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Disertace Brož - Theses

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Giovanni dà a ciascuno dei due verbi un senso preciso, dobbiamo ammettere<br />

che non sia in ciò del tutto conseguente. Non sembra cioè che ponga il fulcro<br />

nella diversità dei termini, quasi come se si definisse uno in opposizione<br />

all’altro. Possiamo parlare più di una sfumatura di significato nei verbi<br />

diversi, piuttosto che di un significato differente precisamente definito. Se<br />

volessimo attribuire a Giovanni la seconda intenzione, dovremmo, con de la<br />

Potterie, spingere un po’ troppo l’idea e arrivare a delle interpretazioni un<br />

po’ forzate, come quelle di 2,24-25 e 21,17 61 .<br />

1.3.4 Provenienza: po,qen, avpo, e para,<br />

Il quarto campo semantico riguarda il tema di provenienza e di origine che<br />

costituisce il fulcro di tutto il brano. Si trarra della provenienza di Gesù e del<br />

Messia. L’ipotesi dei gerosolimitani, che i capi del popolo abbiano<br />

riconosciuto in Gesù il Cristo, collide col fatto che loro sanno donde è Gesù<br />

(oi;damen po,qen evsti,n), mentre del Cristo ouvdei.j ginw,skei po,qen evsti,n (v.<br />

27). Gesù nella sua risposta riprende la loro affermazione: oi;date po,qen<br />

eivmi,, ma la riporta alla giusta misura, mostrando la sua vera provenienza:<br />

con una proposizione negativa (avpV evmautou/ ouvk evlh,luqa, v. 28) e una<br />

positiva (parV auvtou/ eivmi, v. 29). La provenienza o l’origine di Gesù/il<br />

Cristo è in questo brano espressa con l’avverbio interrogativo di moto da<br />

luogo po,qen e con le preposizioni avpo, e para,, in collegamento con i verbi<br />

eivmi, o e;rcomai.<br />

1) po,qen: L’avverbio interrogativo po,qen, da dove, si utilizza laddove si<br />

pone una domanda sul punto di partenza di un movimento o su provenienza<br />

61 I. DE LA POTTERIE, «oi=da e ginw,skw...», 306-307: Rispetto al ginw,skein di Gesù in<br />

2,24-25 non si tratta, secondo l’autore, di una conoscenza soprannaturale dello stato<br />

d’animo degli uomini, della sua onniscienza, ma piuttosto di uno sguardo umano<br />

scrutatore e penetrante e di un’esperienza con uomini. Anche il 21,17 si tratta della<br />

conoscenza umana, cui Pietro si appella nella risposta alla terza domanda di Gesù<br />

sull’amore: pa,nta su. oi=daj( su. ginw,skeij o[ti filw/ se. I due verbi non sono qui<br />

sinonimi. «Al contrario, il cambiamento di verbo nella terza risposta è l’indizio di una<br />

nuova connotazione. Le prime due volte Pietro, sicuro di sé (...), fa appello all’intuizione<br />

soprannaturale di Cristo; la terza volta egli esita e si limita a richiamare questa<br />

onniscenza in modo generale (pa,nta su. oi=daj, cf. 16,30), ma per ciò che riguarda il<br />

proprio atteggiamento, egli osa invocare come prova del suo amore soltanto l’esperienza<br />

che Cristo ne ha fatta: ginw,skeij deve essere inteso qui con la seguente connotazione: “tu<br />

hai potuto costatare, tu devi sapere che ti amo.”» – Questo è troppo spinto! Al contrario,<br />

Pietro non può contare sulla conoscenza sperimentale che Gesù ha di lui: Pitero non<br />

poteva aver convinto Gesù del suo amore, avendolo rinnegato per tre volte!<br />

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