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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

Significativamente intitolata Storia di un libro che non finisce<br />

mai, non tanto per autofregiarsi immortale, quanto perché<br />

tale è <strong>il</strong> suo argomento: la morte, insomma, non muore<br />

mai; la prefazione del libro di Ariés fissa subito questa frase:<br />

«Bisogna riconoscerlo: <strong>il</strong> <strong>giorno</strong> della parola “fine” non è<br />

ancora arrivato».<br />

Incentrato sullo studio dei costumi funebri, <strong>il</strong> libro svela<br />

che solitamente commettiamo l’errore di «attribuire origini<br />

lontane a fenomeni collettivi e mentali in realtà<br />

recentissimi, <strong>il</strong> che equivarrebbe a riconoscere a<br />

quest’epoca di progresso scientifico la capacità di creare dei<br />

miti».<br />

Ariés sostiene che i mutamenti dell’uomo di fronte alla<br />

morte sono molto lenti o, almeno, «si collocano fra lunghi<br />

periodi d’immob<strong>il</strong>ità», e aggiunge:<br />

I contemporanei non li avvertono, perché <strong>il</strong> tempo che li separa<br />

oltrepassa quello di molte generazioni ed eccede la capacità della<br />

memoria collettiva.<br />

Svolgendo la sua ricerca, lo storico si avvede della<br />

relazione «fra l’atteggiamento davanti alla morte, in quel<br />

che aveva di più generale e di più comune, e le variazioni<br />

della coscienza dell’io e del tu, <strong>il</strong> senso del destino<br />

individuale o del grande destino collettivo».<br />

Ariés ritiene che «per una lunga serie di secoli,<br />

nell’ordine del m<strong>il</strong>lennio» la morte sia stata<br />

«addomesticata». A meno che non si trattasse di morti<br />

terrib<strong>il</strong>i, come nel caso della peste, o «improvvise» –<br />

probab<strong>il</strong>mente quelle violente, anche se Ariés non lo spiega<br />

–, le quali venivano presentate come eccezionali e di cui<br />

era opportuno «non parlarne», si moriva avendo <strong>il</strong> tempo<br />

di sapere che si stava per morire. L’«avviso» che si stava<br />

per morire «era dato da segni naturali o più spesso ancora<br />

da un’intima convinzione, piuttosto che da una<br />

premonizione soprannaturale o magica. Era una cosa<br />

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