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Disertace Brož - Theses

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soggetto conoscente rispetto all’oggetto da conoscere, un atteggiamento<br />

pieno di rispetto, di gratitudine, di povertà. Il soggetto non crea la realtà,<br />

bensì la riceve come un dato di fatto. Lascia all’oggetto di avere la parola<br />

decisiva. Nel atto di conoscere il soggetto conoscente si lascia determinare<br />

da ciò che conosce. Già nell’atto stesso di conoscere il soggetto conoscente<br />

viene determinato dall’oggetto. Non esiste una conoscenza senza oggetto, si<br />

conosce sempre qualcosa. La facoltà conoscitiva si attiva, appena<br />

all’orizzonte appare un oggetto da conoscere. Esso mette il soggetto in<br />

moto, provoca la sua capacità conoscitiva, la porta verso l’atto di conoscere.<br />

Con esso il soggetto conoscente accoglie e ospita l’oggetto conosciuto in sé.<br />

Il modo di questo accogliere è già determinato dall’oggetto (naturalmente<br />

supposte attive le capacità proprie del soggetto). Per le realtà visibili<br />

bisogna aprire gli occhi, per quelle acustiche tendere gli orecchi. Il modo e<br />

metodo di conoscere viene determinato dall’oggetto. Ogni oggetto esige un<br />

approccio proprio. L’oggetto poi determina il soggetto rispetto al contenuto<br />

della conoscenza: esso si identifica con l’oggetto stesso, con la sua essenza.<br />

Così nell’atto di conoscere il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto si<br />

identificano 373 . Nell’atto di conoscere dunque si realizza una certa<br />

identificazione del soggetto con l’oggeto, nella quale il soggetto si adegua<br />

all’oggetto, mentre adegua l’oggetto a se stesso e lo assimila. La verità<br />

come il fine di ogni processo conoscitivo è stata definita come adaequatio<br />

rei et intellectus 374 . In che modo il soggetto si adegua? Il conoscente<br />

assorbe per così dire il conosciuto in sé, svuotandosi nello stesso momento<br />

di sé e facendo spazio al conosciuto il quale riempie tutto lo spazio del<br />

conoscente, divenendone contenuto 375 . Nell’atto di conoscere il soggetto<br />

373 K. VRÁNA, Antropologia filosofica, Roma 1984, 110: «L’oggettività dell’oggetto<br />

conosciuto si risolve tutta nell’essere conosciuto, posseduto intenzionalmente e presente<br />

al soggetto conoscente. La soggettività del soggetto conoscente, a sua volta, si risolve<br />

tutta nell’essere aperto all’oggetto, nel possedere intezionalmente l’oggetto (= la<br />

presenza dell’oggetto nel soggetto). Aristotele (De anima II,2) ha intuito il carattere<br />

intenzionale della conoscenza sensitiva scrivendo: “Uno è l’atto del sentito e del<br />

senziente.” La filosofia scolastica, a sua volta, traduce la formulazione arostotelica così:<br />

“Cognoscens in actu et cognitum in actu sunt unum”. Si dice bene “in actu”, perché né il<br />

soggetto conoscente, né l’oggetto conosciuto si esauriscono completamente nella<br />

presenza-identità intenzionale».<br />

374 La definizione è stata formulata da Isaac Ben Solomon Israeli (cca. 850-950), un<br />

filosofo ebreo-egiziano, che in essa sintetizzò la realistica concezione aristotelica della<br />

verità. Dopo è stata ripresa da S. Tommaso d’Aquino ed è largamente presente nella<br />

filosofia moderna. Cf. Enciclopedia Garzanti di Filosofia, ed. L. Boni, Milano 2 1990, 4.<br />

375 H.U. VON BALTHASAR, Theologik. I. Wahrheit der Welt, 119-120: «Die bewusste<br />

und freie Zuwendung zum Gegenstand der Erkenntnis hat zunächst den Charakter eines<br />

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