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Pistola mitragliatrice Villar-Perosa mod. 1915 - Circolo Culturale ...

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<strong>Pistola</strong> <strong>mitragliatrice</strong><br />

<strong>Villar</strong>-<strong>Perosa</strong> <strong>mod</strong>. <strong>1915</strong><br />

VITTORIO BOBBA<br />

U<br />

n angolo di storia armiera forse troppo presto dimenticato: la storia di<br />

un’arma ingegnosa ed efficace che ha svolto un ruolo determinante nel<br />

primo conflitto mondiale, al di là di un’ergonomia inconcepibile e di<br />

seri problemi tattici.<br />

Per chi si accosta al mondo delle armi automatiche non è semplice districarsi<br />

nel marasma delle definizioni che - in <strong>mod</strong>o più o meno contraddittorio -<br />

popolano l’ambiente. Tra queste, il termine "pistola <strong>mitragliatrice</strong>" ha sempre<br />

destato nell’immaginario collettivo il concetto di arma a grande capacità di fuoco<br />

di dimensioni contenute, in grado di sparare proiettili per pistola e talvolta<br />

impugnabile anche con una sola mano. L’oggetto illustrato in queste pagine,<br />

invece, pur ricadendo in pieno nella definizione di pistola <strong>mitragliatrice</strong>, essendone<br />

addirittura l’archetipo, non rispetta per nulla quei canoni morfologici che<br />

nel tempo si sono diffusi intorno al termine.<br />

Parliamo della creazione del capitano Abiel Bethel Revelli, ossia la pistola<br />

<strong>mitragliatrice</strong> Mod. <strong>1915</strong>, comunemente nota come "<strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>".<br />

Prima di concentrarci sulle caratteristiche di quest’arma, è necessario rispolverare<br />

qualche briciola della storia armiera di quegli anni, per poter più<br />

profondamente capire lo spirito di questa ingegnosa creazione meccanica.<br />

Alcuni cenni storici<br />

La storia di quest’arma prende le mosse nel lontano 1906, quando l’industria<br />

automobilistica italiana (e soprattutto torinese) iniziava a produrre quelli<br />

che per l’epoca venivano considerati grandi quantitativi di veicoli e sentiva<br />

quindi la necessità di provvedere in <strong>mod</strong>o razionale agli approvvigionamenti<br />

dei componenti e dei ricambi.<br />

Uno dei settori più critici, in quanto quasi totalmente dipendente dall’estero,<br />

era certamente quello del cuscinetto a sfere. Componente di estrema utilità e<br />

di largo consumo, per il quale la nostra industria poteva al tempo scegliere solamente<br />

tra approvvigionamento all’estero e produzione in proprio, dove la seconda<br />

soluzione appariva a quel tempo sicuramente più economica ma su livelli<br />

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qualitativi non certo eccelsi, specie se paragonati con il prodotto tedesco o francese.<br />

In quell’anno nacque, dunque, la RIV, azienda che deve il suo acronimo al<br />

fondatore, Roberto Incerti di <strong>Villar</strong>, un imprenditore che aveva già legato il<br />

proprio nome negli anni precedenti ad un’officina di produzione di biciclette,<br />

sita dove oggi sorge il complesso ospedaliero torinese delle Molinette.<br />

La RIV ebbe in realtà altri soci fondatori, tra cui merita un particolare rilievo<br />

il senatore Giovanni Agnelli, presidente della FIAT, il quale non solo mise<br />

a disposizione la maggiore quota di capitale societario, ma promosse le attività<br />

della neonata azienda proponendo la propria fabbrica di automobili come<br />

maggiore cliente, quasi monopolizzandone le commesse.<br />

Negli anni successivi la RIV, prendendo sede nel nuovo stabilimento appositamente<br />

eretto a <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, nei pressi di Pinerolo, assunse il nome di<br />

OVP: Officine di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, per riprendere il nome originario solo molti anni<br />

dopo.<br />

Nel frattempo l’Italia si stava mobilitando e il nostro esercito cercava sempre<br />

nuove fonti di approvvigionamento per materiali e mezzi. La OVP divenne<br />

così uno tra i molti fornitori delle forze armate, producendo per esse biciclette<br />

(essenzialmente per i bersaglieri), serbatoi per autocarri, bossoli per cannoni e<br />

Su questo esemplare, conservato in una raccolta finlandese, la matricola è apposta anche<br />

lateralmente sulle due culatte, a fianco delle leve di aggancio dei caricatori


tutta una nutrita serie di altri materiali di natura meccanica.<br />

Allo scoppio delle ostilità con l’Austria-Ungheria la OVP si trovò tra le<br />

mani un brevetto, datato 8 aprile 1914 e firmato da Revelli, per la costruzione<br />

di un’arma assolutamente innovativa: una pistola <strong>mitragliatrice</strong>, commissionata<br />

dalla Società Metallurgica Bresciana per conto del Comando Supremo delle<br />

Forze Armate. Quest’arma aveva caratteristiche del tutto inedite per quei tempi:<br />

univa infatti alla spaventosa cadenza di fuoco delle mitragliatrici la possibilità<br />

di essere spostata come un’arma leggera. Essa poteva infatti, dato il peso tutto<br />

sommato assai contenuto della parte essenziale, essere trasportata da un fante<br />

appiedato, così come montata su una bici o su di un automezzo se non addirittura<br />

su di un aereo.<br />

L’arma venne sottoposta al vaglio della commissione tecnica esaminatrice<br />

e ricevette parere favorevole. Essa inoltre piacque immediatamente al nostro<br />

Stato Maggiore (non sappiamo se con giudizio autonomo o in quale misura<br />

"pilotato" dall’influenza della FIAT, dato anche il nome ufficiale che le venne<br />

affibbiato), e venne adottata come arma di reparto con il nome di "<strong>Pistola</strong><strong>mitragliatrice</strong><br />

FIAT <strong>mod</strong>ello 15".<br />

In realtà la <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> non fu subito capita appieno, e nei primi tempi<br />

venne adoperata dai reparti in prima linea come un surrogato della <strong>mitragliatrice</strong><br />

leggera, con i risultati e i giudizi che si possono immaginare. Essa si conqui-<br />

La OVP matricola 4012, dotata di bipiede. Questo accessorio fu aggiunto su alcuni esemplari<br />

dopo il giugno 1916<br />

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stò in breve tempo anche un nomignolo irriverente: "Pernacchia", a causa del<br />

caratteristico rumore emesso allo sparo.<br />

L’impiego venne mano a mano perfezionato, <strong>mod</strong>ificandone la dotazione<br />

di contorno che in origine prevedeva anche uno scudo a protezione del mitragliere<br />

ed una cassetta porta pistola. Nel tempo lo scudo venne eliminato, visto<br />

che risultò essere eccessivamente pesante (oltre 26 kg!) togliendo ogni mobilità<br />

all’arma, e sostituito con un calcio in legno e - talvolta - un’imbragatura che ne<br />

consentiva l’impiego dalla posizione eretta durante gli assalti. Gli Arditi la adottarono<br />

con ulteriori <strong>mod</strong>ifiche: il calcio venne sostituito da una semplice<br />

cinghia che passava al collo del mitragliere e ne agevolava così il trasporto.<br />

Siccome però in questo <strong>mod</strong>o il tiro diventava più difficoltoso, il colonnello<br />

Bassi propugnò e fece adottare alcuni accorgimenti rivelatisi assai utili, tra cui<br />

un supporto metallico che sorreggeva l’arma in aggiunta alle cinghie ed un bipiede<br />

che ne garantiva il brandeggio.<br />

La pistola <strong>mitragliatrice</strong> divenne così, finalmente, un’arma offensiva e tale<br />

rimase fino alla fine del ‘17, quando venne mano a mano sostituita da <strong>mod</strong>elli<br />

più evoluti ma comunque da essa derivati.<br />

Il parere favorevole all’impiego bellico di quest’arma da parte della commissione<br />

esaminatrice venne dato nell’agosto del ‘15. Il Comando Supremo ri-<br />

Il sistema di scatto della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> Mod. 15, con il dente della leva di sparo pronto a<br />

impegnare l’otturatore attraverso l’apposita finestra ricavata sotto la culatta. La sezionatura<br />

rende ben visibili le molle interne


chiese quindi al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni 5.000 pistole mitragliatrici,<br />

ma la richiesta fu esaudita solo in parte, in quanto - almeno come primo<br />

lotto - la Metallurgica Bresciana (che già produceva la Glisenti Mod. 1910<br />

e la sua variante "Brixia") venne incaricata di produrne 2.480.<br />

Per lungo tempo si è creduto che questo fosse il numero complessivo di<br />

pezzi prodotti, ma alla luce dei numeri di matricola rilevati, possiamo dire che<br />

questo numero fu di gran lunga sopravanzato ed è probabile che il totale si avvicini<br />

alle 15.000 unità.<br />

La produzione fu subappaltata alla OVP, che aveva una potenzialità produttiva<br />

di 500 pezzi al mese ma, date le notevoli richieste, durante gli anni in<br />

cui rimase in servizio essa fu prodotta anche dalla FIAT e dalla Canadian General<br />

Electric Company Ltd. di Toronto.<br />

La produzione degli scudi protettivi venne affidata all’Ansaldo e alle Acciaierie<br />

di Terni, che trovarono però qualche difficoltà nella produzione delle<br />

lamiere, tanto che alla fine del <strong>1915</strong> erano state prodotte dalle Officine di <strong>Villar</strong><br />

<strong>Perosa</strong> solo 350 armi che però vennero dirottate all’Aeronautica, che le impiegò<br />

per am<strong>mod</strong>ernare l’armamento dei propri velivoli. Quindi, ancor prima che il<br />

<strong>mod</strong>ello 15 entrasse in azione sui campi di battaglia essa venne impiegata nei<br />

duelli aerei: paradossalmente il primo impiego bellico non fu dunque quello del<br />

<strong>mod</strong>ello base bensì di una variante. Infatti l’Aeronautica <strong>mod</strong>ificò la <strong>Villar</strong> Pe-<br />

Il lato inferiore della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> mostra le finestre di espulsione e il sistema di armamento<br />

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rosa eliminando il pesante (ed inutile) scudo e sostituendo il disco porta-settore<br />

con un supporto che ne consentisse l’alzo e il brandeggio con co<strong>mod</strong>ità. Tale<br />

supporto fu in seguito utilizzato anche per l’impiego dell’arma a terra (con apposito<br />

treppiede) o montata su biciclette. Fu inoltre aggiunto un mirino circolare<br />

di tipo aeronautico a cavallo delle due canne, in prossimità delle volate. Non<br />

è invece chiaro se esistettero anche caricatori da cinquanta cartucce cadauno,<br />

come riportato da alcune fonti.<br />

Finalmente, nell’aprile 1916 il primo lotto di 125 armi arrivò al fronte: 60<br />

furono consegnate alla Iª Armata, mentre 65 andarono alla IIIª.<br />

Dai dati disponibili pare che al termine del 1916 le OVP consegnate alle<br />

Armate furono solo 946, mentre fu nel corso dell’anno successivo che il suo<br />

impiego raggiunse vertici altissimi, tanto da coinvolgere nella produzione altri<br />

costruttori, come detto innanzi.<br />

E’ possibile, sebbene questa sia solamente un’ipotesi, che le <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong><br />

fossero impiegate anche da reparti alleati impegnati sul fronte orientale, e che<br />

tale impiego fosse stato deciso per permettere l’utilizzo di un’unica munizione<br />

comune a tutti i reparti, vista anche la sua grande disponibilità. Certo è che entro<br />

il maggio del ‘17 le sezioni di pistole mitragliatrici in tutti i reparti vennero<br />

raddoppiate, e addirittura triplicate entro la fine dell’anno per un totale di oltre<br />

600 sezioni, ciascuna delle quali aveva due armi in dotazione ed è facilmente<br />

immaginabile che almeno una terza fosse resa disponibile ai depositi dei battaglioni.<br />

Pur essendo previste scuole speciali per mitraglieri, esse non prevedevano<br />

alcun addestramento per l’utilizzo del Mod. 15, lasciando questo compito ai<br />

singoli battaglioni. Ciò creò grossi problemi relativamente all’esatto impiego<br />

della nuova arma, troppo spesso intesa come arma d’interdizione e comunque<br />

difensiva anziché sfruttarne appieno le potenzialità offensive.<br />

Analizzando da questo punto di vista la situazione, si può dire che un corretto<br />

impiego tattico della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> avrebbe forse potuto ribaltare le sorti a<br />

Caporetto e mutare radicalmente gli eventi di lì in poi.<br />

Ben conscio di ciò fu il generale Capello, che già nell’aprile del ‘17 ammetteva<br />

la scarsa capacità delle nostre truppe nel padroneggiare armi innovative<br />

quale era appunto la <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>.<br />

Essa fu comunque ben padroneggiata dagli Arditi, che nel luglio del ‘17<br />

formarono il 1° Reparto d’Assalto. La OVP venne anche in questo caso <strong>mod</strong>ificata<br />

per adattarla alle necessità di impiego, utilizzando un bipiede con congegno<br />

direzionale ed elevatore per l’utilizzo in appoggio agli assalti, ed in seguito<br />

un supporto in metallo leggero dotato di imbracatura e cinghie di supporto, ideato<br />

dal col. Bassi, che ne consentiva l’uso durante la corsa d’avanzata.


La culatta viene fissata in una cavità cilindrica dell’impugnatura per mezzo di una spina<br />

a testa circolare, visibile in basso<br />

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Un calcio in legno sagomato, fissato al corpo dell’arma, fu impiegato anche<br />

dai reparti dell’Esercito, e si hanno testimonianze di ex-combattenti che<br />

narrano di azioni d’assalto durante le quali i mitraglieri partivano innanzi ai<br />

fanti aprendo loro la strada con le brevi raffiche delle OVP, correndo poi velocemente<br />

indietro per rifugiarsi dietro la prima linea onde effettuare il cambio<br />

dei caricatori non appena esaurite le due raffiche a loro disposizione! La<br />

"Pernacchia" ebbe sempre, infatti, questo grave handicap: non esistendo alcun<br />

congegno di disconnessione, non era possibile arrestare la raffica una volta premuta<br />

la leva di sparo se non rilasciando i pulsanti, cosa che si rivelò difficilmente<br />

attuabile nella foga dell’assalto, tanto che i mitraglieri preferivano attendere<br />

che si vuotasse l’intero caricatore, cosa che avveniva all’incirca in un secondo.<br />

Si conoscono anche altri utilizzi della OVP: esse furono montate - come<br />

detto - a bordo di biciclette, di moto, nonché dei più disparati mezzi di trasporto,<br />

a volte nella versione dotata di scudo ma più frequentemente in quella più<br />

"leggera" con il supporto brandeggiabile mutuato dall’Aeronautica.<br />

La tecnica<br />

La <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, come detto in precedenza, fu la prima pistola <strong>mitragliatrice</strong><br />

mai costruita. Nonostante la novità concettuale (arma a raffica ad alta cadenza<br />

di fuoco in grado di sparare munizioni per pistola) essa venne rapidamente<br />

adottata come arma d’ordinanza di reparto e - di conseguenza - prodotta<br />

in serie per le forze armate.<br />

Questo dato di fatto, spesso ignorato dai commentatori, va imputato in<br />

parte al precipitare degli eventi di quegli anni e all’ingresso dell’Italia nel conflitto<br />

contro l’Austria, con conseguente necessità immediata di armamenti innovativi<br />

ed efficaci rispetto al ciarpame normalmente in dotazione ai nostri soldati,<br />

ma sicuramente fu anche dovuto ad una indiscutibile attenzione da parte degli<br />

organismi tecnici del Comando Supremo verso le novità, unita ad una non<br />

comune capacità di valutazione disgiunta da ogni pregiudizio.<br />

L’arma nacque e venne sempre prodotta in forma binata: essa consisteva<br />

in due sistemi accoppiati, identici tra loro, ciascuno costituito da una culatta tubolare<br />

contenente l’otturatore e da una canna avvitata sulla culatta appena avanti<br />

alle finestre di alimentazione. I caricatori semilunari da 25 colpi venivano inseriti<br />

e disinseriti dall’alto, fissati per mezzo di vistose leve di bloccaggio a "L".<br />

Il parallelismo delle due canne era garantito da una grossa piastra circolare<br />

(il disco porta-settore di mira) calettata a ridosso delle culatte, in cui trova posto<br />

il mirino, e dalla barra trasversale ancorata sotto le culatte (per mezzo di due<br />

prigionieri saldati sotto la culatta, detti "orecchiette") su cui sono montate le


due leve di armamento.<br />

Il disco porta-settore (o selettore di mira), nonostante l’aspetto inusitato,<br />

svolgeva alcune funzioni ben precise: esso è dotato di tre fori, di cui quello centrale<br />

consentiva di visualizzare uno dei cinque mirini del settore di mira, che<br />

poteva essere traguardato attraverso il foro longitudinale della vite di ritegno<br />

della leva di sicurezza montata sull’impugnatura. I cinque mirini del settore sono<br />

numerati da 1 a 5 e corrispondevano a distanze di mira da 100 a 500 metri.<br />

Inoltre i due fori laterali del settore permettevano l’innesto delle canne<br />

mantenendole in posizione e garantendone il parallelismo; poi il disco stesso si<br />

inseriva nel foro circolare al centro dello scudo protettivo, sigillandolo e lasciando<br />

aperta unicamente la minuscola finestra circolare del mirino attraverso<br />

la quale il mitragliere poteva selezionare il bersaglio. Il corretto posizionamento<br />

del disco nello scudo avveniva allineando i due settori laterali del disco (di diametro<br />

maggiorato) con le corrispondenti sagome ricavate nella finestra dello<br />

scudo.<br />

Ciascuna culatta ha forma cilindrica e presenta sul fianco destro una finestra<br />

entro la quale scorre il manubrio dell’otturatore. Nel primo tratto della sua<br />

corsa retrograda esso incontra un piano inclinato che a causa della sua stessa<br />

conformazione causava il ritardo di apertura. Questo semplice ma ingegnoso<br />

espediente ideato da Revelli venne poi ripreso una decina d’anni dopo da parec-<br />

Il marchio delle Officine di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, impresso in un ovale insieme al numero di serie<br />

dell’arma sul lato anteriore dell’impugnatura in bronzo<br />

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chi costruttori americani. Sicuramente uno degli impieghi più famosi fu quello<br />

nel Thompson Mod. 1928 A1.<br />

Nell’otturatore, cilindrico, cavo, con la parte anteriore di diametro inferiore<br />

rispetto alla posteriore, trova sede il percussore, anch’esso cavo e cilindrico.<br />

La culatta reca all’interno la molla di ritorno dell’otturatore, inserita posteriormente<br />

in un’asta portamolla che si diparte dal tappo di culatta, avvitato su<br />

quest’ultima e dotato di un cuscinetto in gomma che attutisce la spinta di rinculo<br />

dell’otturatore. Anteriormente, la molla di recupero è appoggiata al corpo del<br />

percussore.<br />

Costruttivamente la culatta era un corpo piuttosto semplice e la scelta di<br />

farla terminare da ambo le parti con una filettatura interna (anteriore per la canna,<br />

posteriore per il tappo di culatta) semplificò maggiormente le gli attrezzaggi<br />

e le lavorazioni. L’alloggiamento del caricatore avviene tramite un’apposita finestra,<br />

sulla quale nella versione originale dell’arma era calzata una ghiera, detta<br />

ghiera di arresto, che veniva ruotata per allineare la finestra della culatta con<br />

l’incavo per il dente del caricatore dopo di che veniva nuovamente ruotata per<br />

bloccare il serbatoio in sede.<br />

Nelle successive <strong>mod</strong>ifiche, questa ghiera venne sostituita con due alette<br />

laterali che agevolavano l’inserimento dei caricatori nelle loro sedi e le levette<br />

dotate di pomello su cui si agiva per ruotare le ghiere furono sostituite dalle le-<br />

La OVP montata sul calcio in legno utilizzato verso la fine della Iª GM


ve a molla che bloccano il dente di arresto del caricatore.<br />

In posizione opposta, ossia rivolta verso il basso, la culatta reca la finestra<br />

d’espulsione, in cui è alloggiato l’espulsore fisso. Il corpo dell’otturatore reca<br />

anteriormente su questo lato l’estrattore a molla, che preleva la cartuccia sparata<br />

dalla camera e la trascina all’indietro contro la testa dell’espulsore.<br />

L’impugnatura della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> è in bronzo, con manubri dapprima in<br />

ebanite ma in seguito costruiti in legno. Essa accoglie le culatte delle due armi<br />

di cui si compone la "Pernacchia" in appositi recessi cilindrici dotati di viti di<br />

fissaggio.<br />

Nell’impugnatura, inoltre, trova posto parte del congegno di scatto e degli<br />

organi di mira.<br />

Le leve di scatto sono infatti incernierate con una vite-perno nella parte<br />

inferiore delle sporgenze cilindriche in cui si inseriscono le culatte, hanno una<br />

struttura a leva del primo tipo e agiscono direttamente sugli otturatori: il dente<br />

di scatto di ciascuna leva si inserisce nell’apposito foro ricavato nella culatta e<br />

qui aggancia la finestrella rettangolare ricavata posteriormente nel corpo dell’otturatore,<br />

bloccandolo in posizione arretrata. Agendo sul pulsante di scatto il<br />

dente si libera e permette all’otturatore di avanzare.<br />

La leva di sicurezza è anch’essa alloggiata nell’impugnatura, fissata con<br />

una vite forata in senso longitudinale che funge da traguardo di mira.<br />

La stessa arma con altra angolazione<br />

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sistema di sicura/mira<br />

Spostando la leva sulla posizione "F" l’arma è pronta per il funzionamento,<br />

mentre in posizione "S" la <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> è in sicura e le leve non possono<br />

essere premute a fondo, impedendo così lo sgancio del dente di scatto dall’otturatore.<br />

Nel corso delle varie <strong>mod</strong>ifiche apportate a quest’arma, le canne non hanno<br />

mai variato di caratteristiche, misurando sempre 32 cm con sei principi di<br />

rigatura destrorsi. Le rigature sono piuttosto profonde ed eseguite con notevole<br />

precisione. Le canne sono costruite in acciaio al nichel e - stando a quanto affermato<br />

nei manuali dell’epoca - erano in grado di sparare serie di 700 colpi<br />

distanziate da pause di circa 10 minuti.<br />

Non avendo (per ovvi motivi!) potuto effettuare prove pratiche, è necessario<br />

basarsi sugli scarni dati riportati in letteratura, dai quali si può desumere che<br />

le canne non subivano logoramenti sensibili sino a circa 25.000 colpi sparati,<br />

dopodiché la precisione incominciava a degradare così come le caratteristiche<br />

funzionali.<br />

Le leve di armamento sono mosse all’indietro mediante pressione esercitata<br />

sulle loro estremità. Nel corso di tale movimento esse impegnano i manubri<br />

L’esemplare della pistola <strong>mitragliatrice</strong> <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> sezionata a scopo didattico conservata<br />

presso il Museo della RIV a <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, in Val Chisone. In basso, i due caricatori<br />

dell’arma


degli otturatori e li trascinano all’indietro sino a far loro agganciare i denti di<br />

scatto delle leve di sparo. A questo punto, rilasciandole, le leve di armamento<br />

ritornano nelle posizioni di riposo grazie alle molle elicoidali di ritorno montate<br />

intorno alla barra che collega le leve passando attraverso le "orecchie" al di sotto<br />

delle culatte.<br />

Il funzionamento<br />

Il principio di funzionamento della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> è quello della massa battente.<br />

L’arma spara però a otturatore chiuso, grazie al ritardo di apertura provocato<br />

sia dal piano inclinato nella finestra di scorrimento del manubrio dell’otturatore<br />

sia dalla massa dell’otturatore stesso, appositamente calcolata per la bisogna.<br />

E’ certo che Revelli e i tecnici della FIAT e della RIV effettuarono parecchie<br />

prove per poter determinare con esattezza le masse che dovevano partecipare<br />

a questo festival dell’instabilità; si tratta infatti di un sistema non delicato<br />

ma che comunque richiede una certa precisione nell’organizzazione meccanica<br />

e nell’equilibrio tra le masse in gioco, i proiettili e i propellenti utilizzati. I malfunzionamenti<br />

sono infatti sempre in agguato, spesso dovuti proprio ad un’apertura<br />

troppo rapida. Questa poteva essere dovuta a molteplici cause, tra cui le<br />

più probabili erano una eccessiva carica della munizione o una massa di otturazione<br />

troppo scarsa (o usurata). In tali casi poteva accadere che il bossolo venisse<br />

estratto prima che la polvere fosse interamente bruciata: il conseguente<br />

Il lato posteriore della OVP evidenzia i pulsanti di sparo e la leva di sicura<br />

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calo repentino di pressione all’interno della canna poteva quindi far mancare la<br />

spinta al proiettile che tendeva a fermarsi prima di uscire dalla volata.<br />

Secondo la procedura di armamento della OVP descritta nel manuale originale<br />

era innanzi tutto necessario porre la leva di sicura in posizione di fuoco<br />

("F"), quindi armare gli otturatori agendo sulle leve di armamento finché essi<br />

non avessero impegnato i rispettivi denti di scatto, dopodiché bisognava riportare<br />

la leva di sicura in posizione "S". A questo punto venivano inseriti i caricatori.<br />

Questa manovra in origine prevedeva di ruotare le ghiere di arresto sino a<br />

mostrare le finestre ricavate nella culatta, quindi inserire i caricatori e per ultimo<br />

ruotare in senso opposto le ghiere allo scopo di bloccare i caricatori stessi in<br />

posizione corretta.<br />

Successivamente, grazie alle <strong>mod</strong>ifiche apportate all’alimentazione, fu<br />

sufficiente inserire i caricatori tra le alette di guida fino allo scatto che indicava<br />

il blocco del dente del caricatore contro la leva di bloccaggio.<br />

Una volta regolato il mirino sulla distanza prescelta, si riportava la leva di<br />

sicura sulla posizione "F". A questo punto la OVP era pronta a far fuoco e l’azionamento<br />

avveniva premendo i bottoni zigrinati delle leve di sparo. In tal <strong>mod</strong>o<br />

gli otturatori si liberavano dal fermo imposto dal dente di scatto e potevano<br />

avanzare sotto la spinta delle molle di recupero.<br />

Le leve d’armamento agiscono facendo arretrare le manette degli otturatori fino a mandare<br />

in presa i denti di scatto


Quando la testa dell’otturatore incontrava il fondello della prima cartuccia<br />

che sporgeva dal serbatoio, la prelevava e la inseriva in canna: un attimo dopo<br />

il percussore entrava in azione provocando lo sparo e la successiva ripetizione<br />

del ciclo.<br />

Fino a che si teneva premuto il bottone di sparo l’arma non cessava di funzionare<br />

e in circa un secondo vuotava l’intero magazzino. Premendo contemporaneamente<br />

i due bottoni, la Vllar <strong>Perosa</strong> era dunque in grado di elargire una<br />

potenza di fuoco di 50 colpi al secondo, ossia 3.000 al minuto! Per capire quale<br />

infernale cadenza fosse questa, è necessario ricordare che le mitragliatrici impiegate<br />

all’epoca (FIAT Mod. 14, Schwarzlose, Gradner, Colt) avevano cadenze<br />

di fuoco comprese tra i 350 e i 500 colpi al minuto e raramente superavano i<br />

700.<br />

Da questi numeri appare evidente che un esiguo numero di OVP correttamente<br />

piazzate e - soprattutto - utilizzate in maniera adeguata avrebbero potuto<br />

cambiare in breve tempo le sorti del conflitto.<br />

E’ comunque necessario fare un’altra considerazione: mentre le mitragliatrici<br />

impiegate all’epoca erano tutte dotate di un sistema di raffreddamento (ad<br />

aria o idraulico), la OVP non ne recava traccia. Ciò comportava, necessariamente,<br />

che i tempi di raffreddamento venissero rispettati con una certa rigidità,<br />

a scanso di inceppamenti che sarebbero risultati molto più deleteri in un’arma<br />

d’attacco che non in una <strong>mitragliatrice</strong> di tipo "difensivo".<br />

I caricatori della OVP contenevano 25 cartucce ciascuno<br />

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82<br />

Le caratteristiche<br />

Non è facile esaminare da vicino una <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, sia per la scarsità dei<br />

reperti sia per il fatto che i pochi pezzi presenti nei nostri musei sono irrimediabilmente<br />

compromessi nella funzionalità: saldati e resi inutilizzabili anche per<br />

studio a causa della miopia delle leggi.<br />

Fortunatamente il museo della RIV-SKF di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> ci ha messo a<br />

disposizione uno splendido esemplare sezionato a scopo didattico dallo Stabilimento<br />

Militare di Terni.<br />

L’arma reca il numero di matricola 4333, superando di gran lunga il mitico<br />

numero 1500, quale a lungo si è creduto fosse il totale di pistolemitragliatrici<br />

prodotte.<br />

In realtà, nel novero dei 25 esemplari esistenti di cui siamo venuti a conoscenza,<br />

esistono numeri ben più alti, tra cui possiamo segnalare il n° 12666 presente<br />

al Museo De Henriquez di Trieste e il n° 13235 presso l’Arsenale Militare<br />

di Torino. Il numero più basso di cui abbiamo accertato l’esistenza è il 53, custodito<br />

presso il citato Museo De Henriquez.<br />

Le <strong>mod</strong>ifiche subite nel corso dei pochi anni di fabbricazione dalla OVP<br />

sono probabilmente iniziate dopo poche migliaia di pezzi prodotti, dato che la<br />

Vista d’insieme della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> sezionata


n° 2662 (fotografata su Diana Armi del giugno 1989) appartiene chiaramente al<br />

<strong>mod</strong>ello fondamentale, mentre la n° 4333 sezionata, fotografata in queste pagine,<br />

reca già le <strong>mod</strong>ifiche apportate alle OVP utilizzate dagli Arditi nel ‘17’-18,<br />

con le caratteristiche guide per agevolare l’inserimento dei caricatori (già presenti<br />

sul <strong>mod</strong>ello per l’Aeronautica) e il calcio in legno sagomato (di difficilissima<br />

reperibilità!).<br />

Abbiamo inoltre potuto esaminare un’altra OVP, perfettamente funzionante,<br />

presso la Raccolta Nazionale Finlandese di Armi dei fratelli Heikki e Pekka<br />

Pohjolainen, non lontano da Helsinki. Quest’arma è dotata di bipiede ripiegabile,<br />

montato in prossimità delle volate. Questo tipo di bipiede è fisso, ma se ne<br />

conosce anche un tipo - voluto dal col. Bassi per l’armamento degli Arditi - che<br />

poteva essere smontato grazie ad un sistema di galletti di fissaggio.<br />

Per il resto, l’arma conservata in Finlandia (dove sappiamo che se ne trovano<br />

almeno altre due!) presenta le stesse caratteristiche dell’esemplare sezionato<br />

del Museo di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>; d’altra parte anche la matricola è molto vicina:<br />

4012.<br />

A proposito di matricole, abbiamo potuto osservare su alcuni esemplari<br />

una caratteristica particolare: il numero di matricola riportato su entrambe le<br />

canne ma seguito in un caso dalla lettera "D" e nell’altro dalla "S", a voler distinguere<br />

la destra dalla sinistra. Riteniamo che ciò fosse unicamente dovuto ad<br />

La sezionatura mostra la camera di cartuccia e la testa dell’otturatore<br />

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84<br />

esigenze di regolamento interno alle officine produttive, in quanto non vi è motivo<br />

per cui le canne non possano essere invertite nel rimontare l’arma dopo un’eventuale<br />

scomposizione.<br />

Osservando il principio di funzionamento, facilmente comprensibile nel<br />

<strong>mod</strong>ello sezionato, si nota come il ritardo di apertura fosse incredibilmente ingegnoso<br />

per l’epoca pur nella sua essenzialità.<br />

Di contro, possiamo renderci conto di come potesse essere difficile per il<br />

mitragliere "dosare" la raffica, visto che solo dopo aver acquisito una notevole<br />

sensibilità era possibile decidere di interrompere lo sparo. Quest’azione richiedeva<br />

infatti di cessare (o almeno allentare) la pressione sui bottoni di sparo, ma<br />

doveva essere veramente difficile metterlo in pratica prima che il caricatore fosse<br />

del tutto esaurito. Solitamente, per semplicità, il mitragliere decideva di utilizzare<br />

una canna per volta, garantendosi - almeno - due raffiche di una certa<br />

consistenza.<br />

Le armi derivate<br />

Le caratteristiche innovative della <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> diedero origine alle pistole<br />

mitragliatrici prodotte di lì in avanti, sebbene molte soluzioni adottate sulla<br />

capostipite fossero piuttosto "originali" e certamente perfettibili. Il primo tenta-<br />

L’otturatore in posizione armata, visibile attraverso la sezione longitudinale della culatta


tivo di miglioramento venne con il moschetto automatico OVP, costruito nel<br />

1920 dalle Officine di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> per l’Esercito in non molti esemplari. Si<br />

trattava in pratica di una sola canna di OVP montata su un calcio in legno. Il<br />

funzionamento è identico a quello della Mod. 15, mentre la manetta di armamento<br />

è del tutto originale, formata da un cilindro scanalato che lasciava passare<br />

il meccanismo di scatto. Per armale il moschetto si tirava indietro questo manicotto<br />

zigrinato per poi rilasciarlo dopo che il dente di scatto aveva agganciato<br />

l’otturatore.<br />

Il moschetto OVP aveva inoltre due grilletti: quello anteriore per il tiro a<br />

raffica e quello posteriore per il colpo singolo. Le mire vennero montate lateralmente,<br />

dato che superiormente la linea di mira era ostruita dalla presenza del<br />

caricatore, con il traguardo saldato in posizione molto avanzata, davanti alla<br />

leva di sgancio del caricatore.<br />

Nel 1918 la Beretta mise in produzione il suo primo "MAB", il Moschetto<br />

Automatico Beretta <strong>mod</strong>ello 1918, che utilizzava lo stesso munizionamento.<br />

Quest’arma non era altro che una "mezza pernacchia" montata su un calcio<br />

in legno di tipo convenzionale, a cui venne aggiunto un nuovo dispositivo<br />

di scatto a due grilletti e una baionetta ripiegabile. Dato il notevole successo<br />

che l’arma incontrò, molte mitragliatrici <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong> vennero sacrificate per<br />

produrlo, al punto che solo pochi esemplari dell’arma originaria sono ormai sopravvissuti<br />

alla cannibalizzazione.<br />

Particolare dei vivi di volata<br />

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86<br />

Benché il funzionamento del MAB 18 fosse identico a quello della OVP,<br />

vennero costruite due versioni di esso, una delle quali con un solo grilletto, che<br />

consentiva unicamente il tiro semi-automatico. L’altra versione utilizzava i due<br />

grilletti come veri e propri selettori, permettendo al tiratore di scegliere di volta<br />

in volta il tipo di tiro.<br />

Sia il moschetto automatico OVP che il MAB 18 trovarono ancora un<br />

impiego (seppure assai limitato) durante la seconda guerra mondiale.<br />

SCHEDA TECNICA<br />

Denominazione: <strong>Pistola</strong> <strong>mitragliatrice</strong> "FIAT" Mod. 15<br />

Anno di nascita: 1914<br />

Fabbricanti: Officine di <strong>Villar</strong> <strong>Perosa</strong>, FIAT, Canadian General Electric<br />

Company Ltd. (Toronto)<br />

Calibro: 9 mm Glisenti (9x19)<br />

Munizione utilizzata: Cartuccia <strong>mod</strong>. 10 (ordinanza italiana), cal. 9 mm Glisenti<br />

Sistema di chiusura: labile, a ritardo di apertura (massa battente)<br />

Cadenza di fuoco teorica: 1500 colpi al minuto (per ciascuna canna)<br />

Velocità iniziale: 365 m/sec<br />

Lunghezza canna: 318 mm<br />

Lunghezza dell’arma: 533 mm<br />

Peso a vuoto: 6,52 kg<br />

Caricatori: 2, amovibili, da 25 colpi

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