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Exibart. - Emmi srl

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92.rimandi <strong>Exibart</strong>.onpaper<br />

rimandi.<br />

Boris Mikhailov<br />

[... segue da pag. 60 di déjà vu]<br />

Un'immagine densa di senso che trasmette<br />

allo spettatore una chiave per<br />

poter interpretare la realtà postsovietica:<br />

passato e presente sono<br />

mescolati per vedere le metamorfosi<br />

delle società e dei modelli in atto.<br />

Mikhailov attua in questo modo il<br />

recupero di una memoria visiva,<br />

attualizzata attraverso un procedimento<br />

tecnico che arricchisce anche<br />

la lettura dei contenuti.<br />

Nuovi comportamenti sociali sono<br />

contenuti in immagini dove spesso il<br />

degrado urbano fa da sfondo al soggetto<br />

umano colto nella sua vulnerabile<br />

nudità. Sono tradotti in scorci<br />

urbani dove da una fontana sale l'immagine<br />

pubblicitaria di una donna,<br />

oppure dove due uomini a mezzo<br />

busto, minacciosi ed inquietanti (due<br />

politici?), sovrastano una desolante<br />

strada di un'anonima periferia.<br />

Yesterday Sandwich non è soltanto<br />

un lavoro seriale di grande impatto<br />

visivo, ma è un nuovo modo di documentare<br />

la realtà, facendo uscire dall'archivio<br />

qualcosa che altrimenti<br />

sarebbe rimasto lettera morta.<br />

[claudio cucco]<br />

Silenzio<br />

[...segue da pag. 60 di déjà vu]<br />

Silenzio potenziale, che non tollera<br />

descrizioni, specie per figure retoriche.<br />

Silenzio impossibile, come chiunque<br />

può provare a sé stesso entrando in<br />

una camera anecoica, dove l'assillo<br />

sarà costituito dal ritmico e sonoro<br />

pulsare del proprio apparato circolatorio<br />

(aveva in animo di dimostrarlo in<br />

questa sede Romeo Castellucci, ma il<br />

progetto non ha avuto seguito.) In questa<br />

storia attivamente silente, John<br />

Cage ha rivestito un ruolo straordinario<br />

di "divulgatore" e sperimentatore,<br />

contribuendo alla comprensione di<br />

concetti e fenomeni apparentemente<br />

semplici come suono, silenzio, ritmo,<br />

alea, struttura. E tuttavia, come ben sa<br />

Bonami - per amor di chiarezza lo ribadiamo<br />

-, Cage non è spuntato dal nulla,<br />

come uno di quei funghi di cui era a tal<br />

punto esperto da partecipare a Lascia<br />

o raddoppia?. Cage è stato un Caronte<br />

indimenticabile di tradizioni provenienti<br />

da altri continenti, e al contempo un<br />

manipolatore di esse, della propria e<br />

della loro miscela, favorendo l'alchimia<br />

sempre in atto che porta la tradizione<br />

in traduzione. Ad esempio, Cage si<br />

mette in scia d'un Uday Shankar che,<br />

nel corso della tournée dell'inizio degli<br />

anni '30 fra l'Europa e gli Stati Uniti,<br />

"insegna" a una parte di mondo<br />

come, superando la melodia, la musica<br />

possa "scolpire nella durata una<br />

successione di momenti di silenzio",<br />

recita una recensione coeva a firma<br />

di René Daumal.<br />

Si potrebbe obiettare che, rispetto<br />

alla volontà destrutturazione del privilegio<br />

della vista, è un controsenso la<br />

quantità di video in mostra. Ma chi<br />

avrebbe visitato una rassegna senza<br />

nulla da vedere? Chi si sarebbe sobbarcato<br />

l'onere di privarsi dell'illustrazione<br />

dei concetti? Non è affatto semplice<br />

sollecitare una tradizione. Forse<br />

il rumore delle unghie e dei polpastrelli<br />

delle bambine di Victor<br />

Alimpiev (Summer Lightings, 2004),<br />

confondendo lo sguardo, insegnano<br />

ad ascoltare. Ad ascoltare le pause<br />

fra una scarica e la successiva.<br />

Immersi nell'Ocean of Sound di cui<br />

parlava David Toop.<br />

[marco enrico giacomelli]<br />

Le cinque anime della<br />

scultura / Garolla / Rento<br />

[...segue da pag. 60 di déjà vu] Di<br />

Luca Rento (Feltre, 1965), anche la<br />

sua mostra è a cura di Andrea Busto,<br />

vengono proposti lavori che si muovo-<br />

no in sinergia con l'ambiente.<br />

L'elemento caratterizzante che li accomuna<br />

è la loro allusività, la capacità di<br />

rimanere in bilico tra reale e metareale;<br />

sono video opere che coinvolgono lo<br />

spettatore in un'atmosfera la cui suggestione<br />

deriva dall'immediatezza della<br />

comunicazione visiva, dal contrasto tra<br />

il piccolo formato dell'immagine e la<br />

grande dimensione del "contorno", e<br />

dalla luce, elemento strutturante del<br />

lavoro. La tensione tra presenza e<br />

assenza, vicinanza e lontananza, induce<br />

a riflettere sulla possibilità di proiettarsi<br />

verso una dimensione che procede<br />

oltre i residui simbolici. Due esempi:<br />

lo spettatore che osserva Bianco vede<br />

un'immagine attraversata all'improvviso<br />

da un segno-scia luminoso che<br />

scompare e ricompare a intervalli prestabiliti.<br />

In Nero scopre un punto luminoso<br />

quasi impercettibile che costituisce<br />

un irrinunciabile riferimento percettivo.<br />

[tiziana conti]<br />

Alfredo Pirri<br />

[...segue da pag. 61 di déjà vu] Il cielo<br />

è in alto e anche in terra, le distanze<br />

vengono accorciate, tra le colonne<br />

sembra che sia rimasta imprigionata<br />

dell'acqua, o che sia stata posata la<br />

superficie rilucente di una vecchia<br />

armatura tirata a lucido.<br />

Al calar della sera, i fari e le cinque<br />

"lampade" (bassi parallelepipedi bianchi<br />

con la facciata superiore di un<br />

peculiare rosso spesso utilizzato dall'artista),<br />

appositamente sistemate,<br />

illuminano precisi dettagli, individuati<br />

da Pirri stesso.<br />

E su questa superficie, deformata e<br />

frantumata, segnata da innumerevoli<br />

tracce impazzite, da piccole ferite, da<br />

fitte tele di ragno, si riflettono e si<br />

moltiplicano le colonne, le modanature,<br />

le mura, come ad amplificare e<br />

raddoppiare, nel riflesso, la valenza<br />

della Storia. E, nonostante il variare<br />

del giorno e delle luci, lei, la Storia,<br />

rimane immutabile, poderosamente<br />

ferma.<br />

[daniela trincia]<br />

Bellezza pericolosa<br />

[...segue da pag. 61 di déjà vu]<br />

Intento dell'esposizione è però presentare<br />

anche i risvolti più tragici<br />

della corsa alla perfezione, dove bellezza<br />

diventa lentamente sinonimo di<br />

morte. È il caso delle gemelle<br />

Raeven, che mettono in mostra il<br />

loro corpo magrissimo assieme a<br />

quello di adolescenti consacrate alla<br />

danza classica, tanto eleganti quanto<br />

"trasparenti". Ed è anche il caso<br />

delle ragazze disagiate fotografate<br />

da Laura Greenfield - vicina allo<br />

sguardo impietoso di Diane Arbus -<br />

come dei video di Joshua Neustein,<br />

che mostrano il gesto ossessivo del<br />

bere, pratica diffusa tra i malati di<br />

anoressia per soddisfare il perenne<br />

desiderio di sazietà.<br />

Ad ironizzare sul tema ci pensa<br />

Jacob Dahlgren: una schiera di<br />

bilance colorate, disposte come fossero<br />

una scultura di Carl Andre, si<br />

presta a pesare il pubblico, salvo poi<br />

accorgersi che - per fortuna - i risultati<br />

sono tutti sbagliati. Dulcis in<br />

fundo, gli interventi delle due napoletane,<br />

all'inizio e alla fine dell'esposizione:<br />

la frusta swarovski di Rosy<br />

Rox ondeggia all'ingresso come una<br />

scultura di Calder, trasformando<br />

uno strumento di tortura in oggetto<br />

desiderabile. Anna Fusco pone invece<br />

l'accento sulle discriminazioni in<br />

ambito lavorativo, facendo riferimento<br />

al "tetto di cristallo" di un modo di<br />

dire americano. Eleganza e fragilità.<br />

Sintesi perfetta che chiude il cerchio<br />

del percorso espositivo.<br />

[alessandra troncone]<br />

La città che sale<br />

[...segue da pag. 61 di déjà vu]<br />

Ineccepibili, al contrario, gli interventi<br />

di Elmgreen & Dragset e Massimo<br />

Bartolini. I primi, sempre minimali,<br />

netti ed intelligentemente spiazzanti,<br />

aprono la mostra con l'opera A<br />

Change of Mind (2007), in cui due<br />

pannelli pubblicitari, con scritte ruotanti<br />

asincronamente, rimandano, a<br />

partire dagli stessi frammenti linguistici,<br />

nuove frasi dagli inattesi significati.<br />

Il secondo propone una delle installazioni<br />

site specific più sorprendenti e<br />

centrate sul senso della mostra,<br />

BARS (future as it was once): uno<br />

scintillante ponteggio mobile da<br />

costruzione si spinge in alto fino a toccare<br />

la volta della sala, ma è sollevato<br />

pochi centimetri da terra, è ancorato,<br />

cioè, al soffitto in modo da annullare<br />

ogni funzione statica dell'oggetto.<br />

Notevole l'opera di Pedro Cabrita<br />

Reis, True garden #5 Benevento<br />

(2007), che, perduta la sua originale<br />

collocazione nel percorso della<br />

mostra, appoggia i suoi pannelli polemicamente<br />

alla parete di una sala,<br />

come in un deposito.<br />

Sicuramente valida, oltre che suggestiva,<br />

l'installazione di Hans Op de<br />

Beeck: un video Building (2007),<br />

interamente realizzato al computer, e<br />

un grande modello Accumulation<br />

(design for the Building), del 2007.<br />

Ma perché portare in mostra un'opera<br />

appena presentata, in marzo,<br />

presso la Galleria Continua di San<br />

Gimignano? E perché quasi la metà<br />

degli artisti presenti in mostra -<br />

sette su quindici - proviene dal polo<br />

Galleria Continua/Associazione Arte<br />

Continua? Senza contare che la metà<br />

dei restanti ha già esposto al Macro?<br />

Cosa si vuole fare di questo Museo di<br />

Arte Contemporanea del Sannio?<br />

Una succursale periferica di altre istituzioni?<br />

[giovanna procaccini]

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