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Nella parabola sinottica ogni dettaglio è dettato dalla realtà prima, narrata,<br />
non da quella cui si vuole arrivare. Tutti i dettagli della parabola fanno parte<br />
integrale della realtà del «mondo» raccontato e singolarmente non hanno un<br />
senso proprio, ma solo all’interno del senso globale della parabola. Nella<br />
paroimi,a giovannea invece i singoli dettagli hanno la loro giustificazione<br />
nella realtà seconda, velata dietro la similitudine. Anzi, nella realtà prima<br />
alcuni di questi dettagli non fanno senso. Come osserva K. Wengst a<br />
proposito del pastore che rischia la propria vita per le pecore:<br />
Nella realtà di solito egli non dà la vita per le pecore. Un pastore porta al<br />
pascolo il gregge, ne ha cura e lo protegge. Ma non dà la vita per esso.<br />
Normalmente egli vive del gregge. Lo munge, lo tosa, lavora la lana e il latte e<br />
di tanto in tanto uccide anche una pecora o un agnello. Così stanno le cose. Di<br />
fronte a questa normalità il «buon pastore» che dà la vita per le pecore è – detto<br />
in termini iperbolici – una pecora stupida 191 .<br />
Ciò che non vale del pastore comune dei pascoli di Palestina, vale invece<br />
del rapporto tra Gesù e gli uomini. È questa la realtà primaria che determina<br />
il racconto di similitudine e non viceversa. Solo così il discorso irrealistico<br />
della paroimi,a fa senso. La similitudine non ha la sua propria coerenza, ma<br />
solo in rapporto a ciò che accenna. La similitudine è un velo simbolico.<br />
Molto prima che termini la descrizione allegorizzante, la figura del pastore<br />
viene fusa con quella di Gesù stesso. Di nessun pastore di questo mondo si può<br />
dire che è venuto perché le pecore abbiano la vita in abbondanza, né che abbia<br />
altre pecore non appartenenti al suo gregge, che ha il compito di portare in un<br />
unico ovile. Questo pastore, invece, è tutto questo perché la sua figura è stata<br />
ritoccata sul modello di Gesù; la scelta dei particolari è dettata chiaramente<br />
dalla preoccupazione di illustrare i vari aspetti dell’opera di Gesù stesso… 192<br />
should be recognized as behaving as such characters might behave in real life, and the<br />
details of the parable are such as to create dramatic verisimilitude, and really have any<br />
independent significance. In general judgment is invited upon some single point, for the<br />
sake of which the parable is told» (trad. it. L’Interpretazione del Quarto Vangelo, 174).<br />
191 K. WENGST, Das Johannesevangelium, I, 383: «Dass der Hirte, dem die Schafe<br />
gehören, ein anderes Verhältnis zu ihnen hat als der Lohnknecht, liegt auf der Hand. Aber<br />
es ist in der Realität ja keineswegs der Normalfall, dass er sein Leben für die Schafe<br />
einsetzt. Ein Schäfer weidet seine Herde, pflegt und schützt sie. Aber er gibt nicht sein<br />
Leben für sie. Der Normalfall ist, dass er von ihr lebt. Er melkt und schert sie, verarbeitet<br />
Wolle und Milch, und ab und an schlachtet er durchaus auch ein Schaf oder Lamm. So ist<br />
das. Gegenüber dieser Normalität ist “der gute Hirt”, der sein Leben für die Schafe gibt, –<br />
zugespitzt gesagt – ein dummes Schaf» (traduz. it. Il Vangelo di Giovanni, 416).<br />
192 C.H. DODD, The interpretation of the Fourth Gospel, 135: «Long before the<br />
allegory is at an end, the figure of the shepherd is fused with that of Jesus Himself. It is<br />
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