredulità <strong>di</strong> tanti, pur <strong>di</strong> fronte ai gran<strong>di</strong> SEGNI che il Signore aveva<br />
operato. Si tratta <strong>di</strong> pessimismo, che non sa vedere <strong>al</strong>tro che il lato negativo? No; <strong>Giovanni</strong>,<br />
che ha sempre avuto un grande amore per la verità, non si capacita <strong>di</strong> fronte a tanta<br />
ostinazione nel rifiuto <strong>della</strong> luce e cerca <strong>di</strong> capirne il perché.<br />
«Perché si adempisse la parola del Profeta Isaia, che <strong>di</strong>sse…»: l’Evangelista cerca nella<br />
Scrittura una risposta <strong>al</strong>la sua domanda. Nota che l'esperienza del profeta Isaia, che si sente<br />
inascoltato quando preannunciava le vicende del Servo sofferente <strong>di</strong> YHWH, si re<strong>al</strong>izza<br />
nuovamente anche sotto i suoi occhi, quando il Maestro annuncia la sua morte (Is 53,1).<br />
Egli vede l'incredulità come un compimento dell’antica profezia e pertanto come qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong><br />
cui non meravigliarsi e da cui non lasciarsi scoraggiare. Era stato previsto!<br />
«Signore, chi ha creduto <strong>al</strong> nostro messaggio? E il braccio del Signore a chi è stato<br />
rivelato?»: il messaggio viene annunciato d<strong>al</strong> profeta, ma <strong>di</strong>etro ad esso c’è il braccio, cioè<br />
la forza del Signore che opera. Molti però vanificano, per quanto li riguarda, la forza <strong>di</strong>vina.<br />
«Per questo non potevano credere, perché Isaia aveva detto ancora: Ha accecato i loro<br />
occhi e indurito il loro cuore...»: <strong>Giovanni</strong> va avanti nell'an<strong>al</strong>isi dei motivi dell'ostilità <strong>al</strong>la<br />
fede e cita un <strong>al</strong>tro brano <strong>di</strong> Isaia (Is 6,9 ss.). Se confrontiamo la versione proposta da<br />
<strong>Giovanni</strong> con l’origin<strong>al</strong>e notiamo che, nel testo ebraico, è paradoss<strong>al</strong>mente il Profeta stesso<br />
223
l’incaricato <strong>di</strong> intorpi<strong>di</strong>re il cuore, <strong>di</strong> rendere sordo e cieco il popolo. <strong>Giovanni</strong> invece non<br />
chiarisce chi sia l’agente che opera l’accecamento e l’indurimento ment<strong>al</strong>e (occhi e cuore,<br />
nel linguaggio biblico e spiritu<strong>al</strong>e, sono, insieme <strong>al</strong>l’u<strong>di</strong>to, le se<strong>di</strong> attraverso le qu<strong>al</strong>i e nelle<br />
qu<strong>al</strong>i nasce la fede). In base <strong>al</strong> suo <strong>Vangelo</strong> possiamo pensare, sempre paradoss<strong>al</strong>mente, che<br />
sia Dio stesso colui che acceca gli occhi dell'intelletto e indurisce e ottunde il cuore, perché<br />
gli ostinati non meritano il dono <strong>della</strong> conoscenza e <strong>della</strong> conversione e la conseguente<br />
guarigione (cfr. Is 6,10). Infatti Cristo stesso in Gv 9,39 si presenta come colui che<br />
condanna i presuntuosi <strong>al</strong>la cecità. Si tratta <strong>di</strong> un linguaggio mistico, che usa presentare<br />
come opera <strong>di</strong> Dio (giusta e immutabile) quello che in effetti è la conseguenza<br />
dell’ostinazione umana e dell’azione del nemico. Più noto è il passaggio del Padre Nostro in<br />
cui chie<strong>di</strong>amo: Non ci indurre in tentazione. Qu<strong>al</strong>unque pur lodevole traduzione <strong>al</strong>ternativa,<br />
che non rispetti il paradosso, toglie forza a t<strong>al</strong>e linguaggio mistico. Quanto abbiamo detto<br />
pertanto ci fa capire che la fede, intesa come un vedere con gli occhi <strong>della</strong> mente e un<br />
comprendere con il cuore, è un dono immeritato e sempre in pericolo, un dono che<br />
dobbiamo invocare con estrema umiltà. Ricor<strong>di</strong>amo che anche Matteo cita per <strong>di</strong>steso il<br />
brano <strong>di</strong> Is 6,9 ss. a proposito del motivo che induceva il Cristo a parlare in parabole. Lo fa,<br />
seguendo la traduzione dei LXX, secondo la qu<strong>al</strong>e la responsabilità dell’ottun<strong>di</strong>mento è del<br />
popolo: Il cuore <strong>di</strong> questo popolo si è istupi<strong>di</strong>to… hanno chiuso i loro occhi… (Mt 13,14-<br />
15; cfr. anche Mc 4,12 e Lc 8,10).<br />
«Isaia... vide la sua gloria (dóxa) e parlò <strong>di</strong> lui»: Isaia ebbe nel tempio la visione <strong>della</strong><br />
gloria <strong>di</strong> YHWH proprio nell’occasione del suo invio a rendere insensibile il cuore del<br />
popolo (cfr. il testo appena citato da <strong>Giovanni</strong>: 40). Per il nostro Evangelista t<strong>al</strong>e<br />
contemplazione <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong> YHWH coincide con quella <strong>di</strong> Cristo che è partecipe <strong>della</strong><br />
natura <strong>di</strong>vina. Inoltre, leggendo il libro del Profeta, notiamo che egli ha preannunciato in<br />
molti passi il successo del Messia (cfr. Is 9,5; 11,1-2; 42,1-7; 49,1-7). E anche quando ha<br />
previsto e descritto le in<strong>di</strong>cibili sofferenze del Servo <strong>di</strong> YHWH (53,1-10), non ha mancato<br />
<strong>di</strong> annunciarne la vittoria (Is 52,13-15; 53,11-12). Anche l’Evangelista ha saputo ammirare<br />
la gloria del Lógos fatto Carne (cfr. 1,14; 2,11). Invece, i Giudei, accecati d<strong>al</strong>la loro Legge e<br />
d<strong>al</strong>l’orgoglio <strong>di</strong> casta, non conoscono <strong>al</strong>tra gloria, se non quella effimera degli uomini e non<br />
sanno vedere quella <strong>di</strong> Dio e del suo Inviato. Avrebbero dovuto capire che Gesù, nel donare<br />
la sua vita per amore, glorificava il Padre (28) ed era da lui glorificato.<br />
2. NON LO CONFESSAVANO (12,42-43)<br />
12.42 o(/mwj me/ntoi kai\ e)k tw=n a)rxo/ntwn polloi\ e)pi/steusan ei)j au)to/n,<br />
a)lla\ <strong>di</strong>a\ tou\j Farisai/ouj ou)x w(molo/goun<br />
i(/na mh\ a)posuna/gwgoi ge/nwntai:<br />
12.43 h)ga/phsan ga\r th\n do/can tw=n a)nqrw/pwn ma=llon h)/per th\n do/can tou= qeou=.<br />
12,42 Tuttavia però anche tra i capi molti credettero in lui,<br />
ma a–motivo dei farisei non (lo) confessavano,<br />
per non essere cacciati–d<strong>al</strong>la–sinagoga;<br />
12,43 amarono infatti la gloria degli uomini più che la gloria <strong>di</strong>–Dio.<br />
«Anche tra i capi molti credettero in lui»: come Nicodemo, anche <strong>al</strong>tri capi del popolo si<br />
convincono che Gesù è il Cristo. Essi sono ad<strong>di</strong>rittura molti, ma la loro posizione<br />
privilegiata in seno <strong>al</strong>la società ebraica li metteva in grave <strong>di</strong>fficoltà (cfr. 3,2 a ) <strong>di</strong> fronte ai<br />
più intransigenti (i farisei). Infatti, un’eventu<strong>al</strong>e espulsione d<strong>al</strong>la sinagoga faceva perdere<br />
soprattutto a loro molti vantaggi soci<strong>al</strong>i e religiosi (cfr. 9,20-23).<br />
«Ma a motivo dei farisei non lo confessavano...»: la fede non è solo un evento interiore.<br />
Deve anche essere manifestata <strong>al</strong>l’esterno per mezzo <strong>della</strong> parole e delle opere. Pertanto è<br />
fondament<strong>al</strong>e il coraggio <strong>della</strong> confessione <strong>di</strong> fede (‘omo-loghéo: cfr. Rom 10,10). Ma i<br />
farisei erano troppo influenti e sovente riuscivano ad impe<strong>di</strong>re ogni manifestazione esterna<br />
224
(7,32; 9,13; 11,46). La codar<strong>di</strong>a dei capi era tanto più grave rispetto a quella <strong>della</strong> gente<br />
comune, perché il loro parere costituiva un punto <strong>di</strong> riferimento per tutto il popolo (7,26).<br />
«Amarono... la gloria degli uomini più che la gloria <strong>di</strong> Dio...»: per l'Evangelista credere<br />
e confessare la propria fede in Cristo significava amare la gloria <strong>di</strong> Dio. Ma i capi temono<br />
<strong>di</strong> professare la propria convinzione. <strong>Giovanni</strong> in<strong>di</strong>vidua la causa <strong>di</strong> questa incoerenza nel<br />
fatto che il loro amore per la gloria (dóxa) umana (cfr. 5,44) era superiore a quello per la<br />
gloria <strong>di</strong> Dio. Era proprio quello che Gesù comandava <strong>di</strong> evitare quando invitava a<br />
<strong>di</strong>sprezzare la propria vita (25). Quanto i capi sono <strong>di</strong>versi da Isaia che, pur essendo vissuto<br />
molti secoli prima <strong>di</strong> Cristo, ne ha saputo contemplare la gloria! Quanto sono lontani da<br />
Gesù che non cercava <strong>al</strong>tro che la gloria del Padre! (28).<br />
- V - SONO VENUTO A SALVARE IL MONDO<br />
1. IO, LUCE, SONO VENUTO NEL MONDO (12,44-46)<br />
12.44 )Ihsou=j de\ e)/kracen kai\ ei)=pen,<br />
(O pisteu/wn ei)j e)me\ ou) pisteu/ei ei)j e)me\ a)lla\ ei)j to\n pe/myanta/ me,<br />
12.45 kai\ o( qewrw=n e)me\ qewrei= to\n pe/myanta/ me.<br />
12.46 e)gw\ fw=j ei)j to\n ko/smon e)lh/luqa,<br />
i(/na pa=j o( pisteu/wn ei)j e)me\ e)n tv= skoti/# mh\ mei/nv.<br />
12,44 Gesù <strong>al</strong>lora gridò e <strong>di</strong>sse:<br />
«Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui–che mi ha–inviato,<br />
12,45 e chi contempla me, contempla Colui–che mi ha–inviato.<br />
12,46 Io, (come) luce, nel mondo sono–venuto,<br />
affinché chiunque crede in me nella tenebra non rimanga.<br />
«Gesù... gridò...»: l'ultimo messaggio dato in pubblico è gridato con forza. Gesù<br />
riassume, usando parole e frasi tipiche del suo linguaggio, i suoi <strong>di</strong>scorsi sulla necessità e<br />
sugli effetti <strong>della</strong> FEDE (cfr. ad es. 3,16-19). Questa è la terza e l’ultima volta che il<br />
Maestro insegna gridando (7,28.37).<br />
«Chi crede in me... crede... in Colui che mi ha inviato»: Gesù ci insegna che la fede è<br />
innanzi tutto un’adesione <strong>al</strong> Padre. Egli quasi si mette da parte (<strong>di</strong>ce: Non crede in me: egli<br />
si sente semplicemente un inviato).<br />
«Chi contempla me, contempla Colui che mi ha inviato»: la FEDE vera è<br />
CONTEMPLAZIONE <strong>di</strong> Cristo e del volto del Padre (14,9). La contemplazione <strong>della</strong><br />
bellezza <strong>di</strong> Dio è il massimo frutto <strong>della</strong> fede in Gesù, il qu<strong>al</strong>e ci <strong>di</strong>rige costantemente verso<br />
il Padre, unico riferimento per lui e per noi.<br />
«Io, come luce, nel mondo sono venuto»: come il sole che sorge ed illumina il mondo,<br />
così Gesù libera d<strong>al</strong>l'oscurità chi crede in lui. Questa è la terza volta che Gesù afferma<br />
esplicitamente <strong>di</strong> essere la luce (8,12; 9,5). È anche l'ultima volta che <strong>Giovanni</strong> ci presenta<br />
l'Icona <strong>della</strong> Luce.<br />
«Affinché chiunque crede in me nella tenebra non rimanga»: il Signore ci invita <strong>al</strong>la<br />
fede: la FEDE in lui o nella Luce s<strong>al</strong>va e libera d<strong>al</strong> M<strong>al</strong>e (qui rappresentato d<strong>al</strong>la Tenebra:<br />
Luce e Tenebra sono immagini che abbiamo già trovato nel Prologo).<br />
2. NON SONO VENUTO A GIUDICARE (12,47-50)<br />
12.47 kai\ e)a/n ti/j mou a)kou/sv tw=n r(hma/twn kai\ mh\ fula/cv, e)gw\ ou) kri/nw au)to/n<br />
ou) ga\r h)=lqon i(/na kri/nw to\n ko/smon, a)ll' i(/na sw/sw to\n ko/smon.<br />
12.48 o( a)qetw=n e)me\ kai\ mh\ lamba/nwn ta\ r(h/mata/ mou e)/xei to\n kri/nonta au)to/n:<br />
o( lo/goj o(\n e)la/lhsa e)kei=noj krinei= au)to\n e)n tv= e)sxa/tv h(me/r#.<br />
12.49 o(/ti e)gw\ e)c e)mautou= ou)k e)la/lhsa, a)ll' o( pe/myaj me path\r<br />
au)to/j moi e)ntolh\n de/dwken ti/ ei)/pw kai\ ti/ l<strong>al</strong>h/sw.<br />
12.50 kai\ oi)=da o(/ti h( e)ntolh\ au)tou= zwh\ ai)w/nio/j e)stin.<br />
a(\ ou)=n e)gw\ l<strong>al</strong>w=, kaqw\j ei)/rhke/n moi o( path/r, ou(/twj l<strong>al</strong>w=.<br />
12,47 E se uno ascolta le mie parole e non (le) custo<strong>di</strong>sce, io non lo giu<strong>di</strong>co,<br />
225
infatti non sono–venuto affinché giu<strong>di</strong>chi il mondo, ma affinché s<strong>al</strong>vi il mondo.<br />
12,48 Chi <strong>di</strong>sprezza me e non accoglie le parole mie, ha chi lo giu<strong>di</strong>ca:<br />
la parola che ho–detto, quella lo giu<strong>di</strong>cherà nell'ultimo giorno,<br />
12,49 perché io da me–stesso non ho–parlato, ma il Padre (che) mi ha–inviato,<br />
egli mi ha–dato (il) comando (<strong>di</strong>) che (cosa) parli e che (cosa) <strong>di</strong>ca.<br />
12,50 E so che il suo comando è vita eterna.<br />
Le (cose) dunque (che) io <strong>di</strong>co, come me (le) ha–dette il Padre, così (le) <strong>di</strong>co».<br />
«Se uno ascolta le mie parole e non le custo<strong>di</strong>sce...»: Gesù è luce <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza per chi<br />
ascolta, custo<strong>di</strong>sce nel cuore e osserva fedelmente nella pratica le sue PAROLE. Purtroppo<br />
si può ascoltare e non accettare il messaggio.<br />
«Io non lo giu<strong>di</strong>co»: il Maestro, che si è sempre presentato come S<strong>al</strong>vatore, afferma <strong>di</strong><br />
non voler emettere un giu<strong>di</strong>zio nei confronti dei ribelli.<br />
«Infatti non sono venuto affinché giu<strong>di</strong>chi il mondo, ma affinché s<strong>al</strong>vi il mondo»: cfr.<br />
3,17.<br />
«Chi <strong>di</strong>sprezza me e non accoglie le parole mie...»: egli sa che molti lo rifiutano. Ma non<br />
vuole punire nessuno, neppure chi si ostina in un colpevole <strong>di</strong>sprezzo <strong>della</strong> sua persona ed<br />
in un rifiuto tot<strong>al</strong>e delle sue parole.<br />
«La parola, che ho detto, quella lo giu<strong>di</strong>cherà nell'ultimo giorno...»: per lui è la<br />
PAROLA che esegue il compito <strong>di</strong> GIUDICE. Egli la personifica. Così, a lui viene evitato il<br />
<strong>di</strong>spiacere <strong>di</strong> condannare. Però, per il fatto che egli è il Lógos del Padre, si intravvede che,<br />
in definitiva, nonostante tutte le cautele il giu<strong>di</strong>ce escatologico è proprio lui (5,27).<br />
«Perché io da me stesso non ho parlato»: Gesù non <strong>di</strong>ce una sola parola che non venga<br />
da Dio.<br />
«Il Padre... mi ha dato il comando <strong>di</strong> che cosa... <strong>di</strong>ca»: proprio perché viene d<strong>al</strong> Padre<br />
(cfr. anche 50 b ), la parola <strong>di</strong> Gesù è efficace e potente, perché può giu<strong>di</strong>care (Ebr 4,12) e<br />
s<strong>al</strong>vare.<br />
«So che il suo comando è vita eterna»: d<strong>al</strong> momento che il Padre vuole che tutti abbiano<br />
la VITA ETERNA, chi non accoglie la parola, che manifesta t<strong>al</strong>e volontà <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza, si<br />
esclude per colpa sua d<strong>al</strong>la vita (cfr. 17,3). Gesù, da parte sua, vive del comando del Padre.<br />
«Le cose dunque che io <strong>di</strong>co, come me le ha dette il Padre, così le <strong>di</strong>co»: il Padre è<br />
sempre <strong>al</strong> centro del cuore <strong>di</strong> Cristo ed è l’ispiratore <strong>di</strong> ogni sua parola e azione (8,28). Gesù<br />
asserisce ancora una volta la sua assoluta fedeltà <strong>al</strong> compito ricevuto. Qu<strong>al</strong>e grande esempio<br />
per noi!<br />
CONCLUSIONE<br />
È venuta l'ORA: il CHICCO <strong>di</strong> grano sta per morire sepolto nella terra. Per un certo<br />
aspetto la situazione cambia ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>mente rispetto a prima. In passato, i propositi dei nemici<br />
<strong>di</strong> Cristo f<strong>al</strong>livano uno dopo l'<strong>al</strong>tro, perché «non era ancora giunta la sua ORA».<br />
Ma adesso per il Maestro e per i suoi <strong>di</strong>scepoli tutto è <strong>di</strong>verso.<br />
Dobbiamo avere il coraggio <strong>di</strong> guardare in faccia questa situazione: è iniziata l'Ora <strong>della</strong><br />
prova (cfr. Lc 22,53b: «Questa è la vostra Ora, è l'impero delle tenebre»). La lotta tra la<br />
luce e le tenebre raggiunge adesso il suo culmine. Il dramma e l’agonia del Getzemani sono<br />
già incominciati. Per questo motivo si comprende l'urgenza dell'appello che Gesù fa,<br />
affinché tutti credano in lui, che è la Luce, e nessuno scelga le tenebre e vada incontro <strong>al</strong><br />
giu<strong>di</strong>zio escatologico <strong>della</strong> PAROLA, giu<strong>di</strong>zio che è già iniziato (31).<br />
La preghiera del Cristo, che glorifica il NOME del Padre, e la risposta del PADRE, che<br />
gli rende testimonianza, dànno definitivo inizio <strong>al</strong>l'ORA, intesa in tutto il suo significato<br />
pasqu<strong>al</strong>e <strong>di</strong> massima sofferenza e <strong>di</strong> gloria definitiva. Nell'ottica <strong>di</strong>vina la morte in croce del<br />
Cristo è vista come una glorificazione del Nome del Padre e del Cristo stesso, il qu<strong>al</strong>e<br />
226
<strong>di</strong>venta il punto <strong>di</strong> attrazione univers<strong>al</strong>e <strong>di</strong> tutta l’umanità e il vincitore del principe <strong>di</strong><br />
questo mondo.<br />
Se vogliamo conservare nella memoria una sintesi au<strong>di</strong>ovisiva <strong>di</strong> tutto questo, possiamo<br />
immaginare un CHICCO <strong>di</strong> grano, da cui germoglia una CROCE, sulla qu<strong>al</strong>e risuona la<br />
VOCE del Padre, che glorifica il proprio nome e quello del Figlio, e verso la qu<strong>al</strong>e, in un<br />
CAMMINO luminoso, l'intera umanità si <strong>di</strong>rige.<br />
Questo brano può essere utilizzato in un incontro <strong>di</strong> preghiera che potrebbe avere il seguente tema:<br />
«Credere nella Luce e contemplare la Gloria».<br />
227
VOI SIETE PURI, MA NON TUTTI Unità 23<br />
Gesù lava i pie<strong>di</strong> e svela il tra<strong>di</strong>tore (Gv 13,1-30)<br />
INTRODUZIONE: nel Secondo Tempo, a parte gli eventi collegati con la gloriosa<br />
Risurrezione, Gesù non opera più <strong>al</strong>cun miracolo straor<strong>di</strong>nario. Eppure il Maestro,<br />
manifestando il suo carisma profetico, <strong>di</strong>ce e fa cose che non sono meno istruttive e<br />
sorprendenti dei gran<strong>di</strong> pro<strong>di</strong>gi passati.<br />
La Lavanda dei pie<strong>di</strong> durante la Cena (13,1-3) segna una svolta decisiva e per molti<br />
autori rappresenta l'inizio del secondo Tempo del <strong>Vangelo</strong> giovanneo. Per noi invece<br />
costituisce il terzo momento del Secondo Tempo e va vista come la risposta che Gesù dà<br />
<strong>al</strong>l'Unzione <strong>di</strong> Betania.<br />
In questa Unità (il cui titolo riporta il giu<strong>di</strong>zio dato d<strong>al</strong> Signore sugli apostoli fedeli e su<br />
Giuda), Gesù compie due gesti profetici molto semplici, ma <strong>al</strong>trettanto significativi: lava i<br />
pie<strong>di</strong> ai Do<strong>di</strong>ci (- 1 -) e offre a Giuda un boccone intinto (- 2 -). Il Maestro spiega poi<br />
accuratamente il senso <strong>di</strong> t<strong>al</strong>i gesti, i qu<strong>al</strong>i acquistano una grande importanza profetica e<br />
c'introducono ai due <strong>di</strong>scorsi convivi<strong>al</strong>i (13,31-16,33).<br />
- 1 - COMINCIÒ A LAVARE I PIEDI<br />
Nel momento in cui l'Ora arriva, Gesù lava i pie<strong>di</strong> agli apostoli (I). Pietro si ribella (II),<br />
ma Gesù spiega a tutti il v<strong>al</strong>ore esemplare e normativo <strong>di</strong> quella sua azione (III).<br />
- I - ERA GIUNTA LA SUA ORA<br />
1. LI AMÒ SINO ALLA FINE (13,1)<br />
13.1 Pro\ de\ th=j e(orth=j tou= pa/sxa<br />
ei)dw\j o( )Ihsou=j o(/ti h)=lqen au)tou= h( w(/ra<br />
i(/na metabv= e)k tou= ko/smou tou/tou pro\j to\n pate/ra,<br />
a)gaph/saj tou\j i)<strong>di</strong>/ouj tou\j e)n t%= ko/sm% ei)j te/loj h)ga/phsen au)tou/j.<br />
13,1 a Prima <strong>della</strong> festa <strong>della</strong> Pasqua,<br />
b sapendo Gesù che era–giunta la sua Ora<br />
<strong>di</strong> passare da questo mondo <strong>al</strong> Padre,<br />
c avendo–amato i suoi, che (erano) nel mondo, li amò sino (<strong>al</strong>la) fine.<br />
«Prima <strong>della</strong> festa <strong>della</strong> Pasqua»: manca la coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> luogo, vi è solo più quella, un<br />
po’ indeterminata, <strong>di</strong> tempo (sta per arrivare la più grande Festa, quella che celebrava<br />
l’Esodo verso la liberazione). Il termine Pasqua significa passaggio. Per Gesù si tratta del<br />
passaggio da questo mondo <strong>al</strong> Padre. Anche questa volta <strong>Giovanni</strong> non parla più <strong>della</strong> festa<br />
come Pasqua dei Giudei: ormai per lui conta solo più la Pasqua <strong>di</strong> Cristo, il cui significato<br />
e v<strong>al</strong>ore si sta manifestando sempre <strong>di</strong> più.<br />
«Sapendo che era giunta la sua Ora <strong>di</strong> passare da questo mondo <strong>al</strong> Padre»: l'Ora, che<br />
Gesù aveva già preannunciato in 12,23, anche qui è vista da lui nel suo lato positivo: come<br />
il ritorno <strong>al</strong>la casa del Padre suo e quin<strong>di</strong> come un evento gioioso e desiderato. Il Cristo sa<br />
ed è consapevole del v<strong>al</strong>ore <strong>di</strong> tutto quello che sta accadendo ed è lui che, invece <strong>di</strong> subire,<br />
domina gli eventi (cfr. 18,4).<br />
«Avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò sino <strong>al</strong>la fine»: l'amore sempre<br />
grande <strong>di</strong>mostrato da Gesù verso i suoi <strong>di</strong>scepoli, raggiunge con la venuta dell'ORA la<br />
massima intensità e si traduce nel dono tot<strong>al</strong>e <strong>di</strong> sé, fino a sacrificare la vita (cfr. 19,30: È<br />
compiuto!). Il suo amore per noi è l’unica motivazione <strong>di</strong> tutta la sua vicenda. Non passi<br />
228
inosservata l’annotazione: i suoi, che erano nel mondo (cfr. 17,11). Ci fa intuire che ormai<br />
Gesù non appartiene più a questo mondo, ma che nello stesso tempo è legato da un<br />
in<strong>di</strong>struttibile amore verso i suoi, cioè verso coloro che lo hanno accolto e che rimangono<br />
nel mondo (cfr. 1,11-12: suoi non solo a motivo del popolo a cui appartengono, ma per una<br />
scelta libera e un’adesione profonda).<br />
2. SAPENDO CHE RITORNAVA A DIO (13,2-3)<br />
13.2 kai\ dei/pnou ginome/nou,<br />
tou= <strong>di</strong>abo/lou h)/dh beblhko/toj ei)j th\n kar<strong>di</strong>/an<br />
i(/na paradoi= au)to\n )Iou/daj Si/mwnoj )Iskariw/tou,<br />
13.3 ei)dw\j o(/ti pa/nta e)/dwken au)t%= o( path\r ei)j ta\j xei=raj<br />
kai\ o(/ti a)po\ qeou= e)ch=lqen kai\ pro\j to\n qeo\n u(pa/gei,<br />
13,2 E (mentre) avveniva (la) cena,<br />
(avendo) il <strong>di</strong>avolo già messo nel cuore,<br />
affinché Giuda <strong>di</strong>–Simone Iscariota lo tra<strong>di</strong>sse,<br />
13,3 sapendo che il Padre gli aveva–dato tutto nelle mani,<br />
e che da Dio era–uscito e (che) a Dio ritornava,<br />
«Mentre avveniva la cena»: quello che l'Evangelista sta per narrare avviene forse proprio<br />
nel contesto <strong>della</strong> Cena pasqu<strong>al</strong>e, l'ultima celebrata da Gesù con i suoi e accuratamente<br />
preparata, come ci risulta dagli <strong>al</strong>tri Vangeli. Se questo è vero, tutti gli eventi raccontati<br />
acquistano un’importanza e una solennità ancora maggiore. In ogni caso, siamo <strong>al</strong>la Vigilia<br />
<strong>della</strong> Pasqua ed il clima <strong>di</strong> quella festa permea ormai ogni gesto.<br />
«Avendo il <strong>di</strong>avolo già messo nel cuore...»: la prima annotazione riguarda Giuda.<br />
<strong>Giovanni</strong> ci informa che il tra<strong>di</strong>mento, concepito da Giuda nel suo cuore su istigazione del<br />
<strong>di</strong>avolo, è ormai giunto <strong>al</strong>la maturazione ed è pressoché irrime<strong>di</strong>abile. Il cuore è la sede<br />
delle più profonde decisioni. Esso è <strong>di</strong>fficilmente guaribile (Ger 17,9). Nel <strong>Vangelo</strong><br />
giovanneo è visto soprattutto come la sede del turbamento o <strong>della</strong> gioia dei <strong>di</strong>scepoli<br />
(14,1.27; 16,6.22). Giuda non ha voluto approfittatare degli ultimi appelli <strong>al</strong>la fede nella<br />
Luce e ormai è troppo tar<strong>di</strong>. <strong>Giovanni</strong>, chiamando lo spirito del m<strong>al</strong>e con il nome <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ábolos, intende farci capire che t<strong>al</strong>e spirito ha reso il tra<strong>di</strong>tore incapace <strong>di</strong> interpretare il<br />
linguaggio dei simboli. Tra poco chiamerà t<strong>al</strong>e spirito il satana, che vuol <strong>di</strong>re l’avversario<br />
(cfr. Apc 12,9). Il fatto che il <strong>di</strong>avolo abbia potuto raggiungere il cuore <strong>di</strong> Giuda e, in<br />
qu<strong>al</strong>che modo, sia entrato in esso, significa che questo sciagurato apostolo ha fatto<br />
un’esperienza mistica, ma <strong>di</strong> tipo negativo. Peccato gravissimo e non scusabile perché, con<br />
meno fatica e abilità, avrebbe potuto fare un’esperienza mistica <strong>di</strong> tipo positivo e s<strong>al</strong>vifico.<br />
«Affinché Giuda <strong>di</strong> Simone Iscariota lo tra<strong>di</strong>sse»: per 10 volte il IV <strong>Vangelo</strong> ci parla del<br />
tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Giuda (da 6,64 a 21,20). Siccome tra gli apostoli erano due quelli che si<br />
chiamavano Giuda, l’Evangelista precisa che in questo caso si tratta del figlio <strong>di</strong> Simone<br />
Iscariota (cfr. 14,22).<br />
«Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani (cfr. 3,35) e che da Dio era uscito<br />
(8,42; 16,28; 17,8) e che a Dio ritornava (7,33; 14,12; 16,5.10.28)…»: la seconda<br />
annotazione riguarda Gesù. Questi è consapevole <strong>di</strong> tre cose: 1° sa che il Padre ha messo<br />
ogni re<strong>al</strong>tà e ogni potere nelle sue mani (la mano è la sede <strong>della</strong> forza e dell’attività, così<br />
come anche il braccio: 12,38; cfr. ad es. S<strong>al</strong> 89,14); 2° è cosciente <strong>di</strong> essere generato d<strong>al</strong><br />
Padre; 3° sa che è imminente il suo ritorno presso <strong>di</strong> lui, nell'infinita gloria <strong>di</strong>vina. <strong>Giovanni</strong><br />
non <strong>di</strong>mentica mai la grandezza <strong>di</strong> Gesù, la sua origine, la sua missione, il suo traguardo<br />
(Dio), perché Gesù stesso li aveva sempre presenti. Giuda e Gesù sono messi in par<strong>al</strong>lelo; il<br />
contrasto non potrebbe essere più forte: da una parte vi è quello che ha per padre il <strong>di</strong>avolo,<br />
anzi è un <strong>di</strong>avolo (6,70; 8,44), d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra c’è il Figlio onnipotente <strong>di</strong> Dio che guida gli eventi<br />
e compie gesti <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. La solenne introduzione dei v. 1-3 ci potrebbe indurre ad<br />
aspettare chissà qu<strong>al</strong>e portentoso avvenimento (ad esempio, una spettacolare cacciata <strong>di</strong><br />
Giuda) ed invece prepara l'umile e amorevole gesto <strong>della</strong> lavanda dei pie<strong>di</strong> a tutti i presenti.<br />
229
3. COMINCIÒ A LAVARE I PIEDI (13,4-5)<br />
13.4 e)gei/retai e)k tou= dei/pnou kai\ ti/qhsin ta\ i(ma/tia<br />
kai\ labw\n le/ntion <strong>di</strong>e/zwsen e(auto/n:<br />
13.5 ei)=ta ba/llei u(/dwr ei)j to\n nipth=ra<br />
kai\ h)/rcato ni/ptein tou\j po/daj tw=n maqhtw=n<br />
kai\ e)kma/ssein t%= lenti/% %(= h)=n <strong>di</strong>ezwsme/noj.<br />
13,4 sorge da cena e depone le vesti<br />
e, preso (un) panno, si cinse.<br />
13,5 Poi mette (l')acqua nel lavabo<br />
e cominciò (a) lavare i pie<strong>di</strong> dei <strong>di</strong>scepoli<br />
e (ad) asciugar(li) con–il panno del–qu<strong>al</strong>e era cinto.<br />
«Sorge... depone le vesti (‘imátion) e, preso un panno, si cinse...»: l’Evangelista descrive<br />
meticolosamente una serie <strong>di</strong> 7 azioni, usando 8 verbi. Il Maestro sorge, si <strong>al</strong>za, ma non per<br />
imporsi; solo per servire. Depone il suo vestito esterno, così come tra poco deporrà la sua<br />
anima (10,17). Riveste l’abito da lavoro. I gesti esteriori corrispondono agli atteggiamenti<br />
del suo cuore pieno <strong>di</strong> umilissimo amore (1 c ).<br />
«Poi mette l'acqua nel lavabo...»: nel IV <strong>Vangelo</strong> troviamo <strong>al</strong>meno 20 volte il termine<br />
acqua: essa serve per il battesimo impartito d<strong>al</strong> Battista (1,31), viene trasformata in vino da<br />
Gesù (2,9), è ricercata d<strong>al</strong>la Samaritana (4,7), è simbolo e strumento dello Spirito (3,5; 4,14;<br />
7,38). Questa è la penultima volta che <strong>Giovanni</strong> ci parla <strong>di</strong> acqua: nell’ultima ci parlerà<br />
dell’acqua che, unitamente <strong>al</strong> sangue, esce d<strong>al</strong> cuore del Cristo crocifisso (19,34).<br />
«Cominciò a lavare i pie<strong>di</strong> dei <strong>di</strong>scepoli»: non è la grandezza delle opere quello che<br />
conta, ma la loro significatività. Questo gesto profetico vuole essere una testimonianza <strong>di</strong><br />
amore e <strong>di</strong> servizio verso gli uomini, anche verso i più peccatori (Giuda è tra questi). La<br />
lavanda dei pie<strong>di</strong> rivela che la vita del Signore è stata in re<strong>al</strong>tà tutta un servizio e, in<br />
particolare, simboleggia il dono <strong>di</strong> sé fatto sulla croce e nel pane spezzato. Quest'azione è da<br />
mettere in par<strong>al</strong>lelo con l'unzione fatta da Maria (12,1-3). Gesù, che aveva ricevuto da<br />
Maria un prezioso gesto <strong>di</strong> stima e <strong>di</strong> amore (una unzione con olio profumato, che <strong>al</strong>lude<br />
<strong>al</strong>la Cresima), ora restituisce t<strong>al</strong>e omaggio ai suoi <strong>di</strong>scepoli, lavando i loro pie<strong>di</strong> con acqua<br />
(che <strong>al</strong>lude <strong>al</strong> Battesimo). Con questo gesto insegna come avere concretamente cura dei<br />
poveri (12,8).<br />
«E ad asciugarli con il panno del qu<strong>al</strong>e era cinto»: in t<strong>al</strong> modo il suo panno si imbeve <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>tà ed egli si ricopre <strong>di</strong> eventu<strong>al</strong>i impurità. Il Signore fa un servizio completo e non si<br />
fa aiutare da nessuno. Solo lui può compiere t<strong>al</strong>e azione, che significa la purificazione dei<br />
cuori, cominciando in modo ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>e d<strong>al</strong> basso (dai pie<strong>di</strong>). Che si tratti <strong>di</strong> un gesto profetico<br />
<strong>di</strong> purificazione e <strong>di</strong> speci<strong>al</strong>e servizio, e non tanto <strong>della</strong> consueta ospit<strong>al</strong>ità e accoglienza, lo<br />
si deduce d<strong>al</strong> fatto che viene re<strong>al</strong>izzato durante la cena e non prima (cfr. Gn 18,4 e 24,32).<br />
Non si tratta però <strong>di</strong> una purificazione ritu<strong>al</strong>e (che prevedeva l’abluzione solo delle mani:<br />
Mc 7,2-5), ma <strong>di</strong> un innovativo gesto atto ad introdurre un nuovo stile <strong>di</strong> vita nella<br />
comunità.<br />
- II - QUELLO CHE IO FACCIO, LO CAPIRAI<br />
1. SIMON PIETRO DICE: NO (13,6-7)<br />
13.6 e)/rxetai ou)=n pro\j Si/mwna Pe/tron: le/gei au)t%= )ekei=noj,<br />
Ku/rie, su/ mou ni/pteij tou\j po/daj;<br />
13.7 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
(\O e)gw\ poiw= su\ ou)k oi)=daj a)/rti,<br />
gnw/sv de\ meta\ tau=ta.<br />
13,6 Viene dunque da Simon Pietro (e) questi gli <strong>di</strong>ce:<br />
«Signore, tu mi lavi i pie<strong>di</strong>?».<br />
230
13,7 Rispose Gesù e gli <strong>di</strong>sse:<br />
«Quello–che io faccio, tu non (lo) capisci adesso,<br />
ma (lo) capirai dopo queste (cose)».<br />
«Viene dunque da Simon Pietro...»: Pietro osserva attentamente quanto Gesù compie nei<br />
riguar<strong>di</strong> degli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli. Pensa che il Signore stia facendo qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> non opportuno. A<br />
nostro avviso, Simone è l’unico che ha il coraggio <strong>di</strong> esternare il suo pensiero e <strong>di</strong><br />
contestare. Ma forse più che per coraggio, egli reagisce per un certo orgoglio: fa parte infatti<br />
del suo carattere il sentirsi come il <strong>di</strong>fensore <strong>di</strong> Cristo (37), desideroso <strong>di</strong> evitargli brutte<br />
figure (cfr. Lc 5,5; 8,45), anche perché un passo f<strong>al</strong>so del Maestro e un c<strong>al</strong>o del suo<br />
prestigio significa uno smacco per i <strong>di</strong>scepoli, a cominciare da lui.<br />
«E questi gli <strong>di</strong>ce: Signore, tu mi lavi i pie<strong>di</strong>?»: non avendo ancora acquisito la ment<strong>al</strong>ità<br />
simbolica, Pietro non intende il linguaggio dei gesti nel giusto senso e fa una domanda,<br />
piena <strong>di</strong> stupore. Si sente sconcertato e in grave <strong>di</strong>sagio. Interpreta in modo sbagliato t<strong>al</strong>e<br />
gesto: forse come troppo umiliante per il Signore (t<strong>al</strong>e azione era riservata agli schiavi<br />
pagani e <strong>al</strong>le donne); forse come non adatto o non necessario per lui (lavare i pie<strong>di</strong> a uno<br />
vuol pur sempre fargli intendere che deve purificare il suo modo <strong>di</strong> camminare). In fondo,<br />
sottolineare la <strong>di</strong>fferenza tra Gesù (Signore) e lui (sud<strong>di</strong>to) e l’incompatibilità tra la<br />
Signoria e il lavare, significa voler <strong>di</strong>fedendere i privilegi <strong>di</strong> casta e <strong>di</strong> ruolo. Pietro, che<br />
godeva già <strong>di</strong> un certo primato, mira in fondo a <strong>di</strong>fendere i suoi interessi presenti e futuri.<br />
Vedendo l’azione <strong>di</strong> lavare i pie<strong>di</strong> solo come un gesto umiliante, giu<strong>di</strong>ca l’iniziativa <strong>di</strong><br />
Gesù come incompatibile con la sua <strong>di</strong>gnità. Ma lavare i pie<strong>di</strong> può significare tante <strong>al</strong>tre<br />
cose.<br />
«Quello che io faccio, tu non lo capisci adesso»: Gesù invita Pietro a prendere coscienza<br />
che questo gesto nasconde significati profon<strong>di</strong> che egli potrà intendere solo maturando nella<br />
fede e nella carità. Gesù non umilia l’apostolo, <strong>di</strong>cendogli: Non capisci e non capirai mai<br />
nulla. Gli assicura che verrà il momento in cui comprenderà. Ma questo non basta a<br />
convincere Simone e a farlo riflettere. Non è quella la risposta che egli si aspettava: Pietro<br />
vuole capire tutto e subito (cfr. 37). Non è <strong>di</strong>sposto a fidarsi del Maestro o ad essere trattato<br />
come un bambino, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e i genitori <strong>di</strong>cono sempre: Queste cose le capirai da grande.<br />
«Ma lo capirai dopo queste cose»: dopo il triplice rinnegamento e la pesca miracolosa, il<br />
<strong>di</strong>scepolo riluttante capirà davvero e <strong>di</strong>chiarerà il suo amore <strong>al</strong> Cristo e la sua volontà <strong>di</strong><br />
servire le sue pecorelle fino <strong>al</strong>la morte (21,17-18).<br />
2. SE NON TI LAVO, NON HAI PARTE CON ME (13,8-9)<br />
13.8 le/gei au)t%= Pe/troj, Ou) mh\ ni/yvj mou tou\j po/daj ei)j to\n ai)w=na.<br />
a)pekri/qh )Ihsou=j au)t%=, )Ea\n mh\ ni/yw se, ou)k e)/xeij me/roj met' e)mou=.<br />
13.9 le/gei au)t%= Si/mwn Pe/troj,<br />
Ku/rie, mh\ tou\j po/daj mou mo/non a)lla\ kai\ ta\j xei=raj kai\ th\n kef<strong>al</strong>h/n.<br />
13,8 Gli <strong>di</strong>ce Pietro: «Non mi laverai mai i pie<strong>di</strong> in eterno!».<br />
Gli rispose Gesù: «Se non ti lavo, non hai parte con me!».<br />
13,9 Gli <strong>di</strong>ce Simon Pietro:<br />
«Signore, non solo i miei pie<strong>di</strong>, ma anche le mani e il capo!».<br />
«Non mi laverai mai i pie<strong>di</strong> in eterno!»: Pietro non con<strong>di</strong>vide l’insegnamento del<br />
Maestro ed è categorico nel suo rifiuto. Non accetta quel servizio nel modo più assoluto (in<br />
eterno: utilizza un’espressione che Gesù usava circa argomenti ben più importanti). Non<br />
ammette che verrà un giorno in cui capirà l’opportunità <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e azione. Non si rivolge più a<br />
Gesù chiamandolo Signore. Rispettare sino in fondo i ruoli delle persone secondo gli antichi<br />
costumi ricevuti e mai messi in <strong>di</strong>scussione, guardare <strong>al</strong>le azioni nella loro materi<strong>al</strong>ità senza<br />
vedere lo spirito con cui sono fatte, non saper dare nuovi significati ai gesti ma leggerli con<br />
gli occhi<strong>al</strong>i <strong>di</strong> sempre, tutto questo non crea traumi ed è molto comodo, ma porta <strong>al</strong>la<br />
231
sclerosi cultur<strong>al</strong>e e ment<strong>al</strong>e. Per noi non è facile ricevere o lasciar fare: il ruolo passivo del<br />
mistico è mortificante per la nostra natura, desiderosa sempre <strong>di</strong> protagonismo.<br />
«Se non ti lavo, non hai parte con me...»: il Maestro ora non parla più <strong>di</strong> lavare solo i<br />
pie<strong>di</strong>, ma <strong>di</strong> lavare Pietro per intero (ti lavo). La necessità <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e lavaggio è t<strong>al</strong>mente grande<br />
che il suo rifiuto equiv<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la rottura del proprio rapporto con Cristo. Stiamo però bene<br />
attenti <strong>al</strong> contesto: l’affermazione Non hai parte con me… non è una minaccia o un ricatto.<br />
Gesù non vuole obbligare nessuno a vivere nella sua logica e secondo il suo stile.<br />
Semplicemente, chi si sottrare <strong>al</strong>la sua proposta non sceglie la parte migliore (Lc 10,42),<br />
non starà con lui sulla croce e nella gloria, non avrà la beatitu<strong>di</strong>ne (17), dolcissima e<br />
costosa, dei puri <strong>di</strong> cuore. Infatti l’espressione Se non ti lavo, dev’essere intesa innanzi tutto<br />
in senso spiritu<strong>al</strong>e. Con essa Gesù enuncia una legge univers<strong>al</strong>e: se egli non ci purifica la<br />
mente ed il cuore, non possiamo partecipare <strong>al</strong>la sua umiliazione e <strong>al</strong>la sua gloria. T<strong>al</strong>e<br />
partecipazione dev’essere decisa solo per amore, non per interesse.<br />
«Signore...»: Pietro cambia in modo improvviso il suo atteggiamento. Risponde a Gesù<br />
<strong>di</strong> nuovo con deferenza (lo chiama Signore), ma con un tono sicuramente più conciliante<br />
rispetto <strong>al</strong> v. 6. Però, vista la risposta che dà, ci ren<strong>di</strong>amo conto che non ha compreso il<br />
senso <strong>di</strong> tutto quello che il Maestro vuole comunicare: se accetta, lo fa forse solo per aver<br />
parte <strong>al</strong> potere del Signore, a motivo dei vantaggi che pensa <strong>di</strong> ottenere entrando nel suo<br />
Regno. Inoltre ci sembra che l’apostolo consideri meno umiliante per il Maestro lavarlo<br />
interamente, rispetto <strong>al</strong> fatto <strong>di</strong> lavargli solo i pie<strong>di</strong>.<br />
«Non solo i miei pie<strong>di</strong>, ma anche le mani e il capo»: Simone nomina con or<strong>di</strong>ne i tre<br />
livelli <strong>della</strong> persona: quello inferiore, quello me<strong>di</strong>ano e quello superiore (sono parti<br />
corporee importanti nel linguaggio espressivo e simbolico <strong>della</strong> mistica). Per esempio, chi<br />
profuma o lava il capo può stare <strong>al</strong>la pari con colui che riceve questo omaggio; chi profuma<br />
o lava i pie<strong>di</strong> si <strong>di</strong>chiara inferiore e si sottomette a chi riceve questo servizio. I mistici, dopo<br />
aver abbracciato i pie<strong>di</strong> del Signore (momento purificativo), ne stringono e ne baciano le<br />
mani (fase illuminativa) e anelano a baciarlo in volto (traguardo unitivo). Con la sua<br />
risposta Pietro invita il Signore a purificarlo completamente (d<strong>al</strong> basso verso l’<strong>al</strong>to) fino a<br />
concedegli una corona <strong>di</strong> gloria e renderlo superiore a tutti. A t<strong>al</strong>i con<strong>di</strong>zioni è entusiasta <strong>di</strong><br />
accettare.<br />
3. VOI SIETE PURI, MA NON TUTTI (13,10-11)<br />
13.10 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j, (O leloume/noj ou)k e)/xei xrei/an ei) mh\ tou\j po/daj ni/yasqai,<br />
a)ll' e)/stin kaqaro\j o(/loj:<br />
kai\ u(mei=j kaqaroi/ e)ste, a)ll' ou)xi\ pa/ntej.<br />
13.11 v)/dei ga\r to\n para<strong>di</strong>do/nta au)to/n: <strong>di</strong>a\ tou=to ei)=pen o(/ti Ou)xi\ pa/ntej kaqaroi/ e)ste.<br />
13,10 Gli <strong>di</strong>ce Gesù: «Chi (è) lavato, non ha bisogno (<strong>di</strong>) lavarsi se non i pie<strong>di</strong>,<br />
ma è tutto puro;<br />
anche voi siete puri, ma non tutti».<br />
13,11 Conosceva infatti chi lo tra<strong>di</strong>va; per questo <strong>di</strong>sse: «Non tutti siete puri».<br />
«Chi è lavato»: Gesù vuole lavare a Pietro solo i pie<strong>di</strong>. Non accetta <strong>di</strong> <strong>al</strong>terare il<br />
linguaggio gestu<strong>al</strong>e con il qu<strong>al</strong>e intende esprimersi. Un lavaggio completo sarebbe in questo<br />
momento fuori luogo, non necessario e non in linea con quello che egli sta per insegnare.<br />
Porta pertanto una ragione convincente.<br />
«Non ha bisogno <strong>di</strong> lavarsi se non i pie<strong>di</strong>»: Gesù svela ai presenti che con la lavanda dei<br />
pie<strong>di</strong> non intende innanzi tutto compiere un rito purificatorio, ma un’azione <strong>di</strong> servizio, non<br />
un’abluzione liturgica, ma l’insegnamento <strong>di</strong> una nuova ment<strong>al</strong>ità e <strong>di</strong> una nuova prassi.<br />
Vuole insegnare ad abbassarsi <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> fratello, a umiliare se stessi pur <strong>di</strong> rendere gli <strong>al</strong>tri<br />
migliori. Non si può escludere del tutto l’aspetto purificatorio del gesto: nel cammino<br />
spiritu<strong>al</strong>e, <strong>di</strong> fatto, commettiamo sempre qu<strong>al</strong>che sbaglio e non raggiungiamo mai la<br />
232
perfezione. Il lavare i pie<strong>di</strong> è sempre necessario e serve a purificarci d<strong>al</strong>le molte<br />
imperfezioni, così facili e così frequenti nel cammino <strong>della</strong> vita.<br />
«È tutto puro»: nonostante i <strong>di</strong>fetti e le immaturità, Pietro è sostanzi<strong>al</strong>mente puro, se<br />
paragonato a Giuda. Gesù tuttavia più che giustificare Simone, intende denunciare la<br />
gravissima colpevolezza del tra<strong>di</strong>tore. Una volta lavati i pie<strong>di</strong>, cioè espiati i vari <strong>di</strong>fetti<br />
dovuti <strong>al</strong>l’umana fragilità, il <strong>di</strong>scepolo è tutto puro, perché la sua opzione fondament<strong>al</strong>e è<br />
corretta. Gesù è passato con natur<strong>al</strong>ezza d<strong>al</strong>l’idea <strong>di</strong> pulizia del corpo <strong>al</strong> pensiero <strong>di</strong> quella<br />
dello spirito e desidera far capire che è bello essere puri interiormente. Noi possiamo vedere<br />
in questa purificazione un'<strong>al</strong>lusione <strong>al</strong> Battesimo: 1 Pt 3,21.<br />
«Voi siete puri, ma non tutti. Conosceva infatti chi lo tra<strong>di</strong>va»: ora il giu<strong>di</strong>zio verte<br />
sull’intero gruppo. Il tra<strong>di</strong>tore, che pure accetta <strong>di</strong> farsi lavare i pie<strong>di</strong>, non viene purificato,<br />
perché non rinuncia <strong>al</strong>lo spaventoso proposito ispiratogli d<strong>al</strong>lo spirito del m<strong>al</strong>e. Pensiamo<br />
<strong>al</strong>l’infinita umiltà <strong>di</strong> Gesù che si china a lavare i pie<strong>di</strong> anche a colui che ormai è una cosa<br />
sola con il <strong>di</strong>avolo. Questo gesto e le parole, che ne spiegavano il senso, avrebbero dovuto<br />
toccare il cuore del tra<strong>di</strong>tore.<br />
- III - CAPITE CIÒ CHE HO FATTO A VOI?<br />
1. VI HO DATO L'ESEMPIO (13,12-15)<br />
13.12 (/Ote ou)=n e)/niyen tou\j po/daj au)tw=n<br />
e)/laben ta\ i(ma/tia au)tou= kai\ a)ne/pesen pa/lin, ei)=pen au)toi=j,<br />
Ginw/skete ti/ pepoi/hka u(mi=n;<br />
13.13 u(mei=j fwnei=te/ me (O <strong>di</strong>da/sk<strong>al</strong>oj kai\ (O ku/rioj,<br />
kai\ k<strong>al</strong>w=j le/gete, ei)mi\ ga/r.<br />
13.14 ei) ou)=n e)gw\ e)/niya u(mw=n tou\j po/daj o( ku/rioj kai\ o( <strong>di</strong>da/sk<strong>al</strong>oj,<br />
kai\ u(mei=j o)fei/lete a)llh/lwn ni/ptein tou\j po/daj:<br />
13.15 u(po/deigma ga\r e)/dwka u(mi=n<br />
i(/na kaqw\j e)gw\ e)poi/hsa u(mi=n kai\ u(mei=j poih=te.<br />
13,12 Quando dunque ebbe–lavato i loro pie<strong>di</strong>,<br />
riprese le sue vesti e si–sdraiò <strong>di</strong>–nuovo. (Poi) <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Capite ciò–che ho–fatto a–voi?<br />
13,13 Voi mi chiamate: il Maestro e il Signore<br />
e <strong>di</strong>te bene, (lo) sono infatti.<br />
13,14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho–lavato i vostri pie<strong>di</strong>,<br />
anche voi dovete lavare i pie<strong>di</strong> (gli uni) de(gli)–<strong>al</strong>tri.<br />
13,15 (L')esempio infatti ho–dato a–voi,<br />
affinché come io ho–fatto a–voi, anche voi facciate.<br />
«Quando dunque ebbe lavato i loro pie<strong>di</strong>»: l’Evangelista non ci <strong>di</strong>ce che il Signore,<br />
finito il suo lavoro, abbia deposto l’asciugatoio.<br />
«Riprese le sue vesti e si sdraiò <strong>di</strong> nuovo»: mantenendo pertanto la sua sostanzi<strong>al</strong>e<br />
qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> servo, egli si riveste nuovamente <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> Maestro, che istruisce i<br />
<strong>di</strong>scepoli, e si mette a mensa come Signore. L’aver servito in quel modo i suoi non ha<br />
intaccato il suo ruolo, anzi lo ha reso più umano e gra<strong>di</strong>to. Gesù ha aumentato la <strong>di</strong>gnità<br />
degli <strong>al</strong>tri e così, non solo non ha perso la propria, ma l’ha es<strong>al</strong>tata, visto che ora egli si<br />
sdraia con i commens<strong>al</strong>i che sono stati trattati come dei veri signori. Il fatto che egli<br />
riprende le sue vesti ci fa pensare <strong>al</strong>la risurrezione, con la qu<strong>al</strong>e il Signore riprende la sua<br />
vita dopo averla donata (10,17).<br />
«Capite ciò che ho fatto a voi?»: egli ora interroga i suoi, li stimola a capire il senso<br />
profondo del gesto simbolico che era intenzion<strong>al</strong>mente provocatorio. Egli ha fatto<br />
concretamente qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> molto grande e significativo in loro favore. Pietro non aveva<br />
capito, ma forse nemmeno gli <strong>al</strong>tri avevano compreso bene. Non ci risulta mai comodo<br />
capire che il superiore è <strong>al</strong> servizio <strong>di</strong> chi gli è stato affidato, che la legge <strong>della</strong> comunità<br />
nuova è quella che traduce il potere in servizio (Lc 22,25-27), che i gesti <strong>di</strong> Gesù, per<br />
233
quanto apparentemente strani, devono <strong>di</strong>ventare i nostri. Nella Chiesa non vige<br />
un’uguaglianza che appiattisce tutti, una confusione dei ruoli che crea <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, una<br />
tra<strong>di</strong>zione ripetitiva che non sa rinnovarsi. In essa quello che detta legge è l’amore, che usa<br />
il potere unicamente per servire gli <strong>al</strong>tri, a cominciare dai più deboli. È pertanto necessaria<br />
la continua capacità <strong>di</strong> scoprire e <strong>di</strong> rispondere <strong>al</strong>le sempre nuove esigenze dell’uomo, <strong>della</strong><br />
sua libertà e del suo v<strong>al</strong>ore.<br />
«Mi chiamate il Maestro e il Signore e <strong>di</strong>te bene, lo sono infatti...»: Pietro, nella sua<br />
reazione, lo ha chiamato Signore due volte: una prima con tono <strong>di</strong> rimprovero, un’<strong>al</strong>tra con<br />
un tono esageratamente entusiasta (6.9). Gesù, nonostante tutte le incompresioni e le<br />
pressioni, non ab<strong>di</strong>ca <strong>al</strong>la sua missione <strong>di</strong> Profeta e <strong>di</strong> Messia reg<strong>al</strong>e. In effetti egli è l'unico<br />
vero Maestro e Signore, luce e vita del mondo. L’affermazione del v. 13 intende far notare<br />
che il segno compiuto non è in contrasto con la sua <strong>di</strong>gnità. Esso infatti la manifesta meglio<br />
e nel giusto senso (cfr. Mt 23,8.10).<br />
«Se dunque io, il Signore e il Maestro...»: Gesù ora inverte l’or<strong>di</strong>ne dei titoli: mette <strong>al</strong><br />
primo posto quello <strong>di</strong> Signore (aspetto <strong>di</strong>vino e reg<strong>al</strong>e) rispetto a quello <strong>di</strong> Maestro (aspetto<br />
profetico). Signore (<strong>al</strong> vocativo) è anche il titolo <strong>di</strong> Gesù più usato in <strong>Giovanni</strong> (33 volte<br />
contro le 11 <strong>di</strong> Maestro o Rabbì). Egli invita tutti a fare un ragionamento molto semplice,<br />
che dovrebbe essere spontaneo: Se lui ha lavato… a maggior ragione noi… Peccato che le<br />
nostre <strong>di</strong>fese inconsce ci impe<strong>di</strong>scano <strong>di</strong> tirare agevolmente t<strong>al</strong>e conclusione (cfr. Mt 18,32-<br />
33). Imitare Cristo nella sua capacità <strong>di</strong> inventare mo<strong>di</strong> sempre nuovi, controcorrente e<br />
scand<strong>al</strong>osi per i benpensanti, era quanto Pietro segretamente temeva <strong>di</strong> dover fare. Se il<br />
Maestro avesse rispettato il suo rango, lo avrebbe autorizzato a <strong>di</strong>fendere il proprio, una<br />
volta raggiunta una posizione <strong>di</strong> supremazia. Ma Gesù, con quel gesto, molto più forte <strong>di</strong><br />
mille <strong>di</strong>scorsi, ha dato a tutti una lezione pratica ed inequivocabile <strong>di</strong> umiltà e <strong>di</strong> servizio,<br />
tesa a capovolgere le logiche <strong>di</strong> questo mondo.<br />
«Anche voi dovete lavare i pie<strong>di</strong> gli uni degli <strong>al</strong>tri»: la cosa più importante che dobbiamo<br />
capire è che sono necessari gesti <strong>di</strong> umile solidarietà, opere esprimenti accoglienza e azioni<br />
concrete <strong>di</strong> aiuto e non solo pii desideri (cfr. anche v. 17; Mt 7,21; 1 Gv 3,18). Infatti Gesù<br />
vuol farci intendere che per lui amare sino <strong>al</strong>l'estremo vuol <strong>di</strong>re donare la vita per noi (la<br />
lavanda dei pie<strong>di</strong> è solo un simbolo <strong>della</strong> re<strong>al</strong>tà, ben più dura, che è la croce). Per i <strong>di</strong>scepoli<br />
significa prestare i più umili servizi a vicenda con gioia e prontezza (ciò che per Gesù è solo<br />
un simbolo, per noi è già una re<strong>al</strong>tà crocifiggente). Questa, per la nuova comunità, è una<br />
legge basilare (dovete): nessuno può sottrarsi, tanto meno chi sta in <strong>al</strong>to (cfr. Mt 20,26-28).<br />
La <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> carismi, <strong>di</strong> ministeri, <strong>di</strong> capacià e <strong>di</strong> impegni non crea caste soci<strong>al</strong>i superiori<br />
o inferiori, perché l’amore fa sentire e vivere la superiorità come un dovere maggiore e non<br />
come un privilegio. Nella sostanza tutti sono fratelli (20,17; 21,23; Mt 23,8).<br />
«L'esempio... ho dato a voi...»: Gesù ha tradotto in un linguaggio comprensibile e<br />
imitabile l'incomprensibile ed inimitabile carità che egli ha <strong>di</strong>mostrato in tutta la sua vita e<br />
che <strong>di</strong>mostrerà mirabilmente sulla croce. Chiedendo poi <strong>di</strong> imitare questo esempio, Gesù<br />
introduce una regola gener<strong>al</strong>e: anche tutti gli <strong>al</strong>tri esempi dati nella sua vita vanno imitati.<br />
Ormai è chiaro: egli è il modello che bisogna riprodurre, un modello <strong>di</strong> amore infinito<br />
(13,34). Anche noi dobbiamo essere pane che si lascia spezzare per nutrire i fratelli, vino<br />
che r<strong>al</strong>legra, voce che consola, mano che sostiene, acqua che lava le brutture, panno che<br />
risc<strong>al</strong>da: questa è la nostra <strong>di</strong>akonía. Cristo ci aveva invitati a seguirlo, per metterci <strong>al</strong> suo<br />
servizio (12,26 a ). Ora compren<strong>di</strong>amo che lo possiamo seguire e servire solo lavando i pie<strong>di</strong><br />
ai fratelli (con tutto quello che questo comporta a livello <strong>di</strong> atteggiamento interiore). Solo<br />
così si arriva dove lui è (sulla croce e nella gloria) e solo così si riceve onore d<strong>al</strong> Padre<br />
(12,26 bc ).<br />
«Affinché come io ho fatto a voi, anche voi facciate»: questo comando ci richiama le<br />
parole eucaristiche: «Fate questo in memoria <strong>di</strong> me» (cfr. Lc 22,19). La lavanda dei pie<strong>di</strong><br />
per l'Evangelista <strong>Giovanni</strong> è, dunque, l'equiv<strong>al</strong>ente ed il sostitutivo dell'Istituzione<br />
dell'Eucaristia. In conclusione, Gesù usa tutto il suo prestigio <strong>di</strong> Signore e <strong>di</strong> Maestro per<br />
234
insegnare l’arte <strong>di</strong>fficile e preziosa del servizio reciproco, fatto con amore fraterno (simbolo,<br />
sacramento, anticipo e <strong>al</strong>lenamento <strong>al</strong> dono supremo <strong>di</strong> tutta la propria vita).<br />
2. SIETE BEATI SE LE FATE (13,16-17)<br />
13.16 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
ou)k e)/stin dou=loj mei/zwn tou= kuri/ou au)tou=<br />
ou)de\ a)po/stoloj mei/zwn tou= pe/myantoj au)to/n.<br />
13.17 ei) tau=ta oi)/date, maka/rioi/ e)ste e)a\n poih=te au)ta/.<br />
13,16 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
non c'è servo più–grande del suo signore,<br />
né apostolo più–grande <strong>di</strong>–colui–che lo ha–inviato.<br />
13,17 Se sapete queste (cose), siete beati se le fate.<br />
«Non c'è servo più grande... né apostolo più grande…»: questo proverbio lo troviamo in<br />
Lc 6,40, dove serve ad affermare che un <strong>di</strong>scepolo può <strong>al</strong> massimo uguagliare l’abilità del<br />
suo maestro. Lo stesso proverbio lo si ritrova in Mt 10,24 e in Gv 15,20 per giustificare il<br />
fatto che un servo o un <strong>di</strong>scepolo non può aspettarsi un trattamento migliore <strong>di</strong> quello<br />
riservato <strong>al</strong> proprio padrone o maestro. Qui il proverbio è introdotto d<strong>al</strong>la solenne formula:<br />
Amen... ed ha la fin<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> ricordare ai <strong>di</strong>scepoli che essi sono servi e apostoli <strong>di</strong> Cristo e<br />
che quin<strong>di</strong> non devono sentirsi superiori a lui e quin<strong>di</strong> esonerati d<strong>al</strong>l’agire come lui.<br />
Pertanto sono chiamati anch’essi a mettersi a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti.<br />
«Se sapete queste cose, siete beati se le fate»: Gesù ha appena richiamato gli apostoli su<br />
qu<strong>al</strong>e sia il loro ruolo. Non lo ha fatto per umiliarli, ma solo per far intendere che il suo<br />
comando è inelu<strong>di</strong>bile, a meno che non vogliano stravolgere ogni norma e or<strong>di</strong>ne nella<br />
nuova comunità. Gesù è ben cosciente <strong>di</strong> essere il Signore ed il Mandante: non lo ha<br />
<strong>di</strong>menticato lavando i pie<strong>di</strong> ai suoi. Tra poco ricorderà che è stato lui a sceglierli (18): ora<br />
afferma che il capire ed il praticare questi esempi non è mortificante, ma fonte <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong><br />
beatitu<strong>di</strong>ne (questa è la prima delle due beatitu<strong>di</strong>ni giovannee e verte sul tema <strong>della</strong> carità;<br />
l'<strong>al</strong>tra riguarderà il tema <strong>della</strong> fede: 20,29). Il dovere proposto perde il suo aspetto o<strong>di</strong>oso,<br />
perché propone la prospettiva attraente <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>cibile beatitu<strong>di</strong>ne, prodotta d<strong>al</strong>l’amore<br />
fraterno e d<strong>al</strong>l’aver parte con Cristo, essendo a lui conformati. La felicità non viene<br />
d<strong>al</strong>l’esercizio del potere, ma d<strong>al</strong>la solidarietà e d<strong>al</strong>la fraternità servizievole.<br />
Fil 2 7 (Cristo) spogliò se stesso, assumendo la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> servo e <strong>di</strong>venendo simile<br />
agli uomini… 8 umiliò se stesso, facendosi obbe<strong>di</strong>ente fino <strong>al</strong>la morte e <strong>al</strong>la morte <strong>di</strong> croce.<br />
- 2 - INTINTO IL BOCCONE, LO DÀ A GIUDA<br />
Gesù sta per fare una grave rivelazione: spiega che desidera far aumentare la loro fede in<br />
lui (1.). Dopo la denuncia che vi è un tra<strong>di</strong>tore (2.) e l’indagine fatta <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (3.), Gesù<br />
offre il boccone <strong>di</strong> pane a Giuda (4.), il qu<strong>al</strong>e esce nel buio <strong>della</strong> notte (5.).<br />
1. VE LO DICO AFFINCHÈ CREDIATE CHE IO SONO (13,18-20)<br />
13.18 ou) peri\ pa/ntwn u(mw=n le/gw: e)gw\ oi)=da ti/naj e)celeca/mhn:<br />
a)ll' i(/na h( grafh\ plhrwqv=,<br />
(O trw/gwn mou to\n a)/rton e)ph=ren e)p' e)me\ th\n pte/rnan au)tou=.<br />
13.19 a)p' a)/rti le/gw u(mi=n pro\ tou= gene/sqai,<br />
i(/na pisteu/shte o(/tan ge/nhtai o(/ti e)gw/ ei)mi.<br />
13.20 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
o( lamba/nwn a)/n tina pe/myw e)me\ lamba/nei,<br />
o( de\ e)me\ lamba/nwn lamba/nei to\n pe/myanta/ me.<br />
13,18 Non parlo <strong>di</strong> tutti voi; io conosco coloro–che ho–scelto;<br />
235
ma affinché la Scrittura si–adempisse:<br />
«Colui che–mangia il mio pane, ha–levato contro–<strong>di</strong> me il suo c<strong>al</strong>cagno».<br />
13,19 Fin–da adesso ve (lo) <strong>di</strong>co, prima che avvenga,<br />
affinché, quando avverrà, cre<strong>di</strong>ate che Io Sono.<br />
13,20 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
chi accoglie colui–che invierò, accoglie me<br />
e chi accoglie me, accoglie Colui–che mi ha–inviato».<br />
«Conosco coloro che ho scelto»: Gesù ora si collega <strong>al</strong> pensiero espresso in 10 b : Voi<br />
siete puri, ma non tutti. L’Evangelista ci aveva detto che Gesù era <strong>al</strong> corrente del tra<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> Giuda (11). Con le parole del v. 18, il Maestro cerca <strong>di</strong> farsi capire da Giuda, in un<br />
estremo tentativo <strong>di</strong> s<strong>al</strong>varlo d<strong>al</strong> suo peccato (sulla elezione cfr. 6,70). Anche Giuda era<br />
stato scelto con amore per un’avventura spiritu<strong>al</strong>e senza pari.<br />
«Affinché si adempisse la Scrittura...»: Gesù stesso cita il S<strong>al</strong> 41,10, nel qu<strong>al</strong>e il s<strong>al</strong>mista<br />
rivela il suo <strong>di</strong>spiacere, <strong>di</strong>cendo che perfino un amico, con il qu<strong>al</strong>e egli con<strong>di</strong>vide la mensa,<br />
invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarsi riconoscente, lo o<strong>di</strong>a e gli dà un c<strong>al</strong>cio.<br />
«Colui che mangia il mio pane, ha levato contro <strong>di</strong> me il suo c<strong>al</strong>cagno»: Gesù aveva<br />
appena lavato con grande umiltà t<strong>al</strong>e piede.<br />
«Ve lo <strong>di</strong>co... prima che avvenga, affinché... cre<strong>di</strong>ate che Io Sono»: Gesù desidera due<br />
cose: 1° che gli apostoli si rendano conto che le Scritture hanno profeticamente parlato <strong>di</strong> lui<br />
e che egli le re<strong>al</strong>izza; 2° che i suoi capiscano che egli conosce in anticipo gli eventi. Egli si<br />
aspetta che la convergenza <strong>di</strong> queste due prove promuova la fede dei <strong>di</strong>scepoli nella sua<br />
<strong>di</strong>vinità (Io Sono).<br />
«Chi accoglie colui che invierò, accoglie me... accoglie Colui che mi ha inviato...»:<br />
l'inserimento <strong>di</strong> questo lóghion (cfr. Mc 9,37 e Mt 10,40), proposto con autorevolezza<br />
(Amen...), in questo contesto rivela due intenti. Il primo è quello <strong>di</strong> avvertire ancora una<br />
volta Giuda che il rifiuto <strong>di</strong> lui equiv<strong>al</strong>e <strong>al</strong> rifiuto <strong>di</strong> Dio Padre. Il secondo è quello <strong>di</strong><br />
sottolineare l'importanza <strong>della</strong> missione apostolica (l'accoglienza <strong>di</strong> un apostolo equiv<strong>al</strong>e ad<br />
accogliere Cristo stesso e il Padre suo). Questa affermazione completa ed equilibra quella<br />
precedentemente fatta sulla non-superiorità dell’apostolo rispetto a colui che lo invia (cfr.<br />
16). Se il missionario non si deve sentire maggiore del suo mandante, in re<strong>al</strong>tà lo<br />
rappresenta e ne trasmette pienamente il messaggio. Di questo deve tener conto il<br />
destinatario. Questa seconda intenzione contiene anche l’in<strong>di</strong>retto invito a Giuda a non<br />
sottov<strong>al</strong>utare e a non tra<strong>di</strong>re la sua <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> apostolo.<br />
S<strong>al</strong> 55 13 Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato… 14 Ma sei tu, mio<br />
compagno, mio amico e confidente…<br />
2. UNO DI VOI MI TRADIRÀ (13,21)<br />
13.21 Tau=ta ei)pw\n o( )Ihsou=j e)tara/xqh t%= pneu/mati kai\ e)martu/rhsen kai\ ei)=pen,<br />
)Amh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti ei(=j e)c u(mw=n paradw/sei me.<br />
13,21 Dette queste (cose), Gesù fu–turbato nello spirito e testimoniò e <strong>di</strong>sse:<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi: uno <strong>di</strong> voi mi tra<strong>di</strong>rà!».<br />
«Dette queste cose»: finora Gesù ha <strong>di</strong>mostrato grande forza e padronanza: si sentiva<br />
sicuro <strong>di</strong> sé, <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>gnità, <strong>della</strong> sua missione e del suo potere. Adesso però lascia spazio<br />
a pensieri dolorosi che iniziano a farlo soffrire sempre <strong>di</strong> più: forse sta immaginando le<br />
sofferenze che lo attendono, forse sta pensando che i vari tentativi <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vare Giuda sono<br />
f<strong>al</strong>liti e che ormai per il tra<strong>di</strong>tore si sta avvicinando il momento del non ritorno. Pertanto un<br />
grande sconvolgimento lo ass<strong>al</strong>e ed egli non nasconde il suo stato d’animo. Sente un grande<br />
orrore, non solo <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la propria morte, ma soprattutto <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la quasi inevitabile<br />
per<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> uno dei suoi.<br />
236
«Fu turbato (tarásso) nello spirito»: anche qui l’Evangelista non <strong>di</strong>ce nella psiche, ma<br />
nello spirito. Questo modo <strong>di</strong> esprimersi ci fa pensare che <strong>Giovanni</strong> voglia comunicarci che<br />
questo turbamento sia stato molto più profondo del norm<strong>al</strong>e, coinvolgendo la parte <strong>al</strong>ta<br />
dell’anima. Forse esso è da attribuire ad un’azione dello Spirito <strong>San</strong>to (il verbo è passivo).<br />
T<strong>al</strong>e Spirito rivelerebbe a Gesù le cose tragiche che stanno per accadere fino a produrre in<br />
lui un’emozione in<strong>di</strong>cibile e dolorosissima (siamo nel campo delle esperienze mistiche).<br />
«Testimoniò e <strong>di</strong>sse...»: l'Evangelista usa la parola testimoniò perché quello che Gesù sta<br />
per <strong>di</strong>re è insieme una profezia e un appello <strong>al</strong>la fede. Egli fa capire <strong>di</strong> voler accettare la<br />
volontà del Padre che si serve perfino del tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un amico per re<strong>al</strong>izzarsi.<br />
«Uno <strong>di</strong> voi mi tra<strong>di</strong>rà»: Gesù afferma con sicurezza una drammatica verità (Amen,<br />
amen...), ma non specifica chi sia il tra<strong>di</strong>tore (cfr. Mt 26,21; Mc 14,17). Ognuno dei<br />
<strong>di</strong>scepoli potrebbe esserlo. Nessuno deve presumere troppo <strong>di</strong> se stesso. Ma ritorniamo su<br />
questa espressione: Uno <strong>di</strong> voi…: Giuda era uno dei <strong>di</strong>scepoli (12,4), uno dei Do<strong>di</strong>ci (6,71).<br />
Gesù lo sottolinea e l’Evangelista non tace la triste re<strong>al</strong>tà che getta un’ombra pesante su<br />
tutto il gruppo, anzi, su tutti noi.<br />
3. CHI È COLUI DEL QUALE PARLA? (13,22-25)<br />
13.22 e)/blepon ou)=n ei)j a)llh/louj oi( maqhtai\ a)porou/menoi peri\ ti/noj le/gei.<br />
13.23 h)=n de\ a)nakei/menoj ei(=j e)k tw=n maqhtw=n au)tou= e)n t%= ko/lp% tou= )Ihsou=,<br />
o(\n h)ga/pa o( )Ihsou=j:<br />
13.24 neu/ei ou)=n tou/t% Si/mwn Pe/troj<br />
puqe/sqai ti/j a)\n ei)/h peri\ ou(= le/gei.<br />
13.25 a)napesw\n ou)=n e)kei=noj ou(/twj e)pi\ to\ sth=qoj tou= )Ihsou= le/gei au)t%=,<br />
Ku/rie, ti/j e)stin;<br />
13,22 I <strong>di</strong>scepoli si–guardarono dunque (gli uni gli) <strong>al</strong>tri, ignorando <strong>di</strong> chi parlasse.<br />
13,23 Ma era adagiato nel seno <strong>di</strong> Gesù uno dei suoi <strong>di</strong>scepoli,<br />
quello che Gesù amava.<br />
13,24 Simon Pietro dunque gli fece–cenno<br />
(d’)indagare chi fosse (colui) del qu<strong>al</strong>e parlava.<br />
13,25 Egli dunque, appoggiandosi così sul petto <strong>di</strong> Gesù, gli <strong>di</strong>ce:<br />
«Signore, chi è?»<br />
«I <strong>di</strong>scepoli si guardarono...»: la sguardo triste e interrogante dei <strong>di</strong>scepoli fedeli è il<br />
segno del loro non-sapere, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Gesù che sa. Nessuno si era accorto che Giuda<br />
aveva maturato il tra<strong>di</strong>mento, segno che egli aveva saputo <strong>di</strong>ssimulare bene i suoi veri<br />
sentimenti. Secondo i Sinottici ognuno, prendendo sul serio quelle parole (per precauzione o<br />
per paura <strong>di</strong> essere lui il sospettato), iniziò a interrogare il Maestro: Sono io, Signore? (Mt<br />
26,22…). <strong>Giovanni</strong> invece ci fornisce una versione dei fatti un po’ <strong>di</strong>versa e mette in<br />
evidenza la parte <strong>di</strong> protagonista <strong>di</strong> quel misterioso <strong>di</strong>scepolo che Gesù amava e che,<br />
secondo la tra<strong>di</strong>zione, è il nostro stesso Evangelista. Egli desidera farci conoscere una serie<br />
<strong>di</strong> gesti e <strong>di</strong> parole che non sono state riportate dagli <strong>al</strong>tri Evangelisti.<br />
«Era adagiato nel seno (kólpos) <strong>di</strong> Gesù uno dei suoi <strong>di</strong>scepoli»: questo uno compensa il<br />
m<strong>al</strong>e fatto da quell’<strong>al</strong>tro uno. Gesù, consapevole che si stanno svolgendo i primi atti tragici<br />
<strong>della</strong> sua Ora, è sconvolto da un turbamento profondo e, come nell’orto degli Ulivi, avverte<br />
il bisogno <strong>di</strong> una vicinanza consolante (cfr. Mt 26,37 e Mc 14,33: Prende con sé Pietro,<br />
Giacomo e <strong>Giovanni</strong>). Gesù, inoltre, vuole manifestare il volto del Padre in un modo<br />
sempre più chiaro. Si sta identificando con lui (12,45; 14,9-10). Pertanto assume un<br />
atteggiamento paterno. Tra poco si rivolgerà ai suoi, chiamandoli figlioli (13,33). Non ci<br />
meraviglia il fatto che abbia abbracciato o quasi preso in braccio il più giovane degli<br />
apostoli (cfr. anche Lc 16,22). D’<strong>al</strong>tra parte lo stesso <strong>Giovanni</strong> può aver sentito l’esigenza <strong>di</strong><br />
appoggiarsi <strong>al</strong> Maestro e <strong>di</strong> reclinare il capo sul suo cuore. Infatti il gesto <strong>di</strong> accoglienza e <strong>di</strong><br />
protezione del Signore e quello <strong>di</strong> fiducia del <strong>di</strong>scepolo, che a lui si affida, rispecchia e<br />
riproduce la relazione d'intimità che Gesù e il Padre hanno tra <strong>di</strong> loro (Il Figlio unigenito …<br />
237
è nel seno (kólpos) del Padre…: 1,18). Come Maria <strong>di</strong> Betania, con gesti tipicamente<br />
femminili, rappresenta la Comunità come sposa <strong>di</strong> Cristo Sposo, così questo <strong>di</strong>scepolo, con<br />
la sua relazione fili<strong>al</strong>e e con la sua vicinanza amic<strong>al</strong>e, esprime, in una forma adatta ad un<br />
giovane, la Comunità che considera il suo Signore come Amico e come Padre. Si tratta <strong>di</strong><br />
un gesto genuino e trasparente, compiuto <strong>di</strong> fronte a tutti. Esso <strong>di</strong>venta icona delicata e<br />
toccante dell’amicizia <strong>di</strong> ogni apostolo con il suo Signore, risposta sincera <strong>al</strong> suo abbassarsi<br />
a lavare i pie<strong>di</strong>, modo origin<strong>al</strong>e per prendere parte <strong>al</strong> mistero amarissimo del suo cuore.<br />
«Quello che Gesù amava»: questa formula (è la prima <strong>di</strong> 4 simili) non fa che mostrare<br />
ancora una volta che nella teologia giovannea i gesti fisici del Signore esprimono<br />
coerentemente delle re<strong>al</strong>tà spiritu<strong>al</strong>i (ad es.: vicinanza = amore, ’agápe). Il <strong>di</strong>scepolo<br />
pre<strong>di</strong>letto (cioè <strong>Giovanni</strong> stesso) <strong>di</strong>venta così il TIPO <strong>di</strong> chi, in modo fisico-spiritu<strong>al</strong>e, è<br />
perfettamente vicino a Gesù e in sintonia con lui (l'antitesi <strong>di</strong> Giuda).<br />
«Simon Pietro...»: Simone non smentisce mai il suo carattere sottilmente dominatore.<br />
Vuole sapere, ma lo fa in modo <strong>di</strong>screto, tramite il <strong>di</strong>scepolo più vicino a Gesù,<br />
probabilmente perché non vuole rivelare la sua intenzione <strong>di</strong> intervenire con la forza a<br />
<strong>di</strong>fesa del Maestro. Pietro è sempre quello che ha maggiore iniziativa.<br />
«Appoggiandosi... sul petto <strong>di</strong> Gesù»: il dover fare una domanda molto segreta <strong>al</strong><br />
maestro offre l’occasione a <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong> avvicinarsi ancor più <strong>al</strong> Maestro per parlagli quasi<br />
<strong>al</strong>l’orecchio (Signore, chi è?). Il <strong>di</strong>scepolo amato ha quin<strong>di</strong> l’opportunità <strong>di</strong> sentire i battiti<br />
<strong>di</strong> quel cuore, d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e più tar<strong>di</strong> vedrà uscire sangue e acqua, simboli dei princip<strong>al</strong>i doni<br />
spiritu<strong>al</strong>i: l’Eucaristia e il Battesimo, l’Amore e lo Spirito. A lui solo è fatta la dolorosa<br />
confidenza.<br />
4. COLUI PER IL QUALE INTINGERÒ IL BOCCONE (13,26)<br />
13.26 a)pokri/netai ou)=n o( )Ihsou=j,<br />
)Ekei=no/j e)stin %(= e)gw\ ba/yw to\ ywmi/on kai\ dw/sw au)t%=.<br />
ba/yaj ou)=n to\ ywmi/on lamba/nei kai\ <strong>di</strong>/dwsin )Iou/d# Si/mwnoj )Iskariw/tou.<br />
13,26 Risponde dunque Gesù:<br />
«È colui per–il–qu<strong>al</strong>e io intingerò il boccone e glie(lo) darò!».<br />
Intinto dunque il boccone, (lo) prende e (lo) dà a–Giuda <strong>di</strong>–Simone Iscariota.<br />
«È colui per il qu<strong>al</strong>e io intingerò il boccone e glielo darò...»: immaginiamo che Gesù<br />
abbia risposto con molta cautela e segretezza. Egli non pronuncia il nome del tra<strong>di</strong>tore:<br />
avrebbe potuto essere sentito. Ancora una volta, per impartire un insegnamento <strong>di</strong> fede e per<br />
dare compimento <strong>al</strong>la Scrittura, preannuncia un gesto profetico (dare un boccone) che<br />
re<strong>al</strong>izzerà il passo del S<strong>al</strong>mo appena citato. Questo è il suo tipico modo <strong>di</strong> esprimersi, che è<br />
insieme misterioso e ricco <strong>di</strong> significati. Proviamo ad elencarne <strong>al</strong>cuni: è un gesto <strong>di</strong><br />
amicizia, un segno <strong>di</strong> attenzione, un rinnovato atto <strong>di</strong> servizio. Stando <strong>al</strong> v. 18, riteniamo<br />
prob<strong>al</strong>ile che abbia offerto un boccone <strong>di</strong> pane. Concludendo: usando il metodo dei gesti,<br />
Gesù ha voluto far capire che si trattava <strong>di</strong> una rivelazione segreta, da leggere in profon<strong>di</strong>tà<br />
<strong>al</strong>la luce <strong>della</strong> Bibbia e da non <strong>di</strong>vulgare.<br />
«Lo prende e lo dà a Giuda <strong>di</strong> Simone Iscariota»: i gesti del Signore sono, secondo il<br />
suo stile, <strong>di</strong> tipo eucaristico: prendere, dare… Gesù attraverso un gesto <strong>di</strong> cortesia svela e<br />
nasconde la persona del tra<strong>di</strong>tore. Per <strong>Giovanni</strong>, che ha ricevuto e compreso la risposta, ora<br />
non vi sono più dubbi; egli porta nel suo cuore il terribile segreto. Pensiamo che non abbia<br />
voluto trasmettere a Pietro l’informazione richiesta: forse lo ha solo guardato in modo<br />
significativo per <strong>di</strong>rgli che sapeva, ma che non poteva parlare.<br />
5. GIUDA USCÌ NELLA NOTTE (13,27-30)<br />
13.27 kai\ meta\ to\ ywmi/on to/te ei)sh=lqen ei)j e)kei=non o( Satana=j.<br />
le/gei ou)=n au)t%= o( )Ihsou=j, (\O poiei=j poi/hson ta/xion.<br />
13.28 tou=to de\ ou)dei\j e)/gnw tw=n a)nakeime/nwn pro\j ti/ ei)=pen au)t%=:<br />
238
13.29 tine\j ga\r e)do/koun, e)pei\ to\ glwsso/komon ei)=xen )Iou/daj,<br />
o(/ti le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
)Ago/rason w(=n xrei/an e)/xomen ei)j th\n e(orth/n,<br />
h)\ toi=j ptwxoi=j i(/na ti d%=.<br />
13.30 labw\n ou)=n to\ ywmi/on e)kei=noj e)ch=lqen eu)qu/j. h)=n de\ nu/c.<br />
13,27 E, dopo il boccone, entrò in lui il satana.<br />
Gli <strong>di</strong>ce dunque Gesù: «Quello–che (inten<strong>di</strong>) fare, fa(llo) presto!».<br />
13,28 Questo però nessuno dei commens<strong>al</strong>i capì perché glie(lo) <strong>di</strong>sse;<br />
13,29 <strong>al</strong>cuni infatti pensavano, poiché Giuda aveva la cassa,<br />
che Gesù gli avesse–detto:<br />
«Compra ciò–<strong>di</strong>–cui abbiamo necessità per la festa!».<br />
Oppure, affinché desse qu<strong>al</strong>cosa ai poveri.<br />
13,30 Preso dunque il boccone, egli uscì subito; era notte.<br />
«Entrò in lui il satana»: l’Evangelista ci dà ora la sua interpretazione dei fatti: <strong>di</strong> fronte a<br />
certi eventi spaventosi o a certe scelte assurde non ci resta <strong>al</strong>tra strada che quella <strong>di</strong> trovare<br />
una spiegazione nel mistero dell’iniquità, cioè nelle forze demoniache, e quin<strong>di</strong> interpretare<br />
il fatto come un fenomeno mistico negativo (cfr. Lc 22,3). Secondo <strong>Giovanni</strong>, dopo quel<br />
boccone dato da Gesù, come segno <strong>di</strong> amicizia e come gesto <strong>di</strong> ospit<strong>al</strong>ità, e ricevuto da<br />
Giuda con perfida insensibilità, senza rinunciare <strong>al</strong>la sua intenzione <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re, il satana<br />
entra definitivamente nel tra<strong>di</strong>tore che aveva aperto già da tempo il cuore <strong>al</strong> <strong>di</strong>abolico<br />
progetto (13,2). Qui il <strong>di</strong>ábolos è in<strong>di</strong>cato con un nome ebraico, significante: il nemico. In<br />
Giuda non vi è solo più il tra<strong>di</strong>mento, ma la stessa causa <strong>di</strong> ogni tra<strong>di</strong>mento. Per questo<br />
motivo Giuda non può più restare con il gruppo degli amici a profanare quel luogo.<br />
«Gli <strong>di</strong>ce Gesù: Quello che inten<strong>di</strong> fare, f<strong>al</strong>lo presto!»: a questo punto Gesù invita<br />
cortesemente Giuda ad andarsene con la scusa che ha un compito da svolgere. Queste sono,<br />
secondo il <strong>Vangelo</strong> giovanneo, le ultime parole del Cristo dette a Giuda, fin<strong>al</strong>izzate ancora<br />
una volta a far capire <strong>al</strong> tra<strong>di</strong>tore che le sue trame non sono ignote. Si tratterebbe quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
un ultimo in<strong>di</strong>retto invito <strong>al</strong> ravve<strong>di</strong>mento (secondo Matteo l’avvertimento sarebbe più<br />
esplicito, perché unito <strong>al</strong>la considerazione che per il tra<strong>di</strong>tore sarebbe stato meglio non<br />
essere mai nato: Mt 26,24-25). Ma ormai è troppo tar<strong>di</strong> ed ogni tentativo del Signore non fa<br />
che aggravare il peccato mistico <strong>di</strong> Giuda (19,11), peccato da paragonare per gravità <strong>al</strong>la<br />
bestemmia contro lo Spirito <strong>San</strong>to (Mc 3,29). La profezia si compie e Gesù (da vero<br />
protagonista) <strong>al</strong>lontana il figlio <strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione (17,12). In t<strong>al</strong> modo sembra affrettare il<br />
momento <strong>della</strong> croce. Dopo che Giuda ha re<strong>al</strong>izzato misticamente la sua irrevocabile<br />
conformazione a satana, sembrerebbe quasi che il Signore (parliamo il paradoss<strong>al</strong>e<br />
linguaggio mistico dei Sinottici) lo “induca in tentazione” e non lo “liberi d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>igno”.<br />
Non scand<strong>al</strong>izziamoci <strong>di</strong> questo linguaggio: in re<strong>al</strong>tà Dio non tenta nessuno <strong>al</strong> m<strong>al</strong>e (Giac<br />
1,13) e non favorisce l’azione del m<strong>al</strong>igno. Qui siamo <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> mistero inesprimibile<br />
<strong>della</strong> libera volontà <strong>di</strong> Dio e dell’uomo, mistero che non può trovare adeguata espressione<br />
nelle parole umane. La nostra considerazione serva solo ad incuterci un santo timore e,<br />
invece <strong>di</strong> farci impelagare in <strong>di</strong>scussioni interminabili circa l’insondabile modo <strong>di</strong> agire <strong>di</strong><br />
Dio, ci sproni ad una vera e pronta conversione, soprattutto se percepiamo <strong>di</strong> essere anche<br />
noi in t<strong>al</strong>e pericolo.<br />
«Nessuno dei commens<strong>al</strong>i capì perché glielo <strong>di</strong>sse»: i <strong>di</strong>scepoli, in buona fede, pensano<br />
bene <strong>di</strong> Giuda e non si avvedono del dramma che è in atto. Non si sono mai accorti dei<br />
sentimenti che il loro amico aveva nel cuore.<br />
«Compra ciò <strong>di</strong> cui abbiamo necessità per la festa! Oppure, affinché desse qu<strong>al</strong>cosa ai<br />
poveri»: ognuno, in base <strong>al</strong>le proprie esperienze, fa le sue ipotesi circa questa strana<br />
decisione. Comprare o dare: in<strong>di</strong>cano due sistemi <strong>di</strong> vita. Il primo tipico del mondo (cfr.<br />
6,5), il secondo tipico del gruppo legato a Gesù (6,11). Giuda, da parte sua, comprava e<br />
vendeva e faceva solo finta <strong>di</strong> dare. Ha venduto perfino il Signore.<br />
239
«Egli uscì subito»: satana entra in Giuda, il qu<strong>al</strong>e (in<strong>di</strong>cato ormai solo più con un<br />
pronome egli) esce imme<strong>di</strong>atamente d<strong>al</strong> cenacolo. Questo uscire subitaneo non è solo un<br />
movimento spazi<strong>al</strong>e, ma soprattutto il segno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>stacco cosciente, veloce e definitivo d<strong>al</strong><br />
Cristo e dai suoi.<br />
«Era notte»: l’informazione che era notte non stabilisce solo una coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> tempo, da<br />
un punto <strong>di</strong> vista storico. La notte va vista qui anche come un simbolo. Essa <strong>di</strong>venta<br />
pertanto l'icona drammatica <strong>della</strong> situazione interiore del tra<strong>di</strong>tore che si <strong>al</strong>lontana per<br />
sempre d<strong>al</strong>la luce. Se Giuda vive il suo massimo momento <strong>di</strong> <strong>al</strong>lontamento da Gesù e <strong>di</strong><br />
tenebre, <strong>Giovanni</strong> vive il suo massimo momento <strong>di</strong> vicinanza e <strong>di</strong> luce.<br />
CONCLUSIONE<br />
È stupefacente come un po' <strong>di</strong> acqua versata sui pie<strong>di</strong> e un boccone <strong>di</strong> pane offerto come<br />
segno <strong>di</strong> amicizia possano riempirsi <strong>di</strong> tanti significati ed ottenere effetti così opposti. Tutto<br />
questo <strong>di</strong>pende da coloro che agiscono (il Cristo e i suoi <strong>di</strong>scepoli) e d<strong>al</strong> fatto che l'ORA è<br />
arrivata.<br />
Pertanto, la lavanda dei pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>venta segno <strong>della</strong> tot<strong>al</strong>e <strong>di</strong>sponibilità <strong>al</strong> servizio nella<br />
letizia e nella semplicità, un segno che purifica.<br />
Per contro, un atto <strong>di</strong> delicata attenzione verso Giuda, un commens<strong>al</strong>e (il boccone<br />
offertogli), <strong>di</strong>venta per lui l'occasione <strong>della</strong> definita rottura del suo rapporto con il Signore e<br />
il momento <strong>della</strong> sua identificazione con satana.<br />
Giuda se ne va, inghiottito d<strong>al</strong>la notte. Rimangono i puri, ai qu<strong>al</strong>i Gesù sta per rivelare i<br />
suoi segreti più preziosi.<br />
Questo brano può aiutarci nella riflessione sui temi dell'amicizia e del servizio.<br />
240
241
SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA: CHI VEDE<br />
ME, VEDE IL PADRE Unità 24<br />
Il primo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo convivi<strong>al</strong>e (prima parte: Gv 13,31-14,14)<br />
PRESENTAZIONE DEI DUE DIALOGHI<br />
I <strong>di</strong>scorsi convivi<strong>al</strong>i appartengono <strong>al</strong> quarto momento del Secondo Tempo, perché per il<br />
loro stile ed i loro contenuti costituiscono un insieme a parte (Unità 24-27).<br />
1. Notiamo innanzi tutto le caratteristiche <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> luogo: questi <strong>di</strong>scorsi, oltre ad<br />
essere riservati ai soli apostoli fedeli, sono pronunciati come testamento spiritu<strong>al</strong>e con<br />
particolare intensità ed emozione nel contesto <strong>della</strong> cena nel tempo pasqu<strong>al</strong>e.<br />
2. Rispetto ai <strong>di</strong>battiti precedenti abbiamo ora un <strong>di</strong>scorso più pacato, interrotto da pochi<br />
interventi degli apostoli. C'è una netta prev<strong>al</strong>enza delle riflessioni e degli insegnamenti<br />
rispetto <strong>al</strong> racconto <strong>di</strong> eventi ed opere (Segni); molte tematiche, che prima erano isolate o<br />
solo accennate, sono ora concentrate in un insieme nuovo, accostate e unite in modo da<br />
illuminarsi a vicenda (gloria e amore: 13,31-34, pace e gioia: 14,27-28, fede e opere: 14,11-<br />
12, amore e obbe<strong>di</strong>enza: 14,15.21.31...).<br />
3. Lo stile è caratterizzato da un continuo e ciclico susseguirsi <strong>di</strong> ripetizioni, par<strong>al</strong>lelismi<br />
e, a prima vista, sembra che vi sia una certa artificiosità nella costruzione del <strong>di</strong>scorso. Ma<br />
una me<strong>di</strong>tazione approfon<strong>di</strong>ta rivelerà l'armonia e la fecon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questi <strong>di</strong><strong>al</strong>oghi.<br />
4. Continua ad essere attiva, anche se in forma più sottile, la ment<strong>al</strong>ità simbolica:<br />
bellissime icone e figure si sposano con un linguaggio teologico <strong>al</strong>tissimo: il canto del g<strong>al</strong>lo,<br />
la via verso la casa del Padre nella qu<strong>al</strong>e ci sono molte stanze, l'avvocato <strong>di</strong>fensore (il<br />
Parákletos), l'agricoltore e la vite, i tr<strong>al</strong>ci e i frutti, l'amico, il servo ed il signore, la donna<br />
che partorisce un bambino...<br />
5. Gesù tende a esprimersi sempre meno con gesti e con parabole fino <strong>al</strong> punto <strong>di</strong><br />
rinunciare del tutto a t<strong>al</strong>e strumento (cfr. 16,25-30). Questo vuol <strong>di</strong>re che c'è un progresso a<br />
livello <strong>di</strong> chiarezza: vengono approfon<strong>di</strong>ti i temi <strong>della</strong> conoscenza <strong>di</strong> Dio, <strong>della</strong> reciproca<br />
immanenza del Padre e del Figlio, <strong>della</strong> inabitazione <strong>di</strong>vina nel credente, del dono dello<br />
Spirito <strong>di</strong> verità, dell'importanza dell'amore vicendevole, <strong>della</strong> preghiera nel nome <strong>di</strong> Gesù,<br />
<strong>della</strong> pace e <strong>della</strong> gioia... Questo modo <strong>di</strong> esprimersi è complementare a quello che usa<br />
prev<strong>al</strong>entemente immagini e simboli: la Prima lettera <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> ed il Prologo sono<br />
splen<strong>di</strong><strong>di</strong> esempi <strong>di</strong> questo nuovo linguaggio teologico. La gestu<strong>al</strong>ità scompare quasi del<br />
tutto; prev<strong>al</strong>e il lógos <strong>al</strong>lo stato puro. La parola <strong>di</strong>venta luce.<br />
6. Per non perdere la ricchezza <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>scorsi dobbiamo affinare la nostra capacità<br />
contemplativa. È dunque necessario imparare a far <strong>di</strong>ventare il <strong>di</strong>scorso teologico una fonte<br />
<strong>di</strong> contemplazione più <strong>al</strong>ta e uno stimolo per un più motivato impegno concreto.<br />
PREMESSA AL PRIMO DIALOGO: <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo il primo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo in due Unità, il cui<br />
titolo è <strong>di</strong>fficile da formulare per la molteplicità dei temi presenti. Per la prima Unità, visto<br />
che Gesù annuncia il suo ritorno <strong>al</strong> Padre, <strong>di</strong> cui egli è l'immagine da contemplare,<br />
proponiamo: SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA: CHI VEDE ME, VEDE IL<br />
242
PADRE. L'<strong>al</strong>tra Unità, nella qu<strong>al</strong>e ris<strong>al</strong>ta la promessa dello Spirito, sarà intitolata: IL<br />
PADRE VI DARÀ IL PARÁKLETOS E IO RITORNERÒ A VOI.<br />
INTRODUZIONE A QUESTA UNITÀ: <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo in tre parti questo primo momento<br />
del <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo <strong>di</strong> Gesù: nella prima emerge il tema <strong>della</strong> reciproca GLORIFICAZIONE tra il<br />
Padre e il Figlio e quello del reciproco AMORE che ci deve essere in seno <strong>al</strong>la comunità.<br />
Nella seconda, che spezza in due il brano per la vivacità delle espressioni, viene predetto il<br />
CANTO del g<strong>al</strong>lo, inteso come segn<strong>al</strong>e del rinnegamento <strong>di</strong> Pietro e come invito ad un<br />
risveglio <strong>al</strong>la fedeltà. Nella terza Gesù parla <strong>della</strong> sua comunione con il Padre, così perfetta<br />
che egli può definirsi VIA <strong>al</strong>la CASA del Padre e presentarsi come IMMAGINE vivente che<br />
ce lo rivela.<br />
- I - GLORIA E AMORE<br />
Questa prima parte è caratterizzata d<strong>al</strong>le tematiche <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong>vina del Cristo e del<br />
Padre e dell'amore esemplare <strong>di</strong> Gesù per i <strong>di</strong>scepoli.<br />
1. È STATO GLORIFICATO IL FIGLIO DELL'UOMO (13,31-32)<br />
13.31 (/Ote ou)=n e)ch=lqen, le/gei )Ihsou=j,<br />
Nu=n e)doca/sqh o( ui(o\j tou= a)nqrw/pou, kai\ o( qeo\j e)doca/sqh e)n au)t%=:<br />
13.32 ei) o( qeo\j e)doca/sqh e)n au)t%= kai\ o( qeo\j doca/sei au)to\n e)n au)t%=,<br />
kai\ eu)qu\j doca/sei au)to/n.<br />
13,31 Quando dunque uscì, Gesù <strong>di</strong>ce:<br />
«Adesso è–stato–glorificato il Figlio dell'Uomo e Dio è–stato–glorificato in lui.<br />
13,32 Se Dio è–stato–glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà in se–stesso<br />
e subito lo glorificherà.<br />
«Quando... uscì, Gesù <strong>di</strong>ce: Adesso è stato glorificato...»: Gesù sa che l'uscita del<br />
tra<strong>di</strong>tore (nemmeno più in<strong>di</strong>cato da un pronome) segna un momento cruci<strong>al</strong>e. Inizia quin<strong>di</strong><br />
anche per noi un nuovo momento. L’evento è drammatico: ha scosso dolorosamente e in<br />
profon<strong>di</strong>tà il Signore. Questi però legge la situazione in senso positivo. Dice che l’uscita <strong>di</strong><br />
Giuda, sommerso d<strong>al</strong>lo stesso buio che si porta dentro, coincide con la sua glorificazione. In<br />
effetti ha inizio una nuova esperienza <strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> gioia, cioè, il banchetto nel Regno con i<br />
suoi amici fedeli. Infatti, quel piccolo gruppo radunato nel convito pasqu<strong>al</strong>e è figura e<br />
anticipazione delle nozze eterne. Gesù è solito <strong>di</strong>re Adesso… tutte le volte che le re<strong>al</strong>tà<br />
definitive cominciano a re<strong>al</strong>izzarsi, perché egli le considera già come giunte a compimento<br />
(ment<strong>al</strong>ità anticipatrice).<br />
«È stato glorificato il Figlio dell'Uomo»: chi opera la glorificazione del Figlio è il Padre<br />
(nota il passivo <strong>di</strong>vino). Egli fa questo perché Gesù è il Figlio dell'Uomo che dona per<br />
obbe<strong>di</strong>enza e per amore la sua anima. La parola glorificare (usata qui 5 volte) è piena <strong>di</strong> una<br />
insuperabile forza (infatti solo Dio ne è il soggetto e l’oggetto). La glorificazione <strong>di</strong> Dio è il<br />
motivo vero ed ultimo <strong>di</strong> tutto quello che sta per accadere (Passione, Morte e Risurrezione<br />
del Signore): tutto infatti avviene per la gloria del Padre e del Figlio.<br />
«Dio è stato glorificato in lui»: nell'uomo Gesù Cristo il Padre viene glorificato, perché è<br />
da lui perfettamente ascoltato, onorato, amato e rivelato.<br />
«Anche Dio lo glorificherà in se stesso»: questa glorificazione del Figlio il Padre la<br />
opera in se stesso (cioè, la celebra nella maniera più intima e person<strong>al</strong>e). Essa è già attu<strong>al</strong>e<br />
(adesso) e continuerà (nel futuro). Passato, presente e futuro si sovrappongono, come<br />
avviene nella <strong>di</strong>chiarazione fatta d<strong>al</strong> Padre in 12,28, per esprimere l’esistere e l’agire eterno<br />
<strong>di</strong> Dio.<br />
«Subito lo glorificherà»: t<strong>al</strong>e futuro non è lontano (subito). La glorificazione non tarda<br />
ad iniziare, perché si re<strong>al</strong>izza attraverso la passione ormai iniziata e attraverso l'es<strong>al</strong>tazione<br />
243
imminente sulla croce. Tutto poi sfocerà necessariamente nella Risurrezione dai morti il<br />
terzo giorno e nell’Ascensione <strong>al</strong> cielo, che per <strong>Giovanni</strong> è imme<strong>di</strong>ata.<br />
2. ANCORA PER POCO SONO CON VOI (13,33)<br />
13.33 tekni/a, e)/ti mikro\n meq' u(mw=n ei)mi:<br />
zhth/sete/ me, kai\ kaqw\j ei)=pon toi=j )Ioudai/oij o(/ti<br />
(/Opou e)gw\ u(pa/gw u(mei=j ou) du/nasqe e)lqei=n, kai\ u(mi=n le/gw a) /rti.<br />
13,33 Figlioli, ancora (per) poco sono con voi;<br />
mi cercherete e, come <strong>di</strong>ssi ai Giudei,<br />
dove io vado, voi non potete venire, anche a–voi (lo) <strong>di</strong>co adesso.<br />
«Figlioli»: abbiamo già citato questo versetto parlando del gesto paterno <strong>di</strong> Gesù nei<br />
confronti <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (cfr. anche 21,5). Adesso non ci deve sfuggire il tono <strong>di</strong> tenerezza con<br />
cui Gesù pronuncia questa parola (usa un <strong>di</strong>minutivo), che esprime quanto amore egli abbia<br />
per i suoi amici fedeli, nel momento in cui sta rivelando sempre più il mistero <strong>della</strong><br />
reciproca glorificazione tra il Padre e il Figlio.<br />
«Ancora per poco sono con voi»: Gesù fa capire qu<strong>al</strong>e sia una delle conseguenze<br />
imme<strong>di</strong>ate <strong>della</strong> sua glorificazione: la fine <strong>della</strong> sua presenza in mezzo a loro (questa è una<br />
profezia: cfr. 12,8). Gesù <strong>al</strong>lude non solo <strong>al</strong>la brevità del tempo cronologico, ma anche <strong>al</strong>la<br />
brevità del tempo s<strong>al</strong>vifico (cfr. 12,35; 14,19; 1 Cor 7,29). Per i <strong>di</strong>scepoli la sua assenza<br />
sarà supplita da un nuovo tipo <strong>di</strong> presenza: quella sacrament<strong>al</strong>e e spiritu<strong>al</strong>e (16,16).<br />
«Mi cercherete... e dove io vado, voi non potete venire»: Gesù prevede anche il fatto che<br />
i <strong>di</strong>scepoli lo cercheranno (cfr. 20,3), ma non lo potranno raggiungere: egli vivrà nella<br />
solitu<strong>di</strong>ne tot<strong>al</strong>e il suo mistero <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> gloria.<br />
«Come <strong>di</strong>ssi ai Giudei...»: Gesù si ricorda <strong>di</strong> aver usato quasi le stesse parole nella<br />
polemica con i Giudei (7,33). Però l'intento ora è <strong>di</strong>ametr<strong>al</strong>mente opposto: là egli sfidava i<br />
suoi avversarsi, facendo notare che non lo avrebbero mai trovato; qui vuole aiutare i<br />
<strong>di</strong>scepoli, me<strong>di</strong>ante la profezia <strong>della</strong> sua partenza imminente, a comprendere l’importanza<br />
degli eventi dell'Ora che lo coinvolgono <strong>di</strong>rettamente e pienamente. Pertanto le parole che<br />
sta per <strong>di</strong>re hanno le caratteristiche solenni ed impegnative <strong>di</strong> un testamento.<br />
3. AMATEVI COME IO HO AMATO VOI (13,34-35)<br />
13.34 e)ntolh\n kainh\n <strong>di</strong>/dwmi u(mi=n,<br />
i(/na a)gapa=te a)llh/louj, kaqw\j h)ga/phsa u(ma=j<br />
i(/na kai\ u(mei=j a)gapa=te a)llh/louj.<br />
13.35 e)n tou/t% gnw/sontai pa/ntej o(/ti e)moi\ maqhtai/ e)ste,<br />
e)a\n a)ga/phn e)/xhte e)n a)llh/loij.<br />
13,34 (Un) comandamento nuovo dono a–voi:<br />
che (vi) amiate (gli uni) gli–<strong>al</strong>tri, come ho–amato voi,<br />
cosicché anche voi (vi) amiate (gli uni) gli–<strong>al</strong>tri.<br />
13,35 In questo sapranno tutti che siete miei <strong>di</strong>scepoli,<br />
se avrete amore (gli uni) per gli–<strong>al</strong>tri».<br />
«Un comandamento nuovo dono a voi»: dato che se ne sta per andare Gesù decide <strong>di</strong><br />
impartire il suo insegnamento più importante ai suoi figlioli (il proprio testamento<br />
spiritu<strong>al</strong>e) Egli lo chiama comandamento, non perché gli voglia dare un senso giuri<strong>di</strong>co, ma<br />
perché venga considerato come la fondament<strong>al</strong>e norma spiritu<strong>al</strong>e <strong>di</strong> vita. In essa si riassume<br />
tutto lo statuto <strong>della</strong> nuova Comunità. Lo definisce nuovo perché sostituisce l’antica Legge<br />
mosaica e la rinnova ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>mente. Infine lo offre come un dono (si tratta infatti <strong>di</strong> una<br />
beatitu<strong>di</strong>ne: 13,17).<br />
«Che vi amiate gli uni gli <strong>al</strong>tri»: i vv. 34-35 rispecchiano nella loro struttura i vv. 31-32.<br />
Vi è infatti la ripetizione del verbo amare o avere amore (4 volte) così come prima c'era<br />
244
stata quella del verbo glorificare o essere glorificato. Questo amore vicendevole dei<br />
credenti riproduce (come segno) qui in terra il mistero <strong>di</strong> mutua glorificazione tra il Padre e<br />
il Figlio, la qu<strong>al</strong>e è appunto l'amore <strong>di</strong>vino visto nel suo splendore. In <strong>al</strong>tre parole, come il<br />
Figlio dà gloria <strong>al</strong> Padre e questi, <strong>di</strong> conseguenza, glorifica il Figlio, così Gesù ama i<br />
<strong>di</strong>scepoli e questi, <strong>di</strong> conseguenza, si debbono amare tra <strong>di</strong> loro. Il comando è <strong>di</strong> amare, non<br />
<strong>di</strong> essere amati. In ogni caso a nessuno mancherà mai l’amore da parte <strong>di</strong> Cristo e <strong>di</strong> Dio<br />
(14,23).<br />
«Come ho amato voi»: Gesù in<strong>di</strong>ca la misura e la mod<strong>al</strong>ità dell'amore fraterno. Egli, in<br />
tutta la sua vita passata con gli amici e soprattutto nella sua Pasqua, ha insegnato quanto e<br />
come si deve amare e servire (V. la lavanda dei pie<strong>di</strong>). In questo egli esige la piena<br />
imitazione. T<strong>al</strong>e comandamento è così importante che il Maestro lo ripeterà ancora in 15,12<br />
e 17, definendolo mio.<br />
«Cosicché anche voi vi amiate…»: l’avverbio cosicché in<strong>di</strong>ca che il suo amore non è<br />
solo il modello da imitare, ma anche il motivo, il fondamento, la forza per il loro amore<br />
vicendevole. In tutte queste caratteristiche consiste l’assoluta novità dell'agápe cristiana.<br />
«In questo sapranno tutti che siete miei <strong>di</strong>scepoli»: d<strong>al</strong> momento che l’amore cristiano è<br />
unico nel suo genere, chi lo pratica si rivela come <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Cristo. L’affermazione <strong>di</strong><br />
Gesù svela però un <strong>al</strong>tro fatto interessante: ogni uomo porta misteriosamente in sé stesso la<br />
capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere l'autenticità dell'amore cristiano. Forse non lo accetta, non lo capisce<br />
e non lo sa praticare, ma si rende conto che esiste nell’<strong>al</strong>tro. Quin<strong>di</strong>, tutti noteranno la novità<br />
sconcertante e, come minimo, capiranno che t<strong>al</strong>e capacità <strong>di</strong> amare è possibile solo a colui<br />
che ha Cristo per Maestro e per aiuto. T<strong>al</strong>e amore infatti si esprime <strong>al</strong>l'esterno in segni<br />
concreti che hanno del sovrumano e quin<strong>di</strong> presuppone la presenza e l'opera del Cristo nei<br />
suoi fedeli. Essi pertanto meritano in pieno il titolo <strong>di</strong> suoi <strong>di</strong>scepoli (cfr. 9,28), perché<br />
riproducono in sé gli insegnamenti e gli esempi del loro Maestro, in un settore che è quello<br />
primario (Mt 22,38). In t<strong>al</strong> modo essi fanno conoscere il loro Signore e lo fanno apprezzare.<br />
«Se avrete amore (’agápe) gli uni per gli <strong>al</strong>tri»: questa agápe è una virtù stabile,<br />
posseduta (avere) in permanenza d<strong>al</strong> vero <strong>di</strong>scepolo e d<strong>al</strong>la comunità che si apre a tutti (gli<br />
uni per gli <strong>al</strong>tri). La comunità in cui regna l'amore, rispecchia quella <strong>di</strong>vina del Padre e del<br />
Figlio, nella qu<strong>al</strong>e l'agápe è purissima e splen<strong>di</strong>da gloria donata e ricevuta. Non serve<br />
nient’<strong>al</strong>tro e tutto il resto è nulla senza l’amore. Anche l'esperienza conferma che la<br />
testimonianza <strong>della</strong> carità è la strada princip<strong>al</strong>e per evangelizzare il mondo (cfr. anche<br />
17,21). Quanto tuttavia l’amore sia impegnativo e <strong>di</strong>fficile lo <strong>di</strong>mostra il fatto che il grande<br />
comandamento nuovo si situa tra la pre<strong>di</strong>zione del tra<strong>di</strong>mento da parte <strong>di</strong> Giuda e quella del<br />
rinnegamento da parte <strong>di</strong> Pietro. Tra queste pre<strong>di</strong>zioni i due primi Sinottici collocano<br />
l’Istituzione dell’Eucaristia. <strong>Giovanni</strong> pertanto ci fa capire quella che è l’anima <strong>della</strong> Cena<br />
del Signore: senza l’amore fattivo la stessa Eucaristia non è più quello che dev’essere (cfr. 1<br />
Cor 11,20). Qu<strong>al</strong>i poi siano le sublimi caratteristiche dell’amore ce lo descrive Paolo, sotto<br />
forma <strong>di</strong> cantico, in 1 Cor 13.<br />
Ef 5,25 ... Come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (cfr. anche 1 Gv<br />
3,16).<br />
- II - PIETRO PENSA DI POTER DIFENDERE GESÙ<br />
Le parole <strong>di</strong> Gesù non sono capite nel senso giusto. Pietro si ferma ad un aspetto<br />
secondario e fa prima una domanda e poi un pesante intervento che obbliga Gesù a mettere<br />
a nudo tutta la fragilità dell'apostolo.<br />
La profezia del rinnegamento ha però, <strong>di</strong> sicuro, anche uno scopo s<strong>al</strong>vifico nei confronti<br />
<strong>di</strong> Pietro: il fatto che il Maestro gli abbia preannunciato il momento <strong>di</strong> debolezza, lo porterà<br />
ad un pentimento ancora più forte e <strong>al</strong>la certezza del perdono.<br />
245
1. DEPORRÒ LA MIA ANIMA PER TE! (13,36-37)<br />
13.36 Le/gei au)t%= Si/mwn Pe/troj, Ku/rie, pou= u(pa/geij;<br />
a)pekri/qh au)t%= )Ihsou=j, (/Opou u(pa/gw ou) du/nasai/ moi nu=n a)kolouqh=sai,<br />
a)kolouqh/seij de\ u(/steron.<br />
13.37 le/gei au)t%= o( Pe/troj, Ku/rie, <strong>di</strong>a\ ti/ ou) du/namai/ soi a)kolouqh=sai a)/rti;<br />
th\n yuxh/n mou u(pe\r sou= qh/sw.<br />
13,36 Dice a–lui Simon Pietro: «Signore, dove vai?».<br />
Rispose a–lui Gesù: «Dove vado, non puoi adesso seguirmi,<br />
(mi) seguirai dopo».<br />
13,37 Gli <strong>di</strong>ce Pietro: «Signore, perché non posso seguirti adesso?<br />
Deporrò la mia anima per te!».<br />
«Gli <strong>di</strong>ce Simon Pietro...»: Pietro, per ora, più che preoccupato <strong>di</strong> contemplare la gloria<br />
<strong>di</strong> cui Gesù parla o <strong>di</strong> accogliere il comandamento nuovo, si sente forse un po' offeso d<strong>al</strong><br />
fatto che il Maestro ripeta a loro parole che aveva detto polemicamente ai Giudei e non<br />
chiarisca qu<strong>al</strong>e sia il luogo in cui <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> andare.<br />
«Dove vai?»: Pietro cade nel solito equivoco attribuendo un v<strong>al</strong>ore spazi<strong>al</strong>e a profezie<br />
che hanno soprattutto un v<strong>al</strong>ore spiritu<strong>al</strong>e e teologico. Egli non si fida: vuole sapere, vuole<br />
intervenire. Questo atteggiamento obbliga Gesù, che stava facendo un <strong>di</strong>scorso molto <strong>al</strong>to, a<br />
parlare <strong>della</strong> povera re<strong>al</strong>tà dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Dove vado, non puoi adesso seguirmi»: solo Gesù può percorrere ora la strada, <strong>di</strong>fficile<br />
e gloriosa, del ritorno <strong>al</strong> Padre (13,1.3). Solamente più tar<strong>di</strong> gli apostoli avranno la maturità<br />
e la forza <strong>di</strong> seguire il Cristo crocifisso e glorioso.<br />
«Mi seguirai dopo»: i vv. 21,18-19 ci fanno capire chiaramente il senso <strong>di</strong> questa<br />
profezia: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un <strong>al</strong>tro ti cingerà la veste e ti<br />
porterà dove tu non vuoi: questo <strong>di</strong>sse per in<strong>di</strong>care con qu<strong>al</strong>e morte egli avrebbe<br />
glorificato Dio. E detto questo aggiunse: Seguimi!». Solo da quel momento in poi Pietro<br />
potrà percorrere, nel vero amore, la stessa strada del suo Signore.<br />
«Signore, perché non posso...?»: Pietro insiste nel chiedere una spiegazione. Egli<br />
presume <strong>di</strong> avere la possibilità <strong>di</strong> seguire il Maestro in ogni situazione. Si <strong>di</strong>chiara pronto a<br />
morire per amore <strong>di</strong> colui che egli considera il Signore, nel senso <strong>di</strong> capo per cui sacrificarsi<br />
(usa le parole con cui il Buon Pastore in<strong>di</strong>cava la propria morte s<strong>al</strong>vifica: deporre l’anima).<br />
Dicendo questo ci fa capire che egli intuisce che Gesù sta correndo un pericolo mort<strong>al</strong>e, nel<br />
qu<strong>al</strong>e egli, nella sua generosità ed ingenuità, pensa <strong>di</strong> essere il s<strong>al</strong>vatore del S<strong>al</strong>vatore (il<br />
m<strong>al</strong>destro tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, che Pietro metterà in atto nell'orto degli ulivi, è conseguenza<br />
<strong>della</strong> perdurante presunzione dell'apostolo che vuole giocare un ruolo che non gli spetta:<br />
18,10-11; cfr. anche Mt 16,22). Fino ad ora Gesù non ha mai chiesto ai <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> morire<br />
per lui o con lui (cfr. 11,16); ha chiesto piuttosto <strong>di</strong> vivere per lui e in lui (6,57; 11,26) e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mostrare tutto questo nell’amore e nel servizio fraterno. È Gesù che offre la vita e accetta<br />
<strong>di</strong> morire per noi (11,51): ma è proprio il morire quello che Pietro vuole impe<strong>di</strong>re <strong>al</strong><br />
Signore, e, in fondo, anche a se stesso.<br />
«Deporrò la mia anima (psykhé) per te!»: Pietro ha imparato a parlare il linguaggio del<br />
Maestro e sa, pur con qu<strong>al</strong>che equivoco e squilibrio, qu<strong>al</strong>e sia la sua dottrina (cfr. 12,25);<br />
ma quello che conta è l’autentico amore espresso me<strong>di</strong>ante i fatti. Gli <strong>al</strong>tri Vangeli ci fanno<br />
sapere che Simone si sentiva sicuro <strong>di</strong> sé e superiore agli <strong>al</strong>tri nel coraggio. La presunzione<br />
lo ha accecato: ha scambiato i suoi desideri generosi e la fretta nel vederli re<strong>al</strong>izzati<br />
(seguirti adesso) con la capacità <strong>di</strong> tot<strong>al</strong>e fedeltà. T<strong>al</strong>e fedeltà non è un dono che l’uomo<br />
può fare a Dio, ma un dono <strong>di</strong> Dio <strong>al</strong>l’uomo umile che si lascia guidare d<strong>al</strong>lo Spirito.<br />
2. MI RINNEGHERAI PRIMA CHE IL GALLO CANTI (13,38)<br />
13.38 a)pokri/netai )Ihsou=j, Th\n yuxh/n sou u(pe\r e)mou= qh/seij;<br />
a)mh\n a)mh\n le/gw soi,<br />
ou) mh\ a)le/ktwr fwnh/sv e(/wj ou(= a)rnh/sv me tri/j.<br />
246
13,38 Risponde Gesù: «Deporrai la tua anima per me?<br />
Amen, amen <strong>di</strong>co a–te:<br />
(il) g<strong>al</strong>lo non canterà, fino–a–che non mi abbia–rinnegato tre–volte!».<br />
«Risponde Gesù...»: Gesù ripete, in forma interrogativa, le stesse ultime parole <strong>di</strong> Pietro<br />
per far capire che così non sarà (<strong>al</strong>meno per adesso). Lo interpella quasi con tono <strong>di</strong><br />
rimprovero per aver osato affermare tanto.<br />
«Amen... <strong>di</strong>co a te»: subito dopo con sicurezza e con forza profetica (Amen…) gli<br />
preannuncia il triplice rinnegamento (questa pre<strong>di</strong>zione richiama <strong>al</strong>la mente quella<br />
riguardante Giuda). Tre volte: in<strong>di</strong>ca la non casu<strong>al</strong>ità e la piena gravità del fatto.<br />
«Il g<strong>al</strong>lo non canterà...»: sarà più veloce Pietro a rinnegare, che il g<strong>al</strong>lo a cantare. La<br />
fretta che Simone <strong>di</strong>mostrava nel seguire il Cristo, la metterà invece nel <strong>di</strong>sconoscerlo.<br />
Dobbiamo ritenere che gli Evangelisti abbiano ritenuto il fatto, pur negativo in sé, come<br />
molto significativo, perché tutti e quattro lo riportano con dovizia <strong>di</strong> particolari. Esso infatti<br />
ha anche un v<strong>al</strong>ore simbolico: possiamo vedere il GALLO come ICONA del m<strong>al</strong>e che canta<br />
vittoria. Ma questo grido rappresenta anche l'annuncio <strong>della</strong> fine <strong>di</strong> quella terribile notte e<br />
del sorgere <strong>di</strong> un giorno nuovo, <strong>di</strong> una speranza per tutta l'umanità. Pietro tace e assurge a<br />
TIPO <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>scepoli che, pavi<strong>di</strong>, abbandonano Gesù nel momento <strong>della</strong> prova (16,32;<br />
18,12-27). La figura <strong>di</strong> Pietro, nell’iconografia cristiana, resta legata in<strong>di</strong>ssolubilmente a<br />
quella del g<strong>al</strong>lo. Attenti però a una cosa: a non mettere sullo stesso livello il peccato <strong>di</strong><br />
Pietro e quello <strong>di</strong> Giuda. Il primo è un <strong>di</strong>scepolo puro che ha soltanto bisogno <strong>di</strong> lavarsi i<br />
pie<strong>di</strong>; il secondo, purtroppo, ha scelto <strong>di</strong> fare tutt’uno con il mistero dell’iniquità. Il primo è<br />
fragile, ma è un amico; l’<strong>al</strong>tro è ormai il nemico in persona. Per Pietro resta aperta la<br />
possibilità concreta del ritorno e <strong>della</strong> piena riabilitazione (21,17); il secondo si merita il<br />
titolo inquietante <strong>di</strong> figlio <strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione. Simone, a <strong>di</strong>fferenza del tra<strong>di</strong>tore, è<br />
fondament<strong>al</strong>mente rivolto verso il Cristo. Il suo errore, paradoss<strong>al</strong>mente, lo rende più adatto<br />
a confermare tutti noi nella fede (Lc 22,32).<br />
- III - IO SONO LA VIA VERA E VIVENTE AL PADRE<br />
La seguente parte del <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, vivacizzata da due interrogativi posti da Tommaso e da<br />
Filippo, ha lo scopo <strong>di</strong> rispondere pacatamente e con profon<strong>di</strong>tà <strong>al</strong>l'interrogativo posto da<br />
Pietro, ma sicuramente con<strong>di</strong>viso anche dagli <strong>al</strong>tri (Dove vai? ). Gesù, <strong>al</strong>zando <strong>di</strong> nuovo il<br />
livello del <strong>di</strong>scorso, parlerà <strong>della</strong> bellissima meta (la Casa del Padre) e <strong>della</strong> via che porta<br />
<strong>al</strong>la pienezza <strong>della</strong> gioia e <strong>della</strong> gloria.<br />
1. VADO A PREPARARVI UN POSTO NELLA CASA DEL PADRE (14,1-3)<br />
14.1 Mh\ tarasse/sqw u(mw=n h( kar<strong>di</strong>/a:<br />
pisteu/ete ei)j to\n qeo/n kai\ ei)j e)me\ pisteu/ete.<br />
14.2 e)n tv= oi)ki/# tou= patro/j mou monai\ pollai/ ei)sin:<br />
ei) de\ mh/, ei)=pon a)\n u(mi=n o(/ti poreu/omai e(toima/sai to/pon u(mi=n;<br />
14.3 kai\ e)a\n poreuqw= kai\ e(toima/sw to/pon u(mi=n,<br />
pa/lin e)/rxomai kai\ par<strong>al</strong>h/myomai u(ma=j pro\j e)mauto/n,<br />
i(/na o(/pou ei)mi\ e)gw\ kai\ u(mei=j h)=te.<br />
14,1 «Non sia–turbato il vostro cuore:<br />
credete in Dio e credete in me.<br />
14,2 Nella casa del Padre mio (vi) sono molte <strong>di</strong>more;<br />
se no avrei–detto a–voi che vado (a) preparar–vi (un) posto?<br />
14,3 E quando sarò–andato e vi avrò–preparato (un) posto,<br />
<strong>di</strong>–nuovo tornerò e vi accoglierò verso–<strong>di</strong> me,<br />
affinché dove sono io, siate anche voi.<br />
247
«Non sia turbato il vostro cuore»: Gesù sa che le ultime vicende <strong>della</strong> sua vita pubblica e<br />
le tragiche e misteriose profezie fatte durante questo convito pasqu<strong>al</strong>e hanno profondamente<br />
sconvolto i <strong>di</strong>scepoli, così come è accaduto più volte anche a lui (11,33; 12,27). Anzi, egli<br />
stesso, avendo manifestato da poco un grande sconforto (13,21), ha trasmesso ai suoi uno<br />
stato <strong>di</strong> ansia. Egli però non è preoccupato per se stesso, ma è sensibile ai problemi degli<br />
<strong>al</strong>tri (cfr. 27). Pertanto parla <strong>al</strong> loro cuore per portare pace; lo invita a rasserenarsi (il cuore<br />
rappresenta tutto l’uomo, corpo anima e spirito, nella sua interiorità).<br />
«Credete in Dio e credete in me»: solo la fede nel Padre e nel Cristo può aiutarli a<br />
superare senza danno i pericoli dell'Ora presente. Dio e Gesù sono messi sullo stesso piano<br />
per quanto riguarda la fede dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Nella casa (’oikía) del Padre mio vi sono molte <strong>di</strong>more (moné da méno»: Gesù usa<br />
l'ICONA più familiare e rassicurante che esista (quella <strong>della</strong> Casa paterna e <strong>della</strong> Famiglia)<br />
per introdurre i suoi nella comprensione degli eventi pasqu<strong>al</strong>i. Egli in<strong>di</strong>ca il Padre con il<br />
possessivo mio e descrive la casa paterna come molto capiente e confortevole (fatta per<br />
rimanervi sempre). Qui casa non vuol più <strong>di</strong>re Tempio (come in 2,16), ma Para<strong>di</strong>so.<br />
«Vado a prepararvi un posto…»: egli chiarisce, usando immagini spazi<strong>al</strong>i, lo scopo <strong>della</strong><br />
sua partenza. Egli se ne va per mettere in grado i suoi <strong>di</strong> raggiungerlo nella beatificante casa<br />
del Padre. Se la sua umanità non li precede presso il Padre, essi non possono accedervi. A<br />
questo fine promette <strong>di</strong> tornare per prenderli con sé e per accompagnarli là dove essi<br />
potranno stare sempre con lui nella felicità (prospettiva escatologica). Questo deve attivare<br />
la nostra speranza nell'ATTESA del suo RITORNO fin<strong>al</strong>e (traguardo <strong>di</strong> tutta la nostra vita).<br />
«Affinché dove sono io, siate anche voi»: essere per sempre con Cristo è il desiderio più<br />
grande <strong>di</strong> ogni vero credente e, natur<strong>al</strong>mente, del Signore stesso (12,26; 17,24).<br />
2. CONOSCETE LA VIA VERA ALLA VITA (14,4-6)<br />
14.4 kai\ o(/pou e)gw\ u(pa/gw oi)/date th\n o(do/n.<br />
14.5 Le/gei au)t%= Qwma=j,<br />
Ku/rie, ou)k oi)/damen pou= u(pa/geij: pw=j duna/meqa th\n o(do\n ei)de/nai;<br />
14.6 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
)Egw/ ei)mi h( o(do\j kai\ h( a)lh/qeia kai\ h( zwh/:<br />
ou)dei\j e)/rxetai pro\j to\n pate/ra ei) mh\ <strong>di</strong>' e)mou=.<br />
14,4 E <strong>di</strong>–dove io vado, conoscete la via».<br />
14,5 Gli <strong>di</strong>ce Tommaso:<br />
«Signore, non sappiamo dove vai: come possiamo conoscere la via?».<br />
14,6 Dice a–lui Gesù:<br />
«Io sono la via e la verità e la vita,<br />
nessuno va <strong>al</strong> Padre, se non attraverso–<strong>di</strong> me.<br />
«Di dove io vado…»: in <strong>Giovanni</strong> per 10 volte Gesù parla del suo andare verso il Padre<br />
(7,33; 8,14.21; 13,33.36; 14,28; 16,5.10). Il <strong>di</strong>scorso rimane tutte le volte abbastanza oscuro<br />
per gli ascoltatori.<br />
«Conoscete la via»: il Maestro ama sorprendere gli apostoli giocando sulle parole. Ci<br />
sono infatti due tipi <strong>di</strong> conoscenza: una esteriore e superfici<strong>al</strong>e ed un’<strong>al</strong>tra interiore e<br />
profonda. I <strong>di</strong>scepoli conoscono, sì, chi <strong>di</strong> fatto è la via (cioè Gesù), ma non hanno capito<br />
che è la via verso il Padre. Il Maestro, parlando <strong>della</strong> VIA, sta per dare a questa Icona il<br />
massimo del significato e <strong>della</strong> bellezza spiritu<strong>al</strong>e, sta per dare ad ogni nostro andare il<br />
senso supremo. L’icona <strong>della</strong> via è molto simile a quella <strong>della</strong> porta (10,9).<br />
«Gli <strong>di</strong>ce Tommaso: Signore, ... come... ?»: è tipico in <strong>Giovanni</strong> riferire la reazione <strong>di</strong><br />
meraviglia degli interlocutori quando il linguaggio <strong>di</strong> Gesù sembra assurdo. Qui è Tommaso<br />
ad intervenire (è la seconda volta che lo incontriamo).<br />
«Io sono la via e la verità e la vita»: Gesù svela con chiarezza il senso delle sue parole.<br />
Gli apostoli non devono cercare lontano: egli si identifica con la VIA verso la casa del<br />
Padre, dove c’è la vera vita. La Verità e la Vita sono raggiungibili d<strong>al</strong>l’uomo, perché esiste<br />
248
la Via. Possiamo fare tutte le combinazioni che vogliamo con le parole <strong>di</strong> questo trittico:<br />
Cristo è la Via vera e vivente; egli è la Vita vera (come aveva <strong>di</strong>mostrato con la risurrezione<br />
<strong>di</strong> Lazzaro) e la Verità vivente che rivela il Padre. Sono quasi una quarantina i passi del IV<br />
<strong>Vangelo</strong> che ci parlano <strong>di</strong> Gesù come Vita e datore <strong>di</strong> Vita, a cominciare d<strong>al</strong> Prologo. Tutto<br />
questo sta a significare l’importanza del tema.<br />
«Nessuno va <strong>al</strong> Padre, se non attraverso <strong>di</strong> me»: Gesù afferma inoltre che egli è l'unica<br />
via <strong>al</strong> Padre e quin<strong>di</strong> l'unico Me<strong>di</strong>atore <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza (1 Tim 2,5).<br />
3. CHI HA VISTO ME, HA VISTO IL PADRE (14,7-9)<br />
14.7 ei) e)gnw/keite/ me, kai\ to\n pate/ra mou gnw/sesqe:<br />
kai\ a)p' a)/rti ginw/skete au)to\n kai\ e(wra/kate au)to/n.<br />
14.8 le/gei au)t%= Fi/lippoj,<br />
Ku/rie, dei=con h(mi=n to\n pate/ra, kai\ a)rkei= h(mi=n.<br />
14.9 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j, Tosou/t% xro/n% meq' u(mw=n ei)mi<br />
kai\ ou)k e)/gnwka/j me, Fi/lippe;<br />
o( e(wrakw\j e)me\ e(w/raken to\n pate/ra:<br />
kai\ pw=j su\ le/geij, Dei=con h(mi=n to\n pate/ra;<br />
14,7 Se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio.<br />
Fin da adesso lo conoscete e lo avete–visto».<br />
14,8 Dice a–lui Filippo:<br />
«Signore, mostra a–noi il Padre e ci è–sufficiente!».<br />
14,9 Dice a–lui Gesù: «Da–tanto tempo sono con voi<br />
e non mi hai–conosciuto, Filippo?<br />
Chi ha–visto me, ha–visto il Padre<br />
e come (mai) tu <strong>di</strong>ci: Mostra a–noi il Padre?<br />
«Se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio...»: il Maestro sa che i suoi trovano<br />
<strong>di</strong>fficoltà nel capire (Gesù aveva fatto la stessa considerazione nei confronti dei Giudei: cfr.<br />
8,19). Il <strong>di</strong>scorso sul Padre, che ormai da tre anni essi sentono, non è loro ancora ben chiaro.<br />
Questo avviene perché non hanno capito che in definitiva conoscere il Cristo (Via e Vita)<br />
significa conoscere il Padre. Pensano ad un Dio che ha un volto e uno stile <strong>di</strong>verso da quello<br />
del suo Figlio. Ma non basta: essi non conoscono bene neppure lui, il Signore Gesù, che<br />
pure vedono e sentono. Non sanno che egli è la Verità, perché è via <strong>al</strong>la vera conoscenza ed<br />
esperienza del Padre.<br />
«Lo conoscete e lo avete visto»: questa affermazione è simile nella forma a quella del v.<br />
4. A questo punto i <strong>di</strong>scepoli avrebbero dovuto superare la <strong>di</strong>fficoltà manifestata da<br />
Tommaso e trovare con l’aiuto <strong>di</strong> Dio la risposta. Se prima (<strong>al</strong> v. 4) la via conosciuta era<br />
Cristo, ora il Padre conosciuto e visto è ancora Cristo, ma visto in trasparenza, cioè come<br />
colui che lascia trasparire i lineamenti del Padre (si tratta <strong>di</strong> una bellissima icona).<br />
«Gli <strong>di</strong>ce Filippo...»: i <strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong> cui Filippo si fa portavoce, <strong>di</strong>mostrano <strong>di</strong> non capire,<br />
perché sono lontani anche solo d<strong>al</strong>l’immaginare che la gloria del Padre risplende sul volto<br />
<strong>di</strong> Gesù o d<strong>al</strong> pensare che l’amore <strong>di</strong> Dio si manifesta pienamente nelle opere del Maestro.<br />
«Mostra a noi il Padre...!»: questa richiesta manifesta un segreto desiderio <strong>di</strong><br />
contemplazione, ma sicuramente è anche l'espressione <strong>di</strong> un'incapacità a vedere, dato che la<br />
risposta <strong>di</strong> Gesù suona un po' come un rimprovero.<br />
«E ci è sufficiente!»: questa affermazione è vera, ma Filippo sembra <strong>di</strong>rla solo per<br />
mettere fine <strong>al</strong> tormento che il mistero <strong>di</strong> Dio produce in lui. Ricordate la domanda dei<br />
Giudei: Dov’è tuo Padre? (8,19). Filippo vuole vedere <strong>di</strong>rettamente Dio come prova<br />
imme<strong>di</strong>ata, come scorciatoia rispetto <strong>al</strong> faticoso vedere attraverso i segni ed i sacramenti che<br />
Dio ci pone davanti.<br />
«Da tanto tempo sono con voi e non mi hai conosciuto, Filippo?»: il Maestro si<br />
meraviglia per la lentezza dei <strong>di</strong>scepoli nel credere e nel capire.<br />
249
«Chi ha visto (‘oráo) me, ha visto il Padre!»: noi ringraziamo tuttavia Filippo perché<br />
offre a Gesù l’ocasione <strong>di</strong> ripeterci una delle più belle e profonde rivelazioni <strong>di</strong> sé e del<br />
Padre (cfr. 12,45): Cristo è davvero l'ICONA suprema del Padre. Egli è il suo Sacramento<br />
primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e. Qui il verbo VEDERE si carica del massimo significato (cfr. 1,18). Gesù<br />
c'insegna a contemplare il Padre, ad ammirarne la bontà e la forza nel segno <strong>della</strong> sua<br />
umanità, a conoscere e a fare esperienza del Padre conoscendo lui (14,7). I Greci, che<br />
avevano chiesto a Filippo <strong>di</strong> vedere Gesù, <strong>di</strong> fatto gli avevano chiesto <strong>di</strong> vedere il Padre<br />
(12,21).<br />
Col 1,15 Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima <strong>di</strong> ogni creatura.<br />
4. CREDI CHE IO SONO NEL PADRE E IL PADRE È IN ME (14,10-11)<br />
14.10 ou) pisteu/eij o(/ti e)gw\ e)n t%= patri\ kai\ o( path\r e)n e)moi/ e)stin;<br />
ta\ r(h/mata a(\ e)gw\ le/gw u(mi=n a)p' e)mautou= ou) l<strong>al</strong>w=,<br />
o( de\ path\r e)n e)moi\ me/nwn poiei= ta\ e)/rga au)tou=.<br />
14.11 pisteu/ete/ moi o(/ti e)gw\ e)n t%= patri\ kai\ o( path\r e)n e)moi/:<br />
ei) de\ mh/, <strong>di</strong>a\ ta\ e)/rga au)ta\ pisteu/ete.<br />
14,10 Non cre<strong>di</strong> che io (sono) nel Padre e il Padre è in me?<br />
Le parole che io <strong>di</strong>co a–voi, non (le) <strong>di</strong>co da me;<br />
il Padre, che–rimane in me, fa le sue opere.<br />
14,11 Credete a–me (quando <strong>di</strong>co) che io (sono) nel Padre e il Padre (è) in me;<br />
se no, per le opere stesse credete.<br />
«Io sono nel Padre e il Padre è in me»: penso che non esista espressione più forte <strong>di</strong><br />
questa per esprimere la perfetta comunione <strong>di</strong> vita tra il Padre ed il Figlio Gesù, la qu<strong>al</strong>e<br />
rende Cristo specchio che irra<strong>di</strong>a la <strong>di</strong>vina gloria paterna. È in questa unione perfetta e<br />
mistica che bisogna credere (verbo ripetuto 4 volte in questi passi) per capire che vedere<br />
Gesù equiv<strong>al</strong>e a vedere Dio stesso. Il Maestro aveva già utilizzato lo stesso linguaggio con i<br />
Giudei (10,38) i qu<strong>al</strong>i, comprendendo la portata dell’affermazione, tentarono <strong>di</strong> catturarlo. I<br />
<strong>di</strong>scepoli, invece, non si ribellano a questa affermazione, ma nemmeno si entusiasmano. Da<br />
un certo punto <strong>di</strong> vista la loro comprensione è inferiore a quella dei poco benevoli capi.<br />
«Le parole... le opere...»: tutto quello che Gesù <strong>di</strong>ce e fa viene d<strong>al</strong> Padre e lo rivela. Ogni<br />
parola ed ogni azione <strong>di</strong> Cristo <strong>di</strong>mostra che il Padre è presente in lui e parla ed opera<br />
attraverso <strong>di</strong> lui. Ne deduciamo che la presenza del Padre in Cristo è rivelatrice ed operosa<br />
e, quin<strong>di</strong>, efficace nella mente e nella vita del credente.<br />
«Credete a me quando <strong>di</strong>co che io sono nel Padre e il Padre è in me; se no, per le opere<br />
stesse credete...»: Gesù invita <strong>al</strong>la fede nella reciproca compresenza del Figlio nel Padre e <strong>di</strong><br />
questi nel Figlio, così fortemente <strong>di</strong>mostrata d<strong>al</strong>le opere, <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i ancora una volta fa<br />
appello, così come aveva fatto con i Giudei (cfr. 5,17-40; 10,31-38. Speci<strong>al</strong>mente 10,38).<br />
Come rispon<strong>di</strong>amo noi a questo appello così forte?<br />
5. QUANTO CHIEDERETE NEL NOME MIO, LO FARÒ (14,12-14)<br />
14.12 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
o( pisteu/wn ei)j e)me\ ta\ e)/rga a( \ e)gw\ poiw= ka)kei=noj poih/sei<br />
kai\ mei/zona tou/twn poih/sei, o(/ti e)gw\ pro\j to\n pate/ra poreu/omai:<br />
14.13 kai\ o(/ ti a)\n ai)th/shte e)n t%= o)no/mati/ mou tou=to poih/sw,<br />
i(/na docasqv= o( path\r e)n t%= ui(%=:<br />
14.14 e)a/n ti ai)th/shte/ me e)n t%= o)no/mati/ mou e)gw\ poih/sw.<br />
14,12 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
chi crede in me, le opere che io faccio, anch'egli (le) farà<br />
e maggiori <strong>di</strong>–queste (ne) farà, perché io vado d<strong>al</strong> Padre.<br />
14,13 e quello che chiederete nel nome mio, questo farò,<br />
affinché il Padre sia–glorificato nel Figlio.<br />
250
14,14 Se qu<strong>al</strong>cosa mi chiederete nel nome mio, io (la) farò».<br />
«Amen, amen <strong>di</strong>co a voi…»: adesso Gesù coglie l’occasione per parlare con solennità<br />
dell’efficacia <strong>della</strong> fede in lui e <strong>della</strong> preghiera, che d<strong>al</strong>la fede nasce. La preghiera sarà dopo<br />
la morte del Maestro l’unico modo <strong>di</strong> comunicare con lui, che pertanto interverrà ancora<br />
<strong>di</strong>verse volte per insegnare ai suoi il corretto modo <strong>di</strong> pregare (cfr. 15,7.16; 16,23-26), visto<br />
che l’unica volta che ci risulta abbiano pregato, lo hanno fatto m<strong>al</strong>destramente (4,31).<br />
«Chi crede in me, le opere che io faccio, anch'egli le farà e maggiori... ne farà»: la fede<br />
è efficace e permetterà <strong>di</strong> compiere opere simili e, come la storia conferma, anche maggiori<br />
<strong>di</strong> quelle che Gesù ha avuto la missione <strong>di</strong> fare, <strong>di</strong>mostrando che anche il fedele è in<br />
comunione con il Padre. Tuttavia, se le opere del cristiano possono essere materi<strong>al</strong>mente più<br />
gran<strong>di</strong>, non sarà mai uguagliabile l’amore che il Signore ha <strong>di</strong>mostrato.<br />
«Perché io vado d<strong>al</strong> Padre»: il Signore se ne va per lasciare spazio ai suoi: la fede sarà la<br />
forza ispiratrice del lavoro apostolico <strong>della</strong> Chiesa e la <strong>di</strong>partita del Maestro uno stimolo ad<br />
un maggiore impegno. Gesù prospetta un futuro pieno <strong>di</strong> opere: <strong>al</strong>tro che una morte<br />
prematura per lui!<br />
«Quello che chiederete (’aitéo) nel nome mio, questo farò»: la fede, per essere efficace,<br />
deve poi tradursi in preghiera e t<strong>al</strong>e preghiera, fatta <strong>al</strong> Padre nel NOME <strong>di</strong>vino del Figlio<br />
(16,23-24), otterrà l’intervento <strong>di</strong> quest’ultimo che re<strong>al</strong>izzerà quanto richiesto. Sarà lui ad<br />
operare nel fedele. Gesù, pur non rinunciando <strong>al</strong> suo ruolo <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>atore e <strong>di</strong> Via, promette<br />
che esau<strong>di</strong>rà egli stesso t<strong>al</strong>e preghiera per la gloria <strong>di</strong> Dio Padre. C'è ancora <strong>di</strong> più: Gesù<br />
stesso chiede <strong>di</strong> essere invocato <strong>di</strong>rettamente (mi chiederete: v. 14), poiché egli è un unico<br />
Dio con il Padre. In definitiva, il Cristo c'invita <strong>al</strong>la FEDE TRINITARIA (nel Padre e nel<br />
Figlio uniti nella Gloria: 10-13) ed <strong>al</strong>la PREGHIERA <strong>di</strong>retta <strong>al</strong> Padre e a lui (come Dio e,<br />
nello stesso tempo, come Me<strong>di</strong>atore: vv. 13-14).<br />
«Affinché il Padre sia glorificato nel Figlio»: la fin<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Gesù, che esau<strong>di</strong>sce la<br />
preghiera del credente, è solo e sempre la gloria del Padre, glorificato non solo d<strong>al</strong> Figlio,<br />
ma nel Figlio, il che es<strong>al</strong>ta la qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Padre che Dio ha. Scopriremo più avanti che questa<br />
Gloria è lo Spirito <strong>San</strong>to (come nel v. 13,31, inizio <strong>di</strong> questa Unità, anche qui, <strong>al</strong> termine, vi<br />
è il tema <strong>della</strong> glorificazione: abbiamo quin<strong>di</strong> un’inclusione che incornicia bene il testo<br />
<strong>della</strong> prima parte del primo Di<strong>al</strong>ogo e ci fa in<strong>di</strong>viduare il tema <strong>della</strong> gloria come uno degli<br />
argomenti fondament<strong>al</strong>i).<br />
RIFLESSIONI<br />
Il tema che motiva tutto il Primo Di<strong>al</strong>ogo, ricco <strong>di</strong> confidenze, promesse,<br />
raccomandazioni e profezie, è quello dell'imminente RITORNO <strong>al</strong> Padre (13,33; 14,12.28).<br />
Per quanto riguarda questa prima parte, invece, il tema centr<strong>al</strong>e è la RIVELAZIONE del<br />
Padre e del Figlio nella loro comunione-glorificazione reciproca e nel loro rapporto con i<br />
<strong>di</strong>scepoli (Gesù, unico Me<strong>di</strong>atore, rende VISIBILE il Padre; egli è Sacramento del Padre:<br />
Segno che lo rivela, Strumento per accedere a lui; infatti egli è l’unica VIA che conduce <strong>al</strong><br />
Padre, che è presentato come meta del fedele e, prima ancora, del Cristo stesso). Il fedele, da<br />
parte sua, è chiamato a credere nella Comunione gloriosa del Figlio con il Padre e a vivere il<br />
precetto dell'AMORE VICENDEVOLE a imitazione del Signore.<br />
Non ci resta che lasciare che le parole <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>scorsi entrino nel nostro cuore, lo<br />
portino <strong>al</strong>la contemplazione del Padre e tolgano da esso ogni turbamento, infondendo<br />
sovrumane certezze. Rinnoviamo pertanto il nostro modo <strong>di</strong> pregare, rivolgendoci <strong>al</strong> Padre<br />
nel nome <strong>di</strong> Gesù.<br />
Questa Unità è importante per approfon<strong>di</strong>re i seguenti temi: la Gloria, l'Agápe, la Fede, la<br />
Me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Cristo (la Via), la Prospettiva escatologica (la Casa del Padre), la Preghiera<br />
cristiana.<br />
251
IL PADRE VI DARÀ IL PARÁKLETOS E IO<br />
RITORNERÒ A VOI Unità 25<br />
Il primo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo convivi<strong>al</strong>e (seconda parte: Gv 14,15-31)<br />
PRESENTAZIONE: siamo sempre <strong>al</strong>l'interno del Primo Di<strong>al</strong>ogo e quin<strong>di</strong> strettamente<br />
collegati con la Prima Parte <strong>di</strong> esso.<br />
Abbiamo <strong>di</strong>viso questa Unità in due parti: i loro titoli mettono in ris<strong>al</strong>to il tema<br />
dell'AMORE. Ognuna <strong>di</strong> queste parti è composta da quattro punti: dopo aver assicurato il<br />
dono del Parkáletos (I,1), Gesù promette il suo ritorno (I,2) e la sua manifestazione (I,3) fino<br />
a fare del fedele, che ama, la <strong>di</strong>mora trinitaria (I,4). Egli specifica poi che la funzione dello<br />
Spirito è quella <strong>di</strong> maestro interiore (II,1); inoltre, offre la pace (II,2) e invita <strong>al</strong>la gioia (II,3)<br />
in attesa che venga per lui il momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare <strong>al</strong> mondo il suo amore per il Padre<br />
(II,4).<br />
- I - CHI MI AMA SARÀ AMATO DAL PADRE<br />
1. IL PADRE VI DARÀ UN ALTRO PARÁKLETOS (14,15-17)<br />
14.15 )Ea\n a)gapa=te/ me, ta\j e)ntola\j ta\j e)ma\j thrh/sete:<br />
14.16 ka)gw\ e)rwth/sw to\n pate/ra kai\ a)/llon para/klhton dw/sei u(mi=n,<br />
i(/na meq' u(mw=n ei)j to\n ai)w=na v)=,<br />
14.17 to\ pneu=ma th=j a)lhqei/aj, o(\ o( ko/smoj ou) du/natai labei=n,<br />
o(/ti ou) qewrei= au)to\ ou)de\ ginw/skei:<br />
u(mei=j ginw/skete au)to/, o(/ti par' u(mi=n me/nei kai\ e)n u(mi=n e)/stai.<br />
14,15 «Se mi amate, i comandamenti, (quell)i miei, osserverete.<br />
14,16 E–io pregherò il Padre e (un) <strong>al</strong>tro Parákletos darà a–voi<br />
affinché sia con voi in eterno,<br />
14,17 lo Spirito <strong>della</strong> verità, che il mondo non può ricevere,<br />
perché non lo vede e–non (lo) riconosce;<br />
voi lo riconoscete, perché rimane presso–<strong>di</strong> voi e sarà in voi.<br />
«Se mi amate, i comandamenti, quelli miei, osserverete (teréo)...»: il tema dell'AMORE<br />
pervade tutto il testo esaminato in questa Unità. Gesù aveva già fatto capire che desiderava<br />
essere amato (8,42), ma questa è la prima volta che lo <strong>di</strong>ce esplicitamente. Non accetta però<br />
qu<strong>al</strong>unque tipo <strong>di</strong> amore. Pone una precisa con<strong>di</strong>zione: l’osservanza dei suoi comandamenti<br />
(cfr. 21; 15,10). I comandamenti, <strong>di</strong> cui parla, si riassumono tutti in quello dell'amore<br />
vicendevole, fino a donare la propria vita (13,34; 15,12). Da parte sua anche Cristo AMA il<br />
Padre e pertanto ne esegue i coman<strong>di</strong> (31; 15,10).<br />
«E io pregherò (’erotáo) il Padre…»: se i <strong>di</strong>scepoli re<strong>al</strong>izzeranno fattivamente questo<br />
amore, il Cristo invocherà su <strong>di</strong> loro il dono del Parákletos (primo effetto dell’obbe<strong>di</strong>enza).<br />
Abbiamo preferito mantenere il termine origin<strong>al</strong>e, che letter<strong>al</strong>mente significa: Chiamato<br />
presso (in latino, Ad-vocatus), perché ognuna delle traduzioni possibili (Aiuto, Consolatore,<br />
Avvocato, Difensore, Amico, Sostegno…) non è sufficiente da sola ad esprimere la ricchezza<br />
<strong>della</strong> molteplice opera dello Spirito. Notiamo che il primo dono che Gesù chiede <strong>al</strong> Padre<br />
per i suoi è lo Spirito <strong>San</strong>to (cfr. Lc 11,13). Lo stesso nome con cui <strong>Giovanni</strong> chiama lo<br />
Spirito (Chiamato presso) include princip<strong>al</strong>mente, per quanto ci riguarda, il concetto <strong>di</strong><br />
preghiera: lo Spirito, per noi, è innanzi tutto l’Invocato.<br />
«Il Padre... un <strong>al</strong>tro Parákletos darà a voi»: Gesù chiama lo Spirito <strong>San</strong>to: un <strong>al</strong>tro<br />
Parákletos, perché anche lui è un Difensore e un Soccoritore <strong>di</strong>vino e dovrebbe, come t<strong>al</strong>e,<br />
essere invocato da noi (13-14). Gesù però non opera da solo, ma fa intervenire lo Spirito.<br />
Tutto questo, poi, non lo fa <strong>di</strong>rettamente, ma in sinergia con il Padre, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e rivolge la sua<br />
252
efficace preghiera, invocando per noi quello che è il Dono per eccellenza. In seno <strong>al</strong>la<br />
Trinità vi è un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo ed un agire armonici, nei qu<strong>al</strong>i ognuna delle tre Persone ha un<br />
compito ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre nell’infinitezza e <strong>di</strong>stinto nel ruolo. A Cristo spetta il ruolo <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>atore ed egli lo re<strong>al</strong>izza innanzi tutto con la preghiera (Rom 8,34; Ebr 7,25). Nel cap.<br />
17 troviamo uno dei più <strong>al</strong>ti esempi <strong>di</strong> questa preghiera fili<strong>al</strong>e <strong>di</strong> intercessione (cfr. anche<br />
11,22: ’aitéo).<br />
«Affinché sia con voi in eterno…»: la presenza (essere con...) nel credente dello Spirito,<br />
visto come persona <strong>di</strong>stinta d<strong>al</strong> Figlio e d<strong>al</strong> Padre, è eterna, <strong>di</strong>versamente da quella visibile<br />
del Cristo, la qu<strong>al</strong>e sta per finire. Questa verità è riba<strong>di</strong>ta nel v. seguente: perché rimane<br />
presso <strong>di</strong> voi e sarà in voi (essere con… presso… in…: notiamo un crescendo <strong>di</strong> intensità<br />
nel linguaggio mistico).<br />
«Lo Spirito (Pnêuma) <strong>della</strong> verità»: lo SPIRITO è la terza Persona <strong>di</strong>vina. Qui l'Icona del<br />
VENTO (PNEUMA) acquista il massimo del significato. Gesù lo definisce subito come<br />
Spirito <strong>della</strong> VERITÀ (e lo farà ancora due volte: 15,26; 16,13). In seguito Gesù ci farà<br />
capire meglio perché lo definisce così: il Parákletos infatti insegna, rende testimonianza,<br />
introduce nella piena verità. Esso è lo Spirito <strong>di</strong> Gesù, il qu<strong>al</strong>e è la VERITÀ. Pertanto t<strong>al</strong>e<br />
Spirito è una forza invincibile: nessuno infatti può fermare la Verità.<br />
«Il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo riconosce...»: mondo qui va<br />
inteso in senso molto negativo, cioè come il contrario dello Spirito. Per far capire che lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to è un’<strong>al</strong>tra re<strong>al</strong>tà rispetto a quello che noi possiamo sperimentare con le sole<br />
nostre capacità umane e non ha nulla a che fare con i v<strong>al</strong>ori es<strong>al</strong>tati d<strong>al</strong> mondo, Gesù<br />
afferma che il mondo non può riconoscere lo Spirito e quin<strong>di</strong> non lo può percepire e<br />
ricevere. Nessuna confusione è possibile tra Dio e il mondo, tra i due spiriti che si<br />
contrappongono, tra la verità e la menzogna (2 Cor 6,14).<br />
«Voi lo riconoscete, perché rimane presso <strong>di</strong> voi e sarà in voi...»: <strong>di</strong>versamente d<strong>al</strong><br />
mondo i <strong>di</strong>scepoli sono in grado <strong>di</strong> riconoscere lo Spirito <strong>di</strong> Dio, per il fatto che egli rimane<br />
ed è in loro e affinché rimanga e sia sempre in loro (la sua presenza produce l’intelligenza<br />
spiritu<strong>al</strong>e <strong>della</strong> verità e garantisce la missione degli apostoli, testimoni <strong>della</strong> verità).<br />
<strong>Giovanni</strong> ci aveva presentato il Cristo come colui sul qu<strong>al</strong>e scende e rimane lo Spirito<br />
(1,32). Non è facile riconoscere lo Spirito <strong>di</strong> Dio e la sua azione. Sovente facciamo<br />
confusione. Preghiamo per ottenere una vera capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento! In conclusione: per<br />
ricevere lo Spirito <strong>della</strong> Verità dobbiamo osservare i comandamenti del Signore Gesù.<br />
1 Cor 2,14 L'uomo natur<strong>al</strong>e però non comprende le cose dello Spirito <strong>di</strong> Dio; esse sono<br />
follia per lui e non è capace <strong>di</strong> intenderle, perché se ne può giu<strong>di</strong>care solo per mezzo dello<br />
Spirito.<br />
2. RITORNERÒ PRESSO DI VOI E MI VEDRETE (14,18-20)<br />
14.18 Ou)k a)fh/sw u(ma=j o)rfanou/j, e)/rxomai pro\j u(ma=j.<br />
14.19 e)/ti mikro\n kai\ o( ko/smoj me ou)ke/ti qewrei=,<br />
u(mei=j de\ qewrei=te/ me, o(/ti e)gw\ zw= kai\ u(mei=j zh/sete.<br />
14.20 e)n e)kei/nv tv= h(me/r# gnw/sesqe u(mei=j o(/ti e)gw\ e)n t%= patri/ mou<br />
kai\ u(mei=j e)n e)moi\ ka)gw\ e)n u(mi=n.<br />
14,18 Non vi lascerò orfani, ritornerò presso–<strong>di</strong> voi.<br />
14,19 Ancora (un) poco e il mondo non mi vedrà (più),<br />
ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.<br />
14,20 In quel giorno voi saprete che io (sono) nel Padre mio<br />
e voi in me e io in voi.<br />
«Non vi lascerò orfani»: questa parola orfani in<strong>di</strong>ca che Gesù considera i suoi apostoli<br />
come veri figlioli (13,33). La promessa <strong>di</strong> non abbandonare i suoi comincia a re<strong>al</strong>izzarsi con<br />
l'invio dello Spirito <strong>San</strong>to che, essendo un <strong>al</strong>tro Parákletos, riempie bene il vuoto lasciato<br />
253
d<strong>al</strong>la partenza fisica del Maestro perché lo rende presente in un modo <strong>di</strong>verso, ma non meno<br />
profondo.<br />
«Ritornerò presso <strong>di</strong> voi»: l'assicurazione del ritorno deve animare un’attesa fiduciosa ed<br />
una speranza certa (la prospettiva in questo caso è breve: la Risurrezione). In tutta questa<br />
seconda parte del <strong>di</strong>scorso Gesù non fa <strong>al</strong>tro che incoraggiare e promettere doni spiritu<strong>al</strong>i,<br />
presenza <strong>di</strong>vina e sapienza perfetta.<br />
«Ancora un poco ed il mondo non mi vedrà più»: quel mondo, che non può percepire lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to, non può VEDERE nemmeno il Cristo Luce. Lo ha visto materi<strong>al</strong>mente, ma,<br />
poiché non ha creduto, non sarà in grado <strong>di</strong> percepire la sua presenza spiritu<strong>al</strong>e e<br />
sacrament<strong>al</strong>e.<br />
«Ma voi mi vedrete...»: Gesù vuole insegnare un modo <strong>di</strong> VEDERE <strong>di</strong>verso e si riferisce<br />
sia <strong>al</strong>la sua presenza interiore nei fedeli (14,20 b ) e sia <strong>al</strong>le apparizioni dopo la sua gloriosa<br />
risurrezione (perché io vivo). Tutto questo darà ad essi la possibilità <strong>di</strong> una vita nuova con<br />
lui (voi vivrete).<br />
«In quel giorno saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi...»: gli apostoli<br />
si convinceranno che il Cristo vive veramente nel Padre e sperimenteranno in sé la stessa<br />
comunione <strong>di</strong> vita che Gesù ha con il Padre (anche la presenza <strong>di</strong> Cristo nel fedele è<br />
reciproca, ad immagine <strong>della</strong> comunione trinitaria).<br />
3. MI MANIFESTERÒ A CHI MI AMA (14,21-22)<br />
14.21 o( e)/xwn ta\j e)ntola/j mou kai\ thrw=n au)ta\j e)kei=no/j e)stin o( a)gapw=n me:<br />
o( de\ a)gapw=n me a)gaphqh/setai u(po\ tou= patro/j mou, ka)gw\ a)gaph/sw au)to\n<br />
kai\ e)mfani/sw au)t%= e)mauto/n.<br />
14.22 Le/gei au)t%= )Iou/daj, ou)x o( )Iskariw/thj, Ku/rie, ti/ ge/gonen<br />
o(/ti h(mi=n me/lleij e)mfani/zein seauto\n kai\ ou)xi\ t%= ko/sm%;<br />
14,21 Chi ha i comandamenti miei e li custo<strong>di</strong>sce, questi è colui–che mi ama;<br />
ma chi ama me, sarà–amato d<strong>al</strong> Padre mio e–io amerò lui<br />
e manifesterò a–lui me–stesso».<br />
14,22 Gli <strong>di</strong>ce Giuda, non l'Iscariota: «Signore, che è–successo,<br />
perché stia (per) manifestare te–stesso a–noi e non <strong>al</strong> mondo?».<br />
«Chi ha i comandamenti miei e li custo<strong>di</strong>sce (teréo), questi è colui che mi ama...»:<br />
ritorna ancora una volta l'affermazione che l'amore verso Cristo è <strong>di</strong>mostrato solo<br />
d<strong>al</strong>l'osservanza dei comandamenti (in questo passo essi sono visti come un possesso, che<br />
dev'essere conservato come un tesoro prezioso: cfr. 14,15.23).<br />
«Chi ama me, sarà amato d<strong>al</strong> Padre mio e io amerò lui e manifesterò a lui me stesso»:<br />
ecco il secondo effetto <strong>di</strong> questo amore obbe<strong>di</strong>ente verso il Maestro: quello <strong>di</strong> essere riamati<br />
d<strong>al</strong> Padre e d<strong>al</strong> Cristo stesso, il qu<strong>al</strong>e promette <strong>di</strong> manifestarsi <strong>al</strong> credente (terzo effetto).<br />
«Gli <strong>di</strong>ce Giuda…: Signore, che è successo…?»: il <strong>di</strong>scorso negativo sul mondo ha<br />
colpito Giuda (Taddeo). Forse questo apostolo pensa ad un tipo <strong>di</strong> manifestazione (e <strong>di</strong><br />
visione) solo esteriore, negata <strong>al</strong> mondo e riservata a chi è fedele nell'amore. Non si è<br />
accorto che Gesù si sta già manifestando con le rivelazioni che in questo <strong>di</strong>scorso fa sul<br />
Padre, su se stesso e sullo Spirito. Essi lo stanno già vedendo (o meglio: potrebbero già<br />
vederlo) in una luce nuova, quella dell’amore <strong>di</strong> Dio che riempie ed illumina i loro cuori!<br />
1 Gv 5,3 ... In questo consiste l'amore <strong>di</strong> Dio, nell'osservare i suoi comandamenti...<br />
4. DIMOREREMO PRESSO DI LUI (14,23-24)<br />
14.23 a)pekri/qh )Ihsou=j kai\ ei)=pen au)t%=,<br />
)Ea/n tij a)gap#= me to\n lo/gon mou thrh/sei, kai\ o( path/r mou a)gaph/sei au)to/n<br />
kai\ pro\j au)to\n e)leuso/meqa kai\ monh\n par' au)t%= poihso/meqa.<br />
14.24 o( mh\ a)gapw=n me tou\j lo/gouj mou ou) threi=:<br />
kai\ o( lo/goj o(\n a)kou/ete ou)k e)/stin e)mo\j<br />
254
a)lla\ tou= pe/myanto/j me patro/j.<br />
14,23 Rispose Gesù e <strong>di</strong>sse a–lui:<br />
«Se uno mi ama, la mia parola osserverà e il Padre mio lo amerà<br />
e verso–<strong>di</strong> lui verremo e presso–<strong>di</strong> lui faremo <strong>di</strong>mora.<br />
14,24 Chi non mi ama, le mie parole non osserva<br />
e la parola, che ascoltate, non è mia,<br />
ma del Padre (che) mi ha–inviato».<br />
«Se uno mi ama, la mia parola osserverà (teréo)...»: Gesù nel rispondere <strong>al</strong>la domanda<br />
<strong>di</strong> Giuda Taddeo, riba<strong>di</strong>sce l’affermazione fatta in 21 e la approfon<strong>di</strong>sce. Egli non si stanca<br />
<strong>di</strong> ripetere che l'amore verso lui è legato <strong>al</strong>l'osservanza <strong>della</strong> sua PAROLA (cfr. anche 8,51).<br />
«Il Padre mio lo amerà e verso <strong>di</strong> lui verremo e presso <strong>di</strong> lui faremo <strong>di</strong>mora...»: l'amore<br />
del fedele verso il Figlio suscita l'amore del Padre (lo abbiamo già visto come 2° effetto), il<br />
qu<strong>al</strong>e esprimerà il suo affetto <strong>di</strong>morando con Cristo nel fedele (quarto effetto). Proprio in<br />
questa stabile presenza <strong>di</strong>vina trova la sua piena re<strong>al</strong>izzazione la manifestazione <strong>di</strong> sé, <strong>di</strong> cui<br />
Gesù parlava <strong>al</strong> v. 21. Cristo appare sempre come il Me<strong>di</strong>atore del nostro ANDARE verso il<br />
Padre e del VENIRE e del RIMANERE del Padre in noi, <strong>di</strong> modo che possiamo <strong>di</strong>ventare la<br />
<strong>di</strong>mora trinitaria del Padre, <strong>di</strong> Cristo (cfr. anche 20) e dello Spirito <strong>San</strong>to (cfr. 17).<br />
«Chi non mi ama, le mie parole non osserva...»: rib<strong>al</strong>tando l’espressione <strong>di</strong> prima (23) in<br />
forma negativa (non… non…), Gesù vuol far capire meglio che solo chi osserva la sua<br />
parola (e quin<strong>di</strong> solo chi ascolta il Padre, dato che la sua parola viene da Dio: 12,50; 14,10;<br />
17,7) ha un vero amore per lui, con tutte le straor<strong>di</strong>narie conseguenze che ne derivano.<br />
1 Gv 3,24 Chi osserva i suoi comandamenti <strong>di</strong>mora in Dio ed egli in lui... (cfr. 4,13.16)<br />
- II - IO AMO IL PADRE<br />
1. IL PARÁKLETOS V'INSEGNERÀ TUTTE LE COSE (14,25-26)<br />
14.25 Tau=ta lela/lhka u(mi=n par' u(mi=n me/nwn:<br />
14.26 o( de\ para/klhtoj, to\ pneu=ma to\ a(/gion<br />
o(\ pe/myei o( path\r e)n t%= o)no/mati/ mou,<br />
e)kei=noj u(ma=j <strong>di</strong>da/cei pa/nta<br />
kai\ u(pomnh/sei u(ma=j pa/nta a(\ ei)=pon u(mi=n e)gw/.<br />
14,25 «Queste (cose) ho–detto a–voi, (mentre) rimango presso–<strong>di</strong> voi;<br />
14,26 ma il Parákletos, lo Spirito santo<br />
che il Padre invierà nel nome mio,<br />
egli vi insegnerà tutte (le cose)<br />
e vi ricorderà tutte (le cose) che vi ho–detto io».<br />
«Queste cose ho detto...»: Gesù parla come se ormai non fosse più con i suoi e come se<br />
non avesse più nulla da <strong>di</strong>re (escatologia iniziata, ment<strong>al</strong>ità anticipatrice). Egli li vuole<br />
abituare a vivere nel futuro, cioè in quello che è il nostro tempo. Sempre egli sarà re<strong>al</strong>mente<br />
presente; anzi la sua parola, nella nuova situazione, sarà ancora più illuminante.<br />
«Il Parákletos, lo Spirito <strong>San</strong>to...»: Gesù assicura che il Padre invierà nel suo nome lo<br />
Spirito Parákletos, il qu<strong>al</strong>e come maestro interiore insegnerà (illuminerà l'intelligenza) e<br />
ricorderà tutto (attiverà la memoria nel senso pieno <strong>di</strong> attu<strong>al</strong>izzazione. Cfr. 1 Gv 2,27).<br />
Questa è l’unica, preziosissima volta che Gesù lo chiama <strong>San</strong>to, svelandone così la<br />
caratteristica specifica consistente proprio nell’essere santo e santificatore.<br />
«Il Padre invierà nel nome mio»: nel nome <strong>di</strong> Gesù dev’essere fatta la preghiera (14,13)<br />
e nel suo nome (oltre che per la sua intercessione: 14,16) il Padre dona lo Spirito. Queste<br />
affermazioni par<strong>al</strong>lele ci suggeriscono che la prima cosa che dobbiamo chiedere nel nome <strong>di</strong><br />
Gesù è lo Spirito <strong>San</strong>to. Inizia il tempo dello Spirito nella Chiesa.<br />
255
«Egli vi insegnerà tutte le cose e vi ricorderà tutte le cose che vi ho detto io»: questo gli<br />
apostoli lo sperimenteranno più volte con grande stupore e gioia (cfr. 2,17.22; 12,16). Per<br />
ora stanno su un’<strong>al</strong>tra lunghezza d’onda e non sono in grado <strong>di</strong> capire bene. Non riescono a<br />
mettere insieme le tessere <strong>di</strong> un quadro che rimane loro misterioso ed estraneo. Gli<br />
interventi m<strong>al</strong>destri <strong>di</strong> Pietro, Tommaso, Filippo e Giuda Taddeo non fanno che<br />
<strong>di</strong>mostrarlo. Ma quando, dopo la Pentecoste, saranno capaci <strong>di</strong> farlo, potranno essere<br />
maestri autorevoli e testimoni convincenti del <strong>Vangelo</strong> (cfr. 16,13). Insegnerà vuol <strong>di</strong>re che<br />
lo Spirito farà capire interiormente e ricorderà vuol <strong>di</strong>re che renderà capaci <strong>di</strong> applicare <strong>al</strong><br />
momento opportuno l’insegnamento compreso. Il nostro problema infatti è innanzi tutto<br />
quello <strong>di</strong> capire e, una volta capito, quello <strong>di</strong> non <strong>di</strong>menticare per cattiva volontà quello che<br />
sappiamo.<br />
2. LA MIA PACE DONO A VOI (14,27)<br />
14.27 Ei)rh/nhn a)fi/hmi u(mi=n, ei)rh/nhn th\n e)mh\n <strong>di</strong>/dwmi u(mi=n:<br />
ou) kaqw\j o( ko/smoj <strong>di</strong>/dwsin e)gw\ <strong>di</strong>/dwmi u(mi=n.<br />
mh\ tarasse/sqw u(mw=n h( kar<strong>di</strong>/a mhde\ deilia/tw.<br />
14,27 (La) pace lascio a–voi; (la) pace, (quel)la mia, dono a–voi.<br />
Non come il mondo (la) dona, io (la) dono a–voi.<br />
Non si–turbi il vostro cuore né si–intimi<strong>di</strong>sca.<br />
«La pace lascio a voi; la pace, quella mia, dono a voi»: volendo sintetizzare tutti i beni<br />
messianici ora promessi a chi lo ama, Gesù promette la PACE come suo dono speci<strong>al</strong>e. La<br />
chiama mia e la vuole nettamente <strong>di</strong>stinguere da quella che il mondo può offrire. La pace <strong>di</strong><br />
Cristo, che supera ogni intelligenza (Fil 4,7), è opera dello Spirito <strong>San</strong>to e frutto dell'amore<br />
obbe<strong>di</strong>ente.<br />
«Non si turbi (tarásso) il vostro cuore né si intimi<strong>di</strong>sca (deiliáo)...»: ritorna l'esortazione<br />
<strong>di</strong> 14,1, ma questa volta supportata da tutta la serie <strong>di</strong> assicurazioni e <strong>di</strong> promesse fatte (in<br />
particolare quelle del suo ritorno, dell'invio del Parákletos e del dono <strong>della</strong> pace). Vi è anche<br />
l’aggiunta: Né si intimi<strong>di</strong>sca: inquietu<strong>di</strong>ne e paura sono spesso unite. La pace <strong>di</strong> Gesù le<br />
mette in fuga tutte e due.<br />
3. GIOITE CHE VADO DAL PADRE (14,28-29)<br />
14.28 h)kou/sate o(/ti e)gw\ ei)=pon u(mi=n, (Upa/gw kai\ e)/rxomai pro\j u(ma=j.<br />
ei) h)gapa=te/ me e)xa/rhte a)/n o(/ti poreu/omai pro\j to\n pate/ra,<br />
o(/ti o( path\r mei/zwn mou/ e)stin.<br />
14.29 kai\ nu=n ei)/rhka u(mi=n pri\n gene/sqai,<br />
i(/na o(/tan ge/nhtai pisteu/shte.<br />
14,28 Avete–inteso che io ho–detto a–voi: Vado e torno presso–<strong>di</strong> voi.<br />
Se mi amaste, gioireste, perché vado d<strong>al</strong> Padre,<br />
perché il Padre è più–grande <strong>di</strong>–me.<br />
14,29 E adesso (l')ho–detto a–voi prima–che avvenga,<br />
affinché, quando avverrà, cre<strong>di</strong>ate.<br />
«Vado e torno presso <strong>di</strong> voi...»: nella conclusione del suo primo <strong>di</strong>scorso Gesù riprende<br />
il tema che ha motivato tutti i suoi insegnamenti e le sue raccomandazioni: il suo ANDARE<br />
<strong>al</strong> Padre e il suo RITORNARE dai suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Se mi amaste, gioireste, perché vado d<strong>al</strong> Padre...»: la tristezza e la perplessità degli<br />
apostoli è segno <strong>di</strong> un amore poco illuminato verso <strong>di</strong> lui. Egli li invita, non solo a non aver<br />
timore e angoscia, ma li esorta positivamente <strong>al</strong>la GIOIA, facendo loro un velato rimprovero<br />
per la loro ingiustificata amarezza.<br />
256
«Il Padre è più grande <strong>di</strong> me»: come sempre il Padre è presentato in tutta la sua<br />
onnipotenza e grandezza <strong>di</strong>vina. Cristo, come uomo, ne es<strong>al</strong>ta la superiorità. Essa è anche<br />
per noi un basilare motivo <strong>di</strong> fiducia.<br />
«L’ho detto a voi prima che avvenga, affinché quando avverrà, cre<strong>di</strong>ate»: questo è un<br />
avviso che abbiamo già sentito in 13,19 e che ritroveremo ancora in 16,4. In questo caso, il<br />
preannuncio del suo esodo verso il Padre e del suo ritorno presso i suoi deve costituire un<br />
forte motivo <strong>di</strong> FEDE nella sua <strong>di</strong>vina conoscenza e uno stimolo a riconoscere che in questo<br />
evento (come in tutti gli <strong>al</strong>tri) è <strong>al</strong>l’opera la Provvidenza del Padre gran<strong>di</strong>ssimo.<br />
4. AFFINCHÉ SAPPIA IL MONDO CHE AMO IL PADRE (14,30-31)<br />
14.30 ou)ke/ti polla\ l<strong>al</strong>h/sw meq' u(mw=n,<br />
e)/rxetai ga\r o( tou= ko/smou a) /rxwn: kai\ e)n e)moi\ ou)k e)/xei ou)de/n,<br />
14.31 a)ll' i(/na gn%= o( ko/smoj o(/ti a)gapw= to\n pate/ra,<br />
kai\ kaqw\j e)netei/lato moi o( path/r, ou(/twj poiw=.<br />
)Egei/resqe, a)/gwmen e)nteu=qen.<br />
14,30 Non <strong>di</strong>rò (più) molte (cose) con voi,<br />
viene infatti il principe del mondo: e in me non ha nulla;<br />
14,31 ma affinché sappia il mondo che amo il Padre<br />
e come mi ha–comandato il Padre, così faccio.<br />
Alzatevi, an<strong>di</strong>amo (via) <strong>di</strong>–qua!».<br />
«Non <strong>di</strong>rò più molte cose...»: più esplicito che in 14,25, Gesù fa capire che i suoi<br />
messaggi stanno per finire.<br />
«Viene infatti il principe del mondo: e in me non ha nulla»: la fine dei suoi insegnamenti<br />
è, per un certo aspetto, operata d<strong>al</strong>la venuta del <strong>di</strong>avolo (12,31), il qu<strong>al</strong>e però non ha <strong>al</strong>cun<br />
potere contro il Signore e nulla in comune con lui. Anche questo è un motivo <strong>di</strong><br />
consolazione e <strong>di</strong> sicurezza.<br />
«Affinché sappia il mondo che amo il Padre»: la <strong>di</strong>partita <strong>di</strong> Gesù ha in ogni caso un<br />
grande risvolto positivo: sarà per lui l’occasione <strong>di</strong> dare la più <strong>al</strong>ta testimonianza <strong>di</strong> amore<br />
obbe<strong>di</strong>ente <strong>al</strong> Padre. Esclusiva, in tutto il <strong>Vangelo</strong> giovanneo, è qui l'affermazione che Gesù<br />
ama il Padre (14,31). Tutta l'umanità deve conoscere questo amore, <strong>di</strong> cui il Crocifisso è il<br />
segno più straor<strong>di</strong>nario. Ancora una volta s’intravvede una speranza per il mondo che,<br />
conoscendo fino a qu<strong>al</strong> punto arriva l'amore fattivo <strong>di</strong> Gesù per il Padre, può commuoversi e<br />
giungere <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vezza. Si completa così il quadro <strong>di</strong> tutti i protagonisti dell’amore in<br />
<strong>Giovanni</strong>: il Padre ama il Figlio (3,35; 5,20; 10,17), ama il mondo (3,16) ed i <strong>di</strong>scepoli<br />
amorevoli (14,21.23); Gesù ama il Padre (31) e i suoi (11,3.5; 13,1.23.34; 14,21); il<br />
<strong>di</strong>scepolo è invitato ad amare Gesù (14,15.21.23) ed il prossimo come Gesù ha fatto<br />
(13,34.35). Natur<strong>al</strong>mente la teologia dell’amore andrà sviluppandosi ancora in seguito e noi<br />
faremo una nuova sintesi <strong>al</strong>la fine, commentando il v. 21,17.<br />
«Alzatevi, an<strong>di</strong>amo...»: <strong>di</strong>verse ipotesi sono state fatte su questo invito. Forse è solo il<br />
segn<strong>al</strong>e <strong>della</strong> fine del primo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo. Non possiamo escludere però che abbia anche un senso<br />
simbolico: che cioè significhi l’invito a reagire <strong>al</strong>la depressione e a seguire Cristo nel suo<br />
cammino verso il Padre.<br />
RIFLESSIONI SU QUESTA UNITÀ<br />
Gesù, che ha annunciato la sua partenza, pre<strong>di</strong>ce il suo ritorno, un ritorno straor<strong>di</strong>nario,<br />
ricco <strong>di</strong> doni spiritu<strong>al</strong>i; promette il dono dello Spirito Parákletos e la <strong>di</strong>mora <strong>della</strong> Trinità<br />
nel cuore del credente che lo ama e che osserva le sue parole. Tutto questo serve ad<br />
incoraggiare i suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
Le due parti <strong>di</strong> questa Unità si somigliano per quanto riguarda il primo punto (esso<br />
contiene la promessa del Parákletos, Spirito <strong>della</strong> Verità ed Insegnante perfetto). Per il resto,<br />
257
nella prima parte emerge il tema degli effetti dell'amore operoso del fedele verso Cristo e <strong>di</strong><br />
quello <strong>della</strong> Trinità verso il fedele; nella seconda ris<strong>al</strong>ta il fatto che Gesù rivela il suo amore<br />
fili<strong>al</strong>e per il Padre e dona pace e gioia ai suoi.<br />
CONCLUSIONE DEL PRIMO DIALOGO<br />
Al fine <strong>di</strong> acquisire maggiormente la logica simbolico-anticipatrice e la capacità<br />
contemplativa proviamo ora ad osservare tutto il Primo Di<strong>al</strong>ogo d<strong>al</strong> punto <strong>di</strong> vista<br />
particolare che lo motiva: quello del ritorno <strong>al</strong> Padre, sintesi <strong>di</strong> tutta la vita del Signore e<br />
anche <strong>della</strong> nostra.<br />
1. Esaminiamo quin<strong>di</strong> l'aspetto del movimento: il venire, l'andare. È un movimento vit<strong>al</strong>e<br />
che in<strong>di</strong>ca amore, tensione verso... Dio stesso è in movimento (il Padre manda il Figlio e lo<br />
Spirito; il Figlio ritorna <strong>al</strong> Padre e dai suoi) e anche il fedele è stimolato a muoversi<br />
(raggiunge il Padre attraverso la VIA che è Cristo, segue il Maestro...).<br />
2. T<strong>al</strong>e movimento non avrebbe senso se non ci fosse poi la permanenza: il rimanere,<br />
l'essere con... in... Anche qui fa da modello l'immanenza del Padre nel Figlio e <strong>di</strong> questi nel<br />
Padre. Il credente stesso <strong>di</strong>venta, con l’amore, il luogo <strong>della</strong> presenza <strong>di</strong>vina (del Padre, del<br />
Figlio e dello Spirito). A questo proposito è molto opportuna l'immagine <strong>della</strong> CASA, che<br />
<strong>di</strong>ce stabilità.<br />
3. Ma che cosa ci rivela il senso del nostro andare e la prospettiva dell’essere in intimità<br />
con Dio se non la Parola? Pren<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> in considerazione il tema <strong>della</strong> Parola: Gesù<br />
sta parlando ai suoi (e a noi) e non parlerà più a lungo (14,30). Egli non parla <strong>di</strong> sua<br />
iniziativa (14,10). La sua parola è rivelazione, conforto, profezia (come nel caso <strong>di</strong> Pietro).<br />
Sentiamone la forza!<br />
4. La Parola è poi confermata e re<strong>al</strong>izzata dai Fatti. Il quarto aspetto è perciò<br />
rappresentato d<strong>al</strong>le Opere: quelle del Figlio <strong>di</strong>mostrano che egli è in comunione con il<br />
Padre; quelle del fedele provano il suo amore per Gesù (14,11-12).<br />
5. La rivelazione del Cristo ha ormai una <strong>di</strong>mensione perfettamente Trinitaria: è<br />
promesso lo SPIRITO PARÁKLETOS, che viene donato d<strong>al</strong> PADRE per la intercessione <strong>di</strong><br />
GESÙ, affinché perfezioni l'opera <strong>della</strong> rivelazione. La figura del Padre nel Primo Discorso<br />
è citata ben 22 volte.<br />
6. Date queste premesse non poteva mancare un continuo richiamo <strong>al</strong>la forza che tutto<br />
muove: l'Amore. Cristo ama il Padre ed i credenti; i fedeli devono amare Gesù e si devono<br />
amare vicendevolmente. L'amore <strong>di</strong>vino si manifesta nella Inabitazione <strong>della</strong> Trinità nel<br />
credente, mentre l’amore dei fedeli per Dio si rivela nelle opere buone e produce PACE e<br />
GIOIA (14,27-28).<br />
7. An<strong>al</strong>izziamo, infine, l'azione stessa che ci ha permesso <strong>di</strong> fare questa sintesi: il Vedere.<br />
Questa capacità <strong>di</strong> Visione, dono dello Spirito <strong>di</strong> Verità, ci rende adatti a comprendere le<br />
Parole del Signore e ad interpretarne correttamente le Opere, a percepire il Dio che viene e<br />
<strong>di</strong>mora in noi (cfr. 14,17.26). In definitiva possiamo e dobbiamo conoscere il Cristo che<br />
manifesta se stesso (e il Padre) a chi ha gli occhi <strong>della</strong> fede (14,9.19.21).<br />
Il dono <strong>di</strong> vedere ci è fatto se osserviamo fedelmente la Parola ed i Comandamenti<br />
(14,15-21): «Infatti amando il prossimo si purifica l'occhio per poter vedere Dio» (S.<br />
Agostino Trattati su <strong>Giovanni</strong>: Tratt. 17,8).<br />
258
«Dio nessuno l'ha mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo<br />
ha rivelato»: l'ICONA più perfetta del Dio vivente è il CRISTO GESÙ.<br />
Mettiamoci ora in contemplazione <strong>della</strong> Trinità, <strong>di</strong>namica nella sua permanenza e<br />
immutabile nella sua attività, e facciamo sì che la nostra esperienza <strong>di</strong> FEDE <strong>di</strong>venti<br />
PREGHIERA (14,10-14), una preghiera efficace, che si trasformi in OPERE a GLORIA del<br />
PADRE.<br />
259
260
DARE LA VITA PER GLI AMICI Unità 26<br />
Il secondo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo convivi<strong>al</strong>e (prima parte: Gv 15,1-25)<br />
INTRODUZIONE AL SECONDO DIALOGO: anche questo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo dà origine a due<br />
Unità (Dare la vita per gli amici / Nessuno potrà rapire la vostra gioia). Gli intenti<br />
princip<strong>al</strong>i che stanno a cuore a Gesù, sono quelli <strong>di</strong> far conoscere tutto l'amore che lui ed il<br />
Padre hanno per i <strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong> prepararli a ricevere il dono dello Spirito <strong>San</strong>to e <strong>di</strong> donare<br />
loro una gioia piena e in<strong>di</strong>struttibile.<br />
PREMESSA A QUESTA UNITÀ: l'Unità 26, il cui titolo mette in rilievo il tema<br />
dell'Amore <strong>di</strong> Gesù, che dà la vita per i suoi amici, si può <strong>di</strong>videre in tre parti: la prima, con<br />
l'<strong>al</strong>legoria <strong>della</strong> vite, fa capire il v<strong>al</strong>ore dell'unione del fedele con il Cristo; la seconda aiuta<br />
a scoprire qu<strong>al</strong>e è l'amore più grande (dare la vita) e la terza prepara i <strong>di</strong>scepoli a superare<br />
l'o<strong>di</strong>o che il mondo ha contro Gesù e contro <strong>di</strong> loro.<br />
- I - L'AGRICOLTORE, LA VITE E I TRALCI (Una delle Allegorie più belle)<br />
L'<strong>al</strong>legoria <strong>della</strong> Vite è un vero gioiello creato d<strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità simbolica del Maestro. La<br />
storia dei grappoli d'uva <strong>di</strong>venta il simbolo <strong>della</strong> storia <strong>della</strong> comunione <strong>di</strong> vita del fedele<br />
con il Cristo. Osservare una pianta <strong>di</strong> vite, pensando a questa mistica re<strong>al</strong>tà, è già<br />
contemplazione.<br />
1. IO SONO LA VITE VERA (15,1-3)<br />
15.1 )Egw/ ei)mi h( a)/mpeloj h( a)lhqinh/,<br />
kai\ o( path/r mou o( gewrgo/j e)stin.<br />
15.2 pa=n klh=ma e)n e)moi\ mh\ fe/ron karpo/n ai)/rei au)to/,<br />
kai\ pa=n to\ karpo\n fe/ron kaqai/rei au)to\ i(/na karpo\n plei/ona fe/rv.<br />
15.3 h)/dh u(mei=j kaqaroi/ e)ste <strong>di</strong>a\ to\n lo/gon o(\n lela/lhka u(mi=n:<br />
15,1 Io sono la vite,(quel)la vera,<br />
e il Padre mio è l'agricoltore.<br />
15,2 Ogni tr<strong>al</strong>cio (che) in me non porta frutto, lo toglie<br />
e ogni (tr<strong>al</strong>cio) che porta frutto, lo monda, affinché porti maggior frutto.<br />
15,3 Voi siete già mon<strong>di</strong> a–causa <strong>della</strong> parola che ho–detto a–voi.<br />
«Io... e il Padre...»: <strong>di</strong>versamente da <strong>al</strong>tre volte (cfr. ad es. 10,1 ss.), Gesù propone<br />
questa similitu<strong>di</strong>ne subito in forma molto chiara. Egli stesso in<strong>di</strong>ca con precisione i<br />
significati delle varie immagini. In questi primi tre versetti il Padre e Gesù sono presentati<br />
come i protagonisti: il Padre recide il ramo sterile o pota quello fruttuoso; Gesù, che è il<br />
ceppo vit<strong>al</strong>e, con la sua parola rende fruttuosi i tr<strong>al</strong>ci (cioè, i suoi <strong>di</strong>scepoli: cfr. 5).<br />
«Io sono la vite... vera»: l'ICONA <strong>della</strong> VITE non è scelta a caso, ma ha un chiaro<br />
significato eucaristico (sicuramente è da mettere in relazione con il vino delle nozze <strong>di</strong><br />
Cana. I Sinottici raccontano l’istituzione dell’Eucaristia con la bene<strong>di</strong>zione del vino proprio<br />
durante l’Ultima Cena). L'aggettivo vera in<strong>di</strong>ca che Gesù è la re<strong>al</strong>tà autentica, quella che dà<br />
senso pieno a ciò che <strong>di</strong> lui è solo figura. Anticamente il popolo <strong>di</strong> Israele era paragonato ad<br />
una gran<strong>di</strong>ssima vite che stendeva i suoi rami da un mare <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro (Os 10,1; S<strong>al</strong> 80,9-12)<br />
oppure ad una vigna fatta <strong>di</strong> scelti vitigni (Is 5,1-7; 27,2.6; Ger 2,21; 12,10; Na 2,2). In Ez<br />
17,5-8 è il re Sedecia ad essere paragonato ad una magnifica vite. Adesso la vite vera<br />
rappresenta la Chiesa, formata da Cristo e dai suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
261
«Il Padre mio è l'agricoltore»: Gesù attribuisce <strong>al</strong> Padre il compito <strong>di</strong> AGRICOLTORE.<br />
Il fatto che sia l'unico personaggio umano dell'<strong>al</strong>legoria significa che egli è il primo per<br />
grandezza, sapienza ed autorità. Il Padre non affida più la sua vite a vignaioli infedeli (Mc<br />
12,3 sss.), ma la gestisce in proprio.<br />
«Ogni tr<strong>al</strong>cio che in me non porta frutto,... e ogni tr<strong>al</strong>cio che porta frutto…»: ci sono<br />
solo due categorie <strong>di</strong> tr<strong>al</strong>ci e, cioè, <strong>di</strong> uomini: quelli che portano frutto in Cristo e quelli<br />
infruttuosi.<br />
«Lo toglie…, lo monda, affinché porti maggior frutto...»: ognuno ha un trattamento<br />
<strong>di</strong>versificato (Lc 13,6-9). In comune c’è solo il fatto che ambedue vengono tagliati e provati<br />
d<strong>al</strong>la sofferenza: nel primo caso il risultato è la definitiva separazione da Cristo e d<strong>al</strong>la sua<br />
comunità, nel secondo il risultato consiste in una attività più produttiva.<br />
«Voi siete già mon<strong>di</strong> a causa <strong>della</strong> parola che ho detto a voi»: Gesù pronuncia un<br />
giu<strong>di</strong>zio rassicurante nel confronto dei suoi ascoltatori, ripetendo una parola già detta: Voi<br />
siete puri (13,10). Lo strumento <strong>della</strong> purificazione è la PAROLA stessa <strong>di</strong> Cristo: essa<br />
infatti è Spirito e Vita. Anzi, possiamo pensare che sia il Padre stesso colui che per mezzo<br />
<strong>della</strong> parola del Figlio purifica i cuori dei <strong>di</strong>scepoli. Il frutto, che è tanto maggiore quanto<br />
più perfetta è la purificazione, consiste in definitiva nel portare grappoli ben maturi che<br />
dànno origine <strong>al</strong> vino nuovo, ossia ad un rinnovato modo <strong>di</strong> vivere (Lc 5,37).<br />
2. RIMANETE IN ME (15,4)<br />
15.4 mei/nate e)n e)moi/, ka)gw\ e)n u(mi=n.<br />
kaqw\j to\ klh=ma ou) du/natai karpo\n fe/rein a)f' e(autou=<br />
e)a\n mh\ me/nv e)n tv= a)mpe/l%,<br />
ou(/twj ou)de\ u(mei=j e)a\n mh\ e)n e)moi\ me/nhte.<br />
15,4 Rimanete in me e–io in voi.<br />
Come il tr<strong>al</strong>cio non può portare frutto da se–stesso,<br />
se non rimane nella vite,<br />
così neppure voi, se in me non rimanete.<br />
«Rimanete in me e io in voi»: l'invito a RIMANERE IN Gesù, affinché egli <strong>di</strong>mori nel<br />
<strong>di</strong>scepolo, è l'argomento centr<strong>al</strong>e dell’<strong>al</strong>legoria. In essa (vv. 1-8) per ben sette volte viene<br />
ripetuto il verbo RIMANERE e per <strong>di</strong>eci volte la mistica particella IN. È questo un tema su<br />
cui fermarsi lungamente in me<strong>di</strong>tazione (cfr. anche 6,56).<br />
«Come il tr<strong>al</strong>cio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così<br />
neppure voi, se in me non rimanete...»: Gesù usa queste bellissime immagini che, oltre a<br />
convincere più facilmente, sanno dare <strong>al</strong> rapporto del fedele con Gesù una carica <strong>di</strong><br />
natur<strong>al</strong>ezza e <strong>di</strong> poesia. Dobbiamo riscoprire il v<strong>al</strong>ore <strong>della</strong> natura come scuola <strong>di</strong> vita<br />
spiritu<strong>al</strong>e. Nessuno <strong>di</strong> noi è così stolto da pretendere un frutto da un ramo staccato e<br />
rinsecchito: perché poi, <strong>al</strong>le volte, ci illu<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> poter fare qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> buono senza l’aiuto<br />
<strong>di</strong> nostro Signore?<br />
3. SENZA DI ME NON POTETE FAR NULLA (15,5-6)<br />
15.5 e)gw/ ei)mi h( a)/mpeloj, u(mei=j ta\ klh/mata.<br />
o( me/nwn e)n e)moi\ ka)gw\ e)n au)t%= ou(=toj fe/rei karpo\n polu/n,<br />
o(/ti xwri\j e)mou= ou) du/nasqe poiei=n ou)de/n.<br />
15.6 e)a\n mh/ tij me/nv e)n e)moi/, e)blh/qh e)/cw w(j to\ klh=ma kai\ e)chra/nqh<br />
kai\ suna/gousin au)ta\ kai\ ei)j to\ pu=r ba/llousin kai\ kai/etai.<br />
15,5 Io sono la vite, voi i tr<strong>al</strong>ci.<br />
Chi rimane in me e–io in lui, questi porta molto frutto,<br />
perché senza–<strong>di</strong> me non potete far nulla.<br />
15,6 Se qu<strong>al</strong>cuno non rimane in me, è gettato via, come il tr<strong>al</strong>cio, e si–secca<br />
e li raccolgono e (li) buttano nel fuoco e (li) bruciano.<br />
262
«Io sono la vite, voi i tr<strong>al</strong>ci»: il Maestro continua il suo <strong>di</strong>scorso avendo cura <strong>di</strong> spiegare<br />
bene il significato delle immagini che usa. Egli <strong>di</strong>ce subito chiaro che i tr<strong>al</strong>ci siamo noi. Ci<br />
tiene a sottolineare la <strong>di</strong>stinzione tra lui e noi. Siamo noi, innanzi tutto, che abbiamo<br />
assoluto bisogno <strong>di</strong> lui. Ora il Maestro descrive prima gli aspetti positivi (il frutto) e poi<br />
quelli negativi (il nulla).<br />
«Chi rimane in me e io in lui, questi porta molto frutto»: l’inabitazione è reciproca. Il<br />
risultato è quello <strong>di</strong> un frutto abbondante che, come vedremo (9-11), consiste nel vivere<br />
nell'amore verso Dio e verso il prossimo. Diversamente non si produce nulla <strong>di</strong> buono.<br />
«Senza <strong>di</strong> me non potete far nulla»: questa è una delle affermazioni che ci deve far<br />
riflettere <strong>di</strong> più, perché è <strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>ità che non lascia scampo. Ogni nostro buon frutto,<br />
senza eccezione, trova la sua origine solo nel Cristo. Ma nello stesso tempo, poiché la vite<br />
non fa frutti senza i tr<strong>al</strong>ci, la sua produttività <strong>di</strong>pende, in qu<strong>al</strong>che modo, anche d<strong>al</strong> nostro<br />
impegno e d<strong>al</strong> nostro lavoro.<br />
«Se qu<strong>al</strong>cuno non rimane in me, è gettato via, come il tr<strong>al</strong>cio, e si secca e li raccolgono<br />
e li buttano nel fuoco e li bruciano...»: con grande chiarezza viene spiegato che cosa capita<br />
a chi non vuol rimanere unito a Cristo. È destinato ad una serie <strong>di</strong> eventi spiacevoli: <strong>al</strong>la<br />
separazione definitiva (gettato via), <strong>al</strong>la sterilità assoluta (si secca) e <strong>al</strong> fuoco che annienta<br />
(cfr. la parabola <strong>della</strong> zizzania in Mt 13 o Ez 15,3-6).<br />
4. NEL VOSTRO FRUTTO È GLORIFICATO IL PADRE MIO (15,7-8)<br />
15.7 e)a\n mei/nhte e)n e)moi\ kai\ ta\ r(h/mata/ mou e)n u(mi=n mei/nv,<br />
o(\ e)a\n qe/lhte ai)th/sasqe, kai\ genh/setai u(mi=n.<br />
15.8 e)n tou/t% e)doca/sqh o( path/r mou,<br />
i(/na karpo\n polu\n fe/rhte kai\ ge/nhsqe e)moi\ maqhtai/.<br />
15,7 Se rimanete in me e le mie parole in voi rimangono,<br />
chiedete quel–che volete e vi accadrà.<br />
15,8 In questo è–glorificato il Padre mio,<br />
che portiate molto frutto e <strong>di</strong>veniate miei <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Se rimanete in me e le mie parole in voi rimangono...»: le sue parole rimangono in noi<br />
quando le cre<strong>di</strong>amo (17,8), le custo<strong>di</strong>amo (17,6) e le osserviamo (8,51; 14,23). Il<br />
par<strong>al</strong>lelismo tra il rimanere del fedele in Cristo e il rimanere delle parole <strong>di</strong> Cristo nel<br />
fedele ci fa capire che è la parola <strong>di</strong> Gesù, da noi accolta, lo strumento che ci mette in<br />
comunione con il Signore (cfr. 5,38). Pertanto, ascolto <strong>della</strong> Parola vuol <strong>di</strong>re unione con il<br />
Maestro. Egli aveva già espresso lo stesso concetto quando aveva detto: Se rimanete nella<br />
mia parola, siete veramente miei <strong>di</strong>scepoli (8,31). Notiamo che nei versetti 4.5.7 Gesù<br />
presenta il rimanere suo e nostro come reciproco. L’unione con lui non è mai a senso unico:<br />
è obbligatoriamente bi<strong>di</strong>rezion<strong>al</strong>e, perché avviene tra persone libere ed è mo<strong>della</strong>ta su<br />
quella trinitaria.<br />
«Chiedete quel che volete e vi accadrà»: questo è un secondo risultato positivo <strong>della</strong><br />
nostra comunione con il Cristo. Questo passo è troppo importante per non soffermarci un<br />
po’: se le PAROLE del Cristo sono efficaci nella nostra vita, a loro volta le nostre PAROLE,<br />
rivolte a Dio come PREGHIERA, acquistano una straor<strong>di</strong>naria efficacia e sono sicuramente<br />
esau<strong>di</strong>te (cfr. 16,23).<br />
«In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto e <strong>di</strong>veniate miei<br />
<strong>di</strong>scepoli...»: il portare frutto coincide con l'essere <strong>di</strong>scepoli. Il vero <strong>di</strong>scepolo non è mai<br />
infruttuoso, anzi, produce molti frutti. Però, non <strong>di</strong>mentichiamolo, la fin<strong>al</strong>ità ultima del<br />
nostro essere <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Cristo e <strong>della</strong> conseguente abbondante fruttuosità è solo e sempre<br />
la GLORIA DEL PADRE, il grande Vignaiolo. Se Gesù ha, come primo dei suoi compiti,<br />
quello <strong>di</strong> operare per la gloria del Padre (17,4), anche noi dobbiamo vivere e morire per<br />
questa stessa fin<strong>al</strong>ità (cfr. 21,19)!<br />
263
- II - IL MIO COMANDAMENTO (L'amore e l'amicizia più grande)<br />
Terminata l'<strong>al</strong>legoria, Gesù esorta con chiare parole a rimanere nel suo amore,<br />
imitandone l'intensità e vivendolo concretamente (notare i tre come: come mi ha amato il<br />
Padre..., come io ho osservato..., come vi ho amati...). Quello che prima era significato con<br />
immagini e scene molto vive ora viene espresso con termini più teologici.<br />
1. RIMANETE NEL MIO AMORE (15,9-10)<br />
15.9 kaqw\j h)ga/phse/n me o( path/r, ka)gw\ u(ma=j h)ga/phsa:<br />
mei/nate e)n tv= a)ga/pv tv= e)mv=.<br />
15.10 e)a\n ta\j e)ntola/j mou thrh/shte,<br />
menei=te e)n tv= a)ga/pv mou,<br />
kaqw\j e)gw\ ta\j e)ntola\j tou= patro/j mou teth/rhka<br />
kai\ me/nw au)tou= e)n tv= a)ga/pv.<br />
15,9 Come il Padre ha–amato me, anch'io vi ho–amato;<br />
rimanete nell'amore, nel mio.<br />
15,10 Se i miei comandamenti osserverete,<br />
rimarrete nel mio amore,<br />
come io ho–osservato i comandamenti del Padre mio<br />
e rimango nel suo amore.<br />
«Come il Padre ha amato me, anch'io vi ho amato...»: davvero infinito è l'amore <strong>di</strong><br />
Cristo per noi, se egli ci ama così come il Padre ha amato lui (5,20; 17,23). Qui il Padre è il<br />
MODELLO supremo e la FONTE <strong>della</strong> carità. Il come in<strong>di</strong>ca non solo la grandezza infinita<br />
dell’amore <strong>di</strong> Cristo, ma anche la qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> esso: in questo caso ci fa capire che l’amore <strong>di</strong><br />
Gesù è anche <strong>di</strong> tipo paterno, cioè che esso consiste soprattutto nel donare così come un<br />
padre sa fare. Se poi pensiamo <strong>al</strong> fatto che anche noi dobbiamo amarci a vicenda come<br />
Cristo ci ha amato, <strong>al</strong>lora ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un impegno pari a quello che il Maestro<br />
esige da noi quando <strong>di</strong>ce: Siate misericor<strong>di</strong>osi come è misericor<strong>di</strong>oso il Padre vostro (Lc<br />
6,36). Compren<strong>di</strong>amo <strong>al</strong>lora anche perché Gesù torni ad insistere sul tema dell’amore<br />
vicendevole (cfr. 13,34). Si tratta <strong>di</strong> un’esigenza fondament<strong>al</strong>e, perché tutto dev’essere<br />
vissuto in un clima <strong>di</strong> perfetta carità: Noi abbiamo riconosciuto e creduto <strong>al</strong>l'amore che Dio<br />
ha per noi. Dio è amore: chi sta nell'amore <strong>di</strong>mora in Dio e Dio <strong>di</strong>mora in lui (1 Gv 4,16).<br />
In 14,21.23 l’amore del Padre è presentato come una risposta <strong>al</strong>l’amore del <strong>di</strong>scepolo verso<br />
il Cristo; qui invece Gesù ci rivela che il suo è un amore incon<strong>di</strong>zionato che nasce da una<br />
sua libera iniziativa e che, a sua volta, è originato d<strong>al</strong>l’amore del Padre verso <strong>di</strong> lui: In<br />
questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi (1 Gv<br />
4,10); Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo (1 Gv 4,19). Notiamo che il Signore<br />
si esprime <strong>al</strong> passato: Vi ho amato. Si tratta <strong>di</strong> un amore che ha già una lunga storia e che<br />
perdura, come quello del Padre verso il Figlio (ha amato me).<br />
«Rimanete nell'amore, nel mio»: prima Gesù ci invitava a rimanere in lui, ora ci esorta a<br />
restare nel suo amore. Egli stesso è l’Amore. In pratica ci esorta a non <strong>al</strong>lontanarci e a non<br />
renderci indegni del suo amore verso <strong>di</strong> noi, ad essere partecipi del suo amore <strong>al</strong> Padre, ad<br />
avere continuamente in noi il suo stesso amore per Dio e per i fratelli. Nei vv. 9-11 è usata<br />
una volta la locuzione mistica essere in e 3 volte l’espressione mistica rimanere in, che<br />
in<strong>di</strong>ca la perseveranza nell’essere in.<br />
«Se i miei comandamenti osserverete, rimarrete nel mio amore, come io...»: una<br />
con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per rimanere in t<strong>al</strong>e amore è quella <strong>di</strong> osservare i comandamenti<br />
<strong>di</strong> Gesù, con quella perfezione con cui egli stesso ha compiuto la volontà del Padre (14,31).<br />
Il termine COME dà la misura incre<strong>di</strong>bile <strong>della</strong> grandezza dell'amore che riceviamo, ma<br />
anche la misura straor<strong>di</strong>naria dell'impegno che ci viene richiesto (Gesù è il MODELLO<br />
supremo <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza). In conclusione, sono i fatti che contano, cioè la nostra osservanza<br />
264
dei comandamenti <strong>di</strong> Cristo (14,15.21.23); e anche in questa osservanza Gesù ci fa da<br />
Maestro (cfr. 13,15).<br />
«Io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore»: essere<br />
oggetto dell’amore del Padre è la cosa più importante e la fonte <strong>della</strong> gioia più grande. Il<br />
Cristo sa <strong>di</strong> essere misticamente inserito in questo amore e si propone a noi come esempio.<br />
2. LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA (15,11)<br />
15.11 Tau=ta lela/lhka u(mi=n<br />
i(/na h( xara\ h( e)mh\ e)n u(mi=n v)= kai\ h( xara\ u(mw=n plhrwqv=.<br />
15,11 Ho–detto queste (cose) a–voi,<br />
affinché la gioia, (quel)la mia, sia in voi e la gioia vostra sia–piena.<br />
«Ho detto queste cose a voi...»: il Maestro sa <strong>di</strong> aver detto parole stupende e vit<strong>al</strong>i. Lo fa<br />
notare ai suoi ascoltatori, ben sapendo che il loro cuore si è rasserenato e riempito <strong>di</strong><br />
dolcezza.<br />
«La gioia, quella mia, sia in voi...»: come la pace (14,27), così anche quella gioia, che è<br />
propria ed esclusiva <strong>di</strong> Gesù (mia), viene donata in pienezza <strong>al</strong> <strong>di</strong>scepolo. È importante che<br />
in un clima così carico <strong>di</strong> drammaticità, Gesù continuamente infonda coraggio, pace e gioia<br />
(13,17; 14,27-28; 16,22; 17,13). La gioia è frutto dell'amore e <strong>della</strong> fedeltà ai<br />
comandamenti. Se la GLORIA del Padre è lo scopo ultimo <strong>di</strong> ogni attività per quel che<br />
riguarda Dio, la GIOIA PIENA è il risultato fin<strong>al</strong>e per quanto riguarda il fedele. T<strong>al</strong>e gioia è<br />
un’esperienza mistica duratura e profonda: è in (nel <strong>di</strong>scepolo) come Cristo è in… (nei<br />
<strong>di</strong>scepoli: 17,23).<br />
«E la gioia vostra sia piena...»: la gioia tipica <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong>venta tipica anche del fedele<br />
(<strong>di</strong>venta la nostra). Essa è quella vera, perché è perfetta, tot<strong>al</strong>e, appagante (piena).<br />
3. AMIATEVI GLI UNI GLI ALTRI (15,12-13)<br />
15.12 au(/th e)sti\n h( e)ntolh\ h( e)mh/,<br />
i(/na a)gapa=te a)llh/louj kaqw\j h)ga/phsa u(ma=j.<br />
15.13 mei/zona tau/thj a)ga/phn ou)dei\j e)/xei,<br />
i(/na tij th\n yuxh\n au)tou= qv= u(pe\r tw=n fi/lwn au)tou=.<br />
15,12 Questo è il comandamento, (quel)lo mio,<br />
che (vi) amiate (gli uni gli) <strong>al</strong>tri, come (io) ho–amato voi.<br />
15,13 Nessuno ha (un) amore più–grande <strong>di</strong>–questo:<br />
che uno deponga la sua anima per gli amici suoi.<br />
«Questo è il comandamento, quello mio, che vi amiate gli uni gli <strong>al</strong>tri, come...»: Gesù,<br />
dopo aver parlato <strong>di</strong> comandamenti, concentra l’attenzione su quello che ne è il cuore e lo<br />
spirito: il comandamento che tutti li riassume, quello dell'amore fraterno, praticato ad<br />
imitazione del suo amore per i <strong>di</strong>scepoli (13,34). Per questo motivo lo chiama il mio... Lui è<br />
il MODELLO autentico <strong>di</strong> questa agápe. Solo essa è vero AMORE. Adesso il Maestro sta<br />
per proporci delle considerazioni che approfon<strong>di</strong>scono il tema dell’amore, facendoci meglio<br />
capire in che cosa esso consiste.<br />
«Nessuno ha un amore più grande <strong>di</strong> questo: che uno deponga la sua anima per gli<br />
amici suoi»: amare veramente significa donare la propria vita per il bene dell’<strong>al</strong>tro,<br />
dell’amato, o meglio, dell’amico. Notiamo che in questo <strong>di</strong>scorso Gesù ci tiene a precisare<br />
fino a qu<strong>al</strong> punto egli ami i suoi: 1°. come il Padre lo ama (15,9); 2°. nel modo più <strong>al</strong>to e<br />
generoso che esista, fino a dare la vita per gli amici (nell'Unità 17 abbiamo già commentato<br />
l'espressione: deporre l'anima. Vedremo nell'Unità 28 che questo equiv<strong>al</strong>e a santificarsi<br />
per... Fare tutto questo per degli amici veri, rende meno amaro e più produttivo il morire).<br />
In conclusione, l’amore esige e crea amore: il Padre ama il Figlio, il qu<strong>al</strong>e lo riama<br />
265
<strong>di</strong>mostrando con i fatti <strong>di</strong> amare i credenti, i qu<strong>al</strong>i, a loro volta, sono chiamati ad amare il<br />
Figlio, amandosi tra loro e <strong>di</strong>ffondendo, così, la virtù dell’amore nel mondo intero.<br />
1 Gv 3,16 Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi;<br />
quin<strong>di</strong> anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.<br />
4. VOI SIETE MIEI AMICI (15,14-15)<br />
15.14 u(mei=j fi/loi mou/ e)ste e)a\n poih=te a(\ e)gw\ e)nte/llomai u(mi=n.<br />
15.15 ou)ke/ti le/gw u(ma=j dou/louj,<br />
o(/ti o( dou=loj ou)k oi)=den ti/ poiei= au)tou= o( ku/rioj:<br />
u(ma=j de\ ei)/rhka fi/louj,<br />
o(/ti pa/nta a(\ h)/kousa para\ tou= patro/j mou e)gnw/risa u(mi=n.<br />
15,14 Voi siete miei amici, se fate ciò–che io comando a–voi.<br />
15,15 Non vi <strong>di</strong>co (più) servi,<br />
perché il servo non sa ciò–che fa il suo signore;<br />
ma vi ho–detti amici,<br />
perché tutte (le cose) che ho–ascoltato d<strong>al</strong> Padre mio,(l’)ho–fatte–conoscere a–voi.<br />
«Voi siete miei amici, se fate...»: Gesù ha appena parlato <strong>di</strong> amici in modo generico, ora<br />
ci tiene a precisare che per lui gli amici sono i suoi <strong>di</strong>scepoli. Ed è innanzi tutto per loro che<br />
egli offre la sua vita (1 Gv 3,16). Natur<strong>al</strong>mente t<strong>al</strong>e amicizia esiste, se c’è reciprocità e se<br />
vengono rispettate <strong>al</strong>cune precise con<strong>di</strong>zioni. La prima con<strong>di</strong>zione che il Cristo richiede ai<br />
suoi amici è il FARE quello che egli comanda (in pratica si tratta <strong>di</strong> re<strong>al</strong>izzare il precetto del<br />
purissimo amore vicendevole secondo l'esempio dato da lui).<br />
«Non vi <strong>di</strong>co più servi…»: Gesù aveva in precedenza paragonato i suoi ai servi (lo<br />
rammenta anche in 15,20). Su questo punto egli non fa una marcia in<strong>di</strong>etro. Adesso però<br />
vuole precisare che per loro l’essere servo, se inteso nei suoi aspetti limitanti e negativi, non<br />
è un ruolo adeguato, perché il servo non vive in intimità con il suo padrone e non riceve da<br />
lui le confidenze più person<strong>al</strong>i.<br />
«Vi ho detti amici, perché tutte le cose che ho ascoltato d<strong>al</strong> Padre mio, l’ho fatte<br />
conoscere a voi»: da sempre Gesù ha trattato i suoi come amici (Vi ho detti…: <strong>al</strong> passato).<br />
Per lui t<strong>al</strong>e amicizia è consistita e si è rivelata nel fatto che ha fatto conoscere loro le cose (i<br />
segreti <strong>di</strong>vini) che il Padre gli ha comunicato. Questa non è solo una vera AMICIZIA<br />
umana, che esige <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo e re<strong>al</strong>izza una relazione arricchente, ma è anche un’AMICIZIA<br />
sovrumana, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e è sempre il Signore ad avere l'iniziativa. Essa è il modello che<br />
santifica e nobilita tutte le nostre amicizie. Fondament<strong>al</strong>e è dunque la Figura umana<br />
dell'AMICO, figura che completa bene l'Icona campestre del TRALCIO.<br />
5. IO HO SCELTO VOI (15,16-17)<br />
15.16 ou)x u(mei=j me e)cele/casqe,<br />
a)ll' e)gw\ e)celeca/mhn u(ma=j kai\ e)/qhka u(ma=j<br />
i(/na u(mei=j u(pa/ghte kai\ karpo\n fe/rhte kai\ o( karpo\j u(mw=n me/nv,<br />
i(/na o(/ ti a)\n ai)th/shte to\n pate/ra e)n t%= o)no/mati/ mou d%= u(mi=n.<br />
15.17 tau=ta e)nte/llomai u(mi=n, i(/na a)gapa=te a)llh/louj.<br />
15,16 Non voi avete–scelto me,<br />
ma io ho–scelto voi e vi ho costituiti,<br />
affinché voi an<strong>di</strong>ate e portiate frutto e il frutto vostro rimanga,<br />
affinché ciò che chiederete <strong>al</strong> Padre nel nome mio, (lo) <strong>di</strong>a a–voi.<br />
15,17 Queste (cose) comando a–voi, che (vi) amiate (gli uni gli) <strong>al</strong>tri.<br />
«Non voi avete scelto (’ek-légo) me, ma io ho scelto voi...»: che l’iniziativa dell’amicizia<br />
sia del Signore è <strong>di</strong>mostrato anche d<strong>al</strong> fatto che t<strong>al</strong>e amicizia nasce da un’elezione fatta da<br />
266
Gesù (cfr. Mc 3,13ss.; Lc 6,13; Gv 1,37-39.43), il qu<strong>al</strong>e ha chiamato i suoi amici <strong>al</strong>la<br />
sequela (cfr. 6,70; 13,18; 15,19).<br />
«Vi ho costituiti affinché voi an<strong>di</strong>ate e portiate frutto e il frutto vostro rimanga...»:<br />
Cristo li ha scelti come suoi amici, non per un proprio interesse, ma per una missione<br />
precisa, per un compito importante nel mondo. Egli li ha investiti <strong>di</strong> autorità e li ha inviati<br />
(Lc 10,3), perché producano frutti duraturi nella loro attività <strong>di</strong> evangelizzazione (pensiamo<br />
<strong>al</strong>la messe <strong>di</strong> 4,35-38 e <strong>al</strong>la vite <strong>di</strong> 15,1-6: simboli eucaristici [pane e vino]). Esigendo da<br />
loro buoni frutti, Gesù s'impegna ad assicurare anche la v<strong>al</strong>i<strong>di</strong>tà e la durata <strong>di</strong> t<strong>al</strong>i frutti<br />
(rimanere è un verbo molto usato nei capitoli 14 e 15, nei qu<strong>al</strong>i ha acquistato sempre più il<br />
significato <strong>di</strong> intensa comunione mistica).<br />
«Affinché ciò che chiederete <strong>al</strong> Padre nel nome mio, lo <strong>di</strong>a a voi»: la prima cosa che gli<br />
apostoli devono fare per ottenere un frutto abbondante è quella <strong>di</strong> pregare il Padre. Se da<br />
una parte, il frutto <strong>di</strong>mostra l'efficacia sicura <strong>della</strong> preghiera (15,7); d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra, la preghiera,<br />
fatta <strong>al</strong> PADRE nel NOME <strong>di</strong> Gesù ed in comunione con lui, è la princip<strong>al</strong>e sorgente del<br />
grande FRUTTO che Dio concederà loro <strong>di</strong> portare (16,23).<br />
«Queste cose comando a voi, che vi amiate gli uni gli <strong>al</strong>tri»: per la quinta ed ultima volta<br />
(13,34 ab .35; 15,12.17) il Maestro riassume e riba<strong>di</strong>sce il suo chiaro volere, il suo precetto<br />
fondament<strong>al</strong>e.<br />
- III - IL MONDO ODIA ME E VOI (L'o<strong>di</strong>o senza ragione)<br />
Gesù, dopo aver parlato <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> gioia in un modo davvero toccante, passa a <strong>di</strong>re<br />
qu<strong>al</strong>cosa sui loro contrari (l’o<strong>di</strong>o e la sofferenza). Egli vuole preparare i suoi <strong>al</strong>la lotta,<br />
perché sopportino più facilmente le <strong>di</strong>fficoltà e non dubitino <strong>della</strong> vittoria fin<strong>al</strong>e.<br />
1. PRIMA HA ODIATO ME (15,18-19)<br />
15.18 Ei) o( ko/smoj u(ma=j misei=, ginw/skete o(/ti e)me\ prw=ton u(mw=n memi/shken.<br />
15.19 ei) e)k tou= ko/smou h)=te, o( ko/smoj a)\n to\ i)/<strong>di</strong>on e)fi/lei:<br />
o(/ti de\ e)k tou= ko/smou ou)k e)ste/, a)ll' e)gw\ e)celeca/mhn u(ma=j e)k tou= ko/smou,<br />
<strong>di</strong>a\ tou=to misei= u(ma=j o( ko/smoj.<br />
15,18 Se il mondo vi o<strong>di</strong>a, sappiate che prima–<strong>di</strong> voi ha–o<strong>di</strong>ato me.<br />
15,19 Se d<strong>al</strong> mondo foste, il mondo ciò (che è) suo amerebbe;<br />
ma poiché del mondo non siete, ma io vi ho–scelti d<strong>al</strong> mondo,<br />
per questo il mondo vi o<strong>di</strong>a.<br />
«Il mondo... prima <strong>di</strong> voi ha o<strong>di</strong>ato (miséo) me»: il mondo vuole <strong>di</strong>struggere ed<br />
annientare la verità e la luce (3,20) perché vuole nascondere la sua m<strong>al</strong>vagità e non tollera<br />
chi gliela rinfaccia (cfr. anche 7,7). Gesù per primo è stato detestato e perseguitato perché,<br />
essendo il primo ed il più grande tra tutti i profeti <strong>della</strong> nuova Alleanza, ha combattuto<br />
l’ipocrisia e la cattiveria del mondo. Come lui, anche i <strong>di</strong>scepoli, sono e saranno bersaglio <strong>di</strong><br />
ostilità (17,14). Anche sotto questo aspetto egli è il modello che fa loro capire qu<strong>al</strong>e tipo <strong>di</strong><br />
vita li attende. Soprattutto però qui egli si presenta come il b<strong>al</strong>uardo che ha subìto il primo<br />
urto, quello più forte, e che ha resistito.<br />
«Il mondo ciò che è suo amerebbe»: il mondo sa amare, ma il suo amore è m<strong>al</strong>sano; ama<br />
egoisticamente e in modo cieco solo quello che gli appartiene e lo favorisice: le vanità, il<br />
peccato. Vedremo più avanti che il mondo sa anche gioire (16,20): gioisce quando infligge<br />
sofferenza ai credenti o si r<strong>al</strong>legra per i suoi piaceri e i suoi <strong>di</strong>vertimenti passeggeri.<br />
«Del mondo non siete, ma io vi ho scelti d<strong>al</strong> mondo»: nel <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> la parola<br />
mondo ricorre 75 volte (62 sulle labbra <strong>di</strong> Gesù). Spesso in<strong>di</strong>ca una re<strong>al</strong>tà buona (il creato,<br />
l’umanità), <strong>al</strong>tre volte una re<strong>al</strong>tà negativa e ostile a Dio. I <strong>di</strong>scepoli non appartengono più <strong>al</strong><br />
mondo m<strong>al</strong>vagio (17,16), perché Cristo li ha scelti e fatti uscire da esso, donando loro la<br />
nuova legge dell’amore. Essi hanno accettato e si sono conformati in tutto <strong>al</strong> loro Maestro.<br />
267
2. VI PERSEGUITERANNO (15,20-21)<br />
5.20 mnhmoneu/ete tou= lo/gou ou(= e)gw\ ei)=pon u(mi=n,<br />
Ou)k e)/stin dou=loj mei/zwn tou= kuri/ou au)tou=.<br />
ei) e)me\ e)<strong>di</strong>/wcan, kai\ u(ma=j <strong>di</strong>w/cousin:<br />
ei) to\n lo/gon mou e)th/rhsan, kai\ to\n u(me/teron thrh/sousin.<br />
15.21 a)lla\ tau=ta pa/nta poih/sousin ei)j u(ma=j <strong>di</strong>a\ to\ o)/noma/ mou,<br />
o(/ti ou)k oi)/dasin to\n pe/myanta/ me.<br />
15,20 Ricordatevi <strong>della</strong> parola che io <strong>di</strong>ssi a–voi:<br />
Non c'è servo più–grande del suo signore.<br />
Se me hanno–perseguitato, anche voi perseguiteranno;<br />
se la parola mia hanno–osservato, anche la vostra osserveranno.<br />
15,21 Ma tutte queste (cose) faranno contro–<strong>di</strong> voi a–causa del nome mio,<br />
perché non conoscono Colui–che mi ha–inviato.<br />
«Ricordatevi <strong>della</strong> parola che io <strong>di</strong>ssi a voi: Non c'è servo più grande del suo signore»:<br />
inizi<strong>al</strong>mente t<strong>al</strong>e parola era stata pronunciata in un contesto <strong>di</strong>verso (13,16: quello del<br />
servizio, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e lo stesso Signore si è sottoposto. Cfr. anche Mt 10,24). Qui Gesù la<br />
richiama, spiegando che il fedele non può evitare la persecuzione d<strong>al</strong> momento che anche il<br />
Maestro, pur essendo più grande, l’ha subìta (Lc 21,12). Il ricordo dell'insegnamento <strong>di</strong><br />
Gesù dovrà aiutare ad interpretare in senso positivo i sempre nuovi avvenimenti <strong>della</strong> vita e<br />
a superare le <strong>di</strong>fficoltà.<br />
«Se me hanno perseguitato..., se la parola mia hanno osservato...»: qui Gesù comunica<br />
<strong>al</strong>cune certezze: 1° è l'atteggiamento che gli uomini assumono verso <strong>di</strong> lui e il suo<br />
messaggio, quello che determina la loro reazione verso l'apostolo; 2° la persona e la parola<br />
dell'apostolo, in una certa misura, si identificano con la persona e la parola del Cristo; 3° i<br />
<strong>di</strong>scepoli sono chiamati a seguire la stessa sorte del maestro; 4° la persecuzione può essere<br />
la prova che essi sono veri <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Se la parola mia hanno osservato, anche la vostra osserveranno»: questa affermazione<br />
mette in ris<strong>al</strong>to un fatto positivo e costituisce un forte incoraggiamento per l’apostolo. Non<br />
tutti sono dei persecutori; vi sono anche quelli che hanno accolto la parola <strong>di</strong> Cristo e che<br />
pertanto sono <strong>di</strong>sposti ad obbe<strong>di</strong>re a quella dell’apostolo.<br />
«Faranno... a causa del nome mio»: ecco confermato quanto sopra abbiamo intuito: il<br />
rifiuto dell'apostolo deriva d<strong>al</strong> rifiuto <strong>della</strong> persona del Signore Gesù (il NOME in<strong>di</strong>ca la<br />
Persona). Il motivo vero <strong>della</strong> persecuzione è l’ostilità <strong>al</strong> Nome <strong>di</strong> Gesù, il Dio s<strong>al</strong>vatore, da<br />
parte <strong>di</strong> chi non vuol essere s<strong>al</strong>vato (cfr. Lc 6,22).<br />
«Perché non conoscono Colui che mi ha inviato»: la ra<strong>di</strong>ce ultima per cui il mondo o<strong>di</strong>a<br />
Cristo ed i suoi è l'ignoranza del Padre (16,3), che ha mandato il Figlio suo per amore (cfr.<br />
3,16-17). Gesù, in ogni occasione, ricorda il Padre, come punto <strong>di</strong> riferimento supremo.<br />
D<strong>al</strong>l’atteggiamento verso il Padre deriva quello verso il nome del Figlio e verso il <strong>di</strong>scepolo.<br />
3. NON HANNO SCUSA (15,22-25)<br />
15.22 ei) mh\ h)=lqon kai\ e)la/lhsa au)toi=j, a(marti/an ou)k ei)/xosan:<br />
nu=n de\ pro/fasin ou)k e)/xousin peri\ th=j a(marti/aj au)tw=n.<br />
15.23 o( e)me\ misw=n kai\ to\n pate/ra mou misei=.<br />
15.24 ei) ta\ e)/rga mh\ e)poi/hsa e)n au)toi=j a(\ ou)dei\j a)/lloj e)poi/hsen,<br />
a(marti/an ou)k ei)/xosan:<br />
nu=n de\ kai\ e(wra/kasin kai\ memish/kasin kai\ e)me\ kai\ to\n pate/ra mou.<br />
15.25 a)ll' i(/na plhrwqv= o( lo/goj o( e)n t%= no/m% au)tw=n gegramme/noj o(/ti<br />
)Emi/shsa/n me dwrea/n.<br />
15,22 Se non fossi–venuto e non avessi–parlato loro, non avrebbero (nessun) peccato,<br />
adesso però non hanno scusa per il loro peccato.<br />
15,23 Chi o<strong>di</strong>a me, anche il Padre mio o<strong>di</strong>a.<br />
268
15,24 Se le opere non avessi–fatto in (mezzo a) loro, qu<strong>al</strong>i nessun <strong>al</strong>tro fece,<br />
non avrebbero (nessun) peccato;<br />
adesso però hanno–visto e hanno–o<strong>di</strong>ato e me e il Padre mio.<br />
15,25 Ma affinché si–adempisse la parola scritta nella loro legge:<br />
«Mi hanno–o<strong>di</strong>ato gratuitamente».<br />
«Se non fossi venuto e non avessi parlato...»: un verbo <strong>di</strong> movimento (Venire) e un verbo<br />
<strong>di</strong> rivelazione (Parlare) in<strong>di</strong>cano le caratteristiche dell'intervento.<br />
«Non avrebbero nessun peccato...»: il rifiuto e l’o<strong>di</strong>o verso Cristo sono un vero peccato.<br />
«Ora però non hanno scusa...»: il peccato è tanto più grave, quanto più chiara e v<strong>al</strong>ida è<br />
stata la testimonianza <strong>della</strong> verità. Non è poca cosa pensare che il Figlio <strong>di</strong> Dio stesso è<br />
venuto, ha parlato <strong>di</strong>rettamente a loro e, come <strong>di</strong>rà tra poco, ha fatto opere straor<strong>di</strong>narie. Il<br />
loro peccato è senza attenuanti.<br />
«Chi o<strong>di</strong>a (miséo) me, anche il Padre mio o<strong>di</strong>a»: Gesù denuncia la gravità del peccato<br />
che non consiste solo nell’o<strong>di</strong>o verso il Figlio, ma soprattutto nell’o<strong>di</strong>o verso il Padre.<br />
Nomina per sette volte (d<strong>al</strong> v. 18 <strong>al</strong> v. 25) il tema dell’o<strong>di</strong>o (aspetto interiore) e due volte<br />
quello <strong>della</strong> persecuzione (aspetto esteriore): il terribile contrario dell’amore.<br />
«Se le opere non avessi fatto...»: un verbo in<strong>di</strong>cante attività (fare le opere) completa,<br />
insieme <strong>al</strong> <strong>di</strong>re parole, le caratteristiche dell'intervento. T<strong>al</strong>i opere sono Segni che<br />
<strong>di</strong>mostrano l'origine <strong>di</strong>vina del Cristo e che avrebbero dovuto aprire gli occhi <strong>di</strong> tutti.<br />
«Qu<strong>al</strong>i nessun <strong>al</strong>tro fece...»: perfino la gente più semplice si era resa conto che i pro<strong>di</strong>gi<br />
<strong>di</strong> Cristo erano davvero eccezion<strong>al</strong>i (7,31).<br />
«Hanno visto e hanno o<strong>di</strong>ato e me e il Padre mio»: gli avversari, soprattutto i capi,<br />
hanno visto (11,47). Qui vedere in<strong>di</strong>ca che essi hanno percepito materi<strong>al</strong>mente tutto e, non<br />
avendo saputo o voluto vedere oltre... capire il messaggio…, hanno rifiutato sdegnosamente<br />
Gesù ed il Padre suo; hanno amato l’o<strong>di</strong>o e o<strong>di</strong>ato l’Amore. Un vero peccato contro lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to. L’assistere ad un miracolo comporta la partecizione ad un’esperienza mistica.<br />
Quando questa esperienza, invece <strong>di</strong> portare <strong>al</strong>la fede, porta <strong>al</strong>la ribellione, t<strong>al</strong>e ribellione ha<br />
un carattere mistico negativo, cioè è un peccato inescusabile (22) <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>abolico (cfr. Mt<br />
12,22-32).<br />
«Affinché si adempisse la parola: Mi hanno o<strong>di</strong>ato gratuitamente (doreán)»: come già<br />
fece <strong>Giovanni</strong> in 12,37 ss. e Gesù stesso in 13,18 (cfr. anche 17,12), il Maestro cerca un<br />
riscontro nella Bibbia e trova che la Parola <strong>di</strong> Dio aveva già predetto questo fatto (S<strong>al</strong> 35,19;<br />
69,5). Nessuno pertanto si deve perdere <strong>di</strong> coraggio: era già accaduto <strong>al</strong>tre volte che nella<br />
storia biblica qu<strong>al</strong>cuno avesse o<strong>di</strong>ato un profeta senza che ci fosse una colpa che motivasse<br />
t<strong>al</strong>e reazione. Lo afferma la loro stessa Legge che essi a<strong>di</strong>empiono con rigore in tutto quello<br />
che <strong>di</strong> negativo prevede. L’avverbio gratuitamente (in reg<strong>al</strong>o) nasconde una contestazione,<br />
oltre che una sorpresa amara: l’unica gratuità <strong>di</strong> cui sono capaci è quella dell’o<strong>di</strong>o, l’unico<br />
reg<strong>al</strong>o che sanno fare è quello <strong>di</strong> infliggere dolore. Inoltre, il loro o<strong>di</strong>o, originato d<strong>al</strong>l'assurda<br />
volontà <strong>di</strong> compiere il m<strong>al</strong>e per il gusto <strong>di</strong> esso, non ha proprio spiegazioni e ogni persona<br />
onesta se ne meraviglia amaramente (cfr. 3,19). Da quanto sin qui detto capiamo che il<br />
peccato consiste innanzi tutto in una terribile mancanza <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> amore. Gesù,<br />
attribuendo a sé le parole del s<strong>al</strong>mista, si inserisce nella serie dei profeti perseguitati.<br />
Compiendosi la Scrittura in lui, si compie anche ciò che Dio aveva previsto e lo Spirito<br />
<strong>San</strong>to aveva preannunciato. L’o<strong>di</strong>o immotivato e immeritato non è una novità e non sarà in<br />
grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il progetto <strong>di</strong>vino.<br />
RIFLESSIONI<br />
Se nell’Unità precendete ve<strong>di</strong>amo che Gesù è tutto intento a confortare i suoi apostoli, in<br />
questa notiamo che egli insegna con estrema chiarezza qu<strong>al</strong>i devono essere i loro doveri e<br />
mette <strong>al</strong> primo posto il precetto dell’amore.<br />
An<strong>al</strong>izziamo ora in breve <strong>al</strong>cuni aspetti particolari:<br />
269
B<strong>al</strong>zano innanzi tutto <strong>al</strong>la nostra attenzione le figure del PADRE AGRICOLTORE e del<br />
CRISTO, VITE VERA (ricor<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> nuovo che la vite è simbolo del popolo d'Israele,<br />
coltivato con cura da Dio: Is 5,1).<br />
Tra i verbi <strong>di</strong> movimento e quelli in<strong>di</strong>canti permanenza c'è una prev<strong>al</strong>enza dei secon<strong>di</strong><br />
(RIMANETE in me, nel mio amore). Non manca però un accenno <strong>al</strong> VENIRE <strong>di</strong> Gesù nel<br />
mondo e <strong>al</strong>l'ANDARE dei <strong>di</strong>scepoli, portando frutti person<strong>al</strong>i ed apostolici.<br />
Gesù ricorda l'efficacia delle sue PAROLE (15,3.11) e parla anche delle OPERE (sia <strong>di</strong><br />
quelle fatte da lui e sia dei frutti portati dai fedeli che osservano i suoi comandamenti).<br />
Anche se rileva la spaccatura sempre più netta tra lui ed il MONDO e denuncia le<br />
imminenti persecuzioni contro i suoi, egli sa far emergere <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutto la re<strong>al</strong>tà attu<strong>al</strong>e<br />
e futura <strong>della</strong> GIOIA piena (11). Infatti, più forte dell'o<strong>di</strong>o insensato del mondo è l'AMORE:<br />
il Padre ama Gesù e, con la stessa intensità, Gesù ama i suoi, i qu<strong>al</strong>i, a loro volta, devono<br />
amarsi come lui li ha amati. Questo amore ha anche le caratteristiche <strong>della</strong> più sincera e<br />
confidenzi<strong>al</strong>e AMICIZIA (Gesù li chiama, li sceglie e a loro manifesta tutto: 15,15- 16).<br />
Non trascuriamo <strong>di</strong> notare la tenerezza e l'intensità con cui egli pronuncia queste parole.<br />
Dai vv. 15,1-17 potremmo desumere la seguente sintesi <strong>di</strong> tutto il messaggio <strong>di</strong> Cristo: Uniti a lui,<br />
an<strong>di</strong>amo nel mondo ad annunciare l'Amore.<br />
270
NESSUNO POTRÀ RAPIRE LA VOSTRA GIOIA<br />
Unità 27<br />
Secondo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo convivi<strong>al</strong>e (seconda parte: Gv 15,26-16,33)<br />
Premettiamo che tutto il 2° <strong>di</strong>scorso avrebbe dovuto, a motivo del suo contenuto, essere<br />
proposto in una sola Unità. Noi abbiamo fatto una innatur<strong>al</strong>e <strong>di</strong>visione solo per facilitare la<br />
re<strong>al</strong>izzazione <strong>della</strong> Lectio Divina. Anche l’Unità 27, nella qu<strong>al</strong>e spicca il tema <strong>della</strong> GIOIA<br />
indefettibile, può essere <strong>di</strong>visa in tre parti:<br />
I: la promessa dell'invio dello Spirito.<br />
II: l'assicurazione che le afflizioni si muteranno in gioia vera.<br />
III: l'apprezzamento da parte <strong>di</strong> Gesù <strong>della</strong> fede degli apostoli (nonostante il momento <strong>di</strong><br />
crisi) con l'invito <strong>al</strong>la fiducia in lui, che ha vinto il mondo.<br />
- I - MANDERÒ LO SPIRITO DELLA VERITÀ<br />
1. LO SPIRITO TESTIMONIERÀ A MIO FAVORE (15,26-27)<br />
15.26 (/Otan e)/lqv o( para/klhtoj o(\n e)gw\ pe/myw u(mi=n para\ tou= patro/j,<br />
to\ pneu=ma th=j a)lhqei/aj o(\ para\ tou= patro\j e)kporeu/etai,<br />
e)kei=noj marturh/sei peri\ e)mou=:<br />
15.27 kai\ u(mei=j de\ marturei=te, o(/ti a)p' a)rxh=j met' e)mou= e)ste.<br />
15,26 «Quando verrà il Parákletos, che io manderò a–voi d<strong>al</strong> Padre,<br />
lo Spirito <strong>della</strong> verità, che d<strong>al</strong> Padre procede,<br />
egli testimonierà riguardo–a me,<br />
15,27 e anche voi però testimonierete, perché d<strong>al</strong>l'inizio siete con me.<br />
«Quando verrà il Parákletos... lo Spirito <strong>della</strong> verità...»: il Maestro ha appena parlato<br />
dell’o<strong>di</strong>o del mondo verso il Padre, verso <strong>di</strong> lui e verso i <strong>di</strong>scepoli, annunciatori e testimoni<br />
<strong>della</strong> parola. Come incoraggiamento e come garanzia egli promette la venuta dello Spirito<br />
<strong>San</strong>to che testimonierà a suo favore, sia istruendo gli apostoli, sia confondendo i<br />
persecutori: Quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi <strong>di</strong> come o <strong>di</strong> che<br />
cosa dovrete <strong>di</strong>re, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete <strong>di</strong>re: non siete<br />
infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10,19-20; cfr.<br />
anche Mc 13,11; Lc 21,15). Lo Spirito, chiamato Parákletos e Spirito <strong>della</strong> verità, procede<br />
d<strong>al</strong> Padre e viene inviato da Gesù ai suoi (16,7). Esso è presentato pertanto, in questo<br />
contesto, soprattutto nel ruolo <strong>di</strong> Difensore e <strong>di</strong> Testimone <strong>della</strong> Verità in relazione <strong>al</strong>la<br />
persona <strong>di</strong> Gesù e <strong>al</strong>la pre<strong>di</strong>cazione dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Che io manderò a voi d<strong>al</strong> Padre, … che d<strong>al</strong> Padre procede...»: lo Spirito <strong>San</strong>to procede<br />
d<strong>al</strong> Padre e viene <strong>al</strong>itato d<strong>al</strong> Figlio risorto sugli apostoli (20,22). Vi sono state e vi sono<br />
<strong>di</strong>vergenze tra Cattolici ed Ortodossi sull’interpertazione <strong>di</strong> questi dati biblici. Per gli<br />
Ortodossi è biblicamente corretto considerare il Padre come l’unica fonte primor<strong>di</strong><strong>al</strong>e dello<br />
Spirito-Amore. Nel Me<strong>di</strong>oevo la Chiesa cattolica ha invece aggiunto nella formulazione del<br />
Credo Niceno-Costantinopolitano l’affermazione che lo Spirito procede anche d<strong>al</strong> Figlio. È<br />
penoso constatare che i cristiani, per l’unità dei qu<strong>al</strong>i Cristo ha tanto c<strong>al</strong>orosamente pregato,<br />
si <strong>di</strong>vidano circa la professione delle verità più illuminanti e consolanti <strong>della</strong> loro fede. Noi<br />
lasciamo da parte tutte le polemiche dottrin<strong>al</strong>i e ringraziamo il Cristo che, mentre ci fa<br />
partecipi dei meravigliosi segreti <strong>della</strong> vita trinitaria, ci rivela anche la potenza e la<br />
tenerezza con cui il Padre, il Figlio e lo Spirito agiscono a nostro favore.<br />
«Testimonierà riguardo a me...»: come il Padre rende testimonianza a Gesù<br />
intervenendo a suo favore (12,28), così lo Spirito introdurrà i <strong>di</strong>scepoli nella comprensione<br />
<strong>di</strong> Cristo e <strong>della</strong> sua parola e li convincerà interiormente <strong>della</strong> veri<strong>di</strong>cità del Maestro. Questa<br />
271
è la testimonianza che gli rende (cfr.16,13-14) e che, attraverso i <strong>di</strong>scepoli, deve <strong>di</strong>ffondersi<br />
in tutto il mondo.<br />
«Anche voi... testimonierete (martyréo)...»: mossi d<strong>al</strong>lo Spirito <strong>San</strong>to, i <strong>di</strong>scepoli gli<br />
daranno testimonianza con la parola e con la vita, fino <strong>al</strong> martirio: Avrete forza d<strong>al</strong>lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to che scenderà su <strong>di</strong> voi e mi sarete testimoni… fino agli estremi confini <strong>della</strong><br />
terra (Atti 1,6).<br />
«Perché d<strong>al</strong>l'inizio siete con me...»: l’essere stati con il Maestro fin d<strong>al</strong>l'inizio <strong>della</strong> sua<br />
vita pubblica è uno dei requisiti in<strong>di</strong>spensabili per essere considerati apostoli “<strong>di</strong> prima<br />
mano” (Atti 1,8.21-22; Gv 19,35. Qui non è il luogo per trattare il caso <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolo, che si<br />
considera apostolo a pieno titolo).<br />
2. VI CACCERANNO DALLE SINAGOGHE (16,1-4)<br />
16.1 Tau=ta lela/lhka u(mi=n i(/na mh\ skand<strong>al</strong>isqh=te.<br />
16.2 a)posunagw/gouj poih/sousin u(ma=j:<br />
a)ll' e)/rxetai w(/ra i(/na pa=j o( a)poktei/naj u(ma=j do/cv latrei/an prosfe/rein t%= qe%=.<br />
16.3 kai\ tau=ta poih/sousin u(mi=n<br />
o(/ti ou)k e)/gnwsan to\n pate/ra ou)de\ e)me/.<br />
16.4 a)lla\ tau=ta lela/lhka u(mi=n i(/na o(/tan e)/lqv h( w(/ra au)tw=n<br />
mnhmoneu/hte au)tw=n o(/ti e)gw\ ei)=pon u(mi=n.<br />
Tau=ta de\ u(mi=n e)c a)rxh=j ou)k ei)=pon, o(/ti meq' u(mw=n h)/mhn.<br />
16,1 Queste (cose) ho–detto a–voi, affinché non vi–scand<strong>al</strong>izziate.<br />
16,2 Faranno (<strong>di</strong>) voi (degli) espulsi–d<strong>al</strong>la–sinagoga;<br />
anzi, viene (l')Ora che ognuno che vi ucciderà, reputi (<strong>di</strong>) rendere culto a Dio,<br />
16,3 e faranno queste (cose) a–voi,<br />
perché non hanno–conosciuto (né) il Padre, né me.<br />
16,4 Ma queste (cose) ho–detto a–voi, affinché, quando verrà la loro Ora,<br />
vi–ricor<strong>di</strong>ate <strong>di</strong>–esse, perché io (le) ho–dette a–voi.<br />
Queste (cose) però a–voi da(ll')inizio non ho–detto, perché ero con voi.<br />
«Queste cose ho detto a voi, affinché non vi scand<strong>al</strong>izziate»: Gesù, che aveva già parlato<br />
dell’o<strong>di</strong>o del mondo (15,18 ss.), vuole ulteriormente preparare i suoi <strong>al</strong>la persecuzione più<br />
dura ed assurda. Saranno infatti scacciati d<strong>al</strong>le sinagoghe dei Giudei e uccisi nel nome <strong>di</strong><br />
Dio. Il Maestro teme che si scand<strong>al</strong>izzino, cioè reagiscano in modo sbagliato <strong>al</strong>la sue parole,<br />
cosicché la loro fede risulti turbata e compromessa. Il tema dello scand<strong>al</strong>o è presente<br />
soprattutto nei Sinottici, secondo i qu<strong>al</strong>i molti si scand<strong>al</strong>izzano <strong>di</strong> Gesù a motivo del suo<br />
insegnamento (Mt 13,57; 15,12) o a motivo delle persecuzioni (Mt 13,21; 24,10) e gli stessi<br />
apostoli non sono <strong>al</strong> riparo da t<strong>al</strong>e pericolo (Mt 26,31). <strong>Giovanni</strong>, a parte questo passo, parla<br />
una sola volta dello scand<strong>al</strong>o: quello che induce i Giudei, che ascoltano la promessa del<br />
pane <strong>di</strong> vita, ad abbandonare il Maestro (6,61).<br />
«Faranno <strong>di</strong> voi degli espulsi d<strong>al</strong>la sinagoga»: questa previsione ci fa capire che quando<br />
parlava <strong>di</strong> mondo, il Signore intendeva innanzi tutto riferirsi a quello giudaico (cfr. anche<br />
Mc 13,9). Il cieco nato fu uno dei primi a subire t<strong>al</strong>e sorte (9,22.34). Essa comportava, come<br />
minimo, una grave emarginazione religiosa e soci<strong>al</strong>e.<br />
«Ognuno che vi ucciderà, reputi <strong>di</strong> render culto a Dio»: uccidere i veri profeti e credere<br />
<strong>di</strong> onorare Dio rappresenta il massimo <strong>della</strong> cecità. Sembra impossibile, ma il <strong>Vangelo</strong><br />
<strong>di</strong>mostra che questo può avvenire. Pensiamo <strong>al</strong> cieco nato che viene invitato a rinnegare<br />
Gesù per rendere gloria a Dio (9,24). Cristo stesso è stato ucciso con l’illusorio intento <strong>di</strong><br />
s<strong>al</strong>vare l’onore <strong>di</strong> Dio.<br />
«Faranno queste cose a voi, perché non hanno conosciuto né il Padre né me »: come ha<br />
già fatto più volte, Gesù afferma che la causa <strong>della</strong> persecuzione consiste nell’ignoranza <strong>di</strong><br />
Dio Padre e del Figlio suo. In <strong>Giovanni</strong> questa ignoranza non è mai considerata una<br />
scusante (come invece sembra avvenire in Lc 23,34).<br />
272
«Affinché... vi ricor<strong>di</strong>ate... perché io le ho dette»: come ci viene fatto capire in 14,29, la<br />
memoria delle pre<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Gesù può aiutare gli apostoli a mantenere intatta la fiducia nella<br />
sua persona. Gesù parla loro delle future persecuzioni, affinché essi non vengano sconcertati<br />
d<strong>al</strong> fattore sorpresa e siano in grado <strong>di</strong> accettare le ostilità come una prova norm<strong>al</strong>e (1 Pt<br />
4,12), per superare la qu<strong>al</strong>e il Maestro ha già fornito molte rassicurazioni (tornerò da voi…,<br />
compirete opere maggiori delle mie…, potete chiedere qu<strong>al</strong>unque cosa…, il Padre vi<br />
manderà un Difensore…, faremo <strong>di</strong>mora presso <strong>di</strong> voi…, siete miei amici…, il vostro frutto<br />
sarà abbondante e duraturo…).<br />
«Quando verrà la loro Ora»: come per Gesù, anche per i <strong>di</strong>scepoli Dio prevede l'ORA<br />
<strong>della</strong> prova. Che fare nel momento <strong>della</strong> persecuzione causata d<strong>al</strong>l’o<strong>di</strong>o? Comportarsi così<br />
come ha reagito il Maestro nell’Ora del rifiuto: con c<strong>al</strong>ma, con intelligenza, senza cedere<br />
<strong>al</strong>lo scand<strong>al</strong>o, usando con coraggio le armi <strong>della</strong> verità e <strong>della</strong> denuncia. Il Gesù <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong><br />
non invita i suoi a pregare per i persecutori (come fa Mt 5,44), perché nella mistica teologia<br />
giovannea il loro peccato conduce <strong>al</strong>la morte (8,24) e per questo è inutile pregare (1 Gv<br />
5,16).<br />
«Queste cose però a voi d<strong>al</strong>l'inizio non ho detto, perché ero con voi»: prima c'era lui che<br />
interveniva ad incoraggiare e a <strong>di</strong>fendere i <strong>di</strong>scepoli in <strong>di</strong>fficoltà, a risolvere i loro problemi<br />
(17,12); ma ora egli se ne va ed essi devono sapere esattamente che cosa li attende nel<br />
futuro affinché non s’illudano, ma neppure soccombano <strong>al</strong>la paura.<br />
3. VADO DA COLUI CHE MI HA INVIATO (16,5-6)<br />
16.5 nu=n de\ u(pa/gw pro\j to\n pe/myanta/ me,<br />
kai\ ou)dei\j e)c u(mw=n e)rwt#= me, Pou= u(pa/geij;<br />
16.6 a)ll' o(/ti tau=ta lela/lhka u(mi=n<br />
h( lu/ph peplh/rwken u(mw=n th\n kar<strong>di</strong>/an.<br />
16,5 Adesso però vado da colui–che mi ha–inviato<br />
e nessuno <strong>di</strong> voi mi domanda: «Dove vai?»;<br />
16,6 ma poiché queste (cose) ho–detto a–voi,<br />
la tristezza ha–riempito il vostro cuore.<br />
«Adesso però vado da colui che mi ha inviato»: questo annuncio Gesù lo aveva già fatto<br />
ai Giudei (7,33) e l’ha ripetuto più volte agli stessi apostoli durante la cena (14,2.12.28).<br />
Ora lo <strong>di</strong>ce ancora una volta, con grande chiarezza, ben sapendo che i suoi hanno il<br />
desiderio <strong>di</strong> capire meglio dove sta andando, ma hanno anche il timore <strong>di</strong> chiedergli<br />
spiegazioni.<br />
«Nessuno <strong>di</strong> voi mi domanda: Dove vai?»: questa domanda, in re<strong>al</strong>tà, era già stata fatta<br />
(13,36; 14,5), ma non nel senso giusto. Gli apostoli pensavano ad un luogo materi<strong>al</strong>e. Ora<br />
Gesù li invita a riproporre la stessa domanda, nella speranza che facciano un passo verso<br />
l’<strong>al</strong>to e si aprano <strong>al</strong>la comprensione <strong>di</strong> una spiegazione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne spiritu<strong>al</strong>e. Egli vuole avere<br />
una nuova occasione per parlare loro del Padre e <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>mora.<br />
«La tristezza ha riempito il vostro cuore»: invece <strong>di</strong> chiedere luce sul mistero <strong>della</strong><br />
meravigliosa vita <strong>di</strong>vina, essi si sono fatti opprimere d<strong>al</strong>lo sconforto, perché, <strong>di</strong> tutto quello<br />
che egli ha annunciato, essi hanno percepito quasi solo il dramma <strong>della</strong> sua partenza e delle<br />
persecuzioni che li attendono. Il Maestro percepisce che la loro amarezza è molto penosa e<br />
veramente profonda: ha infatti riempito il loro cuore. Non vuole lasciarli in t<strong>al</strong>e stato e farà<br />
<strong>di</strong> tutto per sollevarli.<br />
4. SE PARTO VI MANDERÒ IL PARÁKLETOS (16,7)<br />
16.7 a)ll' e)gw\ th\n a)lh/qeian le/gw u(mi=n, sumfe/rei u(mi=n i(/na e)gw\ a)pe/lqw.<br />
e)a\n ga\r mh\ a)pe/lqw, o( para/klhtoj ou)k e)leu/setai pro\j u(ma=j:<br />
e)a\n de\ poreuqw=, pe/myw au)to\n pro\j u(ma=j.<br />
16,7 Ma io la verità <strong>di</strong>co a–voi: conviene a–voi che io parta.<br />
273
Se infatti non parto, il Parákletos non verrà a voi;<br />
se invece parto, lo manderò a voi.<br />
«Conviene a voi che io parta»: Gesù cerca <strong>di</strong> rivelare i motivi che rendono vantaggiosa,<br />
anzi, necessaria la sua partenza.<br />
«Se... non parto, il Parákletos non verrà a voi…»: il Cristo può inviare in pienezza ad<br />
essi, d<strong>al</strong>la <strong>di</strong>mora del Padre, lo Spirito <strong>San</strong>to solo dopo la sua gloriosa morte e risurrezione<br />
(cfr. 7,39). Senza l’intervento dello Spirito Advocatus, per i <strong>di</strong>scepoli non c’è pace, forza e<br />
sicurezza.<br />
5. EGLI ACCUSERÀ IL MONDO (16,8-11)<br />
16.8 kai\ e)lqw\n e)kei=noj e)le/gcei to\n ko/smon peri\ a(marti/aj<br />
kai\ peri\ <strong>di</strong>kaiosu/nhj kai\ peri\ kri/sewj:<br />
16.9 peri\ a(marti/aj me/n, o(/ti ou) pisteu/ousin ei)j e)me/:<br />
16.10 peri\ <strong>di</strong>kaiosu/nhj de/, o(/ti pro\j to\n pate/ra u(pa/gw kai\ ou)ke/ti qewrei=te/ me:<br />
16.11 peri\ de\ kri/sewj, o(/ti o( a)/rxwn tou= ko/smou tou/tou ke/kritai.<br />
16,8 E venendo egli accuserà il mondo <strong>di</strong> peccato<br />
e (lo indagherà) su(lla) giustizia e (lo confuterà) circa (il) giu<strong>di</strong>zio.<br />
16,9 Di peccato, perché non credono in me;<br />
16,10 poi, su(lla) giustizia, perché d<strong>al</strong> Padre vado e non mi vedrete (più);<br />
16,11 infine, circa (il) giu<strong>di</strong>zio, perché il principe <strong>di</strong> questo mondo è–giu<strong>di</strong>cato.<br />
«Accuserà il mondo <strong>di</strong> peccato…»: cioè <strong>di</strong>mostrerà, con prove convincenti, che il mondo<br />
ha commesso il terribile peccato <strong>di</strong> non credere <strong>al</strong> Signore Gesù, perché <strong>di</strong>ce la verità<br />
(8,45). Secondo il IV <strong>Vangelo</strong> il Padre e il Figlio hanno il potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care (5,22 b .27.30;<br />
8,16.26.50; 9,39) e, nello stesso tempo, tendono a non esercitarlo (3,17; 5,22 a ; 8,15; 12,47),<br />
ma a lasciare che sia la Parola <strong>di</strong> verità (12,48; Ebr 4,12) o lo Spirito a emettere il giu<strong>di</strong>zio.<br />
Infatti, il peccato del mondo è sostanzi<strong>al</strong>mente un peccato contro la verità e quin<strong>di</strong> contro lo<br />
Spirito <strong>San</strong>to (un peccato <strong>di</strong>abolico: 8,44). Nessuno invece può accusare Gesù <strong>di</strong> peccato<br />
(8,46).<br />
«Sulla giustizia…»: lo Spirito proverà che il mondo ha commesso l'ingiustizia <strong>di</strong> non<br />
accogliere il Cristo che invece si è sempre comportato con perfetta giustizia nelle parole e<br />
nelle azioni (cfr. 5,30; 7,18), cosicché il Padre adesso lo sta per accogliere presso <strong>di</strong> sé,<br />
celandolo per sempre agli occhi <strong>di</strong> tutti (perché d<strong>al</strong> Padre vado e non mi vedrete più).<br />
«Circa il giu<strong>di</strong>zio (krísis)…»: accuserà il mondo <strong>di</strong> aver commesso un giu<strong>di</strong>zio iniquo<br />
nei confronti <strong>di</strong> Cristo e quin<strong>di</strong> il mondo stesso ed il suo principe vengono definitivamente<br />
giu<strong>di</strong>cati, condannati e vinti (12,31). Gli apostoli daranno voce a questa requisitoria dello<br />
Spirito. Essi non devono usare <strong>al</strong>tre armi (ad es. la vendetta, la ritorsione…), ma la chiara<br />
denuncia <strong>di</strong> fatti evidenti che inchiodano gli avversari <strong>al</strong>le loro responsabilità.<br />
Atti 3 14 Voi avete rinnegato il <strong>San</strong>to e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un<br />
assassino 15 e avete ucciso l'autore <strong>della</strong> vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e <strong>di</strong> questo<br />
noi siamo testimoni.<br />
6. LO SPIRITO VI AVVIERÀ NELLA VERITÀ INTERA (16,12-15)<br />
16.12 )/Eti polla\ e)/xw u(mi=n le/gein,<br />
a)ll' ou) du/nasqe basta/zein a) /rti:<br />
16.13 o(/tan de\ e)/lqv e)kei=noj, to\ pneu=ma th=j a)lhqei/aj,<br />
o(dhgh/sei u(ma=j e)n tv= a)lhqei/# pa/sv:<br />
ou) ga\r l<strong>al</strong>h/sei a)f' e(autou=, a)ll' o(/sa a)kou/sei l<strong>al</strong>h/sei<br />
kai\ ta\ e)rxo/mena a)naggelei= u(mi=n.<br />
16.14 e)kei=noj e)me\ doca/sei, o(/ti e)k tou= e)mou= lh/myetai kai\ a)naggelei= u(mi=n.<br />
16.15 pa/nta o(/sa e)/xei o( path\r e)ma/ e)stin:<br />
274
<strong>di</strong>a\ tou=to ei)=pon o(/ti e)k tou= e)mou= lamba/nei kai\ a)naggelei= u(mi=n.<br />
16,12 Ancora molte (cose) ho (da) <strong>di</strong>re a–voi,<br />
ma non (le) potete portare adesso;<br />
16,13 Quando però verrà lui, lo Spirito <strong>della</strong> verità,<br />
vi avvierà nella verità intera.<br />
Infatti non parlerà da sé–stesso, ma quanto ascolta <strong>di</strong>rà<br />
e le (cose) che–verranno annuncerà a–voi.<br />
16,14 Egli mi glorificherà, perché d<strong>al</strong> mio prenderà e (lo) annuncerà a–voi.<br />
16,15 Tutto quel–che ha il Padre, è mio;<br />
per questo ho–detto che prende d<strong>al</strong> mio e (lo) annuncerà a–voi».<br />
«Ancora molte cose ho da <strong>di</strong>re a voi...»: il Maestro sa <strong>di</strong> non poter completare la sua<br />
scuola, perché manca il tempo, ma soprattutto perché gli apostoli non sono maturi per<br />
assimilare il suo insegnamento. Sono deboli, incapaci <strong>di</strong> portare un peso troppo gravoso.<br />
«Quando... verrà lui, lo Spirito <strong>della</strong> verità, vi avvierà (‘od-eghéo) nella verità intera »:<br />
l'unica cosa utile da fare in questa situazione è quella <strong>di</strong> insegnare loro ad affidarsi <strong>al</strong>lo<br />
Spirito. Quello che essi non riescono a capire adesso, lo capiranno in seguito, <strong>al</strong> momento<br />
giusto. Lo Spirito <strong>San</strong>to li aiuterà a conoscere e a vivere la verità in pienezza (14,26. Cfr.<br />
S<strong>al</strong> 25,5). Quest’azione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>cata con un verbo che contiene il concetto<br />
<strong>di</strong> strada, <strong>di</strong> cammino e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> progresso continuo (‘od-eghéo: avvio, instrado, conduco).<br />
Gesù stesso si era definito la via e la verità (14,6). Con la guida dello Spirito i <strong>di</strong>scepoli la<br />
percorreranno sino in fondo. E già nel suo <strong>Vangelo</strong> <strong>Giovanni</strong> conferma quanto Gesù pre<strong>di</strong>ce<br />
circa la comprensione <strong>della</strong> verità: ad es. riguardo <strong>al</strong> segno del tempio (2,22) o circa<br />
l’ingresso in Gerus<strong>al</strong>emme (12,16).<br />
«Quanto ascolta <strong>di</strong>rà e le cose che verranno annuncerà a voi»: lo Spirito non si inventa<br />
arbitrariamente le cose. Egli è in ascolto del Padre e del Figlio. La sua parola interiore potrà<br />
quin<strong>di</strong> istruire veramente i <strong>di</strong>scepoli sia su quello che Gesù ha detto e su quello che Dio ha<br />
nella sua mente (profezia <strong>di</strong> ciò che è o è stato), sia su quello che sta per avvenire (profezia<br />
<strong>di</strong> ciò che sarà).<br />
«Mi glorificherà, perché d<strong>al</strong> mio prenderà…»: lo Spirito non viene a svelare una nuova<br />
dottrina, ma utilizza e conferma quella insegnata da Gesù. Ogni volta che lo Spirito<br />
annuncia e svela le verità dette da Gesù, questi è glorificato, perché in t<strong>al</strong> modo viene<br />
<strong>di</strong>mostrato che egli è l’autentico Maestro, verace e <strong>di</strong>vinamente sapiente.<br />
«Tutto quel che ha il Padre, è mio»: Gesù precisa subito che le parole e le verità che egli<br />
annuncia provengono d<strong>al</strong> Padre (14,24). Egli, pieno <strong>di</strong> umiltà, cerca sempre e solo la gloria<br />
del Padre suo.<br />
- II - NESSUNO VI RAPIRÀ LA VOSTRA GIOIA<br />
1. TRA POCO MI VEDRETE (16,16-18)<br />
16.16 Mikro\n kai\ ou)ke/ti qewrei=te/ me, kai\ pa/lin mikro\n kai\ o)/yesqe/ me.<br />
16.17 ei)=pan ou)=n e)k tw=n maqhtw=n au)tou= pro\j a)llh/louj,<br />
Ti/ e)stin tou=to o(\ le/gei h(mi=n,<br />
Mikro\n kai\ ou) qewrei=te/ me, kai\ pa/lin mikro\n kai\ o)/yesqe/ me;<br />
kai/, (/Oti u(pa/gw pro\j to\n pate/ra;<br />
6.18 e)/legon ou)=n,<br />
Ti/ e)stin tou=to o(\ le/gei to\ mikro/n; ou)k oi)/damen ti/ l<strong>al</strong>ei=.<br />
16,16 «(Un) poco e non mi vedrete (più) e <strong>di</strong>–nuovo (un) poco e mi vedrete».<br />
16,17 Dissero dunque (<strong>al</strong>cuni) dei suoi <strong>di</strong>scepoli tra <strong>di</strong>–loro:<br />
«Che è questo che <strong>di</strong>ce a–noi:<br />
(Un) poco e non mi vedrete e <strong>di</strong>–nuovo (un) poco e mi vedrete?<br />
e: Vado presso il Padre?».<br />
16,18 Dicevano dunque:<br />
275
«Che è questo 'un poco', che <strong>di</strong>ce? Non sappiamo che (cosa) <strong>di</strong>ce».<br />
«Un poco e non mi vedrete più e <strong>di</strong> nuovo un poco e mi vedrete»: come già detto, poco<br />
tempo rimane <strong>al</strong>la sua partenza (13,23) ed egli sta per <strong>di</strong>ventare invisibile a tutti (10). Gesù<br />
profetizza ancora una volta il suo andare presso il Padre e il suo ritorno fra i suoi che, dopo<br />
la risurrezione, lo rivedranno. Gli preme <strong>di</strong> far capire il vero senso <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>partita e del<br />
suo ritorno: il senso gioioso, es<strong>al</strong>tante, spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«Che è questo che <strong>di</strong>ce a noi: Un poco e non mi vedrete... e vado presso il Padre?»: gli<br />
apostoli continuano a non comprendere le affermazioni <strong>di</strong> Gesù: egli pre<strong>di</strong>ce, insegna,<br />
esorta, ma gli apostoli non si capacitano, non riescono ad orizzontarsi. Anzi, quanto più<br />
sentono queste pre<strong>di</strong>zioni, tanto più restano confusi.<br />
2. LA VOSTRA TRISTEZZA SI CAMBIERÀ IN GIOIA (16,19-20)<br />
16.19 e)/gnw o( )Ihsou=j o(/ti h)/qelon au)to\n e)rwta=n, kai\ ei)=pen au)toi=j,<br />
Peri\ tou/tou zhtei=te met' a)llh/lwn o(/ti ei)=pon,<br />
Mikro\n kai\ ou) qewrei=te/ me, kai\ pa/lin mikro\n kai\ o)/yesqe/ me;<br />
16.20 a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n o(/ti<br />
klau/sete kai\ qrhnh/sete u(mei=j, o( de\ ko/smoj xarh/setai.<br />
u(mei=j luphqh/sesqe, a)ll' h( lu/ph u(mw=n ei)j xara\n genh/setai.<br />
16,19 Gesù capì che lo volevano interrogare e <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Circa questo indagate fra <strong>di</strong>–voi perché ho–detto:<br />
(Un) poco e non mi vedrete e <strong>di</strong>–nuovo (un) poco e mi vedrete?<br />
16,20 Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi:<br />
voi piangerete e vi–lamenterete; invece il mondo gioirà;<br />
voi vi–rattristerete, ma la vostra tristezza si–cambierà in gioia.<br />
«Gesù capì che lo volevano interrogare...»: il Maestro aveva stimolato i <strong>di</strong>scepoli <strong>al</strong><br />
<strong>di</strong><strong>al</strong>ogo chiarificatore, a fare una domanda esplicita (5), ma essi non ne avevano avuto il<br />
coraggio o, perlomeno, non avevano trovato le parole giuste. E anche adesso si limitano a<br />
inviare dei segn<strong>al</strong>i non verb<strong>al</strong>i per <strong>di</strong>re che hanno bisogno <strong>di</strong> più chiarezza.<br />
«Circa questo indagate fra voi...»: Gesù conosce i problemi dei suoi e sa che fino a<br />
quando si limitano a <strong>di</strong>scutere tra loro o a trasmettersi reciprocamente le proprie incertezze,<br />
non arrivano da nessuna parte. Egli tuttavia risponde <strong>al</strong> loro problema, prendendo il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>al</strong>la larga. Non dà una spiegazione <strong>di</strong>retta e pertinente <strong>al</strong>la domanda inespressa, ma punta a<br />
risolvere innanzi tutto la <strong>di</strong>fficoltà psicologica dei suoi <strong>di</strong>scepoli, <strong>di</strong>fficoltà che con<strong>di</strong>ziona<br />
molto il clima, in cui il <strong>di</strong>scorso viene fatto, e lo rende pesante. Desidera affermare, ancora<br />
una volta, che la loro tristezza verrà presto superata. Pertanto cerca <strong>di</strong> evidenziare ancora<br />
una volta i risultati positivi <strong>della</strong> sua partenza per quanto li riguarda.<br />
«Voi piangerete e vi lamenterete... il mondo gioirà»: l'effetto <strong>della</strong> scomparsa del<br />
Maestro sarà, sì, quello <strong>di</strong> una grande tristezza che si esprimerà nel pianto e nel lamento,<br />
mentre il mondo si r<strong>al</strong>legrerà <strong>di</strong> questo come <strong>della</strong> propria vittoria. Questo fatto aumenterà<br />
la loro pena.<br />
«Ma la vostra tristezza si cambierà in gioia»: Gesù però assicura ai suoi il trionfo tot<strong>al</strong>e<br />
<strong>della</strong> loro gioia. Essa non sarà solo una gioia che viene dopo la sofferenza, ma una gioia che<br />
nasce da essa, perché sta già <strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> essa. La loro felicità infatti è la stessa tristezza<br />
trasfigurata, che appunto per questo è molto più v<strong>al</strong>ida e consistente <strong>di</strong> ogni <strong>al</strong>tra. Infatti,<br />
t<strong>al</strong>e gioia promessa è la vera beatitu<strong>di</strong>ne evangelica che sa coniugare afflizione psicologica e<br />
consolazione spiritu<strong>al</strong>e (Mt 5,4, Lc 6,21). Ne consegue che quanto maggiore è stata la pena,<br />
tanto più grande sarà la felicità (20,20).<br />
3. L'ICONA DELLA DONNA CHE PARTORISCE (16,21-22)<br />
16.21 h( gunh\ o(/tan ti/ktv lu/phn e)/xei, o(/ti h)=lqen h( w(/ra au)th=j:<br />
276
o(/tan de\ gennh/sv to\ pai<strong>di</strong>/on,<br />
ou)ke/ti mnhmoneu/ei th=j qli/yewj <strong>di</strong>a\ th\n xara\n<br />
o(/ti e)gennh/qh a)/nqrwpoj ei)j to\n ko/smon.<br />
16.22 kai\ u(mei=j ou)=n nu=n me\n lu/phn e)/xete:<br />
pa/lin de\ o)/yomai u(ma=j, kai\ xarh/setai u(mw=n h( kar<strong>di</strong>/a,<br />
kai\ th\n xara\n u(mw=n ou)dei\j ai)/rei a)f' u(mw=n.<br />
16,21 La donna, quando partorisce, ha tristezza, perché è–giunta la sua Ora;<br />
quando però ha partorito il bambino,<br />
non si–ricorda (più) <strong>della</strong> tribolazione a–causa <strong>della</strong> gioia,<br />
perché è–nato (un) uomo <strong>al</strong> mondo.<br />
16,22 Anche voi dunque adesso avete tristezza;<br />
<strong>di</strong>–nuovo però vi vedrò e gioirà il vostro cuore<br />
e la vostra gioia nessuno rapirà da voi.<br />
«La donna, quando partorisce, ha tristezza, perché è giunta la sua Ora»: la menzione<br />
dell'ORA fa capire che la donna, che genera un figlio, in<strong>di</strong>ca innanzi tutto Gesù, che come<br />
un chicco <strong>di</strong> grano, è fecondo solo nella sofferenza. Però in<strong>di</strong>ca chiaramente anche i<br />
<strong>di</strong>scepoli (o la Chiesa) che ora sono nello sgomento (Os 13,13). Non può mancare tuttavia<br />
un’<strong>al</strong>lusione a Maria che a Cana viene chiamata Donna, quando sta per giungere l’Ora delle<br />
nozze, e che anche presso la croce viene chiamata Donna, mentre le è affidato un nuovo<br />
figlio.<br />
«Non si ricorda più <strong>della</strong> tribolazione a causa <strong>della</strong> gioia…»: la sofferenza <strong>di</strong> tutti i<br />
personaggi appena in<strong>di</strong>cati è essenzi<strong>al</strong>mente produttiva, come lo sono le doglie del parto,<br />
perché nasce una nuova umanità (cfr. Is 66,8: Sion, appena sentito i dolori, ha partorito<br />
figli…).<br />
«Di nuovo vi vedrò e gioirà il vostro cuore»: Gesù profetizza la sua risurrezione e le<br />
apparizioni che riempiranno <strong>di</strong> gioia il cuore degli apostoli (Is 66,14). Nel cuore prima c’era<br />
la tristezza (6), poi ci sarà la gioia. In questo v. egli afferma che è lui a vedere i suoi.<br />
Intuiamo così che la gioia dell’incontro non è vissuta solo dai <strong>di</strong>scepoloi, ma anche da Gesù<br />
stesso: anche per lui si tratta <strong>di</strong> una felicità vera e profonda che ha sede nel suo cuore.<br />
«E la vostra gioia nessuno rapirà»: questa è la più bella rassicurazione. L’esultanza del<br />
mondo è effimera e fugace, quella cristiana eterna e indefettibile. I nemici non possono far<br />
nulla per eliminare questa letizia.<br />
4. CHIEDETE AFFINCHÉ LA GIOIA VOSTRA SIA PIENA (16,23-24)<br />
16.23 kai\ e)n e)kei/nv tv= h(me/r# e)me\ ou)k e)rwth/sete ou)de/n.<br />
a)mh\n a)mh\n le/gw u(mi=n,<br />
a)/n ti ai)th/shte to\n pate/ra e)n t%= o)no/mati/ mou dw/sei u(mi=n.<br />
16.24 e(/wj a)/rti ou)k v)th/sate ou)de\n e)n t%= o)no/mati/ mou:<br />
ai)tei=te kai\ lh/myesqe, i(/na h( xara\ u(mw=n v)= peplhrwme/nh.<br />
16,23 E in quel giorno non mi chiederete nulla.<br />
Amen, amen <strong>di</strong>co a–voi,<br />
se chiederete qu<strong>al</strong>cosa <strong>al</strong> Padre, (la) darà a–voi nel nome mio.<br />
16,24 Finora non avete–chiesto nulla nel nome mio;<br />
chiedete e otterrete, affinché la gioia vostra sia piena».<br />
«In quel giorno non mi chiederete nulla»: perché nulla mancherà <strong>al</strong>la felicità dei fedeli.<br />
«Se chiederete qu<strong>al</strong>cosa <strong>al</strong> Padre, la darà a voi nel nome mio»: ricor<strong>di</strong>amo che nel nome<br />
<strong>di</strong> Gesù il Padre manda nientemeno che il Parákletos (14,26).<br />
«Chiedete e otterrete, affinché la gioia vostra sia piena»: Gesù pertanto invita tutti i<br />
presenti a pregare nel suo nome, visto che, non avendo ancora compreso il suo ruolo <strong>di</strong><br />
Me<strong>di</strong>atore, proprio del Figlio dell’Uomo, non sono abituati a farlo. Il risultato <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e<br />
preghiera è quello <strong>di</strong> ottenere la grazia <strong>di</strong> una gioia piena, ben più v<strong>al</strong>ida dei piaceri che il<br />
mondo sa dare. Dunque, le caratteristiche <strong>della</strong> gioia cristiana sono la profon<strong>di</strong>tà (sta nel<br />
277
cuore), la sicurezza (è <strong>al</strong> riparo d<strong>al</strong>la rapina) e la pienezza (sazia completamente). Nei<br />
<strong>di</strong>scorsi <strong>della</strong> Cena il Maestro parla <strong>di</strong> gioia per ben 9 volte: è motivo <strong>di</strong> gioia il suo ritorno<br />
<strong>al</strong> Padre (14,28), il rimanere nel suo amore dona la gioia perfetta (quella sua: 15,11),<br />
produce gioia la nascita <strong>di</strong> un uomo nuovo (16,21), è causa <strong>di</strong> gioia sicura il rivederlo<br />
(16,22), è fonte <strong>di</strong> gioia piena l’essere esau<strong>di</strong>ti (16,24); da ultimo, è fin<strong>al</strong>izzata <strong>al</strong>la gioia<br />
completa la grande preghiera <strong>di</strong> Gesù <strong>al</strong> Padre (17,13).<br />
- III - AVETE CREDUTO CHE IO SONO USCITO DA DIO<br />
1. NON PARLERÒ PIÙ CON SIMILITUDINI (16,25)<br />
16.25 Tau=ta e)n paroimi/aij lela/lhka u(mi=n:<br />
e)/rxetai w(/ra o(/te ou)ke/ti e)n paroimi/aij l<strong>al</strong>h/sw u(mi=n,<br />
a)lla\ parrhsi/# peri\ tou= patro\j a)paggelw= u(mi=n.<br />
16,25 «Queste (cose) in similitu<strong>di</strong>ni ho–detto a–voi;<br />
viene (l')Ora in–cui non–più in similitu<strong>di</strong>ni parlerò a–voi,<br />
ma con–chiarezza circa il Padre annuncerò a–voi.<br />
«Queste (cose) in similitu<strong>di</strong>ni (paroimía) ho detto a voi»: la parola paroimía era già stata<br />
usata da <strong>Giovanni</strong> in 10,6 per in<strong>di</strong>care la metafora del pastore che entra per la porta delle<br />
pecore. T<strong>al</strong>e linguaggio aveva incontrato delle <strong>di</strong>fficoltà da parte degli ascoltatori che non<br />
ne capivano il significato. Non è facile acquisire la ment<strong>al</strong>ità simbolica che ci porta a vivere<br />
le esperienze e le re<strong>al</strong>tà terrene come figura e scuola <strong>della</strong> vita spiritu<strong>al</strong>e. Gli stessi apostoli<br />
facevano fatica a capire, come nel caso in cui Gesù aveva annunciato la morte <strong>di</strong> Lazzaro<br />
parlando <strong>di</strong> un sonno: essi ne fraintesero il senso, fino a quando non parlò loro apertamente<br />
(parresía: 11,14). Durante la cena Gesù ha parlato <strong>di</strong> casa del Padre, <strong>di</strong> vite e <strong>di</strong> tr<strong>al</strong>ci, e<br />
adesso ha appena parlato <strong>di</strong> una donna partoriente.<br />
«Viene l'Ora...»: questa è l'Ora <strong>della</strong> rivelazione esplicita. Gesù ha usato finora paragoni,<br />
immagini e figure. È giunta l'Ora <strong>di</strong> usare un modo <strong>di</strong> parlare più <strong>di</strong>retto.<br />
«Con chiarezza (parresía) circa il Padre annuncerò»: pensiamo che Gesù, facendo<br />
questa promessa, voglia avvertire gli apostoli che egli sta per fare un <strong>di</strong>scorso speci<strong>al</strong>e,<br />
affinché ne apprezzino tutta l’origin<strong>al</strong>tà e tutto il v<strong>al</strong>ore (si tratta, non solo dei prossimi vv.<br />
26-28, ma soprattutto <strong>della</strong> grande preghiera <strong>al</strong> Padre, nella qu<strong>al</strong>e mostrerà d<strong>al</strong> vivo i segreti<br />
<strong>della</strong> vita <strong>di</strong>vina: cap. 17).<br />
2. IL PADRE VI AMA (16,26-28)<br />
16.26 e)n e)kei/nv tv= h(me/r# e)n t%= o)no/mati/ mou ai)th/sesqe,<br />
kai\ ou) le/gw u(mi=n o(/ti e)gw\ e)rwth/sw to\n pate/ra peri\ u(mw=n:<br />
16.27 au)to\j ga\r o( path\r filei= u(ma=j,<br />
o(/ti u(mei=j e)me\ pefilh/kate<br />
kai\ pepisteu/kate o(/ti e)gw\ para\ tou= qeou= e)ch=lqon.<br />
16.28 e)ch=lqon para\ tou= patro\j kai\ e)lh/luqa ei)j to\n ko/smon:<br />
pa/lin a)fi/hmi to\n ko/smon kai\ poreu/omai pro\j to\n pate/ra.<br />
16,26 In quel giorno nel nome mio chiederete<br />
e non vi <strong>di</strong>co che io pregherò il Padre per voi;<br />
16,27 infatti lo stesso Padre vi ama (da amico),<br />
perché voi mi avete–amato (da amici)<br />
e avete–creduto che io da Dio sono–uscito.<br />
16,28 Sono–uscito d<strong>al</strong> Padre e sono–venuto nel mondo;<br />
<strong>di</strong>–nuovo lascio il mondo e vado presso il Padre».<br />
«In quel giorno nel nome mio chiederete...»: nel giorno <strong>della</strong> chiarezza, cioè quando gli<br />
apostoli giungeranno <strong>al</strong>la piena conoscenza del Padre, pregando nel nome <strong>di</strong> Gesù e<br />
imitando il suo stesso modo <strong>di</strong> pregare (cfr. cap. 17), otterranno subito e <strong>di</strong>rettamente quello<br />
278
che chiedono, senza che Gesù abbia bisogno <strong>di</strong> avv<strong>al</strong>orare ulteriormente le loro parole.<br />
Questo è dovuto <strong>al</strong> fatto che sono figli amati da Dio, ma anche <strong>al</strong> fatto che Gesù sta per<br />
rivolgere a loro favore un’unica, grande e definitiva preghiera (cap. 17).<br />
«Infatti lo stesso Padre vi ama,...»: d<strong>al</strong> momento che essi sono amici <strong>di</strong> Gesù e credono<br />
in lui come Figlio <strong>di</strong> Dio (essi sono una cosa sola con lui: 17,21.26), il Padre usa loro<br />
benevolenza (14,21.23) e li esau<strong>di</strong>sce con amore (cfr. anche 15,7). Dio è amore: per noi<br />
amarlo vuol <strong>di</strong>re pregarlo, per lui amarci vuol <strong>di</strong>re farci accedere <strong>di</strong>rettamente a lui ed<br />
esau<strong>di</strong>rci, superando, in qu<strong>al</strong>che modo, la stessa me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Cristo, pur sempre<br />
in<strong>di</strong>spensabile (dato che comunque non esclu<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> pregare nel suo nome). Cristo infatti,<br />
dopo le prime parole <strong>della</strong> nostra preghiera, tende quasi a mettersi da parte per dare sommo<br />
ris<strong>al</strong>to <strong>al</strong>la bontà del Padre e così favorire il nostro <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo <strong>di</strong>retto con lui. In t<strong>al</strong> modo egli<br />
evidenzia tutta la nostra <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> veri figli.<br />
«Sono uscito d<strong>al</strong> Padre... sono venuto nel mondo... lascio il mondo e vado presso il<br />
Padre»: Gesù conclude il suo insegnamento, facendo una sintesi <strong>della</strong> sua vicenda<br />
person<strong>al</strong>e: <strong>di</strong>segna un cerchio perfetto, nel qu<strong>al</strong>e il punto <strong>di</strong> partenza e quello <strong>di</strong> arrivo è il<br />
Padre. Questa è l’ultima volta che afferma <strong>di</strong> ritornare presso il Padre. <strong>Giovanni</strong> in 13,3-5<br />
<strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver capito bene che tutta la vicenda <strong>di</strong> Cristo è stata caratterizzata<br />
d<strong>al</strong>l’obbe<strong>di</strong>enza quando scrive: Sapendo che era venuto da Dio e a Dio ritornava…<br />
cominciò a lavare i pie<strong>di</strong> dei <strong>di</strong>scepoli. L’origine e la destinazione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> Gesù non sono<br />
in contrad<strong>di</strong>zione con tutta la sua opera, fin<strong>al</strong>izzata <strong>al</strong> più umile servizio dei fratelli.<br />
3. CREDIAMO CHE SEI USCITO DA DIO (16,29-30)<br />
16.29 Le/gousin oi( maqhtai\ au)tou=,<br />
)/Ide nu=n e)n parrhsi/# l<strong>al</strong>ei=j kai\ paroimi/an ou)demi/an le/geij.<br />
16.30 nu=n oi)/damen o(/ti oi)=daj pa/nta kai\ ou) xrei/an e)/xeij i(/na ti/j se e)rwt#=:<br />
e)n tou/t% pisteu/omen o(/ti a)po\ qeou= e)ch=lqej.<br />
16,29 Dicono i suoi <strong>di</strong>scepoli:<br />
«Ecco, adesso parli con–chiarezza e non <strong>di</strong>ci nessuna similitu<strong>di</strong>ne.<br />
16,30 Adesso sappiamo che sai tutto e non hai bisogno che <strong>al</strong>cuno ti interroghi;<br />
per questo cre<strong>di</strong>amo che da Dio sei–uscito».<br />
«Ecco, adesso parli con chiarezza...»: fin<strong>al</strong>mente i <strong>di</strong>scepoli, che tuttavia non hanno<br />
ancora ben assimilato la ment<strong>al</strong>ità simbolica, hanno l'impressione <strong>di</strong> capire meglio il<br />
<strong>di</strong>scorso quando Gesù abbandona lo stile <strong>della</strong> parabola.<br />
«Ora sappiamo che sai tutto... per questo cre<strong>di</strong>amo...»: fanno una decisa professione <strong>di</strong><br />
fede nella sua scienza superiore e nella sua provenienza <strong>di</strong>vina.<br />
4. NON SONO SOLO POICHÈ IL PADRE È CON ME (16,31-32)<br />
16.31 a)pekri/qh au)toi=j )Ihsou=j, )/Arti pisteu/ete;<br />
16.32 i)dou\ e)/rxetai w(/ra kai\ e)lh/luqen<br />
i(/na skorpisqh=te e(/kastoj ei)j ta\ i)/<strong>di</strong>a ka)me\ mo/non a)fh=te:<br />
kai\ ou)k ei)mi\ mo/noj, o(/ti o( path\r met' e)mou= e)stin.<br />
16,31 Rispose loro Gesù: «Adesso credete?<br />
16,32 Ecco, giunge (l')Ora, anzi è giunta,<br />
che vi–<strong>di</strong>sperderete ciascuno verso le proprie (cose) e–mi lascerete solo;<br />
ma non sono solo, poiché il Padre è con me.<br />
«Adesso credete?...»: per il Signore la nostra fede non è mai abbastanza pronta e forte.<br />
«Ecco giunge l'Ora... che vi <strong>di</strong>sperderete...»: Gesù in particolare sa che la fede dei suoi è<br />
ancora fragile e quin<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>ce la loro fuga e il loro ce<strong>di</strong>mento, così come aveva fatto con<br />
Pietro (13,38).<br />
279
«Mi lascerete solo»: più volte, secondo la testimonianza del <strong>Vangelo</strong>, Gesù ha vissuto<br />
momenti <strong>di</strong> incomprensione e <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne. Durante la passione questa solitu<strong>di</strong>ne<br />
raggiungerà il massimo grado.<br />
«Il Padre è con me»: Gesù però riba<strong>di</strong>sce la sua certezza, che lo sostiene in ogni<br />
momento: il Padre non lo abbandona mai (8,29).<br />
5. ABBIATE CORAGGIO, IO HO VINTO IL MONDO (16,33)<br />
16.33 tau=ta lela/lhka u(mi=n i(/na e)n e)moi\ ei)rh/nhn e)/xhte:<br />
e)n t%= ko/sm% qli=yin e)/xete,<br />
a)lla\ qarsei=te, e)gw\ neni/khka to\n ko/smon.<br />
16,33 Queste (cose) ho–detto a–voi, affinché in me abbiate pace.<br />
Nel mondo avrete tribolazione;<br />
ma abbiate–coraggio, io ho–vinto il mondo».<br />
«Queste cose ho detto a voi»: Gesù ama motivare le sue affermazioni, vuole essere<br />
chiaro <strong>al</strong> massimo e far capire le sue vere intenzioni. È la quarta volta che lo fa nei <strong>di</strong><strong>al</strong>oghi<br />
<strong>della</strong> Cena: qui afferma che parla per dare pace (15,11: per dare gioia; 16,1: per evitare lo<br />
scand<strong>al</strong>o; 16,4: per lasciare un ricordo v<strong>al</strong>ido).<br />
«Affinché in me abbiate pace»: Gesù conclude appunto il suo secondo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo spiegando<br />
l’ultimo motivo, quello supremo, per cui ha parlato: la Pace dei <strong>di</strong>scepoli. Egli si esprime in<br />
un modo molto interessante: PACE in ME. Si tratta <strong>della</strong> Pace messianica, <strong>della</strong> somma <strong>di</strong><br />
tutti i beni spiritu<strong>al</strong>i, del frutto più gustoso <strong>della</strong> comunione con lui. Dobbiamo dunque<br />
vedere nella Pace la sintesi suprema <strong>di</strong> tutto ciò che il Maestro ha desiderato e ancora<br />
desidera ardentemente comunicare ai <strong>di</strong>scepoli.<br />
«Nel mondo avrete tribolazione»: nel Cristo essi hanno pace, nel mondo sofferenza. Il<br />
mondo è qui presentato come il netto contrario <strong>di</strong> Cristo, perché in esso opera il mistero del<br />
m<strong>al</strong>e che fa soffrire; in Gesù invece opera il mistero del bene che dona pace e gioia. La pace<br />
infatti sarà il primo dono fatto d<strong>al</strong> Risorto ai suoi amici (20,19.21) e, insieme <strong>al</strong>la gioia<br />
(15,11) è il dono che Gesù chiama suo (14,27).<br />
«Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo»: il <strong>di</strong>scorso non poteva finire in un modo più<br />
bello e convincente: con un'esortazione <strong>al</strong>la FIDUCIA nella certezza <strong>della</strong> VITTORIA che,<br />
a motivo <strong>della</strong> ment<strong>al</strong>ità anticipatrice, è presentata come una re<strong>al</strong>tà già attuata (cfr. 12,31).<br />
1 Gv 5,4 Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha<br />
sconfitto il mondo: la nostra fede.<br />
RIFLESSIONI SU QUESTA UNITÀ<br />
La TESTIMONIANZA che lo Spirito renderà a Gesù e che i <strong>di</strong>scepoli, animati d<strong>al</strong>lo<br />
Spirito, porteranno avanti sarà l’occasione <strong>di</strong> una violenta persecuzione contro <strong>di</strong> loro (cfr.<br />
15,18.25). Ma il Parákletos, inviato da Cristo, giu<strong>di</strong>cherà e condannerà il MONDO e il suo<br />
PRINCIPE, mentre introdurrà gli apostoli <strong>al</strong>la VERITÀ tutta intera e, in t<strong>al</strong> modo,<br />
glorificherà il Cristo stesso.<br />
Qu<strong>al</strong>e è il senso <strong>di</strong> tutto questo? D<strong>al</strong>la sofferenza e d<strong>al</strong>la fatica nascerà una GIOIA<br />
PIENA che nessuno potrà eliminare. Per illustrare meglio questa promessa, Gesù descrive la<br />
feconda FIGURA <strong>della</strong> DONNA CHE PARTORISCE, la qu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>mentica la sua sofferenza<br />
per la GIOIA <strong>di</strong> aver dato <strong>al</strong>la luce il suo bambino, simbolo dell’uomo nuovo.<br />
Gesù infine invita gli apostoli <strong>al</strong>la preghiera <strong>al</strong> PADRE nel suo NOME e ne assicura<br />
l'esau<strong>di</strong>mento, perché essi lo amano e credono nella sua origine <strong>di</strong>vina e nel suo ritorno<br />
presso il Padre, il qu<strong>al</strong>e, nonostante il loro sbandamento durante la passione, vuole loro<br />
sempre bene.<br />
280
CONCLUSIONE DEL SECONDO DIALOGO<br />
AMORE e GIOIA sono i temi centr<strong>al</strong>i <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso: essi sono una re<strong>al</strong>tà presente<br />
ed una promessa per il futuro. Il PADRE ed il CRISTO assicurano questi doni me<strong>di</strong>ante<br />
l'invio dello SPIRITO SANTO, l'<strong>al</strong>tro Parácletos, che rimarrà per sempre nei credenti.<br />
L'ODIO del mondo, che è la maggiore causa <strong>di</strong> sofferenza, non fa che accentuare la<br />
bellezza dell'amore e <strong>della</strong> pace che Cristo non solo promette, ma comincia a donare,<br />
avendo egli già vinto il mondo.<br />
La figura del PADRE è associata a quella del vignaiolo; quella del FIGLIO a quella <strong>della</strong><br />
vite, dell'amico, <strong>della</strong> donna che partorisce; quella dello SPIRITO <strong>al</strong> Parácletos<br />
(<strong>al</strong>l’Avvocato), che condanna il mondo e <strong>di</strong>fende Gesù ed i suoi.<br />
I DISCEPOLI sono paragonati ai tr<strong>al</strong>ci potati e fruttuosi e sono chiamati amici (non più<br />
servi); anch'essi sono rappresentati d<strong>al</strong>la donna che soffre nel parto, per generare<br />
un’umanità rinnovata.<br />
Viene stimolata la FEDE verso Gesù, come colui che esce d<strong>al</strong> Padre, come un bimbo che<br />
nasce d<strong>al</strong>la donna (non si può negare un riferimento a Maria). Vengono anche proposti<br />
l’AMORE e l’AMICIZIA più gran<strong>di</strong> possibili, fino <strong>al</strong> sacrificio <strong>della</strong> propria vita.<br />
L’osservanza dei comandamenti del Maestro fa sì che il credente rimanga in lui e nel suo<br />
amore, come egli rimane, pieno <strong>di</strong> sicurezza, nell'amore del Padre.<br />
In Gv 13-16 vi sono molti brani ricchissimi utili per animare la veglia del Giovedì <strong>San</strong>to e quella <strong>della</strong><br />
Vigilia <strong>di</strong> Pentecoste.<br />
281
282
PADRE, SIANO UNO, COME NOI Unità 28<br />
La preghiera sacerdot<strong>al</strong>e dell'Ora per l'unità perfetta (Gv 17)<br />
Gesù, dopo averci fatto giungere ad un vertice che sembrava insuperabile, è solito farci<br />
intravedere subito un'<strong>al</strong>tra vetta ancora più <strong>al</strong>ta. V<strong>al</strong>e anche per noi quanto detto a<br />
Natanaele: «Vedrai cose maggiori!» (1,50). Anche ora, dopo i <strong>di</strong>scorsi dell'Ultima Cena, in<br />
cui ci ha parlato dei segreti <strong>della</strong> vita trinitaria, il Maestro ci sorprende, perché nella sua<br />
preghiera sacerdot<strong>al</strong>e, non solo ci parla del Padre, ma ci fa partecipi <strong>di</strong>retti del suo <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo<br />
con lui. Egli, che aveva invitato la Samaritana <strong>al</strong>l'adorazione in Spirito e Verità, ci dà ora<br />
una <strong>di</strong>mostrazione viva <strong>di</strong> come lui stesso la re<strong>al</strong>izza e ci propone così la più <strong>al</strong>ta SCUOLA<br />
DI PREGHIERA. Nei paragrafi contrassegnati da un asterisco (*) metteremo in evidenza<br />
<strong>al</strong>cune caratteristiche del metodo <strong>di</strong> preghiera del Figlio, con l’intenzione <strong>di</strong> carpirne i<br />
segreti.<br />
La preghiera del cap. 17 si <strong>di</strong>stingue d<strong>al</strong> genere dei <strong>di</strong>scorsi e per questo può costituire un<br />
momento a parte (il quinto). In essa Gesù tocca molti argomenti che possono essere<br />
riassunti nel tema <strong>della</strong> perfetta UNITÀ e <strong>della</strong> COMUNIONE. Abbiamo <strong>di</strong>viso il testo in<br />
tre parti: nella prima Gesù prega per sé, chiedendo <strong>di</strong> essere glorificato; nella seconda prega<br />
per i <strong>di</strong>scepoli presenti e nella terza intercede anche per i credenti futuri.<br />
- I - PADRE, GLORIFICA IL TUO FIGLIO<br />
Le figure che ris<strong>al</strong>tano subito in questa parte sono quelle del PADRE e del FIGLIO<br />
(termine usato <strong>di</strong> proposito <strong>al</strong> posto del semplice io per evidenziare t<strong>al</strong>e figura). Le parolechiave<br />
sono: VITA ETERNA, CONOSCENZA, GLORIA.<br />
1. PADRE, È GIUNTA L'ORA (17,1)<br />
17.1 Tau=ta e)la/lhsen )Ihsou=j,<br />
kai\ e)pa/raj tou\j o)fq<strong>al</strong>mou\j au)tou= ei)j to\n ou)rano\n ei)=pen,<br />
Pa/ter, e)lh/luqen h( w(/ra:<br />
do/caso/n sou to\n ui(o/n, i(/na o( ui(o\j doca/sv se/,<br />
17,1 Queste (cose) <strong>di</strong>sse Gesù,<br />
ed elevati i suoi occhi verso il cielo, <strong>di</strong>sse:<br />
«Padre, è–giunta l'Ora:<br />
glorifica il tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te,<br />
«Queste cose <strong>di</strong>sse Gesù»: terminati i <strong>di</strong>scorsi in cui ha parlato del Padre, adesso parla <strong>al</strong><br />
Padre, dando inizio ad una delle sue preghiere più belle e prolungate. Trasforma in<br />
preghiera i vari argomenti fin a qui toccati.<br />
«Elevati i suoi occhi verso il cielo»: il cambiamento <strong>di</strong> interlocutore è in<strong>di</strong>cato da una<br />
<strong>di</strong>versa <strong>di</strong>rezione dello sguardo. Come nel ringraziamento per la risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro<br />
(11,41), così ora Gesù ALZA lo sguardo verso il CIELO. Questo è il segno dell’elevazione<br />
del suo spirito a Dio. Se la preghiera è vera, anche il corpo è partecipe, per il fatto che esso è<br />
l'in<strong>di</strong>spensabile strumento (sacramento) dell'anima.<br />
«Padre, è giunta l'Ora»: Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre (6 volte nel cap. 17).<br />
È molto significativo che Gesù annunci la definitiva venuta dell'ORA, tanto attesa e temuta<br />
(e già anticipata a Cana), in un clima <strong>di</strong> preghiera <strong>al</strong> Padre suo: questa è l'Ora del ritorno<br />
(13,1) che Dio ha stabilito nel suo <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. T<strong>al</strong>e clima <strong>di</strong> preghiera fa sì che la<br />
drammaticità dell'Ora sia superata d<strong>al</strong>la confidenza e d<strong>al</strong> <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con il Padre. Già in 12,27-<br />
283
28 Gesù aveva subito trasformato lo sconvolgente pensiero dell’Ora in una preghiera <strong>di</strong><br />
glorificazione del nome del Padre.<br />
«Glorifica il tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te…»: la fiducia in Dio induce Gesù a<br />
vedere l'Ora, non solo come quella del dolore, ma anche e soprattutto come quella <strong>della</strong><br />
GLORIFICAZIONE del Figlio da parte del Padre. T<strong>al</strong>e glorificazione però suppone anche la<br />
croce. Egli chiede <strong>di</strong> ricevere questa gloria (umile e splen<strong>di</strong>da) perché sa che così Dio stesso<br />
sarà servito e onorato. Infatti, solo morendo e risuscitando potrà pienamente dare gloria a<br />
Dio. La glorificazione del Padre, e non la propria, è lo scopo ultimo <strong>di</strong> tutta l'opera e la vita<br />
del Cristo.<br />
Mt 6,9 Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome.<br />
* Qui, come in tutte le preghiere fatte da Gesù nel <strong>Vangelo</strong> giovanneo (11,41b-42; 12,27-<br />
28), c'è innanzi tutto l'invocazione <strong>al</strong> PADRE in un fiducioso rapporto interperson<strong>al</strong>e Io-Tu.<br />
Inoltre, la preghiera <strong>di</strong> DOMANDA nasconde in fondo una DOSSOLOGIA, cioè una<br />
glorificazione del Padre (Cfr. 13,31-32). Nel c. 17 il tema <strong>della</strong> glorificazione reciproca, già<br />
presente nei <strong>di</strong>scorsi convivi<strong>al</strong>i, si trasforma in orazione.<br />
2. QUESTA È LA VITA ETERNA (17,2-3)<br />
17.2 kaqw\j e)/dwkaj au)t%= e)cousi/an pa/shj sarko/j,<br />
i(/na pa=n o(\ de/dwkaj au)t%= dw/sv au)toi=j zwh\n ai)w/nion.<br />
17.3 au(/th de/ e)stin h( ai)w/nioj zwh/<br />
i(/na ginw/skwsin se\ to\n mo/non a)lhqino\n qeo\n<br />
kai\ o(\n a)pe/steilaj )Ihsou=n Xristo/n.<br />
17,2 come gli desti potere (su) ogni carne,<br />
affinché (a) tutto ciò–che gli hai–dato, doni ad essi (la) vita eterna.<br />
17,3 Questa dunque è l’eterna vita:<br />
che conoscano te, l'unico vero Dio<br />
e colui–che hai–mandato, Gesù Cristo.<br />
«Gli desti potere su ogni carne, affinché... doni ad essi la vita eterna»: il Lógos fatto<br />
Carne ha ricevuto il glorioso POTERE <strong>di</strong> dare niente meno che la vita eterna ad ogni uomo<br />
(carne), visto nella sua fragilità. Il suo è un potere fin<strong>al</strong>izzato a donare VITA, e non fine a se<br />
stesso. Il dono <strong>della</strong> Vita agli uomini è vera GLORIA per il Figlio e per il Padre.<br />
«A tutto ciò che gli hai dato»: se il potere <strong>di</strong> dare la vita è univers<strong>al</strong>e, <strong>di</strong> fatto solo gli<br />
eletti la ricevono. Questi, ancora una volta, sono visti come un dono del Padre <strong>al</strong> Figlio<br />
(6,39). Tre volte Gesù parla qui <strong>di</strong> DONO: in riferimento <strong>al</strong> POTERE (cfr. 5,27), ai<br />
DISCEPOLI che egli ha ricevuto (cfr. anche 10,29) e <strong>al</strong>la VITA che egli elargisce. Nei primi<br />
due casi intrave<strong>di</strong>amo un sentimento <strong>di</strong> riconoscenza e nel terzo un atteggiamento <strong>di</strong><br />
generosità.<br />
«Questa… è l’eterna vita: che conoscano te l'unico vero Dio e colui che hai mandato,<br />
Gesù Cristo»: Gesù cerca <strong>di</strong> esprimere l'inesprimibile. Presenta la VITA eterna come<br />
CONOSCENZA viva del Padre, Dio unico e vero (aggettivi molto importanti), e <strong>di</strong> Gesù<br />
Messia, il suo Inviato (1 Gv 1,3). Noi non siamo portati a definire la Vita come Conoscenza.<br />
Però, a ben pensarci è proprio vero: quando la Vita è Conoscenza e la Conoscenza <strong>di</strong>venta<br />
Vita, Dio è davvero glorificato, perché entriamo in <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo consapevole con lui. Questa<br />
stessa preghiera <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong>venta un modo per donare Conoscenza e comunicare Vita. Il<br />
tema <strong>della</strong> conoscenza è presente soprattutto nei <strong>di</strong><strong>al</strong>oghi del IV <strong>Vangelo</strong>: conoscere Dio<br />
non vuol solo <strong>di</strong>re sapere, vuol <strong>di</strong>re essere in piena sintonia e in comunione <strong>di</strong> vita con lui<br />
(1,10; 10,14;14,7.17; 16,3; 17,3.8.25).<br />
«Unico vero Dio e... Gesù Cristo»: Unità e Verità saranno due temi fondament<strong>al</strong>i <strong>di</strong><br />
questa preghiera. La conoscenza del Cristo è vivificante come quella del Padre.<br />
284
* Gesù, pregando in pubblico, vuole far apprendere il suo stile <strong>di</strong> preghiera (cfr. 11,42).<br />
Notiamo che egli ha cura <strong>di</strong> spiegare le parole più importanti, per rendere gli ascoltatori più<br />
consapevoli. Qui, ad es., definisce il concetto <strong>di</strong> VITA ETERNA. Questa è una parola che<br />
ha una pienezza straor<strong>di</strong>naria ed il Maestro fa <strong>di</strong> tutto affinché ce ne ren<strong>di</strong>amo conto.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo il Prologo: nel Lógos (Parola che rivela) era la Vita. Se si conosce il Lógos<br />
fatto carne e Colui che lo genera, si ha la Vita.<br />
3. IO TI HO GLORIFICATO (17,4-5)<br />
17.4 e)gw/ se e)do/casa e)pi\ th=j gh=j<br />
to\ e)/rgon teleiw/saj o(\ de/dwka/j moi i(/na poih/sw:<br />
17.5 kai\ nu=n do/caso/n me su/, pa/ter, para\ seaut%=<br />
tv= do/cv v(= ei)=xon pro\ tou= to\n ko/smon ei)=nai para\ soi/.<br />
17,4 Io ti ho–glorificato sulla terra,<br />
compiendo l'opera che mi hai–dato da fare;<br />
17,5 e adesso glorificami tu, (o) Padre, presso–<strong>di</strong> te,<br />
con–la gloria che avevo presso <strong>di</strong> te, prima che il mondo fosse.<br />
«Io ti ho glorificato... compiendo l'opera che mi hai dato da fare...»: Gesù parla <strong>di</strong> sé.<br />
Considera ormai compiuta l'OPERA <strong>della</strong> Rivelazione <strong>di</strong> Dio (cfr. 17,6; 9,4). Per <strong>al</strong>cuni<br />
biblisti questa preghiera sarebbe da attribuire <strong>al</strong> Cristo già risorto. Se invece appartenesse <strong>al</strong><br />
Cristo terreno, avremmo un nuovo mirabile esempio dello stile tipico del IV <strong>Vangelo</strong>, che<br />
tende a non tener conto del tempo per introdurci nell'eterno considerato come già presente<br />
(ment<strong>al</strong>ità anticipatrice). Notiamo che Gesù considera l’opera, <strong>di</strong> cui parla, come un DONO<br />
fattogli d<strong>al</strong> Padre. Infatti, come abbiamo già detto, l’unico fine <strong>di</strong> tutta la sua attività è la<br />
GLORIFICAZIONE del Padre.<br />
«Sulla terra»: la menzione delle re<strong>al</strong>tà primor<strong>di</strong><strong>al</strong>i cielo (17,1) e terra (mondo) serve a<br />
farci capire come Gesù si situa nel cosmo. La terra è il luogo <strong>della</strong> re<strong>al</strong>izzazione dell'opera<br />
<strong>di</strong>vina, il cielo la <strong>di</strong>mora gloriosa <strong>di</strong> Dio, presso il qu<strong>al</strong>e egli è glorificato.<br />
«Glorificami... presso <strong>di</strong> te, con quella gloria che avevo presso <strong>di</strong> te, prima che il mondo<br />
fosse»: questa glorificazione richiesta è il coronamento <strong>di</strong> tutta l’azione s<strong>al</strong>vifica che era<br />
iniziata con l'Incarnazione: il Lógos, <strong>di</strong>ventato uomo e venuto presso <strong>di</strong> noi, ritorna dopo la<br />
Risurrezione nello splendore <strong>della</strong> sua gloria <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> Unigenito presso il Padre (cfr. 1,14).<br />
Il cerchio si chiude e tutto si rivela essere GLORIA, così come tutto si rivela essere<br />
AMORE (26).<br />
* La preghiera <strong>di</strong>venta MEMORIA: essa è ricordo dell'opera compiuta da Gesù stesso<br />
sulla terra per la GLORIA del Padre e ricordo <strong>della</strong> GLORIA eterna che il Figlio aveva<br />
presso <strong>di</strong> lui. E la memoria <strong>di</strong>venta PREGHIERA, la qu<strong>al</strong>e fa sì che t<strong>al</strong>i GLORIFICAZIONI<br />
siano una re<strong>al</strong>tà attu<strong>al</strong>e.<br />
- II - LA PREGHIERA PER I DISCEPOLI PRESENTI<br />
In questa parte vengono trattati princip<strong>al</strong>mente questi temi:<br />
1 - L'opera rivelatrice compiuta da Gesù.<br />
2 - Il comportamento positivo degli apostoli.<br />
3 - L'intervento del Padre in favore dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
1. HANNO CONSERVATO LA TUA PAROLA (17,6-8)<br />
17.6 )Efane/rwsa/ sou to\ o)/noma toi=j a)nqrw/poij ou(\j e)/dwka/j moi e)k tou= ko/smou.<br />
soi\ h)=san ka)moi\ au)tou\j e)/dwkaj kai\ to\n lo/gon sou teth/rhkan.<br />
17.7 nu=n e)/gnwkan o(/ti pa/nta o(/sa de/dwka/j moi para\ sou= ei)sin:<br />
17.8 o(/ti ta\ r(h/mata a( \ e)/dwka/j moi de/dwka au)toi=j,<br />
285
kai\ au)toi\ e)/labon<br />
kai\ e)/gnwsan a)lhqw=j o(/ti para\ sou= e)ch=lqon,<br />
kai\ e)pi/steusan o(/ti su/ me a)pe/steilaj.<br />
17,6 Ho–manifestato il tuo nome agli uomini che hai–dato a–me d<strong>al</strong> mondo.<br />
Erano tuoi e–a–me li hai–dati e la parola tua hanno–conservato.<br />
17,7 Adesso hanno–riconosciuto che tutte (le cose) che–hai date a–me, sono da te,<br />
17,8 perché le parole, che hai–date a–me, (le) ho–date a–loro,<br />
ed essi (le) hanno–accolte<br />
e hanno–riconosciuto veramente che da te sono–uscito<br />
e hanno–creduto che tu mi hai–mandato.<br />
«Ho manifestato il tuo nome...»: ora Gesù parla <strong>al</strong> Padre dei suoi apostoli. In sintonia con<br />
il v. 3 che tocca il tema <strong>della</strong> CONOSCENZA VITALE <strong>di</strong> Dio, Gesù afferma <strong>di</strong> aver fatto<br />
apparire il NOME del Padre ai <strong>di</strong>scepoli (usa il verbo che in<strong>di</strong>ca le apparizioni del Risorto).<br />
NOME qui significa la persona <strong>di</strong> Dio Padre in quanto può essere manifestata, conosciuta,<br />
invocata e glorificata. Per quanto riguarda noi, conoscere il nome <strong>di</strong> Dio che è Padre vuol<br />
<strong>di</strong>re fare esperienza del suo amore (cfr. 26).<br />
«Agli uomini che hai dato a me d<strong>al</strong> mondo»: solo gli uomini, che il Padre elegge e dona<br />
a Cristo, possono <strong>di</strong> fatto ricevere la manifestazione straor<strong>di</strong>naria del nome <strong>di</strong> Dio. Essi<br />
vengono d<strong>al</strong> mondo, perché come tutti appartengono <strong>al</strong>l’umanità con tutti i pregi ed i limiti<br />
che questo comporta, ma non sono d<strong>al</strong> mondo (16) perché non ne con<strong>di</strong>vidono la ment<strong>al</strong>ità<br />
ed i comportamenti (cfr. anche 15,19 dove risulta che Cristo stesso li ha scelti d<strong>al</strong> mondo).<br />
«Erano tuoi e a me li hai dati»: il ricordare che i <strong>di</strong>scepoli sono esclusiva proprietà<br />
d'amore del Padre costituisce una tacita raccomandazione a loro favore e il ritorno insistente<br />
dell'affermazione che sono un dono fatto a lui (2), oltre ad essere una manifestazione <strong>di</strong><br />
riconoscenza, è una presa <strong>di</strong> coscienza <strong>della</strong> propria responsabilità verso <strong>di</strong> loro.<br />
«La parola tua hanno conservato (teréo)»: Gesù, che fra poco chiederà che il Padre<br />
conservi nel suo nome i <strong>di</strong>scepoli (11), mette in rilievo che essi hanno il merito <strong>di</strong> aver<br />
conservato la Parola rivelatrice del Padre (la qu<strong>al</strong>e in definitiva è il LÓGOS stesso fatto<br />
carne).<br />
«Hanno riconosciuto che tutte le cose, che hai date a me, sono da te»: per Gesù, che è<br />
umile, è stata una gioia convincere gli apostoli che tutto quello che lui ha (il potere, la<br />
gloria...) è un dono del Padre, perché in t<strong>al</strong> modo Dio è glorificato (Mt 5,16). E, secondo lui,<br />
per gli apostoli aver capito e accettato questo è un grande merito, perché così sono entrati<br />
nel mistero <strong>di</strong> comunione del Dio triperson<strong>al</strong>e, sono stati introdotti nella logica <strong>di</strong>vina del<br />
dono e <strong>della</strong> gratuità (cfr. 10).<br />
«Perché le parole, che hai date a me, le ho date a loro ed essi le hanno accolte...»: tra le<br />
tante cose date Gesù mette in ris<strong>al</strong>to le parole. Infatti, l'accoglienza da parte dei <strong>di</strong>scepoli<br />
delle parole rivelatrici, che in definitiva vengono d<strong>al</strong> Padre (12,49; 14,10) e ne manifestano<br />
l'Amore, li porta a credere che Cristo ha origine da Dio e che la sua missione proviene d<strong>al</strong><br />
Padre.<br />
«Le hanno accolte... hanno conservato... hanno riconosciuto... hanno creduto...»: questo<br />
par<strong>al</strong>lelismo progressivo aiuta a comprendere le varie tappe dell’adesione <strong>al</strong>la verità (la<br />
parola prima ricevuta e poi custo<strong>di</strong>ta porta <strong>al</strong>la conoscenza e <strong>al</strong>la fede).<br />
«Hanno riconosciuto veramente che da te sono uscito... che tu mi hai mandato»: la<br />
parola, fatta <strong>di</strong>ventare esperienza interiore, origina la certezza <strong>di</strong> fede (veramente) che la<br />
natura (cfr. 16,27.30) e la missione <strong>di</strong> Gesù sono <strong>di</strong>vine.<br />
* Gesù inizia col fare memoria <strong>della</strong> sua azione rivelatrice, ma subito dopo concentra la<br />
sua attenzione su quegli UOMINI che appartengono <strong>al</strong> Padre e che gli sono stati affidati. La<br />
preghiera <strong>di</strong>venta un atto <strong>di</strong> AMORE e una LODE verso i <strong>di</strong>scepoli, dei qu<strong>al</strong>i (lasciando da<br />
parte tutte le debolezze) mette in ris<strong>al</strong>to l'autenticità <strong>della</strong> loro CONOSCENZA <strong>di</strong> Dio e<br />
<strong>della</strong> loro FEDE.<br />
286
2. IO PER ESSI PREGO (17,9-10)<br />
17.9 e)gw\ peri\ au)tw=n e)rwtw=, ou) peri\ tou= ko/smou e)rwtw=<br />
a)lla\ peri\ w(=n de/dwka/j moi, o(/ti soi/ ei)sin,<br />
17.10 kai\ ta\ e)ma\ pa/nta sa/ e)stin kai\ ta\ sa\ e)ma/,<br />
kai\ dedo/casmai e)n au)toi=j.<br />
17,9 Io per essi prego; non per il mondo prego,<br />
ma per coloro–che hai–dato a–me, perché sono tuoi<br />
17,10 e tutte le mie (cose) sono tue e le tue (sono) mie<br />
e sono–stato–glorificato in essi.<br />
«Io per essi prego (’erotáo); non per il mondo prego»: Gesù è consapevole che sta<br />
pregando e, parlando <strong>della</strong> sua stessa preghiera, in<strong>di</strong>ca qu<strong>al</strong>e ne sia la vera fin<strong>al</strong>ità. Egli<br />
pertanto <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pregare per gli apostoli ed esclude volutamente il mondo, per concentrare<br />
tutta la forza <strong>della</strong> sua implorazione a favore dei suoi amici. Se Gesù non prega per il<br />
mondo (così come non si rivela ad esso: 14,22) è segno che il mondo, in questo contesto, è<br />
considerato un tutt’uno con il m<strong>al</strong>igno (attenti: si tratta <strong>di</strong> un linguaggio mistico: Gesù non<br />
vuole introdurre in noi che Dio abbandona i m<strong>al</strong>vagi, ma che ci sono peccati mistici <strong>di</strong><br />
gravità inau<strong>di</strong>ta. Cfr. 1 Gv 5,16).<br />
«Per coloro che hai dato a me, perché sono tuoi... e sono stato glorificato in essi»: Gesù<br />
avv<strong>al</strong>ora la sua intercessione ricordando che essi appartengono <strong>al</strong> Padre (nella logica <strong>della</strong><br />
tot<strong>al</strong>e comunione: 10a) e che in essi egli si sente glorificato a motivo <strong>della</strong> loro fede (questa<br />
è la nostra intuizione in base <strong>al</strong> v. 8).<br />
«Tutte le mie cose sono tue e le tue sono mie»: l’aver ricordato che i suoi <strong>di</strong>scepoli sono<br />
del Padre e da questi sono stati donati a lui, offre a Cristo l’occazione per ricordare che la<br />
comunione <strong>di</strong> ogni bene è la legge fondament<strong>al</strong>e tra il Padre ed il Figlio. Riconosce però<br />
innanzi tutto che le sue cose appartengono <strong>al</strong> Padre; solo in seconda battuta <strong>di</strong>ce che quelle<br />
del Padre sono sue. Egli rispetta le <strong>di</strong>namiche <strong>della</strong> vita <strong>di</strong>vina, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e il Padre è la<br />
sorgente.<br />
Ebr 7,25 (Cristo) può s<strong>al</strong>vare perfettamente quelli che per mezzo <strong>di</strong> lui si accostano a<br />
Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore.<br />
* Come se non bastasse quanto sta <strong>di</strong>cendo in un clima <strong>di</strong> orazione, Gesù, esplicitamente<br />
afferma <strong>di</strong> voler PREGARE per i <strong>di</strong>scepoli, dei qu<strong>al</strong>i ricorda il merito <strong>di</strong> appartenere <strong>al</strong><br />
Padre e <strong>di</strong> dargli gloria. Dobbiamo imparare d<strong>al</strong> Signore come si prega per i fratelli: con<br />
amore, stima e gioia. Inoltre la coscienza <strong>di</strong> stare pregando rende più attenti ed impegnati.<br />
3. CONSERVALI NEL TUO NOME AFFINCHÉ SIANO UNO (17,11-12)<br />
17.11 kai\ ou)ke/ti ei)mi\ e)n t%= ko/sm%, kai\ au)toi\ e)n t%= ko/sm% ei)si/n,<br />
ka)gw\ pro\j se\ e)/rxomai.<br />
Pa/ter a(/gie, th/rhson au)tou\j e)n t%= o)no/mati/ sou %(= de/dwka/j moi,<br />
i(/na w)=sin e(\n kaqw\j h(mei=j.<br />
17.12 o(/te h)/mhn met' au)tw=n<br />
e)gw\ e)th/roun au)tou\j e)n t%= o)no/mati/ sou %(= de/dwka/j moi, kai\ e)fu/laca,<br />
kai\ ou)dei\j e)c au)tw=n a)pw/leto ei) mh\ o( ui(o\j th=j a)pwlei/aj,<br />
i(/na h( grafh\ plhrwqv=.<br />
17,11 Ed (io) non sono (più) nel mondo ed essi sono nel mondo<br />
ed–io presso–<strong>di</strong> te vengo.<br />
Padre santo, conserv<strong>al</strong>i nel nome tuo, che hai–dato a–me,<br />
affinché siano una (cosa sola) come noi.<br />
17,12 Quando ero con loro,<br />
io li conservavo nel nome tuo, che hai–dato a–me, e (li) ho–custo<strong>di</strong>ti<br />
287
e nessuno <strong>di</strong> essi si–è–perduto, se non il figlio <strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione,<br />
affinché la Scrittura si–compisse.<br />
«Non sono più nel mondo ed essi sono nel mondo »: Gesù si considera ormai fuori d<strong>al</strong>le<br />
<strong>di</strong>fficoltà del mondo, già in Dio, verso il qu<strong>al</strong>e sta per andare. In una situazione opposta si<br />
trovano i <strong>di</strong>scepoli. Essi sono in pericolo in quanto egli tra poco non sarà più con loro in<br />
modo visibile.<br />
«Padre santo»: nella preghiera Gesù mette in evidenza la santità del Padre, che più<br />
avanti sarà pregato da lui <strong>di</strong> santificare gli apostoli (17,17-19). Dicendo che suo Padre è<br />
santo, egli santifica veramente il nome <strong>di</strong> Dio.<br />
«Conserv<strong>al</strong>i nel nome tuo, che hai dato a me»: il Maestro chiede a Dio quattro cose: la<br />
prima è che li conservi nel suo nome. A meno <strong>di</strong> seguire le varianti che <strong>di</strong>cono: nel nome<br />
tuo, quelli che hai dato a me… oppure nel nome, che hai dato a me… qui ci troviamo <strong>di</strong><br />
fronte ad una <strong>di</strong>fficoltà: se il nome rappresenta la persona del Padre nella sua specifica<br />
funzione paterna, t<strong>al</strong>e nome non può essere certo trasmesso <strong>al</strong> Figlio. Forse dato, qui,<br />
significa: dato a conoscere… (cfr. 26). Oppure, con maggiore probabilità il termine nome<br />
qui sta per <strong>di</strong>vinità con tutte le sue caratteristiche comuni e unificanti <strong>di</strong> potenza e <strong>di</strong> santità.<br />
Infatti Dio ha dato a Cristo un nome che è <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni <strong>al</strong>tro (Fil 2,9), l’unico nel<br />
qu<strong>al</strong>e possiamo essere s<strong>al</strong>vati (Atti 4,12). Nel nome <strong>di</strong> Dio, che è Padre onnipotente e<br />
buono, e <strong>di</strong> Cristo i <strong>di</strong>scepoli saranno custo<strong>di</strong>ti <strong>al</strong> sicuro.<br />
«Affinché siano una cosa sola come noi»: il risultato <strong>della</strong> custo<strong>di</strong>a nel nome del Dio<br />
Unico è l'UNITÀ degli apostoli tra <strong>di</strong> loro e con Dio. Infatti qui il Tu e l’Io si unificano nel<br />
Noi (cfr. 21 e 22). La prima caratteristica <strong>di</strong> Dio, che è quella <strong>di</strong> essere Uno, <strong>di</strong>venta anche<br />
quella del gruppo degli apostoli e, poi più ampiamente, <strong>della</strong> comunità intera. T<strong>al</strong>e unità,<br />
che pensiamo sia l’intenzione centr<strong>al</strong>e <strong>della</strong> Preghiera dell'Ora, ha dunque come modello la<br />
Trinità (come noi) e, se la Chiesa (a cominciare dagli apostoli) la raggiunge, <strong>di</strong>venta ICONA<br />
visibile <strong>della</strong> comunione <strong>di</strong>vina trinitaria.<br />
Li conservavo nel nome tuo... e li ho custo<strong>di</strong>ti…»: il Padre è invitato a continuare l'opera<br />
<strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a che lui, buon Pastore (sempre nel nome unificante del Padre), ha finora<br />
esercitato con successo, fatta eccezione <strong>di</strong> Giuda. Se ci ricor<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> Gv 11,42, che parla<br />
del Cristo che muore per radunare in uno i figli <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong>spersi, capiamo anche meglio che<br />
il buon risultato ottenuto d<strong>al</strong> Signore gli è costata la vita.<br />
«Nessuno <strong>di</strong> essi si è perduto, se non il figlio <strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione, affinché la Scrittura si<br />
compisse…»: notiamo il netto contrasto tra conservare e perdersi. Definire Giuda figlio<br />
<strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione significa far capire che il tra<strong>di</strong>tore ha voluto essere tutt’uno con il peccato<br />
(cfr. 8,44). T<strong>al</strong>e per<strong>di</strong>zione però non risulta essere un f<strong>al</strong>limento <strong>di</strong> Gesù o del <strong>di</strong>segno<br />
<strong>di</strong>vino, perché era stata predetta nelle Scritture (S<strong>al</strong> 41,10). Sembra che il maestro giu<strong>di</strong>chi<br />
positivamente il fatto che uno solo si è perduto; tuttavia il fatto in sé è grave, anche se tocca<br />
un solo <strong>di</strong>scepolo, e pertanto è ancor più motivata la preghiera <strong>al</strong> Padre affinché li<br />
custo<strong>di</strong>sca.<br />
* Gesù sa capire i problemi degli <strong>al</strong>tri: egli pone come esigenza primaria l'UNITÀ e ne<br />
in<strong>di</strong>vidua la strada (la CUSTODIA nel Nome del Padre). Quin<strong>di</strong>, fa una precisa<br />
INTERCESSIONE a favore dei <strong>di</strong>scepoli, avv<strong>al</strong>orandola con il fatto che essi hanno urgente<br />
bisogno dell'aiuto <strong>di</strong>vino. La sua preghiera, poi, non pretende che Dio supplisca <strong>al</strong>la<br />
mancanza <strong>di</strong> protezione da parte sua: Gesù infatti ha custo<strong>di</strong>to con efficacia i suoi nel nome<br />
del Padre. Ma ora egli se ne va e mette nelle mani <strong>di</strong> Dio il compito <strong>di</strong> proseguire t<strong>al</strong>e<br />
custo<strong>di</strong>a.<br />
4. ABBIANO LA MIA GIOIA PIENA (17,13-14)<br />
17.13 nu=n de\ pro\j se\ e)/rxomai kai\ tau=ta l<strong>al</strong>w= e)n t%= ko/sm%<br />
i(/na e)/xwsin th\n xara\n th\n e)mh\n peplhrwme/nhn e)n e(autoi=j.<br />
288
17.14 e)gw\ de/dwka au)toi=j to\n lo/gon sou kai\ o( ko/smoj e)mi/shsen au)tou/j,<br />
o(/ti ou)k ei)si\n e)k tou= ko/smou kaqw\j e)gw\ ou)k ei)mi\ e)k tou= ko/smou.<br />
17,13 Adesso però a te vengo e <strong>di</strong>co queste (cose) nel mondo,<br />
affinché abbiano la gioia, (quel)la mia, piena in se–stessi .<br />
17,14 Io ho–dato loro la parola tua e il mondo li ha–o<strong>di</strong>ati,<br />
perché non sono d<strong>al</strong> mondo, come io non sono d<strong>al</strong> mondo.<br />
«Adesso… a te vengo»: gran<strong>di</strong>ssima è la gioia con cui Gesù ritorna <strong>al</strong>la casa del Padre,<br />
tanto che lo <strong>di</strong>ce più volte (cfr. 11). Egli vuole comunicare t<strong>al</strong>e gioia anche ai suoi (14,28;<br />
15,11).<br />
«Dico queste cose... affinché abbiano la gioia... mia piena»: in <strong>al</strong>tre occasioni (ad es.<br />
16,20-22) Gesù ha parlato <strong>della</strong> gioia, ora però la invoca. La sua preghiera infatti è<br />
fin<strong>al</strong>izzata a rassicurare i suoi apostoli e a riempire il loro cuore <strong>di</strong> serenità e <strong>di</strong> beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
derivanti appunto d<strong>al</strong>la certezza <strong>della</strong> protezione <strong>di</strong> Dio Padre, c<strong>al</strong>damente da lui sollecitata.<br />
T<strong>al</strong>e gioia, poi, dev’essere la stessa (quella mia) che egli prova, considerandosi ormai a<br />
casa. Questa è la seconda richiesta.<br />
«Ho dato loro la parola tua e il mondo li ha o<strong>di</strong>ati, perché non sono d<strong>al</strong> mondo...»:<br />
ulteriori motivi affinché il Padre protegga i <strong>di</strong>scepoli sono il fatto che il mondo li o<strong>di</strong>a<br />
proprio perché essi hanno accolto la sua parola <strong>di</strong>vina ed il fatto che non appartengono <strong>al</strong><br />
mondo, così come egli stesso non appartiene <strong>al</strong> mondo (cfr. 15,18-25: qui, come <strong>al</strong>trove,<br />
passi del <strong>di</strong>scorso dell'Ultima Cena si trasfigurano in preghiera).<br />
* Gesù prega pubblicamente, affinché gli apostoli sentano quello che <strong>di</strong>ce. La sua non è<br />
un’esibizione, ma una forma <strong>di</strong> aiuto e <strong>di</strong> consolazione per i suoi e una forma <strong>di</strong> lotta contro<br />
le ingiustizie del mondo.<br />
5. PROTEGGILI DAL MALIGNO (17,15-16)<br />
17.15 ou)k e)rwtw= i(/na a)/rvj au)tou\j e)k tou= ko/smou,<br />
a)ll' i(/na thrh/svj au)tou\j e)k tou= ponhrou=.<br />
17.16 e)k tou= ko/smou ou)k ei)si\n kaqw\j e)gw\ ou)k ei)mi\ e)k tou= ko/smou.<br />
17,15 Non chiedo che li tolga d<strong>al</strong> mondo,<br />
ma che li protegga d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>igno.<br />
17,16 (Essi) d<strong>al</strong> mondo non sono, come io non sono d<strong>al</strong> mondo.<br />
«Non chiedo (’erotáo) che li tolga d<strong>al</strong> mondo»: qui Gesù per la terza volta in questo<br />
capitolo usa il termine chiedere. Ha coscienza che la sua è una preghiera <strong>di</strong> domanda, ma è<br />
sicuro che non è inopportuna, perché non chiede cose comode, come sarebbe quella <strong>di</strong><br />
esonerare gli apostoli dai problemi che comporta lo stare nel mondo, nel qu<strong>al</strong>e lui stesso è<br />
venuto per compiere il <strong>di</strong>segno del Padre.<br />
«Ma che li protegga d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>igno»: egli implora, più proficuamente, che Dio li custo<strong>di</strong>sca<br />
d<strong>al</strong>lo spirito del m<strong>al</strong>e (cfr. 8,44). Solo questo in definitiva è importante (terza richiesta: cfr.<br />
Mt 6,13).<br />
«Essi d<strong>al</strong> mondo non sono, come io non sono d<strong>al</strong> mondo»: il Maestro riba<strong>di</strong>sce quanto<br />
detto in 14 b . Là il mondo era presentato nel suo o<strong>di</strong>o verso gli apostoli, qui (ci pare <strong>di</strong><br />
capire) è presentato nella sua relazione con il m<strong>al</strong>igno, principe <strong>di</strong> questo mondo (12,31;<br />
14,30; 16,11).<br />
Mt 6,13 Non ci indurre in tentazione, ma liberaci d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e (o d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>igno).<br />
* La preghiera del Cristo non mira a s<strong>al</strong>vare i suoi d<strong>al</strong>le fatiche <strong>della</strong> testimonianza nel<br />
mondo, sovente ostile, ma ad ottenere d<strong>al</strong> Padre la <strong>di</strong>fesa contro il m<strong>al</strong>igno, in modo che<br />
essi non assorbiscano la ment<strong>al</strong>ità del mondo (<strong>di</strong>mensione pastor<strong>al</strong>e e s<strong>al</strong>vifica).<br />
289
6. SANTIFICALI NELLA VERITÀ (17,17-19)<br />
17.17 a(gi/ason au)tou\j e)n tv= a)lhqei/#: o( lo/goj o( so\j a)lh/qeia/ e)stin.<br />
17.18 kaqw\j e)me\ a)pe/steilaj ei)j to\n ko/smon,<br />
ka)gw\ a)pe/steila au)tou\j ei)j to\n ko/smon:<br />
17.19 kai\ u(pe\r au)tw=n e)gw\ a(gia/zw e)mauto/n,<br />
i(/na w)=sin kai\ au)toi\ h(giasme/noi e)n a)lhqei/#.<br />
17,17 <strong>San</strong>tific<strong>al</strong>i nella verità. La Parola, (quel)la tua, è verità.<br />
17,18 Come mi hai–mandato nel mondo,<br />
anch'io ho–mandato loro nel mondo;<br />
17,19 e per essi io santifico me–stesso,<br />
affinché siano anch'essi santificati in verità.<br />
«<strong>San</strong>tific<strong>al</strong>i nella (’en) verità»: il pensiero che i <strong>di</strong>scepoli sono configurati a lui per il<br />
fatto <strong>di</strong> non appartenere <strong>al</strong> mondo, porta Gesù a formulare la quarta richiesta: <strong>San</strong>tific<strong>al</strong>i…<br />
Qui il verbo santificare ha un significato speci<strong>al</strong>e rivelato d<strong>al</strong> v. 19 (per essi io santifico me<br />
stesso.). <strong>San</strong>tificare vuol <strong>di</strong>re consacrare come sacrificio (ricor<strong>di</strong>amo che con-sacrare, così<br />
come sacri-ficare, vuol <strong>di</strong>re fare <strong>di</strong>ventare sacro). T<strong>al</strong>e consacrazione degli apostoli, a<br />
somiglianza <strong>di</strong> Cristo, che è stato consacrato e inviato d<strong>al</strong> Padre (10,36) e che consacra se<br />
stesso nella Pasqua, è operata da Dio per mezzo <strong>della</strong> verità, a con<strong>di</strong>zione che essi <strong>di</strong>morino<br />
misticamente nella verità e si impegnino per la <strong>di</strong>ffusione <strong>della</strong> verità.<br />
«La Parola (Lógos)... tua è verità»: la Parola del Padre è, in primo luogo, il Cristo<br />
stesso che è la verità vivente. Ma è anche il messaggio che, norm<strong>al</strong>mente attraverso Gesù,<br />
Dio rivolge ai <strong>di</strong>scepoli: è una parola che purifica (cfr. 15,3) e che è sinomimo <strong>di</strong> verità.<br />
Pertanto, la santificazione dei <strong>di</strong>scepoli è operata per mezzo <strong>della</strong> parola, a con<strong>di</strong>zione che<br />
essi <strong>di</strong>morino nella parola e si impegnino per la <strong>di</strong>ffusione <strong>della</strong> parola.<br />
«Come mi hai mandato nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo»: la<br />
consacrazione non è mai fine a se stessa. Gli apostoli, santificati d<strong>al</strong> Padre e da Gesù, sono<br />
inviati da Cristo nel mondo per amore <strong>di</strong> esso, così come egli è stato inviato d<strong>al</strong> Padre nel<br />
mondo per amore <strong>di</strong> esso (il come in<strong>di</strong>ca che i due invii e i motivi <strong>di</strong> essi sono ugu<strong>al</strong>i). Gli<br />
apostoli dunque vengono santificati per la Missione e d<strong>al</strong>la Missione a favore del mondo.<br />
«Per essi io santifico me stesso,»: queste parole richiamano quelle <strong>della</strong> consacrazione<br />
eucaristica (cfr. ad es. Lc 22,19: questo è il mio corpo, che per voi è dato) ed in<strong>di</strong>cano nello<br />
stesso tempo la ragione profonda per cui gli apostoli possono essere consacrati (Gesù infatti<br />
si è immolato nel sacrificio pasqu<strong>al</strong>e, anticipato d<strong>al</strong>la lavanda dei pie<strong>di</strong> e d<strong>al</strong>l'Eucaristia, per<br />
poter santificare e consacrare i suoi).<br />
«Affinché siano anch'essi santificati in verità»: la santificazione degli apostoli comporta<br />
per essi, come per Gesù, la <strong>di</strong>sponibilità <strong>al</strong> sacrificio <strong>di</strong> sé e il compito <strong>di</strong> celebrare con<br />
verità il sacrificio eucaristico (il nuovo culto in spirito e verità), d<strong>al</strong> momento che il Signore<br />
stesso in t<strong>al</strong> modo si è consacrato (cfr. 13,15: «Come io ho fatto... anche voi fate». V. anche<br />
21,19 b ).<br />
«<strong>San</strong>tifico me stesso… siano santificati in verità»: Gesù ha il potere <strong>di</strong> autosantificarsi,<br />
gli apostoli no, ma devono attendere questo d<strong>al</strong>l’azione <strong>di</strong>vina. La loro santificazione oltre<br />
che ad essere nella verità, dev’essere anche in verità, cioè perfetta e autentica, il che è molto<br />
impegnativo. Ma la preghiera <strong>di</strong> Gesù e il suo sacrificio rendono possibile tutto questo,<br />
tanto è vero che tutti gli apostoli hanno glorificato Dio con una vita santa e tutti, tranne<br />
<strong>Giovanni</strong>, anche con il martirio (ve<strong>di</strong> in particolare Pietro: 21,19).<br />
* L'orazione <strong>di</strong> Gesù ha una fin<strong>al</strong>ità s<strong>al</strong>vifica: chiede la SANTIFICAZIONE, la<br />
consacrazione dei suoi. Ma nello stesso tempo è impegnativa per lui e per gli apostoli: per<br />
ottenere t<strong>al</strong>e effetto Gesù SACRIFICA se stesso ed i suoi devono accettare la stessa<br />
MISSIONE sacerdot<strong>al</strong>e e profetica nel mondo. Inoltre a motivo delle parole usate d<strong>al</strong><br />
Signore (mi santifico per...) la preghiera acquista un v<strong>al</strong>ore liturgico e richiama l'istituzione<br />
del sacrificio eucaristico: il mio corpo dato per voi.<br />
290
- III - LA PREGHIERA PER TUTTI I CREDENTI<br />
Gesù sta esprimendo molte intenzioni: chiede protezione, gioia, santità. Ma ecco, che,<br />
pensando a tutti i credenti <strong>di</strong> ogni epoca, pone nuovamente come prioritaria l'UNITÀ, sulla<br />
qu<strong>al</strong>e qui insiste molto (quattro volte). Il dono e la contemplazione <strong>della</strong> GLORIA e il<br />
possesso dell'AMORE appaiono come cause e manifestazioni <strong>di</strong> questa UNITÀ.<br />
1. AFFINCHÈ TUTTI SIANO UNA COSA SOLA (17,20-23)<br />
17.20 Ou) peri\ tou/twn de\ e)rwtw= mo/non,<br />
a)lla\ kai\ peri\ tw=n pisteuo/ntwn <strong>di</strong>a\ tou= lo/gou au)tw=n ei)j e)me/,<br />
17.21 i(/na pa/ntej e(\n w)=sin, kaqw\j su/, pa/ter, e)n e)moi\ ka)gw\ e)n soi/,<br />
i(/na kai\ au)toi\ e)n h(mi=n e(\n w)=sin,<br />
i(/na o( ko/smoj pisteu/v o(/ti su/ me a)pe/steilaj.<br />
17.22 ka)gw\ th\n do/can h(\n de/dwka/j moi de/dwka au)toi=j,<br />
i(/na w)=sin e(\n kaqw\j h(mei=j e(/n:<br />
17.23 e)gw\ e)n au)toi=j kai\ su\ e)n e)moi/, i(/na w)=sin teteleiwme/noi ei)j e(/n,<br />
i(/na ginw/skv o( ko/smoj o(/ti su/ me a)pe/steilaj<br />
kai\ h)ga/phsaj au)tou\j kaqw\j e)me\ h)ga/phsaj.<br />
17,20 Però, non prego per questi soltanto,<br />
ma anche per quelli che–crederanno in me per la loro parola,<br />
17,21 affinché tutti siano una (cosa sola), come tu, Padre, (sei) in me e–io in te,<br />
affinché anch'essi in noi siano una (cosa sola),<br />
affinché il mondo creda che tu mi hai–mandato.<br />
17,22 Ed–io la gloria, che hai–dato a–me, ho–dato a–loro,<br />
affinché siano una (cosa sola), come noi (siamo) una (cosa sola);<br />
17,23 io in loro e tu in me, affinché siano perfetti per l'unità,<br />
affinché riconosca il mondo che tu mi hai–mandato<br />
e li hai–amati come hai–amato me.<br />
«Non prego (’erotáo) per questi soltanto, ma anche per quelli che crederanno in me…»:<br />
partendo dai <strong>di</strong>scepoli presenti, Gesù comincia a pensare anche <strong>al</strong> futuro <strong>della</strong> comunità e<br />
pertanto <strong>di</strong>chiara che la sua supplica è anche per tutti i credenti <strong>di</strong> ogni tempo e luogo.<br />
Quin<strong>di</strong> anche per noi che in questo momento stiamo riflettendo sul <strong>Vangelo</strong>.<br />
«Crederanno in me per la loro parola»: Cristo vuole una fede autentica che, quin<strong>di</strong>,<br />
deve nascere unicamente d<strong>al</strong>l'ascolto <strong>della</strong> PAROLA degli apostoli ed essere adesione<br />
person<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Lógos. Nella ininterrotta catena <strong>di</strong> testimoni del <strong>Vangelo</strong>, la parola degli<br />
apostoli ha un ruolo fondament<strong>al</strong>e ed insostituibile. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutta la mole <strong>di</strong> insegnamenti<br />
prodotta nei secoli, io continuo a credere a motivo <strong>della</strong> parola degli apostoli, presente in<br />
speci<strong>al</strong> modo negli scritti del Nuovo Testamento.<br />
«Affinché tutti siano una cosa sola»: Gesù ritiene che l'unità <strong>di</strong> tutti i credenti sia la cosa<br />
fondament<strong>al</strong>e, affinché la catena non si spezzi, e, pensando <strong>al</strong> lontano futuro, prega innanzi<br />
tutto per questo. «Siano uno... perfetti nell'unità (23)»: ecco il vertice, il massimo,<br />
l'incre<strong>di</strong>bile. Ora egli ne spiegherà il modo e la misura.<br />
«Come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché... in noi siano una cosa sola»: questa unità<br />
ha un modello (il Padre ed il Figlio) e una sorgente (l'unione con la Trinità). Pertanto t<strong>al</strong>e<br />
unità non sarà massificazione, ma perfetta comunione nel rispetto delle <strong>di</strong>fferenze. È da<br />
notare la forza <strong>della</strong> particella mistica in ripetuta tre volte. Solo in Dio l’unità sarà amore<br />
creativo e <strong>di</strong>namico.<br />
«Affinché il mondo creda che tu mi hai mandato»: il risultato fin<strong>al</strong>e poi è quello <strong>di</strong><br />
portare <strong>al</strong>la fede quel mondo tanto <strong>di</strong>fficile ad aprirsi <strong>al</strong>la luce. Solo la testimonianza <strong>della</strong><br />
re<strong>al</strong>e unità dei credenti può produrre questo effetto (cfr. anche 23). La fede del mondo<br />
dunque arriva quando il processo <strong>di</strong> unità si è già verificato, mentre la fede del cristiano dà<br />
291
inizio a t<strong>al</strong>e processo, cioè porta <strong>al</strong>l’unità (crederanno… affinché tutti siano una cosa sola:<br />
20 b -21 a ).<br />
«La gloria che hai dato a me, ho dato a loro, affinché siano una cosa sola, come noi…»:<br />
forse anche qui dato a loro può significare innanzi tutto dato in visione (24; cfr. 1,14; cfr.<br />
anche 2 Cor 3,18 E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del<br />
Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, <strong>di</strong> gloria in gloria, secondo<br />
l'azione dello Spirito del Signore). È chiaro però che la contemplazione <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong>vina<br />
illumina il cuore e produce una trasformazione interiore in noi. I credenti, <strong>di</strong>ventati partecipi<br />
<strong>della</strong> bellezza e <strong>della</strong> luce <strong>di</strong> Gesù, si riempiono del suo medesimo fulgore. T<strong>al</strong>e gloria<br />
<strong>di</strong>vina rende pertanto una cosa sola i <strong>di</strong>scepoli del Signore.<br />
«Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti per l'unità»: Gesù fa capire che la<br />
comunione <strong>di</strong>vina del Padre nel Figlio e <strong>di</strong> questi nei suoi rende possibile l'unità che può e<br />
dev’essere PERFETTA: uniti a Cristo che è unito <strong>al</strong> Padre anch’essi sono pienamente uniti<br />
tra <strong>di</strong> loro (cfr. anche 14,20 che completa bene questo passo).<br />
«Affinché riconosca il mondo che tu mi hai mandato e li hai amati...»: l'Unità, frutto<br />
<strong>della</strong> Gloria donata, <strong>di</strong>mostra l'origine <strong>di</strong>vina del Cristo, la cui missione si rivela efficace, e<br />
<strong>di</strong>mostra l'amore infinito del Padre per i <strong>di</strong>scepoli. In <strong>al</strong>tre parole l’unità <strong>della</strong> Chiesa facilita<br />
la fede nella <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> Cristo e nell’amore <strong>di</strong> Dio per noi.<br />
«Li hai amati come hai amato me»: l’amore del Padre verso <strong>di</strong> noi uguaglia quello che<br />
egli nutre per il Figlio. Pertanto l’unità invocata può essere davvero perfetta. L’amore è<br />
l’<strong>al</strong>tra faccia dell’unità.<br />
* Si manifestano in questa parte, in modo speci<strong>al</strong>e, la <strong>di</strong>mensione ecclesi<strong>al</strong>e, univers<strong>al</strong>e,<br />
ecumenica e apostolica dell'intercessione <strong>di</strong> Gesù: egli prega per la Chiesa <strong>di</strong> tutte le<br />
epoche, per l'unità <strong>di</strong> tutti i credenti in lui e per la fede del mondo intero. Un modo <strong>di</strong><br />
pregare che non abbia queste caratteristiche è povero ed insufficiente.<br />
2. CONTEMPLINO LA MIA GLORIA (17,24)<br />
17.24 Pa/ter, o(\ de/dwka/j moi, qe/lw i(/na o(/pou ei)mi\ e)gw\ ka)kei=noi w)=sin met' e)mou=,<br />
i(/na qewrw=sin th\n do/can th\n e)mh\n, h(\n de/dwka/j moi<br />
o(/ti h)ga/phsa/j me pro\ katabolh=j ko/smou.<br />
17,24 Padre, quelli–che mi hai–dati, voglio che dove sono io anch'essi siano con me,<br />
affinché contemplino la gloria, (quel)la mia, che mi hai–dato,<br />
perché mi hai–amato prima (<strong>della</strong>) fondazione de(l)–mondo.<br />
«Padre,... voglio che dove sono io anch'essi siano con me»: si sente qui tutta<br />
l'autorevolezza del Figlio (Voglio che... ) il qu<strong>al</strong>e sta proponendo, come espressione<br />
definitiva <strong>di</strong> Unità, la cosa più importante per lui e per i suoi: lo stare insieme per sempre<br />
nel Regno (Essere con... dove... Cfr. 12,26). Notiamo che il Signore non <strong>di</strong>ce dove sarò, ma<br />
dove sono, perché si considera fin d<strong>al</strong> presente già in para<strong>di</strong>so.<br />
«Affinché contemplino la gloria... che mi hai dato, perché mi hai amato…»: egli chiede<br />
ciò che costituisce per noi la felicità eterna: la CONTEMPLAZIONE <strong>della</strong> sua GLORIA<br />
<strong>di</strong>vina e dell’AMORE che il Padre ha per lui. T<strong>al</strong>e contemplazione inizia già fin d’ora con<br />
la nostra esperienza viva del Cristo (1,14; 1 Gv 1,1-4).<br />
«Perché mi hai amato prima <strong>della</strong> fondazione del mondo»: l'AMORE eterno del Padre<br />
per il Figlio costituisce il motivo per cui Dio gli ha donato la gloria, che è lo splendore<br />
dell'amore o l’amore nel suo splendore. Gloria e amore sono eterni, senza inizio (cfr. 5 b :<br />
prima che il mondo fosse). Chi si sente amato con t<strong>al</strong>e intensità ne vuole comunicare la<br />
bellezza e la gioia agli amici.<br />
292
* La <strong>di</strong>mensione escatologica, presente in questa ultima parte, completa a perfezione la<br />
preghiera dell'Ora, nella qu<strong>al</strong>e il passato (prima <strong>della</strong>...) ed il futuro si collegano in un<br />
presente eterno.<br />
3. L'AMORE SIA IN ESSI E IO IN LORO (17,25-26)<br />
17.25 pa/ter <strong>di</strong>/kaie, kai\ o( ko/smoj se ou)k e)/gnw, e)gw\ de/ se e)/gnwn,<br />
kai\ ou(=toi e)/gnwsan o(/ti su/ me a)pe/steilaj:<br />
17.26 kai\ e)gnw/risa au)toi=j to\ o)/noma/ sou kai\ gnwri/sw,<br />
i(/na h( a)ga/ph h(\n h)ga/phsa/j me e)n au)toi=j v)= ka)gw\ e)n au)toi=j.<br />
17,25 Padre giusto, il mondo non ti ha–riconosciuto, io invece ti ho–riconosciuto<br />
e–anche costoro hanno–riconosciuto che tu mi hai–mandato.<br />
17,26 E ho–fatto–conoscere loro il nome tuo e (lo) farò–conoscere,<br />
affinché l'amore con–il–qu<strong>al</strong>e hai–amato me, sia in essi e–io in loro.<br />
«Padre giusto... ti ho riconosciuto... e anche costoro hanno riconosciuto...»: Gesù fa<br />
leva sulla giustizia del Padre che, proprio perché giusto, sicuramente premia chi gli è fedele.<br />
Egli poi, notando che il mondo purtroppo si è chiuso <strong>al</strong>la luce, consola il Padre suo<br />
affermando che lui e i credenti lo hanno riconosciuto, facendo un’esperienza vit<strong>al</strong>e <strong>di</strong> lui e<br />
<strong>della</strong> sua iniziativa <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
«Ho fatto conoscere loro il nome tuo e lo farò conoscere»: gli assicura che il suo mistero<br />
person<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Padre (Nome) è stato da lui manifestato ai <strong>di</strong>scepoli nel passato (cfr. 17,6) e lo<br />
sarà ancora nel futuro (con l'invio dello Spirito <strong>San</strong>to).<br />
«Affinché l'amore con il qu<strong>al</strong>e hai amato me, sia in essi»: tutta l’opera <strong>di</strong> rivelazione è<br />
fin<strong>al</strong>izzata a far sì che l'Amore del Padre per il Figlio sia in noi e cioè, in <strong>al</strong>tre parole, che lo<br />
SPIRITO SANTO sia presente e attivo nei credenti. L’amore infinito e glorioso del Padre è<br />
davvero il culmine e la fonte <strong>di</strong> tutta la vita del Cristo, del cristiano e <strong>della</strong> comunità.<br />
Conoscere il nome del Padre equiv<strong>al</strong>e a possedere t<strong>al</strong>e amore. Solo Gesù ci può donare t<strong>al</strong>e<br />
conoscenza (Mt 11,27) e, quin<strong>di</strong>, t<strong>al</strong>e amore.<br />
«E io in loro»: ecco però adesso l’ultimo tocco <strong>di</strong> artista, l’espressione <strong>di</strong> un desiderio<br />
fondament<strong>al</strong>e, già presente in 23: Io in loro, cioè nella loro mente, nel loro cuore e nella<br />
loro vita, in una perfetta mistica comunione cristocentrica. Si re<strong>al</strong>izza la sua profezia fatta in<br />
14,20: In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. La preghiera<br />
del Signore non poteva concludersi in un modo più intenso e più bello.<br />
* Gesù conclude manifestando l'intento <strong>di</strong> consolare il Padre del fatto che il mondo non<br />
si sia aperto a lui ed esprime un impegno (per <strong>al</strong>tro suffragato d<strong>al</strong> passato) che egli<br />
promuoverà la conoscenza del PADRE nell'AMORE e nella COMUNIONE. Egli infatti,<br />
chiamandolo con il nome <strong>di</strong> Padre e definendolo <strong>San</strong>to e Giusto, non solo onora Dio, ma lo<br />
rivela ai <strong>di</strong>scepoli. Notiamo che la Chiesa ha adottato nelle preghiere liturgiche la lodevole<br />
abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> rivolgersi a Dio magnificandone sempre le qu<strong>al</strong>ità: Giusto, Onnipotente,<br />
Misericor<strong>di</strong>oso…<br />
CONCLUSIONE<br />
Pensiamo che sia utile confrontare il nostro modo <strong>di</strong> pregare con quello del Figlio Gesù e<br />
vedere qu<strong>al</strong>i siano le carenze <strong>della</strong> nostra preghiera.<br />
Dobbiamo tenere presenti non solo le tematiche e le <strong>di</strong>mensioni <strong>della</strong> sua orazione, ma<br />
anche la sua confidenza nel Padre e il suo affetto per i <strong>di</strong>scepoli.<br />
La preghiera è espressione <strong>di</strong> riconoscenza, è fede in atto, è amore in <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, è<br />
espressione <strong>di</strong> speranza, è fonte <strong>di</strong> unità, è sorgente <strong>di</strong> forza…<br />
In particolare ci piace mettere in rilievo il fatto che questa preghiera, che sembra <strong>di</strong><br />
domanda, in re<strong>al</strong>tà è soprattutto <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione e <strong>di</strong> ringraziamento <strong>al</strong> Padre. Vi è sotteso un<br />
293
continuo sentimento <strong>di</strong> riconoscenza per i doni che Dio ha fatto a Cristo, siano essi<br />
rappresentati dagli apostoli, dai fedeli, d<strong>al</strong> potere, d<strong>al</strong>la gloria, d<strong>al</strong>le parole o d<strong>al</strong> nome (cfr.<br />
17,2 2x .4.6 2x .7.8.9.11.12.22.24 2x ). Il dono fatto a Gesù, a sua volta, è da lui ridonato a noi<br />
(cfr. 17,2.8.14.22), affinché ci possiamo riempire <strong>della</strong> sua stessa gioia, <strong>della</strong> sua medesima<br />
gloria e dell’amore che il Padre ha per lui.<br />
Un’<strong>al</strong>tra caratteristica <strong>di</strong> questa preghiera consiste nell’uso copioso dell’in mistico:<br />
Cristo è nel Padre (21), il Padre è in Cristo (21.23), i credenti sono nel Padre e nel Figlio<br />
(21), Cristo è nei credenti (23.26). Infine, se Gesù è nel Padre (21) e il Padre è in Gesù<br />
(21.23), che a sua volta è nel credente (23), bisogna concludere che anche il Padre, me<strong>di</strong>ante<br />
Gesù, abita nel credente (cfr. 14,23). La serie dei collegamenti risulta perfetta. T<strong>al</strong>e mutua<br />
compenetrazione, re<strong>al</strong>izzata d<strong>al</strong>l’amore vero, è descritta ed invocata d<strong>al</strong>la preghiera nel<br />
compiersi <strong>della</strong> grande Ora.<br />
Capitolo utilissimo per una veglia <strong>di</strong> preghiera o per una catechesi sull'orazione. Fondament<strong>al</strong>e<br />
anche per l’educazione <strong>al</strong>l’ecumenismo e per imparare a pregare per l’unità dei cristiani.<br />
294
GESÙ IL NAZARENO: IO SONO Unità 29<br />
La cattura e il processo ebraico (18,1-27)<br />
PRESENTAZIONE del racconto <strong>della</strong> PASSIONE: improvvisamente lo stile cambia.<br />
L'Evangelista inizia una narrazione minuziosa e serrata <strong>di</strong> eventi gravissimi e tragici<br />
(crudeltà, violenze contro Gesù). Ma sorprendentemente non abbiamo un abbassamento del<br />
livello spiritu<strong>al</strong>e e simbolico: anzi, durante la Passione si compie una nuova e fondament<strong>al</strong>e<br />
fase <strong>della</strong> rivelazione del Cristo (Sesto momento del secondo Tempo).<br />
Gesù, che sembra privo <strong>di</strong> carismi straor<strong>di</strong>nari, subisce in<strong>di</strong>feso l’aggressione dei nemici<br />
mossi da egoismi, da paure, da cattiveria (fa eccezione il momento inizi<strong>al</strong>e nel qu<strong>al</strong>e la<br />
risposta «Io sono» provoca la caduta a terra dei nemici). Eppure in questa situazione è<br />
raggiunto un <strong>al</strong>tro vertice: il massimo <strong>della</strong> assur<strong>di</strong>tà coincide con il massimo <strong>della</strong><br />
significatività.<br />
Nulla <strong>di</strong> ciò che accade è privo <strong>di</strong> senso e anche le cose più meschine sono cariche <strong>di</strong><br />
v<strong>al</strong>ore profetico e s<strong>al</strong>vifico. Gesù si muove in maniera perfettamente simbolica: tutto quello<br />
che fa o subisce <strong>di</strong>venta segno <strong>di</strong> fedeltà e amore, scuola <strong>di</strong> santità, strumento <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza,<br />
glorificazione del Padre. E le profezie (sia sue che bibliche) si avverano una dopo l'<strong>al</strong>tra.<br />
L'intero racconto <strong>della</strong> Passione, anche se molto fedele <strong>al</strong>la cronaca dei fatti, tanto che<br />
questa è la parte del <strong>Vangelo</strong> giovanneo che più somiglia ai Sinottici, vien pur sempre fatto<br />
con un intento teologico particolare: rivelare la grandezza messianica e la forza <strong>di</strong>vina <strong>di</strong><br />
Gesù. Dopo un primo momento nel qu<strong>al</strong>e l'Evangelista descrive le azioni e gli atteggiamenti<br />
<strong>di</strong> Cristo, che ne fanno emergere l'IDENTITÀ sovrumana (Unità 29), nel <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo con Pilato<br />
e nella crocifissione <strong>Giovanni</strong> mette in evidenza la superiore REGALITÀ del Cristo che<br />
giu<strong>di</strong>ca il peccato (Unità 30). Infine vi è la narrazione <strong>della</strong> tot<strong>al</strong>e spogliazione del Re dei<br />
Giudei, spogliazione che ha come risultato il dono fatto <strong>al</strong>la Chiesa <strong>della</strong> Madre, dello<br />
Spirito, del <strong>San</strong>gue e dell'Acqua sgorganti d<strong>al</strong> cuore dell'Agnello trafitto, Icona suprema<br />
dell'amore che dona vita (Unità 31).<br />
INTRODUZIONE A QUESTA UNITÀ: seguendo l'or<strong>di</strong>ne degli avvenimenti così come<br />
sono narrati d<strong>al</strong>l'Evangelista, abbiamo in<strong>di</strong>viduato sei parti. Gesù si presenta con la forza<br />
sovrana dell'IO SONO, che fa cadere i nemici a terra, e come colui che, padrone <strong>di</strong> tutto ciò<br />
che accade, non <strong>di</strong>mostra paura, ma interroga (4.7.11.21.23), afferma (5.8) e comanda con<br />
piena autorità (8.11.21.23).<br />
- I - C'ERA UN GIARDINO<br />
Il luogo dell'amicizia non viene profanato<br />
1. GIUDA CONOSCEVA IL LUOGO (18,1-2)<br />
Conoscere per tra<strong>di</strong>re<br />
18.1 Tau=ta ei)pw\n )Ihsou=j e)ch=lqen su\n toi=j maqhtai=j au)tou=<br />
pe/ran tou= xeima/rrou tou= Kedrw\n o(/pou h)=n kh=poj,<br />
ei)j o(\n ei)sh=lqen au)to\j kai\ oi( maqhtai\ au)tou=.<br />
18.2 v)/dei de\ kai\ )Iou/daj o( para<strong>di</strong>dou\j au)to\n to\n to/pon,<br />
o(/ti polla/kij sunh/xqh )Ihsou=j e)kei= meta\ tw=n maqhtw=n au)tou=.<br />
18,1 Dette queste (cose), Gesù uscì con i suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
oltre il torrente Cedron, dove c'era (un) giar<strong>di</strong>no,<br />
ne(l) qu<strong>al</strong>e entrò egli e i suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
18,2 Ora anche Giuda, che lo tra<strong>di</strong>va, conosceva il luogo,<br />
perché spesso Gesù conveniva là con i suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
295
«Dette queste cose...»: fortificato e consolato d<strong>al</strong>la preghiera <strong>al</strong> Padre, Gesù va incontro<br />
<strong>al</strong>la sua Passione. T<strong>al</strong>e preghiera (insieme a quella <strong>di</strong> 12,27-27) rimpiazza quella angosciata<br />
e coraggiosa del Getzemani, riportata dai Sinottici. Il Gesù <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> non <strong>di</strong>mostra<br />
nessuna <strong>di</strong> quelle natur<strong>al</strong>i fragilità umane che gli <strong>al</strong>tri evangelisti descrivono (paura, sudor<br />
<strong>di</strong> sangue..).<br />
«Uscì con i suoi <strong>di</strong>scepoli, oltre il torrente»: Gesù esce; compie il suo esodo,<br />
<strong>al</strong>lontanandosi d<strong>al</strong>la città corrotta e portando anche i suoi. Inizia il suo ritorno verso il<br />
Padre.<br />
«C'era un giar<strong>di</strong>no, nel qu<strong>al</strong>e entrò...»: si tratta del luogo <strong>di</strong> rifugio, del recinto delle<br />
pecore (10,1 ss.). La Passione <strong>di</strong> Gesù inizia e si conclude in un giar<strong>di</strong>no (19,41) che<br />
richiama quello del Cantico e il para<strong>di</strong>so dell'Eden. Rappresenta il luogo <strong>della</strong> vita,<br />
dell’amicizia e <strong>della</strong> risurrezione.<br />
«Anche Giuda... conosceva il luogo»: conoscere il luogo può voler <strong>di</strong>re conoscerne<br />
l'importanza, la sacr<strong>al</strong>ità (in 11,48 luogo significa tempio); Giuda, proprio in quel posto,<br />
aveva sperimentato la confidenza e l'amicizia che Gesù donava ai suoi. Egli, che viene<br />
costantemente contrassegnato come colui che consegna cioè come tra<strong>di</strong>tore..., approfitta<br />
<strong>della</strong> fiducia e dell'amicizia per favorire la cattura del Signore.<br />
«Spesso Gesù conveniva là»: in quel luogo Gesù istruiva i suoi <strong>di</strong>scepoli e pregava. Egli<br />
stava con i suoi, anticipando la comunione fin<strong>al</strong>e. Il luogo dell'amicizia (come il cenacolo:<br />
13,27) non potrà <strong>di</strong>ventare quello del tra<strong>di</strong>mento. Pertanto il Maestro uscirà fuori <strong>di</strong> esso<br />
prima <strong>della</strong> cattura.<br />
2. GIUDA PRESE LE GUARDIE (18,3)<br />
Le armi dei violenti<br />
18.3 o( ou)=n )Iou/daj<br />
labw\n th\n spei=ran kai\ e)k tw=n a)rxiere/wn kai\ e)k tw=n Farisai/wn u(phre/taj<br />
e)/rxetai e)kei= meta\ fanw=n kai\ lampa/dwn kai\ o(/plwn.<br />
18,3 Giuda dunque,<br />
presa la schiera e (le) guar<strong>di</strong>e dai sommi sacerdoti e dai farisei,<br />
viene là con lanterne, torce e armi.<br />
«Giuda... presa la schiera…»: Gesù e Giuda sono due figure che si oppongono<br />
nettamente. In comune hanno solo il fatto che ambedue conoscono quel luogo e sono a capo<br />
<strong>di</strong> due gruppi. <strong>Giovanni</strong> attribuisce l'iniziativa <strong>della</strong> cattura a Giuda stesso, che coor<strong>di</strong>na<br />
tutte le forze civili e religiose ostili a Gesù: i Giudei, i Farisei e poi (in<strong>di</strong>rettamente) anche i<br />
Romani. Il tra<strong>di</strong>tore fa suoi gli intenti crimin<strong>al</strong>i dei capi. Egli è il TIPO <strong>di</strong> tutti i nemici <strong>di</strong><br />
Dio ed il servo <strong>di</strong> satana.<br />
«Viene là con lanterne... e armi»: in precedenza (Unità 13) abbiamo parlato in senso<br />
figurato delle armi dei prepotenti (abbiamo an<strong>al</strong>izzato soprattutto i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> pressione<br />
psicologica, soci<strong>al</strong>e e religiosa). Ora gli avversari usano le armi materi<strong>al</strong>i, quelle che<br />
procurano la morte fisica. In esse pongono la loro forza e la loro sicurezza. I violenti<br />
camminano nelle tenebre <strong>della</strong> notte e la loro unica luce è quella sinistra delle lanterne<br />
militari.<br />
- II - IO SONO<br />
La propria identità riconosciuta<br />
1. CHI CERCATE? (18,4-6)<br />
La ricerca da parte dei m<strong>al</strong>vagi<br />
18.4 )Ihsou=j ou)=n ei)dw\j pa/nta ta\ e)rxo/mena e)p' au)to\n<br />
e)ch=lqen kai\ le/gei au)toi=j, Ti/na zhtei=te;<br />
18.5 a)pekri/qhsan au)t%=, )Ihsou=n to\n Nazwrai=on.<br />
le/gei au)toi=j, )Egw/ ei)mi.<br />
296
ei(sth/kei de\ kai\ )Iou/daj o( para<strong>di</strong>dou\j au)to\n met' au)tw=n.<br />
18.6 w(j ou)=n ei)=pen au)toi=j, )Egw/ ei)mi,<br />
a)ph=lqon ei)j ta\ o)pi/sw kai\ e)/pesan xamai/.<br />
18,4 Gesù dunque, sapendo tutto ciò che–stava–per–accadergli,<br />
uscì e <strong>di</strong>ce loro: «Chi cercate?».<br />
18,5 Gli risposero: «Gesù, il Nazareno!».<br />
Dice loro Gesù: «Io sono!».<br />
Anche Giuda, che lo tra<strong>di</strong>va, stava con loro.<br />
18,6 Come dunque <strong>di</strong>sse loro: «Io Sono!»,<br />
andarono in<strong>di</strong>etro e caddero a–terra.<br />
«Sapendo tutto...»: <strong>Giovanni</strong>, con forza maggiore rispetto ai Sinottici, ama mettere in<br />
luce il fatto che il Maestro abbia una piena conoscenza <strong>di</strong> ogni evento passato, presente e<br />
futuro. Questa prescienza e consapevolezza è il segno <strong>della</strong> superiore sapienza e forza <strong>di</strong><br />
Cristo che conosce e vanifica le trame dei nemici. Se il IV Evangelista sottolinea t<strong>al</strong>e<br />
aspetto è per farci capire che per Gesù nulla accade <strong>al</strong>l’improvviso o per caso. Tutto questo<br />
però v<strong>al</strong>e anche per noi: nella nostra vita tutto ha un senso, anche se t<strong>al</strong>volta è nascosto e<br />
<strong>di</strong>fficile da scoprire.<br />
«Uscì»: egli non fugge, ma si presenta liberamente ai suoi avversari. Li affronta con la<br />
forza superiore <strong>di</strong> chi vede un senso positivo in tutto quello che accade. Il Gesù <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong><br />
ha già superato da tempo la crisi del Getzemani (che qui non viene nemmeno ricordata: cfr.<br />
le due anticipazioni del turbamento <strong>di</strong> Gesù in 12,27-32 e 13,21.31). Uscendo d<strong>al</strong> giar<strong>di</strong>no<br />
impe<strong>di</strong>sce che esso sia profanato d<strong>al</strong> tra<strong>di</strong>tore. Il suo Esodo continua.<br />
«Dice loro: Chi cercate?»: è Gesù che interroga. L'iniziativa è tutta sua. Egli pone i suoi<br />
nemici <strong>al</strong>le strette.<br />
«Gesù il Nazareno»: per loro Gesù è solo un abitante <strong>di</strong> Nazaret, che pertanto non può<br />
avere pretese messianiche. È comunque doloroso costatare che mentre i m<strong>al</strong>vagi cercano<br />
Gesù, i buoni non hanno <strong>al</strong>trettanta iniziativa (farà eccezione la Madd<strong>al</strong>ena: 20,15).<br />
«Dice loro...: Io Sono!»: nella semplice affermazione «Io sono» si nasconde la<br />
rivelazione <strong>della</strong> sua potentissima <strong>di</strong>vinità, che non può non far in<strong>di</strong>etreggiare e cadere a<br />
terra i nemici, come segno <strong>della</strong> loro prossima sconfitta (cfr. S<strong>al</strong> 27,2).<br />
«Anche Giuda, che lo tra<strong>di</strong>va, stava con loro»: questo apostolo è ormai passato con il<br />
mondo, contro Gesù e contro la vita. Nemmeno si avvicina a Gesù per baciarlo e così<br />
identificarlo con sicurezza, come ci raccontano i Sinottici. Si avvera in t<strong>al</strong> modo la profezia<br />
del tra<strong>di</strong>mento (13,12). Per l’ottava e ultima volta <strong>Giovanni</strong> parla del tra<strong>di</strong>mento da parte <strong>di</strong><br />
questo f<strong>al</strong>so amico. Pensiamo <strong>al</strong> <strong>di</strong>spiacere <strong>di</strong> Gesù nel vederlo sulla via <strong>della</strong> per<strong>di</strong>zione.<br />
Almeno Giuda, se non i soldati, cadendo a terra, avrebbe dovuto capire che la forza <strong>di</strong><br />
Cristo è invincibile.<br />
2. LASCIATE ANDARE QUESTI (18,7-9)<br />
La <strong>di</strong>fesa in favore dei suoi<br />
18.7 pa/lin ou)=n e)phrw/thsen au)tou/j, Ti/na zhtei=te;<br />
oi( de\ ei)=pan, )Ihsou=n to\n Nazwrai=on.<br />
18.8 a)pekri/qh )Ihsou=j, Ei)=pon u(mi=n o(/ti e)gw/ ei)mi:<br />
ei) ou)=n e)me\ zhtei=te, a)/fete tou/touj u(pa/gein:<br />
18.9 i(/na plhrwqv= o( lo/goj o(\n ei)=pen o(/ti<br />
Ou(\j de/dwka/j moi ou)k a)pw/lesa e)c au)tw=n ou)de/na.<br />
18,7 Di–nuovo dunque li interrogò: «Chi cercate?».<br />
Essi <strong>al</strong>lora <strong>di</strong>ssero: «Gesù, il Nazareno!».<br />
18,8 Rispose Gesù: «Vi ho–detto che Io Sono;<br />
se dunque cercate me, lasciate andare questi».<br />
18,9 Affinché si–adempisse la parola che <strong>di</strong>sse:<br />
«Coloro–che hai–dato a–me, non ho–perduto nessuno <strong>di</strong> essi».<br />
297
«Li interrogò: «Chi cercate?... Vi ho detto che Io Sono…»: nuovamente l'iniziativa è del<br />
Signore. I nemici, pur atterrati, non si arrendono; riaffermano la volontà <strong>di</strong> catturarlo. Ed<br />
egli si fa riconoscere senza equivoci.<br />
«Se... cercate me, lasciate andare questi!»: Gesù, non usa il potere che ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />
avere per <strong>di</strong>fendersi, ma espone se stesso per s<strong>al</strong>vare i suoi e or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> lasciarli liberi. Il<br />
buon Pastore dà la vita per le pecore: esse possono ritornare nella sicurezza del recinto.<br />
«Affinché si adempisse la parola che <strong>di</strong>sse...»: <strong>Giovanni</strong> vede in questo il compiersi <strong>di</strong><br />
una profezia pronunciata durante la preghiera <strong>al</strong> Padre. In effetti Gesù aveva dato a questa<br />
frase un significato più pieno: si trattava <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza eterna (17,12). Qui si tratta <strong>della</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza terrena che però va vista come simbolo e anticipo <strong>di</strong> quella definitiva (cfr. anche<br />
10,28). Per il nostro Evangelista gli apostoli ora non fuggono per paura, ma sono autorizzati<br />
ad andarsene. E questo <strong>di</strong>venta per loro un segno dell’amore del Maestro che li <strong>di</strong>fende e li<br />
libera. L’aspetto negativo <strong>di</strong> fuga e <strong>di</strong> abbandono è stato anticipato e quasi scusato in 16,32.<br />
- III - IL CALICE NON LO BERRÒ?<br />
La passione accettata<br />
1. SIMON PIETRO COLPÌ IL SERVO (18,10)<br />
La violenza dei deboli<br />
18.10 Si/mwn ou)=n Pe/troj e)/xwn ma/xairan ei(/lkusen au)th\n<br />
kai\ e)/paisen to\n tou= a)rxiere/wj dou=lon kai\ a)pe/koyen au)tou= to\ w)ta/rion to\ decio/n:<br />
h)=n de\ o)/noma t%= dou/l% Ma/lxoj.<br />
18,10 Simon Pietro, dunque, che–aveva (una) spada, la estrasse<br />
e colpì il servo del capo–sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro;<br />
(il) nome del servo era M<strong>al</strong>co.<br />
«Pietro, che aveva una spada...»: lo stile <strong>di</strong> vita dei m<strong>al</strong>vagi contagia anche i buoni, i<br />
qu<strong>al</strong>i, quando non sono ancora entrati pienamente nella logica <strong>della</strong> fede, reagiscono<br />
<strong>al</strong>l'ingiustizia facendo affidamento sulle armi del mondo. Pietro, che non aveva accettato<br />
Gesù come servo (13,8) e come unico s<strong>al</strong>vatore (13,37), non accetta ora <strong>di</strong> andarsene e<br />
pensa <strong>di</strong> poter mo<strong>di</strong>ficare il destino <strong>di</strong> Gesù e <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere il Maestro e se<br />
stesso con una spada. Ben <strong>di</strong>versa è la spada <strong>di</strong> cui c’è bisogno (Ebr 4,12; Apc 1,16;<br />
2,12.16).<br />
«Tagliò l'orecchio destro...»: il risultato dell'intervento <strong>di</strong> Pietro è una ferita che servirà<br />
solo a metterlo nei guai (26). Egli non si comporta da servo <strong>di</strong> Cristo: i veri servi non<br />
combattono in quel modo (cfr. 36. In Lc 22,51 è detto che Gesù risanò l'orecchio reciso,<br />
annullando così l'effetto pericoloso dell'insano gesto). L’orecchio destro simboleggia la retta<br />
capacità <strong>di</strong> intendere: è proprio quella che Pietro colpisce.<br />
«Il nome... era M<strong>al</strong>co»: <strong>di</strong> questo personaggio non sappiamo niente <strong>di</strong> più, ma possiamo<br />
ritenere che fosse importante: è il servo (e non solo un servo) e il suo nome significa re (è<br />
assimilato anche nel nome <strong>al</strong> potere terreno a cui soggiace). Pietro dunque colpisce il<br />
simbolo del potere iniquo, ma non è in grado <strong>di</strong> fermarlo o eliminarlo con quel tipo <strong>di</strong><br />
spada.<br />
2. RIMETTI LA SPADA NEL FODERO (18,11)<br />
Il rifiuto <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> violenza<br />
18.11 ei)=pen ou)=n o( )Ihsou=j t%= Pe/tr%,<br />
Ba/le th\n ma/xairan ei)j th\n qh/khn:<br />
to\ poth/rion o(\ de/dwke/n moi o( path\r ou) mh\ pi/w au)to/;<br />
18,11 Disse dunque Gesù a Pietro:<br />
«Rimetti la spada nella custo<strong>di</strong>a;<br />
298
il c<strong>al</strong>ice che ha–dato a–me il Padre, non lo berrò?».<br />
«Rimetti la spada nella costo<strong>di</strong>a»: Gesù, che come ha <strong>di</strong>mostrato potrebbe far morire o<br />
par<strong>al</strong>izzare i suoi nemici, or<strong>di</strong>na a Pietro <strong>di</strong> non usare le armi (in Mt 26,52 viene fornita<br />
anche una motivazione convincente: il violento muore, vittima <strong>della</strong> sua stessa violenza).<br />
«Il c<strong>al</strong>ice che ha dato a me il Padre, non lo berrò?»: questa domanda, che sottende una<br />
chiara affermazione (berrò il c<strong>al</strong>ice datomi d<strong>al</strong> Padre), rappresenta un forte richiamo <strong>al</strong>la<br />
preghiera <strong>di</strong> Gesù <strong>al</strong> Padre nell'orto degli Ulivi, durante la qu<strong>al</strong>e egli maturò la decisione <strong>di</strong><br />
bere il c<strong>al</strong>ice <strong>della</strong> sua Passione (Egli non si smentisce mai come Figlio. Cfr. Mt 26,39).<br />
L’espressione bere il c<strong>al</strong>ice collega la Passione <strong>al</strong>l’Eucaristia, memori<strong>al</strong>e <strong>della</strong> Pasqua. Il<br />
Gesù <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> non pronuncia t<strong>al</strong>e frase in un contesto <strong>di</strong> preghiera angosciata, ma<br />
<strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere ormai superato la natur<strong>al</strong>e riluttanza e si presenta pienamente deciso,<br />
perché sa che è il Padre colui che gli dona questo c<strong>al</strong>ice e, quin<strong>di</strong>, lo accetta con amore <strong>di</strong><br />
Figlio. Pertanto la severa domanda che Gesù fa a Pietro, gli dovrebbe far capire che egli è<br />
deciso a fare la volontà del Padre e che non ammette nessun ostacolo <strong>al</strong> <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio (cfr.<br />
Mt 26,54; 16,23). Questa è l'ultima volta che il Padre viene esplicitamente nominato prima<br />
<strong>della</strong> risurrezione.<br />
- IV - NEL CORTILE DI ANNA<br />
L'aula del terrore<br />
1. LO PORTARONO DA ANNA (18,12-14)<br />
La libertà imprigionata<br />
18.12 (H ou)=n spei=ra kai\ o( xili/arxoj kai\ oi( u(phre/tai tw=n )Ioudai/wn<br />
sune/labon to\n )Ihsou=n kai\ e)/dhsan au)to\n<br />
18.13 kai\ h)/gagon pro\j (/Annan prw=ton:<br />
h)=n ga\r penqero\j tou= Kaia/fa, o(\j h)=n a)rxiereu\j tou= e)niautou= e)kei/nou:<br />
18.14 h)=n de\ Kaia/faj o( sumbouleu/saj toi=j )Ioudai/oij o(/ti<br />
sumfe/rei e(/na a)/nqrwpon a)poqanei=n u(pe\r tou= laou=.<br />
18,12 La schiera dunque e il comandante e le guar<strong>di</strong>e dei Giudei<br />
catturarono Gesù e lo legarono<br />
18,13 e (lo) portarono dapprima da Anna;<br />
era infatti suocero <strong>di</strong> Caifa, il–qu<strong>al</strong>e era capo–sacerdote <strong>di</strong> quell'anno.<br />
18,14 Ora Caifa era colui che–aveva–consigliato ai Giudei:<br />
«Conviene (che) un–solo uomo muoia per il popolo».<br />
«Catturarono Gesù e lo legarono»: a Gesù viene tolta la libertà. Colui che aveva sciolto<br />
Lazzaro dai vincoli <strong>della</strong> morte, viene legato come uno schiavo o un delinquente. I numerosi<br />
tentativi <strong>di</strong> cattura ora si re<strong>al</strong>izzano. Gli avversari non se lo vogliono far sfuggire<br />
nuovamente.<br />
«Anna... Caifa...» appartengono a potenti famiglie corrotte. Solo secondo <strong>Giovanni</strong>,<br />
<strong>al</strong>l'anziano Anna, anche se non più in carica come sommo sacerdote, viene fatto l'onore <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>care per primo il Cristo, perché <strong>di</strong>etro le quinte ha sempre tramato contro il Nazareno.<br />
Egli è il TIPO <strong>di</strong> ogni potere occulto.<br />
«Caifa... aveva consigliato ai Giudei...»: <strong>Giovanni</strong> aveva già dato rilievo a questa<br />
profezia. Ora la richiama per ricordare le responsabilità dei vari personaggi che hanno<br />
preme<strong>di</strong>tato la morte <strong>di</strong> Gesù, ma anche per mettere in ris<strong>al</strong>to che chi guida gli eventi è solo<br />
Dio.<br />
2. PIETRO E UN ALTRO DISCEPOLO LO SEGUIVANO (18,15-16)<br />
Gli amici in<strong>di</strong>fesi<br />
18.15 )Hkolou/qei de\ t%= )Ihsou= Si/mwn Pe/troj kai\ a)/lloj maqhth/j.<br />
o( de\ maqhth\j e)kei=noj h)=n gnwsto\j t%= a)rxierei=<br />
299
kai\ suneish=lqen t%= )Ihsou= ei)j th\n au)lh\n tou= a)rxiere/wj,<br />
18.16 o( de\ Pe/troj ei(sth/kei pro\j tv= qu/r# e)/cw.<br />
e)ch=lqen ou)=n o( maqhth\j o( a)/lloj o( gnwsto\j tou= a)rxiere/wj<br />
kai\ ei)=pen tv= qurwr%= kai\ ei)sh/gagen to\n Pe/tron.<br />
18,15 Ora seguivano Gesù Simon Pietro e (un) <strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo;<br />
ma quel <strong>di</strong>scepolo era noto <strong>al</strong> capo–sacerdote<br />
ed entrò–con Gesù nel cortile del capo–sacerdote,<br />
18,16 invece Pietro stava fuori presso la porta.<br />
Uscì dunque l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo, (quel)lo noto <strong>al</strong> capo–sacerdote,<br />
e parlò <strong>al</strong>la portinaia e introdusse Pietro.<br />
«Seguivano Gesù Simon Pietro e un <strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo...»: Gesù adesso non vuole essere<br />
seguito; infatti non può essere s<strong>al</strong>vato dagli uomini o sostituito da loro nella sua Ora. Forse<br />
l’<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo è <strong>Giovanni</strong>.<br />
«Era noto <strong>al</strong> sommo sacerdote»: le conoscenze umane possono portare dei privilegi<br />
terreni in cambio <strong>di</strong> <strong>al</strong>ti prezzi da pagare.<br />
«Entrò con Gesù nel cortile (’aulé)...»: è l'aulè ebraica, il recinto in cui è pericoloso<br />
entrare (cfr. 10,1). Questo cortile si oppone per molti aspetti <strong>al</strong> giar<strong>di</strong>no in cui il Maestro si<br />
era rifugiato con i suoi. Quello era un ambiente <strong>al</strong>l’aperto, in mezzo <strong>al</strong>la campagna ed <strong>al</strong>la<br />
natura, mentre il cortile è un posto chiuso <strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> una casa e <strong>di</strong> una città.<br />
«Parlò <strong>al</strong>la portinaia e introdusse Pietro»: voler stare vicino a Gesù è una bella cosa, ma<br />
bisogna anche averne il coraggio e la forza, oltre che il permesso. Pietro è incauto, non è<br />
preparato a sfidare il potere delle tenebre. Satana si sta scatenando contro Gesù ed i suoi.<br />
3. NON LO SONO (18,17-18)<br />
L'identità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scepolo negata<br />
18.17 le/gei ou)=n t%= Pe/tr% h( pai<strong>di</strong>/skh h( qurwro/j,<br />
Mh\ kai\ su\ e)k tw=n maqhtw=n ei)= tou= a)nqrw/pou tou/tou;<br />
le/gei e)kei=noj, Ou)k ei)mi/.<br />
18.18 ei(sth/keisan de\ oi( dou=loi kai\ oi( u(phre/tai a)nqrakia\n pepoihko/tej,<br />
o(/ti yu=xoj h)=n, kai\ e)qermai/nonto:<br />
h)=n de\ kai\ o( Pe/troj met' au)tw=n e(stw\j kai\ qermaino/menoj.<br />
18,17 Dice dunque a Pietro la serva portinaia:<br />
«Non sei (forse) anche tu dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> quest'uomo?».<br />
Dice egli: «Non (lo) sono!».<br />
18,18 Ora stavano (là) i servi e le guar<strong>di</strong>e, avendo–fatto (<strong>della</strong>) brace,<br />
perché era freddo e si–risc<strong>al</strong>davano;<br />
anche Pietro stava con loro e si–risc<strong>al</strong>dava.<br />
«Non sei forse anche tu dei <strong>di</strong>scepoli... ?»: subito Pietro è sottoposto ad una domanda<br />
che suona già come una condanna. Gesù è considerato solo come uomo e chi è suo<br />
<strong>di</strong>scepolo e sta d<strong>al</strong>la sua parte non è gra<strong>di</strong>to dentro il recinto dei Giudei.<br />
«Non lo sono»: Pietro nega la sua identità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scepolo. Dov'è finita la gran sicurezza che<br />
aveva manifestato durante la Cena? Crolla davanti a una serva. Si <strong>di</strong>fende con la menzogna.<br />
«Era freddo»: il clima rigido esterno è figura del forte <strong>di</strong>sagio interiore.<br />
«Pietro stava con loro»: che <strong>di</strong>versità rispetto <strong>al</strong>l'essere con Gesù! T<strong>al</strong>e nuova<br />
compagnia è segno del suo cambiamento interiore.<br />
- V - ANNA INTERROGÒ GESÙ<br />
Dottrina e <strong>di</strong>scepoli sospetti<br />
1. HO PARLATO PUBBLICAMENTE (18,19-21)<br />
Il coraggio <strong>della</strong> parola chiara<br />
300
18.19 (O ou)=n a)rxiereu\j h)rw/thsen to\n )Ihsou=n<br />
peri\ tw=n maqhtw=n au)tou= kai\ peri\ th=j <strong>di</strong>daxh=j au)tou=.<br />
18.20 a)pekri/qh au)t%= )Ihsou=j, )Egw\ parrhsi/# lela/lhka t%= ko/sm%,<br />
e)gw\ pa/ntote e)<strong>di</strong>/daca e)n sunagwgv= kai\ e)n t%= i(er%=,<br />
o(/pou pa/ntej oi( )Ioudai=oi sune/rxontai, kai\ e)n krupt%= e)la/lhsa ou)de/n.<br />
18.21 ti/ me e)rwt#=j;<br />
e)rw/thson tou\j a)khkoo/taj ti/ e)la/lhsa au)toi=j:<br />
i)/de ou(=toi oi)/dasin a(\ ei)=pon e)gw/.<br />
18,19 Dunque il capo–sacerdote interrogò Gesù<br />
circa i suoi <strong>di</strong>scepoli e circa la sua dottrina.<br />
18,20 Gli rispose Gesù: «Io apertamente ho–parlato <strong>al</strong> mondo;<br />
io sempre ho–insegnato ne(lla) sinagoga e nel tempio,<br />
dove tutti i Giudei convengono e <strong>di</strong> nascosto (non) ho–detto nulla.<br />
18,21 Perché interroghi me?<br />
Interroga quelli che–hanno–ascoltato ciò–che ho–detto loro;<br />
ecco, essi sanno ciò–che ho–detto io».<br />
«Interrogò Gesù circa i suoi <strong>di</strong>scepoli e circa la sua dottrina...»: <strong>Giovanni</strong> non riporta le<br />
specifiche domande fatte a Gesù (cfr. Mt 26,63), ma riassume il contenuto del processo<br />
in<strong>di</strong>viduando due argomenti: per lui si tratta <strong>di</strong> un interrogatorio fin<strong>al</strong>izzato a trovare capi <strong>di</strong><br />
accusa contro i <strong>di</strong>scepoli e contro la dottrina, i due tesori <strong>di</strong> Gesù. I capi sono infatti<br />
preoccupati perché egli ha fatto molti <strong>di</strong>scepoli, sottraendoli a loro, e contestano la sua<br />
dottrina.<br />
«Io apertamente (parresía) ho parlato <strong>al</strong> mondo...»: Gesù evita la questione dei suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli e riporta l’attenzione dei suoi giu<strong>di</strong>ci sulla sua dottrina. Per lui il suo<br />
insegnamento è per tutti, è per il mondo, per tutti i Giudei. E <strong>di</strong> fatto tutti, buoni e cattivi,<br />
hanno sentito le sue parole. Il mondo non può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non aver u<strong>di</strong>to. Gesù non ripete più<br />
tutto quello che ha pre<strong>di</strong>cato nel tempio <strong>di</strong> Gerus<strong>al</strong>emme e nelle sinagoghe e non ricomincia<br />
da capo il suo magistero.<br />
«Di nascosto non ho detto nulla»: Gesù non ha mai nascosto, nemmeno <strong>di</strong> fronte ai capi<br />
più ostili, la sostanza <strong>della</strong> sua dottrina, perché tutto quello che insegnava era vero. Inoltre<br />
non ha avuto l’intenzione <strong>di</strong> fondare una comunità esoterica, destinata a pochi iniziati.<br />
«Interroga quelli che hanno ascoltato...»: egli pertanto non risponde ad Anna, ma gli<br />
fornisce il metodo giusto, proponendogli <strong>di</strong> ascoltare la massa enorme <strong>di</strong> persone che lo<br />
hanno ascoltato. Esse sono testimoni imparzi<strong>al</strong>i (proprio perché più <strong>di</strong>staccati e meno <strong>di</strong><br />
parte, rispetto ai <strong>di</strong>scepoli) delle sue parole e <strong>della</strong> sua sapienza. È soprattutto con la<br />
straor<strong>di</strong>naria potenza <strong>della</strong> sua opera rivelatrice (fatta <strong>di</strong> parole e <strong>di</strong> segni) che Anna si deve<br />
confrontare; non con un uomo a cui è negata la libertà <strong>di</strong> parola (come fra poco lo schiaffo<br />
non farà che confermare) e i cui <strong>di</strong>scepoli si sono in pratica <strong>di</strong>leguati.<br />
2. PERCHÈ MI PERCUOTI? (18,22-24)<br />
Lo smascheramento dell'ipocrisia violenta<br />
18.22 tau=ta de\ au)tou= ei)po/ntoj<br />
ei(=j paresthkw\j tw=n u(phretw=n e)/dwken r(a/pisma t%= )Ihsou= ei)pw/n,<br />
Ou(/twj a)pokri/nv t%= a)rxierei=;<br />
18.23 a)pekri/qh au)t%= )Ihsou=j,<br />
Ei) kakw=j e)la/lhsa, martu/rhson peri\ tou= kakou=:<br />
ei) de\ k<strong>al</strong>w=j, ti/ me de/reij;<br />
18.24 a)pe/steilen ou)=n au)to\n o( (/Annaj dedeme/non pro\j Kaia/fan to\n a)rxiere/a.<br />
18,22 Avendo–detto queste (cose),<br />
una delle guar<strong>di</strong>e presenti <strong>di</strong>ede (uno) schiaffo a Gesù, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Così rispon<strong>di</strong> <strong>al</strong> capo–sacerdote?!».<br />
18,23 Gli rispose Gesù:<br />
«Se m<strong>al</strong>amente ho–parlato, testimonia circa il m<strong>al</strong>e;<br />
301
ma se bene, perché mi percuoti?».<br />
18,24 Dunque Anna lo mandò, legato, da Caifa, il capo–sacerdote.<br />
«Diede uno schiaffo a Gesù, <strong>di</strong>cendo: Così rispon<strong>di</strong>...?»: un sub<strong>al</strong>terno, <strong>di</strong> sua iniziativa,<br />
approfitta per farsi bello davanti <strong>al</strong> sommo sacerdote. Una guar<strong>di</strong>a si ritiene in <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
rimproverare e <strong>di</strong> punire Gesù, accusandolo <strong>di</strong> non aver usato la parola giusta.<br />
«Gesù rispose: Se m<strong>al</strong>amente ho parlato, testimonia...»: Gesù non può tollerare che<br />
venga accusato su questo punto: la sua parola è quella del Padre. Egli dunque esige la<br />
<strong>di</strong>mostrazione del suo eventu<strong>al</strong>e errore. Non porge l'<strong>al</strong>tra guancia, per non favorire<br />
l'ignoranza e l'ipocrisia. Ritiene più giusto invitare <strong>al</strong>la ragionevolezza, <strong>al</strong> <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo, <strong>al</strong>la nonviolenza.<br />
Sa rispondere con correttezza, cercando <strong>di</strong> liberare quel sub<strong>al</strong>terno d<strong>al</strong> servilismo<br />
che fa comodo soprattutto ai potenti.<br />
«Perché mi percuoti?»: con c<strong>al</strong>ma, induce il servo a prendere coscienza del vero motivo<br />
(orgoglio, servilismo, prepotenza) che l'ha mosso a usare violenza. Gesù non si piega <strong>di</strong><br />
fronte <strong>al</strong> potere ingiusto <strong>di</strong> nessuno, ma è lui che interroga e giu<strong>di</strong>ca con autorità.<br />
«Anna lo mandò, legato, da Caifa...»: Anna, che non è riuscito a piegarlo, affida ora il<br />
compito <strong>di</strong> condannarlo a Caifa, <strong>al</strong>la suprema autorità religiosa. Gesù è sempre legato come<br />
un m<strong>al</strong>fattore, ma è interiormente libero. <strong>Giovanni</strong> non ci riporta l’interrogatorio del<br />
processo davanti a Caifa. Il suo Gesù ha poco da <strong>di</strong>re ai prepotenti.<br />
- VI - UN GALLO CANTÒ<br />
Il rinnegamento pieno<br />
1. LA SECONDA NEGAZIONE (18,25)<br />
18.25 )=Hn de\ Si/mwn Pe/troj e(stw\j kai\ qermaino/menoj.<br />
ei)=pon ou)=n au)t%=, Mh\ kai\ su\ e)k tw=n maqhtw=n au)tou= ei)=;<br />
h)rnh/sato e)kei=noj kai\ ei)=pen, Ou)k ei)mi/.<br />
18,25 Intanto Simon Pietro stava risc<strong>al</strong>dandosi.<br />
Gli <strong>di</strong>ssero dunque: «Non sei anche tu dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong>–quello?».<br />
Egli negò e <strong>di</strong>sse: «Non (lo) sono!».<br />
«Pietro stava risc<strong>al</strong>dandosi»: come la luce delle fiaccole non <strong>di</strong>ssolve le tenebre<br />
dell'o<strong>di</strong>o, così il c<strong>al</strong>ore del fuoco non vince il freddo interiore dell'apostolo.<br />
«Non sei anche tu dei <strong>di</strong>scepoli...?»: è compromettente essere <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Cristo.<br />
Bisogna saperlo fin d<strong>al</strong>l'inizio per non rinnegare <strong>al</strong>l'improvviso.<br />
«Non lo sono»: questa negazione è l’esatto contrario dell'affermazione <strong>di</strong> Gesù: Io sono.<br />
2. IL TERZO RINNEGAMENTO (18,26-27)<br />
18.26 le/gei ei(=j e)k tw=n dou/lwn tou= a)rxiere/wj,<br />
suggenh\j w)\n ou(= a)pe/koyen Pe/troj to\ w)ti/on,<br />
Ou)k e)gw/ se ei)=don e)n t%= kh/p% met' au)tou=;<br />
18.27 pa/lin ou)=n h)rnh/sato Pe/troj, kai\ eu)qe/wj a)le/ktwr e)fw/nhsen.<br />
18,26 Dice uno dei servi del capo–sacerdote,<br />
che–era parente <strong>di</strong>–quello–a–cui Pietro aveva–tagliato l'orecchio:<br />
«Non ti ho–visto io nel giar<strong>di</strong>no con lui?».<br />
18,27 Di–nuovo dunque Pietro negò e subito (un) g<strong>al</strong>lo cantò.<br />
«Non ti ho visto io nel giar<strong>di</strong>no con lui? Di nuovo dunque Pietro negò»: l'accusa si fa<br />
sempre più precisa e motivata. Pietro pertanto rinnova la negazione (per la terza volta =<br />
pienamente). Pietro, riassumendo, nega <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Cristo e <strong>di</strong> essere stato con lui<br />
nel giar<strong>di</strong>no. Dopo aver tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere Gesù con la violenza, spinto d<strong>al</strong>la rabbia, ora<br />
<strong>di</strong>fende se stesso con la menzogna, spinto d<strong>al</strong>la paura.<br />
302
«Subito un g<strong>al</strong>lo cantò»: la pre<strong>di</strong>zione si avvera. Gesù conosce i suoi per quel che sono e<br />
per quel che saranno (13,38, 16,32). Il canto del g<strong>al</strong>lo può rappresentare il grido <strong>di</strong> vittoria<br />
delle tenebre, ma anche l'annuncio <strong>della</strong> loro fine imminente. I Sinottici ci ricordano il<br />
pianto amaro <strong>di</strong> Pietro, la cui coscienza si risveglia, come da un incubo, <strong>al</strong> canto del g<strong>al</strong>lo ed<br />
inizia un cammino <strong>di</strong> conversione (Mt 26,75).<br />
SGUARDO CONCLUSIVO<br />
È iniziata la lotta tra luce e tenebre, tra verità e menzogna. Abbiamo visto i protagonisti<br />
<strong>di</strong> questo dramma:<br />
- Gesù, con tutta la sua forza interiore.<br />
- Giuda, i soldati, i servi e le serve, Anna e Caifa che sono il TIPO <strong>di</strong> coloro che<br />
detengono un potere ingiusto o lo servono acriticamente, opprimendo l'uomo.<br />
- Pietro che, <strong>di</strong>ventato il TIPO del <strong>di</strong>scepolo fragile nell'ora <strong>della</strong> prova, sarà riabilitato<br />
d<strong>al</strong>la sua triplice professione <strong>di</strong> amore <strong>al</strong> Risorto (21,15 ss.). I suoi rinnegamenti (Non lo<br />
sono) non fanno che mettere ancor più in ris<strong>al</strong>to la coraggiosa testimonianza del Maestro (Io<br />
Sono).<br />
- Ed io, da che parte sto?<br />
303
304
TU LO DICI: IO SONO RE! Unità 30<br />
Il processo <strong>di</strong>nanzi a Pilato e la crocifissione (Gv 18,28-19,22)<br />
Il tema, che si sviluppa in un continuo crescendo in tutta questa Unità, è quello <strong>della</strong><br />
Reg<strong>al</strong>ità del Cristo (incontriamo 11 volte il termine Re e tre volte la parola Regno). Ritorna<br />
così, per l’ultima volta, un tema che, partendo d<strong>al</strong>la esclamazione <strong>di</strong> Natanaele (1,49),<br />
continua nelle acclamazioni del popolo osannante (12,13) e, passando per le affermazioni<br />
fatte d<strong>al</strong> Cristo <strong>di</strong>nnanzi a Pilato (18,36-37; 19,14), trova <strong>al</strong>la fine la sua più impressionante<br />
espressione nella scritta appesa <strong>al</strong>la croce: «Gesù Nazareno, il Re dei Giudei» (19,19), vista<br />
da <strong>Giovanni</strong> come nuova e perenne Scrittura. L’intento del nostro Evangelista, come d’<strong>al</strong>tra<br />
parte quello degli autori dei Sinottici, è innanzi tutto quello <strong>di</strong> proporci un <strong>di</strong>scorso<br />
teologico. Tutti gli evangelisti infatti, partendo da eventi storici, selezionano aspetti<br />
particolari e ce li propongono con un linguaggio speci<strong>al</strong>e per favorire l’intelligenza <strong>della</strong><br />
fede. <strong>Giovanni</strong> ha qui l’intenzione <strong>di</strong> evidenziare la reg<strong>al</strong>ità <strong>di</strong>vina del Cristo, andando ben<br />
oltre a quanto intendevano <strong>di</strong>re Natanaele (1,49) e le folle (12,13). Per il nostro Evangelista<br />
la passione <strong>di</strong> Cristo è da interpretare come l’es<strong>al</strong>tazione del Re dei cieli, mentre dai<br />
Sinottici è tradotta in un solenne Banchetto, quello Eucaristico ed in fenomeni gran<strong>di</strong>osi che<br />
sconvolgono perfino la natura e terrorizzano i presenti (le tenebre sulla terra, lo squarciarsi<br />
del velo, il terremoto che spacca le rocce…).<br />
Oltre <strong>al</strong> Cristo, gli attori princip<strong>al</strong>i sono Pilato ed i Giudei (soprattutto i capi). Il primo<br />
<strong>di</strong>mostrerà progressivamente la sua debolezza, ma anche un inconsapevole e insospettato<br />
carisma profetico in or<strong>di</strong>ne <strong>al</strong>l'affermazione <strong>della</strong> Reg<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Cristo; gli <strong>al</strong>tri, il loro o<strong>di</strong>o<br />
accanito fino ad ottenere la condanna <strong>di</strong> Gesù. Abbiamo <strong>di</strong>viso l’Unità in 10 punti<br />
basandoci sui contenuti teologici (avremmo potuto <strong>di</strong>viderla in 8 punti, basandoci su 8<br />
scene, da in<strong>di</strong>viduare soprattutto in base <strong>al</strong>le uscite ed entrate <strong>di</strong> Pilato e <strong>al</strong>le azioni<br />
princip<strong>al</strong>i dei vari personaggi: 1) I Giudei consegnano Gesù a Pilato: 18,28-32; 2) Gesù si<br />
proclama re <strong>di</strong> verità: 33-38 a ; 3) I Giudei vogliono libero Barabba: 38 b -40; 4) Gesù è<br />
coronato <strong>di</strong> spine: 19,1-3; 5) I Giudei esigono la crocifissione: 4-7; 6) Pilato chiede: Donde<br />
sei? 8-12; 7) Pilato consegna Gesù: 13-16; 8) La crocifissione e l’iscrizione: 17-22).<br />
1. CHE ACCUSA PORTATE CONTRO QUEST'UOMO? (18,28-32)<br />
Il Cristo Re considerato solo Uomo e accusato come m<strong>al</strong>fattore<br />
18.28 )/Agousin ou)=n to\n )Ihsou=n a)po\ tou= Kaia/fa ei)j to\ praitw/rion:<br />
h)=n de\ prwi/: kai\ au)toi\ ou)k ei)sh=lqon ei)j to\ praitw/rion,<br />
i(/na mh\ mianqw=sin a)lla\ fa/gwsin to\ pa/sxa.<br />
18.29 e)ch=lqen ou)=n o( Pila=toj e)/cw pro\j au)tou\j kai\ fhsi/n,<br />
Ti/na kathgori/an fe/rete kata\ tou= a)nqrw/pou tou/tou;<br />
18.30 a)pekri/qhsan kai\ ei)=pan au)t%=,<br />
Ei) mh\ h)=n ou(=toj kako\n poiw=n, ou)k a)/n soi paredw/kamen au)to/n.<br />
18.31 ei)=pen ou)=n au)toi=j o( Pila=toj,<br />
La/bete au)to\n u(mei=j kai\ kata\ to\n no/mon u(mw=n kri/nate au)to/n.<br />
ei)=pon au)t%= oi( )Ioudai=oi, (Hmi=n ou)k e)/cestin a)poktei=nai ou)de/na:<br />
18.32 i(/na o( lo/goj tou= )Ihsou= plhrwqv=<br />
o(\n ei)=pen shmai/nwn poi/% qana/t% h)/mellen a)poqnv/skein.<br />
18,28 Conducono dunque Gesù da Caifa <strong>al</strong> pretorio;<br />
era l'<strong>al</strong>ba ed essi non entrarono nel pretorio,<br />
affinché non fossero–contaminati, ma (potessero) mangiare la pasqua.<br />
18,29 Uscì dunque Pilato fuori verso–<strong>di</strong> loro e <strong>di</strong>ce:<br />
«Che accusa portate contro quest'uomo?».<br />
18,30 Risposero e gli <strong>di</strong>ssero:<br />
«Se non fosse costui (un) m<strong>al</strong>fattore, non lo avremmo–consegnato a–te!».<br />
305
18,31 Disse dunque loro Pilato:<br />
«Prendetelo voi e secondo la vostra legge giu<strong>di</strong>catelo!».<br />
Gli <strong>di</strong>ssero i Giudei: «A–noi non è–lecito uccidere <strong>al</strong>cuno!».<br />
18,32 Affinché la parola <strong>di</strong> Gesù si–adempisse,<br />
quella–che (egli) <strong>di</strong>sse per–in<strong>di</strong>care <strong>di</strong>–qu<strong>al</strong>e morte doveva morire.<br />
«Conducono... Gesù da Caifa <strong>al</strong> pretorio; era l'<strong>al</strong>ba...»: gli avversari hanno fretta <strong>di</strong><br />
farlo condannare. <strong>Giovanni</strong> precisa le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> luogo (la fortezza pagana) e <strong>di</strong> tempo<br />
(sta sorgendo la luce del nuovo giorno che culminerà nell'ora sesta, cioè a mezzogiorno, con<br />
il trionfo <strong>della</strong> luce: cfr. 19,14. Il nostro Evangelista è l’unico che non descrive l’eclissi del<br />
sole e il buio in pieno giorno). Compren<strong>di</strong>amo ancor più il senso simbolico <strong>di</strong> questa<br />
in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> tempo, se la confrontiamo con quell’<strong>al</strong>tra: (Giuda) uscì ed era notte. Il<br />
tra<strong>di</strong>tore nascondeva nel suo cuore la notte più buia; Gesù è invece il sole che sorge<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to. <strong>Giovanni</strong> non ci fornisce il resoconto del processo <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong> Sinedrio, presieduto<br />
da Caifa, perché ce ne ha già anticipato i contenuti soprattutto in 10,22-39 e in 11,49-53.<br />
«Non entrarono nel pretorio, affinché non fossero contaminati...»: la loro fede è solo<br />
vuoto ritu<strong>al</strong>ismo. Non si sentono contaminati d<strong>al</strong>l'uccisione del Giusto, ma d<strong>al</strong>l'abitazione<br />
materi<strong>al</strong>e dei pagani.<br />
«Potessero mangiare la pasqua»: si <strong>di</strong>spongono a mangiare l'antico agnello ed in re<strong>al</strong>tà<br />
rifiutano e uccidono ingiustamente il vero Agnello, il nuovo Mosè.<br />
«Uscì... Pilato... verso <strong>di</strong> loro»: questo uscire verso... in<strong>di</strong>ca già un ce<strong>di</strong>mento e la<br />
<strong>di</strong>rezione spiritu<strong>al</strong>e che prenderà.<br />
«Che accusa portate contro quest'uomo?»: Pilato si attende un'accusa precisa e v<strong>al</strong>ida,<br />
cioè la denuncia <strong>di</strong> un reato. È fondament<strong>al</strong>e notare che egli considera fin d<strong>al</strong>l'inizio Gesù<br />
nella sua qu<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> UOMO. Questo è uno dei punti su cui concentreremo la nostra<br />
attenzione: l'uomo Gesù rappresenta l’emblema <strong>di</strong> ogni persona umana.<br />
«Se... non fosse... un m<strong>al</strong>fattore, non lo avremmo consegnato a te!»: la risposta dei<br />
Giudei è molto furba. Evita <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>retta e tende a far pressione su Pilato. Essi pertanto<br />
non rispondono a tono, portando delle accuse, ma esprimono un implicito giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />
condanna, dato quasi per scontato, nei confronti <strong>di</strong> Cristo. Per loro Gesù è uno che ha fatto<br />
del m<strong>al</strong>e, anzi è uno che ha sempre e solo fatto del m<strong>al</strong>e, <strong>al</strong> punto <strong>di</strong> meritarsi la qu<strong>al</strong>ifica <strong>di</strong><br />
m<strong>al</strong>fattore. Sappiamo che questa affermazione è l’esatto contrario <strong>della</strong> verità: Gesù ha solo<br />
e sempre fatto del bene. Questa accusa serve ai Giudei per vantarsi <strong>di</strong> consegnare un<br />
m<strong>al</strong>fattore (uno tra i tanti), pretendendo <strong>di</strong> essere considerati onesti e <strong>di</strong>fensori <strong>della</strong><br />
giustizia. In re<strong>al</strong>tà essi si presentano come tra<strong>di</strong>tori (consegnare), a somiglianza <strong>di</strong> Giuda.<br />
Solo Luca riporta con precisione la serie dettagliata <strong>di</strong> accuse fatte dai Giudei davanti <strong>al</strong><br />
Procuratore: Cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro<br />
popolo, impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> dare tributi a Cesare e affermava <strong>di</strong> essere il Cristo re» (Lc 23,2; cfr.<br />
anche 23,5).<br />
«Prendetelo voi»: stando a quanto ci fa capire <strong>Giovanni</strong>, Pilato intuisce che i veri motivi<br />
per cui glielo hanno portato sono ben <strong>al</strong>tri. Matteo e Marco <strong>di</strong>cono chiaramente che sapeva<br />
bene che glielo avevano consegnato solo per invi<strong>di</strong>a (Mt 27,18; Mc 15,10) e, quin<strong>di</strong>, a<br />
motivo <strong>di</strong> questioni tutte interne <strong>al</strong> giudaismo ed ai suoi giochi <strong>di</strong> potere soci<strong>al</strong>e e religioso.<br />
Il Procuratore pertanto capisce che la cosa non è <strong>di</strong> sua competenza e non vuole essere<br />
coinvolto; però, nemmeno fa qu<strong>al</strong>cosa per <strong>di</strong>fendere Gesù: anzi, non solo lo lascia <strong>di</strong> fatto<br />
nelle loro mani, ma li obbliga a tenerselo (prendetelo voi).<br />
«Secondo la vostra legge giu<strong>di</strong>catelo»: inoltre, or<strong>di</strong>na loro <strong>di</strong> esaminare il caso e <strong>di</strong><br />
emettere una sentenza. Intende apparire <strong>di</strong>sposto a fidarsi <strong>di</strong> loro. Li invita comunque ad<br />
agire secondo la leg<strong>al</strong>ità, anche se questa è <strong>di</strong>versa d<strong>al</strong>la sua (la vostra legge).<br />
«A noi non è lecito uccidere <strong>al</strong>cuno»: i Giudei gli fanno capire <strong>di</strong> aver già emesso un<br />
giu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> averlo condannato <strong>al</strong>la crocifissione (11,53). D<strong>al</strong> momento che solo i Romani<br />
la possono eseguire, fanno pressione su Pilato perché la autorizzi e la metta in atto.<br />
306
«Affinché la parola <strong>di</strong> Gesù si adempisse...»: viene richiesta la morte in croce, e non<br />
un'<strong>al</strong>tra, per <strong>di</strong>struggere non solo fisicamente, ma soprattutto mor<strong>al</strong>mente il Messia.<br />
L'Evangelista ci fa notare che la profezia, pronunciata da Gesù stesso, si sta re<strong>al</strong>izzando. A<br />
più riprese il Maestro aveva profetizzato questo evento centr<strong>al</strong>e: in 3,14-15 (paragonandosi<br />
<strong>al</strong> serpente s<strong>al</strong>vifico inn<strong>al</strong>zato da Mosè), in 8,28 (parlando dell’inn<strong>al</strong>zamento del Figlio<br />
dell’Uomo che rivela il suo essere <strong>di</strong>vino) ed in 12,32-33 (<strong>di</strong>cendo che, quando sarebbe<br />
stato elevato da terra, avrebbe attirato tutti a sé). In ogni occasione aveva messo in luce il<br />
senso positivo e glorioso <strong>della</strong> sua crocifissione.<br />
2. SEI TU IL RE DEI GIUDEI? (18,33-35)<br />
Il Re, interrogato, interroga<br />
18.33 Ei)sh=lqen ou)=n pa/lin ei)j to\ praitw/rion o( Pila=toj<br />
kai\ e)fw/nhsen to\n )Ihsou=n kai\ ei)=pen au)t%=, Su\ ei)= o( basileu\j tw=n )Ioudai/wn;<br />
18.34 a)pekri/qh )Ihsou=j, )Apo\ seautou= su\ tou=to le/geij h)\ a)/lloi ei)=po/n soi peri\ e)mou=;<br />
18.35 a)pekri/qh o( Pila=toj, Mh/ti e)gw\ )Ioudai=o/j ei)mi;<br />
to\ e)/qnoj to\ so\n kai\ oi( a)rxierei=j pare/dwka/n se e)moi/:<br />
ti/ e)poi/hsaj;<br />
18,33 Pilato entrò dunque <strong>di</strong>–nuovo nel pretorio<br />
e chiamò Gesù e <strong>di</strong>sse a–lui: «Tu sei il re dei Giudei?».<br />
18,34 Rispose Gesù: «Da te–stesso tu <strong>di</strong>ci questo o <strong>al</strong>tri te (lo) hanno–detto <strong>di</strong> me?».<br />
18,35 Rispose Pilato: «Forse–che io sono giudeo?<br />
Il popolo, (quel)lo tuo, e i capi–sacerdoti ti hanno–consegnato a–me;<br />
che hai–fatto?».<br />
«Pilato entrò... nel pretorio»: lontano d<strong>al</strong>la pressione dei Giudei può giu<strong>di</strong>care più<br />
equamente. Tra le varie accuse, riferite da Luca (23,2), ma non da <strong>Giovanni</strong>, però<br />
sicuramente a sua conoscenza, una colpisce in particolare il Procuratore: la presunta reg<strong>al</strong>ità<br />
dell’imputato. Notiamo, sempre stando a Luca, che i Giudei gli avevano parlato <strong>di</strong> Cristo<br />
Re, in senso messianico e religioso.<br />
«Disse a lui: Tu sei il re dei Giudei?»: Pilato, a meno che i Giudei non si siano espressi<br />
proprio in questo modo esatto, interpreta l’accusa secondo i suoi schemi ment<strong>al</strong>i e traduce<br />
Re dei Giudei, così come lo poteva essere Erode Antipa (che secondo Luca in quei giorni<br />
era a Gerus<strong>al</strong>emme). Al Procuratore interessano solo la politica ed il potere; perciò sceglie,<br />
tra le tante, <strong>di</strong> porre questa sola domanda. Parla pertanto <strong>di</strong> Gesù come del Re dei Giudei e<br />
non come il Re d'Israele (1,49), perché considera la questione da un punto <strong>di</strong> vista soci<strong>al</strong>e e<br />
non da un punto <strong>di</strong> vista religioso.<br />
«Da te stesso tu <strong>di</strong>ci questo o <strong>al</strong>tri te lo hanno detto <strong>di</strong> me?»: Gesù non risponde, ma<br />
interroga. Egli considera questa verità come una cosa in<strong>di</strong>scutibile, anche se la sua reg<strong>al</strong>ità è<br />
univers<strong>al</strong>e. Fa dunque una domanda a Pilato per aiutarlo a chiarire se lui (Pilato) non solo sa<br />
questo per sentito <strong>di</strong>re, ma lo con<strong>di</strong>vide. Vorrebbe che Pilato lo accettasse come Re e<br />
pertanto lo invita a mettersi d<strong>al</strong>la sua parte senza farsi indottrinare o dominare da <strong>al</strong>tri.<br />
«Forse che io sono giudeo?»: Pilato si risente, perché si ritiene offeso da questa<br />
domanda (per il fatto che sia una domanda, che già <strong>di</strong> per sé lo pone sotto giu<strong>di</strong>zio ed in uno<br />
stato <strong>di</strong> inferiorità, e anche per il contenuto <strong>della</strong> stessa, contenuto che lo obbliga a guardarsi<br />
dentro). Ritiene che la cosa interessi solo ai Giudei che egli, facendo capire che sarebbe per<br />
lui un <strong>di</strong>sonore appartenere <strong>al</strong> popolo ebreo, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare.<br />
«Il popolo… tuo e i capi sacerdoti ti hanno consegnato a me»: è come se <strong>di</strong>cesse: Se il<br />
tuo popolo e i loro capi ti hanno rifiutato e ti “hanno tra<strong>di</strong>to”, ti posso forse accettare io? Il<br />
Procuratore si sente un estraneo rispetto <strong>al</strong> popolo, <strong>al</strong>la sua organizzazione soci<strong>al</strong>e e<br />
religiosa, <strong>al</strong>la sua storia e <strong>al</strong>la sua cultura.<br />
«Che hai fatto?»: Pilato non accetta <strong>di</strong> scavare in profon<strong>di</strong>tà riguardo <strong>al</strong>la questione <strong>della</strong><br />
reg<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Gesù, né intende mettere se stesso in gioco <strong>di</strong> fronte a t<strong>al</strong>e argomento; del G<strong>al</strong>ileo<br />
307
gli interessano solo le cose esteriori: gli eventu<strong>al</strong>i misfatti che possano essere <strong>di</strong> sua<br />
competenza.<br />
3. IL MIO REGNO NON È DI QUESTO MONDO (18,36-38 a )<br />
Il Re <strong>della</strong> Verità (l’identità affermata)<br />
18.36 a)pekri/qh )Ihsou=j, (H basilei/a h( e)mh\ ou)k e)/stin e)k tou= ko/smou tou/tou:<br />
ei) e)k tou= ko/smou tou/tou h)=n h( basilei/a h( e)mh/,<br />
oi( u(phre/tai oi( e)moi\ h)gwni/zonto [a)/n],<br />
i(/na mh\ paradoqw= toi=j )Ioudai/oij:<br />
nu=n de\ h( basilei/a h( e)mh\ ou)k e)/stin e)nteu=qen.<br />
18.37 ei)=pen ou)=n au)t%= o( Pila=toj, Ou)kou=n basileu\j ei)= su/;<br />
a)pekri/qh o( )Ihsou=j, Su\ le/geij o(/ti basileu/j ei)mi.<br />
e)gw\ ei)j tou=to gege/nnhmai kai\ ei)j tou=to e)lh/luqa ei)j to\n ko/smon,<br />
i(/na marturh/sw tv= a)lhqei/#:<br />
pa=j o( w)\n e)k th=j a)lhqei/aj a)kou/ei mou th=j fwnh=j.<br />
18.38 le/gei au)t%= o( Pila=toj, Ti/ e)stin a)lh/qeia;<br />
18,36 Rispose Gesù: «Il Regno, (quel)lo mio, non è da questo mondo;<br />
se da questo mondo fosse il Regno, (quel)lo mio,<br />
le guar<strong>di</strong>e, (quel)le mie, avrebbero–combattuto,<br />
affinché non fossi–consegnato ai Giudei;<br />
adesso però, il Regno, (quel)lo mio, non è <strong>di</strong>–quaggiù».<br />
18,37 Gli <strong>di</strong>sse dunque Pilato: «Insomma, sei re tu?».<br />
Rispose Gesù: «Tu (lo) <strong>di</strong>ci: (Io) sono re!<br />
Io per questo sono–nato e per questo sono–venuto nel mondo,<br />
affinché testimoni a–favore–<strong>della</strong> verità;<br />
chiunque è d<strong>al</strong>la verità, ascolta la mia voce!».<br />
18,38 a Gli <strong>di</strong>ce Pilato: «Che è (la) verità?».<br />
«Il Regno, quello mio, non è da questo mondo»: Gesù non risponde <strong>di</strong>cendo quello che<br />
ha fatto o non ha fatto. Egli non intende <strong>di</strong>fendere se stesso, non passa il tempo a scusarsi,<br />
ma utilizza le poche parole, che gli sono concesse, per parlare del Regno con l'intenzione <strong>di</strong><br />
illuminare il Procuratore su questo argomento centr<strong>al</strong>e. Egli lo chiama il suo Regno, ma<br />
senza fanatismi, perché non è una re<strong>al</strong>tà terrena: non si tratta <strong>di</strong> territori, <strong>di</strong> interessi<br />
economici o <strong>di</strong> potere politico; si tratta <strong>di</strong> una re<strong>al</strong>tà superiore che riguarda tutti, anche<br />
Pilato.<br />
«Le guar<strong>di</strong>e, quelle mie, avrebbero combattuto»: Gesù porta anche una prova<br />
convincente. Che si tratti <strong>di</strong> un regno spiritu<strong>al</strong>e lo <strong>di</strong>mostra il fatto che esso non è stato<br />
<strong>di</strong>feso e che non si può <strong>di</strong>fendere con la forza delle armi. Egli infatti aveva sùbito impe<strong>di</strong>to<br />
la piccola rivolta <strong>di</strong> Pietro. Pilato, che era a capo <strong>di</strong> una forza militare, era in grado <strong>di</strong> capire<br />
bene questo <strong>di</strong>scorso e convenire che il Regno <strong>di</strong> Gesù è innocuo da un punto <strong>di</strong> vista<br />
militare, come invece poteva essere il partito degli zeloti. Inoltre, se anche fosse, non<br />
sarebbe contro i Romani, ma solo in contrapposizione ai Giudei. Per questo, il titolo <strong>di</strong> Re<br />
dei Giudei è corretto per Cristo stesso solo se interpretato in un certo modo, perché<br />
anch’egli li vede in un certo senso come avversari.<br />
«Affinché non fossi consegnato ai Giudei»: considera infatti se stesso <strong>di</strong>stinto dai Giudei<br />
e da loro ricercato per o<strong>di</strong>o. I suoi <strong>di</strong>scepoli o servitori non sono più Giudei: sono un popolo<br />
nuovo, un nuovo Regno.<br />
«Il Regno, quello mio, non è <strong>di</strong> quaggiù»: riba<strong>di</strong>sce pertanto che il suo Regno è quello<br />
dei cieli, utilizzando una forma negativa (non è <strong>di</strong> quaggiù…). Nel linguaggio <strong>di</strong> Cristo<br />
ritornano le categorie simboliche <strong>di</strong> <strong>al</strong>to e basso (cfr. 3,31; 8,23).<br />
«Insomma, sei re tu?»: Pilato, che conosce solo una forma <strong>di</strong> regno (quello terreno) e che<br />
non riesce ad immaginare un regno che sia <strong>di</strong> lassù e non <strong>di</strong> questo mondo, pretende un<br />
chiarimento. Non chiede più se sia il re dei Giudei, ma se sia RE, <strong>di</strong> un regno non ben<br />
definito, che implica comunque qu<strong>al</strong>che forma <strong>di</strong> potere, cosa questa che lo interessa.<br />
308
«Tu lo <strong>di</strong>ci: Io sono Re»: Gesù non ha dubbi e non <strong>di</strong>mostra esistazione. Intende la<br />
domanda come se fosse un’affermazione e la approva in pieno, come se fosse stato Pilato ad<br />
affermare che lui era Re. Sùbito però vuole ulteriormente precisare la natura <strong>della</strong> sua<br />
reg<strong>al</strong>ità, perché non ama gli equivoci.<br />
«Per questo sono nato e... sono venuto nel mondo»: con queste parole Cristo <strong>di</strong>chiara<br />
che, non solo il suo Regno, ma lui stesso non è <strong>di</strong> questo mondo. Nascita e venuta<br />
richiamano a noi temi an<strong>al</strong>oghi: la sua uscita da Dio ed il suo invio da parte del Padre<br />
(17,8).<br />
«Affinché testimoni a favore <strong>della</strong> verità»: il compito suo è quello <strong>di</strong> essere testimone<br />
<strong>della</strong> verità davanti a tutti (a tutto il mondo), anche davanti a Pilato. Questo versetto è<br />
l’ultimo nel <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> nel qu<strong>al</strong>e Cristo ci parla <strong>di</strong> testimonianza e <strong>di</strong> verità.<br />
Pertanto, in questo contesto, la frase testimoniare a favore <strong>della</strong> verità è più che mai ricca e<br />
piena <strong>di</strong> significati. Rappresenta il punto culminante riguardante questi temi e ci fa capire<br />
che tutta la missione <strong>di</strong> Cristo consiste nel comunicarci la verità. Egli, che testimonia ciò<br />
che ha visto presso il Padre (3,11.32) e, per contro, che le opere del mondo sono m<strong>al</strong>vage<br />
(7,7), ci fa capire <strong>di</strong> essere colui che pratica la verità (3,21) ed afferma <strong>di</strong> essere verace<br />
(7,18) e <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la verità (8,40.45), anzi, <strong>di</strong> essere la verità (14,6), così come la parola del<br />
Padre è verità (17,17). Egli infine manderà, in sinergia con il Padre, lo Spirito <strong>di</strong> verità<br />
(14,17; 15,26) per guidare i suoi <strong>al</strong>la verità tot<strong>al</strong>e (16,13). Cristo pertanto testimonia la<br />
verità rivelando, per mezzo dello Spirito, il Padre ed il suo <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> amore e in t<strong>al</strong> modo<br />
esercita la sua reg<strong>al</strong>ità. Il suo, dunque, è il Regno <strong>della</strong> Verità (preghiamo lo Spirito che ci<br />
faccia intuire tutta la misteriosa e rivoluzionaria ricchezza <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e regno, che è vita e amore).<br />
«Chiunque è d<strong>al</strong>la verità, ascolta la mia voce»: secondo Gesù bisogna amare e cercare la<br />
verità, bisogna mettersi d<strong>al</strong>la parte <strong>della</strong> verità e da lei aver origine per poter capire qu<strong>al</strong>che<br />
cosa <strong>di</strong> quello che egli ci <strong>di</strong>ce. La voce <strong>di</strong> Cristo ci rivela la verità piena ed autentica. Chi la<br />
ascolta entra nel suo Regno (cfr. 10,16).<br />
«Che è la verità?»: Pilato si meraviglia <strong>di</strong> aver dato per troppo tempo retta a Gesù.<br />
Ritorna ai suoi interessi. Fa una domanda ironica che <strong>di</strong>mostra un certo scetticismo verso<br />
una questione che sa <strong>di</strong> filosofia. Egli non si attende nessuna risposta. Questa apparente<br />
sufficienza è la sua debolezza. Per lui la verità non è una cosa per cui v<strong>al</strong>e la pena <strong>di</strong><br />
rischiare la vita, come invece sta facendo quell’uomo che ha <strong>di</strong> fronte. Egli non è d<strong>al</strong>la<br />
verità, non la cerca sul serio, né per quanto riguarda il caso Gesù, né per quanto riguarda,<br />
più in gener<strong>al</strong>e, il senso <strong>della</strong> vita o il problema <strong>di</strong> Dio. Non vuol essere person<strong>al</strong>mente<br />
coinvolto in tutte queste problematiche, ma non ne potrà far a meno <strong>di</strong> esserlo (Cristo infatti<br />
è la verità <strong>di</strong> e per ogni uomo).<br />
4. VOLETE CHE VI LIBERI IL RE DEI GIUDEI? (18,38 b -40)<br />
Il Re innocente barattato con un crimin<strong>al</strong>e<br />
Kai\ tou=to ei)pw\n pa/lin e)ch=lqen pro\j tou\j )Ioudai/ouj kai\ le/gei au)toi=j,<br />
)Egw\ ou)demi/an eu(ri/skw e)n au)t%= ai)ti/an.<br />
18.39 e)/stin de\ sunh/qeia u(mi=n i(/na e(/na a)polu/sw u(mi=n e)n t%= pa/sxa:<br />
bou/lesqe ou)=n a)polu/sw u(mi=n to\n basile/a tw=n )Ioudai/wn;<br />
18.40 e)krau/gasan ou)=n pa/lin le/gontej,<br />
Mh\ tou=ton a)lla\ to\n Barabba=n. h)=n de\ o( Barabba=j lvsth/j.<br />
18,38 b E detto questo <strong>di</strong>–nuovo uscì verso i Giudei e <strong>di</strong>ce loro.<br />
«Io (non) trovo in lui nessun motivo (<strong>di</strong> condanna).<br />
18,39 Ora c'è (la) consuetu<strong>di</strong>ne per–voi che vi liberi uno nella pasqua;<br />
volete dunque (che) vi liberi il re dei Giudei?».<br />
18,40 Gridarono dunque <strong>di</strong>–nuovo, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Non costui, ma Barabba!». Ora Barabba era (un) brigante.<br />
«Non trovo in lui nessun motivo <strong>di</strong> condanna»: l'unica cosa che il Procuratore ha<br />
afferrato con ragione è che Gesù non è un m<strong>al</strong>fattore da condannare a morte, come<br />
309
sostenevano i Giudei... A lui basta questa verità. Non approfon<strong>di</strong>sce ulteriormente. Fa in<br />
parte il suo mestiere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce e non quello <strong>di</strong> uomo. Ma, proprio per questo, non sarà<br />
coerente nemmeno come giu<strong>di</strong>ce.<br />
«Ora c'è la consuetu<strong>di</strong>ne per voi che vi liberi uno nella pasqua»: persino per Pilato la<br />
Pasqua era un’occasione adatta per compiere gesti umanitari. Egli vuole rispettare la<br />
consuetu<strong>di</strong>ne, sperando che i Giudei seguano il suo buon esempio.<br />
«Volete... che vi liberi il re dei Giudei?»: Pilato vorrebbe liberare Gesù, ma non vuole<br />
rischiare nulla. Invece <strong>di</strong> usare la giusta autorità e dare torto ai Giudei, propone<br />
furbescamente un'amnistia a favore <strong>di</strong> Gesù (Questo è un <strong>al</strong>tro sintomo <strong>della</strong> sua debolezza<br />
ed i Giudei lo intuiscono). Non vuole essere lui ad assumersi la responsabilità <strong>di</strong><br />
un’eventu<strong>al</strong>e condanna o liberazione (Volete...?). Parlando ai Giudei, egli, che non ha capito<br />
bene la sottile <strong>di</strong>fferenza tra Re dei Giudei e Re, lo presenta come il loro Re (in base a<br />
quanto sentito <strong>di</strong>re: 33). T<strong>al</strong>e espressione è in certo modo profetica, ma non è certo gra<strong>di</strong>ta<br />
ai nemici del Maestro, i qu<strong>al</strong>i probabilmente la percepiscono come un segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo<br />
verso Gesù e, <strong>di</strong> conseguenza, anche verso <strong>di</strong> loro.<br />
«Gridarono dunque...»: urlare con rabbia, agitarsi, sarà il loro consueto modo violento <strong>di</strong><br />
manifestare le loro pretese. Questo comportamento, che <strong>di</strong>pende d<strong>al</strong>l'o<strong>di</strong>o e d<strong>al</strong> fatto che<br />
mancano loro argomenti v<strong>al</strong>i<strong>di</strong>, è in contrasto col modo pacato <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> Cristo. Adesso i<br />
Giudei sono ora ancor più sospettosi e polemici, perché Pilato ha fatto loro capire <strong>di</strong> volerlo<br />
rilasciare.<br />
«Non costui, ma Barabba»: per Matteo è Pilato che propone lo scambio con Barabba<br />
(umiliando Gesù con l’equipararlo ad un uomo violento); per <strong>Giovanni</strong> (in sintonia con<br />
Marco e Luca) sono gli stessi accusatori, che pretendono la liberazione <strong>di</strong> Barabba e così<br />
intendono far capire che per loro Gesù è peggiore <strong>di</strong> un crimin<strong>al</strong>e. Essi si vogliono mostrare<br />
davanti a Pilato così magnanimi da liberare perfino un assassino (che però segretamente è<br />
loro amico, perché contrario ai Romani) e quin<strong>di</strong> convincerlo che, se chiedono la condanna<br />
<strong>di</strong> Gesù, è solo perché <strong>di</strong> essa non se ne può proprio far a meno. Il tentativo del Procuratore<br />
si risolve in una umiliazione ed in una beffa in più per il Cristo, oltre che in uno smacco per<br />
lui stesso, visto che in un solo colpo si lascia sfuggire un nemico e non riesce a liberarsi del<br />
problema Gesù. In t<strong>al</strong> modo, appare anche chiaro che Gesù non ha amici potenti e non è<br />
rimunerativo liberarlo. Con la scelta <strong>di</strong> Barabba essi liberano la violenza, perché essa è il<br />
loro stile <strong>di</strong> vita, e condannano la mitezza.<br />
«Ora Barabba era un brigante»: Luca ci <strong>di</strong>ce con maggiore precisione che era un<br />
rivoltoso ed un omicida. Il buon Pastore (cfr. 10,1.8) è ora considerato peggiore <strong>di</strong> un<br />
brigante, titolo dato in quel tempo a coloro che contrastavano i Romani con le armi e che,<br />
se catturati, venivano puniti con la crocifissione.<br />
5. SALVE, RE DEI GIUDEI! (19,1-3)<br />
Il Re flagellato e coronato <strong>di</strong> spine<br />
19.1 To/te ou)=n e)/laben o( Pila=toj to\n )Ihsou=n kai\ e)masti/gwsen.<br />
19.2 kai\ oi( stratiw=tai ple/cantej ste/fanon e)c a)kanqw=n e)pe/qhkan au)tou= tv= kef<strong>al</strong>v=,<br />
kai\ i(ma/tion porfurou=n perie/b<strong>al</strong>on au)to/n<br />
19.3 kai\ h)/rxonto pro\j au)to\n kai\ e)/legon,<br />
Xai=re o( basileu\j tw=n )Ioudai/wn: kai\ e)<strong>di</strong>/dosan au)t%= r(api/smata.<br />
19,1 Allora, dunque, Pilato prese Gesù e (lo) flagellò.<br />
19,2 E i soldati, intrecciata (una) corona <strong>di</strong> spine, (la) posero sul suo capo<br />
e lo rivestirono (<strong>di</strong> un) abito purpureo<br />
19,3 e venivano presso–<strong>di</strong> lui e <strong>di</strong>cevano:<br />
«S<strong>al</strong>ve, o re dei Giudei!» e gli davano schiaffi.<br />
«Pilato… lo flagellò»: Luca ci fa capire che Pilato reputava la colpa <strong>di</strong> Gesù meritevole<br />
<strong>al</strong> massimo <strong>di</strong> una flagellazione, ma non <strong>della</strong> croce. Gli <strong>al</strong>tri Evangelisti non forniscono<br />
<strong>al</strong>cuna spiegazione a questa decisione <strong>di</strong> Pilato. Stando <strong>al</strong>l’insieme del loro racconto, essa<br />
310
può aver avuto molte motivazioni: forse Pilato voleva placare i Giudei e s<strong>al</strong>vare Gesù<br />
<strong>al</strong>meno d<strong>al</strong>la croce, forse voleva dare una prova <strong>della</strong> sua forte autorità, forse voleva<br />
ven<strong>di</strong>carsi del <strong>di</strong>sappunto procuratogli d<strong>al</strong> fatto <strong>di</strong> lasciarsi sfuggire un brigante pericoloso,<br />
forse voleva punire Gesù per la situazione che aveva creato. Ma, <strong>al</strong> <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutto, questa<br />
decisione rappresenta un ulteriore ce<strong>di</strong>mento, tanto più grave perché è una scelta tutta sua, a<br />
cui nessuno l'aveva spinto.<br />
«Intrecciata una corona <strong>di</strong> spine, la posero sul suo capo…»: i soldati romani, <strong>di</strong> loro<br />
iniziativa, inscenano una farsa dolorosissima, deridendo la sua reg<strong>al</strong>ità. La gente sottomessa<br />
ai potenti si ven<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> loro e <strong>di</strong> tutti gli sfruttamenti <strong>di</strong> cui è vittima, scaricando la propria<br />
rabbia su Gesù, che aveva detto <strong>di</strong> essere re. Gesù, prestandosi a questa iniziativa, lancia un<br />
duplice messaggio: da una parte dà loro ragione, perché ogni orgoglio dominatore e ogni<br />
potere <strong>di</strong>sumano va deriso e <strong>di</strong>strutto; d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra però con la sua pazienza insegna che non è<br />
con la violenza che si ottiene questo, ma con l'accettare <strong>di</strong> vivere in prima persona nella<br />
mitezza e nel rispetto dell'uomo.<br />
«S<strong>al</strong>ve, o re dei Giudei»: il cattivo esempio dato da Pilato con la flagellazione ha trovato<br />
prontamente degli imitatori, che sono andati anche ben oltre. La crudeltà <strong>di</strong>venta ora puro<br />
<strong>di</strong>vertimento e chi ne fa le spese è il mite Maestro. Eppure in t<strong>al</strong> modo Cristo regna<br />
davvero: egli, accettando la derisione <strong>di</strong> tutto ciò che è potere e gloria umana, insegna con<br />
qu<strong>al</strong>e umiltà e con qu<strong>al</strong>e amore bisogna esercitare la signoria (cfr. il servizio <strong>della</strong> lavanda<br />
dei pie<strong>di</strong>). Ed essi, demolendo le apparenze del potere, paradoss<strong>al</strong>mente intronizzano il vero<br />
Re, che sta lottando per liberare l'uomo.<br />
«E gli davano schiaffi»: presumibilmente in volto. Viene presa <strong>di</strong> mira la parte superiore<br />
del corpo <strong>di</strong> Gesù (il capo), proprio per offenderne la <strong>di</strong>gnità. Nel IV <strong>Vangelo</strong> non si parla<br />
mai del volto <strong>di</strong> Gesù, ma solo <strong>di</strong> quello del Padre (5,37).<br />
6. ECCO L'UOMO! (19,4-6)<br />
L'Uomo innocente o<strong>di</strong>ato a morte<br />
19.4 Kai\ e)ch=lqen pa/lin e)/cw o( Pila=toj kai\ le/gei au)toi=j,<br />
)/Ide a) /gw u(mi=n au)to\n e)/cw,<br />
i(/na gnw=te o(/ti ou)demi/an ai)ti/an eu(ri/skw e)n au)t%=.<br />
19.5 e)ch=lqen ou)=n o( )Ihsou=j e)/cw,<br />
forw=n to\n a)ka/nqinon ste/fanon kai\ to\ porfurou=n i(ma/tion.<br />
kai\ le/gei au)toi=j, )Idou\ o( a)/nqrwpoj.<br />
19.6 o(/te ou)=n ei)=don au)to\n oi( a)rxierei=j kai\ oi( u(phre/tai<br />
e)krau/gasan le/gontej, Stau/rwson stau/rwson.<br />
le/gei au)toi=j o( Pila=toj, La/bete au)to\n u(mei=j kai\ staurw/sate:<br />
e)gw\ ga\r ou)x eu(ri/skw e)n au)t%= ai)ti/an.<br />
19,4 Uscì dunque <strong>di</strong>–nuovo fuori Pilato e <strong>di</strong>ce loro:<br />
«Ecco, ve lo conduco fuori,<br />
affinché sappiate che (non) trovo nessun motivo (<strong>di</strong> condanna) in lui».<br />
19,5 Uscì dunque Gesù fuori,<br />
portando la corona spinosa e l'abito purpureo.<br />
E <strong>di</strong>ce loro: «Ecco l'Uomo!».<br />
19,6 Quando dunque lo videro, i capi–sacerdoti e le guar<strong>di</strong>e<br />
gridarono, <strong>di</strong>cendo: «Crocifiggi(lo), crocifiggi(lo)!».<br />
Dice loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggete(lo);<br />
io infatti non trovo in lui (un) motivo (<strong>di</strong> condanna)».<br />
«Ve lo conduco fuori...»: il Procuratore compie il gesto simbolico <strong>di</strong> farlo uscire (quasi<br />
che questa fosse libertà), credendo così <strong>di</strong> dare una prova <strong>di</strong> forza. Egli riba<strong>di</strong>sce l'innocenza<br />
del Cristo, ma ha solo il coraggio delle parole. Gesù invece fa sul serio, perché sta davvero<br />
giocandosi la vita; questo Pilato lo comincia a capire: intuisce che Gesù ha veramente uno<br />
stile <strong>di</strong> vita, un comportamento ed una <strong>di</strong>gnità reg<strong>al</strong>i (anche la tunica, che rivestiva prima<br />
311
delle coranazione <strong>di</strong> spine, costituiva un chiaro segno <strong>di</strong> nobiltà: cfr. 19,23). Ma <strong>di</strong> tutto<br />
questo non ne sa o non ne vuole tirare le giuste conseguenze.<br />
«Uscì dunque Gesù fuori, portando la corona spinosa e l'abito purpureo...»: ora<br />
l'umiliazione <strong>di</strong>venta pubblica. Forse Pilato spera in t<strong>al</strong> modo <strong>di</strong> impietosire la folla. In<br />
re<strong>al</strong>tà, quel Gesù sfigurato è la paro<strong>di</strong>a, la caricatura <strong>di</strong> ogni orgoglioso regnante mondano.<br />
Corona (sul capo) e vestito (per il corpo) sono i simboli in<strong>di</strong>spensabili del potere reg<strong>al</strong>e.<br />
«Ecco l'Uomo»: <strong>di</strong>strutte le apparenze reg<strong>al</strong>i, resta solo l'Uomo (è la seconda volta che<br />
Pilato lo in<strong>di</strong>ca con questoo termine). Questa frase, che viene pronunciata per umiliarlo,<br />
abolendo tutti i titoli che i buoni gli davano (Maestro, Signore, Messia), costituisce <strong>di</strong> per sé<br />
la massima lode ed ha per questo un sapore profetico: Cristo è il vero Uomo, il modello<br />
perfetto dell'umanità. Prima egli ha affermato <strong>di</strong> essere Re, ora Pilato lo presenta come<br />
Uomo, togliendogli la prerogativa <strong>di</strong> sovrano (più tar<strong>di</strong> ri<strong>di</strong>rà: Ecco il vostro re). Gesù regna<br />
veramente proprio perché è Uomo, ricco <strong>di</strong> umanità, e sta d<strong>al</strong>la parte dell'uomo. Molti nel<br />
<strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> hanno parlato, ammirati, <strong>di</strong> Gesù come uomo: la Samaritana (4,29), le<br />
guar<strong>di</strong>e che lo sentono parlare (7,46), il cieco nato (9,11). Altre volte l’intenzione è poco<br />
amichevole: i Giudei in occasione <strong>della</strong> guarigione del par<strong>al</strong>itico (5,12), i Farisei che<br />
contestano il cieco nato (9,16.24); i Giudei che ricordano a Gesù che lui è solo un uomo<br />
(10,33); i capi che <strong>di</strong>cono che Cristo è un uomo che fa molti segni e che è meglio che muoia<br />
lui solo (11,47.50); la serva che parla con Pietro (18,17) e lo stesso Pilato (18,29). Cristo<br />
stesso si definisce uomo che <strong>di</strong>ce la verità (8,40). La frase: Ecco l’Uomo (19,5) ci richiama<br />
tutta questa serie <strong>di</strong> affermazioni e, nel contesto in cui è pronunciata, si inserisce tra quelle<br />
sv<strong>al</strong>utative, perché presenta il Cristo nella sua debolezza e fragilità.<br />
«I sommi sacerdoti e le guar<strong>di</strong>e gridarono...»: i capi urlano la loro condanna ed i<br />
sub<strong>al</strong>terni si rendono complici dei delitti dei loro capi: gli oppressi <strong>di</strong>ventano oppressori,<br />
assimilando la logica dei loro padroni. Non accettano invece chi è veramente Uomo, perché<br />
denuncia la menzogna del loro modo <strong>di</strong> vivere.<br />
«Crocifiggilo!»: lo vogliono vedere in croce, perché solo t<strong>al</strong>e morte può <strong>di</strong>struggere<br />
Gesù anche mor<strong>al</strong>mente e s<strong>al</strong>vare così il loro potere soci<strong>al</strong>e, religioso e cultur<strong>al</strong>e. D'<strong>al</strong>tra<br />
parte vogliono che questo avvenga per mano dei Romani, per avere una giustificazione<br />
davanti a tutti e forse anche davanti a se stessi.<br />
«Prendetelo voi e crocifiggetelo; io infatti non trovo in lui un motivo <strong>di</strong> condanna»:<br />
Pilato non vuole assumersi questa responsabilità; non vuole firmare una condanna decisa da<br />
<strong>al</strong>tri. Continua a manifestare la sua debolezza e la sua paura: non ha un re<strong>al</strong>e rispetto per la<br />
vita e per la giustizia (pur convinto che l’imputato non merita t<strong>al</strong>e pena, non si oppone<br />
infatti <strong>al</strong>la sua crocifissione, se essa viene eseguita da <strong>al</strong>tri); l'importante per lui è non avere<br />
problemi. La sorte <strong>di</strong> Gesù sarà decisa d<strong>al</strong>l'o<strong>di</strong>o dei Giudei e d<strong>al</strong>la viltà <strong>di</strong> Pilato, che qui per<br />
la terza volta (numero che in<strong>di</strong>ca pienezza) lo riconosce innocente (18,38; 19,4.6). Si rivela<br />
vera pertanto l’osservazione fatta da Gesù: Mi hanno o<strong>di</strong>ato senza motivo! (15,25).<br />
7. HA FATTO SE STESSO FIGLIO DI DIO (19,7-11)<br />
Il Figlio <strong>di</strong> Dio e il potere d<strong>al</strong>l'Alto<br />
19.7 a)pekri/qhsan au)t%= oi( )Ioudai=oi,<br />
(Hmei=j no/mon e)/xomen: kai\ kata\ to\n no/mon o)fei/lei a)poqanei=n,<br />
o(/ti ui(o\n qeou= e(auto\n e)poi/hsen.<br />
19.8 (/Ote ou)=n h)/kousen o( Pila=toj tou=ton to\n lo/gon, ma=llon e)fobh/qh,<br />
19.9 kai\ ei)sh=lqen ei)j to\ praitw/rion pa/lin kai\ le/gei t%= )Ihsou=, Po/qen ei)= su/;<br />
o( de\ )Ihsou=j a)po/krisin ou)k e)/dwken au)t%=.<br />
19.10 le/gei ou)=n au)t%= o( Pila=toj, )Emoi\ ou) l<strong>al</strong>ei=j;<br />
ou)k oi)=daj o(/ti e)cousi/an e)/xw a)polu=sai/ se kai\ e)cousi/an e)/xw staurw=sai/ se;<br />
19.11 a)pekri/qh )Ihsou=j, Ou)k ei)=xej e)cousi/an kat' e)mou= ou)demi/an<br />
ei) mh\ h)=n dedome/non soi a)/nwqen:<br />
<strong>di</strong>a\ tou=to o( paradou/j me/ soi mei/zona a(marti/an e)/xei.<br />
19,7 Gli risposero i Giudei:<br />
«Noi (una) legge abbiamo e secondo la legge deve morire,<br />
312
perché ha–fatto se–stesso Figlio <strong>di</strong>–Dio!».<br />
19,8 Quando dunque Pilato udì questa parola, temette ancor–<strong>di</strong>–più.<br />
19,9 Ed entrò nel pretorio <strong>di</strong>–nuovo e <strong>di</strong>ce a Gesù: «Donde sei tu?».<br />
Ma Gesù non gli <strong>di</strong>ede risposta.<br />
19,10 Gli <strong>di</strong>ce dunque Pilato: «A–me non parli?<br />
Non sai che ho (il) potere (<strong>di</strong>) liberarti e ho (il) potere (<strong>di</strong>) crocifiggerti?».<br />
19,11 Rispose Gesù: «Non avresti su–<strong>di</strong> me potere <strong>al</strong>cuno,<br />
se non fosse–stato dato a–te d<strong>al</strong>l'Alto;<br />
perciò chi mi ha–consegnato a–te, ha (un) peccato maggiore ».<br />
«Noi una legge abbiamo»: i Giudei si sentono nella piena leg<strong>al</strong>ità. La legge ossequiata,<br />
fino ad essere da loro idolatrata in modo cieco, <strong>di</strong>venta nelle loro mani uno strumento <strong>di</strong><br />
oppressione, un comodo av<strong>al</strong>lo perché possano esercitare il loro potere religioso in modo<br />
scorretto.<br />
«Secondo la legge deve morire, perché ha fatto se stesso Figlio <strong>di</strong> Dio»: i Giudei svelano<br />
solo ora il vero motivo del loro o<strong>di</strong>o verso Gesù (le sue pretese <strong>di</strong>vine) e affermano che la<br />
loro richiesta è conforme <strong>al</strong>la loro legge e quin<strong>di</strong> approvata da Dio stesso. Questa,<br />
fin<strong>al</strong>mente, è la prima <strong>di</strong> due accuse precise. Fin d<strong>al</strong>l’inizio <strong>della</strong> pre<strong>di</strong>cazione Gesù si era<br />
presentato come Figlio <strong>di</strong> Dio anche <strong>di</strong> fronte ai Giudei (5,19 ss.; 8,36; 10,36…) ed era<br />
perciò da molto tempo che essi si opponevano a lui per questo motivo (cfr. ad es. 5,18;<br />
8,19). Secondo i Sinottici è stato il sommo sacerdote che, interpretando il pensiero <strong>di</strong> tutto il<br />
Sinedrio, ha posto la domanda cruci<strong>al</strong>e: Sei tu il Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio? ed ha ottenuto la<br />
risposta chiara: Tu lo <strong>di</strong>ci…, interpretata inesorabilmente come una bestemmia degna <strong>di</strong><br />
morte (Mt 26,63-66). I Giudei dunque, per <strong>di</strong>fendere la legge (che secondo la loro<br />
interpretazione è stata gravemente violata da Gesù), uccidono l'Uomo e, nello stesso tempo,<br />
il Figlio <strong>di</strong> Dio. Notiamo che quello che i nemici <strong>di</strong>cono con orrore: Ha detto: Sono Figlio<br />
<strong>di</strong> Dio (10,36; Mt 27,43), i fedeli lo proclamano come gioiosa professione <strong>di</strong> fede.<br />
«Quando Pilato udì questa parola, temette ancor <strong>di</strong> più»: il Procuratore nota, <strong>al</strong> <strong>di</strong> là<br />
delle accuse politiche, che ora assumono importanza secondaria, la coincidenza tra quanto<br />
Gesù ha affermato davanti a lui e quanto <strong>di</strong>cono i Giudei. Egli capisce che qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong><br />
grosso ci dev'essere sotto tutto quello che sta accadendo ed ora ha paura anche <strong>di</strong> Gesù.<br />
«Entrò nel pretorio <strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong>ce...: Donde (póthen) sei tu?»: adesso la sua domanda è<br />
più seria <strong>di</strong> quando chiedeva con tono <strong>di</strong> sfida: Che cos’è la verità? Comincia a capire <strong>di</strong><br />
essere coinvolto in una questione che veramente riguarda la <strong>di</strong>vinità. Non è però l'amore<br />
<strong>della</strong> verità che lo spinge ad indagare, ma la paura e il desiderio <strong>di</strong> saperne <strong>di</strong> più per<br />
<strong>di</strong>fendersi d<strong>al</strong> mistero che lo sta ass<strong>al</strong>endo. Pronuncia pertanto la domanda fondament<strong>al</strong>e:<br />
Di dove sei?, ma senza essere in grado <strong>di</strong> scoprirlo, perché non cerca sul serio la verità<br />
sull’uomo e su Dio. Ad esempio, dovrebbe già sapere da tempo che gli inviolabili <strong>di</strong>ritti<br />
dell’uomo vengono da Dio, perché ogni uomo è creatura <strong>di</strong> Dio. Tutto il <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Giovanni</strong> poi è fin<strong>al</strong>izzato a rendere noto <strong>di</strong> dove viene il Cristo. Mentre molti credono <strong>di</strong><br />
sapere <strong>di</strong> dove venga (7,27) e <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> non sapere <strong>di</strong> dove sia (9,29), Gesù afferma che<br />
la fonte da cui derivano lui (8,14.23.42; 13,3; 16,28) e la sua dottrina (7,17) è Dio. Anche<br />
Nicodemo (3,2), il Battista (3,31) e il cieco nato (9,33) affermano che Gesù è da Dio.<br />
«Gesù non gli <strong>di</strong>ede risposta»: nessuno ormai può dargli una risposta. Quello che Gesù<br />
doveva <strong>di</strong>re glielo aveva già detto (18,37). Ora vi è il solo silenzio, il silenzio <strong>di</strong> Dio <strong>di</strong><br />
fronte <strong>al</strong>la durezza del cuore umano. Perché solo adesso, dopo che lo ha fatto flagellare,<br />
comincia a prendere sul serio la cosa, a chiedergli chi veramente sia? Gesù tace, perché<br />
Pilato avrebbe dovuto trovare già da molto tempo la risposta.<br />
«A me non parli? Non sai che ho il potere...?»: il silenzio <strong>di</strong> Gesù pesa come una<br />
condanna, è inquietante. Pilato, che vive nella logica del possesso e non del dono, si vanta<br />
<strong>di</strong> avere il potere per spaventare Gesù, facendogli, per contro, b<strong>al</strong>enare la possibilità <strong>della</strong><br />
liberazione. Gli fa capire che è una questione vit<strong>al</strong>e per Gesù stesso, perché non vuole<br />
313
ammettere che è ancor più vit<strong>al</strong>e per lui. Vuole incolparlo per le pesanti conseguenze del<br />
suo silenzio.<br />
«Non avresti su <strong>di</strong> me potere <strong>al</strong>cuno, se non fosse stato dato a te d<strong>al</strong>l'Alto»: Gesù non si<br />
lascia lusingare d<strong>al</strong>l'idea <strong>della</strong> libertà o spaventare d<strong>al</strong>la crocifissione e non perde<br />
l’occasione <strong>di</strong> ricordare a Pilato che il suo potere è un dono che viene da Dio (d<strong>al</strong>l’Alto) e<br />
che a Dio dovrà rendere conto. Egli sa vedere l’origine <strong>di</strong>vina dell’autorità del Procuratore,<br />
nonostante che questi la eserciti m<strong>al</strong>e, e vi si sottomette. Pur non negando <strong>di</strong> venire da Dio e<br />
<strong>di</strong> esserne Figlio, non parla <strong>di</strong> questo aspetto, perché il Procuratore lo deve trattare con<br />
giustizia per il solo fatto che egli è uomo e perché, per questo motivo, ha già in sé qu<strong>al</strong>cosa<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>vino.<br />
«Chi mi ha consegnato a te, ha un peccato maggiore»: qui però si dà il caso che quel<br />
Dio, che dà il potere a Pilato, sia presente in modo tot<strong>al</strong>e in Gesù: ormai Cristo, Uomo-Re-<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio, si erge a giu<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong>mostra la sua vera natura accusando Pilato, e ancor più i<br />
Giudei, <strong>di</strong> peccato. Soprattutto per questi ultimi, si tratta del terribile peccato che conduce<br />
<strong>al</strong>la morte. Da tutto questo impariamo che ogni ingiustizia contro l'UOMO è un peccato<br />
contro DIO: la condanna inflitta a Gesù <strong>di</strong>mostra questo in un modo impressionante.<br />
8. GESÙ SEDETTE NEL TRIBUNALE (19,12-15 a )<br />
Il Cristo Re e giu<strong>di</strong>ce<br />
19.12 e)k tou/tou o( Pila=toj e)zh/tei a)polu=sai au)to/n:<br />
oi( de\ )Ioudai=oi e)krau/gasan le/gontej,<br />
)Ea\n tou=ton a)polu/svj, ou)k ei)= fi/loj tou= Kai/saroj:<br />
pa=j o( basile/a e(auto\n poiw=n a)ntile/gei t%= Kai/sari.<br />
19.13 (O ou)=n Pila=toj a)kou/saj tw=n lo/gwn tou/twn h)/gagen e)/cw to\n )Ihsou=n<br />
kai\ e)ka/qisen e)pi\ bh/matoj<br />
ei)j to/pon lego/menon Liqo/strwton, (Ebraisti\ de\ Gabbaqa.<br />
19.14 h)=n de\ paraskeuh\ tou= pa/sxa, w(/ra h)=n w(j e(/kth.<br />
kai\ le/gei toi=j )Ioudai/oij, )/Ide o( basileu\j u(mw=n.<br />
19.15 e)krau/gasan ou)=n e)kei=noi, )=Aron a)=ron, stau/rwson au)to/n.<br />
19,12 Per questo Pilato cercava (<strong>di</strong>) liberarlo;<br />
ma i Giudei gridarono, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Se liberi costui, non sei amico <strong>di</strong> Cesare;<br />
chiunque si fa re, contrad<strong>di</strong>ce a Cesare!».<br />
19,13 Dunque Pilato, u<strong>di</strong>te queste parole, condusse fuori Gesù<br />
e (Gesù) sedette in tribun<strong>al</strong>e,<br />
ne(l) luogo detto Lithóstrotos, in ebraico Gabbathà.<br />
19,14 Era (la) Parasceve (la preparazione) <strong>della</strong> Pasqua; era verso (l')ora sesta.<br />
E <strong>di</strong>ce ai Giudei: «Ecco il vostro re!».<br />
19,15 a Urlarono dunque quelli: «Via! Via! Crocifiggilo!».<br />
«Per questo Pilato cercava <strong>di</strong> liberarlo»: l'intenzione del Procuratore è buona, ma la sua<br />
volontà non è decisa come quella dei Giudei. La sua è una ricerca tar<strong>di</strong>va, non onesta: egli<br />
deve liberare Gesù, non perché teme che sia una Divinità, ma per il solo fatto che è Uomo.<br />
«Non sei amico <strong>di</strong> Cesare»: i Giudei conoscono il punto debole del governatore. Lo<br />
mettono in guar<strong>di</strong>a d<strong>al</strong>l’essere infedele <strong>al</strong>l'Imperatore. Sono pronti ad accusarlo <strong>di</strong> inimicizia<br />
verso Cesare. Accuse esagerate, ma in quella circostanza fanno gradu<strong>al</strong>mente presa sul<br />
debole Pilato che pensa sempre <strong>di</strong> più a s<strong>al</strong>vare la sua carriera. Ora anch’egli, che è il<br />
giu<strong>di</strong>ce, viene giu<strong>di</strong>cato dai capi e rischia l’accusa <strong>di</strong> essere considerato nemico, non <strong>di</strong> Dio,<br />
ma <strong>di</strong> Cesare.<br />
«Chi si fa re, contrad<strong>di</strong>ce a Cesare»: questa è la seconda accusa, precisa e vaga nello<br />
stesso tempo (non lo chiamano loro re o re dei Giudei, ma re nel senso <strong>di</strong> uno che pretende<br />
<strong>di</strong> avere potere sugli <strong>al</strong>tri). È anche l’enunciazione <strong>di</strong> un principio gener<strong>al</strong>e: Cesare e Gesù<br />
sono inconciliabili. Infatti tra il <strong>di</strong>o oppressore <strong>di</strong> questo mondo (rappresentato<br />
314
d<strong>al</strong>l’Imperatore pagano) ed il Dio-Uomo non c'è mai accordo. Essere a favore <strong>di</strong> Gesù<br />
significa inimicarsi tutti i prepotenti <strong>della</strong> terra, che per l'occasione si <strong>al</strong>leano tra <strong>di</strong> loro per<br />
essere più forti. Pilato è forzato dai capi a non rompere l'amicizia con Cesare, per non<br />
passare d<strong>al</strong>la parte <strong>di</strong> Gesù e quin<strong>di</strong> <strong>della</strong> giustizia. Notiamo quanta preoccupazione fanno<br />
finta <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare le autorità giudaiche affinché Pilato faccia in questo caso il suo dovere <strong>di</strong><br />
Procuratore romano e pagano.<br />
«(Gesù) sedette in tribun<strong>al</strong>e»: secondo questa traduzione (che è adottata da molti<br />
commentatori), Pilato compie un gesto provocatorio (e inconsapevolmente <strong>di</strong> autentico<br />
v<strong>al</strong>ore profetico): permette a Gesù, il condannato, <strong>di</strong> star seduto come giu<strong>di</strong>ce nel tribun<strong>al</strong>e.<br />
Forse fece questo solo perché Gesù non si reggeva più in pie<strong>di</strong>. Ma questo non toglie nulla<br />
<strong>al</strong>la straor<strong>di</strong>narietà del fatto ed <strong>al</strong> suo significato evidente.<br />
«Nel luogo detto Lithóstrotos»: questo termine greco significa lastricato. Ancora una<br />
volta <strong>Giovanni</strong> ci fornisce le precise coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> luogo e <strong>di</strong> tempo, segno <strong>di</strong> una<br />
conoscenza <strong>di</strong>retta dei fatti e del v<strong>al</strong>ore simbolico degli stessi.<br />
«Era la Parasceve... verso l'ora sesta»: il khrónos (il tempo materi<strong>al</strong>e) <strong>di</strong>venta kairós<br />
(tempo spiritu<strong>al</strong>e). L'Ora <strong>della</strong> Pasqua vera è arrivata e coincide con l'inizio del sacrificio<br />
degli agnelli nel tempio (1,29.36). Il mezzogiorno (4,6) coincide con l’ora <strong>della</strong> luce<br />
spiritu<strong>al</strong>e più piena.<br />
«Ecco il vostro re…»: con queste parole il Procuratore fa capire <strong>di</strong> non voler accettare<br />
Gesù (ridotto in uno stato pietoso) come suo Re. Lo presenta ai Giudei come il loro re, forse<br />
con l'intenzione <strong>di</strong> compiere un ultimo atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo verso <strong>di</strong> loro. Il gesto e le parole <strong>di</strong><br />
Pilato esasperano i Giudei, che non vogliono servirlo e che ne chiedono la crocifissione.<br />
Possiamo notare nei vari personaggi tutta una serie <strong>di</strong> tragiche riv<strong>al</strong>se, <strong>di</strong> accuse reciproche,<br />
giocate con infinita abilità sulla pelle <strong>di</strong> Gesù e tutto questo per poter consumare un delitto<br />
senza che il loro orgoglio venga ferito, senza che la loro f<strong>al</strong>sità sia scoperta.<br />
9. NON ABBIAMO ALTRO RE CHE CESARE (19,15 b -16 a )<br />
Cesare preferito, il proprio Re tra<strong>di</strong>to<br />
le/gei au)toi=j o( Pila=toj, To\n basile/a u(mw=n staurw/sw;<br />
a)pekri/qhsan oi( a)rxierei=j, Ou)k e)/xomen basile/a ei) mh\ Kai/sara.<br />
19.16 to/te ou)=n pare/dwken au)to\n au)toi=j i(/na staurwqv=.<br />
Dice loro Pilato: «Il vostro re crocifiggerò?».<br />
Risposero i capi–sacerdoti: «Non abbiamo re, se non Cesare!».<br />
19,16 a Allora, dunque, lo consegnò loro, perché fosse–crocifisso.<br />
«Il vostro re crocifiggerò?»: il Procuratore tenta ancora una volta <strong>di</strong> far capire la gravità<br />
<strong>di</strong> quella pretesa, che implica una sua <strong>di</strong>retta responsabilità (crocifiggerò), e cerca <strong>di</strong> far<br />
capire che la croce e la reg<strong>al</strong>ità sono incompatibili tra <strong>di</strong> loro. Dice però ai Giudei: il vostro<br />
re; egli non ritiene in nessun modo <strong>di</strong> doversi sottomettere <strong>al</strong> Cristo.<br />
«Non abbiamo re, se non Cesare»: i Giudei sono pronti a sottomettersi a Cesare e<br />
perdere ogni libertà, pur <strong>di</strong> dare a Pilato una lezione <strong>di</strong> le<strong>al</strong>ismo verso l’Imperatore e far<br />
condannare il Cristo. In re<strong>al</strong>tà preferiscono l'Imperatore pagano, che legittima la loro logica<br />
violenta, e lo antepongono <strong>al</strong> Dio vivo e vero, il vero re d’Israele. Essi sono pagani nel<br />
cuore e nella mente. Si avverano le parole <strong>di</strong> Gesù quando <strong>di</strong>ceva che chi <strong>di</strong>sprezza lui,<br />
<strong>di</strong>sonora il Padre (8,23).<br />
«Lo consegnò loro, perché fosse crocifisso»: Pilato è vinto. La sua carriera umana è<br />
s<strong>al</strong>va, ma la sua coscienza è macchiata d<strong>al</strong> verdetto più ingiusto <strong>di</strong> tutta la storia. Egli ora è<br />
solo con il suo tra<strong>di</strong>mento (consegnare). I Giudei non lo aggre<strong>di</strong>scono più; ritorneranno<br />
solo per la questione form<strong>al</strong>e <strong>della</strong> scritta. Adesso Gesù è destinato <strong>al</strong>la morte in croce.<br />
10. SULLA CROCE ERA SCRITTO: IL RE DEI GIUDEI (19,16 b -22)<br />
Il Re crocifisso<br />
315
Pare/labon ou)=n to\n )Ihsou=n,<br />
19.17 kai\ basta/zwn e(aut%= to\n stauro\n<br />
e)ch=lqen ei)j to\n lego/menon Krani/ou To/pon, o(\ le/getai (Ebraisti\ Golgoqa,<br />
19.18 o(/pou au)to\n e)stau/rwsan, kai\ met' au)tou= a)/llouj du/o<br />
e)nteu=qen kai\ e)nteu=qen, me/son de\ to\n )Ihsou=n.<br />
19.19 e)/grayen de\ kai\ ti/tlon o( Pila=toj kai\ e)/qhken e)pi\ tou= staurou=:<br />
h)=n de\ gegramme/non: )Ihsou=j o( Nazwrai=oj o( basileu\j tw=n )Ioudai/wn.<br />
19.20 tou=ton ou)=n to\n ti/tlon polloi\ a)ne/gnwsan tw=n )Ioudai/wn,<br />
o(/ti e)ggu\j h)=n o( to/poj th=j po/lewj o(/pou e)staurw/qh o( )Ihsou=j:<br />
kai\ h)=n gegramme/non (Ebraisti/, (Rwmaisti/, (Ellhnisti/.<br />
19.21 e)/legon ou)=n t%= Pila/t% oi( a)rxierei=j tw=n )Ioudai/wn,<br />
Mh\ gra/fe: (O basileu\j tw=n )Ioudai/wn,<br />
a)ll' o(/ti e)kei=noj ei)=pen, Basileu/j ei)mi tw=n )Ioudai/wn.<br />
19.22 a)pekri/qh o( Pila=toj, (\O ge/grafa, ge/grafa.<br />
19,16 b Presero dunque Gesù<br />
19,17 e portando da–sé la croce,<br />
uscì verso il luogo detto Cranio, che è–detto in–ebraico Gòlgota,<br />
19,18 dove lo crocifissero e con lui <strong>al</strong>tri due,<br />
<strong>di</strong>–qua e <strong>di</strong>–là, in–mezzo invece Gesù.<br />
19,19 Pilato poi scrisse anche (una) tabella e (la) pose sulla croce;<br />
era scritto: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei.<br />
19,20 Questa tabella dunque lessero molti dei Giudei,<br />
perché era vicino <strong>al</strong>la città il luogo dove crocifissero Gesù;<br />
ed era scritta in–ebraico, in–romano, in–greco.<br />
19,21 Dicevano dunque a Pilato i capi–sacerdoti dei Giudei:<br />
«Non scrivere: Il re dei Giudei,<br />
ma che egli ha–detto: Sono re dei Giudei!».<br />
19,22 Pilato rispose: «Quello–che ho–scritto, ho–scritto!».<br />
«Presero dunque Gesù»: chi furono coloro che presero Gesù? Secondo Matteo e Marco,<br />
sicuramente più aderenti <strong>al</strong>la materi<strong>al</strong>ità dei fatti, furono i soldati romani (Mt 27,31; Mc<br />
15,20). Per <strong>Giovanni</strong>, però, così come anche per Luca, furono i Giudei che, mor<strong>al</strong>mente<br />
parlando, ebbero la responsabilità più grave. Sono essi dunque che lo accolgono (cfr. 1,11),<br />
ma solo per poterlo uccidere.<br />
«Portando (bastázo) da sé la croce, uscì»: nessuna umiliazione o fatica gli è risparmiata,<br />
nemmeno quella <strong>di</strong> portare il patibolo. È la croce <strong>della</strong> tot<strong>al</strong>e obbe<strong>di</strong>enza <strong>al</strong> Padre e del<br />
purissimo amore che ci s<strong>al</strong>va. Gesù esce. È la terza volta che questo avviene durante la<br />
passione: la prima d<strong>al</strong> giar<strong>di</strong>no (18,4); la seconda d<strong>al</strong> pretorio (19,5) e ora d<strong>al</strong>la città.<br />
L’iniziativa appare sempre come sua, perché l’uscire è simbolo <strong>di</strong> una liberazione. Alcuni<br />
autori traducono: Portando a sé la croce e commentano che Gesù la prende come qu<strong>al</strong>cosa<br />
<strong>di</strong> prezioso per lui e la porta come uno scettro reg<strong>al</strong>e. Il verbo usato (bastázo) include<br />
tuttavia l’idea che quello che vien portato è molto pesante.<br />
«Verso il luogo detto Cranio»: è il luogo <strong>della</strong> morte, simboleggiata d<strong>al</strong>l'icona del<br />
teschio.<br />
«Lo crocifissero e con lui <strong>al</strong>tri due…»: secondo il nostro Evangelista, i veri autori mor<strong>al</strong>i<br />
<strong>della</strong> crocifissione sono sempre i Giudei, anche se materi<strong>al</strong>mente sono stati i soldati romani<br />
(cfr. 19,23). Gesù non soffre da solo: con lui ci sono due condannati. Di essi <strong>Giovanni</strong> non<br />
<strong>di</strong>ce che sono briganti o m<strong>al</strong>fattori, come fanno i Sinottici. Anzi <strong>di</strong>ce semplicemente: <strong>al</strong>tri<br />
due, quasi ad in<strong>di</strong>care <strong>di</strong> più quello che li accomuna rispetto a quello che li <strong>di</strong>fferenzia. I due<br />
appaiono quasi come dei <strong>di</strong>scepoli, concrocifissi con lui (cfr. 19,32), primizia <strong>di</strong> una Chiesa<br />
perseguitata e partecipe delle sofferenze del suo Signore, in attesa <strong>della</strong> medesima<br />
glorificazione, anzi già glorificata (non è un caso che, secondo Luca, Gesù <strong>di</strong>ca a quello che<br />
lo proclamava Re: Oggi sarai con me in Para<strong>di</strong>so: Lc 23,43).<br />
«In mezzo invece Gesù…»: questa ulteriore descrizione, così particolareggiata, non<br />
sarebbe stata nemmeno necessaria, se l’Evangelista non avesse scoperto in questo fatto un<br />
316
significato mistico. Gesù è posizionato <strong>al</strong> centro. È un posto che egli non ha cercato, ma che<br />
gli spetta come Re. Però, non è un posto <strong>di</strong> onore, in senso mondano. È il posto <strong>di</strong> maggiore<br />
sofferenza, che gli compete come Re umile <strong>di</strong> un'umanità dolente, ma redenta da questo<br />
stesso dolore. Per quattro volte <strong>Giovanni</strong> ci parla <strong>di</strong> Gesù che sta in mezzo: <strong>al</strong>l’inizio il<br />
Battista afferma che in mezzo agli ascoltatori sta uno che essi non conoscono ancora (1,26);<br />
viene poi il brano che stiamo esaminando ed infine due passi an<strong>al</strong>oghi, che ci <strong>di</strong>cono che il<br />
Cristo risorto appare e sta in mezzo ai <strong>di</strong>scepoli (20,19.26). In ogni caso il Cristo è il perno<br />
stabile <strong>della</strong> comunità, il perno che la unifica e la mette in movimento intorno a sé (cfr.<br />
anche Mt 18,20). Notiamo infine che i due con Gesù formano una terna (una trinità), v<strong>al</strong>e a<br />
<strong>di</strong>re una comunità piccola, ma completa, nella qu<strong>al</strong>e è possibile una <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo,<br />
non chiuso tra due, ma aperto ad un terzo in vista <strong>di</strong> un dono <strong>di</strong>sinteressato a lui.<br />
«Pilato… scrisse anche una tabella...: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei»: Pilato senza<br />
saperlo, non solo profeticamente aveva proclamato la grande verità, ma adesso or<strong>di</strong>na che<br />
sia anche scritta. Gesù è davvero il re dei Giudei e non solo <strong>di</strong> loro, ma <strong>di</strong> tutta l’umanità.<br />
Questo fatto interessa <strong>al</strong> nostro <strong>Giovanni</strong>, molto più che ai Sinottici. Tanto è vero che<br />
de<strong>di</strong>ca <strong>al</strong>l’evento quattro versetti ed utilizza per ben sei volte il verbo scrivere e una volta il<br />
verbo leggere. Già le guar<strong>di</strong>e avevano chiamato il Maestro Gesù il Nazareno, o meglio il<br />
Nazoreo. Ora è lo stesso Pilato che uffici<strong>al</strong>mente lo in<strong>di</strong>ca come t<strong>al</strong>e. Il senso etimologico<br />
del termine Nazoreo rimane abbastanza misterioso per gli stu<strong>di</strong>osi: Per <strong>al</strong>cuni è da mettere<br />
in collegamento con Nazaret, che a sua volta deriva d<strong>al</strong>la ra<strong>di</strong>ce nezer, cioè germoglio. Da<br />
Matteo il fatto che Gesù è chiamato il Nazoreo è visto come la re<strong>al</strong>izzazione <strong>della</strong> profezia<br />
<strong>di</strong> Is 11,1-2: Un germoglio spunterà d<strong>al</strong> tronco <strong>di</strong> Iesse, un virgulto germoglierà d<strong>al</strong>le sue<br />
ra<strong>di</strong>ci. Su <strong>di</strong> lui si poserà lo spirito del Signore, spirito <strong>di</strong> sapienza e <strong>di</strong> intelligenza, spirito<br />
<strong>di</strong> consiglio e <strong>di</strong> fortezza, spirito <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> timore del Signore. È probabile che per<br />
Pilato il termine in<strong>di</strong>casse solo l’orgine geografica, soci<strong>al</strong>e e cultur<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Cristo, il G<strong>al</strong>ileo.<br />
La prima comunità, però, ne ha dato imme<strong>di</strong>atamente un’interpretazione spiritu<strong>al</strong>e e ha<br />
visto Gesù come un segno <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> vita.<br />
«Lessero dunque molti dei Giudei... perché... era scritta in ebraico, in romano, in<br />
greco»: anche il fatto che l'iscrizione sia trilingue ha un v<strong>al</strong>ore simbolico: Gesù crocifisso<br />
muore per tutti i popoli (per radunare in unità i <strong>di</strong>spersi) e tutti possono leggere e capire<br />
questa nuova scrittura, tutti possono contemplare il Cristo che rivela in modo vivo e<br />
commovente le incre<strong>di</strong>bili caratteristiche <strong>di</strong> debolezza esteriore e <strong>di</strong> forza interiore <strong>della</strong> sua<br />
reg<strong>al</strong>ità <strong>di</strong>vina (cfr. 1 Cor 1,18; 2 Cor 13,4). La prima lingua (l’ebraico) è quella del popolo<br />
e <strong>della</strong> religione <strong>di</strong> Gesù, le <strong>al</strong>tre due appartegono <strong>al</strong> mondo pagano: a quello romano con il<br />
suo predominio politico e militare, a quello greco con il suo strao<strong>di</strong>nario influsso cultur<strong>al</strong>e. I<br />
linguaggi delle princip<strong>al</strong>i società dell’epoca <strong>di</strong>ventano veicolo del <strong>Vangelo</strong> (che sarà<br />
appunto scritto in greco e poi tradotto in latino) ed il <strong>Vangelo</strong>, pur trascendole, è in grado <strong>di</strong><br />
esprimersi in tutte le culture umane.<br />
«Dicevano... a Pilato...: Non scrivere...»: perfino i sommi sacerdoti intuiscono la portata<br />
profetica del messaggio scritto e lo vogliono cambiare, perché la verità non si <strong>di</strong>ffonda. Ma<br />
il Procuratore questa volta resiste e non accetta imposizioni.<br />
«Pilato rispose: Quello che ho scritto, ho scritto»: Pilato afferma che quello che ha<br />
scritto rimarrà per sempre. Usa due volte la stessa parola (ho scritto): la prima volta afferma<br />
un dato <strong>di</strong> fatto, la seconda pronuncia una profezia; lui è l’autore <strong>di</strong> quella iscrizione, ma<br />
Dio è colui che le dà v<strong>al</strong>i<strong>di</strong>tà perenne. Il Cristo regna sulla croce, cominciando ad attirare a<br />
sé l'umanità <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e è il centro. Quella iscrizione è la prima frase scritta del Nuovo<br />
Testamento, la sintesi <strong>di</strong> tutto il <strong>Vangelo</strong> e lo “scrittore sacro” è Pilato. D'ora in poi la croce,<br />
con quella scritta, sarà la Scrittura più eloquente, la Bibbia più convincente.<br />
G<strong>al</strong> 3,1 ... Voi, davanti ai cui occhi fu descritto <strong>al</strong> vivo Gesù Cristo crocifisso.<br />
317
SGUARDO D'INSIEME<br />
Il dramma univers<strong>al</strong>e, la lotta tra la luce e le tenebre, tra il Cristo e il mondo (cfr. il<br />
Prologo) si concretizza nello scontro tra Gesù e i Giudei, in speci<strong>al</strong> modo tra lui ed i capi,<br />
che riescono astutamente ad ottenere la collaborazione del Procuratore e dei soldati <strong>di</strong><br />
Roma. Cristo ci svela che la lotta che lo investe, in definitiva, è tra la VERITÀ e la<br />
menzogna <strong>di</strong> chi cerca <strong>di</strong> dare una patina <strong>di</strong> leg<strong>al</strong>ità <strong>al</strong> proprio crimine, tra la VERITÀ e la<br />
paura <strong>di</strong> doverla accettare nel Cristo o dentro se stessi, tra il REGNO <strong>di</strong> lassù e<br />
l'attaccamento <strong>al</strong> potere terreno religioso e politico, tra il REGNO <strong>di</strong> Dio e la paura <strong>di</strong><br />
perdere il favore dei potenti. Gesù, in un mondo fatto <strong>di</strong> violenza, inganno, pressioni,<br />
minacce, ricatti, viltà ed egoismi proclama la verità che egli è RE e manifesta che è t<strong>al</strong>e<br />
perché UOMO e FIGLIO DI DIO; e gli uomini, anche loro m<strong>al</strong>grado, non fanno che dargli<br />
ragione incoronandolo, facendolo sedere in tribun<strong>al</strong>e, crocifiggendolo <strong>al</strong> centro <strong>di</strong> una terna<br />
<strong>di</strong> condannati, mettendo per scritto che egli è Re. E quella scritta, sul trono <strong>della</strong> croce,<br />
rimane in eterno.<br />
Gli avversari <strong>di</strong> Gesù non solo non si accorgono <strong>di</strong> tutto questo, ma sono convinti del<br />
contrario, perché non hanno la ment<strong>al</strong>ità simbolica che dà occhi per vedere il dono e<br />
l'azione <strong>di</strong> Dio, il qu<strong>al</strong>e interviene nella vita dell'UOMO Gesù, facendolo REGNARE come<br />
suo FIGLIO. La mancanza <strong>di</strong> questa ment<strong>al</strong>ità è, in definitiva, il peccato grande che Gesù<br />
denuncia, la cecità che toglie la vita, l'ignoranza che esclude d<strong>al</strong> progetto e d<strong>al</strong> mondo <strong>di</strong><br />
Dio.<br />
Gesù invece vive in un modo t<strong>al</strong>mente simbolico che la più squ<strong>al</strong>lida re<strong>al</strong>tà è trasformata<br />
in amore: le stesse azioni assurde e <strong>di</strong>sumane dei suoi avversari, che lo o<strong>di</strong>ano e si o<strong>di</strong>ano a<br />
vicenda, finiscono con l'annunciare la VERITÀ e con il far risplendere la sua vera<br />
REGALITÀ (Il crocifisso <strong>di</strong>venta l'Icona insuperabile <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong> Dio e del trionfo del<br />
suo Amore).<br />
318
TUTTO È COMPIUTO Unità 31<br />
Gesù consegna il suo Spirito e viene sepolto (Gv 19,23-42)<br />
INTRODUZIONE: Gesù, per sua generosa iniziativa o per l'avi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri, si spoglia<br />
tot<strong>al</strong>mente per arricchire tutti noi. Due sezioni compongono questa Unità. Nella prima,<br />
intitolata I quattro Doni, siamo tacitamente invitati a capire l'importanza dei vari eventi, per<br />
il fatto che l'Evangelista li vede come compimento delle Scritture (quin<strong>di</strong>, la <strong>di</strong>stribuzione<br />
dei vestiti tra i soldati, l'offerta dell'aceto e il colpo <strong>di</strong> lancia, che trafigge l'Agnello <strong>di</strong> Dio,<br />
sono eventi predetti dai Profeti e molto significativi). Nella seconda sezione ritorna l'icona<br />
del giar<strong>di</strong>no, nel qu<strong>al</strong>e si re<strong>al</strong>izza la grande Novità <strong>della</strong> Risurrezione.<br />
- 1 - I QUATTRO DONI DEL CROCIFISSO<br />
- I - LE VESTI E LA TUNICA<br />
L'espropriazione tot<strong>al</strong>e <strong>di</strong> ogni avere e <strong>di</strong>gnità<br />
1. LA TUNICA ERA SENZA CUCITURE (19,23-24 a )<br />
19.23 Oi( ou)=n stratiw=tai o(/te e)stau/rwsan to\n )Ihsou=n,<br />
e)/labon ta\ i(ma/tia au)tou= kai\ e)poi/hsan te/ssara me/rh,<br />
e(ka/st% stratiw/tv me/roj, kai\ to\n xitw=na.<br />
h)=n de\ o( xitw\n a)/rafoj, e)k tw=n a)/nwqen u(fanto\j <strong>di</strong>' o(/lou.<br />
19.24 ei)=pan ou)=n pro\j a)llh/louj,<br />
Mh\ sxi/swmen au)to/n, a)lla\ la/xwmen peri\ au)tou= ti/noj e)/stai:<br />
19,23 I soldati dunque, quando crocifissero Gesù,<br />
presero i suoi abiti e (ne) fecero quattro parti,<br />
(una) parte per–ciascun soldato e la tunica.<br />
Ora la tunica era senza–cuciture, tessuta da cima (a fondo) per intero.<br />
19,24 a Dissero dunque fra loro:<br />
«Non <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amola, ma sorteggiamo circa essa <strong>di</strong>–chi è».<br />
«I soldati dunque, quando crocifissero Gesù»: risulta ora chiaro chi siano stati gli autori<br />
materi<strong>al</strong>i <strong>della</strong> crocifissione. Confrontando il IV <strong>Vangelo</strong> con i Sinottici, che de<strong>di</strong>cano <strong>al</strong>la<br />
spartizione dei vestiti un solo versetto, prendendo le parole a prestito d<strong>al</strong> S<strong>al</strong> 22,19 (Mt<br />
27,35; Mc 15,24 e Lc 23,34), capiamo subito che per il nostro Evangelista l’episo<strong>di</strong>o ha una<br />
importanza particolare. Infatti, <strong>Giovanni</strong> racconta molti particolari interessanti e soprattutto<br />
commenta l’avvenimento, vedendolo esplicitamente come compimento <strong>della</strong> Scrittura. I<br />
protagonisti <strong>di</strong> tutto questo sono i soldati romani, autori <strong>di</strong> 5 azioni, due delle qu<strong>al</strong>i<br />
(<strong>di</strong>videre e sorteggiare) sono quelle previste d<strong>al</strong> S<strong>al</strong>mista.<br />
«Presero i suoi abiti (‘imátion)»: a Gesù non rimane più nulla, se non il vestito. Anche<br />
questo gli viene tolto e sequestrato. Egli muore nella tot<strong>al</strong>e povertà. Il re, a cui avevano<br />
imposto un vestito rosso per burla, ora viene derubato anche degli abiti. Egli, che nel<br />
cenacolo si era già privato dei suoi ‘imátia (i vestiti esterni) per mettersi <strong>al</strong> servizio degli<br />
<strong>al</strong>tri, vive ora l'esperienza <strong>della</strong> povertà assoluta come segno esterno <strong>di</strong> un'espropriazione<br />
interiore, che si sta consumando e che arriva <strong>al</strong> suo culmine con il dono <strong>della</strong> Madre, dello<br />
Spirito, del <strong>San</strong>gue e dell'Acqua d<strong>al</strong> suo cuore. Gesù non ha più nulla, egli ormai<br />
semplicemente è, è l'uomo nella sua tot<strong>al</strong>e fragilità e vulnerabilità, è l’uomo spogliato <strong>di</strong><br />
ogni sua <strong>di</strong>gnità.<br />
«E ne fecero quattro parti»: questo può voler <strong>di</strong>re che i pagani <strong>di</strong>ventano gli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Cristo. Le quattro parti dei vestiti possono in<strong>di</strong>care i quattro punti car<strong>di</strong>n<strong>al</strong>i, simbolo del<br />
mondo intero. Segno <strong>della</strong> destinazione univers<strong>al</strong>e del <strong>Vangelo</strong>. In questa scena inizia a<br />
re<strong>al</strong>izzarsi la trasformazione dell’umanità: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete<br />
319
ivestiti <strong>di</strong> Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più<br />
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. (G<strong>al</strong> 3,27-28).<br />
«Una parte per ciascun soldato...»: il termine parte (méros) ricorda la parte che Pietro<br />
rischia <strong>di</strong> perdere se non si lascia lavare i pie<strong>di</strong> (13,8) o la parte migliore scelta da Maria <strong>di</strong><br />
Betania (Lc 10,42).<br />
«La tunica (khitón) era senza cuciture, tessuta da cima a fondo per intero...»: la tunica<br />
era il vestito intimo, che era portato a stretto contatto con il corpo. Rappresenta lo stesso<br />
corpo <strong>di</strong> Cristo. L’Evangelista mette molto in ris<strong>al</strong>to il fatto che sia formata da un pezzo<br />
unico (senza cuciture… per intero…). Essa può essere simbolo <strong>di</strong> unità, cosa che il Cristo<br />
ha sempre desiderato e perseguito: auspica che ci sia un solo gregge ed un solo pastore<br />
(10,16) e prega affinché i fedeli <strong>di</strong>ventino e siano una cosa sola (17,11).<br />
«Dissero dunque fra loro: Non <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amola… (skhízo da cui skhísma = scisma)»: non<br />
viene <strong>di</strong>visa per un comprensibile motivo pratico. Stracciata, non sarebbe più servita a nulla.<br />
<strong>Giovanni</strong> però, sembra intravedere un <strong>al</strong>tro motivo ben più importante. Il fatto che la sua<br />
struttura unitaria non venga lacerata, può significare che la unificante reg<strong>al</strong>ità del Cristo è<br />
in<strong>di</strong>struttibile. Infatti, anche perché in 1 Re 11,29 ss. si narra <strong>di</strong> Achia, che lacera il mantello<br />
per simboleggiare lo scisma delle <strong>di</strong>eci tribù del Nord, già gli antichi Padri <strong>della</strong> Chiesa<br />
hanno visto, con ragione, nella tunica in<strong>di</strong>visa un simbolo dell’unità ecclesi<strong>al</strong>e, che non<br />
dev’essere frantumata da scismi (ricor<strong>di</strong>amo anche il fatto an<strong>al</strong>ogo <strong>della</strong> rete, che non si<br />
spezzò, fatto <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e possiamo attribuire lo stesso significato: 21,11).<br />
«Ma sorteggiamo (lankháno) circa essa <strong>di</strong> chi è»: cerchiamo <strong>di</strong> capire il significato <strong>di</strong><br />
questa decisione, che contiene in sé qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> misterioso, tenendo presenti <strong>al</strong>cuni passi del<br />
NT in cui ricorre il verbo lankháno o nei qu<strong>al</strong>i si parla comunque <strong>di</strong> sorteggio. Zaccaria fu<br />
designato d<strong>al</strong>la sorte ad officiare nel tempio (Lc 1,9), Mattia fu aggregato <strong>al</strong> numero degli<br />
apostoli con un sorteggio (Atti 1,26) e Pietro nella seconda lettera si rivolge a coloro che<br />
hanno ottenuto in sorte la fede preziosa (2 Pt 1,1). Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> una pratica, che può sapere <strong>di</strong><br />
azzardo o <strong>di</strong> magico, vi può essere un’<strong>al</strong>lusione <strong>al</strong> misterioso <strong>di</strong>segno s<strong>al</strong>vifico <strong>di</strong> Dio, che a<br />
noi pare quasi sempre fortuito, ma che in re<strong>al</strong>tà corrisponde ad un progetto <strong>di</strong> amore. In<br />
conclusione, possiamo notare che i soldati spogliano materi<strong>al</strong>mente il Cristo e, mentre in<br />
qu<strong>al</strong>che modo si rivestono <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>gnità, non solo non sono in grado <strong>di</strong> rapirgli la<br />
reg<strong>al</strong>ità univers<strong>al</strong>e, ma ne beneficiano e la confermano.<br />
2. AFFINCHÈ SI ADEMPISSE LA SCRITTURA (19,24 b )<br />
i(/na h( grafh\ plhrwqv= h( le/gousa:<br />
Diemeri/santo ta\ i(ma/tia/ mou e(autoi=j<br />
kai\ e)pi\ to\n i(matismo/n mou e)/b<strong>al</strong>on klh=ron.<br />
Oi( me\n ou)=n stratiw=tai tau=ta e)poi/hsan.<br />
19,24 b Affinché si–adempisse la Scrittura (che <strong>di</strong>ce):<br />
«Si <strong>di</strong>visero i miei abiti<br />
e sul mio vestito gettarono (la) sorte».<br />
I soldati dunque (proprio) queste (cose) fecero.<br />
«Affinché si adempisse la Scrittura...»: si tratta del S<strong>al</strong> 22,19. Qui vi è non solo la<br />
meraviglia dell'Evangelista nel notare che perfino questo particolare era stato previsto dai<br />
profeti a <strong>di</strong>mostrazione che Gesù è il Messia, ma anche il convincimento che questo fatto,<br />
apparentemente secondario, ha un grande significato: in<strong>di</strong>ca che il <strong>Vangelo</strong> è per tutti, anche<br />
per i pagani, e che i cristiani sono chiamati ad essere uniti (quello, appunto, che il moderno<br />
movimento ecumenico cerca <strong>di</strong> re<strong>al</strong>izzare, soprattutto attraverso la pratica dell’amore<br />
fraterno).<br />
- II - DONNA, ECCO IL FIGLIO TUO<br />
Il dono <strong>della</strong> Madre<br />
320
1. STAVA PRESSO LA CROCE SUA MADRE (19,25-26)<br />
19.25 ei(sth/keisan de\ para\ t%= staur%= tou= )Ihsou= h( mh/thr au)tou=<br />
kai\ h( a)delfh\ th=j mhtro\j au)tou=, Mari/a h( tou= Klwpa= kai\ Mari/a h( Magd<strong>al</strong>hnh/.<br />
19.26 )Ihsou=j ou)=n i)dw\n th\n mhte/ra<br />
kai\ to\n maqhth\n parestw=ta o(\n h)ga/pa,<br />
le/gei tv= mhtri/, Gu/nai, i)/de o( ui(o/j sou.<br />
19,25 Stavano, ora, presso la croce <strong>di</strong> Gesù la madre sua<br />
e la sorella <strong>di</strong> sua madre, Maria <strong>di</strong> Cleofa e Maria Madd<strong>al</strong>ena.<br />
19,26 Gesù dunque, vedendo la madre<br />
e presente il <strong>di</strong>scepolo, che amava,<br />
<strong>di</strong>ce <strong>al</strong>la madre: «Donna, ecco il figlio tuo!».<br />
«Stavano presso la croce...»: nel momento più sconvolgente del f<strong>al</strong>limento umano <strong>di</strong><br />
Cristo, quello <strong>della</strong> morte in croce, quando il potere delle tenebre ottiene la sua vittoria ed il<br />
Cristo vive nella spogliazione più completa e nel dolore più assurdo, Maria, la madre,<br />
nominata come prima <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> tre donne, è lì, vicina <strong>al</strong>la croce, con la sua presenza<br />
silenziosa. Con lei <strong>al</strong>tre due donne: una parente, Maria, moglie <strong>di</strong> Cleofa, il padre <strong>di</strong><br />
Simone e <strong>di</strong> Giuda Taddeo e la Madd<strong>al</strong>ena (che completa la terna <strong>di</strong> donne). Stavano in<br />
pie<strong>di</strong>, stabili e fedeli presso il loro Signore crocifisso. Non è messa in rilievo la presenza<br />
maschile, che pure c’era e che sta per emergere. Forse, con questo, il nostro agiografo vuol<br />
mettere in ris<strong>al</strong>to la funzione delle donne negli eventi <strong>della</strong> Pasqua: esse formano un gruppo<br />
importante, caratterizzato da uno speci<strong>al</strong>e stile <strong>di</strong> vita (esse infatti sono presenti con un loro<br />
caratteristico atteggiamento <strong>di</strong> contemplazione e <strong>di</strong> ascolto: cfr. Lc 23,48.55). Tra poco, nei<br />
racconti <strong>della</strong> risurrezione, t<strong>al</strong>e gruppo verrà rappresentato unicamente d<strong>al</strong>la Madd<strong>al</strong>ena, la<br />
mistica sposa (e la sposa è sempre unica).<br />
«Vedendo la Madre e presente il <strong>di</strong>scepolo, che amava»: l'amore <strong>di</strong> Gesù per la Madre e<br />
per il <strong>di</strong>scepolo si manifesta ora nello sguardo verso <strong>di</strong> loro e in poche sofferte parole. In<br />
questo brano <strong>Giovanni</strong> ci parla cinque volte <strong>di</strong> Maria come Madre e una volta come Donna.<br />
«Il <strong>di</strong>scepolo, che amava»: è la seconda volta (cfr. 13,23; 21,7.20) che <strong>Giovanni</strong> viene<br />
in<strong>di</strong>cato in questo modo, non per <strong>di</strong>re che Gesù ha fatto delle ingiustificate preferenze, ma<br />
per ricordare innanzi tutto che t<strong>al</strong>e <strong>di</strong>scepolo ha sempre fatto <strong>di</strong> tutto, forse più degli <strong>al</strong>tri,<br />
per corrispondere <strong>al</strong>l’amore <strong>di</strong> Cristo (gli sta a fianco durante la Cena, sta presso la croce;<br />
intuisce la presenza <strong>di</strong> Cristo sulla riva del lago, segue Gesù che parla con Pietro…). Il<br />
Signore, da parte sua, ha assicurato a tutti: Chi mi ama… anch’io lo amerò (14,21 b ). Per<br />
vedersi affidata la Madre, bisogna tuttavia aver <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> amare in un modo del tutto<br />
speci<strong>al</strong>e il Cristo con gesti particolari.<br />
«Donna, ecco (’íde = ve<strong>di</strong>) il figlio tuo»: Gesù vuole che la Madre sua, che sta perdendo<br />
lui, continui ad avere un figlio (ad esercitare la sua maternità) e, nello stesso tempo, non<br />
vuole lasciare orfano il <strong>di</strong>scepolo per eccellenza (14,18). Egli lascia il suo posto <strong>di</strong> figlio a<br />
<strong>Giovanni</strong>, affinché questi <strong>di</strong>venti come lui e, così, Maria in <strong>Giovanni</strong> ritrovi Gesù. Non la<br />
chiama Madre, ma Donna, perché ella è la Sposa messianica che, accogliendo un figlio<br />
nuovo, rinnova la sua maternità. Si re<strong>al</strong>izza in t<strong>al</strong> modo la promessa messianica fatta d<strong>al</strong><br />
profeta Isaia <strong>al</strong>l’antica Sion (Is 49,20-21; 54,1; 60,4; 66,8.20). E così Cristo ha ora un vero<br />
fratello, che ne continua la missione. Colei che ha generato il Capo, ora comincia<br />
visibilmente a generare anche le membra <strong>della</strong> Chiesa. Assistiamo ad una nuova<br />
annunciazione, dove chi parla non è un arcangelo nella luce <strong>di</strong> una purissima gioia, ma il<br />
Figlio Unigenito nell'ora <strong>della</strong> sofferenza più atroce. Qui, poi, non vi è più la <strong>di</strong>sponibilità<br />
sincera, ma inesperta, <strong>della</strong> Fanciulla <strong>di</strong> Nazaret, ma la capacità matura <strong>della</strong> Donna,<br />
formata <strong>al</strong>la scuola del dolore, <strong>di</strong> assumersi una responsabilità cosmica (la Donna Maria<br />
trova la sua pienezza nel rispondere <strong>al</strong>la sua vocazione <strong>di</strong> Madre <strong>di</strong> Cristo e <strong>della</strong> Chiesa).<br />
2. IL DISCEPOLO L'ACCOLSE (19,27)<br />
19.27 ei)=ta le/gei t%= maqhtv=, )/Ide h( mh/thr sou.<br />
321
kai\ a)p' e)kei/nhj th=j w(/raj e)/laben o( maqhth\j au)th\n ei)j ta\ i)/<strong>di</strong>a.<br />
19,27 Poi <strong>di</strong>ce <strong>al</strong> <strong>di</strong>scepolo: «Ecco la madre tua!».<br />
E da quell'Ora il <strong>di</strong>scepolo l'accolse nei propri (beni).<br />
«Ecco (’íde = ve<strong>di</strong>) la madre tua»: se il Padre ha tanto amato il mondo da dare il Figlio<br />
suo, questi ci ha tanto amati da donarci, attraverso <strong>Giovanni</strong>, la Madre. Gesù insegna <strong>al</strong><br />
<strong>di</strong>scepolo amato a vedere in Maria quello che vede lui (ecco: Maria infatti è da sempre<br />
Madre <strong>di</strong> ogni credente), così come ha insegnato a Maria a vedere con occhi e cuore <strong>di</strong><br />
madre il <strong>di</strong>scepolo fedele. E Maria, che nella fede è Madre <strong>di</strong> tutti i figli <strong>di</strong> Dio, perdendo il<br />
suo Gesù, paga adesso il prezzo più <strong>al</strong>to per t<strong>al</strong>e maternità. Ecco la madre tua è comunque<br />
un annuncio <strong>di</strong> speranza per tutti i presenti: il figlio <strong>di</strong> Maria non muore, ma si moltiplica;<br />
l'umanità del Cristo sopravvive, l'Incarnazione continua nella Chiesa.<br />
«Da quell'Ora...»: il ricordo dell’Ora suprema (<strong>di</strong> Gesù e adesso anche <strong>di</strong> Maria) ci fa<br />
capire che dobbiamo fare un collegamento con le Nozze <strong>di</strong> Cana e con quel passo del<br />
<strong>di</strong>scorso, in cui Gesù paragona la sua comunità <strong>al</strong>la donna che partorisce (16,21). In tutti<br />
due i casi (come in quello che stiamo esaminando) si parla dell’Ora, <strong>della</strong> Donna e <strong>della</strong><br />
Madre (o <strong>della</strong> partoriente). Alle nozze <strong>di</strong> Cana Maria è vista come simbolo <strong>della</strong> Chiesa, la<br />
Sposa Messianica. Nel <strong>di</strong>scorso <strong>della</strong> Cena, Gesù e gli Apostoli assumono la funzione <strong>della</strong><br />
madre che partorisce, imparando da lei quanto sia sofferta la gioia <strong>di</strong> dare <strong>al</strong>la luce una<br />
nuova umanità. Qui adesso, Maria è proclamata, in <strong>Giovanni</strong>, madre <strong>di</strong> tutta la Chiesa e<br />
come t<strong>al</strong>e viene accolta da essa con amore.<br />
«Il <strong>di</strong>scepolo l'accolse...»: mentre Maria accoglie il suo figlio, il <strong>di</strong>scepolo accoglie la<br />
sua nuova Madre e Maestra. Ognuno <strong>di</strong> noi è invitato a ricevere questa mistica Madre e a<br />
comportarsi da vero figlio, così come fece <strong>Giovanni</strong>, modello <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>scepolo che segue<br />
Gesù fino <strong>al</strong> Golgota. Accogliere Maria significa possedere il maggior tesoro che Cristo ha<br />
avuto sulla terra, il più perfetto modello femminile <strong>della</strong> santità, il grembo che sa generare<br />
s<strong>al</strong>vezza.<br />
«Nei propri beni...»: <strong>di</strong>fficile resta la traduzione <strong>di</strong> questa espressione giovannea<br />
(l’abbiamo già trovata in 1,11 e traducemmo: Venne tra le sue cose). Il pensiero tuttavia,<br />
anche se complesso, è chiaro: <strong>Giovanni</strong> accoglie Maria nella sua casa, come una persona <strong>di</strong><br />
famiglia, e ancor più nella sua vita interiore e spiritu<strong>al</strong>e.<br />
G<strong>al</strong> 4,9 Figlioli miei, che io <strong>di</strong> nuovo partorisco nel dolore, finché non sia formato<br />
Cristo in voi!<br />
- III - CONSEGNÒ LO SPIRITO<br />
Il dono dello Spirito<br />
1. HO SETE (19,28-29)<br />
19.28 Meta\ tou=to ei)dw\j o( )Ihsou=j o(/ti h)/dh pa/nta tete/lestai,<br />
i(/na teleiwqv= h( grafh/, le/gei, Diyw=.<br />
19.29 skeu=oj e)/keito o)/couj mesto/n:<br />
spo/ggon ou)=n mesto\n tou= o)/couj u(ssw/p% periqe/ntej<br />
prosh/negkan au)tou= t%= sto/mati.<br />
19,28 Dopo questo, sapendo Gesù che ormai tutto era–compiuto,<br />
affinché si–compisse la Scrittura, <strong>di</strong>ce: «Ho sete!».<br />
19,29 Giaceva (un) vaso pieno <strong>di</strong>–aceto;<br />
ponendo dunque (una) spugna piena <strong>di</strong> aceto (su un ramo <strong>di</strong>) issopo,<br />
(l')accostarono <strong>al</strong>la sua bocca.<br />
«Sapendo... che... tutto era compiuto...»: il dono <strong>della</strong> Madre compie e re<strong>al</strong>izza<br />
pienamente il <strong>di</strong>segno s<strong>al</strong>vifico del Padre. Donare Maria (e lo Spirito, come si <strong>di</strong>rà tra poco)<br />
appartiene ai suoi compiti conclusivi <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vatore. Infatti Maria, Sposa e Madre, unitamente<br />
322
<strong>al</strong>lo Spirito, porta a compimento ogni cosa: collabora <strong>al</strong>l'opera <strong>della</strong> redenzione e porta <strong>al</strong>la<br />
perfezione l'opera del Cristo. E Gesù lo sa; è consapevole <strong>di</strong> tutto questo (è tipico <strong>di</strong><br />
<strong>Giovanni</strong> mettere in evidenza la conoscenza che il Signore ha degli eventi: cfr. 13,1.2;<br />
18,4).<br />
«Affinché si compisse la Scrittura»: l’Evangelista, mentre osserva attentamente gli<br />
avvenimenti del Golgota, è anche attento a confrontarli con la Scrittura e nota che essa trova<br />
la sua piena re<strong>al</strong>izzazione nella prossima frase <strong>di</strong> Gesù.<br />
«Ho sete!»: questa affermazione <strong>di</strong>ce innanzi tutto qu<strong>al</strong>e sia una delle soffernze fisiche<br />
più gravi del crocifisso. Una sofferenza facilmente evitabile con la somministrazione <strong>di</strong> un<br />
po’ <strong>di</strong> acqua. Per <strong>Giovanni</strong> però la frase <strong>di</strong> Gesù ha un v<strong>al</strong>ore più profondo: per lui è il<br />
segn<strong>al</strong>e che si compie quanto è stato detto d<strong>al</strong> s<strong>al</strong>mista: «Nella mia sete, mi hanno dato<br />
l'aceto» (S<strong>al</strong> 69,22). Possiamo intuire che qui è implicita la stessa richiesta che egli un<br />
giorno fece <strong>al</strong>la donna Samaritana: «Dammi da bere!», anche se <strong>al</strong>lora la situazione era<br />
molto meno drammatica. Questa è un'invocazione che anche oggi egli rivolge a noi; e noi,<br />
come rispon<strong>di</strong>amo a questa sete?<br />
«Una spugna piena <strong>di</strong> aceto...»: la sete <strong>di</strong> Gesù non è solo fisica e l'aceto che riceve non<br />
è solo materi<strong>al</strong>e; si tratta più profondamente <strong>della</strong> sete <strong>di</strong> giustizia e <strong>di</strong> amore, che trova in<br />
questo caso come risposta solo l'aceto del <strong>di</strong>sprezzo. Il vaso e la spugna pieni <strong>di</strong> aceto<br />
in<strong>di</strong>cano la pienezza <strong>della</strong> cattiveria verso colui che a Cana aveva riempite le sei giare con<br />
ottimo vino e che aveva inaugurato le nozze messianiche.<br />
«Su un ramo <strong>di</strong> issopo...»: il ramo <strong>di</strong> issopo servì <strong>al</strong> popolo <strong>di</strong> Mosè per aspergere<br />
l’architrave e gli stipiti <strong>della</strong> porta <strong>di</strong> casa con il sangue dell’agnello in occasione <strong>della</strong><br />
prima pasqua (Es 12,22). È dunque un simbolo pasqu<strong>al</strong>e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza. Tuttavia, quanto detto<br />
v<strong>al</strong>e se <strong>al</strong> posto <strong>di</strong> ‘ýssopos (piantina aromatica simile <strong>al</strong>la maggiorana) non ci sia invece<br />
stato <strong>al</strong>l’origine ‘yssós (giavellotto), strumento più prosaico, ma maggiormente adatto<br />
<strong>al</strong>l’uso che qui se ne è fatto.<br />
«L’accostarono <strong>al</strong>la sua bocca...»: d<strong>al</strong>la bocca del Maestro erano uscite parole <strong>di</strong> vita<br />
eterna e tra poco uscirà lo Spirito <strong>della</strong> pace e <strong>della</strong> riconciliazione (20,22). Quello che<br />
l’umanità peccatrice offre a quella bocca è ben <strong>di</strong>verso da quanto invece riceve.<br />
2. È COMPIUTO! (19,30)<br />
19.30 o(/te ou)=n e)/laben to\ o)/coj o( )Ihsou=j ei)=pen, Tete/lestai,<br />
kai\ kli/naj th\n kef<strong>al</strong>h\n pare/dwken to\ pneu=ma.<br />
19,30 Quando dunque prese l'aceto, Gesù <strong>di</strong>sse: «È–compiuto!»<br />
e, inclinato il capo, consegnò lo Spirito.<br />
«Prese l'aceto»: egli, non rifiutando <strong>di</strong> bere <strong>al</strong>la coppa dell'o<strong>di</strong>o dei suoi nemici, compie<br />
la profezia; assorbe in sé il m<strong>al</strong>e che è dentro l'umanità intera per <strong>di</strong>struggerlo<br />
definitivamente e sostituirlo con il bene: cfr. «Il c<strong>al</strong>ice... non lo berrò?» (18,11). Il Padre<br />
desiderava che quel c<strong>al</strong>ice contenesse un <strong>al</strong>tro tipo <strong>di</strong> vino (un vino nuovo, simbolo <strong>di</strong> gioia<br />
para<strong>di</strong>siaca: Mt 26,29; Lc 22,17), ma la m<strong>al</strong>vagità umana lo ha riempito <strong>di</strong> vino corrotto, che<br />
lui ha però saputo trasformare in amore.<br />
«È compiuto»: la volontà del Padre, cercata come un assetato ricerca l'acqua, si è<br />
perfettamente re<strong>al</strong>izzata. Il Padre è davvero glorificato.<br />
«Consegnò lo Spirito»: misticamente parlando, Gesù spogliato <strong>di</strong> tutto, ucciso nel corpo,<br />
<strong>di</strong>strutto nella psiche (anima), <strong>di</strong>venta pienamente uomo spiritu<strong>al</strong>e (non possiede <strong>al</strong>tro che<br />
lo spirito). Morendo, lo es<strong>al</strong>a. L’Evangelista, in base <strong>al</strong> giro <strong>di</strong> parole <strong>di</strong> cui si serve (non<br />
usu<strong>al</strong>i per <strong>di</strong>re che uno spirò), <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> interpretare questo ultimo <strong>al</strong>ito, come il dono<br />
dello Spirito <strong>San</strong>to <strong>al</strong>la Chiesa nascente (cfr. 20,22). I soldati hanno dato a Gesù l’aceto, egli<br />
dona lo Spirito nuovo, che a Cana era stato prefigurato nel vino delle nozze messianiche.<br />
T<strong>al</strong>e dono ci fa capire ora che Maria, la Donna-Sposa, che aveva provocato l'offerta del vino<br />
323
nuzi<strong>al</strong>e, è stata data a noi come Madre per favorirci nell’accoglienza dello Spirito. Che cosa<br />
il Signore poteva darci <strong>di</strong> più dello Spirito e <strong>della</strong> Maestra <strong>di</strong> vita spiritu<strong>al</strong>e?<br />
- IV - USCÌ SANGUE ED ACQUA<br />
I doni sacrament<strong>al</strong>i<br />
1. NON SPEZZARONO LE SUE GAMBE (19,31-33)<br />
19.31 Oi( ou)=n )Ioudai=oi, e)pei\ paraskeuh\ h)=n,<br />
i(/na mh\ mei/nv e)pi\ tou= staurou= ta\ sw/mata e)n t%= sabba/t%,<br />
h)=n ga\r mega/lh h( h(me/ra e)kei/nou tou= sabba/tou,<br />
h)rw/thsan to\n Pila=ton i(/na kateagw=sin au)tw=n ta\ ske/lh kai\ a)rqw=sin.<br />
19.32 h)=lqon ou)=n oi( stratiw=tai kai\ tou= me\n prw/tou kate/acan ta\ ske/lh<br />
kai\ tou= a) /llou tou= sustaurwqe/ntoj au)t%=:<br />
19.33 e)pi\ de\ to\n )Ihsou=n e)lqo/ntej, w(j ei)=don h)/dh au)to\n teqnhko/ta,<br />
ou) kate/acan au)tou= ta\ ske/lh,<br />
19,31 I Giudei dunque, poiché era (la) Parasceve,<br />
affinché non rimanessero sulla croce i corpi nel Sabato,<br />
era infatti grande il giorno <strong>di</strong> quel Sabato,<br />
pregarono Pilato affinché spezzasse le loro gambe e fossero–tolti.<br />
19,32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe del primo<br />
e dell'<strong>al</strong>tro che era–stato–crocifisso–con lui;<br />
19,33 ma venendo da Gesù, come lo videro già morto,<br />
non spezzarono le sue gambe,<br />
«I Giudei dunque, poiché era la Parasceve…»: i Giudei si affannano a preparare la loro<br />
Pasqua e non sanno che così facendo collaborano <strong>al</strong>la preparazione <strong>di</strong> un’<strong>al</strong>tra, quella<br />
definitiva e vanificano quella loro, <strong>di</strong>venuta ormai un segno vuoto <strong>di</strong> quella vera.<br />
«Affinché non rimanessero sulla croce i corpi nel Sabato»: d<strong>al</strong> momento che il crocifisso<br />
era considerato un m<strong>al</strong>edetto (Deut 21,22-23), la legge proibiva che fosse esposto tutta la<br />
notte.<br />
«Era grande il giorno <strong>di</strong> quel Sabato»: il giorno è detto grande perché si tratta <strong>della</strong><br />
Pasqua. Le due Pasque <strong>di</strong>ventano incompatibili; quella ebraica non può più sussistere<br />
insieme a quella <strong>di</strong> Cristo. Il vero agnello immolato <strong>di</strong>ssacra la festa degli ebrei, vanificata<br />
ormai da quella nuova.<br />
«Pregarono Pilato...»: è l'unico tipo <strong>di</strong> preghiera che i Giudei sanno fare; essa è<br />
in<strong>di</strong>rizzata ad un personaggio ben meschino, è impregnata <strong>di</strong> crudeltà (spezzare le gambe:<br />
ultima violenza <strong>di</strong>sumana per far morire più in fretta il condannato) e, come sempre, è<br />
fin<strong>al</strong>izzata a s<strong>al</strong>vare le apparenze (ipocritamente mostrano la volontà che non sia profanato<br />
il Sabato).<br />
«Lo videro già morto»: i soldati videro, ma non seppero contemplare nel Cristo morto<br />
sulla croce l’uomo santificato e sacrificato (17,19) per amore dei suoi. I Giudei, anzi, non<br />
ne sopportano la vista; lo vogliono togliere <strong>al</strong> più presto.<br />
2. CON UNA LANCIA APRÌ IL SUO FIANCO (19,34-35)<br />
19.34 a)ll' ei(=j tw=n stratiwtw=n lo/gxv au)tou= th\n pleura\n e)/nucen,<br />
kai\ e)ch=lqen eu)qu\j ai(=ma kai\ u(/dwr.<br />
19.35 kai\ o( e(wrakw\j memartu/rhken, kai\ a)lhqinh\ au)tou= e)stin h( marturi/a,<br />
kai\ e)kei=noj oi)=den o(/ti a)lhqh= le/gei, i(/na kai\ u(mei=j pisteu/[j]hte.<br />
19,34 ma uno dei soldati con–una–lancia aprì il suo fianco<br />
e (ne) uscì subito sangue ed acqua.<br />
19,35 E chi ha–visto, ha–testimoniato e veritiera è la sua testimonianza<br />
ed egli sa che <strong>di</strong>ce (il) vero, affinché anche voi cre<strong>di</strong>ate.<br />
324
«Con una lancia aprì il suo fianco»: il colpo <strong>di</strong> lancia in<strong>di</strong>rizzato <strong>al</strong> cuore in<strong>di</strong>ca che<br />
Cristo è morto per amore e segn<strong>al</strong>a la <strong>di</strong>rezione che noi dobbiamo prendere. Il cuore <strong>di</strong><br />
Cristo si apre, come il cielo aperto promesso a Natanaele (1,51), anche oltre la morte, per<br />
segn<strong>al</strong>are che nulla ci può separare d<strong>al</strong>l'amore <strong>di</strong> Dio. Il significato <strong>di</strong> questa ferita è<br />
sicuramente molto importante visto che Gesù risorto la esibisce, insieme <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre piaghe,<br />
come segno <strong>di</strong> riconoscimento. Il suo cuore sarà per sempre aperto (20,25).<br />
«Ne uscì subito sangue ed acqua»: ecco gli ultimi due doni, dopo quelli <strong>della</strong> Madre e<br />
del soffio dello Spirito, che sgorgano d<strong>al</strong>la sorgente del cuore <strong>di</strong> Cristo, nuovo tempio<br />
definitivo (Ez 47,1). Il <strong>San</strong>gue è simbolo <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> vita. L'Acqua, che insieme <strong>al</strong> soffio<br />
rappresenta lo Spirito, è la bevanda <strong>di</strong>ssetante che è donata a noi da colui che ci aveva<br />
chiesto da bere (cfr. 7,37-39 Chi ha sete venga a me… e beva… Questo <strong>di</strong>sse dello<br />
Spirito…). L’assetato, dunque, è colui che ci <strong>di</strong>sseta, perché possiede una riserva segreta <strong>di</strong><br />
Acqua nel suo cuore. Acqua e <strong>San</strong>gue, inoltre, rappresentano anche i sacramenti che<br />
generano e nutrono la Chiesa. I Padri infatti, in base <strong>al</strong>l'insegnamento <strong>di</strong> tutto il <strong>Vangelo</strong><br />
giovanneo, vedono nell’Acqua il Battesimo e nel <strong>San</strong>gue l'Eucaristia e <strong>di</strong>cono che come d<strong>al</strong><br />
fianco <strong>di</strong> Adamo addormentato è stata tratta Eva, così d<strong>al</strong> costato del Cristo morto è uscita<br />
la Chiesa, sua sposa.<br />
«Chi ha visto, ha testimoniato e... <strong>di</strong>ce il vero, affinché anche voi cre<strong>di</strong>ate»: queste<br />
parole in<strong>di</strong>cano che l'episo<strong>di</strong>o appena descritto ha un’importanza fondament<strong>al</strong>e per la nostra<br />
fede. <strong>Giovanni</strong> trasmette ciò che, contemplando, ha capito in profon<strong>di</strong>tà, affinché anche noi,<br />
credendo, ci laviamo con l'acqua del Battesimo e ci <strong>di</strong>ssetiamo con il sangue dell'Agnello <strong>di</strong><br />
Dio che toglie il peccato del mondo. Anche i Sinottici <strong>di</strong> fatto, senza <strong>di</strong>rlo esplicitamente,<br />
raccontano la passione per suscitare la fede in Gesù come Figlio <strong>di</strong> Dio e come Giusto (cfr.<br />
la professione <strong>di</strong> fede fatta d<strong>al</strong> centurione: Mt 27,54; Lc 23,47).<br />
3. AFFINCHÈ LA SCRITTURA SI COMPISSE (19,36-37)<br />
19.36 e)ge/neto ga\r tau=ta i(/na h( grafh\ plhrwqv=,<br />
)Ostou=n ou) suntribh/setai au)tou=.<br />
19.37 kai\ pa/lin e(te/ra grafh\ le/gei,<br />
)/Oyontai ei)j o(\n e)ceke/nthsan.<br />
19,36 Sono–avvenute infatti queste (cose), affinché la Scrittura si–compisse;<br />
«Non sarà–spezzato (<strong>al</strong>cun) suo osso».<br />
19,37 E <strong>di</strong>–nuovo (un')<strong>al</strong>tra Scrittura <strong>di</strong>ce:<br />
«Guarderanno verso colui–che hanno–trafitto».<br />
«Affinché la Scrittura si compisse»: anche dopo la morte del Cristo, la Scrittura continua<br />
a trovare compimento.<br />
«Non sarà spezzato <strong>al</strong>cun suo osso»: l'Evangelista interpreta questo fatto vedendo in<br />
Gesù il vero Agnello pasqu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e, secondo la Scrittura (Es 12,46), non dovevano esser<br />
rotte le ossa, perché l’offerta fatta a Dio doveva essere perfetta (cfr. anche S<strong>al</strong> 34,21; Apc<br />
5,6).<br />
«Guarderanno verso colui che hanno trafitto»: cfr. Zc 12,10. Basandosi sulla Scrittura,<br />
<strong>Giovanni</strong> preannuncia la contemplazione del Cristo crocifisso che, inn<strong>al</strong>zato sulla croce<br />
come il serpente nel deserto, attira tutti a sé (3,14; 12,32). Quella trafittura, che rimane per<br />
sempre nel Risorto, testimonia il nostro peccato (che dà morte), ma anche la sua<br />
misericor<strong>di</strong>a (che dà vita). Anche noi guar<strong>di</strong>amo a lui, con amore, con stupefatta e immensa<br />
riconoscenza. Perché non fissare continuamente chi, anche dopo la sua morte, continua a<br />
offrirci il dono <strong>della</strong> vita e <strong>della</strong> grazia? (Ebr 12,2). Imitiamo in questo Maria e <strong>Giovanni</strong><br />
che per primi hanno elevato lo sguardo verso colui che a tutti apriva le profon<strong>di</strong>tà del suo<br />
cuore.<br />
325
1 Gv 5 5 Chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio <strong>di</strong> Dio? 6 Questi è<br />
colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo...<br />
- 2 - NEL GIARDINO DEPOSERO GESÙ<br />
La novità nel sepolcro<br />
1. GIUSEPPE PRESE IL SUO CORPO (19,38)<br />
19 .38 Meta\ de\ tau=ta<br />
h)rw/thsen to\n Pila=ton )Iwsh\f o( a)po\ (Arimaqai/aj, w)\n maqhth\j tou= )Ihsou=<br />
kekrumme/noj de\ <strong>di</strong>a\ to\n fo/bon tw=n )Ioudai/wn,<br />
i(/na a) /rv to\ sw=ma tou= )Ihsou=: kai\ e)pe/treyen o( Pila=toj.<br />
h)=lqen ou)=n kai\ h)=ren to\ sw=ma au)tou=.<br />
19,38 Ma dopo queste (cose)<br />
Giuseppe d'Arimatea, che–era <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Gesù, pregò Pilato,<br />
ma <strong>di</strong>–nascosto per la paura dei Giudei,<br />
per prendere il corpo <strong>di</strong> Gesù e Pilato (lo) permise.<br />
Venne dunque e prese il corpo <strong>di</strong>–lui.<br />
«Giuseppe d'Arimatea, che era <strong>di</strong>scepolo…»: non entrano più in scena le donne, ma due<br />
uomini (Tipi del <strong>di</strong>scepolo che si barcamena tra coraggio e paura).<br />
«Pregò Pilato»: anche Giuseppe prega Pilato, ma con una fin<strong>al</strong>ità ben <strong>di</strong>versa da quella<br />
dei Giudei. Egli, pur con tutti i suoi limiti, vuole onorare il Cristo Signore.<br />
«Di nascosto per la paura dei Giudei»: il sentimento che maggiormente domina i<br />
<strong>di</strong>scepoli è la paura. <strong>Giovanni</strong> non si vergogna <strong>di</strong> metterlo in evidenza. Marco, non senza<br />
ragione, guardando gli eventi con un’<strong>al</strong>tra ottica, <strong>di</strong>ce espressamente che il gesto <strong>di</strong><br />
Giuseppe è stato coraggioso (Mc 15,43).<br />
«Prese il corpo <strong>di</strong> lui»: il gesto <strong>di</strong> prenderlo è ora, anche se tar<strong>di</strong>vo, pur sempre un segno<br />
<strong>di</strong> amore verso colui che si era sacrificato per loro. Giuseppe sa bene che quel corpo non lo<br />
contamina, ma lo purifica e lo abilita a mangiare una nuova Pasqua.<br />
2. NICODEMO PORTÒ CENTO LIBBRE DI ALOÈ (19,39-40)<br />
19.39 h)=lqen de\ kai\ Niko/dhmoj, o( e)lqw\n pro\j au)to\n nukto\j to\ prw=ton,<br />
fe/rwn mi/gma smu/rnhj kai\ a)lo/hj w(j li/traj e(kato/n.<br />
19.40 e)/labon ou)=n to\ sw=ma tou= )Ihsou=<br />
kai\ e)/dhsan au)to\ o)qoni/oij meta\ tw=n a)rwma/twn,<br />
kaqw\j e)/qoj e)sti\n toi=j )Ioudai/oij e)ntafia/zein.<br />
19,39 Venne poi anche Nicodemo, che prima era–andato da lui <strong>di</strong>–notte,<br />
portando (una) mistura <strong>di</strong>–mirra e <strong>di</strong>–<strong>al</strong>oè, quasi cento libbre.<br />
19,40 Accolsero dunque il corpo <strong>di</strong> Gesù<br />
e lo legarono in–lenzuoli con gli aromi,<br />
come è usanza per–i Giudei (<strong>di</strong>) seppellire.<br />
«Venne... anche Nicodemo, che... era andato da lui <strong>di</strong> notte»: in 7,50 questo <strong>di</strong>scepolo<br />
venne ricordato come visitatore <strong>di</strong> Gesù, ma senza la precisazione, come avviene qui, che<br />
era andato da lui <strong>di</strong> notte. Infatti, in 7,50 Nicodemo appariva come coraggioso <strong>di</strong>fensore <strong>di</strong><br />
Cristo. Ora invece la notte <strong>di</strong> Nicodemo è ricominciata.<br />
«Portando... mirra e... <strong>al</strong>oè»: il suo è un gesto <strong>di</strong> amicizia, ma anche e soprattutto un<br />
segno <strong>di</strong> lutto. Questo unguento, molto abbondante, non rappresenta più il profumo <strong>di</strong> vita<br />
offerto da Maria per annunciare la risurrezione, ma è l’occorrente per compiere il rito<br />
funebre tipico degli ebrei.<br />
«Accolsero dunque il corpo <strong>di</strong> Gesù»: accolgono dunque la redenzione del mondo (ve<strong>di</strong><br />
Gregorio Nazianzeno, <strong>di</strong>sc. 45). Possiamo vedere in questo prendere il corpo anche un<br />
senso velatamente eucaristico (Mt 26,26).<br />
326
«Lo legarono in lenzuoli con gli aromi...»: nell'ottica dell'Evangelista questi lenzuoli e<br />
questi profumi, che in <strong>al</strong>tra occasione potrebbero essere nuzi<strong>al</strong>i e reg<strong>al</strong>i (cfr. S<strong>al</strong> 45,9: Le tue<br />
vesti sono tutte mirra, <strong>al</strong>oè...; cfr. anche Ct 4,14), sono funebri e imprigionano la vita (lo<br />
legarono).<br />
3. DEPOSERO GESÙ IN UN SEPOLCRO NUOVO (19,41-42)<br />
19.41 h)=n de\ e)n t%= to/p% o(/pou e)staurw/qh kh=poj,<br />
kai\ e)n t%= kh/p% mnhmei=on kaino\n<br />
e)n %(= ou)de/pw ou)dei\j h)=n teqeime/noj:<br />
19.42 e)kei= ou)=n <strong>di</strong>a\ th\n paraskeuh\n tw=n )Ioudai/wn,<br />
o(/ti e)ggu\j h)=n to\ mnhmei=on, e)/qhkan to\n )Ihsou=n.<br />
19,41 V'era, poi, nel luogo dove fu–crocifisso, (un) giar<strong>di</strong>no<br />
e nel giar<strong>di</strong>no (un) sepolcro nuovo,<br />
nel qu<strong>al</strong>e nessuno ancora era stato–posto.<br />
19,42 Là dunque a–motivo <strong>della</strong> Parasceve dei Giudei,<br />
perché vicino era il sepolcro, deposero Gesù.<br />
«V'era... un giar<strong>di</strong>no e... un sepolcro nuovo»: il dramma <strong>della</strong> Passione si conclude, così<br />
come è iniziato, in un giar<strong>di</strong>no. In esso il chicco <strong>di</strong> grano, sepolto, produce molto frutto<br />
(l'Albero <strong>della</strong> vita). Il sepolcro è nuovo perché in esso si compirà la NOVITÀ più grande:<br />
la gloriosa risurrezione del Signore.<br />
«Là... a motivo <strong>della</strong> Parasceve dei Giudei... deposero Gesù»: ancora una volta le<br />
esigenze dei Giudei con<strong>di</strong>zionano gli avvenimenti, che però acquistano un v<strong>al</strong>ore<br />
provvidenzi<strong>al</strong>e: i <strong>di</strong>scepoli sono obbligati a deporre il Signore in un giar<strong>di</strong>no. Il giar<strong>di</strong>no è il<br />
luogo <strong>della</strong> vita e dell'amore (cfr. il Cantico) ed è l'opposto del Golgota, il luogo <strong>della</strong><br />
morte. L'Evangelista infatti non <strong>di</strong>ce: «deposero il corpo», ma «deposero Gesù», perché sa<br />
che egli si è solo addormentato (cfr. 11,11) e che il terzo giorno, proprio lui in persona,<br />
risorgerà.<br />
CONCLUSIONE<br />
Ecco come ci fa pregare la liturgia <strong>della</strong> II domenica <strong>di</strong> Pasqua:<br />
Dio <strong>di</strong> eterna misericor<strong>di</strong>a, che nella ricorrenza pasqu<strong>al</strong>e ravvivi la fede del tuo popolo,<br />
accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti compren<strong>di</strong>amo l'inestimabile ricchezza<br />
del battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del sangue che ci ha<br />
redenti. Per Cristo nostro Signore. Amen.<br />
Tra le tante cose che potremmo <strong>di</strong>re, scegliamo <strong>di</strong> fare una sola affermazione: il<br />
Crocifisso, con il cuore aperto <strong>al</strong>l'umanità, è l'ICONA più inquietante e promettente<br />
dell'infinito amore <strong>di</strong> Dio, che siamo chiamati a contemplare. Essa è la scuola inesauribile<br />
<strong>della</strong> carità, centro <strong>di</strong> attrazione, fonte <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e possiamo <strong>di</strong>ssetarci. Egli è lì,<br />
davanti a noi: non ci vuol nemmeno far capire che, se lui ci ha dato tanto, noi dobbiamo<br />
dargli <strong>al</strong>meno qu<strong>al</strong>cosa. Lui dona e basta: non ci chiede neppure <strong>di</strong> accogliere i suoi doni. È<br />
lì e nulla <strong>di</strong> più. Semplicemente, fissiamo lo sguardo su <strong>di</strong> lui, che è trafitto d<strong>al</strong>l'amore per<br />
noi...<br />
Proposta: da soli o in gruppo si potrebbe preparare una Via Passionis, <strong>di</strong>videndo il<br />
racconto in un numero adatto <strong>di</strong> momenti e cercando <strong>di</strong> far emergere in essi delle tematiche<br />
interessanti. Facciamo <strong>al</strong>cuni esempi <strong>di</strong> tematiche possibili:<br />
Cristo, verità dell'uomo<br />
la verità vince la menzogna<br />
essere d<strong>al</strong>la parte dell'uomo<br />
la forza <strong>della</strong> non-violenza<br />
il coraggio <strong>della</strong> testimonianza<br />
327
i segni dell'amore.<br />
Inoltre si potrebbero re<strong>al</strong>izzare dei grafici adatti ad illustrare i vari momenti <strong>della</strong> Via<br />
Passionis.<br />
328
329
ABBIAMO VISTO IL SIGNORE! Unità 32<br />
Le apparizioni <strong>al</strong>la Madd<strong>al</strong>ena e ai <strong>di</strong>scepoli (Gv 20,1-31)<br />
INTRODUZIONE: inizia il meraviglioso tempo <strong>della</strong> Risurrezione (Settimo momento<br />
del secondo Tempo, comprendente due Unità). Il Cristo trionfa e la gioia si fa strada. Si<br />
produce un rib<strong>al</strong>tamento <strong>della</strong> situazione <strong>di</strong> prima: si passa d<strong>al</strong> massimo <strong>della</strong> sofferenza <strong>al</strong><br />
massimo <strong>della</strong> letizia. In ogni episo<strong>di</strong>o esaminato noteremo questo passaggio da un abisso<br />
negativo ad un vertice positivo. Metteremo in rilievo, oltre ai personaggi-tipo, anche le<br />
reazioni contrastanti dei vari protagonisti <strong>di</strong> questo racconto, con il qu<strong>al</strong>e si conclude il<br />
<strong>Vangelo</strong> giovanneo.<br />
Questa Unità, il cui titolo mette in evidenza la contemplazione del Risorto, si compone <strong>di</strong><br />
tre parti:<br />
I - L'incontro con la Madd<strong>al</strong>ena, che <strong>di</strong>mostra i sentimenti tipici <strong>della</strong> sposa.<br />
II - L'apparizione del Risorto ai <strong>di</strong>scepoli ed il loro invio come apostoli.<br />
III - L'esperienza <strong>di</strong> Tommaso, che giunge <strong>al</strong>la piena professione <strong>di</strong> fede.<br />
- I - L'INCONTRO SPONSALE<br />
Personaggio Tipo: la Madd<strong>al</strong>ena<br />
D<strong>al</strong> massimo del desiderio <strong>al</strong> massimo del possesso (l'abbraccio)<br />
1. MARIA MADDALENA VA AL SEPOLCRO (20,1)<br />
20.1 Tv= de\ mi#= tw=n sabba/twn<br />
Mari/a h( Magd<strong>al</strong>hnh\ e)/rxetai prwi\ skoti/aj e)/ti ou)/shj ei)j to\ mnhmei=on<br />
kai\ ble/pei to\n li/qon h)rme/non e)k tou= mnhmei/ou.<br />
20,1 Nel primo (giorno dopo) il Sabato,<br />
Maria Madd<strong>al</strong>ena va <strong>al</strong> sepolcro, <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ba, (mentre) c'era ancora (la) tenebra,<br />
e vede la pietra tolta d<strong>al</strong> sepolcro.<br />
«Nel primo giorno»: inizia la nuova creazione, <strong>della</strong> qu<strong>al</strong>e il Cristo risorto è modello e<br />
artefice. Sulla scena, per prima e da sola, appare Madd<strong>al</strong>ena, la nuova Eva, mentre Gesù, il<br />
nuovo Adamo, sta per manifestarsi come il Vivente, datore <strong>di</strong> vita (1 Cor 15,45). Ella in<br />
re<strong>al</strong>tà non è sola, ma come riferiscono gli <strong>al</strong>tri Evangelisti, si trova in compagnia <strong>di</strong> <strong>al</strong>tre<br />
donne. <strong>Giovanni</strong> però parla solo <strong>di</strong> lei, poiché secondo il suo solito punta l'attenzione su un<br />
solo personaggio-tipo. Questo fatto può voler significare che, in fondo, <strong>di</strong> fronte a Cristo, e<br />
in modo speci<strong>al</strong>e <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la sua Risurrezione, ognuno <strong>di</strong> noi è solo, con le sue <strong>di</strong>fficoltà<br />
particolari, con le sue responsabilità person<strong>al</strong>i e con le sue reazioni uniche. D’<strong>al</strong>tra parte<br />
Maria Maddelena, come capiremo meglio in seguito, rappresenta la sposa <strong>di</strong> Cristo, che<br />
inizia una ricerca appassionata e drammatica del suo Signore, e <strong>di</strong> sposa ce n’è una sola.<br />
Data l’intensità <strong>della</strong> sua esperienza, era dunque più che mai opportuno che <strong>Giovanni</strong><br />
parlasse solo <strong>di</strong> lei, presentandola tacitamente come modello bellissimo ed esempio<br />
straor<strong>di</strong>nario per ogni anima innamorata.<br />
«Maria Madd<strong>al</strong>ena…»: questa è la seconda volta che l'Evangelista nomina questa donna:<br />
prima ai pie<strong>di</strong> <strong>della</strong> croce, adesso <strong>al</strong> sepolcro. Maria Madd<strong>al</strong>ena vive con grande intensità la<br />
ricerca del suo Signore. Questo fatto ci induce a pensare che ella non sia agli inizi, ma abbia<br />
già vissuto una lunga e profonda relazione con Gesù (forse è proprio lei quell'adultera<br />
anonima che Gesù ha s<strong>al</strong>vato o Maria <strong>di</strong> Betania, famosa per i gesti che ne svelano l’indole<br />
mistica, oppure la peccatrice <strong>di</strong> cui Luca ci parla in 7,36 ss.). Troveremmo strano che la<br />
Madd<strong>al</strong>ena, personaggio così importante, spuntasse <strong>al</strong>l’improvviso solo nei racconti <strong>della</strong><br />
Pasqua. Tutti gli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli famosi sono presenti ed attivi fin dagli inizi: Pietro,<br />
Tommaso, Nicodemo… Luca stesso parla esplicitamente <strong>di</strong> lei già a partire d<strong>al</strong> suo cap. 8,<br />
330
elencandola come la prima <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong> <strong>di</strong>scepole itineranti (Lc 8,2). Stiamo recuperando<br />
un’antica tra<strong>di</strong>zione, ormai abbandonata dai moderni esegeti. T<strong>al</strong>e tra<strong>di</strong>zione appartiene ad<br />
un tempo nel qu<strong>al</strong>e l’esegesi era tecnicamente meno evoluta, ma misticamente più vivace<br />
(ne fa fede un fervoroso libretto intitolato: L’amore <strong>di</strong> Madd<strong>al</strong>ena, <strong>di</strong> un autore francese<br />
anonimo del XVII secolo). Ci sembra pertanto suggestivo pensare che la Madd<strong>al</strong>ena non sia<br />
in re<strong>al</strong>tà un personaggio nuovo, ma che sia la stessa Maria <strong>di</strong> Betania, qui fin<strong>al</strong>mente<br />
chiamata con i suoi due nomi, che la identificano in modo inequivocabile. Ormai ella può<br />
uscire <strong>al</strong>lo scoperto: la sua presenza sotto la croce <strong>di</strong> Cristo e il suo incontro con il Risorto<br />
hanno spazzato via un passato negativo e l'hanno pienamente riabilitata. Non possiamo dare<br />
nulla per certo, anche se ci sono a favore <strong>della</strong> nostra ipotesi molti <strong>al</strong>tri motivi, ma adesso<br />
non è il momento <strong>di</strong> elencarli. Diciamo solo che il considerare le quattro donne citate in<br />
questo paragrafo come una sola persona ci permette <strong>di</strong> attribuire a Maria Madd<strong>al</strong>ena una<br />
serie <strong>di</strong> fatti che, appunto perché messi insieme, ci offrono un quadro molto completo e<br />
toccante dell’esperienza femminile <strong>di</strong> fede, a partire d<strong>al</strong>la conversione fino a raggiungere i<br />
più <strong>al</strong>ti traguar<strong>di</strong> <strong>della</strong> vita mistica.<br />
«Va <strong>al</strong> sepolcro (mneméion»: il luogo sul qu<strong>al</strong>e si concentra l’attenzione <strong>di</strong> Maria (e<br />
quella del nostro agiografo) è il sepolcro (nominato ben 8 volte), il monumento, lo<br />
mneméion, termine che contiene l’idea <strong>di</strong> ricordo. La Madd<strong>al</strong>ena non sa ancora che<br />
ricordare Cristo vuol <strong>di</strong>re sperimentarne la presenza viva. Infatti il suo sepolcro è vuoto,<br />
cioè non contiene un morto, ma è la culla <strong>di</strong> un vivente straor<strong>di</strong>nario. Il chicco <strong>di</strong> grano ha<br />
prodotto il suo frutto e si è proiettato fuori <strong>della</strong> sua tomba.<br />
«All’<strong>al</strong>ba, mentre c'era ancora la tenebra»: la ricerca messa in atto da Madd<strong>al</strong>ena è fatta<br />
nel buio non solo esteriore, ma anche in quello interiore. Tuttavia, come durante l’<strong>al</strong>ba, a<br />
livello cosmico, ci sono già i primi tenui segn<strong>al</strong>i del nuovo giorno, così a livello spiritu<strong>al</strong>e vi<br />
è in Maria un barlume <strong>di</strong> speranza. Il levarsi <strong>di</strong> buon mattino in<strong>di</strong>ca l’ansia e il desiderio<br />
dell’incontro. Il Signore fa sempre sì che il cammino che porta a lui sia impegnativo e<br />
misterioso, ma abbia sempre anche qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> affascinante e <strong>di</strong> promettente. Infatti,<br />
appartiene <strong>al</strong> suo stile pedagogico accendere in noi un grande desiderio <strong>di</strong> lui e non farsi<br />
trovare subito per darci l’occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare più perseveranti e creativi nella sua ricerca.<br />
«Vede (blépo) la pietra tolta»: il Cristo lascia spesso che la ricerca <strong>di</strong> lui si concluda nel<br />
modo più sconcertante. Maria ha come meta un sepolcro, nel qu<strong>al</strong>e dovrebbe giacere il<br />
Maestro. Invece si trova <strong>di</strong> fronte ad una tomba vuota, senza sigilli, apparentemente violata.<br />
Se avesse trovato il corpo, questo fatto, anche se doloroso, sarebbe stato pur sempre un dato<br />
certo. Invece quello che ora vede non fa che aumentare la sua incertezza e il suo<br />
<strong>di</strong>sorientamento. Ella non si ricorda <strong>della</strong> pietra tolta (11,39) d<strong>al</strong>la tomba <strong>di</strong> Lazzaro (d<strong>al</strong><br />
suo mneméion). Se avesse pensato, aiutata d<strong>al</strong>la ment<strong>al</strong>ità simbolica, che i due fatti erano da<br />
collegare, avrebbe capito che la pietra tolta era un segno, non irrilevante, che anche Gesù<br />
era risorto.<br />
2. MARIA CORRE E VA DA SIMON PIETRO (20,2)<br />
20.2 tre/xei ou)=n kai\ e)/rxetai pro\j Si/mwna Pe/tron<br />
kai\ pro\j to\n a)/llon maqhth\n o(\n e)fi/lei o( )Ihsou=j kai\ le/gei au)toi=j,<br />
)=Hran to\n ku/rion e)k tou= mnhmei/ou, kai\ ou)k oi)/damen pou= e)/qhkan au)to/n.<br />
20,2 Corre dunque e va da Simon Pietro<br />
e d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo, che Gesù amava (come amico), e <strong>di</strong>ce loro:<br />
«Hanno–tolto il Signore d<strong>al</strong> sepolcro e non sappiamo dove l'hanno–posto!».<br />
«Corre dunque e va...»: tanta è la sua angoscia che corre per non perdere nemmeno un<br />
attimo <strong>di</strong> tempo. La fretta e l'agitazione contrassegnano i primi momenti <strong>della</strong> scoperta:<br />
in<strong>di</strong>cano la grandezza dell'amore e insieme la grandezza del dolore.<br />
«Va da Simon Pietro e d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo...»: non a caso sceglie <strong>di</strong> avvisare questi due<br />
apostoli che nel quarto <strong>Vangelo</strong> hanno un ruolo particolare. Il secondo è probabilmente<br />
331
<strong>Giovanni</strong>, in<strong>di</strong>cato come amico <strong>di</strong> Gesù, quello che non aveva temuto <strong>di</strong> farsi riconoscere<br />
come <strong>di</strong>scepolo nella casa del sommo sacerdote (18,15). Il fatto che Simone e <strong>Giovanni</strong> non<br />
si trovino con gli <strong>al</strong>tri apostoli in<strong>di</strong>ca che il loro gruppo si è <strong>di</strong>sperso.<br />
«Hanno tolto il Signore...»: questa è l’interpretazione che Maria dà <strong>al</strong>l'evento. Non<br />
immagina <strong>al</strong>tre soluzioni. Ma, come a Cana, anche in questo caso, Gesù ha messo in atto<br />
una soluzione innovativa. Ad ogni modo per lei Gesù continua ad essere il Signore.<br />
«Non sappiamo dove l'hanno posto»: il plur<strong>al</strong>e fa intravedere che le donne era molte,<br />
tutte accomunate d<strong>al</strong> non sapere dove..., il che rende ancor più dolorosa la morte e la<br />
scomparsa del Cristo.<br />
3. USCIRONO PIETRO E L'ALTRO DISCEPOLO (20,3-7)<br />
20.3 )Ech=lqen ou)=n o( Pe/troj kai\ o( a) /lloj maqhth/j, kai\ h)/rxonto ei)j to\ mnhmei=on.<br />
20.4 e)/trexon de\ oi( du/o o(mou=:<br />
kai\ o( a)/lloj maqhth\j proe/dramen ta/xion tou= Pe/trou<br />
kai\ h)=lqen prw=toj ei)j to\ mnhmei=on,<br />
20.5 kai\ paraku/yaj ble/pei kei/mena ta\ o)qo/nia, ou) me/ntoi ei)sh=lqen.<br />
20.6 e)/rxetai ou)=n kai\ Si/mwn Pe/troj a)kolouqw=n au)t%=<br />
kai\ ei)sh=lqen ei)j to\ mnhmei=on, kai\ qewrei= ta\ o)qo/nia kei/mena,<br />
20.7 kai\ to\ souda/rion, o(\ h)=n e)pi\ th=j kef<strong>al</strong>h=j au)tou=, ou) meta\ tw=n o)qoni/wn kei/menon<br />
a)lla\ xwri\j e)ntetuligme/non ei)j e(/na to/pon.<br />
20,3 Uscì dunque Pietro e l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo e andavano <strong>al</strong> sepolcro.<br />
20,4 Correvano dunque i due insieme<br />
e l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo corse–prima più–velocemente <strong>di</strong> Pietro<br />
e arrivò (per) primo <strong>al</strong> sepolcro.<br />
20,5 e chinatosi vede giacenti le bende, però non entrò.<br />
20,6 Viene dunque anche Simon Pietro (che) lo seguiva<br />
ed entrò nel sepolcro e vede le bende giacenti<br />
20,7 e il sudario che era sul suo capo, non giacente con le bende,<br />
ma a–parte, piegato in un–sol luogo.<br />
«Uscì... Pietro e l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo... correvano...»: escono d<strong>al</strong> loro rifugio, sfidando ogni<br />
pericolo ed il buio <strong>della</strong> notte, ed iniziano una corsa contro il tempo. Anch’essi hanno fretta<br />
e sono mossi da una grande ansia.<br />
«L'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo corse prima più velocemente... e arrivò per primo...»: chi ama <strong>di</strong> più,<br />
si muove più in fretta, anche fisicamente, verso il Signore.<br />
«Vede (blépo)...le bende... però non entrò»: forse <strong>Giovanni</strong> non entra per primo per<br />
lasciare la precedenza a Pietro, che in seno ai Do<strong>di</strong>ci aveva un certo primato. Il Cristo ha<br />
lasciato a terra le bende, con cui era stato legato, per in<strong>di</strong>care che era risorto. Avrebbero<br />
dovuto capire che colui, che aveva fatto sciogliere Lazzaro d<strong>al</strong>le fasce, si era liberato dai<br />
legami <strong>della</strong> morte.<br />
«Simon Pietro...entrò... e vede (theoréo) le bende...»: Pietro si trova <strong>di</strong> fronte ai segni<br />
lasciati d<strong>al</strong> Risorto. Egli ora li esamina da vicino e nota pure un certo or<strong>di</strong>ne nelle bende e<br />
nel sudario, in<strong>di</strong>ce che non c'è stata manomissione. Ma non comprende.<br />
«E il sudario che era sul suo capo, non giacente con le bende, ma a parte...»: anche<br />
Lazzaro era stato liberato d<strong>al</strong> sudario che gli copriva il volto (11,44). L’Evangelista sta<br />
descrivendo minuziosamente i fatti per stimolare ciascuno <strong>di</strong> noi ad eleborare i vari dati che<br />
egli ci fornisce, affinché ci convinciamo che il Signore ha vinto definitivamente la morte.<br />
4. L’ALTRO DISCEPOLO VIDE E CREDETTE (20,8-10)<br />
20.8 to/te ou)=n ei)sh=lqen kai\ o( a) /lloj maqhth\j<br />
o( e)lqw\n prw=toj ei)j to\ mnhmei=on kai\ ei)=den kai\ e)pi/steusen:<br />
20.9 ou)de/pw ga\r v)/deisan th\n grafh\n<br />
o(/ti dei= au)to\n e)k nekrw=n a)nasth=nai.<br />
332
20.10 a)ph=lqon ou)=n pa/lin pro\j au)tou\j oi( maqhtai/.<br />
20,8 Allora dunque entrò anche l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo,<br />
che era–giunto (per) primo <strong>al</strong> sepolcro, e vide e credette.<br />
20,9 Non–ancora infatti capivano la Scrittura<br />
che egli doveva risorgere dai morti.<br />
20,10 I <strong>di</strong>scepoli tornarono dunque <strong>di</strong>–nuovo presso se–stessi.<br />
«Entrò anche l'<strong>al</strong>tro <strong>di</strong>scepolo... vide (’êidon supplente <strong>di</strong> ‘oráo) e credette»: il<br />
<strong>di</strong>scepolo, quello più perspicace, intuisce che il Cristo non è stato rapito, ma che, libero<br />
d<strong>al</strong>le bende e d<strong>al</strong> sudario, è risuscitato. Non vede il Signore, ma per capire gli bastano i<br />
labili in<strong>di</strong>zi lasciati. Appare qui un primo contrasto tra la fede del <strong>di</strong>scepolo pre<strong>di</strong>letto e<br />
l'incomprensione <strong>di</strong> Pietro. L’Evangelista, per esprimere l’esperienza visiva dei vari<br />
protagonisti usa <strong>di</strong>versi sinonimi: blépo, theoréo,’êidon, che abbiamo tradotto<br />
semplicemente con vedere, senza tener conto delle sfumature: blépo = guardo, osservo;<br />
theoréo = contemplo, ammiro.<br />
«Non... capivano la Scrittura...»: questo commento è riferito a Pietro e a tutti quelli<br />
come lui (cfr. Is 26,19-21; Os 6,2). Ignorare la risurrezione equiv<strong>al</strong>e a ignorare tutta la<br />
Scrittura. Il <strong>di</strong>scepolo amato e amico (<strong>Giovanni</strong>) invece inizia a credere nella risurrezione. È<br />
la vera comprensione <strong>della</strong> Scrittura che porta <strong>al</strong>la fede nel Risorto e viceversa.<br />
«I <strong>di</strong>scepoli tornarono... presso se stessi»: cioè, ritornano <strong>al</strong> punto <strong>di</strong> partenza, nel senso<br />
metaforico che, <strong>al</strong>meno Pietro, ne sa quanto prima, anzi ora ha le idee più confuse <strong>di</strong> prima.<br />
Notiamo qui un contrasto tra la ricerca frettolosa dei due e quella insistente <strong>di</strong> Maria. Non ci<br />
risulta che <strong>Giovanni</strong>, da parte sua, abbia comunicato la sua convinzione a Pietro (cfr. invece<br />
21,7). D’<strong>al</strong>tra parte, questo è comprensibile: certe convinzioni affondano le ra<strong>di</strong>ci nelle<br />
segrete ragioni del cuore e non sono facilmente comunicabili. Ognuno <strong>di</strong> noi è unico e<br />
reagisce in modo del tutto speci<strong>al</strong>e agli eventi s<strong>al</strong>vifici. Luca si limita ad accennare<br />
brevemente a questo episo<strong>di</strong>o: così facendo, però, ne conferma la storicità (Lc 24,24).<br />
Gv 2,22 Quando dunque fu risuscitato dai morti i suoi <strong>di</strong>scepoli si ricordarono che<br />
aveva detto questo e credettero <strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>la parola che Gesù <strong>di</strong>sse.<br />
5. MARIA VEDE DUE ANGELI (20,11-13)<br />
20.11 Mari/a de\ ei(sth/kei pro\j t%= mnhmei/% e)/cw klai/ousa.<br />
w(j ou)=n e)/klaien, pare/kuyen ei)j to\ mnhmei=on<br />
20.12 kai\ qewrei= du/o a)gge/louj e)n leukoi=j kaqezome/nouj,<br />
e(/na pro\j tv= kef<strong>al</strong>v= kai\ e(/na pro\j toi=j posi/n, o(/pou e)/keito to\ sw=ma tou= )Ihsou=.<br />
20.13 kai\ le/gousin au)tv= e)kei=noi, Gu/nai, ti/ klai/eij;<br />
le/gei au)toi=j o(/ti )=Hran to\n ku/rio/n mou, kai\ ou)k oi)=da pou= e)/qhkan au)to/n.<br />
20,11 Maria, invece, stava fuori presso il sepolcro (e) piangeva.<br />
Mentre dunque piangeva, si–chinò verso il sepolcro<br />
20,12 e vede due angeli in bianche (vesti), seduti,<br />
uno presso il capo e uno presso i pie<strong>di</strong>, dove giaceva il corpo <strong>di</strong> Gesù.<br />
20,13 E le <strong>di</strong>cono quelli: «Donna, perché piangi?».<br />
Dice loro: «Hanno–tolto il mio Signore e non so dove l'hanno–posto!».<br />
«Maria... stava fuori... e piangeva»: Maria non si arrende. Rimane in attesa... Sa<br />
aspettare, perché ama veramente. Piange: lacrima e singhiozza afflitta.<br />
«Vede due angeli in bianche vesti, seduti…»: d<strong>al</strong> momento che ella non li ha riconosciuti<br />
come angeli, possiamo pensare che avessero un aspetto norm<strong>al</strong>e. Matteo e Luca invece li<br />
descrivono avvolti da un vestito sfolgorante. <strong>Giovanni</strong> parla solo <strong>di</strong> bianche vesti (il suo<br />
racconto d’<strong>al</strong>tra parte si <strong>di</strong>scosta abbastanza da quello dei Sinottici, per i qu<strong>al</strong>i sono gli<br />
angeli stessi che dànno il primo annuncio <strong>della</strong> risurrezione, risolvendo così subito ogni<br />
problema). <strong>Giovanni</strong> preferisce svelarci qu<strong>al</strong>e cammino interiore hanno fatto le persone per<br />
333
arrivare <strong>al</strong>la fede nel Risorto e <strong>al</strong>l’incontro con lui. Ad ogni modo ricor<strong>di</strong>amo che il bianco<br />
è, nella simbologia biblica, il colore <strong>della</strong> gioia e <strong>della</strong> vita e che lo star seduti in<strong>di</strong>ca<br />
l’atteggiamento tipico <strong>di</strong> chi ha il potere e <strong>di</strong> chi è vittorioso.<br />
«Uno presso il capo e uno presso i pie<strong>di</strong>...»: non occupano il posto dove Gesù era<br />
<strong>di</strong>steso, ma rispettosamente lo delimitano, lasciandolo vuoto. La loro presenza <strong>di</strong> celesti<br />
custo<strong>di</strong>, oltre ad in<strong>di</strong>care con precisione il posto dov’era il Signore, fa capire che quella è<br />
ormai un’area sacra e speci<strong>al</strong>e nella qu<strong>al</strong>e la vita ha preso tutto il posto occupato d<strong>al</strong>la<br />
morte. Maria però non se n’è ancora accorta.<br />
«Donna, perché piangi?»: gli angeli la chiamano Donna, lo stesso termine usato da Gesù<br />
crocifisso nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> sua madre. D<strong>al</strong> momento poi che è norm<strong>al</strong>e che una persona<br />
pianga presso un sepolcro, la domanda è t<strong>al</strong>mente inutile e inopportuna che dovrebbe far<br />
capire a quella Donna (sposa) che è avvenuto qu<strong>al</strong>cosa per cui adesso non è giusto<br />
piangere... (ricor<strong>di</strong>amoci anche del pianto <strong>di</strong> Maria presso la tomba <strong>di</strong> Lazzaro, che sta per<br />
essere rianimato).<br />
«Hanno tolto il mio Signore e non so dove…»: nella sua risposta, Maria invoca<br />
in<strong>di</strong>rettamente un aiuto per ritrovare colui che cerca, per capire che cosa sia accaduto. Il<br />
motivo del pianto non sta solo nella morte del Cristo, ma anche nel fatto che, secondo lei,<br />
qu<strong>al</strong>cuno abbia trafugato il suo corpo. Ella ripete quanto ha detto a Pietro e <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro<br />
<strong>di</strong>scepolo, ma stavolta sembra essere sola (non so… <strong>al</strong> singolare) e chiama<br />
confidenzi<strong>al</strong>mente Gesù il mio Signore (così come le donne <strong>di</strong> <strong>al</strong>lora usavano chiamare il<br />
proprio sposo).<br />
6. VEDE GESÙ, CHE LA CHIAMA PER NOME (20,14-16)<br />
20.14 tau=ta ei)pou=sa e)stra/fh ei)j ta\ o)pi/sw, kai\ qewrei= to\n )Ihsou=n e(stw=ta,<br />
kai\ ou)k v)/dei o(/ti )Ihsou=j e)stin.<br />
20.15 le/gei au)tv= )Ihsou=j, Gu/nai, ti/ klai/eij; ti/na zhtei=j;<br />
e)kei/nh dokou=sa o(/ti o( khpouro/j e)stin le/gei au)t%=,<br />
Ku/rie, ei) su\ e)ba/stasaj au)to/n,<br />
ei)pe/ moi pou= e)/qhkaj au)to/n, ka)gw\ au)to\n a)rw=.<br />
20.16 le/gei au)tv= )Ihsou=j, Maria/m.<br />
strafei=sa e)kei/nh le/gei au)t%= (Ebraisti/, Rabbouni o(\ le/getai Dida/sk<strong>al</strong>e.<br />
20,14 Dette queste (cose), si–voltò in<strong>di</strong>etro e vede Gesù che–stava (in pie<strong>di</strong>)<br />
e non sapeva che era Gesù.<br />
20,15 Le <strong>di</strong>ce Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?».<br />
Ella, pensando che fosse il giar<strong>di</strong>niere, gli <strong>di</strong>ce:<br />
«Signore, se tu lo hai–portato (via),<br />
<strong>di</strong>–mmi dove lo hai–posto e–io lo prenderò!».<br />
20,16 Le <strong>di</strong>ce Gesù: «Maria!».<br />
Ella, voltatasi, gli <strong>di</strong>ce in–ebraico: «Rabbunì!» che significa «Maestro!».<br />
«Si voltò in<strong>di</strong>etro»: è necessaria una conversione per incontrare il vivente. Non è verso<br />
un sepolcro, ma nella <strong>di</strong>rezione opposta che bisogna guardare.<br />
«Vede Gesù... e non sapeva...»: Gesù era sempre stato presente in questa ricerca: vivo nel<br />
cuore <strong>della</strong> Madd<strong>al</strong>ena, nella figura degli angeli. Ora è presente in quell'uomo che la<br />
interroga. Ma la Madd<strong>al</strong>ena è ancora incapace <strong>di</strong> riconoscerlo. Forse lo vedeva solo <strong>di</strong><br />
schiena e non troppo da vicino.<br />
«Donna, perché piangi?»: a questa <strong>di</strong>scepola il Signore stesso dà il titolo <strong>di</strong> Donna:<br />
Gesù la vede infatti nella sua <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> sposa mistica, che ha celebrato il suo matrimonio<br />
con l’Agnello <strong>di</strong> Dio (Apc 19,7).<br />
«Chi cerchi?»: il Signore, anche se sa che la sposa lo sta cercando appassionatamente,<br />
ama sentirsi <strong>di</strong>re da lei che è lui l'oggetto del suo più vivo desiderio.<br />
334
«Pensando che fosse il giar<strong>di</strong>niere, gli <strong>di</strong>ce: Signore...»: d<strong>al</strong> fatto che la donna pensi ad<br />
un giar<strong>di</strong>niere, compren<strong>di</strong>amo che il luogo doveva essere particolarmente ricco <strong>di</strong><br />
vegetazione e ben curato (un piccolo para<strong>di</strong>so).<br />
«Se tu lo hai portato via, <strong>di</strong>mmi dove... e io lo prenderò»: Gesù sta aspettando che il<br />
desiderio <strong>della</strong> donna arrivi <strong>al</strong> massimo dell'intensità. E Maria <strong>di</strong>mostra che l’amore la sta<br />
sconvolgendo d<strong>al</strong> fatto che <strong>di</strong>ce delle cose insensate: arriva a chiedere ad uno sconosciuto<br />
un’autodenuncia e pensa <strong>di</strong> essere capace da sola <strong>di</strong> riprendersi il corpo <strong>di</strong> Gesù.<br />
«Le <strong>di</strong>ce Gesù: Maria!»: egli si rivela <strong>di</strong>cendo una sola parola, pronunciando un nome.<br />
Tra le tante cose che poteva <strong>di</strong>re sceglie <strong>di</strong> pronunciare il nome <strong>della</strong> donna, lasciando da<br />
parte il secondo nome: Madd<strong>al</strong>ena. Non parla <strong>di</strong> sé, non <strong>di</strong>ce Io sono risorto. Parla <strong>al</strong> cuore<br />
<strong>di</strong> lei, le fa capire <strong>di</strong> conoscerla, <strong>di</strong> amarla e <strong>di</strong> volersi confidare con lei.<br />
«Ella, voltatasi…»: da come si esprime l’Evangelista, ci sembra <strong>di</strong> capire che Maria<br />
parlasse a quell’uomo, forse intravvisto per un attimo <strong>di</strong> schiena, tenendo la faccia rivolta<br />
verso l’ingresso del sepolcro. Non si era interessata molto agli angeli e non aveva indagato<br />
più <strong>di</strong> tanto sul presunto giar<strong>di</strong>niere. La sua attenzione era polarizzata d<strong>al</strong> sepolcro vuoto.<br />
Adesso però la donna cambia ra<strong>di</strong>c<strong>al</strong>mente <strong>di</strong>rezione, perché in lei tutto è cambiato.<br />
«Gli <strong>di</strong>ce in ebraico: Rabbunì! che significa Maestro!»: <strong>Giovanni</strong> riporta il termine<br />
origin<strong>al</strong>e ebraico per riferire l’episo<strong>di</strong>o con la massima precisione. Anche Maria pronuncia<br />
una sola parola: non chiama Gesù per nome, ma per quello che è per lei (il suo Maestro).<br />
Come la sposa del Cantico (Ct 5,2) e come il Battista (3,29), ella riconosce lo sposo d<strong>al</strong>la<br />
voce; chissà quanta vibrazione e dolcezza c’era nella parola Maria, e quanto entusiasmo e<br />
gioia nella risposta: Rabbunì. Se la donna non lo chiama Gesù, bensì Maestro, questo<br />
avviene perché si può essere spose del Signore solo nella misura in cui si è capaci <strong>di</strong> essere<br />
<strong>di</strong>scepoli pronti ad accogliere le sue parole.<br />
Ct 3,4 Trovai l’amato del mio cuore. Lo strinsi fortemente e non lo lascerò…<br />
7. VA AD ANNUNCIARE: HO VISTO IL SIGNORE! (20,17-18)<br />
20.17 le/gei au)tv= )Ihsou=j,<br />
Mh/ mou a(/ptou, ou)/pw ga\r a)nabe/bhka pro\j to\n pate/ra:<br />
poreu/ou de\ pro\j tou\j a)delfou/j mou kai\ ei)pe\ au)toi=j,<br />
)Anabai/nw pro\j to\n pate/ra mou kai\ pate/ra u(mw=n kai\ qeo/n mou kai\ qeo\n u(mw=n.<br />
20.18 e)/rxetai Maria\m h( Magd<strong>al</strong>hnh\ a)gge/llousa toi=j maqhtai=j o(/ti<br />
(Ew/raka to\n ku/rion, kai\ tau=ta ei)=pen au)tv=.<br />
20,17 Le <strong>di</strong>ce Gesù:<br />
«Non mi trattenere, infatti ancora–non sono–s<strong>al</strong>ito presso il Padre.<br />
Récati invece dai miei fratelli e dì loro:<br />
S<strong>al</strong>go presso il Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro!».<br />
20,18 Maria Madd<strong>al</strong>ena va (ad) annunciare ai <strong>di</strong>scepoli:<br />
«Ho–visto il Signore!» e queste (cose che) le aveva–detto.<br />
«Non mi trattenere...»: se Gesù <strong>di</strong>ce questo è perché la donna lo sta abbracciando e gli<br />
sta dando chiari segn<strong>al</strong>i che non lo vuole più lasciare (Ct 3,4). Dopo così sofferta ricerca<br />
non se lo vuole certo far sfuggire. Eppure Gesù deve s<strong>al</strong>ire <strong>al</strong> Padre e potrà continuare ad<br />
essere presente tra i suoi solo in un <strong>al</strong>tro modo. Perciò la Madd<strong>al</strong>ena deve capire che se<br />
vuole essere unita a lui, deve andare d<strong>al</strong>la comunità per comunicare l’esperienza fatta; solo<br />
così lo ritroverà e lo potrà sentire vivo e presente in se stessa (cfr. anche Mt 28,9-10).<br />
«Non sono... ancora s<strong>al</strong>ito presso il Padre»: l'ascensione (movimento verso l'<strong>al</strong>to) è<br />
segno <strong>della</strong> glorificazione <strong>di</strong> Cristo presso il Padre e, in <strong>Giovanni</strong>, è anticipata ora, nel<br />
giorno stesso <strong>di</strong> Pasqua (17: s<strong>al</strong>go...).<br />
«Recati... dai miei fratelli e dì loro: S<strong>al</strong>go presso il Padre mio e Padre vostro, Dio mio e<br />
Dio vostro»: notiamo innanzi tutto che Gesù non invia la Madd<strong>al</strong>ena a <strong>di</strong>re: Sono risorto,<br />
ma S<strong>al</strong>go presso il Padre mio… Per Gesù il punto <strong>di</strong> riferimento è sempre e solo il Padre.<br />
335
Notiamo poi con qu<strong>al</strong>e chiarezza il Maestro <strong>di</strong>stingue la paternità <strong>di</strong> Dio nei suoi confronti,<br />
da quella nei nostri confronti (Padre mio e Padre vostro). Egli è Figlio ugu<strong>al</strong>e <strong>al</strong> Padre, noi<br />
siamo veri figli, ma solo in lui. Perciò egli ha con Dio un rapporto, per certi aspetti, <strong>di</strong>verso<br />
d<strong>al</strong> nostro (Dio mio e Dio vostro). Nessuno <strong>di</strong> noi può <strong>di</strong> per sé chiamare Dio Padre mio,<br />
ma solo Padre nostro. Nel <strong>di</strong>re queste cose Gesù parla prima <strong>della</strong> paternità (Padre) e poi<br />
<strong>della</strong> <strong>di</strong>vinità (Dio): nella rivelazione che egli fa, prima viene la persona e poi la natura<br />
<strong>di</strong>vina. Il Signore invita la donna ad andare dagli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli per annunciare la sua<br />
Ascensione presso Dio. È l’unica volta che Gesù, nel IV <strong>Vangelo</strong>, chiama i suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
con il nome <strong>di</strong> miei fratelli (sono infatti figli dello stesso Padre: Ebr 2,11) ed è l’unica volta<br />
che parla <strong>di</strong> Dio come Padre degli uomini (Padre vostro). Per ben 108 volte Gesù parla del<br />
Padre suo e, su queste, 25 volte lo chiama esplicitamente Padre mio, 19 volte lo in<strong>di</strong>ca<br />
come Colui che mi ha inviato. Oltre a questo usa una trentina <strong>di</strong> volte il termine Dio per<br />
in<strong>di</strong>care chiaramente il Padre suo. Nel <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> è decisamente meno forte che<br />
nei Sinottici l'idea <strong>di</strong> Dio come Padre nostro: ad es. in Matteo, sulle 44 volte che si parla<br />
del Padre, l’espressione Padre vostro o tuo o nostro ricorre <strong>al</strong>meno 20 volte. Per <strong>Giovanni</strong><br />
è più importante mettere in evidenza la parternità <strong>di</strong> Dio nei confronti <strong>di</strong> Cristo che nei<br />
nostri, perché il fedele, secondo la sua teologia, non è chiamto tanto ad andare <strong>di</strong>rettamente<br />
<strong>al</strong> Padre, ma piuttosto a Cristo, che lo porterà <strong>al</strong> Padre. Il fedele deve innanzi tutto vivere <strong>di</strong><br />
Cristo, per lui e con lui, come egli vive per il Padre (6,57) e in t<strong>al</strong> modo vivrà poi anche per<br />
il Padre.<br />
«Va ad annunciare ai <strong>di</strong>scepoli: Ho visto il Signore, e queste cose che le aveva detto»: è<br />
una donna la prima a portare il messaggio d<strong>al</strong>l’Ascensione, che natur<strong>al</strong>mente contiene in sé<br />
quello <strong>della</strong> Risurrezione. Lo fa in modo tutto suo, concentrando la sua attenzione non sul<br />
fatto che Gesù è risorto, ma sul fatto person<strong>al</strong>e che lei lo ha visto e lo ha sentito. Sappiamo<br />
dagli <strong>al</strong>tri Evangelisti che l'annuncio <strong>di</strong> t<strong>al</strong>e esperienza parve a tutti un vaneggiamento. Noi<br />
ringraziamo <strong>Giovanni</strong> che, raccontandoci l’incontro <strong>di</strong> Maria con il Maestro, ha sollevato un<br />
velo che nascondeva il segreto <strong>di</strong> santissimo amore nuzi<strong>al</strong>e.<br />
- II - L'INCONTRO MISSIONARIO<br />
Personaggi: gli apostoli<br />
D<strong>al</strong> massimo <strong>della</strong> paura <strong>al</strong> massimo <strong>della</strong> gioia<br />
1. GIOIRONO, VEDENDO IL SIGNORE (20,19-20)<br />
20.19 Ou)/shj ou)=n o)yi/aj tv= h(me/r# e)kei/nv tv= mi#= sabba/twn<br />
kai\ tw=n qurw=n kekleisme/nwn o(/pou h)=san oi( maqhtai\ <strong>di</strong>a\ to\n fo/bon tw=n )Ioudai/wn,<br />
h)=lqen o( )Ihsou=j kai\ e)/sth ei)j to\ me/son kai\ le/gei au)toi=j, Ei)rh/nh u(mi=n.<br />
20.20 kai\ tou=to ei)pw\n e)/deicen ta\j xei=raj kai\ th\n pleura\n au)toi=j.<br />
e)xa/rhsan ou)=n oi( maqhtai\ i)do/ntej to\n ku/rion.<br />
20,19 Essendo dunque (la) sera <strong>di</strong>–quel giorno, il primo (dopo il) sabato,<br />
e (essendo) le porte sprangate, dove erano i <strong>di</strong>scepoli, per la paura dei Giudei,<br />
venne Gesù e stette nel mezzo e <strong>di</strong>ce loro: «Pace a–voi!».<br />
20,20 E, detto questo, mostrò le mani e il fianco a–loro.<br />
Gioirono dunque i <strong>di</strong>scepoli vedendo il Signore.<br />
«Essendo dunque la sera <strong>di</strong> quel giorno...»: ritornano le ombre <strong>della</strong> notte senza che nel<br />
cuore dei <strong>di</strong>scepoli sia entrata la luce. Di quel giorno, così importante, l’Evangelista ci<br />
racconta gli <strong>al</strong>bori, pieni <strong>di</strong> ansia, ed il tramonto, gravido <strong>di</strong> speranza.<br />
«Il primo...»: questo giorno è quello <strong>della</strong> nuova creazione e non può finire senza che la<br />
vita si manifesti.<br />
«Le porte sprangate... per la paura...»: la chiusura materi<strong>al</strong>e è simbolo <strong>di</strong> un cuore<br />
chiuso per l'incapacità <strong>di</strong> adeguarsi <strong>al</strong>le sorprese del Signore, il qu<strong>al</strong>e, da parte sua, aveva<br />
già dato tutti i segni necessari per annunciare la sua vittoria.<br />
336
«Dove erano i <strong>di</strong>scepoli»: i <strong>di</strong>scepoli iniziano a riunirsi, attirati anche d<strong>al</strong>le varie voci<br />
che parlano <strong>di</strong> risurrezione e che nel frattempo si sono rapidamente <strong>di</strong>ffuse.<br />
«Venne Gesù e stette nel mezzo»: Gesù, che il Battista aveva visto venire <strong>al</strong>l’inizio <strong>della</strong><br />
vita pubblica, ora, quando tutto è compiuto e la vittoria è stata ottenuta, viene in mezzo ai<br />
suoi per stare stabilmente con loro come centro spiritu<strong>al</strong>e.<br />
«Dice loro: Pace a voi!»: questo è l'augurio pasqu<strong>al</strong>e del Cristo. La pace è il primo dono<br />
del Risorto ai credenti. Invocando e donando la pace, dona l’insieme <strong>di</strong> tutti i beni<br />
messianici e il bene sommo che racchiude in sé pienezza <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> vita e re<strong>al</strong>izza tutte le<br />
promesse (cfr. 14,27). Notiamo il contrasto tra la paura causata dai Giudei e la pace portata<br />
d<strong>al</strong> Signore con la sua presenza e la sua parola.<br />
«Mostrò le mani e il fianco a loro»: fa vedere i segni <strong>della</strong> sua passione, le piaghe che<br />
in<strong>di</strong>cano il suo amore e che sono indelebili. La sofferenza si è trasformata in gloria e la gioia<br />
d’ora in poi avrà per sempre l'impronta <strong>della</strong> croce. Fa vedere le sue mani, che donano e<br />
bene<strong>di</strong>cono; mostra il suo fianco, la cui apertura è via ad un cuore, resosi ormai accessibile<br />
a tutti.<br />
«Gioirono... vedendo il Signore»: Gesù aveva già preannunciato questa gioia, che è la<br />
più vera e la più grande che ci possa essere (16,22; 14,17-18). Preghiamo affinché <strong>di</strong>venti<br />
sempre più nostra.<br />
2. ANCH'IO MANDO VOI (20,21-23)<br />
20.21 ei)=pen ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j pa/lin, Ei)rh/nh u(mi=n:<br />
kaqw\j a)pe/st<strong>al</strong>ke/n me o( path/r, ka)gw\ pe/mpw u(ma=j.<br />
20.22 kai\ tou=to ei)pw\n e)nefu/shsen kai\ le/gei au)toi=j,<br />
La/bete pneu=ma a(/gion:<br />
20.23 a)/n tinwn a)fh=te ta\j a(marti/aj a)fe/wntai au)toi=j,<br />
a)/n tinwn krath=te kekra/thntai.<br />
20,21 Disse dunque loro Gesù <strong>di</strong>–nuovo: «Pace a–voi!<br />
Come ha–mandato me il Padre, anch'io mando voi!».<br />
20,22 E detto questo, <strong>al</strong>itò e <strong>di</strong>ce loro:<br />
«Ricevete (lo) Spirito <strong>San</strong>to.<br />
20,23 Se a–qu<strong>al</strong>cuno rimetterete i peccati, saranno–rimessi a–loro;<br />
se a–qu<strong>al</strong>cuno (li) impe<strong>di</strong>rete, saranno–impe<strong>di</strong>ti!».<br />
«Pace a voi»: ripete l'augurio per sottolineare l’importanza <strong>della</strong> pace e per far capire che<br />
essa non dura solo un momento, ma per sempre. Si tratta infatti <strong>di</strong> una pace che<br />
continuamente fluisce d<strong>al</strong> Risorto e colma la sua comunità (cfr. Lc 24,36).<br />
«Come ha mandato me il Padre, anch'io mando voi»: Gesù si è sempre sentito e<br />
<strong>di</strong>chiarato essenzi<strong>al</strong>mente come l’inviato del Padre, perché egli è il suo dono <strong>di</strong> amore per<br />
l’umanità. Gesù in precedenza aveva già fatto capire ai Do<strong>di</strong>ci che intendeva inviarli (4,38;<br />
13,16.20; 15,16; 17,18). Ora, con la massima chiarezza e con piena autorità li invia<br />
uffici<strong>al</strong>mente nel mondo. D’ora in poi la loro qu<strong>al</strong>ifica più importante sarà quella <strong>di</strong><br />
apostoli (Lc 6,13), con tutto quello che questo comporta in fatto <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza e umiltà (cfr.<br />
13,16). La MISSIONE dei <strong>di</strong>scepoli dovrà essere come quella <strong>di</strong> Gesù: simile nella fin<strong>al</strong>ità<br />
(protesa <strong>al</strong>la ricerca <strong>della</strong> gloria <strong>di</strong> Dio e <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza del mondo), simile nello stile (dono,<br />
gratuità, servizio, amore), simile nelle <strong>di</strong>namiche (come in Cristo opera il Padre, così negli<br />
apostoli opera il Signore Gesù). Pertanto gli apostoli sono incaricati e invitati d<strong>al</strong> Risorto ad<br />
andare, non solo per continuare l'opera che lui ha iniziato, ma per essere il sacramento <strong>della</strong><br />
sua presenza efficace nel mondo (cfr. Mt 28,19-20).<br />
«Alitò e <strong>di</strong>ce: Ricevete lo Spirito <strong>San</strong>to»: per abilitarli <strong>al</strong>la missione dona l'<strong>al</strong>ito dello<br />
Spirito <strong>San</strong>to, dando inizio <strong>al</strong>la creazione <strong>della</strong> nuova umanità (cfr. Gn 2,7; Ez 37,5). Essi<br />
ricevono il Vento dello Spirito, che esce d<strong>al</strong>la bocca del Risorto, così come d<strong>al</strong> suo costato<br />
era uscito uno zampillo <strong>di</strong> Acqua viva (3,8). In <strong>Giovanni</strong>, la Pentecoste è anticipata nel<br />
giorno stesso <strong>di</strong> Pasqua.<br />
337
«Se a qu<strong>al</strong>cuno rimetterete i peccati, saranno rimessi a loro»: la loro missione (come<br />
quella dell’Agnello <strong>di</strong> Dio: 1,29) consiste innanzi tutto nel rimettere i peccati (cfr. anche Lc<br />
24,47). E il primo dei peccati è la mancanza <strong>di</strong> fede, che è conoscenza viva del Padre e del<br />
Figlio. Gli apostoli <strong>di</strong>ventano i ministri del perdono, che rende il fedele partecipe <strong>della</strong><br />
Pasqua del Signore e quin<strong>di</strong> del suo Spirito e <strong>della</strong> sua pace (nota il passivo saranno<br />
rimessi, il qu<strong>al</strong>e in<strong>di</strong>ca che è Dio colui che opera t<strong>al</strong>e liberazione).<br />
«Se a qu<strong>al</strong>cuno li impe<strong>di</strong>rete, saranno impe<strong>di</strong>ti»: il Signore non solo dà ai suoi, come<br />
primo compito, quello <strong>di</strong> essere strumento del perdono <strong>di</strong>vino, ma dona anche il carisma <strong>di</strong><br />
aiutare i fedeli a non peccare. Non si preoccupa solo <strong>della</strong> cura, ma anche <strong>della</strong> prevenzione.<br />
Le promesse fatte durante l'Ultima Cena e la preghiera consacratoria dell'Ora si stanno<br />
re<strong>al</strong>izzando adesso in pienezza.<br />
- III - L'INCONTRO CONVINCENTE<br />
Personaggio Tipo: Tommaso<br />
D<strong>al</strong> massimo dell'incredulità <strong>al</strong> massimo <strong>della</strong> fede<br />
1. ABBIAMO VISTO IL SIGNORE! (20,24-25)<br />
20.24 Qwma=j de\ ei(=j e)k tw=n dw/deka, o( lego/menoj Di/dumoj,<br />
ou)k h)=n met' au)tw=n o(/te h)=lqen )Ihsou=j.<br />
20.25 e)/legon ou)=n au)t%= oi( a)/lloi maqhtai/, (Ewra/kamen to\n ku/rion.<br />
o( de\ ei)=pen au)toi=j, )Ea\n mh\ i)/dw e)n tai=j xersi\n au)tou= to\n tu/pon tw=n h(/lwn<br />
kai\ ba/lw to\n da/ktulo/n mou ei)j to\n tu/pon tw=n h(/lwn<br />
kai\ ba/lw mou th\n xei=ra ei)j th\n pleura\n au)tou=, ou) mh\ pisteu/sw.<br />
20,24 Tommaso, uno dei Do<strong>di</strong>ci, detto Di<strong>di</strong>mo,<br />
non era con loro, quando venne Gesù.<br />
20,25 Gli <strong>di</strong>cevano dunque gli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli: «Abbiamo–visto il Signore!».<br />
Ma egli <strong>di</strong>sse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chio<strong>di</strong><br />
e (non) metto il mio <strong>di</strong>to nel posto dei chio<strong>di</strong><br />
e (non) metto la mia mano nel suo fianco, non crederò!».<br />
«Tommaso... non era con loro...»: il Gemello (Di<strong>di</strong>mo) non aveva fatto l'esperienza<br />
dell’incontro con il Risorto e non aveva ricevuto il dono pasqu<strong>al</strong>e <strong>della</strong> pace, perché si era<br />
<strong>al</strong>lontanato d<strong>al</strong>la comunità. Solo stando in essa si può ricevere lo Spirito.<br />
«Gli <strong>di</strong>cevano...: Abbiamo visto il Signore»: l'annuncio <strong>della</strong> Madd<strong>al</strong>ena ora è fatto<br />
proprio e rilanciato d<strong>al</strong>la comunità dei <strong>di</strong>scepoli. Essi hanno contemplato la bellezza <strong>della</strong><br />
vita, che trionfa, e vogliono comunicare la loro esperienza. Intuiamo che per convincere<br />
Tommaso gli <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> aver visto perfino i segni dei chio<strong>di</strong> e <strong>della</strong> lancia (cfr. 20,20; Lc<br />
24,39). Attenti però: essi non hanno solo visto, ma hanno anche u<strong>di</strong>to: Pace a voi…<br />
Ricevete lo Spirito <strong>San</strong>to… Parole efficaci che in or<strong>di</strong>ne <strong>al</strong>la fede sono più importanti del<br />
vedere. Circa esse, a quanto pare, non riferiscono nulla a Tommaso.<br />
«Se non vedo... non crederò»: questa testimonianza invece <strong>di</strong> illuminarlo, lo fa deviare<br />
d<strong>al</strong>la giusta strada: egli, pensando che sia il vedere ciò che ha convinto gli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli,<br />
afferma <strong>di</strong> voler fare la stessa esperienza. Non si rende conto che il vedere materi<strong>al</strong>mente<br />
Cristo, per conto proprio, senza la comunità riunita nell’ascolto e nell'accoglienza dello<br />
Spirito, non porta <strong>al</strong>la fede matura. Netto è il contrasto tra lui e gli <strong>al</strong>tri. Fin qui il racconto<br />
secondo <strong>Giovanni</strong>: se leggiamo i Sinottici scopriremo che l’ostinata resistenza a credere<br />
appartiene a tutto il gruppo, tanto che Gesù rimprovera tutti per la loro durezza <strong>di</strong> cuore (Mc<br />
16,14; cfr. anche Mt 28,17). Tommaso è scelto da <strong>Giovanni</strong>, secondo il suo solito e ben noto<br />
metodo, come tipo <strong>di</strong> un gruppo: in questo caso, come tipo del <strong>di</strong>scepolo che <strong>al</strong>l’inizio<br />
stenta a credere, ma che poi <strong>di</strong>venta un esempio <strong>di</strong> credente perfetto.<br />
2. SIGNORE MIO E DIO MIO! (20,26-28)<br />
20.26 Kai\ meq' h(me/raj o)ktw\ pa/lin h)=san e)/sw oi( maqhtai\ au)tou=<br />
338
kai\ Qwma=j met' au)tw=n.<br />
e)/rxetai o( )Ihsou=j tw=n qurw=n kekleisme/nwn kai\ e)/sth ei)j to\ me/son<br />
kai\ ei)=pen, Ei)rh/nh u(mi=n.<br />
20.27 ei)=ta le/gei t%= Qwm#=, Fe/re to\n da/ktulo/n sou w(=de kai\ i)/de ta\j xei=ra/j mou,<br />
kai\ fe/re th\n xei=ra/ sou kai\ ba/le ei)j th\n pleura/n mou,<br />
kai\ mh\ gi/nou a) /pistoj a)lla\ pisto/j.<br />
20.28 a)pekri/qh Qwma=j kai\ ei)=pen au)t%=, (O ku/rio/j mou kai\ o( qeo/j mou.<br />
20,26 E dopo otto giorni <strong>di</strong>–nuovo erano dentro i suoi <strong>di</strong>scepoli<br />
e Tommaso (era) con loro.<br />
Viene Gesù a porte chiuse e stette nel mezzo<br />
e <strong>di</strong>sse: «Pace a–voi!».<br />
20,27 Poi <strong>di</strong>ce a Tommaso: «Porta il tuo <strong>di</strong>to qui e ve<strong>di</strong> le mie mani<br />
e porta la tua mano e metti(la) nel mio fianco<br />
e non <strong>di</strong>ventare incredulo, ma credente!».<br />
20,28 Rispose Tommaso e <strong>di</strong>sse a–lui: «Signore mio e Dio mio!».<br />
«Dopo otto giorni... viene Gesù...»: siamo <strong>di</strong> nuovo nel primo giorno (20,1), il giorno del<br />
Signore (la Domenica, il giorno <strong>della</strong> risurrezione: Apc 1,10), che è anche l’ottavo, quello<br />
che completa tutto l’arco <strong>della</strong> settimana e si proietta sull’infinito. Infatti, l'ottavo giorno è il<br />
primo <strong>di</strong> una nuova settimana, destinata a ripetersi per sempre. Pertanto, il primo giorno,<br />
che è anche l’ottavo, è figura dell’eternità. Il Risorto, che aveva iniziato il ciclo settiman<strong>al</strong>e<br />
dei propri incontri con i suoi, lo continua con puntu<strong>al</strong>ità. E noi ancora oggi, tutte le<br />
Domeniche, possiamo accorrere comunitariamente a fare l’esperienza <strong>della</strong> sua presenza<br />
apportatrice <strong>di</strong> gioia, <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> vita...<br />
«Viene... e stette nel mezzo e <strong>di</strong>sse: Pace a voi»: Gesù ripete il suo s<strong>al</strong>uto, usando una<br />
formula che non esiterei a definire liturgica (cioè, contrassegnata ormai da una precisa<br />
ritu<strong>al</strong>ità). Il Signore viene per stare in mezzo <strong>al</strong>la sua comunità. La sua presenza è centr<strong>al</strong>e,<br />
come quella del celebrante presidente dell’assemblea, e il suo s<strong>al</strong>uto è una vera bene<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong>vina, apportatrice <strong>di</strong> pace.<br />
«Dice a Tommaso: ... ve<strong>di</strong> le mie mani...»: il Risorto <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> conoscere la sfida che<br />
Tommaso aveva rivolto ai suoi compagni e l'accetta <strong>al</strong>la lettera. La presenza delle piaghe è<br />
la <strong>di</strong>mostrazione che Gesù non ha abbandonato la sua umanità e non si vergogna <strong>della</strong> sua<br />
passione. Nel suo corpo glorificato sono presenti i segni <strong>della</strong> sua morte, perché in essa era<br />
già nascosta la vita. Ora le sue piaghe sono un ornamento <strong>di</strong> gloria.<br />
«Non <strong>di</strong>ventare incredulo ma credente»: Tommaso, che stava crescendo nell'incredulità<br />
(<strong>di</strong>ventare), è invitato a crescere nella fede. È questa ammonizione, unitamente <strong>al</strong> dono<br />
<strong>della</strong> pace, e non tanto il vedere o il toccare, quello che lo porta <strong>al</strong>la fede.<br />
«Disse: Signore mio e Dio mio»: questa è la massima e la più chiara professione <strong>di</strong> fede<br />
nella signoria e <strong>di</strong>vinità del Cristo che noi troviamo nei Vangeli (escluso natur<strong>al</strong>mente il<br />
Prologo, in cui si <strong>di</strong>ce esplicitamente che il “Verbo fatto carne” era Dio). L'aggettivo mio<br />
rivela che questa professione è, oltre tutto, anche ricca <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> confidenza.<br />
3. BEATI COLORO, CHE SENZA VEDERE, CREDERANNO (20,29)<br />
20.29 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j, (/Oti e(w/raka/j me pepi/steukaj;<br />
maka/rioi oi( mh\ i)do/ntej kai\ pisteu/santej.<br />
20,29 Gli <strong>di</strong>ce Gesù: «Perché hai–visto me, hai–creduto.<br />
Beati coloro–che, non avendo–visto, tuttavia crederanno!».<br />
«Perché hai visto me, hai creduto»: il Maestro fa capire che la fede, basata soprattutto<br />
sulla visione dei segni, è insufficiente. Il vedere con gli occhi <strong>della</strong> carne e non abbastanza<br />
con quelli del cuore, non porta <strong>al</strong>la fede profonda. Abbiamo contato nel cap. 20 ben 13<br />
occorrenze del verbo vedere e 7 del verbo credere.<br />
339
«Beati coloro che, non avendo visto,... crederanno»: questa è la seconda beatitu<strong>di</strong>ne del<br />
<strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (cfr. 13,17). La fede <strong>di</strong> Tommaso resterà per sempre contrassegnata da<br />
questo rimprovero e d<strong>al</strong> rimpianto <strong>di</strong> non aver avuto la finezza spiritu<strong>al</strong>e ed il merito <strong>di</strong><br />
credere in base <strong>al</strong>la parola (4,48; 1 Pt 1,8). Noi invece possiamo avere questa beatitu<strong>di</strong>ne se,<br />
senza pretendere <strong>di</strong> percorrere la scorciatoia <strong>di</strong> una visione <strong>di</strong>retta, con un paziente lavoro<br />
interiore <strong>di</strong> ascolto ren<strong>di</strong>amo sensibile e perspicace il nostro cuore <strong>al</strong>l’annuncio del <strong>Vangelo</strong><br />
<strong>della</strong> Risurrezione. Tocca inoltre ancora a noi rendere operosa la nostra fede con il servizio<br />
<strong>della</strong> carità.<br />
- IV - AFFINCHÈ CREDIATE (20,30-31)<br />
20.30 Polla\ me\n ou)=n kai\ a)/lla shmei=a<br />
e)poi/hsen o( )Ihsou=j e)nw/pion tw=n maqhtw=n,<br />
a(\ ou)k e)/stin gegramme/na e)n t%= bibli/% tou/t%:<br />
20.31 tau=ta de\ ge/graptai i(/na pisteu/[j]hte<br />
o(/ti )Ihsou=j e)stin o( Xristo\j o( ui(o\j tou= qeou=,<br />
kai\ i(/na pisteu/ontej zwh\n e)/xhte e)n t%= o)no/mati au)tou=.<br />
20,30 Molti <strong>al</strong>tri segni, dunque,<br />
fece Gesù davanti ai <strong>di</strong>scepoli,<br />
(segni) che non sono stati–scritti in questo libro;<br />
20,31 questi però sono–stati–scritti, affinché cre<strong>di</strong>ate<br />
che Gesù è il Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio<br />
e affinché, credendo, (la) vita abbiate nel nome suo.<br />
«Molti <strong>al</strong>tri segni...»: il <strong>Vangelo</strong> si sta concludendo e l'autore si sente in dovere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />
che i fatti da lui narrati sono pochissimi rispetto a tutti quelli che il Signore ha compiuto.<br />
Chiama questi fatti con il nome <strong>di</strong> SEGNI (in tutto 17 volte), perché ognuno <strong>di</strong> essi ha un<br />
senso profondo e nascosto che va scoperto.<br />
«Questi... sono stati scritti, affinché cre<strong>di</strong>ate che Gesù è il Cristo, il Figlio <strong>di</strong> Dio»:<br />
l’Evangelista ci <strong>di</strong>ce inoltre che egli ha compiuto una scelta fin<strong>al</strong>izzata a facilitare <strong>al</strong><br />
massimo la nascita e la crescita nei lettori <strong>della</strong> fede in Cristo, come Figlio <strong>di</strong> Dio (cfr. 1 Gv<br />
5,13). Noi ci siamo sforzati <strong>di</strong> scoprire i criteri che hanno orientato l'<strong>Apostolo</strong> nella scelta e<br />
nel racconto <strong>di</strong> t<strong>al</strong>i fatti e, nella conclusione fin<strong>al</strong>e, cercheremo <strong>di</strong> riassumerli e <strong>di</strong> elencarli.<br />
Ci auguriamo che il nostro commento vi abbia aiutati ad acquisire le nuove ment<strong>al</strong>ità<br />
(simboliche, mistiche, escatologiche…), affinché, dopo aver fatto con entusiasmo la<br />
scoperta che anche Tommaso ha fatto, proclamiate con convinzione la vostra fede nel<br />
Messia, Figlio <strong>di</strong> Dio Padre.<br />
«Credendo, la vita abbiate nel nome suo»: la fede nel Nome <strong>di</strong> Gesù (Messia e Signore)<br />
ci fa partecipare <strong>al</strong>la Vita <strong>di</strong> Risurrezione, il cui fulgore abbiamo potuto spiritu<strong>al</strong>mente<br />
ammirare e contemplare in questa lunga Lectio evangelica. Infatti Gesù e solo lui,<br />
possedendo il NOME <strong>di</strong> Figlio Unigenito del Padre (1,18; 3,18), ha il potere glorioso <strong>di</strong> dare<br />
la VITA piena.<br />
RIFLESSIONE CONCLUSIVA<br />
La ricerca perseverante <strong>della</strong> Madd<strong>al</strong>ena incoraggia la nostra ricerca del Risorto e<br />
l'esperienza gioiosa dei do<strong>di</strong>ci ci stimola ad aprire le porte del nostro cuore <strong>al</strong> dono <strong>della</strong><br />
Pace, dello Spirito e <strong>della</strong> Fede. Come l'apostolo <strong>Giovanni</strong> dobbiamo capire la presenza del<br />
Signore nella nostra vita in base a tanti segni semplici e or<strong>di</strong>nari, ma inequivocabili per chi<br />
possiede la nuova ment<strong>al</strong>ità. Infine, come Tommaso, dobbiamo proclamare con stupore e<br />
convinzione che Gesù, il qu<strong>al</strong>e porta per sempre i segni gloriosi <strong>della</strong> sua Passione, è il<br />
nostro Dio e il nostro Signore.<br />
340
È interessante rilevare come in questa Unità vengano sviluppati i temi del vedere senza<br />
credere, del vedere e credere, del vedere per credere e del credere senza vedere. Alcuni<br />
personaggi fanno l'esperienza <strong>di</strong> un vedere senza capire: la Madd<strong>al</strong>ena vede la pietra<br />
rimossa, vede due angeli, vede Gesù, ma non sa..., Pietro guarda i lenzuoli e il sudario, ma<br />
non comprende. Per contro c'è il vedere e credere dell'apostolo pre<strong>di</strong>letto, perché egli riesce<br />
a interpretare questi labili in<strong>di</strong>zi <strong>al</strong>la luce <strong>della</strong> Scrittura e degli <strong>al</strong>tri episo<strong>di</strong> <strong>della</strong> vita del<br />
Maestro. Alla fine, sia la Madd<strong>al</strong>ena che <strong>di</strong>eci degli apostoli esprimono la loro esperienza<br />
del Risorto, testimoniando: «Abbiamo visto il Signore!». Il loro è un vedere dove fede e<br />
sensi raggiungono il massimo <strong>della</strong> completezza e collaborazione. Tommaso vorrebbe<br />
anche lui fare una simile esperienza, ma a modo suo: vuole vedere per credere. La fede però<br />
or<strong>di</strong>nariamente si deve basare solo sull’ascolto <strong>della</strong> testimonianza. Si tratta <strong>di</strong> quella fede<br />
che Gesù proclama beata, quella <strong>di</strong> coloro che credono <strong>al</strong>la Scrittura e <strong>al</strong>l'annuncio <strong>della</strong><br />
Chiesa, sapendo leggere nei segni sacrament<strong>al</strong>i e nelle opere <strong>della</strong> comunità la presenza viva<br />
del Risorto. Solo così infatti anche noi matureremo la sensibilità per scoprire e godere <strong>della</strong><br />
significatività <strong>di</strong> tutte le cose, anche <strong>di</strong> quelle più or<strong>di</strong>narie, interpretando nella giusta luce<br />
tutte le situazioni <strong>della</strong> vita.<br />
341
È IL SIGNORE! Unità 33<br />
L'apparizione in G<strong>al</strong>ilea (Gv 21,1-25)<br />
PREMESSA: la terza ed ultima manifestazione Gesù la compie presso il lago <strong>di</strong><br />
Tiberiade in G<strong>al</strong>ilea, vicino <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e era avvenuta la moltiplicazione dei pani. Possiamo<br />
<strong>di</strong>stinguere due momenti princip<strong>al</strong>i: la pesca miracolosa (I) e il colloquio con Pietro (II).<br />
- I - L'INCONTRO EFFICACE<br />
Personaggi Tipo: sette apostoli tra cui emergono Pietro e <strong>Giovanni</strong><br />
D<strong>al</strong> tot<strong>al</strong>e f<strong>al</strong>limento <strong>al</strong> massimo risultato<br />
1. PIETRO DISSE: IO VADO A PESCARE (21,1-3)<br />
21.1 Meta\ tau=ta e)fane/rwsen e(auto\n pa/lin o( )Ihsou=j<br />
toi=j maqhtai=j e)pi\ th=j q<strong>al</strong>a/sshj th=j Tiberia/doj: e)fane/rwsen de\ ou(/twj.<br />
21.2 h)=san o(mou= Si/mwn Pe/troj kai\ Qwma=j o( lego/menoj Di/dumoj<br />
kai\ Naqanah\l o( a)po\ Kana\ th=j G<strong>al</strong>ilai/aj<br />
kai\ oi( tou= Zebedai/ou kai\ a)/lloi e)k tw=n maqhtw=n au)tou= du/o.<br />
21.3 le/gei au)toi=j Si/mwn Pe/troj, (Upa/gw a(lieu/ein.<br />
le/gousin au)t%=, )Erxo/meqa kai\ h(mei=j su\n soi/.<br />
e)ch=lqon kai\ e)ne/bhsan ei)j to\ ploi=on, kai\ e)n e)kei/nv tv= nukti\ e)pi/asan ou)de/n.<br />
21,1 Dopo queste (cose), Gesù si manifestò nuovamente<br />
ai <strong>di</strong>scepoli sul mare <strong>di</strong> Tiberiade; e si–manifestò così.<br />
21,2 Erano insieme Simon Pietro e Tommaso, detto Di<strong>di</strong>mo,<br />
e Natanaele da Cana <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea<br />
e i (due figli) <strong>di</strong> Zebedeo e <strong>al</strong>tri due dei suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />
21,3 Dice a–loro Simon Pietro: «Vado (a) pescare!».<br />
Dicono a–lui: «Veniamo anche noi con te!».<br />
Uscirono dunque ed entrarono nella barca, e in quella notte (non) presero nulla.<br />
«Si manifestò (fáino) nuovamente...»: i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelarsi del Risorto sono sempre<br />
impreve<strong>di</strong>bili e <strong>di</strong>versi. Ora egli si rende presente, adattandosi <strong>al</strong>le esigenze dei suoi in un<br />
modo nuovo: non più <strong>al</strong> chiuso, ma <strong>al</strong>l'aperto. Questa terza ed ultima manifestazione (cfr.<br />
14) ci fa venir in mente la prima, avvenuta a Cana <strong>di</strong> G<strong>al</strong>ilea: quella che portò i suoi <strong>al</strong>la<br />
fede (viene usato lo stesso verbo: fáino) e compie la promessa fatta durante la Cena (14,21-<br />
22). Questa ultima manifestazione però non spronerà solo <strong>al</strong>la fede, ma anche <strong>al</strong>la missione.<br />
«Erano insieme Simon Pietro e Tommaso...»: i <strong>di</strong>scepoli sono sette e Pietro è nominato<br />
per primo. L’Evangelista, dopo avere fatto concentrare la nostra attenzione sul Cristo,<br />
intende raccontarci un evento simbolico <strong>al</strong>tamente significativo, fin<strong>al</strong>izzato a presentarci<br />
<strong>al</strong>cune caratteristiche <strong>della</strong> Chiesa. Infatti gli apostoli elencati in numero <strong>di</strong> sette<br />
rappresentano tutti gli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli (cfr. 1), cioè i Do<strong>di</strong>ci. Pietro e <strong>Giovanni</strong> hanno in<br />
questo evento un ruolo speci<strong>al</strong>e. Viene fin<strong>al</strong>mente chiarita la loro missione <strong>al</strong>l’interno <strong>della</strong><br />
Chiesa. Gesù aveva misteriosamente investito Simone <strong>di</strong> un incarico, cambiandogli il nome<br />
(1,42), ma non aveva aggiunto <strong>al</strong>tro, lasciandoci nell’attesa <strong>di</strong> scoprire il senso da dare a<br />
quella Roccia. Durante la vita pubblica Simone aveva dato dei segn<strong>al</strong>i importanti: aveva<br />
professato la fede in Gesù, il <strong>San</strong>to <strong>di</strong> Dio (6,68) e durante la Cena s’era informato su chi<br />
fosse il tra<strong>di</strong>tore. Non a caso la Madd<strong>al</strong>ena era corsa innanzi tutto da Pietro. E anche in<br />
negativo Pietro aveva <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> avere un’autorevolezza (rifiuta <strong>di</strong> farsi lavare i pie<strong>di</strong>,<br />
pretende <strong>di</strong> aver il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> seguire Cristo, sguaina la spada per <strong>di</strong>fendere il Maestro, lo<br />
segue temerariamente nell’aula del sommo sacerdote…). Il suo rinnegamento è raccontato<br />
con dovizia <strong>di</strong> particolari, perché ritenuto particolarmente grave, vista l’importanza del<br />
ruolo <strong>di</strong> Pietro. A lui Gesù aveva promesso: Lo capirai dopo… e Mi seguirai dopo…<br />
342
(13,7.36). Ora stiamo per vedere che queste promesse si stanno per re<strong>al</strong>izzare, cosicché il<br />
mosaico giovanneo, che delinea il ruolo <strong>di</strong> Pietro nella comunità, sta per essere completato.<br />
«Dice a loro Simon Pietro: Io vado a pescare»: Simone, da vero capo, prende l'iniziativa<br />
<strong>di</strong> ritornare <strong>al</strong> vecchio mestiere <strong>di</strong> pescatore. Ma Gesù ha su <strong>di</strong> lui un progetto più grande:<br />
come <strong>di</strong>ce Luca, lo vuole trasformare in pescatore <strong>di</strong> uomini (Lc 5,10), insieme con gli <strong>al</strong>tri<br />
(Mt 4,19). Per mettere bene a fuoco tutti gli episo<strong>di</strong>, notiamo che Gesù dopo avergli<br />
insegnato un nuovo modo <strong>di</strong> pescare, intende affidargli anche il compito <strong>di</strong> pastore.<br />
«Veniamo anche noi con te»: questa pronta adesione degli <strong>al</strong>tri sei, mostra che Pietro ha<br />
le qu<strong>al</strong>ità per essere una guida. Egli li mette in movimento. Sono tutti pronti a partire, ad<br />
andare. Ora stanno con Simone, come prima stavano con Gesù.<br />
«Uscirono dunque ed entrarono nella barca»: la barca (che intuiamo essere proprietà <strong>di</strong><br />
Pietro: cfr. Lc 5,3) rappresenta la Chiesa e il mare <strong>di</strong> Tiberiade (<strong>di</strong> cui si è parlato) il mondo<br />
in cui vive l’umanità, raffigurata in seguito dai pesci. Uscire ed entrare sono due movimenti<br />
opposti che in<strong>di</strong>cano il cambiamento <strong>della</strong> loro situazione interiore: escono da un posto<br />
chiuso, ma stabile e protetto, per entrare in un mezzo meno sicuro, ma capace <strong>di</strong> portarli <strong>al</strong><br />
largo.<br />
«E in quella notte non presero nulla»: la notte è simbolo <strong>della</strong> mancanza del Cristo (cfr.<br />
9,4-5). Senza <strong>di</strong> lui è vano il loro lavoro e senza frutto la loro fatica (15,5).<br />
Gv 15,5 Senza <strong>di</strong> me non potete far nulla.<br />
2. GESÙ STETTE SULLA RIVA (21,4-6)<br />
21.4 prwi/aj de\ h)/dh genome/nhj e)/sth )Ihsou=j ei)j to\n ai)gi<strong>al</strong>o/n,<br />
ou) me/ntoi v)/deisan oi( maqhtai\ o(/ti )Ihsou=j e)stin.<br />
21.5 le/gei ou)=n au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
Pai<strong>di</strong>/a, mh/ ti prosfa/gion e)/xete;<br />
a)pekri/qhsan au)t%=, Ou)/.<br />
21.6 o( de\ ei)=pen au)toi=j,<br />
Ba/lete ei)j ta\ decia\ me/rh tou= ploi/ou to\ <strong>di</strong>/ktuon, kai\ eu(rh/sete.<br />
e)/b<strong>al</strong>on ou)=n,<br />
kai\ ou)ke/ti au)to\ e(lku/sai i)/sxuon a)po\ tou= plh/qouj tw=n i)xqu/wn.<br />
21,4 Essendo già l'<strong>al</strong>ba, stette Gesù sulla riva;<br />
tuttavia i <strong>di</strong>scepoli non sapevano che era Gesù.<br />
21,5 Dice dunque loro Gesù:<br />
«Figlioli, non avete qu<strong>al</strong>cosa (come) companatico?».<br />
Gli risposero: «No!».<br />
21,6 Allora egli <strong>di</strong>sse loro:<br />
«Gettate d<strong>al</strong>la parte destra <strong>della</strong> barca la rete e troverete!».<br />
(La) gettarono dunque<br />
e non avevano–la–forza (<strong>di</strong>) tirarla (su) per la moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pesci.<br />
«Essendo già l'<strong>al</strong>ba»: Gesù si rende presente <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ba (che pertanto acquista un<br />
significato nuovo e <strong>di</strong>venta simbolo <strong>di</strong> Cristo, sole che sorge). Anche in questo episo<strong>di</strong>o la<br />
presenza del Signore va scoperta gradu<strong>al</strong>mente attraverso i segn<strong>al</strong>i che egli invia.<br />
«Stette Gesù sulla riva»: il Signore non è mai lontano da noi, anche quando f<strong>al</strong>lisce il<br />
nostro intento.<br />
«Tuttavia i <strong>di</strong>scepoli non sapevano che era Gesù»: così come la Madd<strong>al</strong>ena (20,14), i<br />
sette per ora non sanno riconoscere il Signore d<strong>al</strong>la sua semplice presenza <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ba, <strong>al</strong><br />
nascere <strong>della</strong> luce che vince la notte.<br />
«Figlioli, non avete... companatico?»: con termine an<strong>al</strong>ogo (figlioli) Gesù si era rivolto<br />
ai suoi nell'intimità dell'Ultima Cena (13,33). Un estraneo non avrebbe usato un t<strong>al</strong>e<br />
appellativo. Si sta ripetendo la scena che ha preceduto la moltiplicazione dei pani (Gesù<br />
343
aveva iniziato ponendo una domanda sul cibo: 6,5). Ma i <strong>di</strong>scepoli non fanno attenzione a<br />
tutti questi piccoli in<strong>di</strong>zi.<br />
«Gli risposero: No!»: non è mai facile ammettere <strong>di</strong> aver fatto f<strong>al</strong>limento. È però utile,<br />
perché in t<strong>al</strong> modo si può essere aiutati.<br />
«Gettate d<strong>al</strong>la parte destra... la rete...»: si rinnova il miracolo <strong>della</strong> pesca miracolosa<br />
raccontato da Luca (Lc 5,4-11). La parte destra, nel linguaggio biblico, rappresenta il lato<br />
migliore e il gettare la rete simboleggia il lavoro <strong>della</strong> comunità, che evangelizza.<br />
Dobbiamo sempre v<strong>al</strong>orizzare il positivo (il pensiero buono, la speranza, l’ottimismo) e<br />
utilizzare il <strong>Vangelo</strong>, soprattutto nei suoi aspetti confortanti e incoraggianti.<br />
«La gettarono dunque e non avevano la forza <strong>di</strong> tirarla su...»: l'obbe<strong>di</strong>enza <strong>al</strong>la parola<br />
del Cristo produce sempre un effetto sovrabbondante che va <strong>al</strong> <strong>di</strong> là delle nostre forze ed<br />
aspettative.<br />
«Per la moltitu<strong>di</strong>ne (plêthos) <strong>di</strong> pesci...»: <strong>Giovanni</strong> ci aveva già parlato <strong>di</strong> moltitu<strong>di</strong>ne<br />
(riferendosi <strong>al</strong>la gente) in occasione <strong>della</strong> guarigione del par<strong>al</strong>izzato <strong>di</strong> Betzatà. Qui, usando<br />
lo stesso termine, ci fa capire che i pesci rappresentano la moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> coloro che sono<br />
chiamati <strong>al</strong>la fede. Questa volta, rispetto a Lc 5,7, i pescatori non ce la fanno a farli entrare<br />
nella barca <strong>di</strong> Pietro. I pesci restano vivi <strong>al</strong>l’interno <strong>della</strong> rete. Per <strong>Giovanni</strong> la Chiesa non è<br />
solo rappresentata d<strong>al</strong>la barca, ma anche d<strong>al</strong>la rete collegata <strong>al</strong>la barca.<br />
3. È IL SIGNORE (21,7-9)<br />
21.7 le/gei ou)=n o( maqhth\j e)kei=noj o(\n h)ga/pa o( )Ihsou=j t%= Pe/tr%, (O ku/rio/j e)stin.<br />
Si/mwn ou)=n Pe/troj a)kou/saj o(/ti o( ku/rio/j e)stin to\n e)pendu/thn <strong>di</strong>ezw/sato,<br />
h)=n ga\r gumno/j, kai\ e)/b<strong>al</strong>en e(auto\n ei)j th\n qa/lassan,<br />
21.8 oi( de\ a)/lloi maqhtai\ t%= ploiari/% h)=lqon,<br />
ou) ga\r h)=san makra\n a)po\ th=j gh=j a)lla\ w(j a)po\ phxw=n <strong>di</strong>akosi/wn,<br />
su/rontej to\ <strong>di</strong>/ktuon tw=n i)xqu/wn.<br />
21.9 w(j ou)=n a)pe/bhsan ei)j th\n gh=n<br />
ble/pousin a)nqrakia\n keime/nhn<br />
kai\ o)ya/rion e)pikei/menon kai\ a) /rton.<br />
21,7 Dice dunque quel <strong>di</strong>scepolo, che Gesù amava, a Pietro: «È il Signore!».<br />
Simon Pietro dunque, u<strong>di</strong>to che era il Signore, si–cinse la sopravveste<br />
- era infatti spoglio - e si gettò nel mare.<br />
21,8 Gli <strong>al</strong>tri <strong>di</strong>scepoli invece vennero con–la barca,<br />
infatti non erano lontani d<strong>al</strong>la terra, ma (erano) a circa duecento cubiti,<br />
trascinando la rete dei pesci.<br />
21,9 Come dunque giunsero a terra,<br />
vedono (<strong>della</strong>) brace che–giaceva (sulla riva)<br />
e (del) pesce che–stava–sopra e (del) pane.<br />
«Dice... quel <strong>di</strong>scepolo, che Gesù amava, a Pietro: È il Signore»: come nella visita <strong>al</strong><br />
sepolcro, così anche adesso è il <strong>di</strong>scepolo amato (<strong>Giovanni</strong>) che ha per primo la giusta<br />
intuizione. Egli, in base ai risultati ottenuti e a tutta una serie <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri piccoli segn<strong>al</strong>i, ha<br />
saputo in<strong>di</strong>viduare la presenza del Cristo. Questa volta t<strong>al</strong>e intuizione è comunicata a Pietro<br />
e, <strong>di</strong>rettamente, solo a lui. Pietro, grazie <strong>al</strong>la geni<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> comincia a capire (inizia<br />
così a re<strong>al</strong>izzarsi la profezia <strong>di</strong> Gesù: 13,7).<br />
«Pietro,... si cinse la sopravveste...»: Pietro con<strong>di</strong>vide subito il <strong>di</strong>scernimento operato da<br />
<strong>Giovanni</strong>. Si riveste per essere più presentabile, ma il gesto, in base <strong>al</strong> verbo cingersi,<br />
nasconde un senso più profondo: come Gesù si era cinto il panno per il servizio, così ora<br />
l'apostolo si cinge per andare, come servo, verso il Signore.<br />
«Pietro... si gettò nel mare»: notiamo la complementarietà dei due <strong>di</strong>scepoli protagonisti.<br />
Uno ha il carisma dell'intuizione e l'<strong>al</strong>tro quello dell'iniziativa; il primo ha un temperamento<br />
contemplativo, l'<strong>al</strong>tro è portato <strong>al</strong>l'impegno attivo. Ha fretta <strong>di</strong> andare da Gesù. Questa volta<br />
è lui ad arrivare per primo (cfr. 20,4).<br />
344
«Vennero con la barca... trascinando la rete»: questo fatto denota la <strong>di</strong>fficoltà che<br />
abbiamo nel recepire e gestire i gran<strong>di</strong> doni <strong>di</strong> Dio, che superano sempre le nostre capacità.<br />
«Vedono <strong>della</strong> brace... e del pesce... e del pane»: il Risorto non si presenta a mani vuote<br />
o impreparato. Sta già preparando per i suoi la mensa, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e essi devono solo apportare<br />
il loro contributo. Come nel giorno <strong>della</strong> moltiplicazione, profezia pro<strong>di</strong>giosa<br />
dell’Eucaristia, anche ora vi sono il pane e il pesce.<br />
4. VENITE A PRANZARE (21,10-14)<br />
21.10 le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j,<br />
)Ene/gkate a)po\ tw=n o)yari/wn w(=n e)pia/sate nu=n.<br />
21.11 a)ne/bh ou)=n Si/mwn Pe/troj kai\ ei(/lkusen to\ <strong>di</strong>/ktuon ei)j th\n gh=n<br />
mesto\n i)xqu/wn mega/lwn e(kato\n penth/konta triw=n:<br />
kai\ tosou/twn o)/ntwn ou)k e)sxi/sqh to\ <strong>di</strong>/ktuon.<br />
21.12 le/gei au)toi=j o( )Ihsou=j, Deu=te a)risth/sate.<br />
ou)dei\j de\ e)to/lma tw=n maqhtw=n e)ceta/sai au)to/n, Su\ ti/j ei)=;<br />
ei)do/tej o(/ti o( ku/rio/j e)stin.<br />
21.13 e)/rxetai )Ihsou=j kai\ lamba/nei to\n a)/rton kai\ <strong>di</strong>/dwsin au)toi=j,<br />
kai\ to\ o)ya/rion o(moi/wj.<br />
21.14 tou=to h)/dh tri/ton e)fanerw/qh )Ihsou=j toi=j maqhtai=j<br />
e)gerqei\j e)k nekrw=n.<br />
21,10 Dice loro Gesù:<br />
«Portate dei pesci che avete–preso adesso».<br />
21,11 S<strong>al</strong>ì dunque Simon Pietro e trasse la rete a terra<br />
piena (<strong>di</strong>) centocinquantatre grossi pesci,<br />
e, (benché) fossero tanti, la rete non si–<strong>di</strong>vise.<br />
21,12 Dice loro Gesù: «Orsù, pranzate!».<br />
Nessuno dei <strong>di</strong>scepoli però osava interrogarlo: «Tu chi sei?»,<br />
sapendo che era il Signore.<br />
21,13 Viene Gesù e prende il pane e (lo) dà a–loro<br />
e il pesce similmente.<br />
21,14 Questa (fu) già la–terza–volta (che) Gesù si–manifestò ai <strong>di</strong>scepoli,<br />
risorto da(i) morti.<br />
«Portate dei pesci...»: non ci sono scene <strong>di</strong> gioia o <strong>di</strong> entusiasmo verso il Risorto. Gesù<br />
vuole che l'attenzione si concentri sui segni che egli sta proponendo. Ricor<strong>di</strong>amo la parabola<br />
che descrive il regno dei cieli come una rete gettata nel mare (Mt 13,47-50).<br />
«Simon Pietro... trasse la rete a terra...»: il comando dato a tutti è recepito solo da<br />
Simone. È sempre Pietro che continua ad avere l'iniziativa. A lui il Signore non concede il<br />
dono <strong>di</strong> godersi a lungo l'incontro con lui nella contemplazione, ma piuttosto quello<br />
dell'azione faticosa e concreta <strong>di</strong> portare l’umanità verso il S<strong>al</strong>vatore. Infatti, i pesci non<br />
sono stati caricati sulla barca, perché essa, in questo caso, è riservata agli apostoli, i qu<strong>al</strong>i,<br />
insieme ai pesci ancora nella rete, si <strong>di</strong>rigono verso terra dove Gesù è presente per<br />
accogliere tutti.<br />
«Piena <strong>di</strong> centocinquantatre grossi pesci»: <strong>al</strong>cuni hanno visto in questo numero un<br />
simbolo <strong>di</strong> univers<strong>al</strong>ità.<br />
«La rete non si <strong>di</strong>vise (skhízo)»: anche questo particolare non è riferito per caso, perché<br />
può significare che l'opera apostolica non sarà vana e non lo sarà soprattutto se la Chiesa<br />
rimane in<strong>di</strong>visa. Possiamo vedere nella rete che non si strappa un par<strong>al</strong>lelo con la tunica che<br />
non venne stracciata (nei due passi <strong>Giovanni</strong> usa sempre lo stesso verbo: skhízo). E Pietro è<br />
colui che sovrintende <strong>al</strong> trasporto dei pesci: Il fatto che la rete non si rompe è riferito come<br />
qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> sorprendente e pro<strong>di</strong>gioso.<br />
«Orsù, pranzate!»: con queste parole Gesù invita i suoi ad un banchetto, il qu<strong>al</strong>e, mentre<br />
ricorda i bei momenti convivi<strong>al</strong>i passati con il Cristo (soprattutto quello <strong>della</strong><br />
345
moltiplicazione dei pani e <strong>della</strong> Cena pasqu<strong>al</strong>e), preannuncia la mensa fin<strong>al</strong>e nel Regno <strong>di</strong><br />
Dio.<br />
«Nessuno... osava interrogarlo: Tu chi sei?, sapendo che era il Signore»: questa<br />
annotazione in<strong>di</strong>ca chiaramente che il Signore aveva un aspetto che non era propriamente il<br />
suo. Gli apostoli hanno qu<strong>al</strong>che perplessità circa la sua identità: fanno fatica a credere.<br />
Hanno tuttavia paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la loro incertezza. Temono un rimprovero. Si privano<br />
però <strong>di</strong> una conferma. Solo una fede forte può dare la certezza assoluta: la fede è sempre un<br />
vedere senza vedere, cioè un modo <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> conoscere. Perciò dobbiamo imparare ad<br />
accogliere il mistero.<br />
«Viene Gesù e prende il pane e lo dà a loro...»: il Signore comprende la loro <strong>di</strong>fficoltà e<br />
compie due gesti che risultino inequivocabili: prendere il pane con riconoscenza e donarlo<br />
con generosità. Sono gesti eucaristici, tipici <strong>di</strong> Gesù. Il Signore sta abituando i suoi a<br />
sentirlo presente ogni volta che spezzeranno il pane (cfr. il racconto <strong>della</strong> moltiplicazione:<br />
6,1-14 e Lc 24,35).<br />
«La terza volta che Gesù si manifestò»: tre è un numero che in<strong>di</strong>ca pienezza. La Chiesa<br />
non ha bisogno <strong>di</strong> <strong>al</strong>tre apparizioni per vivere la sua fede e compiere la sua missione <strong>di</strong><br />
s<strong>al</strong>vezza.<br />
- II - L'INCONTRO CONSACRANTE<br />
Personaggi Tipo: Pietro e <strong>Giovanni</strong><br />
D<strong>al</strong> massimo del rinnegamento <strong>al</strong> massimo dell'amore<br />
1. PASCI LE MIE PECORE (21,15-17)<br />
21.15 (/Ote ou)=n h)ri/sthsan le/gei t%= Si/mwni Pe/tr% o( )Ihsou=j,<br />
Si/mwn )Iwa/nnou, a)gap#=j me ple/on tou/twn ;<br />
le/gei au)t%=, Nai/, ku/rie, su\ oi)=daj o(/ti filw= se.<br />
le/gei au)t%=, Bo/ske ta\ a)rni/a mou.<br />
21.16 le/gei au)t%= pa/lin deu/teron, Si/mwn )Iwa/nnou, a)gap#=j me;<br />
le/gei au)t%=, Nai/, ku/rie, su\ oi)=daj o(/ti filw= se.<br />
le/gei au)t%=, Poi/maine ta\ pro/bata/ mou.<br />
21.17 le/gei au)t%= to\ tri/ton, Si/mwn )Iwa/nnou, filei=j me;<br />
e)luph/qh o( Pe/troj o(/ti ei)=pen au)t%= to\ tri/ton, Filei=j me;<br />
kai\ le/gei au)t%=, Ku/rie, pa/nta su\ oi)=daj, su\ ginw/skeij o(/ti filw= se.<br />
le/gei au)t%= o( )Ihsou=j, Bo/ske ta\ pro/bata/ mou.<br />
21,15 Quando dunque ebbero–pranzato, Gesù <strong>di</strong>ce a Simon Pietro:<br />
«Simone <strong>di</strong>–<strong>Giovanni</strong>, mi ami più <strong>di</strong>–costoro?».<br />
Gli <strong>di</strong>ce: «Sì, Signore, tu sai che ti amo (da amico)!».<br />
Gli <strong>di</strong>ce: «Pasci i miei agnelli!».<br />
21,16 Dice a–lui <strong>di</strong>–nuovo (per la) seconda–volta: «Simone <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, mi ami?».<br />
Gli <strong>di</strong>ce: «Sì, Signore, tu sai che ti amo (da amico)!».<br />
Gli <strong>di</strong>ce: «Pascola le mie pecore!».<br />
21,17 Dice a–lui (per) la terza–volta: «Simone <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, mi ami (da amico) ?».<br />
Si–rattristò Pietro, perché gli <strong>di</strong>sse (per) la terza–volta: «Mi ami (da amico)?».<br />
E gli <strong>di</strong>sse: «Signore, tu sai tutto, tu conosci che ti amo (da amico)!».<br />
Gli <strong>di</strong>ce Gesù: «Pasci le mie pecore!».<br />
«Quando dunque ebbero pranzato…»: pensiamo che anche il Risorto abbia partecipato a<br />
questo convito. Abbiamo ora un <strong>di</strong><strong>al</strong>ogo <strong>di</strong> Gesù con Simone che, oltre <strong>al</strong> compito <strong>di</strong><br />
pescatore, riceve anche quello <strong>di</strong> pastore.<br />
«Simone <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, mi ami (’agapáo) più <strong>di</strong> costoro?»: il Risorto fa una serie <strong>di</strong> tre<br />
domande per verificare l'amore <strong>di</strong> Pietro verso <strong>di</strong> lui. Lo chiama come aveva fatto nel primo<br />
incontro: <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> (1,42). Nella prima domanda Pietro è invitato a confrontarsi con gli<br />
<strong>al</strong>tri sei <strong>di</strong>scepoli (più <strong>di</strong>...). Gesù vuole da Pietro un amore più grande... ed egli non deve<br />
temere <strong>di</strong> essere presuntuoso a desiderare questo, perché t<strong>al</strong>e amore è Cristo stesso che<br />
346
glielo chiede e che glielo dona. Egli vuole che ognuno <strong>di</strong> noi si sforzi <strong>di</strong> amarlo il più<br />
possibile, come nessuno lo ha amato mai.<br />
«Tu sai che ti amo da amico (filéo)»: Pietro che nell'Ultima Cena si era ritenuto il<br />
migliore, ora non ha più il coraggio <strong>di</strong> porsi <strong>al</strong> <strong>di</strong> sopra degli <strong>al</strong>tri, ma confessa il suo amore,<br />
affidando il giu<strong>di</strong>zio <strong>al</strong> Signore stesso (tu sai... Cfr. 16 b ; 17 c ). Lo fa <strong>di</strong>cendo: Ti amo da<br />
amico, perché in questa <strong>di</strong>chiarazione vi è nascosto il desiderio dell’amore più grande, fino<br />
a dare davvero la vita per l’amico Gesù (15,13).<br />
«Pasci (bósko) i miei agnelli... pascola (poimáino) le mie pecore»: il buon Pastore affida<br />
tutti (agnelli = piccoli, deboli; pecore = gran<strong>di</strong>, forti) <strong>al</strong>la guida pastor<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Pietro, la qu<strong>al</strong>e<br />
dev’essere ispirata solo d<strong>al</strong>l'amore verso il Maestro. Il Pescatore <strong>di</strong>venta anche Pastore:<br />
colui che andava a pescare, deve pascere (bósko, cioè nutrire) quelli che ha pescato e<br />
pascolare (cioè fare il come Buon Pastore che guida, <strong>di</strong>fende e dà la vita per le pecore:<br />
10,11). Infatti poimáino significa letter<strong>al</strong>mente: sono o faccio il pastore (il poimén). Viene<br />
prima la pastor<strong>al</strong>e <strong>della</strong> ricerca (la pesca) e subito dopo si rende necessaria quella <strong>della</strong><br />
conservazione e <strong>della</strong> cura d’anime. Ogni pastore poi si deve ricordare che le pecore non<br />
sono sue, ma del Signore, che ripetutamente le chiama mie.<br />
«Si rattristò..., perché gli <strong>di</strong>sse per la terza volta: Mi ami da amico?»: Pietro capisce che<br />
Gesù con la terza domanda vuole velatamente <strong>al</strong>ludere <strong>al</strong> triplice rinnegamento. Questa<br />
volta il Signore usa il termine amare da amico, con tutto quello che questo significa. Gesù<br />
pone tre domande per far sì che Pietro ripari completamente il suo ce<strong>di</strong>mento con una<br />
triplice professione <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> amicizia.<br />
«Gli <strong>di</strong>sse: Signore, tu sai tutto, tu conosci che ti amo (da amico)!»: Pietro per la terza<br />
volta si affida <strong>al</strong>la conoscenza che Gesù ha del suo cuore e <strong>di</strong> tutti i cuori e si <strong>di</strong>chiara suo<br />
amico. Sull’amore a Cristo i pastori <strong>della</strong> comunità fondano il loro ministero in favore del<br />
popolo <strong>di</strong> Dio ed in t<strong>al</strong>e servizio <strong>di</strong>mostrano il loro amore <strong>al</strong> Signore.<br />
«Pasci le mie pecore»: anche i fedeli maturi hanno bisogno <strong>di</strong> nutrimento e <strong>di</strong> cure (cfr.<br />
1 Pt 5,2.4 in cui Pietro si fa maestro <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri pastori). Come promesso nel commento <strong>al</strong> v.<br />
14,31, completiamo ora la nostra sintesi sul tema dell’amore: il Padre, prima ancora <strong>della</strong><br />
creazione del mondo (17,24), ama il Figlio suo (15,9), il qu<strong>al</strong>e rimane nel suo amore, perché<br />
ne osserva i comandamenti (15,10). Cristo desidera che l’amore, con il qu<strong>al</strong>e il Padre lo ha<br />
amato, sia nei <strong>di</strong>scepoli (17,26). E <strong>di</strong> fatto il Padre li ama (16,27). Cristo, poi, prega affinché<br />
t<strong>al</strong>e amore sia risaputo d<strong>al</strong> mondo (17,23). Come il Padre ama il Figlio suo, anche il Figlio<br />
ama i suoi <strong>di</strong>scepoli (15,9), che rimangono nel suo amore e sono suoi amici e confidenti, se<br />
ne osservano i comandamenti (15,10.14). Egli, poi, comanda ai suoi <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> amarsi gli<br />
uni gli <strong>al</strong>tri come lui li ha amati (15,12.17), fino a dare la vita per gli amici, come segno<br />
dell’amore più grande (15,13). Infine, ogni <strong>di</strong>scepolo e soprattutto ogni ministro del<br />
<strong>Vangelo</strong> (rappresentato da Simone) è invitato ad esaminarsi sul suo amore verso Gesù<br />
(21,15-17) e a esprimerlo con le parole e con le opere (21,15-17). Anzi, Cristo sa che i suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli lo riamano e <strong>di</strong>ce che questo fatto ottiene per loro l’amore del Padre (16,27), il<br />
qu<strong>al</strong>e è la sorgente primaria ed inesauribile dell’amore.<br />
2. CON QUALE MORTE AVREBBE GLORIFICATO DIO (21,18-19 a )<br />
21.18 a)mh\n a)mh\n le/gw soi,<br />
o(/te h)=j new/teroj, e)zw/nnuej seauto\n kai\ periepa/teij o(/pou h)/qelej:<br />
o(/tan de\ ghra/svj, e)ktenei=j ta\j xei=ra/j sou,<br />
kai\ a)/lloj se zw/sei kai\ oi)/sei o(/pou ou) qe/leij.<br />
21.19 tou=to de\ ei)=pen shmai/nwn poi/% qana/t% doca/sei to\n qeo/n.<br />
21,18 Amen, amen <strong>di</strong>co a te:<br />
Quando eri più–giovane, ti cingevi (da solo) e camminavi dove volevi;<br />
ma quando invecchierai, stenderai le tue mani<br />
e (un) <strong>al</strong>tro ti cingerà e (ti) condurrà dove non vuoi».<br />
21,19 a Disse questo per–significare con–qu<strong>al</strong>e morte avrebbe–glorificato Dio.<br />
347
«Quando eri più giovane...»: Gesù è ormai sicuro <strong>della</strong> perfetta conversione <strong>di</strong> Pietro,<br />
che ha rinunciato ai propri progetti ed <strong>al</strong> proprio stile <strong>di</strong> vita per accogliere quelli <strong>di</strong> Dio.<br />
«Ti cingevi da solo»: forse Gesù <strong>al</strong>lude proprio <strong>al</strong> gesto fatto <strong>di</strong> Pietro <strong>di</strong> rivestirsi prima<br />
<strong>di</strong> andare a nuoto da lui.<br />
«Stenderai le tue mani e un <strong>al</strong>tro ti cingerà e ti condurrà dove non vuoi»: gli profetizza<br />
chiaramente che egli dovrà dare la sua vita stendendo le sue mani sulla croce.<br />
«Per significare con qu<strong>al</strong>e morte avrebbe glorificato Dio»: l'Evangelista, coerente con la<br />
sua logica interpretativa, vede nella morte <strong>di</strong> Pietro la glorificazione <strong>di</strong> Dio (nell’epoca in<br />
cui scrive, era certamente <strong>al</strong> corrente del martirio <strong>di</strong> Pietro, essendo infatti avvenuto nel 67<br />
d. C.). Gesù, che aveva fatto la pre<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> propria morte (12,33; 18,32), ora la fa<br />
riguardo a Simone. Pietro, come il buon Pastore, darà la sua vita per le pecore, <strong>di</strong>mostrando<br />
così concretamente il suo amore <strong>al</strong> Signore. In questo ha seguito il suo Maestro (come<br />
venne predetto in 13,36 e come sarà or<strong>di</strong>nato in 21,19 b e 21,22).<br />
3. SEGUIMI ! (21,19 b -23)<br />
kai\ tou=to ei)pw\n le/gei au)t%=, )Akolou/qei moi.<br />
21.20 )Epistrafei\j o( Pe/troj ble/pei to\n maqhth\n o(\n h)ga/pa o( )Ihsou=j a)kolouqou=nta,<br />
o(\j kai\ a)ne/pesen e)n t%= dei/pn% e)pi\ to\ sth=qoj au)tou=<br />
kai\ ei)=pen, Ku/rie, ti/j e)stin o( para<strong>di</strong>dou/j se;<br />
21.21 tou=ton ou)=n i)dw\n o( Pe/troj le/gei t%= )Ihsou=, Ku/rie, ou(=toj de\ ti/;<br />
21.22 le/gei au)t%= o( )Ihsou=j,<br />
)Ea\n au)to\n qe/lw me/nein e(/wj e)/rxomai, ti/ pro\j se/; su/ moi a)kolou/qei.<br />
21.23 e)ch=lqen ou)=n ou(=toj o( lo/goj ei)j tou\j a)delfou\j<br />
o(/ti o( maqhth\j e)kei=noj ou)k a)poqnv/skei.<br />
ou)k ei)=pen de\ au)t%= o( )Ihsou=j o(/ti ou)k a)poqnv/skei:<br />
a)ll', )Ea\n au)to\n qe/lw me/nein e(/wj e)/rxomai, ti/ pro\j se/;<br />
21,19 b E detto questo, <strong>di</strong>ce a–lui: «Seguimi!».<br />
21,20 Voltatosi, Pietro vede (che lo) seguiva il <strong>di</strong>scepolo, che Gesù amava,<br />
(quello) che nella cena si–era–posato perfino sul suo petto<br />
e aveva–detto: «Signore, chi è colui–che ti tra<strong>di</strong>sce?».<br />
21,21 Dunque, vedendolo, Pietro <strong>di</strong>ce a Gesù: «Signore, questi invece che (cosa…)?».<br />
21,22 Gli <strong>di</strong>ce Gesù:<br />
«Se voglio (che) egli rimanga, finché (io) venga, che (importa) a te? Tu seguimi!».<br />
21,23 Si–<strong>di</strong>ffuse dunque questa parola tra i fratelli,<br />
che quel <strong>di</strong>scepolo non sarebbe–morto;<br />
però non gli aveva–detto Gesù che non sarebbe–morto,<br />
ma: «Se voglio (che) egli rimanga, finché (io) venga, che (importa) a te?».<br />
«Seguimi»: l'avventura <strong>di</strong> Pietro era cominciata con la chiamata da parte <strong>di</strong> Andrea (1,40-<br />
41); ora, dopo il completamento <strong>di</strong> tutta la vita pubblica, gli viene confermato l'invito<br />
(ripetuto ancora una volta nel v. 22) a seguire consapevolmente il Maestro sino in fondo.<br />
Inizia per lui una nuova e definitiva tappa (13,36).<br />
«Lo seguiva il <strong>di</strong>scepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era posato perfino sul<br />
suo petto»: <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scepolo l’Evangelista, come è sua abitu<strong>di</strong>ne, descrive, per<br />
inquadrarlo meglio, una sua esperienza significativa ed emblematica (infatti, era stato<br />
l'unico a ricevere la confidenza sul tra<strong>di</strong>tore e a posare il capo su quel petto da cui sarebbe<br />
sgorgato sangue ed acqua). Questo serve a mettere in luce quanta confidenza avesse con il<br />
Maestro quel <strong>di</strong>scepolo che aveva creduto appena viste le bende e che aveva colto per primo<br />
la presenza del Signore sulla riva del lago. A lui Gesù non ha bisogno <strong>di</strong> domandare se lo<br />
ama e se gli è amico, perché è assolutamente sicuro del suo amore fedele, <strong>al</strong> punto <strong>di</strong><br />
concedergli <strong>di</strong> riposarsi sul suo cuore.<br />
«Questi invece che cosa?»: Pietro aveva capito che la profezia fattagli d<strong>al</strong> Signore<br />
riguardava il momento conclusivo <strong>della</strong> sua vita. Vuole conoscere anche il futuro <strong>di</strong><br />
348
<strong>Giovanni</strong>. Questa però è una curiosità che non è gra<strong>di</strong>ta <strong>al</strong> Signore, il qu<strong>al</strong>e ha su quel<br />
<strong>di</strong>scepolo speci<strong>al</strong>i e misteriosi progetti, che non intende rivelare.<br />
«Se voglio che egli rimanga...»: visto che qui il verbo rimanere non può essere inteso in<br />
senso fisico e materi<strong>al</strong>e (come ci fa capire il v. 23), dobbiamo pensare che Gesù voglia che<br />
<strong>Giovanni</strong>, il qu<strong>al</strong>e, come appena ricordato, ha posato il capo sul cuore del suo Maestro,<br />
abbia il carisma <strong>di</strong> chi, avendo una vocazione eminentemente contemplativa e mistica, viva<br />
stabilmente in lui e nel suo amore. Come Marta e Maria, nel mondo femminile, così anche<br />
Pietro e <strong>Giovanni</strong>, con le loro caratteristiche maschili, appaiono rispettivamente modelli<br />
complementari <strong>della</strong> vita attiva e <strong>di</strong> quella contemplativa.<br />
«Finché io venga»: questo accenno <strong>al</strong>la venuta fin<strong>al</strong>e del Signore completa bene la<br />
descrizione <strong>della</strong> missione degli apostoli, aggiungendovi la prospettiva escatologica (cosa<br />
che deve stimolare anche noi nella nostra vigile attesa <strong>della</strong> sua venuta).<br />
«Tu seguimi!»: è l'ultima parola <strong>di</strong> Gesù nel <strong>Vangelo</strong> secondo <strong>Giovanni</strong>: è una parola che<br />
ora Pietro può capire e accettare in tutto il suo v<strong>al</strong>ore. È invitato a mettersi in cammino con<br />
Gesù e <strong>di</strong>etro a Gesù, seguendone le orme. Egli è la prima pecorella e un saggio pastore,<br />
proprio perché è innanzi tutto una fedele pecorella.<br />
«Si <strong>di</strong>ffuse dunque questa parola tra i fratelli, che quel <strong>di</strong>scepolo non sarebbe morto»:<br />
quanto sia facile fraintendere le profezie lo <strong>di</strong>mostra questo brano. L’evangelista smentisce<br />
l’interpretazione materi<strong>al</strong>e fatta dai cristiani, chiamati qui, con il meraviglioso nome <strong>di</strong><br />
fratelli.<br />
- III - EPILOGO (21,24-25)<br />
21.24 Ou(=to/j e)stin o( maqhth\j o( marturw=n peri\ tou/twn kai\ o( gra/yaj tau=ta,<br />
kai\ oi)/damen o(/ti a)lhqh\j au)tou= h( marturi/a e)sti/n.<br />
21.25 )/Estin de\ kai\ a)/lla polla\ a(\ e)poi/hsen o( )Ihsou=j,<br />
a(/tina e)a\n gra/fhtai kaq' e(/n,<br />
ou)d' au)to\n oi)=mai to\n ko/smon xwrh=sai ta\ grafo/mena bibli/a.<br />
21,24 Questi è il <strong>di</strong>scepolo che testimonia circa queste (cose) e che le ha–scritte<br />
e sappiamo che è veritiera la sua testimonianza.<br />
21,25 Ma (ci) sono ancora molte <strong>al</strong>tre (cose) che ha–fatto Gesù,<br />
che se fossero–scritte (una) per una,<br />
penso (che) neppure lo stesso mondo conterrebbe i libri scritti.<br />
«Sappiamo che è veritiera la sua testimonianza»: la comunità fa sentire la sua voce<br />
(sappiamo <strong>al</strong> plur<strong>al</strong>e) e conv<strong>al</strong>ida la testimonianza scritta d<strong>al</strong> <strong>di</strong>scepolo amato (cfr. 15,27). È<br />
la Chiesa maestra che ci consegna la Scrittura come scuola <strong>di</strong> fede.<br />
«Ci sono ancora molte <strong>al</strong>tre cose...»: non abbiamo bisogno che sia scritto tutto quello<br />
che Gesù ha fatto e detto. Non ci serve una cronaca minuziosa che sarebbe <strong>di</strong>spersiva e<br />
affaticante, atta più a sod<strong>di</strong>sfare la nostra natur<strong>al</strong>e curiosità che ad e<strong>di</strong>ficare. La sintesi<br />
teologica dell'Evangelista è sufficiente affinché la nostra fede sia completa.<br />
CONCLUSIONE<br />
L'esperienza degli apostoli e dei <strong>di</strong>scepoli del Risorto deve <strong>di</strong>ventare la nostra esperienza<br />
<strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> carità: in ricerca instancabile <strong>della</strong> Vita (come Maria), convinti che l'Amore è<br />
più forte <strong>della</strong> morte e del nostro peccato (come Pietro), dobbiamo compiere la nostra<br />
missione nel mondo a servizio dei fratelli, sapendo che il Signore Vivente è sempre con noi.<br />
Nella PESCA è possibile vedere anche un’<strong>al</strong>lusione <strong>al</strong> Battesimo e nel PASTO preparato<br />
sulla riva, un richiamo <strong>al</strong>l’Eucaristia. Nella prossima Unità proponiamo una rilettura in<br />
chiave contemplativa del Prologo.<br />
349
L'episo<strong>di</strong>o è basilare per un <strong>di</strong>scorso pastor<strong>al</strong>e e vocazion<strong>al</strong>e. Si potrebbero anche utilizzare le<br />
prime tre parti dell'Unità 32 e le prime due dell'Unità 33 per re<strong>al</strong>izzare, speci<strong>al</strong>mente nel tempo<br />
pasqu<strong>al</strong>e, cinque catechesi fin<strong>al</strong>izzate <strong>al</strong>l'annuncio <strong>della</strong> presenza viva del Cristo risorto nella<br />
nostra vita o<strong>di</strong>erna.<br />
350
UNA PORTA APERTA Unità 34<br />
La Parola si fa carne e la carne <strong>di</strong>venta Parola (Gv 1,1-18)<br />
Il Prologo, nel qu<strong>al</strong>e <strong>Giovanni</strong> ha fatto una sintesi <strong>della</strong> sua esperienza con il Cristo, è già<br />
stato esaminato nella prima Unità. Ma, poiché eravamo <strong>al</strong>l’inizio, l’abbiamo stu<strong>di</strong>ato<br />
soprattutto da un punto <strong>di</strong> vista letterario e contenutistico. È arrivato ora il momento <strong>di</strong><br />
rileggerlo in chiave solo contemplativa.<br />
A questo fine abbiamo <strong>di</strong>viso l'Unità in sei parti: dopo aver presentato il <strong>di</strong>namismo del<br />
Lógos (I), l'autore ricorda la testimonianza del Battista in favore <strong>della</strong> luce (II) e gli effetti<br />
dell'accoglienza <strong>di</strong> essa (III). La comunità, poi, testimonia la propria contemplazione del<br />
Lógos fatto carne (IV) e, dopo aver ricordato le parole del Precursore (V), proclama <strong>di</strong> aver<br />
ricevuto d<strong>al</strong> Cristo la pienezza <strong>della</strong> grazia e <strong>della</strong> rivelazione del Padre (VI).<br />
- I - IL DINAMISMO DELLA PAROLA<br />
1. IL LÓGOS VERSO DIO (1,1-2)<br />
Dio è Parola, è Di<strong>al</strong>ogo<br />
1,1 In principio era il Lógos<br />
e il Lógos era rivolto verso Dio<br />
e il Lógos era Dio.<br />
1,2 Questi era in principio, rivolto verso Dio.<br />
Partiamo d<strong>al</strong>l'esperienza concreta, che il IV <strong>Vangelo</strong> ci ha fatto vivere, circa la forza <strong>di</strong><br />
questo Lógos: egli è la Parola che glorifica il Padre e che illumina, guarisce, risuscita<br />
l'uomo. Il segreto <strong>di</strong> questa forza sta nel fatto che egli è il Lógos eterno, Dio vero, come otto<br />
giorni dopo la Risurrezione Tommaso ha riconosciuto. Se la Parola è Dio, Dio è Di<strong>al</strong>ogo<br />
innanzi tutto <strong>al</strong> suo interno (il Lógos infatti è rivolto verso il Padre) e poi nei confronti degli<br />
uomini.<br />
1 Gv 1,1 Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo u<strong>di</strong>to, ciò che noi abbiamo<br />
contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Lógos <strong>della</strong> vita...<br />
2. IL LÓGOS, IL MONDO E LA STORIA (1,3 a )<br />
Il creato e la redenzione esprimono la Parola<br />
1,3 Tutto per mezzo <strong>di</strong> lui avvenne<br />
e senza <strong>di</strong> lui non avvenne nulla <strong>di</strong> ciò che è avvenuto.<br />
Il mondo e la storia <strong>della</strong> s<strong>al</strong>vezza sono opera del Lógos. Contempliamo nella natura,<br />
nella storia dell'umanità e nella nostra esperienza person<strong>al</strong>e la presenza e l’opera del Lógos<br />
che è la ragione <strong>della</strong> nostra vita. La concretezza del Lógos è assoluta, tot<strong>al</strong>e.<br />
1 Cor 1,15 Per noi c'è un solo Dio, il Padre, d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e tutto proviene e noi siamo per<br />
lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del qu<strong>al</strong>e esistono tutte le cose e noi esistiamo<br />
per lui.<br />
3. IL LÓGOS E GLI UOMINI (1,3 b -4)<br />
La Parola è vita e luce<br />
351
1,4 in Lui era vita<br />
e la vita era la luce degli uomini.<br />
Sconcertati d<strong>al</strong>la potenza <strong>della</strong> sua risurrezione possiamo ben credere che in lui c'è la<br />
Vita e tutto ciò che è avvenuto (creazione e redenzione) è fin<strong>al</strong>izzato <strong>al</strong> dono <strong>della</strong> vita. T<strong>al</strong>e<br />
vita ha uno splendore così grande da essere luce, la qu<strong>al</strong>e è la bellezza indefettibile <strong>della</strong><br />
vita stessa, che siamo chiamati ad ammirare e a possedere.<br />
1 Gv 1 2 ... Poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e <strong>di</strong> ciò ren<strong>di</strong>amo<br />
testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a<br />
noi... 5 Questo è il messaggio che abbiamo u<strong>di</strong>to da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce<br />
e in lui non ci sono tenebre.<br />
4. IL LÓGOS E LE TENEBRE (1,5)<br />
Nulla estingue la luce<br />
1,5 e la luce nella tenebra splende<br />
e la tenebra non l'ha presa.<br />
Semplicemente la luce brilla: tutto il resto è tenebra, ma non è un problema. La luce<br />
risplende; niente la può fermare. La tenebra potrà solo renderla più appariscente.<br />
- II - TESTIMONIARE LA LUCE<br />
1. UN UOMO, UNA MISSIONE, UN NOME (1,6)<br />
Il testimone <strong>della</strong> luce<br />
1,6 Ci fu un uomo<br />
mandato da Dio,<br />
il nome dato a lui era <strong>Giovanni</strong>:<br />
La luce trova subito un collaboratore: un UOMO, senza <strong>al</strong>tra qu<strong>al</strong>ifica che il proprio<br />
nome, così come avviene per ognuno <strong>di</strong> noi.<br />
2. TESTIMONE DELLA LUCE (1,7-8)<br />
In vista <strong>della</strong> fede<br />
1,7 questi venne per la testimonianza,<br />
affinché testimoniasse riguardo <strong>al</strong>la luce,<br />
affinché tutti credessero per mezzo <strong>di</strong> lui.<br />
1,8 Non era egli la luce,<br />
ma affinché testimoniasse riguardo <strong>al</strong>la luce.<br />
Credere nella luce: a questo tutti sono chiamati. Ma è necessario che la luce brilli nella<br />
testimonianza dell'UOMO. L'uomo non è mai la luce, ma deve irra<strong>di</strong>are la luce che ha<br />
dentro, testimoniare il senso pieno <strong>della</strong> vita che il Lógos gli ha rivelato.<br />
- III - ACCOGLIERE IL LÓGOS-LUCE<br />
1. LA LUCE VERA E OGNI UOMO (1,9)<br />
Luce anche per me<br />
352
1,9 C'era la luce, quella vera,<br />
che illumina ogni uomo,<br />
che viene nel mondo.<br />
Tutti gli uomini sono illuminati d<strong>al</strong> Lógos: egli è la verità univers<strong>al</strong>e dell'umanità. È la<br />
mia verità. Ci sembra <strong>di</strong> sentire il Maestro che afferma: Io, come luce, sono venuto nel<br />
mondo (12,46).<br />
2. LA LUCE E IL MONDO (1,10-11)<br />
La luce che mi ha creato<br />
1,10 Era nel mondo<br />
e il mondo per mezzo <strong>di</strong> lui esistette<br />
e il mondo non lo riconobbe.<br />
1,11 Nei suoi posse<strong>di</strong>menti venne<br />
e i suoi non lo hanno accolto.<br />
Il mondo è creato d<strong>al</strong>la Parola <strong>di</strong> Luce e Israele è la sua proprietà: il mondo lo deve<br />
conoscere, Israele lo deve accogliere; la Parola esige fede e amore. Sentiamoci creati d<strong>al</strong>la<br />
Luce, sentiamoci suoi.<br />
3. LA LUCE E I FIGLI DI DIO (1,12-13)<br />
La luce mi fa figlio<br />
1,12 Quanti però l'hanno accolto,<br />
ha dato ad essi il potere <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare figli <strong>di</strong> Dio,<br />
a quelli che credono nel nome suo,<br />
1,13 i qu<strong>al</strong>i non [da sangui, né] da volontà <strong>di</strong> carne, [né da volontà <strong>di</strong> uomo],<br />
ma da Dio sono stati generati.<br />
Esercitiamo questo potere, questa capacità che ci è stata donata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare figli <strong>di</strong> Dio<br />
Padre per mezzo <strong>della</strong> fede nella luce che viene. Secondo quanto Gesù aveva già annunciato<br />
a Nicodemo, l’essere figli comporta una vera nuova generazione che impegna a superare le<br />
leggi <strong>della</strong> carne per essere Spirito e così venire conformati <strong>al</strong> Figlio.<br />
1 Gv 5,12 Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio <strong>di</strong> Dio, non ha la vita.<br />
- IV - CONTEMPLARE LA GLORIA DEL LÓGOS<br />
1. IL LÓGOS-UOMO TRA NOI (1,14 a )<br />
La Parola <strong>di</strong>venuta Uomo<br />
1,14 E il Lógos carne <strong>di</strong>venne<br />
e si attendò in mezzo a noi.<br />
L'uomo Gesù è il Lógos <strong>di</strong>vino rivolto verso il Padre: egli è dunque la luce e la vita. D<strong>al</strong><br />
momento dell’Incarnazione, la carne <strong>di</strong>venta la tenda <strong>della</strong> Parola rivelatrice, il nuovo<br />
tempio ricostruito in tre giorni. Il corpo umano raggiunge il massimo del significato e del<br />
v<strong>al</strong>ore.<br />
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2. L'UNIGENITO PIENO DI GRAZIA E VERITÀ (1,14 b )<br />
La sua gloria<br />
e abbiamo contemplato la gloria sua,<br />
gloria in quanto Unigenito d<strong>al</strong> Padre,<br />
pieno <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> verità.<br />
I credenti hanno contemplato la gloria del Figlio unico <strong>di</strong> Dio, glorioso proprio perché<br />
Unigenito d<strong>al</strong> Padre, perché pieno <strong>di</strong> grazia vera e <strong>di</strong> verità misericor<strong>di</strong>osa. Anche noi<br />
fissiamo lo sguardo in quella gloria stupenda, invocando il dono <strong>di</strong> comprendere meglio il<br />
sommo mistero dell’Incarnazione del Figlio, sorgente vera <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>vezza.<br />
Lc 9 28 ... (Gesù) prese con sé Pietro, <strong>Giovanni</strong> e Giacomo e s<strong>al</strong>ì sul monte a pregare. 29<br />
E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste <strong>di</strong>venne can<strong>di</strong>da e<br />
sfolgorante.<br />
- V - GRIDARE LA TESTIMONIANZA (1,15)<br />
1,15 <strong>Giovanni</strong> testimonia riguardo a lui e grida, <strong>di</strong>cendo:<br />
«Questi era colui del qu<strong>al</strong>e ho detto:<br />
' Colui che dopo <strong>di</strong> me viene,<br />
avanti a me è esistito,<br />
perché era prima <strong>di</strong> me '».<br />
<strong>Giovanni</strong> si percepisce avvolto, superato, invaso d<strong>al</strong> Cristo: vede la sua vita in funzione<br />
<strong>di</strong> lui.<br />
- VI - RICEVERE LA PIENEZZA E VEDERE DIO<br />
1. GESÙ: LA PIENEZZA DI GRAZIA E VERITÀ (1,16-17)<br />
La grazia supera la legge<br />
1,16 Poiché d<strong>al</strong>la sua pienezza<br />
noi tutti abbiamo ricevuto<br />
e grazia contro grazia;<br />
1,17 perché la legge per mezzo <strong>di</strong> Mosè fu donata,<br />
la grazia e la verità per mezzo <strong>di</strong> Gesù Cristo è esistita.<br />
La comunità si sente arricchita d<strong>al</strong>l’abbondanza <strong>della</strong> grazia <strong>della</strong> verità donata da Gesù<br />
Cristo. Contemplare equiv<strong>al</strong>e a ricevere (1,14). Abbiamo notato che nel <strong>Vangelo</strong> il Signore<br />
parla ben 20 volte <strong>di</strong> verità, dando a questa parola un senso pieno.<br />
Ef 1 8 Egli (il Padre, la ricchezza <strong>della</strong> sua grazia) l'ha sovrabbondantemente riversata<br />
su <strong>di</strong> noi con ogni sapienza ed intelligenza, 9 poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero<br />
<strong>della</strong> sua volontà, ... 10 per re<strong>al</strong>izzarlo nella pienezza dei tempi: il <strong>di</strong>segno cioè <strong>di</strong><br />
ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle <strong>della</strong> terra.<br />
2. IL FIGLIO: RIVELAZIONE DEL PADRE (1,18)<br />
L'Unigenito del Padre<br />
1,18 Dio nessuno l’ha visto mai;<br />
l'Unigenito Dio che è nel seno del Padre,<br />
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egli lo ha spiegato.<br />
Chi vede e contempla il Cristo, vede e contempla il Padre (cfr. 14,9).<br />
1 Gv 3,2 Carissimi, noi fin d'ora siamo figli <strong>di</strong> Dio, ma ciò che saremo non è stato<br />
ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a<br />
lui, perché lo vedremo così come egli è.<br />
CONCLUSIONI DEL SECONDO TEMPO<br />
A questo punto possiamo continuare la lettura del <strong>Vangelo</strong> giovanneo arricchiti<br />
d<strong>al</strong>l’esperienza, che abbiamo fatto, per poter riscrivere il nostro commento, non tanto sulla<br />
carta, ma con una vita rinnovata <strong>di</strong> veri figli del Padre.<br />
Adesso però è utile dare uno sguardo gener<strong>al</strong>e <strong>al</strong> secondo tempo del <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong><br />
e notare che, da un certo punto <strong>di</strong> vista, si <strong>di</strong>vide in due fasi: quella <strong>della</strong> preparazione<br />
imme<strong>di</strong>ata agli eventi <strong>della</strong> nuova Pasqua e quella del Sacrificio e <strong>della</strong> Glorificazione<br />
pasqu<strong>al</strong>i.<br />
La prima va d<strong>al</strong> gesto <strong>di</strong> Maria, che profuma i pie<strong>di</strong> <strong>al</strong> Signore, fino <strong>al</strong>la preghiera per<br />
l'Unità <strong>di</strong> tutti i credenti. In questa fase vi è una SCUOLA nella qu<strong>al</strong>e il Lógos (la parola)<br />
acquista una forza sempre più grande ed è insegnamento, profezia, esortazione,<br />
comandamento, consolazione, preghiera <strong>al</strong> Padre... Tutto questo serve a far capire il senso<br />
<strong>della</strong> Passione e Risurrezione. Senza quelle parole la Passione potrebbe sembrare una<br />
assurda vittoria del m<strong>al</strong>e e il Risorto qu<strong>al</strong>cuno <strong>di</strong>verso d<strong>al</strong>l'amico <strong>di</strong> prima. In re<strong>al</strong>tà identico<br />
è il Signore che dona la pace durante l’ultima Cena e che augura pace nelle sue apparizioni<br />
agli apostoli: vi è identità tra la gioia promessa nei <strong>di</strong>scorsi convivi<strong>al</strong>i e quella vissuta dai<br />
<strong>di</strong>scepoli nel vedere il Signore risuscitato. Sapientemente <strong>Giovanni</strong> ci ha conservato, nella<br />
prima fase, tutti gli elementi in<strong>di</strong>spensabili per aiutarci ad affrontare l'o<strong>di</strong>o del mondo e a<br />
credere nel Signore Sofferente e Risorto.<br />
La seconda fase è quella drammatica e sublime <strong>della</strong> Pasqua <strong>di</strong> sofferenza e <strong>di</strong><br />
glorificazione. La SCUOLA <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> amore qui è costituita soprattutto da azioni. Gesù<br />
<strong>di</strong>mostra la sua <strong>di</strong>vina reg<strong>al</strong>ità e, spogliandosi <strong>di</strong> tutto, ci fa <strong>di</strong>ventare ricchi con la sua<br />
assoluta povertà. Una volta risorto dona <strong>al</strong>la Chiesa il suo Spirito <strong>di</strong> Pace e <strong>di</strong> Amore.<br />
NUOVI ORIZZONTI<br />
Facciamo ora <strong>al</strong>cune riflessioni fin<strong>al</strong>i su tutto il IV <strong>Vangelo</strong>.<br />
Se guar<strong>di</strong>amo il Primo Tempo (che va d<strong>al</strong> battesimo pre<strong>di</strong>cato da <strong>Giovanni</strong> fino <strong>al</strong>la<br />
risurrezione <strong>di</strong> Lazzaro), tenendo presente il Secondo (caratterizzato d<strong>al</strong> Segno <strong>di</strong> Pasqua),<br />
ci ren<strong>di</strong>amo conto che non possiamo non rileggerlo sotto una luce nuova, così come ha fatto<br />
l'Evangelista, che, stupefatto, più <strong>di</strong> una volta afferma <strong>di</strong> aver capito quei fatti dopo l'evento<br />
<strong>della</strong> Risurrezione. Nessuna parola e nessun gesto o miracolo ha senso se non è visto nella<br />
prospettiva <strong>della</strong> Pasqua. In questa prospettiva tutto appare come un mezzo per promettere e<br />
re<strong>al</strong>izzare la presenza viva e vivificante del Signore risorto in mezzo a noi.<br />
Pren<strong>di</strong>amo, ad esempio, in considerazione gli eventi che si possono collegare con la<br />
re<strong>al</strong>tà del cibo e <strong>della</strong> convivi<strong>al</strong>ità: il segno <strong>di</strong> Cana, quello dei Pani e quello <strong>di</strong> Lazzaro. Le<br />
nozze <strong>di</strong> Cana anticipano l'Ora del banchetto messianico (sono figura del convito del<br />
Risorto con i suoi); il segno dei Pani (centr<strong>al</strong>e) <strong>al</strong>lude chiaramente <strong>al</strong> convito offerto da chi<br />
ha Parole <strong>di</strong> Vita e dona la Carne del nuovo Agnello come Pane <strong>di</strong> Vita eterna; infine, anche<br />
Lazzaro è figura del Cristo Risorto e il suo ritorno <strong>al</strong>la vita è festeggiato in un banchetto a<br />
Betania.<br />
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Il secondo Tempo, poi, inizia con una cena in casa <strong>di</strong> Lazzaro, attraversa tutta l'Ultima<br />
Cena, trova un momento culminante nel <strong>San</strong>gue, che esce d<strong>al</strong> costato dell'Agnello trafitto, e<br />
si conclude con il pasto preparato d<strong>al</strong> Risorto sulla riva del lago <strong>di</strong> Tiberiade.<br />
La presenza del Signore Risuscitato, secondo il <strong>Vangelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, è profeticamente<br />
annunziata nei conviti, sopra ricordati, è re<strong>al</strong>izzata in pienezza negli incontri con il Risorto,<br />
incontri avvenuti <strong>di</strong> solito in un contesto convivi<strong>al</strong>e, ed è continuata re<strong>al</strong>mente là dove i<br />
fratelli radunati spezzano il pane <strong>della</strong> parola e il pane eucaristico: «Ecco, sto <strong>al</strong>la porta e<br />
busso. Se qu<strong>al</strong>cuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed<br />
egli con me» (Apc 3,20). Ancora oggi, dunque, incontriamo il Signore Gesù soprattutto<br />
nell'Eucaristia.<br />
Se invece an<strong>al</strong>izziamo i segni collegati con il tema dell'Acqua, possiamo vedere una linea<br />
che, partendo d<strong>al</strong> battesimo <strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong>, che preannuncia quello <strong>di</strong> Spirito <strong>San</strong>to re<strong>al</strong>izzato<br />
da Cristo, passa attraverso i <strong>di</strong>scorsi con Nicodemo e con la Samaritana, i miracoli <strong>al</strong>la<br />
piscina <strong>di</strong> Betzatà e <strong>di</strong> Siloe, fino ad arrivare <strong>al</strong>la lavanda dei pie<strong>di</strong> e <strong>al</strong>l'Acqua, che esce d<strong>al</strong><br />
cuore del Crocifisso, il qu<strong>al</strong>e, risuscitato, <strong>al</strong>ita lo Spirito purificatore sui <strong>di</strong>scepoli.<br />
Anche qui abbiamo la presenza del Risorto, datore dello Spirito, prima profeticamente<br />
promessa, poi person<strong>al</strong>mente re<strong>al</strong>izzata nel cenacolo da colui che Tommaso chiama<br />
«Signore mio e Dio mio», ed infine perennemente attu<strong>al</strong>izzata d<strong>al</strong> ministero <strong>della</strong> Chiesa nel<br />
segno sacrament<strong>al</strong>e del Battesimo: «Questi è colui che è venuto con acqua e con sangue,<br />
Gesù Cristo» (1 Gv 5,6).<br />
<strong>Giovanni</strong> non sente il bisogno <strong>di</strong> parlarci esplicitamente dell'istituzione del Battesimo e<br />
dell'Eucaristia, come invece fanno i Sinottici e Paolo (Mt 26,26 ss.; 28,19; 1 Cor 11,23 ss.).<br />
Insiste piuttosto sulla assoluta necessità <strong>di</strong> rinascere da Acqua e Spirito e <strong>di</strong> mangiare il<br />
Pane <strong>della</strong> Vita. In t<strong>al</strong> modo cerca <strong>di</strong> farci capire che i sacramenti devono venire celebrati<br />
non solo perché il Signore li ha comandati, ma anche perché così richiede tutto il<br />
meccanismo simbolico e sacrament<strong>al</strong>e, con il qu<strong>al</strong>e la S<strong>al</strong>vezza viene fatta conoscere e<br />
viene trasmessa. Una Chiesa priva <strong>di</strong> sacramenti è quin<strong>di</strong> inconcepibile per <strong>Giovanni</strong>, così<br />
come è per lui inconcepibile un Cristo privo <strong>della</strong> sua umanità (1,14; 1 Gv 4,2; 2 Gv 7).<br />
Tutto questo ci fa capire quanto il <strong>Vangelo</strong> ci umanizza nel momento in cui ci <strong>di</strong>vinizza.<br />
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Bibliografia consultata<br />
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