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Il pastore indica il fine del deporre la propria vita con la costruzione u`pe,r<br />
tw/n proba,twn, che ricorre nei vv. 11 e 15. Fuori del c. 10 la stessa formula<br />
ti,qhmi th.n yuch,n u`pe,r… viene usata in riferimento a Pietro che vuole dare la<br />
vita per Gesù (13,37-38) e a chi dà la prova massima del suo amore per gli<br />
amici (15,13). E la preposizione u`pe,r è anche altrove connessa con l’idea<br />
della morte di Gesù per gli uomini, benché senza il verbo ti,qhmi 226 . Dal<br />
senso preciso della preposizione u`pe,r in questa costruzione dipende il<br />
significato dell’offerta della vita del pastore. Di per sé u`pe,r con il genitivo<br />
significa per, a favore di, ma anche al posto di, invece di 227 . Alcuni autori si<br />
ingegnano molto nell’escludere il valore vicario del dono della vita di Gesù,<br />
che connota u`pe,r tradotto con «invece». Secondo Schnackenburg qui non si<br />
tratta di vicarietà (al contrario di 11,50ss.; 17,19; 18,14), ma del fatto che il<br />
Buon Pastore, al contrario del mercenario cui non importa delle pecore, si<br />
impegna per le pecore, a favore di esse, fino a deporre la sua vita per loro 228 .<br />
È vero che l’idea di vicarietà non è così chiara nel c. 10 come in 17,19 o in<br />
11,50ss., ma per questo non si deve escludere del tutto. Se infatti il pastore<br />
rischia la propria vita per strappare quella delle pecore da un pericolo<br />
mortale, allora questo atto ha anche una funzione vicaria: per salvare la vita<br />
delle pecore egli espone al pericolo e offre la sua propria vita.<br />
3) evxousi,a: Gesù non è costretto a dare la sua vita ma la dà da se stesso,<br />
avendo l’evxousi,a di darla e anche l’evxousi,a di riceverla di nuovo. Il termine<br />
greco evxousi,a deriva da e;xestin (è possibile, è lecito) e significa possibilità<br />
di un’azione che non viene ostacolata dall’esterno, poi diritto di fare<br />
con assoluta libertà: avrebbe “deposto” la propria vita per poter in seguito liberamente<br />
“riprenderla” (v. 18)».<br />
226<br />
o` a;rtoj de. o]n evgw. dw,sw h` sa,rx mou, evstin u`pe.r th/j tou/ ko,smou zwh/j (6,51); sumfe,rei<br />
u`mi/n i[na ei-j a;nqrwpoj avpoqa,nh| u`pe.r tou/ laou/… e;mellen VIhsou/j avpoqnh,|skein u`pe.r tou/<br />
e;qnouj( kai. ouvc u`pe.r tou/ e;qnouj mo,non… (11,50-52; cf. 18,14). Ci si può associare anche<br />
17,19 dove Gesù dice a proposito dei suoi: kai. u`pe.r auvtw/n evgw. a`gia,zw evmauto,n.<br />
227<br />
Cf. H. PATSCH, «u`pe,r hyper für, zugunsten von, anstelle von, über, mehr als, noch<br />
mehr», in EWNT, III, 948.<br />
228<br />
Cf. R. SCHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, II, 372. Secondo I. DE LA<br />
POTTERIE, «Il Buon Pastore», 100, l’idea di sostituzione si trova chiaramente presente in<br />
Mc 10,45 dove Gesù in una simile parola usa la preposizione avnti,: lu,tron avnti. pollw/n.<br />
È stato forse Paolo a cominciare a usare la preposizione u`pe,r per esprimere gli effetti<br />
salvifici della morte di Gesù. L’espressione u`pe,r h`mw/n/u`mw/n, la usa come una formula<br />
tecnica. «Negli scritti giovannei è di uso corrrente. Questa preposizione u`pe,r, seguita da<br />
un genitivo, non esprime più l’idea di sostituzione; indica in favore di chi si fa questa o<br />
quella cosa: Gesù depone la vita per (la salvezza) delle pecore».<br />
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