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Silvano Bracci - Le statue lignee e gli stucchi - Fondazione Cassa di ...

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<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong><br />

<strong>Le</strong> <strong>statue</strong> <strong>lignee</strong> e <strong>gli</strong> <strong>stucchi</strong><br />

Gli storici e <strong>gli</strong> amatori d’arte che hanno illustrato<br />

Santa Maria Nuova, per esempio Luigi<br />

Serra con il suo Itinerario artistico delle Marche<br />

(Roma 1921) o Cesare Selvelli con le varie e<strong>di</strong>zioni<br />

del Fanum Fortunae (Fano 1924, 1935 e<br />

1943), furono talmente affascinati dalle gran<strong>di</strong><br />

opere pittoriche quattrocentesche da passare sotto<br />

silenzio le sculture <strong>lignee</strong> e le decorazioni della<br />

chiesa francescana fanese; un chiaro giu<strong>di</strong>zio<br />

negativo ha espresso invece Agostino Pellegrini:<br />

“Gli altari come architettura, lo <strong>di</strong>co subito, non<br />

valgono nulla, anzi stonano tanto, che se non ci<br />

fossero sarebbe me<strong>gli</strong>o” 1 , mentre positivo è quello<br />

del padre Antonio Talamonti: “Altri ornati<br />

abbelliscono la chiesa, tra questi sono da ricordare<br />

[...] le ancone laterali <strong>di</strong> pietra colorata (sec.<br />

XVIII); la balaustra e l’altare maggiore <strong>di</strong> marmo;<br />

la statua <strong>di</strong> S. Pietro d’Alcantara del fanese<br />

Paolo Grilanda [...]” 2 .<br />

Poiché nel ra<strong>di</strong>cale rimaneggiamento settecentesco<br />

il gesso ha supplito lo sfarzo dei marmi e dei<br />

materiali preziosi che in altri contesti o chiese<br />

più ricche mostrano l’eleganza della policromia e<br />

la lucentezza dell’oro (possiamo richiamare note<br />

chiese, quali il Gesù a Roma o quello <strong>di</strong> Palermo<br />

e molte chiese de<strong>gli</strong> oratoriani tipo San Pietro in<br />

Valle <strong>di</strong> Fano), è doverosa una parola sulle decorazioni<br />

in sca<strong>gli</strong>ola o stucco.<br />

<strong>Le</strong>ggiamo nelle Memorie del Convento <strong>di</strong> S. Maria<br />

Nova <strong>di</strong> Fano: «Terminata la chiesa dal fu P(adre)<br />

M(olto) R(reverendo) Antonio dalla Rocca, non<br />

furono li Altari ornati con altro, se non che con<br />

piccoli quadri e cone vecchie, che poco decenti<br />

riuscivano, e conformi al vaso della Chiesa. Si<br />

pensò fare a tutti <strong>gli</strong> Altari un Ornamento convenevole<br />

<strong>di</strong> stucco con geometria uniforme. Capitò<br />

qui il Sig. Giovanni da Lugano, con il medesimo<br />

si fece patto per la costruzione degl’Altari […] Si<br />

<strong>di</strong>ede principio a riformare tutti gl’Altari <strong>di</strong> questa<br />

Chiesa <strong>di</strong> S. M.a Nova nell’anno 1738 e nel<br />

tempo si andavano fabricando le chone <strong>di</strong> stucco<br />

degl’Altari <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi Padronali e della Chiesa» 3 .<br />

E’ la situazione che ancora si presenta all’occhio<br />

del visitatore: i singoli altari sono incastonati in<br />

un arco alla cui sommità è un grande carti<strong>gli</strong>o<br />

che conteneva una scritta, cancellata nel 1959,<br />

sovrastato da una testina d’angelo, salvo quello<br />

<strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong> Padova che presenta due<br />

angioletti e protende ai lati due gi<strong>gli</strong>, non sappiamo<br />

se originali o dovuti all’ultimo restauro.<br />

L’impostazione architettonica dei singoli altari è<br />

a timpano ad angoli spezzati, sopra dossali alla<br />

cui sommità in alcuni sono seduti angioletti; al<br />

centro <strong>di</strong> ciascun timpano sono inseriti simboli<br />

<strong>di</strong>versi, quali la colomba dello Spirito Santo<br />

nel secondo altare sia <strong>di</strong> destra che <strong>di</strong> sinistra, lo<br />

stemma della Comunità fanese nel terzo altare a<br />

destra, un altorilievo raffigurante l’eterno Padre<br />

con scettro e globo attorniato da testine angeliche<br />

nel quarto altare a destra, ecc.<br />

Dopo la sopraelevazione della chiesa le paraste,<br />

alla cui sommità è il capitello con fo<strong>gli</strong>e d’acanto,<br />

dovevano apparire molto lunghe, perciò in<br />

secondo tempo e forse dopo il rifacimento de<strong>gli</strong><br />

altari (cioè dopo il 1738), ognuna fu idealmente<br />

spezzata con un meda<strong>gli</strong>one pittorico con<br />

santo francescano (si veda il saggio <strong>di</strong> Rodolfo<br />

Anderlini, Gli ovali con i santi francescani, sempre<br />

in questo volume) inscritto in una cornice<br />

<strong>di</strong> stucco, in origine dorata come abbiamo constatato<br />

da un frammento e come appare in una<br />

foto assegnabile a<strong>gli</strong> anni 1950, sovrastata da un<br />

nastro che quale tromp-l’oeil sembra appeso ad<br />

un chiodo e che terminava al <strong>di</strong> sotto con due<br />

parti svolazzanti, tolte nell’ultimo restauro ra<strong>di</strong>cale,<br />

e il tutto imbiancato ad opera del prof.<br />

Giuseppe Monal<strong>di</strong>. A costui dovrebbero essere<br />

assegnate le nicchie a conchi<strong>gli</strong>a e le decorazioni<br />

nelle paraste angolari del presbiterio, che non<br />

si evidenziano in vecchie foto, inoltre leggiamo<br />

in una sua nota <strong>di</strong> spesa: “10 novembre 1958:<br />

nota <strong>di</strong> Giuseppe Monal<strong>di</strong> per decorazione con<br />

<strong>stucchi</strong> ad un pilastro della chiesa; restauro delle<br />

parti più evidenti, ripulitura e imbiancatura con<br />

tinta lavabile <strong>di</strong> tutti <strong>gli</strong> <strong>stucchi</strong> dei 20 pilastri,<br />

ecc. Totale £ 118.000” 4 . La decorazione ex novo<br />

con <strong>stucchi</strong> uguali a<strong>gli</strong> altri si rese necessaria nel<br />

1958-59 non solo per “un pilastro”, quello da cui<br />

A fronte<br />

Crocifisso con San Francesco<br />

e San Giacomo (IV<br />

altare a destra)<br />

199


LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />

Qui e nella pagina a fronte<br />

<strong>Le</strong> paraste angolari del<br />

presbiterio realizzate da<br />

Giuseppe Monal<strong>di</strong> nel<br />

1958<br />

200


LE STATUE LIGNEE E GLI STUCCHI<br />

201


LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />

202<br />

era stato tolto il pulpito ligneo, ma anche nei due<br />

pilastri della controfacciata dopo la demolizione<br />

della cantoria. <strong>Le</strong> ri<strong>di</strong>pinture a finto marmo de<strong>gli</strong><br />

altari furono eseguite da Pietro Solazzo, Carla<br />

Cucchi e altri per conto della <strong>di</strong>tta Uguccioni<br />

Ivan <strong>di</strong> Fano.<br />

Prima ancora della trasformazione del 1706-08<br />

la chiesa era stata arricchita <strong>di</strong> alcune <strong>statue</strong> <strong>lignee</strong><br />

<strong>di</strong> santi francescani che avevano un preciso<br />

significato, come rileva Réginald Grégoire:<br />

“L’arte scultorea sacra è un fenomeno <strong>di</strong> cultura;<br />

è una cultura per immagini, un gesto che esprime<br />

pensiero [...] Tra <strong>gli</strong> artisti e <strong>gli</strong> spettatori<br />

esiste e si intensifica una qualche associazione<br />

spirituale tra l’oggetto d’arte contemplato e il<br />

cuore (che è l’elemento sensibile all’intelligenza)<br />

[...] È un’arte sacra, un’attività estetica destinata<br />

non soltanto a decorare un ambiente sacro, bensì<br />

a provocare l’incontro tra celebrazione liturgica<br />

e reazioni spirituali personali, e pertanto a suscitare<br />

la fede; tutto è collegato” 5 . <strong>Le</strong> sculture dei<br />

santi francescani, eccetto una, si moltiplicarono<br />

nel prosieguo de<strong>gli</strong> anni, offrendo una varietà<br />

<strong>di</strong> modelli che tuttavia dovevano apparire molto<br />

simili perché uniformate dalla scura tunica<br />

francescana oltre la quale soltanto un occhio<br />

esperto poteva percepire caratteristiche in<strong>di</strong>viduali.<br />

Concor<strong>di</strong>amo infatti con quanto afferma<br />

Grazia Maria Fachechi: “È spesso preve<strong>di</strong>bilmente<br />

constatabile, per <strong>gli</strong> oggetti <strong>di</strong> culto, una<br />

certa uniformità <strong>di</strong> caratteri, una mancanza cioè<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione formale e un’insistente ripetitività<br />

dello schema figurativo che molte volte, in<br />

assenza <strong>di</strong> notizie certe, rende ardua una precisa<br />

definizione culturale del manufatto in termini<br />

<strong>di</strong> datazione e provenienza e ancor più <strong>di</strong> paternità<br />

[...] Solitamente si tratta <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> botteghe<br />

<strong>di</strong> devozione popolare in cui l’arte era più<br />

che altro un mestiere, chiusa in schemi rigi<strong>di</strong> e<br />

ripetitivi” 6 .<br />

<strong>Le</strong> <strong>statue</strong> <strong>lignee</strong> dovevano essere se<strong>di</strong>ci, se a<br />

coppia affiancavano tutti <strong>gli</strong> altari laterali dove<br />

rimasero fino a<strong>gli</strong> interventi del 1959. Alcune<br />

<strong>di</strong> esse sembrano ormai perdute, forse <strong>di</strong>strutte<br />

per un evidente pessimo stato <strong>di</strong> conservazione;<br />

delle superstiti, riconoscibili dal nome del santo<br />

scritto su fondo bianco alla base della scultura,<br />

solo due attualmente trovano collocazione nella<br />

chiesa, le altre sono state depositate nel sottotetto<br />

in un preoccupante stato <strong>di</strong> degrado, alcune<br />

sono state portate altrove. Sono a figura intera<br />

stante, lavorate a tutto tondo anche se destinate<br />

a una visione esclusivamente frontale, e, non<br />

essendo realizzate con scopi artistici e pur non<br />

essendo capolavori, sono degnissime opere d’arte<br />

<strong>di</strong> maestri <strong>di</strong> legname che mostrano padronanza<br />

della tecnica dell’inta<strong>gli</strong>o. Potrebbero essere<br />

state esemplate su precedenti realizzazioni scultoree<br />

che hanno creato a loro volta dei modelli<br />

iconografici, ma ognuna ha la propria specificità<br />

pur avendo caratteristiche comuni: il volto trasmette<br />

una intensa spiritualità, il corpo scompare<br />

sotto il saio sul quale si sta<strong>gli</strong>a il cordone<br />

bianco annodato in vita, l’abito non copre i pie<strong>di</strong><br />

nu<strong>di</strong> tipici della santità francescana, in alcune il<br />

culmine emotivo è incentrato nelle braccia che<br />

dovevano accompagnare l’ostensione de<strong>gli</strong> attributi<br />

identificativi o comunque caratterizzare il<br />

personaggio.


Quella <strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong> Padova (cm 176 x 88),<br />

conservata nel sottotetto, potrebbe essere la più<br />

antica, dato che i frati festeggiavano il santo già<br />

nel 1509 nella chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova in<br />

San Lazzaro, ma quando abbiano commissionato<br />

la statua, sostituendo una eventuale raffigurazione<br />

pittorica presente nell’altare a lui de<strong>di</strong>cato,<br />

allo stato della ricerca non è dato conoscere.<br />

L’opera non è tra le mi<strong>gli</strong>ori, presenta una figura<br />

con una grande testa piantata su un lungo collo<br />

che si eleva da uno svasato grande cappuccio, la<br />

tunica forma una grossa piega prominente tra le<br />

due gambe <strong>di</strong> cui la destra leggermente piegata<br />

dà un senso <strong>di</strong> movimento, il braccio destro è<br />

piegato ad angolo retto verso il petto, quello sinistro<br />

pende verso terra con la mano che sostiene<br />

un libro sul quale doveva essere un Gesù bambino<br />

oggi perduto, nel braccio sinistro è inserito<br />

un ferro a sostegno <strong>di</strong> un gi<strong>gli</strong>o.<br />

La statua <strong>di</strong> San Pietro d’Alcántara (cm 177 x<br />

110) è opera dell’artigiano scultore fanese Paolo<br />

Grilanda (1621 ca. - 1691) 7 che <strong>di</strong>mostra una<br />

mano esperta in questo genere <strong>di</strong> inta<strong>gli</strong>o: il<br />

volto del santo rivolto verso il cielo esprime la<br />

vita contemplativa <strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong> estrema penitenza<br />

fisica, un volto che richiama quello del<br />

“Beato Giovanni dal Bastone” della chiesa <strong>di</strong> S.<br />

Fortunato a Perugia, opera <strong>di</strong> <strong>Le</strong>onardo Sca<strong>gli</strong>a<br />

attivo in Umbria e tra il 1643-44 ad Arcevia 8 ,<br />

che in quella e in altra opera della stessa chiesa<br />

“scava con forza i volti dei personaggi realizzando<br />

immagini <strong>di</strong> impressionante intensità” 9 ,<br />

e tale è il volto del nostro santo, rivolto ad una<br />

scomparsa alta croce che sosteneva con la mano<br />

destra protesa verso l’esterno, come normalmente<br />

è stato raffigurato. La processione con la statua<br />

del santo, canonizzato nel 1669, fu concessa dal<br />

vescovo <strong>di</strong>ocesano il 13 ottobre 1692 per devozione<br />

<strong>di</strong> Mons. Corbelli 10 . Il simulacro portato<br />

nel 1981 nel convento <strong>di</strong> Mombaroccio, recentemente<br />

è stato trasferito presso la raccolta museale<br />

francescana <strong>di</strong> Falconara Marittima e sottoposto<br />

ad intervento <strong>di</strong> restauro senza ricostruzione <strong>di</strong><br />

parti mancanti e reintegrazione cromatica.<br />

Potrebbero appartenere ad una stessa mano artigiana<br />

le <strong>statue</strong> <strong>di</strong> San Pasquale Baylon (cm 160 x<br />

67), conservata nel locale <strong>di</strong> deposito, e del Beato<br />

Sante da Montefabbri (cm 163 x 72) trasferita,<br />

forse al tempo de<strong>gli</strong> ultimi restauri, nel convento<br />

<strong>di</strong> Mombaroccio dove è in una nicchia del corridoio<br />

superiore. Hanno in comune le fitte pieghe<br />

dell’abito che scendono perpen<strong>di</strong>colarmente<br />

a tubolare quasi interrotte dal cordone bianco<br />

alla vita, l’inta<strong>gli</strong>o del cordone (la parte verticale<br />

nel san Pasquale non è originale), le aureole metalliche<br />

che nella loro <strong>di</strong>versa forma <strong>di</strong>stinguono<br />

un santo (Pasquale, canonizzato nel 1690, porta<br />

l’aureola piena, traforata e a punte triangolari<br />

esterne) e un beato (l’aureola <strong>di</strong> fra Sante è fatta<br />

<strong>di</strong> raggi, i cosiddetti “segni <strong>di</strong> beatitu<strong>di</strong>ne”). Si sa<br />

che nel 1690 il cavalier Guido Gabuccini devoto<br />

<strong>di</strong> san Pasquale ne ottenne la processione, forse<br />

circoscritta al chiostro del convento fanese 11<br />

(il Guar<strong>di</strong>ano si obbligava a non fare quella <strong>di</strong><br />

San Pietro d’Alcántara), e a quell’anno potrebbe<br />

risalire questo simulacro il cui sguardo è rivolto<br />

in alto a destra verso un piccolo ostensorio<br />

dorato proteso da un lungo ferro ancorato con<br />

LE STATUE LIGNEE E GLI STUCCHI<br />

203


LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />

204<br />

un occhiello al petto dell’immagine. Una statua<br />

<strong>di</strong> san Pasquale del tutto simile alla nostra<br />

si trova nella chiesa dell’ex-convento francescano<br />

che porta il nome del Santo tra San Giorgio<br />

<strong>di</strong> Pesaro e Orciano <strong>di</strong> Pesaro e suscita l’ipotesi<br />

che sia uscita dal medesimo laboratorio artigiano<br />

perché fatta nello stesso periodo <strong>di</strong> tempo e<br />

nella stessa città come si legge a p. 334 del manoscritto<br />

Memorie del Convento <strong>di</strong> S. Maria della<br />

Misericor<strong>di</strong>a in Poggio: «Adì primo novembre<br />

1706 (Memoria). Giorno <strong>di</strong> Tutti i Santi. Nel<br />

Guar<strong>di</strong>anato del P. R. Giuseppe Maria da Fano<br />

già tre volte Diffinitore per industria e <strong>di</strong>votione<br />

del suo P. Vicario Antonio Maria da S. Giorgio<br />

fù in Fano fatta fare la statua del Glorioso S.<br />

Pasquale, e nel detto giorno de’ Santi processionalmente<br />

esposta con gran concorso de devoti e<br />

collocata nell’Altare <strong>di</strong> S. Diego à Gloria <strong>di</strong> Dio,<br />

del Santo, e à beneficio de Fedeli concorrenti.<br />

Deo Gratias» (Archivio Provinciale dei Frati<br />

Minori delle Marche, Falconara Marittima).<br />

Il Beato Sante con la mano destra regge una croce<br />

dorata (non originale, dato che la parte inferiore<br />

ristretta e senza doratura ne rivela altra provenienza),<br />

al <strong>di</strong> sopra della mano sinistra piegata<br />

sul petto mostra un sole raggiato dalla faccia<br />

umana, simbolo dell’ardente devozione del frate<br />

all’Eucaristia.<br />

La statua <strong>di</strong> San Giovanni da Capestrano (cm 162<br />

x 81) presenta uno stato <strong>di</strong> conservazione pessima<br />

che però ne permette ancora la lettura: la figura<br />

è leggermente piegata sul suo fianco sinistro da<br />

cui protende il braccio che doveva terminare con<br />

la ban<strong>di</strong>era crociata da lui impugnata; le pieghe<br />

dell’abito sono rade, cadenti quasi perpen<strong>di</strong>colarmente<br />

a terra; nella parte destra della lunetta<br />

del cappuccio è attaccata la croce annerita dal<br />

tempo, forse rossa in origine. Il 23 ottobre 1692<br />

il Consi<strong>gli</strong>o grande <strong>di</strong> Fano si obbligava a festeggiare<br />

questo santo per 20 anni, ritenendo che la<br />

sua intercessione avesse risparmiato la città da sicura<br />

rovina nel terremoto della notte precedente,<br />

coincidendo la memoria liturgica del capestranese<br />

che in quel giorno era deceduto nel 1456 ed<br />

era stato canonizzato nel 1690; il successivo 5 novembre<br />

il vescovo ne concedeva la processione 12 .


Di buona fattura sono tre <strong>statue</strong>: San Francesco<br />

(cm 161 x 105), San Giacomo della Marca (cm<br />

163 x 83) e San Diego d’Alcalà (cm 163 x 51).<br />

L’intenso realismo mostra una esecuzione raffinata<br />

delle mani e dei pie<strong>di</strong>, ma soprattutto dei<br />

volti un po’ segnati nelle guance ma non scarnificati,<br />

le teste leggermente piegate e girate, lo<br />

sguardo raccolto nella adorazione o contemplazione,<br />

esile ed elegante la struttura corporea che si<br />

manifesta oltre il panneggio dell’abito francescano<br />

che al petto mostra pieghe raccolte in modo<br />

naturale dal cordone in vita, con l’orlo inferiore<br />

quasi svolazzante ma ben modellato con le pieghe<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa misura che seguono il movimento<br />

dato da una gamba un po’ piegata, sottolineato<br />

anche da una leggera torsione del busto. I simulacri<br />

dei primi due santi sono caratterizzati dalle<br />

braccia staccate dal corpo, nel terzo invece sono<br />

piegate ad angolo verso il petto davanti al quale<br />

le mani si ergono raccolte in preghiera; infine<br />

anche le maniche sono un piccolo capolavoro <strong>di</strong><br />

inta<strong>gli</strong>o, con il rigonfiamento all’altezza del gomito<br />

dove poteva alloggiare una tasca. <strong>Le</strong> uguali<br />

caratteristiche, tra cui il cingolo liscio, invitano<br />

ad assegnarle ad uno stesso scultore <strong>di</strong> cui sarebbe<br />

interessante poter conoscere il nome, sono<br />

comunque databili post 1726, anno <strong>di</strong> canonizzazione<br />

del santo pre<strong>di</strong>catore marchigiano attivo<br />

più volte anche a Fano (si veda la scheda San<br />

Giacomo della Marca e altri Frati Santi a Fano <strong>di</strong><br />

<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>), e quin<strong>di</strong> più recenti rispetto alle<br />

altre. Il San Diego, conservato nel locale <strong>di</strong> deposito,<br />

presenta i segni dell’incuria, non così le altre<br />

due <strong>statue</strong> restaurate dalla <strong>di</strong>tta Paola Bartoletti<br />

nel 2005 per trovare collocazione nel vano della<br />

grande nicchia rettangolare aperta sopra il quarto<br />

altare a destra ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> un crocifisso ligneo,<br />

come leggiamo in un documento: “1958 lu<strong>gli</strong>o.<br />

Ta<strong>gli</strong>o in forza <strong>di</strong> muratura per formazione della<br />

nicchia dove è stato collocato il SS. Crocifisso,<br />

costruzione dell’architrave in cemento armato<br />

su detta nicchia, sistemazione della medesima;<br />

demolizione <strong>di</strong> un altare” 13 .<br />

Nella chiesa vi era la statua <strong>di</strong> San Bernar<strong>di</strong>no<br />

da Siena che nel 1981 con quella <strong>di</strong> San Pietro<br />

d’Alcántara venne trasferita nel convento <strong>di</strong><br />

LE STATUE LIGNEE E GLI STUCCHI<br />

205


LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />

206<br />

Mombaroccio, per ora non rintracciata perché<br />

forse emigrata in un terzo convento.<br />

Esce dalla serie dei santi francescani il Sant’Emi<strong>di</strong>o<br />

vescovo (cm 182 x 72), scolpito nei mesi <strong>di</strong> giugno<br />

e agosto 1741 dall’esperto inta<strong>gli</strong>atore fanese<br />

Giuseppe Ghirlanda (attivo tra il 1720 e il<br />

1753), nipote <strong>di</strong> Paolo, e “indorato e inargentato”<br />

dall’altrettanto provetto indoratore Domenico<br />

Ama<strong>gli</strong>ani 14 . Presenta uno svolazzante piviale dorato<br />

con grosso ferma<strong>gli</strong>o al petto e una stola dorata<br />

che, molto mossa, scende dal petto sul bianco<br />

camice dall’alto bordo a ricamo rosso sia nella parte<br />

inferiore che nei polsi, il tutto completato dalla<br />

mitria episcopale e dal pastorale dall’elaborato riccio.<br />

La festa del santo venne istituita il 12 giugno<br />

<strong>di</strong> quello stesso anno dal Consi<strong>gli</strong>o pubblico, che<br />

il 20 aprile 1751 deliberò che fosse celebrata “in<br />

perpetuo” e nel 1781 ne deliberò la processione 15 .<br />

Nel locale <strong>di</strong> deposito si trova anche una deliziosa<br />

Santa Chiara (cm 101 x 50), il cui stato <strong>di</strong><br />

conservazione però è pessimo. Ciò nonostante,<br />

se ne evidenzia la buona fattura: in testa il doppio<br />

velo bianco e nero, il volto piegato alla sua<br />

sinistra leggermente rivolto in alto, il soggolo<br />

bianco dalle fitte pieghe, l’abito scuro con piccole<br />

pieghe al petto che sotto il bianco cingolo<br />

si allargano scendendo fino all’orlo svolazzante<br />

che, insieme con la gamba destra leggermente<br />

piegata, richiama le <strong>statue</strong> <strong>di</strong> San Francesco, San<br />

Giacomo e San Diego, facendo pensare ad un<br />

unico inta<strong>gli</strong>atore.<br />

Risale al 1850 circa l’Immacolata Concezione (cm<br />

182 x 90) in legno colorato a lacca policroma con<br />

doratura a guazzo, opera <strong>di</strong> un anonimo scultore<br />

locale. Presenta la Vergine Immacolata secondo<br />

un modello <strong>di</strong>ffuso nell’ambito francescano


marchigiano fra il XVIII e il XIX secolo: in atteggiamento<br />

contemplante per lo sguardo leggermente<br />

rivolto al cielo e insieme orante per le<br />

mani quasi congiunte che, protese verso il lato<br />

sinistro dello spettatore, danno alla figura un<br />

senso <strong>di</strong> movimento e ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> danza, il<br />

piede destro calca la testa <strong>di</strong> un fantasioso drago<br />

infernale che circonda tutto il pie<strong>di</strong>stallo che<br />

vuol richiamare il globo terrestre, il piede sinistro<br />

invece poggia su una falce <strong>di</strong> luna con evidenti<br />

riferimenti alla donna dell’Apocalisse. Era<br />

stata commissionata per sostituire la tavola del<br />

Nucci (si veda la scheda Il peccato originale e la<br />

redenzione <strong>di</strong> Benedetto Nucci <strong>di</strong> <strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>)<br />

nel terzo altare a sinistra secondo il manoscritto<br />

<strong>di</strong> Stefano Tomani Amiani che però non ne<br />

era entusiasta: «Noi concederemo se vuolsi, che<br />

questa tela [del Nucci] pei gravi danni sofferti<br />

non solleticava gran fatto l’occhio volgare della<br />

moltitu<strong>di</strong>ne; ma non esiteremo dal <strong>di</strong>re essersi<br />

proferito un bestiale giu<strong>di</strong>zio condannandola ad<br />

immeritato ostracismo, dacchè sembrava che il<br />

nome del Nucci ben noto nella storia dell’arte<br />

della pittura, per essere stato scolaro del celebre<br />

Raffaellino del Colle, e perfetto imitatore del<br />

suo stile, avesse dovuto salvarla da così fatta oltraggiosa<br />

condanna. Che anzi vieppiù lamentabile<br />

ne apparisce sì fatto asportamento, dacchè<br />

con pecoraggine inau<strong>di</strong>ta si volle sostituita una<br />

trivialissima scoltura <strong>di</strong> artefice più triviale, rinserrandola<br />

fra cristalli, quasi artistica gioia, con<br />

aperto sfregio al buon senso, e con indecorosa irriverenza<br />

al Santuario dove quella sconcia decorazione<br />

è argomento <strong>di</strong> continuo scherno anche<br />

a’ più guar<strong>di</strong>nghi e più schivi. Ma omai basti <strong>di</strong><br />

sì fatte sozzure, e più tosto ne sia permesso l’eccitare<br />

coi voti il generoso sentimento <strong>di</strong> qualche<br />

pio e benevolo dovizioso, il qua1e in compensazione<br />

<strong>di</strong> tanto sfregio al primo tempio della città<br />

per l’accolta elettissima <strong>di</strong> classici lavori <strong>di</strong> pittura,<br />

commetta ad artista <strong>di</strong> egregia fama, e la Dio<br />

mercè non ne è <strong>di</strong>fetto in Italia, una nuova tela<br />

svolgente il sublime ministero della Concezione,<br />

che a fronte del monumentale del Perugino, colpisca<br />

la mente e lo sguardo dell’intelligente osservatore,<br />

e torni a decoro della principale patrona<br />

<strong>di</strong> tutto l’Or<strong>di</strong>ne Minoritico. E noi invochiamo<br />

ferventemente una tela abilmente <strong>di</strong>pinta, perchè<br />

<strong>di</strong> <strong>statue</strong>, e brutte, ne abbiamo qui dentro<br />

a sazietà, e perchè il loro collocamento deturpa<br />

l’euritmia architettonica dell’intero corpo della<br />

Chiesa» 16 . La reazione al nuovo manufatto era<br />

nostalgica ammirazione alla tavola perduta, ma<br />

la statua che la sostituì ha avuto successo presso<br />

i fedeli che ancora la venerano, specie nella festa<br />

dell’8 <strong>di</strong>cembre e durante la novena che la precede.<br />

Il Crocifisso (cm 140 x 155) del quarto altare a<br />

destra è scultura lignea <strong>di</strong> inizio secolo XX, stando<br />

ad annotazioni <strong>di</strong> spesa dei mesi <strong>di</strong> agosto e<br />

settembre 1914 per bussola, pittura, vetro, serratura,<br />

vasi <strong>di</strong> fiori per una “nuova nicchia del<br />

LE STATUE LIGNEE E GLI STUCCHI<br />

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LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />

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SS. Crocifisso” 17 . L’anonimo inta<strong>gli</strong>atore <strong>di</strong>mostra<br />

una certa attenzione per i dati anatomici:<br />

costole in evidenza, fronte corrugata su cui è la<br />

corona <strong>di</strong> corda intrecciata contenenti spine metalliche,<br />

bocca aperta che mostra la dentatura,<br />

mani inchiodate sopra la linea della testa reclinata,<br />

capelli scolpiti che un po’ ricadono in avanti,<br />

barba ricciuta, pie<strong>di</strong> sovrapposti rotanti in senso<br />

inverso.<br />

Opera recentissima, rispetto a tutte le altre del<br />

grande contenitore che è la chiesa <strong>di</strong> Santa Maria<br />

Nuova, è il Gesù Vita, un crocifisso in bronzo<br />

(cm 70 x 36) posto accanto all’altare maggiore,<br />

opera datata 1998 dello scultore trevigiano<br />

Alfiero Nena allievo <strong>di</strong> Emilio Greco. Presenta il<br />

Cristo non più patiens, ma che si erge dai legami<br />

<strong>di</strong> morte nella risurrezione seppure ancora nella<br />

posizione della crocifissione <strong>di</strong> cui porta evidenti<br />

segni nelle mani e nei pie<strong>di</strong>. La scultura è posta<br />

alla biforcazione <strong>di</strong> un ideale tronco che parte<br />

dalle pietre della base, su un ramo germo<strong>gli</strong>a<br />

una fo<strong>gli</strong>a simbolo <strong>di</strong> vita, al vertice dell’altro<br />

aleggia una piccola colomba della pace.<br />

Delle suppellettili in uso prima della riforma liturgica<br />

del Concilio Ecumenico Vaticano II restano<br />

anche quattro preziosi reliquiari (cm 138 x<br />

50): venivano esposti nel gra<strong>di</strong>no più alto dell’altare<br />

maggiore tra i gran<strong>di</strong> candelieri dorati <strong>di</strong><br />

pregevole inta<strong>gli</strong>o che erano parte <strong>di</strong> una serie a<br />

<strong>di</strong>verse altezze, ora conservate nel convento.<br />

Un ultimo rilievo è doveroso anche per alcune<br />

opere <strong>lignee</strong> rimaneggiate ne<strong>gli</strong> anni 1958-1960:<br />

ai confessionali ottocenteschi fu allora tolta la<br />

lunetta superiore, sostituita da una targa con<br />

lo stemma francescano che si trova anche sui<br />

due arma<strong>di</strong> della sacrestia; l’ingresso principale


venne fornito <strong>di</strong> una grande bussola “a quattro<br />

aperture eseguita in legno noce patinato, completa<br />

<strong>di</strong> soffitto, vetri, ecc. e ferrature artistiche”<br />

alla cui sommità campeggia lo stemma francescano<br />

“inta<strong>gli</strong>ato e traforato”, opera <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Filippetti come dai seguenti documenti: “31<br />

marzo 1959. Contratto per la costruzione <strong>di</strong> una<br />

bussola in noce nella chiesa <strong>di</strong> S. Maria Nuova<br />

<strong>di</strong> Fano, tra il Guar<strong>di</strong>ano padre Francesco<br />

Talamonti e Giuseppe Filippetti”, e “25 aprile<br />

1960. Nota lavori per bussola, porte, mo<strong>di</strong>fica<br />

confessionali, due nuove cassapanche [...] Totale<br />

£ 1.541.900”. 18<br />

Note<br />

1. Memorie francescane fanesi, Fano 1926, p. 111.<br />

2. A. Talamonti, Cronistoria dei Frati Minori della provincia lauretana<br />

delle Marche - Monografie dei conventi, III, Sassoferrato<br />

1941, pp. 140-41.<br />

3. ACSMNF, Memorie del convento <strong>di</strong> S. Maria Nuova <strong>di</strong> Fano,<br />

pp. 1-2. Per Giovanni da Lugano si veda il saggio <strong>di</strong> Rodolfo<br />

Anderlini, sempre in questo volume, in corrispondenza della<br />

nota 3.<br />

4. ACSMNF, Cartella Spese 1958-1964.<br />

5. R. Grégoire, L’arte come manifestazione del sacro, in I legni<br />

devoti, Fabriano 1994, pp. 23-25.<br />

6. G. M. Fachechi, San Giacomo della Marca nella statuaria in<br />

Il culto e l’immagine, a cura <strong>di</strong> S. <strong>Bracci</strong>, Milano 1998, p. 147.<br />

7. A. Talamonti, Cronistoria dei frati minori ecc. cit., III, p. 141.<br />

Cfr. K. Del Baldo, La bottega de<strong>gli</strong> scultori Grillanda <strong>di</strong> Fano in<br />

Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, atti del primo<br />

Convegno (Pergola 24-25 ottobre 1997) a cura <strong>di</strong> G.B. Fidanza,<br />

Pergola 1999, pp. 181-190; Ead., I Ghirlanda (o Grillanda):<br />

nuovi documenti e nuove opere della bottega in Nuovi contributi<br />

alla cultura lignea marchigiana a cura <strong>di</strong> M. Giannatiempo<br />

Lòpez e A. Iacobini, S. Angelo in Vado 2002, pp. 145-164.<br />

8. Cfr. M. Trionfi Honorati, Arre<strong>di</strong> lignei nelle Marche, Bergamo<br />

1993, p. 70.<br />

9. F. F. Mancini, I <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> <strong>Le</strong>onardo e Giuseppe Sca<strong>gli</strong>a nella<br />

Biblioteca comunale <strong>di</strong> Foligno in L’arte del legno tra Umbria e<br />

Marche dal Manierismo al Rococò, Perugia 2001, p. 261.<br />

10. Cfr.. p. ___.<br />

11. Cfr. p. ___.<br />

12. Cfr. p. ___.<br />

13. ACSMNF, Cartella Spese 1958-1964, Nota 2 <strong>di</strong> Ceccarelli<br />

Ilario.<br />

14. Ve<strong>di</strong> Boiani Tombari, alla data 2 giugno 1741. Cfr. K. Del<br />

Baldo, La bottega de<strong>gli</strong> scultori Grillanda <strong>di</strong> Fano, cit.; Ead., I<br />

Ghirlanda (o Grillanda): nuovi documenti e nuove opere della<br />

bottega, cit.<br />

15. SASFA, Arch. Storico Comunale, miscellanea busta 2; A.<br />

Talamonti, op. cit., p. 174.<br />

16. S. Tomani Amiani, Guida <strong>di</strong> Fano, 1853 (BFF, Sala manoscritti),<br />

c. 45v (e<strong>di</strong>zione Battistelli 1981, pp. 138-139).<br />

17. ACSMNF, Libro dell’amministrazione della Parrocchia <strong>di</strong> S.<br />

Salvatore in S. Maria Nuova (anni 1914-1933), pp. 5-6.<br />

18. ACSMNF, Cartella Spese 1958-1964.<br />

LE STATUE LIGNEE E GLI STUCCHI<br />

Interno della chiesa in una<br />

foto d’epoca. Da notare al<br />

centro dell’immagine alcune<br />

<strong>statue</strong> <strong>lignee</strong> <strong>di</strong>sposte ai<br />

fianchi de<strong>gli</strong> altari<br />

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