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Disertace Brož - Theses

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Infine, l’oggetto di questa conoscenza è ampliato fino ad includere l’unione<br />

degli uomini in Cristo e, con lui, in Dio: evn evkei,nh| th/| h`me,ra| gnw,sesqe u`mei/j<br />

o[ti evgw. evn tw/| patri, mou kai. u`mei/j evn evmoi. kavgw. evn u`mi/n (14,20). A questo<br />

punto si capisce come la gnw/sij sia la presa di coscienza del rapporto di mutua<br />

inabitazione tra Dio e l’uomo. È molto istruttivo tracciare la linea di sviluppo<br />

di questa concezione a partire dai suoi antecedenti antico-testamentari. Per i<br />

profeti il culmine dell’esperienza religiosa consisteva nell’esperienza concreta<br />

dell’unica maestà di Dio-Signore. Per Giovanni quest’esperienza è resa<br />

possibile per mezzo dell’accettazione di Cristo in quanto rivelatore di Dio, di<br />

Cristo in quanto formante un’unità inseparabile con Dio; e il culmine di tutto<br />

questo processo si ha quando esperimentiamo la nostra unione con Cristo in<br />

Dio. A questo punto siamo costretti ad ammettere che la distinzione tra l’essere<br />

in Cristo e il sapere di essere in Cristo è semplicemente formale: la conoscenza<br />

si è trasformata di fatto in unione.<br />

Come in Dio si identifica la conoscenza con l’essere, ossia con<br />

l’immanenza reciproca tra il Padre e il Figlio, così la conoscenza di sé e del<br />

Padre che Gesù ci offre diventa per noi l’immanenza e l’essere, cosicché<br />

diventiamo i figli di Dio, partecipi del suo essere. «Come il rapporto tra il<br />

Padre e il Figlio può essere visto come un ei=nai evn (Gv 10,35; 14,11; 17,21;<br />

cf. spec. 1Gv 2,3.5; 5,20), anzi addirittura come un reciproco e[n ei=nai (Gv<br />

10,30), ma anche come un reciproco ginw,skein, allo stesso modo il rapporto<br />

fra Gesù e i suoi seguaci può essere presentato come un ei=nai evn (Gv<br />

15,1ss.; 17,21), ma anche come una forma di conoscenza (Gv 10,14s.27; cf.<br />

7,29; 8,55)» 419 .<br />

Ho partito dall’ipotesi che le parole di Gesù in 7,29 possano essere<br />

considerate come una sintesi possibile di tutto il Quarto Vangelo. La<br />

presente ricerca, a mio parere, ha confermato quest’ipotesi di partenza.<br />

Infatti, per Gesù, visto da Giovanni come il rivelatore per eccellenza, anzi<br />

come la Rivelazione stessa, è caratteristico e per tale compito necessario il<br />

fatto che conosce la Realtà assoluta, il Padre. Questo fatto poi determina la<br />

sua identità personale, il suo essere, essere Figlio. E da questa identità<br />

personale, del Figlio che conosce il Padre, deriva la sua missione che si<br />

compie quando noi siamo iniziati nella sua conoscenza, vedendo in lui il<br />

419 R. BULTMANN, «ginw,skw», in ThWNT, I, 711: «Wie das Verhältnis zwischen dem<br />

Vater und dem Sohn, das sonst als ei=nai evn (Joh 10,35; 14,11; 17,21; vgl. bes. 1Joh<br />

2,3.5; 5,20), ja als e[n ei=nai (10,30) beschrieben werden kann, ein wechselseitiges<br />

givw,skein ist, so das Verhältnis der Seinen zu Jesus (Joh 10,35; 14,11; 17,21; vgl. bes.<br />

1Joh 2,3.5; 5,20), das auch durch e[n ei=nai bezeichnet werden kann (Joh 15,1ff; 17,21)».<br />

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