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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

una significativa forza se siamo ancora qui a ragionarne.<br />

Placanica qualche spiegazione ce la dà. Scrive:<br />

Da sempre, la debolezza dell’uomo sta nella necessità di adeguarsi a<br />

limiti e forze ineluttab<strong>il</strong>i che lo sovrastano – la nascita, la vita, la morte -<br />

in un presente continuo, che continuamente gli sfugge di mano, e che<br />

rinvia a un futuro che egli ignora. Questo futuro può essere <strong>il</strong> Destino<br />

misterioso e inesorab<strong>il</strong>e, a cui anche Giove doveva piegarsi; o può essere<br />

la Parusìa, Tempo della Fine e Fine del Tempo, che lo stesso Gesù<br />

dichiarava di non conoscere, rinviando all’onniscienza del Padre. Ma,<br />

da sempre, si verifica un’apparente stranezza: che la forza dell’uomo<br />

nasce proprio dalla sua finitezza, e consiste proprio nel sentirsi egli<br />

rafforzato dall’ineluttab<strong>il</strong>ità di forze a lui estranee (quando non<br />

addirittura nemiche): e così – con patetica immaginazione o con austere<br />

f<strong>il</strong>osofie della storia – egli conferisce a quei limiti e a quelle forze esterne,<br />

superiori e ineluttab<strong>il</strong>i, e allo stesso Destino, <strong>il</strong> senso e la qualità che egli<br />

stesso plasma, e insomma <strong>il</strong> suo universo culturale; <strong>il</strong>ludendosene o<br />

temendone, dunque, ma ottenendo, così, che da un mondo superiore si<br />

imponga ordine nel mondo di questa terra: ché senza ordine – almeno<br />

nell’immaginazione – non si può vivere. Piccolo risarcimento, certo, per<br />

la misera condizione umana: ma intanto è l’unico. Con l’uomo o contro<br />

l’uomo, storicamente definiti, si leva una forza che, proprio perché<br />

esterna, gli offre un punto di riferimento. Ed ecco che fioriscono visioni e<br />

miti, credenze e fedi, superstizioni e premonizioni, tradizioni invincib<strong>il</strong>i e<br />

teorie raziocinanti.<br />

Dunque, la debolezza dell’arma è diventata l’arma della debolezza; e<br />

<strong>il</strong> M<strong>il</strong>lennio è una di queste armi. Il M<strong>il</strong>lennio è attesa. Dunque, è un’età<br />

priva di tempo, un sogno privo di spazio […]; un’idea, non un fatto. Ma<br />

forse che le idee non sono fatti, con cui conviviamo <strong>giorno</strong> <strong>dopo</strong> <strong>giorno</strong>,<br />

strumenti anch’esse del nostro vivere?<br />

Perciò più avanti ci spiega che «non c’è stato<br />

rivoluzionario che non abbia agitato la bandiera del<br />

modello apocalittico» e che «nulla di grande e di nuovo si è<br />

osato, nel secolare cammino delle società umane, che non<br />

si sia abbeverato – miticamente o razionalmente – a un<br />

qualche éschaton».<br />

Di più: «nelle società del passato, chi già nel presente<br />

non avesse nulla, e che meno che mai potesse attendersi<br />

alcunché dal futuro […] doveva pur trovare un rifugio, un<br />

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