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tutte compiute: gli ha dato i suoi, gli ha dato la gloria, l’ha amato già prima<br />
della fondazione del mondo e l’ha mandato. In altre parole, Dio sta nei<br />
confronti di Gesù in un atteggiamento tipicamente paterno, di dare e di<br />
amare con un amore anteriore, precedente. Non si parla, in questa pericope,<br />
del rapporto del Padre verso i discepoli, essi sono per Lui solo l’oggetto,<br />
sono il suo dono dato al Figlio.<br />
Gesù in rapporto al Padre è ricettivo, amato e mandato da lui. La sua parte<br />
attiva consiste nell’aver conosciuto il Padre. Riguardo ai suoi vuole che<br />
siano dove egli è, gli ha fatto e farà conoscere il nome del Padre e vuole<br />
essere in loro.<br />
I discepoli sono, come già detto, il dono del Padre dato al Figlio e<br />
l’oggetto della premura di Gesù nella sua ultima preghiera. In base alla sua<br />
volontà devono condividere il suo «luogo», essere espressamente «con» lui e<br />
vedere la sua gloria. Hanno conosciuto che il Padre l’aveva mandato. Sono<br />
destinatari della rivelazione già compiuta e ancora futura di Gesù, come pure<br />
sono destinati ad accogliere dentro di sé l’amore eterno di Dio e Gesù stesso.<br />
Il mondo con la sua ignoranza rispetto a Dio funziona da contrasto<br />
rispetto sia a Gesù che ai discepoli, unendoli in tal modo tra di loro.<br />
Dopo aver individuato i personaggi e le loro azioni e interazioni, ora<br />
osserviamo come viene tessuto il discorso di Gesù. All’inizio Gesù si rivolge<br />
a Dio col vocativo pa,ter e subito parla dei suoi. Pregando, Gesù è aperto in<br />
doppia direzione: verso Dio e verso gli uomini. Questo vale per tutta la<br />
preghiera «sacerdotale», che è un’intercessione: il Padre ne è destinatario e<br />
loro ne sono oggetto. Anche se bisogna dire che in quest’ultimo brano non si<br />
tratta più di un’intercessione: Gesù non dice più evrwtw/ (vv. 9.15.20), bensì<br />
qe,lw. È l’unica volta in Gv dove Gesù esprima così sovranamente, davanti al<br />
Padre, la sua volontà circa il destino dei suoi. Ma prima ricorda al Padre che<br />
coloro di cui si tratta sono il dono di lui: su questo poggia la sua fiducia e la<br />
sicurezza davanti al Padre. Infatti il Padre gli ha dato il potere di dare la vita<br />
eterna a quanti gli aveva dato (v. 2).<br />
L’oggetto della volontà di Gesù riguarda la condizione futura dei<br />
discepoli: devono essere dove è lui, con lui, e vedere la sua gloria. Finora la<br />
preghiera si occupava della situazione dei discepoli (e dei loro discepoli) nel<br />
mondo. Adesso riguarda la loro sorte nell’al di là: la loro unione eterna con<br />
Gesù. Quando Gesù vuole che i discepoli siano con lui dove egli è, si situa<br />
ormai altronde, al di là del mondo, perché non pregherebbe così, se fosse<br />
ancora tra di loro, laddove sono loro. Ma lui non è più nel mondo (v. 11). E<br />
così prega che i discepoli arrivino anche loro al luogo del compimento<br />
ultimo, nella vita eterna. Certamente, non subito, perché adesso il Padre non<br />
li deve togliere dal mondo (v. 15), hanno infatti ancora una missione da<br />
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