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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

Molti, allora, «fuggono dalla vita perché hanno paura di<br />

non essere capaci di viverla così come ci si aspetta che la<br />

vivano».<br />

Accanto al tema del suicidio c’è quello della malattia<br />

mentale e del rapporto tra questa e la sicurezza. Attingendo<br />

ancora a Fromm, Balbi nega che questa, la sicurezza, sia<br />

l’essenza della salute mentale e suggerisce: «l’uomo non<br />

deve tendere a sentirsi sicuro, ma a convivere senza paura<br />

con l’insicurezza».<br />

Si è osservato che ci sono antiche paure che vengono<br />

meno lungo <strong>il</strong> corso della storia mentre ne sorgono di<br />

nuovissime e tra queste vi è (o vi è stata) senz’altro la paura<br />

della catastrofe nucleare.<br />

Riguardo alla paura della catastrofe nucleare, Rosellina<br />

Balbi cita ancora Fromm, laddove egli scrive che «se una<br />

guerra atomica dovesse distruggere, fra due o tre anni,<br />

metà della popolazione terrestre e iniziare un periodo di<br />

barbarie assoluta – o se questo dovesse capitare tra dieci<br />

anni e magari distruggere tutta la vita su questa terra –<br />

questo sarà per un atto di obbedienza: l’obbedienza degli<br />

uomini che premono <strong>il</strong> bottone agli uomini che danno gli<br />

ordini, e l’obbedienza a idee che permettono di pensare nei<br />

termini di una sim<strong>il</strong>e follia» 217.<br />

Il libro della Balbi non si sofferma sulle caratteristiche<br />

assunte, a partire dal 1945, anno in cui furono lanciate su<br />

Hiroshima e Nagasaki i primi ordigni nucleari, dalla paura<br />

della catastrofe nucleare. Fornisce però altre preziose<br />

indicazioni su quelle che Georges Heuyer ha definito le<br />

«psicosi collettive», entro le quali possono essere comprese<br />

appunto la paura della catastrofe nucleare e alcune delle<br />

espressioni moderne della paura della fine del mondo.<br />

217 ERICH FROMM, cit. in ROSELLINA BALBI, Madre paura, cit., p. 138. Fromm<br />

sostiene che se la storia dell’uomo potrebbe finire con un atto di obbedienza,<br />

essa è iniziata con un atto di disobbedienza, quello di Adamo ed Eva; così come<br />

è un atto di disobbedienza quello di Prometeo che rubando <strong>il</strong> fuoco agli dèi e<br />

portandolo all’uomo ha dato vita alla civ<strong>il</strong>tà umana.<br />

228

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