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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

<strong>il</strong> suo male e perché mostrasse di non curarlo. [...] Nessuno<br />

seppe dove fosse la sua casa; nessuno gli conobbe padre o<br />

fratelli». Niente linea discendente, dunque, niente relazioni<br />

orizzontali, non passato né futuro.<br />

Solo quando <strong>il</strong> narrante, protagonista dell’ultima visita,<br />

in quell’estrema occasione, gli chiede «Che avete? [...] <strong>il</strong><br />

vostro male vi tormenta più degli altri giorni?», <strong>il</strong><br />

Gent<strong>il</strong>uomo rivela: «Voi credete dunque, come tutti, ch’io<br />

abbia un male? Che ci sia un male che sia mio? Perché non<br />

dire ch’io sono, io stesso, un male? Non c’è niente che sia mio,<br />

intendete? Non c’è niente che mi appartenga! Ma io sono<br />

di qualcuno e c’è qualcuno a cui appartengo!».<br />

Egli infatti non è un uomo reale, è «nient’altro che la<br />

figura di un sogno», fatto – come disse Shakespeare – «della<br />

stessa stoffa colla quale son fatti i vostri sogni!. Esisto perché c’è<br />

uno che mi sogna».<br />

Sognandolo, quell’uno l’ha fatto esistere e smettendo di<br />

sognarlo potrebbe distruggerlo. Per cui: «Nei primi tempi<br />

ero spaventato dal pensiero che poteva bastare la più<br />

piccola cosa per svegliarlo, cioè per annientarmi. Un grido,<br />

un rumore, un soffio poteva ad un tratto calarmi nel nulla.<br />

[...] Tremavo ogni istante all’idea di commettere qualcosa<br />

che potesse offenderlo, spaventarlo e perciò svegliarlo»:<br />

Poi, invece, «tutto ho tentato per giungere al riposo<br />

dell’annientamento; tutto ho messo in opera per<br />

interrompere questa triste commedia della mia vita<br />

apparente, per distruggere questa ridicola larva di vita che<br />

mi fa sim<strong>il</strong>e agli uomini».<br />

Quell’uomo malato «Era, veramente, un seminatore di<br />

spavento».<br />

L’uomo del sottosuolo di Dostoevskij, invece, a<br />

differenza del Gregor Samsa delle Metamorfosi (1915) di<br />

Franz Kafka, non è «riuscito a diventare neppure un<br />

insetto. Vi assicuro con la massima serietà che molte volte<br />

ho desiderato di diventare un insetto.<br />

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