Disertace Brož - Theses

è allo stesso modo sproporzionato, per Gesù, dare la vita per noi. Così si
deve concludere:
Si potrebbe pensare che Giovanni abbia scelto di proposito la formulazione
ti,qhmi th.n yuch,n per fare trasparire l’idea di rischiare la vita almeno in Gv
10,11 (…), ma anche in Gv 13,37; 15,13. Ma in tutti questi passi si accentua
l’abbandono reale della vita, così che dobbiamo tradurre, sia qui sia altrove,
donare, offrire, sacrificare la propria vita. Giovanni riprende dunque
l’espressione greca ti,qhmi th.n yuch,n, ma le dà un nuovo significato per
descrivere in modo proprio la formulazione sinottica di,dwmi th.n yuch,n (Mc
10,45 par.). Ma in ciò Giovanni si riallaccia direttamente al testo ebraico di Is
53,10: Avp.n: ~v'a' ~yfiT'-~ai 223 .
Per dirlo in sintesi: La locuzione giovannea «dice più dei paralleli
veterotestamentari (…): significa non solo “mettere in gioco, rischiare la
propria vita”, ma “sacrificare la propria vita”» 224 . Se è così, possiamo ancora
domandarci perché Giovanni usi proprio questo verbo e non per esempio il
verbo «dare» come Marco. Alcuni autori ne trovano la ragione nel
parallelismo con 13,4.12, per suggerire che il dono della vita già implica la
possibilità di riprenderla. Secondo Angelico Poppi «è probabile che
l’evangelista intenda rilevare la consapevolezza e la libertà di Gesù nel
“deporre” la propria vita, come una veste (cf. 13,4.12), per poi riprenderla
nella risurrezione» 225 .
223 C. MAUER, «ti,qhmi», 155-156: «Man könnte daran denken, dass Johannes bewußt
die Formulierung ti,qhmi th.n yuch,n gewählt hat, um mindestens Joh 10,11 (…), dann
aber auch 13,37f.; 15,13 (aber ebenso 1Joh 3,26b) den Sinn sein Leben aufs Spiel setzen
anklingen zu lassen. Doch liegt das Schwierigkeit an allen diesen Stellen auf der
Tatsächlichkeit der Lebenshingabe, wie an den übrigen Orten einzig übersetzt werden
darf sein Leben lassen, hergeben, opfern. Johannes greift also den Wortlaut der
griechischen Wendung ti,qhmi th.n yuch,n auf, gibt ihr aber einen neuen Sinn, um damit
auf seine Weise das synoptische di,dwmi th.n yuch,n lu,tron Mk 10,45 Par zu
umschreiben. Dabei greift er aber seinerseits direkt auf den hebräischen Wortlaut von Js
53,10 zurück: Avp.n: ~v'a' ~yfiT'-~ai».
224 T. SCHRAMM, «ti,qhmi tithēmi setzen, stellen, legen», in EWNT, III, 854: «In der joh
Lit. begegnet die Wendung ti,qhmi th.n yuch,n u`pe,r tinoj (…) Sie sagt mehr (…) als die
alt. „Parallelen“ (…), also nicht nur „sein Leben auf Spiel setzen/riskieren“, sondern
„sein Leben hingeben“».
225 A. POPPI, Sinossi dei Quattro vangeli, 487. Lo stesso suggerisce I. DE LA POTTERIE,
«Il Buon Pastore», 99-100: «Il verbo tiqe,nai si riferisce in Gv quasi sempre a oggetti
inanimati, come il vino (2,10), le vesti (13,4), un cartello (19,19), un cadavere (11,34;
19,41.42; 20,2.13.15); d’altra parte, è messo in contrasto con “conservare” (per sé, presso
di sé) o con “riprendere” una cosa (dopo averla “deposta”; cf. 10,17.18; 13,12). L’idea
che Giovanni ha voluto esprimere nel nostro testo è che Gesù disponeva della propria vita
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